ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 119, ultima
parte, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n.
115,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo  A)»,  promosso
dal  Tribunale  amministrativo   regionale   per   le   Marche,   nel
procedimento vertente  tra  la  Pubblica  Assistenza  AVIS  Onlus  di
Montemarciano e l'Azienda Sanitaria Unica  Regionale  (ASUR)  Marche,
con ordinanza del 6 aprile 2017, iscritta  al  n.  134  del  registro
ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 9  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Franco Modugno. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  le  Marche  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e  24  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  119  del  decreto
del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,  recante
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia (Testo A)», «nella  parte  in  cui  non
consente l'accesso al gratuito patrocinio ad un ente di  volontariato
- che svolga un'attivita' di sicuro rilievo sociale - solo in  quanto
soggetto esercente un'attivita' economica». 
    1.1.- Riferisce il giudice a quo di essere  chiamato  a  decidere
sul «reclamo»  proposto  dalla  Pubblica  Assistenza  Avis  Onlus  di
Montemarciano contro il provvedimento di  diniego  di  ammissione  al
patrocinio a spese dello Stato, adottato dalla competente commissione
con provvedimento n. 40 del 14 aprile 2016, motivato sul  presupposto
che l'associazione richiedente rientra nel novero  dei  soggetti  che
perseguono il cosiddetto lucro oggettivo, esclusi  dal  beneficio  in
parola dall'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002. 
    L'associazione interessata ha dedotto dinanzi al  TAR  Marche  di
non  esercitare  attivita'  economica   e   di   essere   fiscalmente
assoggettata al regime di cui all'art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002,
in quanto i proventi derivanti dalla propria attivita' non concorrono
alla formazione del reddito imponibile a fini fiscali. D'altra parte,
in riferimento all'attivita' di trasporto  sanitario  -  una  tra  le
attivita' principali svolte dalla stessa associazione - la  Corte  di
giustizia dell'Unione europea avrebbe escluso  che  la  stessa  debba
essere assoggettata a procedure concorrenziali. 
    1.2.- Il giudice marchigiano richiama l'ordinanza n. 128 del 2016
di questa Corte, con la quale  sono  state  decise  nel  senso  della
manifesta  inammissibilita',  per  difetto   di   motivazione   sulla
rilevanza,  analoghe   questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 119 del d.P.R. n. 115 del  2002,  sollevate  dal  Tribunale
amministrativo regionale  per  la  Calabria,  sezione  distaccata  di
Reggio Calabria: il giudice rimettente,  infatti,  non  aveva  allora
verificato il rispetto dei  limiti  reddituali  e  la  non  manifesta
infondatezza della «questione» (recte: pretesa). 
    Il TAR Marche premette che, nel caso al suo  esame,  sussiste  il
presupposto  reddituale  per  l'ammissione  al  richiesto  beneficio,
giacche',  alla  luce  del  bilancio   presentato   dall'associazione
ricorrente,  risultano  rispettati,   «salve   eventuali   successive
verifiche», i requisiti di cui all'art. 76  del  d.P.R.  n.  115  del
2002. Risulta soddisfatto anche  il  requisito  della  non  manifesta
infondatezza della pretesa fatta valere in giudizio,  alla  luce  dei
motivi di ricorso allegati all'istanza di ammissione al patrocinio  a
spese dello Stato. 
    Il giudice rimettente rileva, ancora, che l'associazione  istante
svolge - come da statuto - la propria attivita' senza fini di lucro e
con divieto di distribuzione ai soci di qualsiasi  utile,  avanzo  di
gestione o riserva di capitale: tra le attivita'  istituzionali  sono
previste,  fra  l'altro,  la  raccolta  e  distribuzione  di  sangue,
l'organizzazione del soccorso mediante ambulanze, servizi di  guardia
medica e ambulatoriale, la promozione di iniziative di informazione e
formazione sanitaria e di prevenzione. 
    1.3.- Dopo aver sottolineato come  l'istituto  del  patrocinio  a
spese dello Stato costituisca «diretta  attuazione»  del  diritto  di
azione e difesa in giudizio di cui all'art. 24 Cost.,  il  rimettente
rileva come,  agli  effetti  dell'ammissione  di  un  ente  «al  c.d.
gratuito patrocinio», non sia sufficiente l'assenza  dello  scopo  di
lucro, ma e' anche necessario che  l'ente  non  profit  non  eserciti
un'attivita' economica. 
    La distinzione tra i due concetti - puntualizza il giudice a  quo
- e' pacifica: lo scopo di lucro  «ricorre  quando  le  modalita'  di
gestione tendono alla realizzazione di ricavi eccedenti i  costi;  il
metodo economico ricorre quando  le  ridette  modalita'  di  gestione
tendono alla copertura dei costi con i ricavi». Un'attivita'  che  si
svolge  strutturalmente  e  necessariamente  in  perdita   non   puo'
qualificarsi come attivita' economica, mentre  svolge  attivita'  con
metodo economico «il soggetto che eroga servizi di utilita'  sociale,
anche se ispirato da un fine ideale ed  anche  se  le  condizioni  di
mercato non gli consentono poi di remunerare,  in  fatto,  i  fattori
produttivi». 
    Sarebbe  indubbio  che  l'AVIS  di  Montemarciano  non   persegua
finalita' di lucro, ma la stessa associazione non avrebbe  dimostrato
di non svolgere attivita' economica: da cio', dovrebbe conseguire  il
rigetto della istanza oggetto di scrutinio da  parte  del  giudice  a
quo.  In  particolare,  non  sarebbe   provato   che   l'associazione
ricorrente  non  intenda  prestare  i  servizi  erogati  tendendo  al
pareggio del bilancio fra costi e ricavi, a nulla rilevando la natura
dei servizi resi (in specie, di trasporto  sanitario);  ricavi  -  si
sottolinea - «che ben possono essere conseguiti non necessariamente a
titolo di corrispettivo  delle  prestazioni  rese  [...],  bensi'  in
ragione di tutte le entrate dell'associazione». 
    Ritiene dunque il TAR Marche che l'associazione di  che  trattasi
non rientri tra i soggetti legittimati all'ammissione al patrocinio a
spese dello Stato. 
    1.4.- Di qui, i dubbi  di  costituzionalita'  sull'art.  119  del
d.P.R. n. 115 del 2002, «nella parte in cui non consente l'accesso al
gratuito  patrocinio  ad  un  ente  di  volontariato  -  che   svolga
un'attivita' di sicuro rilievo sociale  -  solo  in  quanto  soggetto
esercente un'attivita' economica», per violazione degli artt. 2, 3  e
24 Cost., in  base  ad  argomenti  analoghi  a  quelli  di  cui  alla
richiamata ordinanza di rimessione del TAR Calabria. 
    Il giudice a quo osserva che le associazioni di  volontariato,  e
gli enti non profit in  generale,  sono  formazioni  sociali  ove  si
svolge la personalita' dell'uomo e alle quali,  in  base  all'art.  2
Cost., devono essere garantiti i medesimi  diritti  degli  individui,
sicche' si realizzerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento,
con violazione del principio d'eguaglianza, nel consentire  l'accesso
al beneficio del patrocinio a spese dello Stato ad una persona fisica
che eserciti attivita' economica e non anche a un ente  che  eserciti
la stessa attivita', con ulteriore violazione del diritto di azione e
di difesa di cui all'art. 24 Cost. 
    D'altra parte - si osserva ancora - la meritevolezza degli  scopi
perseguiti da simili associazioni e' attestata  dai  vari  interventi
normativi di promozione e sostegno, tanto in campo fiscale quanto  di
contributi  pubblici  e  di  affidamento  di  servizi   di   pubblico
interesse. 
    Per  altro  verso,  un'organizzazione  stabile   non   puo'   che
perseguire uno scopo di pareggio tra entrate  e  uscite  proprio  per
consentirne la prosecuzione  nell'attivita';  sicche'  il  requisito,
imposto dalla norma oggetto  di  censura,  finirebbe  per  consentire
l'applicazione del beneficio ad ipotesi del  tutto  residuali,  quali
associazioni caratterizzate da episodicita' o che si  finanzino  solo
attraverso il contributo di soci o mediante liberalita'. 
    La violazione del principio di uguaglianza si apprezzerebbe anche
in ragione della  non  giustificata  disparita'  di  trattamento  tra
organismi di volontariato che esercitano attivita' economica e quelli
che non la esercitano, dal momento che e'  lo  stesso  legislatore  a
ritenere che, qualora si tratti di attivita' commerciali e produttive
marginali (art. 5, comma 1, lettera g, della legge 11 agosto 1991, n.
266, recante «Legge-quadro sul volontariato»), esse non  incidono  in
alcun modo sulla disciplina giuridica degli organismi stessi. 
    La norma censurata sarebbe,  di  riflesso,  anche  irragionevole,
nella parte in cui  non  consente,  apparentemente,  alcun  sindacato
sulla rilevanza o sulla marginalita' dell'attivita' economica svolta,
che di per se' costituisce preclusione all'ammissione al beneficio. 
    2.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che  le  questioni  di  legittimita'  costituzionale
siano dichiarate inammissibili o, comunque sia, infondate. 
    2.1.- Le  questioni  sarebbero,  innanzitutto,  inammissibili  in
quanto  il  giudice  a  quo,  mentre  ha  dedotto  la  non  manifesta
infondatezza della pretesa che si intende far valere e alla quale  si
riferisce la richiesta di ammissione  al  patrocinio  a  spese  dello
Stato, ha respinto - con ordinanza depositata  in  cancelleria  il  4
giugno 2016,  dunque  anteriormente  all'adozione  dell'ordinanza  di
rimessione delle odierne questioni  di  legittimita'  costituzionale,
recante la data del 6 aprile 2017 -  la  domanda  cautelare  avanzata
dalla stessa associazione ricorrente per l'assenza sia del fumus boni
iuris sia del periculum in mora. 
    Si deduce, poi, l'inammissibilita' delle questioni in riferimento
tanto all'art. 2 quanto all'art.  24  Cost.,  poiche'  non  sarebbero
state svolte considerazioni atte a spiegare le ragioni per  le  quali
gli indicati parametri risulterebbero nella specie violati. 
    2.2.- Le questioni in riferimento  all'art.  3  Cost.  sarebbero,
poi, infondate. 
    Il giudice rimettente avrebbe messo a  confronto  due  situazioni
eterogenee, quali, da un lato, la disciplina prevista per un soggetto
immateriale e, dall'altro, quella prevista per le persone fisiche. 
    Differenza che giustificherebbe - ad avviso dell'interveniente  -
la scelta del legislatore di circoscrivere  il  beneficio  alle  sole
associazioni o enti che non  svolgano  attivita'  economica.  Mentre,
infatti, per le persone fisiche la relativa situazione di bisogno non
puo' essere eliminata se non con un intervento di sostegno  da  parte
dello  Stato,  per  gli  enti  che   svolgano   attivita'   economica
all'eventuale situazione di difficolta' finanziaria devono provvedere
i  soggetti  che  hanno   costituito   o   partecipano   all'ente   o
all'associazione, ricorrendo ai propri mezzi finanziari. 
    Il tutto - si osserva ancora -  in  linea  con  quanto  affermato
dalla Corte di giustizia dell'Unione europea  (sentenza  22  dicembre
2010,  in   causa   C-279/09,   DEB   Deutsche   Energiehandels   und
Beratungsgesellschaft mbH), secondo la quale la compatibilita' di una
normativa nazionale in materia di gratuito patrocinio con  l'art.  47
della Carta dei diritti  fondamentali  dell'Unione  europea  (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo  il  12
dicembre  2007,  dipende  dalla  valutazione,  affidata  al   giudice
nazionale, di una serie di  circostanze  che,  quando  si  tratti  di
persone giuridiche, prendano in considerazione anche la  forma  e  lo
scopo - di lucro o non -  di  tale  persona  giuridica,  «nonche'  la
capacita' finanziaria dei suoi soci o azionisti  e  la  possibilita',
per questi ultimi, di procurarsi le  somme  necessarie  ad  agire  in
giudizio». 
    La censura avanzata dal giudice a  quo,  di  carattere  generale,
senza alcun riferimento alle circostanze  concrete  che  renderebbero
necessario il ricorso al beneficio al fine di  rendere  effettivo  il
diritto di cui all'art. 24 Cost., finirebbe, dunque, per incidere  su
una sfera riservata alla discrezionalita' legislativa, non limitabile
da un «intervento costituzionalmente vincolato» da parte della  Corte
costituzionale. 
    Sarebbe  inammissibile,  invece,  la   censura   per   violazione
dell'art. 3 Cost. sotto il  diverso  profilo  dell'impossibilita'  di
sindacare la rilevanza o  la  marginalita'  dell'attivita'  economica
svolta dall'associazione, con conseguente equiparazione normativa  di
casi diversi. Il TAR  Marche  -  a  fronte  dell'impugnazione  di  un
provvedimento   amministrativo   concernente   lo   «scopo   sociale»
dell'associazione -  non  svolge  argomenti  volti  ad  attestare  il
carattere marginale  dell'attivita'  economica  svolta  dall'istante,
sicche' difetterebbe il  presupposto  di  fatto  da  cui  il  giudice
rimettente muove. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  le  Marche  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 2, 3 e  24  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  119  del  decreto
del Presidente della Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,  recante
«Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di spese di giustizia (Testo A)», «nella  parte  in  cui  non
consente l'accesso al gratuito patrocinio ad un ente di  volontariato
- che svolga un'attivita' di sicuro rilievo sociale - solo in  quanto
soggetto esercente un'attivita' economica». 
    Secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma  censurata   violerebbe,
innanzitutto, l'art. 2 Cost., perche' alle formazioni sociali ove  si
svolge la  personalita'  dell'uomo  devono  riconoscersi  gli  stessi
diritti garantiti agli individui. L'art. 119 del d.P.R.  n.  115  del
2002 si porrebbe, altresi', in contrasto con  l'art.  3  Cost.  sotto
plurimi profili: perche' determinerebbe un'ingiustificata  disparita'
di trattamento nel consentire l'accesso al patrocinio a  spese  dello
Stato alla persona fisica che eserciti un'attivita' economica  e  non
anche all'ente che eserciti  la  medesima  attivita',  con  ulteriore
violazione    dell'art.    24    Cost.;    perche'     determinerebbe
un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento   tra   organismi   di
volontariato che esercitano attivita' economica e organismi  che  non
la esercitano;  perche',  infine,  non  consente,  irragionevolmente,
«alcun sindacato sulla rilevanza o sulla marginalita'  dell'attivita'
economica prestata». 
    2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   eccepito
l'inammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sotto piu' profili. 
    2.1.- L'interveniente  ha  rilevato,  innanzitutto,  che  il  TAR
Marche ha  respinto,  anteriormente  alla  rimessione  delle  odierne
questioni  di  legittimita'  costituzionale,  la  domanda   cautelare
avanzata  dall'associazione  istante,   perche'   ha   ritenuto   non
sussistere, oltre al periculum in mora, neppure il fumus boni  iuris:
il che si porrebbe in insanabile  contraddizione  con  l'affermazione
circa la sussistenza, ai fini dell'ammissione al patrocinio  a  spese
dello Stato, del requisito della  non  manifesta  infondatezza  della
pretesa che si intende far valere in giudizio. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    In   ragione   del   principio   di   autonomia   del    giudizio
costituzionale, non assume  alcun  rilievo,  a  prescindere  da  ogni
considerazione  sull'effettiva  equiparazione  tra  i  requisiti   in
discorso, la diversa valutazione compiuta dal TAR  Marche  in  ordine
alla  sussistenza  del  fumus  boni  iuris  e  alla   non   manifesta
infondatezza del ricorso amministrativo. 
    Il d.P.R. n. 115 del 2002, infatti, delinea per  l'ammissione  al
patrocinio   a   spese   dello   Stato   un   apposito   procedimento
giurisdizionale (ordinanze n. 128 del 2016 e n. 144  del  1999),  del
tutto autonomo rispetto al procedimento volto a esaminare  il  merito
della pretesa fatta  valere  dinanzi  al  giudice.  Questi,  difatti,
decide con decreto sull'ammissione al patrocinio a spese dello  Stato
soltanto nel caso in cui la relativa istanza -rigettata o  dichiarata
inammissibile dal consiglio  dell'ordine  degli  avvocati  competente
(art. 124 del d.P.R. n. 115 del 2002) o  dalla  speciale  commissione
istituita presso ogni TAR,  a  norma  dell'art.  14  dell'Allegato  2
(Norme di attuazione) al decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104
(Attuazione dell'articolo 44 della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,
recante  delega   al   governo   per   il   riordino   del   processo
amministrativo) - gli venga riproposta (art. 126, comma 3, del d.P.R.
n. 115 del 2002). 
    Ne  consegue  che,   ai   fini   della   corretta   instaurazione
dell'odierno giudizio in via incidentale, cio' che  e'  necessario  e
sufficiente e' che il giudice a quo  abbia  plausibilmente  motivato,
oltre che sul generale limite di reddito e sull'assenza  di  fini  di
lucro dell'associazione (artt. 76 e 119 del d.P.R. n. 115 del  2002),
sulla non manifesta infondatezza della pretesa  che  si  intende  far
valere in giudizio, presupposto richiesto dall'art.  122  del  citato
d.P.R.  per  essere  ammessi  al  patrocinio  a  spese  dello   Stato
(ordinanza n. 128 del  2016):  cio'  che,  nei  limiti  in  cui  puo'
compiersi una tale  delibazione  nella  sedes  che  ha  originato  le
questioni di costituzionalita', il TAR rimettente ha  fatto.  Nessuna
incidenza sulla verifica di  plausibilita'  della  motivazione  sulla
rilevanza, invece, puo' avere quanto il giudice a quo ha affermato  e
argomentato nell'incidente  cautelare  innestatosi  nel  giudizio  di
merito, in quanto trattasi di procedimento altro e diverso rispetto a
quello volto a decidere sull'istanza di ammissione al patrocinio  per
i non abbienti. Il tutto non senza sottolineare  come,  proprio  alla
luce del diverso ambito in cui esse vengono condotte, le  delibazioni
inerenti i due distinti procedimenti incidentali  (quello  cautelare,
da un lato,  e  quello  relativo  alla  richiesta  di  ammissione  al
beneficio  del  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  dall'altro)  non
comportassero un'identita' di apprezzamento  "prognostico"  circa  la
non  manifesta  infondatezza  della  domanda  oggetto  del   giudizio
principale ne' una  motivazione  per  cosi'  dire  "incrociata",  che
nell'una sede evocasse le decisioni assunte nell'altra. 
    2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito,  poi,
l'inammissibilita' delle  questioni  sollevate  in  riferimento  agli
artt. 2 e 24 Cost., perche' il  giudice  a  quo  non  avrebbe  svolto
considerazioni atte a spiegare le ragioni per le quali  gli  indicati
parametri risulterebbero nella specie violati. 
    L'eccezione  prospettata  in  riferimento  all'art.  2  Cost.  e'
fondata. 
    La  motivazione  sul  punto  del  TAR  rimettente  e'   meramente
descrittiva del parametro costituzionale evocato, per  poi  lamentare
una disparita' di trattamento rispetto alle persone fisiche che,  pur
esercitando attivita' economica, possono accedere  al  beneficio  del
patrocinio  a  spese  dello  Stato:  profilo,  questo,  apprezzabile,
eventualmente, per la violazione del principio d'eguaglianza. 
    Non  e'  fondata,  invece,  l'analoga   eccezione   avanzata   in
riferimento all'art.  24  Cost.  Per  quanto  le  argomentazioni  del
giudice a quo ruotino senza dubbio principalmente attorno all'art.  3
Cost., v'e' un intimo raccordo, nella prospettiva del rimettente, tra
le censure evocative del principio di  eguaglianza  e  il  thema  del
diritto di azione e di difesa, che l'istituto del patrocinio a  spese
dello Stato intende attuare e garantire. 
    2.3.- L'interveniente ha prospettato, infine,  l'inammissibilita'
della  questione  di  legittimita'  costituzionale   in   riferimento
all'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo,  evocato   dal   rimettente,
dell'impossibilita' di  sindacare  la  rilevanza  o  la  marginalita'
dell'attivita' economica svolta dall'associazione. Il Presidente  del
Consiglio dei ministri osserva che,  per  come  ricostruita  dal  TAR
Marche l'attivita' economica svolta dalla  Pubblica  Assistenza  Avis
Onlus di Montemarciano, il ricorso presentato in sede  amministrativa
«riguarda lo scopo sociale» dell'associazione, sicche', in difetto di
motivazione da parte del giudice a  quo,  non  si  potrebbe  ritenere
«afferente ad un'attivita' marginale della stessa». 
    L'eccezione non e' fondata, perche' errata e'  l'affermazione  da
cui muove l'Avvocatura generale dello Stato. 
    Il TAR Marche,  infatti,  riferisce  che  l'associazione  istante
svolge per statuto molteplici attivita', tra le quali «la  promozione
della raccolta di  sangue,  l'organizzazione  del  soccorso  mediante
ambulanze, servizi di guardia medica e ambulatoriale,  la  promozione
di  iniziative  di  informazione  e   formazione   sanitaria   e   di
prevenzione». Tali attivita', tuttavia,  non  sono  affatto  le  sole
esercitate dall'associazione, di modo che,  contrariamente  a  quanto
affermato dall'Avvocatura generale dello Stato, non  puo'  dirsi  che
esauriscano lo «scopo sociale» dell'associazione e,  di  conseguenza,
non si puo' escludere che esse possano essere considerate  marginali:
se, poi, lo siano o non e' quanto il giudice  a  quo  vorrebbe  poter
valutare a  valle  della  eventuale  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale in parte qua. 
    3.- Nel merito, le questioni di  legittimita'  costituzionale  in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. non sono fondate. 
    3.1.- Questa Corte ha in  piu'  occasioni  sottolineato  come  la
disciplina legislativa del patrocinio a spese dello Stato per  i  non
abbienti «risulta assoggettata, sin dal suo  esordio,  ad  un  regime
differenziato a seconda del tipo di controversie cui il beneficio sia
applicabile», in virtu' dell'intrinseca diversita'  dei  modelli  del
processo civile, penale e amministrativo (sentenza n. 237 del  2015).
E cio' anche in ragione della  considerazione,  da  ultimo  ribadita,
che, «[i]n tema di  patrocinio  a  spese  dello  Stato,  e'  cruciale
l'individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia  del  diritto
di difesa per i non abbienti e necessita' di contenimento della spesa
pubblica in materia di giustizia» (sentenza n. 16 del 2018). 
    Si e' rilevato, in particolare, come l'ontologica diversita'  del
processo penale rispetto alle  controversie  civili,  amministrative,
contabili, assieme alle particolari esigenze di difesa di chi subisce
l'azione penale, per un verso, hanno determinato l'opportunita'  che,
nel processo penale,  sia  approntato  un  sistema  di  garanzie  che
assicuri al meglio  l'effettivita'  del  diritto  di  difesa  di  cui
all'art.  24   Cost.   e,   per   un   altro,   escludono   che   sia
costituzionalmente necessario che il legislatore definisca un modello
unitario per i diversi giudizi, dove vengono in  gioco  beni  diversi
dall'inviolabile liberta' personale (sentenze n. 237 del  2015  e  n.
287 del 2008). 
    3.2.- L'area attinta dal  dubbio  di  costituzionalita'  ammette,
dunque,   un   ampio   spazio   di   riempimento   da   parte   della
discrezionalita' del legislatore, il quale - e  non  potrebbe  essere
diversamente - non puo' non  parametrare  le  diverse  opzioni  sulla
falsariga delle risorse finanziarie limitate, anche per l'esigenza di
contenere le spese giudiziali (sentenza n. 178 del 2017). 
    Tale discrezionalita' e'  stata  esercitata,  con  la  previsione
censurata, entro i confini costituzionalmente imposti. 
    Non puo'  reputarsi  manifestamente  irragionevole,  infatti,  la
scelta legislativa  in  base  alla  quale,  in  controversie  civili,
amministrative, contabili o tributarie, e'  esclusa  l'ammissione  al
beneficio del patrocinio a spese dello Stato di enti o  associazioni,
i quali, se  pure  non  perseguono  fini  di  lucro,  esercitano  una
attivita' economica che - proprio perche' tale, e a prescindere dalla
destinazione degli eventuali utili e  dalla  consistenza  di  cespiti
patrimoniali - consente accantonamenti in vista, fra l'altro, proprio
di eventuali contenziosi giudiziali. Una  situazione,  questa,  assai
diversa da quella  che  caratterizza  il  regime  che  disciplina  il
beneficio in favore delle persone fisiche, per le  quali  l'attivita'
economica si traduce in un reddito che, sotto soglie  che  spetta  al
legislatore  determinare  (sentenza  n.  219  del  2017),  giustifica
l'intervento dello Stato a tutela e garanzia dell'effettivo esercizio
del diritto di azione e di difesa. 
    Ne' vale di per se' l'argomento addotto dal TAR  Marche,  secondo
il  quale  agli  enti  e  alle  associazioni  non  profit  sia   gia'
riconosciuta, in vari settori  dell'ordinamento,  un'ampia  gamma  di
benefici a sostegno della funzione sociale che svolgono.