CORTE D'APPELLO DI MILANO Sezione I penale La Corte d'appello di Milano/Sezione I penale, riunito in camera di consiglio nella persona dei signori: dott. Marco Maria Maiga, Presidente; dott.ssa Chiara Nobili, giudice relatore; dott.ssa Maria Greca Zoncu, giudice, all'udienza del 25 settembre 2018 ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione di questione di legittimita' costituzionale dell'art. 570-bis del codice penale in relazione agli articoli 3 e 30 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la disciplina in esso prevista si applichi anche nei confronti di colui che non adempia alle prescrizioni di natura economica stabilite in favore di figli minori nati fuori dai matrimonio. Oggetto del giudizio. Il caso in esame, che rende opportuna la rimessione della questione di legittimita' costituzionale sopra accennata, concerne un episodio di violazione degli obblighi di assistenza familiare posto in essere dall'ex convivente di fatto nei confronti della figlia minorenne, nata fuori dal matrimonio. Piu' nel dettaglio, con sentenza in data 20 gennaio 2016, emessa ad esito di giudizio abbreviato, il Tribunale di Milano dichiarava S.G. responsabile del reato di cui all'art. 3, legge n. 54/2006 in relazione agli articoli 12-sexies, legge n. 898/1970 e 570, commi 1 e 2 del codice penale, «per essersi sottratto all'obbligo mensile di corrispondere integralmente e puntualmente l'assegno mensile di mantenimento nei confronti della figlia minore M. nata nel 2001 di euro 350,00, come disposto con provvedimento del Tribunale di Milano del 7 marzo 2013. In Milano da marzo 2013 (in permanenza attuale)». Nella sentenza si legge che l'imputato e la persona offesa hanno avuto un rapporto di convivenza iniziato nel 2000 e proseguito per circa quattro anni, nel corso del quale nel 2001 era nata la figlia M. Nel 2004 il rapporto si era interrotto e la persona offesa aveva provveduto da sola al mantenimento della figlia, grazie al suo stipendio e all'aiuto di genitori e «suoceri». Poiche' pero' le esigenze della bambina continuavano ad aumentare, la B. si era rivolta al Tribunale civile che, con ordinanza del 7 marzo 2013, aveva posto a carico dell'imputato l'obbligo di corrispondere la somma mensile di €. 350,00 quale contributo al mantenimento di M.; S. non aveva mai versato l'importo indicato; solo nel 2015 aveva contribuito «in qualche modo» alle spese per la palestra e per l'abbonamento ATM, e a qualche ricarica telefonica, aveva regalato alla figlia il computer e il telefono cellulare e, in un'occasione, aveva partecipato all'acquisto di meta' dei libri scolastici. Contro la sentenza di primo grado la difesa dell'imputato ha proposto l'appello che ha dato origine al presente procedimento. Non manifesta infondatezza e rilevanza della questione. In via preliminare si osserva che, nelle more del processo, e' entrato in vigore il decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, il quale ha abrogato i reati di cui agli articoli 12-sexies, legge 1° dicembre 1970, n. 898 e 3, legge 8 febbraio 2006, n. 54, introducendo, in loro sostituzione, la nuova fattispecie incriminatrice di cui all'art. 570-bis del codice penale. Non v'e' dubbio che con tali interventi normativi il legislatore ha dichiaratamente inteso operare una mera trasposizione delle previgenti norme penali speciali all'interno del codice penale, in esecuzione del principio della «riserva di codice» stabilito dal nuovo art. 3-bis del codice penale, introdotto dall'art. 1, comma 1, decreto legislativo 1° marzo 2018, n. 21, in attuazione della delega contenuta nell'art. 1, comma 85, lettera q), legge 23 giugno 2017, n. 103, al fine di realizzare una tendenziale riconduzione delle fattispecie penali in quel corpo normativo, nel'ambito di un complessivo riordinamento della materia, come si puo' desumere anche dalla relazione ministeriale allo schema di decreto legislativo, laddove si afferma che il nuovo art. 570-bis del codice penale «assorbe la previsione di cui all'art. 12-sexies, legge n. 898/1970». L'art. 3, legge n. 54/2006, con il richiamo all'art. 12-sexies, legge citata, aveva trovato applicazione anche nei confronti dei figli minori nati fuori dal matrimonio. Cio' era avvenuto in virtu' dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimita' che, facendo leva sul dettato dell'art. 4, comma 2, legge citata (che prevede l'estensione di quelle disposizioni ai casi di «scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullita' del matrimonio, nonche' ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati») aveva ritenuto configurabile il reato di omesso versamento dell'assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli anche nel caso di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza, affermando che «In tema di reati contro la famiglia, il reato di omesso versamento dell'assegno periodico per il mantenimento, educazione e istruzione dei figli, previsto dall'art. 12-sexies, legge 1° dicembre 1970, n. 898 (richiamato dall'art. 3, legge 8 febbraio 2006, n. 54), e' configurabile non solo nel caso di separazione dei genitori coniugati, ovvero di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullita' del matrimonio, ma anche in quello di violazione degli obblighi di natura economica derivanti dalla cessazione del rapporto di convivenza. (In motivazione, la Corte ha precisato che, alla luce di un'interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilita' genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 e dal decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, che ha inserito l'art. 337-bis del codice civile, l'art. 4, comma 2, legge n. 54 del 2006, in base al quale le disposizioni introdotte si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, deve essere interpretato con riferimento a tutte le disposizioni previste dalla legge citata, comprese quelle che attengono al diritto penale sostanziale, in quanto una diversa soluzione determinerebbe una diversita' di trattamento, accordando una piu' ampia e severa tutela penale ai soli figli di genitori coniugati rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio)». (1) Tale insegnamento, pero', non risulta piu' praticabile per effetto dell'abrogazione dell'art. 3 citato, in conseguenza della quale e' venuto meno il collegamento normativo che ne costituiva il fondamento: ne' il nuovo art. 570-bis del codice penale (rimasta l'unica norma incriminatrice cui far riferimento) contiene alcun richiamo, sia pur indiretto, all'estensione della disciplina alle ipotesi diverse dalla separazione tra i coniugi. Infatti la formulazione dell'articolo in esame, con l'espresso riferimento al «coniuge» quale soggetto attivo del reato, non permette un'interpretazione che non travalichi i limiti di un'interpretazione estensiva e non finisca per essere un'applicazione analogica in malam partem della disposizione penale, in violazione del principio di legalita'. Se, infatti, la vecchia disposizione contenuta nell'art. 4, legge n. 54/2006 estendeva, per quanto qui interessa, l'applicabilita' degli articoli 12-sexies, legge n. 898/1970 e 3, legge n. 54/2006, anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati, la nuova previsione non ha invece disciplinato in modo legislativamente analogo l'ipotesi di omesso versamento dell'assegno di mantenimento in favore di figli nati fuori dal matrimonio da genitori tra cui sia intercorso un mero rapporto di convivenza. Si verifica dunque un vuoto normativo discontinuo rispetto al passato e alla giurisprudenza consolidata sotto la vigenza delle norme abrogate, non essendo possibile ricondurre alla previsione dell'art. 570-bis del codice penale la tutela penale dei figli nati fuori dal matrimonio rispetto agli obblighi alimentari genitoriali di mantenimento, posto che tale norma non contiene alcun richiamo, neppure implicito, ai figli di genitori non coniugati. Tale vuoto normativo comporterebbe, nel presente giudizio, l'assoluzione dell'imputato, perche' il fatto non e' piu' previsto dalla legge come reato: la rilevanza della questione e' dunque evidente. Peraltro, dal nuovo assetto normativo discende un'irragionevole diversita' di trattamento, essendo accordata ai soli figli nati da genitori coniugati una tutela piu' ampia e severa rispetto a quelli nati fuori dal matrimonio, in patente contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Il livello e la irragionevolezza di tale minor tutela confliggono con la costante perequazione della posizione dei figli nati da genitori conviventi rispetto a quelli nati da genitori legati da matrimonio che la giurisprudenza di legittimita' e tutta la normativa introdotta dalle riforme sulle unioni civili hanno maturato nel corso degli ultimi anni. Deve inoltre aggiungersi che gli obblighi dei genitori discendono dal rapporto di filiazione e non subiscono alcuna modifica a seconda che sia o meno intervenuto il matrimonio. Tanto contempla l'art. 30 della Costituzione il quale, nel prevedere il dovere dei genitori di mantenere i figli, anche se nati fuori dal matrimonio, non consente certo di ritenere che la sanzione penale prevista a carico di coloro che omettano il versamento dell'assegno di mantenimento possa venir meno sol per il fatto che la rispettiva prole non sia nata da un rapporto di coniugio. E' anzi evidente come la lettera della norma costituzionale imponga un canone di uguaglianza sostanziale che va a tutto beneficio dei figli, indipendentemente dalla posizione dei genitori. Canone di eguaglianza che non viene rispettato dalla nuova disposizione introdotta dall'art. 570-bis del codice penale in aperto contrasto con la norma di rango superiore qui richiamata. A parere di questa Corte d'appello, dunque, dovendosi ritenere che la norma di cui all'art. 570-bis del codice penale vada necessariamente interpretata secondo il dato letterale, non essendo suscettibile di ampliamento per via interpretativa stante il divieto di analogia in malam partem in materia penale (art. 14 prel.), l'ipotizzato contrasto tra l'art. 570-bis del codice penale e gli articoli 3 e 30 della Costituzione deve essere sottoposto al vaglio della Corte costituzionale. Tutto cio' premesso e considerato, la Corte d'appello di Milano, (1) Cassazione, sezione 6, sentenza n. 25267 del 6 aprile 2017 - rv. 270030