ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1,
della legge della Regione Veneto 26 gennaio  2018,  n.  1  (Modifiche
della  legge  regionale  28  dicembre  2012,  n.   48   "Misure   per
l'attuazione coordinata delle  politiche  regionali  a  favore  della
prevenzione del  crimine  organizzato  e  mafioso,  della  corruzione
nonche' per la promozione  della  cultura  della  legalita'  e  della
cittadinanza responsabile"), promosso dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri, con ricorso  notificato  il  30  marzo-5  aprile  2018,
depositato in cancelleria il 4 aprile 2018, iscritto  al  n.  30  del
registro ricorsi 2018 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nella udienza pubblica  del  22  gennaio  2019  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Greco per il Presidente del
Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e Andrea  Manzi  per
la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 30 marzo-5 aprile 2018 e depositato
il  successivo  4  aprile  2018,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso,  in  riferimento  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera   l),   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge della Regione Veneto
26 gennaio 2018, n. 1 (Modifiche della legge  regionale  28  dicembre
2012, n. 48  "Misure  per  l'attuazione  coordinata  delle  politiche
regionali a  favore  della  prevenzione  del  crimine  organizzato  e
mafioso, della corruzione nonche' per  la  promozione  della  cultura
della legalita' e della cittadinanza responsabile"), nella  parte  in
cui modifica l'art. 16 della legge della Regione Veneto  28  dicembre
2012, n. 48  (Misure  per  l'attuazione  coordinata  delle  politiche
regionali a  favore  della  prevenzione  del  crimine  organizzato  e
mafioso, della corruzione nonche' per  la  promozione  della  cultura
della legalita' e della cittadinanza responsabile), aggiungendovi  il
comma 1-bis. 
    Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, la norma  di
legge impugnata, facendo obbligo alla Regione Veneto  di  costituirsi
parte civile in tutti quei  procedimenti  penali,  relativi  a  fatti
commessi nel territorio della Regione stessa, in cui sia stato emesso
decreto che dispone il giudizio o decreto  di  citazione  a  giudizio
contenente imputazioni per i delitti di  cui  agli  artt.  416-bis  e
416-ter del codice  penale  o  per  i  delitti  consumati  o  tentati
commessi avvalendosi delle condizioni di cui  all'art.  416-bis  cod.
pen., violerebbe la competenza legislativa esclusiva dello  Stato  in
materia di «ordinamento penale» di cui all'art. 117,  secondo  comma,
lettera l), Cost., contrastando, in particolare, con  l'art.  74  del
codice di procedura penale che stabilisce per il titolare dell'azione
civile non gia' un obbligo, ma la mera facolta' di costituirsi  parte
civile nel processo penale. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene,  inoltre,  che
la Regione Veneto pur potendo stabilire, in via generale, con proprie
direttive o propri indirizzi politico-istituzionali rivolti ai propri
uffici, di costituirsi come  parte  civile  in  determinati  processi
penali, non potrebbe pero' farlo con una norma di legge regionale, in
quanto  questa,  come  tale,  violerebbe  la  competenza  legislativa
esclusiva dello Stato. 
    2.- In data 8 maggio 2018 si e' costituita in giudizio la Regione
Veneto. 
    2.1.-   La   difesa    regionale    sostiene,    preliminarmente,
l'inammissibilita'  del  ricorso,  sulla  base  dell'assunto  che  il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  non  avrebbe  adeguatamente
specificato le ragioni poste a fondamento dell'impugnativa. 
    2.2.- Nel merito, la Regione Veneto ritiene infondate le  censure
avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    A parere della difesa  regionale  la  disposizione  impugnata  si
limiterebbe, infatti,  a  disciplinare  l'esercizio  da  parte  della
Regione Veneto di una  facolta'  concessa  dall'ordinamento  statale,
imponendo  agli  organi  regionali  (e  a   nessun   altro   soggetto
dell'ordinamento) la costituzione  di  parte  civile  in  tutti  quei
procedimenti penali, relativi a fatti commessi nel  territorio  della
Regione stessa, in cui  sia  stato  emesso  decreto  che  dispone  il
giudizio o decreto di citazione a giudizio contenente imputazioni per
i delitti di cui agli artt. 416-bis e  416-ter  cod.  pen.  o  per  i
delitti consumati o tentati commessi avvalendosi delle condizioni  di
cui all'art. 416-bis cod. pen. 
    La  disposizione  impugnata,  dunque,  non  confliggerebbe,   ne'
inciderebbe in alcun modo sulla  disciplina  statale,  limitandosi  a
regolamentare la discrezionalita' in materia degli organi regionali. 
    A diversa conclusione, nota la Regione Veneto  nella  memoria  di
costituzione,  si  sarebbe  dovuti,  invece,  giungere  se  la  legge
regionale avesse imposto a qualsiasi persona  offesa,  residente  nel
territorio regionale, l'obbligo di costituirsi parte civile nei detti
procedimenti penali. Ma  essendosi  limitata  la  norma  impugnata  a
vincolare, nelle ipotesi previste, la discrezionalita' della Giunta e
dell'apparato amministrativo regionale  ai  fini  della  costituzione
come  parte  civile  nel  processo  penale,  andrebbe  esclusa   ogni
interferenza  con  la  disciplina  statale  in   materia,   dovendosi
ricondurre   la   norma   censurata   al    potere    di    indirizzo
politico-amministrativo attribuito dallo statuto della Regione Veneto
(Legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n.  1,  recante  "Statuto
del Veneto") al Consiglio regionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
2, comma 1, della legge della Regione Veneto 26 gennaio  2018,  n.  1
(Modifiche della legge regionale 28 dicembre 2012, n. 48 "Misure  per
l'attuazione coordinata delle  politiche  regionali  a  favore  della
prevenzione del  crimine  organizzato  e  mafioso,  della  corruzione
nonche' per la promozione  della  cultura  della  legalita'  e  della
cittadinanza responsabile"), nella parte in  cui  aggiunge  il  comma
1-bis all'art. 16 della legge della Regione Veneto 28 dicembre  2012,
n. 48 (Misure per l'attuazione coordinata delle politiche regionali a
favore della prevenzione del crimine  organizzato  e  mafioso,  della
corruzione nonche' per la promozione della cultura della legalita'  e
della cittadinanza responsabile), stabilendo l'obbligo della  Regione
Veneto di costituirsi parte civile in tutti  i  procedimenti  penali,
relativi a fatti commessi nel territorio della Regione stessa, in cui
sia stato emesso  decreto  che  dispone  il  giudizio  o  decreto  di
citazione a giudizio contenente imputazioni per i delitti di cui agli
artt. 416-bis (associazione  di  tipo  mafioso)  e  416-ter  (scambio
elettorale politico-mafioso)  del  codice  penale  o  per  i  delitti
consumati o tentati commessi  avvalendosi  delle  condizioni  di  cui
all'art. 416-bis cod. pen. 
    Ad avviso  del  ricorrente,  la  norma  regionale  violerebbe  la
competenza legislativa  esclusiva  dello  Stato,  in  relazione  alla
materia «ordinamento penale», di cui  all'art.  117,  secondo  comma,
lettera l), della Costituzione, contrastando con  l'articolo  74  del
codice di procedura penale che stabilisce che il titolare dell'azione
civile abbia non gia' l'obbligo, ma la mera facolta', di  costituirsi
parte civile nel processo penale. 
    2.-  In  via  preliminare,   va   osservato   che   la   Regione,
costituendosi  in  giudizio,  ha  eccepito  l'inammissibilita'  della
questione, deducendo  che  gli  argomenti  svolti  a  conforto  delle
censure non chiarirebbero «per quale  ragione  la  previsione  di  un
obbligo nell'esercizio  di  una  facolta'  concessa  dall'ordinamento
statale lederebbe la competenza legislativa esclusiva dello Stato  in
materia di ordinamento penale e delle norme processuali». 
    Questa eccezione di inammissibilita' non e' fondata. 
    Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il ricorso  in
via principale deve identificare esattamente la  questione  nei  suoi
termini normativi, indicando le norme costituzionali e  ordinarie  in
conflitto, e contenere una, sia  pure  sintetica,  argomentazione  di
merito a sostegno delle censure formulate  (ex  multis,  sentenze  n.
282, n. 273 e n. 265 del 2016). 
    Requisiti  questi  che,  nel  caso  di  specie,  risultano  tutti
soddisfatti. 
    3.- Nel merito la questione non e' fondata. 
    Va, preliminarmente, evidenziato che l'art. 74 del vigente codice
di  procedura  penale,  stabilendo  che  l'azione   civile   per   le
restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'art. 185 cod.
pen.  puo'  essere  esercitata  nei  confronti  dell'imputato  e  del
responsabile civile dal soggetto al quale il reato ha  recato  danno,
attribuisce al titolare di  detta  azione  solo  una  mera  facolta',
rispetto alla quale compete, comunque, al giudice  di  verificare  la
legittimazione della parte istante. 
    In  particolare,  con  riferimento  agli  enti  territoriali,  la
giurisprudenza ritiene che questi  siano  legittimati  a  costituirsi
parte civile nel processo penale quando il reato abbia leso  un  loro
specifico interesse, cagionando agli stessi un danno risarcibile, sia
esso patrimoniale o non patrimoniale, sul piano civile. 
    Cio' posto, alla norma regionale censurata non  puo'  attribuirsi
alcun rilievo di carattere ordinamentale o processuale, a  differenza
delle fattispecie di cui alla sentenza di  questa  Corte  n.  81  del
2017, non incidendo essa ne' sul potere del giudice  di  valutare  la
legittimazione della Regione a costituirsi parte civile nel  processo
penale, ne' potendosi ritenere che essa si sovrapponga a quelle norme
dell'ordinamento  che  fondano  l'azione  risarcitoria   e   che   ne
disciplinano l'esercizio nel processo penale. 
    La disposizione impugnata si limita, infatti, a fare  obbligo  ai
competenti organi della Regione Veneto di  costituirsi  parte  civile
nei processi penali relativi ai delitti di  stampo  mafioso  commessi
nel territorio della Regione. 
    Delitti  questi  rispetto  ai  quali  la   Regione   Veneto,   in
considerazione della loro particolare  gravita',  ha  ritenuto  fosse
opportuno  assicurare,  in  ogni  caso,  la  tutela  degli  interessi
regionali eventualmente lesi, stabilendo, quindi, l'obbligo da  parte
degli organi regionali competenti di costituirsi  sempre  come  parte
civile nel processo penale. 
    La  norma  impugnata  esaurisce,  pertanto,   la   sua   funzione
all'interno della Regione e, come tale, appare espressione, del tutto
legittima, del potere di indirizzo politico-amministrativo  spettante
al Consiglio regionale nei confronti degli altri organi dell'ente. 
    Peraltro, va notato che la norma impugnata replica,  esattamente,
il contenuto di identiche disposizioni di leggi di altre Regioni che,
pure, hanno stabilito l'obbligatorieta' della costituzione  di  parte
civile nei processi penali celebrati  per  i  delitti,  commessi  nel
territorio regionale, di criminalita' organizzata di  stampo  mafioso
(cosi' l'art. 1, comma 2,  della  legge  della  Regione  Piemonte  28
gennaio 2016, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 18 giugno
2007,  n.  14  "Interventi  in   favore   della   prevenzione   della
criminalita' e istituzione della Giornata regionale della  memoria  e
dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie"»; l'art. 14, comma
1, della legge della Regione Puglia 23 marzo  2015,  n.  12,  recante
«Promozione  della  cultura  della   legalita',   della   memoria   e
dell'impegno»; l'art. 11 della legge della Regione Umbria 19  ottobre
2012, n.  16,  recante  «Misure  per  l'attuazione  coordinata  delle
politiche regionali a favore del contrasto e prevenzione del  crimine
organizzato e mafioso, nonche' per la promozione della cultura  della
legalita' e della cittadinanza responsabile. Integrazione alla  legge
regionale 14 ottobre 2008, n. 13 recante disposizioni  relative  alla
promozione  del  sistema  integrato  di  sicurezza  urbana  ed   alle
politiche per garantire il diritto alla  sicurezza  dei  cittadini  -
abrogazione della legge regionale 19 giugno 2002, n. 12»;  l'art.  19
della legge della  Regione  Liguria  5  marzo  2012,  n.  7,  recante
«Iniziative regionali per la prevenzione del  crimine  organizzato  e
mafioso e per la promozione della cultura della legalita'»; l'art.  4
della legge della Regione Siciliana 20 novembre 2008, n. 15,  recante
«Misure di contrasto alla criminalita' organizzata»). 
    4.-  Pertanto,  la  questione  di  legittimita'   costituzionale,
promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri  con  il  ricorso
indicato in epigrafe, deve essere dichiarata non fondata.