ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge della Regione Puglia 17 aprile 2018, n. 15 (Norme in materia di
nomina dei direttori generali delle  aziende  ed  enti  del  Servizio
sanitario regionale in attuazione del decreto  legislativo  4  agosto
2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per  la
cura delle malattie rare), promosso dal Presidente del Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 15-20 giugno 2018,  depositato  in
cancelleria il 20 giugno 2018, iscritto al n. 41 del registro ricorsi
2018 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  31,
prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 2019 il Giudice relatore
Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato dello Stato Leonello Mariani per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Isabella  Fornelli  per  la
Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 15-20 giugno 2018 e  depositato  il
20 giugno 2018  (reg.  ric.  n.  41  del  2018),  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 97  e
117, terzo  comma,  della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Puglia 17 aprile
2018, n. 15 (Norme in materia di nomina dei direttori generali  delle
aziende ed enti del Servizio sanitario regionale  in  attuazione  del
decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, e interventi finanziari in
favore della ricerca per la cura delle malattie rare). 
    1.1.-  La  disposizione  impugnata  interviene  in   materia   di
commissariamento delle aziende e degli enti  del  Servizio  sanitario
regionale (da qui: SSR) disponendo  che:  «la  Regione,  in  caso  di
vacanza dell'incarico di direttore generale e laddove per  comprovati
motivi  non  sia  possibile  provvedere  alla  relativa  nomina   del
direttore generale, puo' procedere intuitu  personae  all'affidamento
dell'incarico a  un  commissario  straordinario,  scelto  nell'ambito
dell'elenco nazionale di cui all'articolo 2, comma l, della  presente
legge» (comma 1). «Il commissario straordinario rimane in carica fino
alla nomina del direttore generale e, comunque, per  un  periodo  non
superiore a sei mesi» (comma 2). «Al commissario straordinario spetta
il compenso stabilito dalla Giunta regionale per i direttori generali
delle aziende ed enti del S.S.R. della  Regione  Puglia,  secondo  la
tipologia di azienda o  ente  diretto»  (comma  3).  «La  nomina  del
commissario straordinario di  azienda  ospedaliero-universitaria  del
S.S.R., in analogia a quella di  direttore  generale,  e'  effettuata
dalla Giunta  regionale  d'intesa  con  il  rettore  dell'universita'
interessata. La nomina del direttore generale  di  IRCCS  di  diritto
pubblico, in analogia a quella di direttore generale,  e'  effettuata
d'intesa con il Ministro della salute» (comma 4). 
    2.- Premette la difesa statale che - a partire dal  decreto-legge
13 settembre 2012, n. 158 (Disposizioni  urgenti  per  promuovere  lo
sviluppo del Paese mediante un piu'  alto  livello  di  tutela  della
salute), convertito, con modificazioni, in legge 8 novembre 2012,  n.
189 - la dirigenza sanitaria pubblica e' stata oggetto di un profondo
intervento riformatore da parte  del  legislatore  statale,  al  fine
d'introdurre  un  sistema  di  reclutamento  della  stessa  idoneo  a
garantire che,  nell'interesse  del  buon  andamento  della  pubblica
amministrazione,  le  nomine   avvengano   in   modo   imparziale   e
trasparente,  tra  soggetti  muniti   delle   necessarie   competenze
tecnicoprofessionali,   in   coerenza   con   l'orientamento    della
giurisprudenza costituzionale (e' richiamata la sentenza  n.  34  del
2010). 
    Il decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione
della delega di cui all'articolo 11, comma l, lettera p), della legge
7 agosto 2015,  n.  124,  in  materia  di  dirigenza  sanitaria»,  in
particolare,  ha  previsto,  per  il  conferimento  dell'incarico  di
direttore generale, una doppia selezione (artt. l  e  2):  la  prima,
effettuata da una commissione nazionale, per la  costituzione  di  un
elenco nazionale dei soggetti  idonei  alla  nomina;  la  seconda,  a
livello  regionale,  preceduta  da  un  avviso   pubblico   destinato
esclusivamente agli iscritti nell'elenco  nazionale  e  diretta  alla
formazione di una rosa di candidati da proporre, per  la  nomina,  al
Presidente della Regione. 
    Il legislatore pugliese,  invece,  nel  disciplinare  i  casi  di
vacanza dell'ufficio di direttore generale delle aziende e degli enti
del SSR, nonche'  delle  aziende  ospedaliero-universitarie  e  degli
istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, avrebbe previsto
genericamente  che  la  Regione  possa  affidare,  intuitu  personae,
l'incarico  di  direzione  a  un  commissario  straordinario,   senza
specificare i motivi  che  non  consentono  la  nomina  di  un  nuovo
direttore  generale  (limitandosi  genericamente  a   richiedere   la
sussistenza di non meglio specificati «comprovati  motivi»)  e  senza
stabilire le procedure e i requisiti necessari per detta nomina. 
    2.1.- Le norme impugnate, in primo luogo, lederebbero l'art. 117,
terzo comma, Cost. in materia di «tutela della salute», in  relazione
agli artt. 2, comma 2-octies, 3, comma  6,  e  3-bis,  comma  2,  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), nonche' agli artt. 1 e 2 del d.lgs. n.  171
del 2016. Tali disposizioni, infatti, si  porrebbero  quali  principi
fondamentali della materia, concernendo la governance degli enti  del
SSR (sono richiamate le sentenze n. 251 del 2016, n. 129 del 2012, n.
295 del 2009 e n. 422 del 2006). 
    L'art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 502 del 1992  prevede  che,  nei
casi di vacanza dell'ufficio, di assenza o impedimento del  direttore
generale,  le   relative   funzioni   sono   svolte   dal   direttore
amministrativo o dal direttore  sanitario,  su  delega  dello  stesso
direttore generale o, in mancanza, dal  direttore  piu'  anziano  per
eta'. Ove l'assenza o l'impedimento si protraggano oltre sei mesi  si
procede alla sostituzione, nel termine perentorio di sessanta  giorni
dalla data  di  vacanza  dell'ufficio.  Scaduto  tale  termine  trova
applicazione, in virtu' del richiamo operato dall'art.  3-bis,  comma
2, l'art. 2, comma 2-octies, del d.lgs. n. 502 del 1992, secondo  cui
il Ministro della sanita' (ora Ministro  della  salute),  sentite  la
Regione interessata e l'Agenzia per i servizi sanitari regionali (ora
Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), fissa un congruo
termine per provvedere, spirato il quale,  il  Ministro,  sentita  la
medesima Agenzia e la Conferenza Stato-Regioni, propone al  Consiglio
dei ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di
un commissario ad acta. Tale intervento, in ogni caso,  non  preclude
l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si e' provveduto in
via sostitutiva. Esso resta infatti efficace sino all'intervento  dei
competenti organi regionali. 
    Dal quadro normativo emergerebbe, dunque, l'impossibilita' per la
Regione di procedere  al  commissariamento  di  un'azienda  sanitaria
priva del direttore generale. 
    L'art. 4 della legge reg. Puglia n. 15 del 2018, inoltre, non  si
atterrebbe alle specifiche regole di cui agli artt. l e 2 del  d.lgs.
n. 171 del 2016. In altri termini, si opererebbe  una  reformatio  in
peius rispetto alle garanzie di trasparenza e  imparzialita'  che  il
legislatore statale avrebbe inteso assicurare attraverso il ricordato
meccanismo di doppia selezione, creando un regime temporaneo, atipico
e sostitutivo di  quello  delineato  dalla  legislazione  statale  in
materia di dirigenza sanitaria. 
    2.2.- In secondo luogo, sarebbero violati  anche  i  principi  di
ragionevolezza, adeguatezza e buon andamento dell'amministrazione, di
cui agli artt. 3 e 97 Cost. 
    Il principio di ragionevolezza, identificabile  nell'esigenza  di
conformita' dell'ordinamento a valori  di  giustizia  e  di  equita',
nonche'   a   criteri   di    coerenza    logica,    teleologica    e
storico-cronologica (si richiamano le sentenze n. 162 del 2014, n. 87
del 2012 e  n.  421  del  1991),  sarebbe  insito  nel  principio  di
eguaglianza  e  alla   base   del   principio   di   buon   andamento
dell'amministrazione. Esso costituirebbe un valido  «complemento»  di
qualunque altro principio e parametro costituzionale, ponendosi quale
criterio   di   giudizio    della    logicita',    della    coerenza,
dell'adeguatezza, della congruenza, della  proporzionalita'  e  della
non arbitrarieta' di qualsiasi norma di legge, statale o regionale. 
    Sotto questo profilo, la violazione di tale  principio  da  parte
delle disposizioni impugnate  sarebbe  evidente,  poiche'  le  stesse
creerebbero un regime atipico e non definito quanto  ai  presupposti,
ai requisiti e  alle  modalita'  procedimentali  per  la  nomina  dei
vertici degli enti del SSR. 
    3.- Con atto depositato il 25 luglio 2018  si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Puglia, in persona del  Presidente  della  Giunta
regionale,  deducendo  l'inammissibilita'  e   l'infondatezza   delle
questioni. 
    3.1.- In via generale, la difesa statale non terrebbe  conto  del
contesto normativo, nazionale e regionale,  in  cui  la  disposizione
impugnata s'inserisce. 
    La legge reg. Puglia n. 15 del 2018, infatti, all'art. 2  prevede
che i direttori generali delle aziende e  degli  enti  del  SSR  sono
scelti esclusivamente tra i soggetti inseriti  nell'elenco  nazionale
degli idonei, istituito presso il Ministero della  salute,  in  piena
conformita', quindi, con  l'art.  1  del  d.lgs.  n.  171  del  2016,
istitutivo di tale elenco. 
    Le  disposizioni  statali  richiamate  dalla  parte   ricorrente,
inoltre, non avrebbero carattere imperativo, come  evidenziato  dalla
giurisprudenza costituzionale sin dall'adozione del d.lgs. n. 502 del
1992. Tali norme, infatti, «hanno un carattere dispositivo  verso  le
regioni, nel  senso  che  queste  ultime  nell'esercizio  delle  loro
competenze possono derogare ad esse, fermo restando il vincolo  della
congruita' delle disposizioni regionali rispetto al principio sotteso
alle disposizioni di dettaglio  adottate  in  via  dispositiva  dallo
Stato (v. sentt. nn. 192 del 1987 e 153 del 1985)» (sentenza  n.  355
del 1993). 
    Ne  discenderebbe,  pertanto,   l'assoluta   inconferenza   delle
censure, in quanto - ancor piu' dopo la revisione costituzionale  del
2001, che ha ampliato l'ambito materiale della competenza legislativa
regionale (sono richiamate, ex multis, le sentenze n. 207  del  2010,
n. 328 e n. 181 del 2006, e n. 270 del 2005) - la normativa regionale
censurata,  «inserendosi  armonicamente  nel  quadro   di   principio
nazionale, non lederebbe in alcun modo la legislazione  nazionale  in
subiecta materia». 
    3.2.- Nello specifico, recando una disciplina  di  urgenza  e  di
carattere transitorio, limitata nel tempo  (la  durata  dell'incarico
del commissario straordinario non puo' superare i sei mesi), l'art. 4
della legge reg. Puglia n. 15 del 2018 non potrebbe  contrastare  con
le richiamate disposizioni statali. 
    3.2.1.- Le norme impugnate, infatti,  non  prevedrebbero  che  il
commissario debba sostituirsi sine die al direttore generale,  avendo
egli un incarico limitato nel tempo, col solo fine di  supplire  alla
vacatio dell'ufficio nelle more della nomina del  direttore  generale
(per un periodo non superiore in ogni caso a sei mesi), in situazioni
nelle quali non sarebbero  applicabili  le  disposizioni  di  cui  al
d.lgs. n. 171 del 2016. 
    Nella fattispecie  d'interesse,  dunque,  non  si  prospetterebbe
l'inerzia  alla  base  dell'intervento  sostitutivo  statale  di  cui
all'art.  2,  comma  2-octies,  del  d.lgs.  n.  502  del  1992.   Il
legislatore regionale, infatti, nel perimetro  della  sua  competenza
concorrente, avrebbe  scongiurato  siffatta  ipotesi,  prevedendo  la
nomina del commissario straordinario. La norma statale in  questione,
in ogni  caso,  avrebbe  carattere  «cedevole»,  posto  che  l'ultimo
periodo espressamente stabilisce  che  l'intervento  sostitutivo  sia
efficace solo sino a quando i competenti organi regionali non abbiano
provveduto, con la  chiara  finalita'  di  sopperire  a  un'eventuale
inerzia regionale che, nel caso de qua, non sussisterebbe. 
    D'altronde, la normativa nazionale non potrebbe tener  conto,  in
modo  esaustivo  e  con  tempestivita',  di  tutte   le   fattispecie
possibili, potendo verificarsi situazioni di decadenza  o  dimissioni
anticipate dell'intera direzione strategica di un'azienda  sanitaria,
oppure situazioni di particolare  criticita',  nelle  quali  non  sia
possibile procedere nell'immediato alla nomina  del  nuovo  direttore
generale e, al tempo stesso,  non  risulti  possibile  attribuire  le
relative funzioni al direttore amministrativo o  sanitario.  In  tali
casi, al fine  di  fronteggiare  situazioni  comunque  temporanee  ed
eccezionali e scongiurare rischi di vuoto gestionale in un settore di
rilevanza strategica quale quello sanitario, il legislatore regionale
legittimamente avrebbe ritenuto di poter  ricorrere  alla  nomina  di
commissari straordinari, il cui mandato e'  comunque  limitato  a  un
arco  temporale  estremamente  breve,  ferma   restando   l'eventuale
attivazione del potere sostitutivo statale. 
    3.2.2.-  La  legittimita'  del  potere  regionale  di  nomina  di
commissari straordinari delle aziende e degli enti  del  SSR  sarebbe
stata  altresi'  confermata  dalla  giurisprudenza  ordinaria   (sono
richiamate Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza  3  dicembre
2009, n. 25422; Corte di  cassazione,  sezione  lavoro,  sentenza  24
luglio 2007, n. 16340). E, non a caso, la maggioranza  delle  Regioni
italiane disporrebbe di norme in materia  di  nomina  dei  commissari
straordinari delle aziende del SSR, mai impugnate dallo Stato, quali,
ad  esempio:  legge  della  Regione  Lazio  16  giugno  1994,  n.  18
(Disposizioni per il riordino del  servizio  sanitario  regionale  ai
sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502  e  successive
modificazioni  e  integrazioni.  Istituzione  delle  aziende   unita'
sanitarie locali e delle aziende ospedaliere), art. 8,  comma  7-bis;
legge della Regione Piemonte 24 gennaio  1995,  n.  10  (Ordinamento,
organizzazione e funzionamento delle  Aziende  Sanitarie  Regionali),
art. 12, comma 1; legge della Regione Basilicata 31 ottobre 2001,  n.
39 (Riordino e razionalizzazione del servizio  sanitario  regionale),
art. 10, commi 11 e 12; legge della Regione Calabria 7  agosto  2002,
n. 29  (Approvazione  disposizioni  normative  collegate  alla  legge
finanziaria regionale relative al Settore Sanita'), art. 20, comma 2;
legge della Regione Lombardia 30 dicembre 2009, n.  33  (Testo  unico
delle leggi regionali in materia di  sanita'),  art.  12,  comma  10;
legge della Regione  Veneto  25  ottobre  2016,  n.  19  (Istituzione
dell'ente di governance della  sanita'  regionale  veneta  denominato
«Azienda per il governo della sanita'  della  Regione  del  Veneto  -
Azienda Zero». Disposizioni per la individuazione  dei  nuovi  ambiti
territoriali delle Aziende ULSS), art. 29, commi 1 e 2. 
    Ulteriore e decisiva conferma si avrebbe  nell'espresso  richiamo
all'ipotesi di commissariamento degli enti del SSR operato  dall'art.
2 del d.lgs.  n.  171  del  2016,  ove,  nell'ambito  delle  funzioni
regionali, al comma 2 si prevede che «[i]n caso  di  commissariamento
delle aziende sanitarie locali, delle  aziende  ospedaliere  e  degli
altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario e' scelto
tra i  soggetti  inseriti  nell'elenco  nazionale».  Le  disposizioni
regionali impugnate, quindi, sarebbero intervenute proprio allo scopo
di adeguare la normativa previgente in materia di commissariamento  -
ovvero l'art. 14 della legge della Regione Puglia 31  dicembre  2010,
n. 19 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2011
e bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia), anch'esso mai
impugnato, peraltro - al d.lgs. n 171 del 2016. 
    3.3.- Riguardo alle censure promosse dalla  parte  ricorrente  in
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la difesa regionale ne eccepisce
in primo luogo l'inammissibilita', in virtu' della  loro  genericita'
(e' richiamata sul punto la sentenza n. 231 del 2017). 
    3.3.1.- Le questioni, in ogni caso, sarebbero infondate,  poiche'
le disposizioni impugnate non determinerebbero  la  sostituzione  del
commissario  straordinario   al   direttore   generale,   stante   la
significativa brevita' della  durata  dell'incarico,  senza  esimere,
peraltro,  la  Regione  dal  procedere  alla  nomina  del   direttore
generale. 
    E' inoltre richiamata la sentenza  n.  190  del  2017  di  questa
Corte, che ha ritenuto  non  lesiva  della  legislazione  statale  di
principio la previsione di un termine piu' lungo (dodici mesi) per la
durata  del  mandato  dei  commissari  straordinari   delle   aziende
sanitarie e ospedaliere, trattandosi  di  un  termine  adeguato  alla
delicatezza e alla complessita' dell'incarico, comunque non  tale  da
rendere ordinaria la gestione commissariale, che resta ben piu' breve
di quella del direttore generale (il cui mandato va da tre  a  cinque
anni). 
    La  temporaneita'  e  la   straordinarieta'   dell'incarico   del
commissario straordinario, dettata dall'urgenza e dalla necessita' di
impedire l'assenza della figura apicale nella delicata gestione della
materia, pertanto, renderebbero ragionevole la scelta del legislatore
regionale di snellire la procedura di nomina del vertice  degli  enti
del SSR. I comprovati  motivi,  infatti,  comprenderebbero  tutte  le
ipotesi  oggettivamente  ostative  all'immediata  attivazione   della
procedura  di  nomina  medesima,  nel  manifesto   intento   di   non
paralizzare l'attivita' amministrativa, all'unico fine  di  garantire
la tutela del bene salute, di preminente interesse pubblico. Inoltre,
le modalita' operative non  sarebbero  affatto  atipiche,  in  quanto
conformi alla disciplina nazionale, tenuto  altresi'  conto  che  gli
stessi direttori generali sarebbero comunque individuati  in  base  a
una scelta di carattere fiduciario, sebbene all'interno di  una  rosa
di candidati. 
    Si tratta di profili che, da ultimo, consentirebbero di rigettare
le questioni anche in applicazione del principio secondo cui «di  una
disposizione   legislativa   non   si   pronuncia    l'illegittimita'
costituzionale quando  se  ne  potrebbe  dare  un'interpretazione  in
violazione  della  Costituzione,  ma  quando  non  se  ne  puo'  dare
un'interpretazione conforme a  Costituzione»  (sentenza  n.  153  del
2015). 
    4.- In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato
ha depositato una  memoria,  richiamando  le  conclusioni  rassegnate
nell'atto introduttivo e integrando le stesse. 
    4.1.- In primo luogo, la parte ricorrente si sofferma sui profili
relativi alla violazione del riparto  costituzionale  di  competenze,
replicando puntualmente alle difese svolte dalla Regione Puglia. 
    4.1.1.- In particolare, non  sarebbe  corretta  la  ricostruzione
della  difesa  regionale  riguardo  alla  natura   di   dettaglio   e
dispositiva delle disposizioni statali rilevanti, asserita sulla base
della sentenza n. 355 del 1993.  Il  riferimento  a  tale  pronuncia,
oltre che superato, non sarebbe pertinente, ne', comunque, porterebbe
a siffatta conclusione. 
    La  sentenza   n.   355   del   1993,   infatti,   teneva   conto
dell'originaria formulazione dell'art. 19 del d.lgs. n. 502 del 1992,
ove non si prevedeva espressamente che «le disposizioni del  presente
decreto costituiscono principi fondamentali  ai  sensi  dell'articolo
117 della Costituzione». Inoltre, il  contesto  normativo  dell'epoca
sarebbe stato assai diverso da  quello  attuale,  in  particolare  in
virtu' dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 171 del 2016, che  fissa,
in caso di vacanza, un differente principio per quanto  attiene  alla
scelta dei vertici delle aziende sanitarie, fondato sull'obbligatorio
ricorso  all'elenco  nazionale  degli  idonei.  E  tali  disposizioni
costituirebbero senz'altro principi fondamentali non  derogabili  dal
legislatore regionale. 
    Il riferimento all'indicata pronuncia sarebbe poi non pertinente,
poiche' la stessa avrebbe qualificato come norme di dettaglio  quelle
relative all'indicazione di chi deve sostituire il direttore generale
in caso di assenza o d'impedimento, non gia' le norme che regolano la
vacanza  dell'incarico.  La  medesima  sentenza,   inoltre,   avrebbe
precisato che le disposizioni dirette a porre i principi  concernenti
l'organizzazione delle unita' sanitarie locali  debbano  considerarsi
come norme fondamentali di riforma economicosociale, con  conseguente
inderogabilita', da parte delle Regioni, degli aspetti  di  dettaglio
legati ai principi della riforma da un rapporto di coessenzialita'  e
di  necessaria  integrazione.  Anche  in   riferimento   alle   norme
dispositive derogabili, dunque, resterebbe  fermo  il  vincolo  della
congruita' delle disposizioni regionali, congruita'  che  mancherebbe
nelle norme regionali impugnate. 
    La recente sentenza n. 159  del  2018  confermerebbe  tale  tesi,
avendo sottolineato che la previsione di  un  elenco  in  cui  devono
essere iscritti i soggetti che  intendono  partecipare  alle  singole
selezioni regionali costituisce un principio fondamentale in  materia
di tutela della salute, in virtu' dell'esigenza di garantire un  alto
livello di professionalita' dei candidati, i quali debbono  possedere
requisiti curriculari unitari,  in  ossequio  al  principio  di  buon
andamento dell'azione amministrativa. In tale pronuncia erano assunte
a parametro, tra le altre, le norme interposte di cui agli artt. 1  e
2 del d.lgs. n. 171 del 2016 e all'art. 3-bis, comma 2, del d.lgs. n.
502 del 1992, di cui,  quindi,  sarebbe  stata  incontrovertibilmente
acclarata la natura di principi fondamentali della materia. 
    4.1.2.-   Secondo   l'Avvocatura   generale   dello   Stato   non
coglierebbero nel  segno  neppure  le  tesi  della  difesa  regionale
relative  al  carattere  transitorio  e  limitato   nel   tempo   del
commissariamento, volto a operare in via residuale e con  riferimento
a fattispecie non previste dalla normativa nazionale. 
    Nella prospettiva del legislatore statale,  infatti,  la  vacanza
sarebbe prevista quale ipotesi ancor piu' temporanea e contenuta  nel
tempo dell'assenza o dell'impedimento, poiche' la  nomina  del  nuovo
direttore generale deve essere effettuata nel termine  perentorio  di
sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio, pena, in difetto,
l'intervento  sostitutivo  del  Governo.  Ne'  si   porrebbe   alcuna
finalita' di «supplire» alla vacatio dell'ufficio  nelle  more  della
nuova nomina, essendo tale esigenza gia' soddisfatta dalla previsione
dell'art. 3, comma 6, ultimo periodo del  d.lgs.  n.  502  del  1992,
secondo cui le funzioni sono svolte dal  direttore  amministrativo  o
dal direttore sanitario  su  delega  del  direttore  generale  o,  in
mancanza di delega, dal direttore piu' anziano per eta'. 
    Errata e fuorviante,  sotto  un  ulteriore  profilo,  sarebbe  la
lettura dell'art. 2, comma 2-octies,  del  d.lgs.  n.  502  del  1992
prospettata dalla Regione, poiche'  il  rinvio  a  tale  disposizione
contenuto   nel   successivo   art.   3-bis,   comma   2   imporrebbe
tassativamente che, alla scadenza del termine perentorio di  sessanta
giorni dalla data di vacanza dell'ufficio di direttore  generale,  si
dia corso all'intervento sostitutivo statale. Siffatta  disposizione,
dunque, non avrebbe carattere cedevole, poiche' l'ipotesi di  mancata
copertura  del  ruolo   apicale   sanitario   sarebbe   compiutamente
disciplinata, senza alcun vuoto  legislativo  da  colmare  attraverso
l'intervento  regionale  eccezionale;  cio'  anche  con   riferimento
all'ipotesi  estrema  di  decadenza  o   di   dimissioni   anticipate
dell'intera  direzione  strategica  dell'azienda  sanitaria,  venendo
comunque in soccorso l'art. 3, comma 6, ultimo periodo, del d.lgs. n.
502 del 1992, che affida la reggenza al direttore  piu'  anziano  per
eta'. 
    Le  disposizioni  regionali  censurate   sarebbero   ancor   piu'
ingiustificate e irragionevoli tenuto conto che l'art.  2,  comma  2,
del d.lgs. n. 171 del 2016 consente alle  Regioni  di  effettuare  la
nuova nomina del direttore generale anche mediante  l'utilizzo  degli
altri nominativi inseriti nella rosa  di  candidati  relativa  a  una
precedente selezione, purche' non antecedente di tre anni e purche' i
candidati siano ancora inseriti  nell'elenco  nazionale.  Irrilevante
sarebbe anche il richiamo alle ipotesi  di  commissariamento  di  cui
all'ultimo periodo dello stesso art. 2, comma 2, che  riguarderebbero
il ricorrere  di  condizioni  patologiche,  legate  a  disfunzioni  e
irregolarita' gestionali, ben diverse dalla situazione, assolutamente
fisiologica, della vacanza dell'ufficio.  Anzi,  imponendo  anche  in
tali circostanze la scelta del commissario tra  i  soggetti  inseriti
nell'elenco  nazionale,   la   disposizione   ex   adverso   invocata
confermerebbe, a ben vedere, il principio fondamentale della  riforma
piu' volte sottolineato. 
    In tal senso, quindi,  non  potrebbe  ritenersi  che  la  Regione
Puglia abbia inteso, come asserito dalla difesa regionale,  meramente
adeguarsi al novellato disposto  del  d.lgs.  n.  171  del  2016.  Un
legittimo adeguamento, infatti, avrebbe imposto di fare  riferimento,
per la nomina del commissario straordinario, non gia' al  caso  della
vacanza, per qualsiasi motivo, dell'ufficio  di  direttore  generale,
bensi', e soltanto, al diverso caso del commissariamento dell'azienda
per patologiche disfunzioni e irregolarita'  gestionali  sottese,  in
via di eccezione, alla determinazione di commissariare l'ente. 
    Infine, la legittimita' delle norme impugnate non potrebbe essere
in alcun modo argomentata in base all'esistenza  di  altre  normative
regionali recanti un'analoga disciplina e non impugnate dal  Governo.
Premesso che le stesse sarebbero tutte  antecedenti  al  (e  comunque
superate dal) d.lgs. n. 171  del  2016,  l'acquiescenza  rispetto  ad
altre leggi regionali non costituirebbe una prova della  legittimita'
costituzionale  delle  disposizioni  impugnata,  come   in   numerose
occasioni chiarito da questa Corte  (e'  richiamata,  tra  tutte,  la
sentenza n. 107 del 2016). 
    4.1.3.- Prive di fondamento e contraddittorie sarebbero anche  le
considerazioni della difesa regionale relative alla  temporaneita'  e
straordinarieta' dell'incarico. 
    Il  termine  massimo  di  durata  della  gestione   commissariale
straordinaria previsto dalla legge  regionale  (sei  mesi),  infatti,
sarebbe ben piu' lungo di  quello  (sessanta  giorni)  imposto  dalla
norma statale per la nuova nomina, determinando  di  conseguenza  una
maggiore durata della vacanza dell'incarico  di  direttore  generale,
con  il  paradossale  risultato  di  procrastinare  il   periodo   di
«incertezza». 
    Cio' troverebbe conferma nella gia' richiamata  sentenza  n.  159
del  2018  che,  nel   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 3 della legge della Regione Siciliana 1° marzo 2017,  n.  4
(Proroga dell'esercizio provvisorio per l'anno 2017 e istituzione del
Fondo regionale per la disabilita'. Norme urgenti per le procedure di
nomina nel settore sanitario regionale), recante la  possibilita'  di
nominare commissari straordinari nelle  aziende  al  di  fuori  delle
fattispecie disciplinate dal legislatore nazionale, ha negato che  un
intervento siffatto potesse giustificarsi sulla base  di  ragioni  di
urgenza e in virtu' della sua temporaneita' ed eccezionalita'. 
    4.2.- In secondo luogo, con  riferimento  alle  censure  relative
agli artt. 3 e 97 Cost., premessa l'adeguata motivazione delle stesse
gia' nel ricorso  introduttivo,  la  difesa  statale  sottolinea,  in
particolare, l'inadeguatezza della  previsione  di  meri  «comprovati
motivi» quale condizione legittimante la  nomina  di  un  commissario
straordinario. La genericita' e atipicita' del presupposto,  infatti,
conferirebbero  alla  Regione  un  potere  arbitrario  di  attribuire
incarichi in modo discrezionale, in contrasto  con  quanto  stabilito
dalla normativa statale per addivenire alla nomina  dei  vertici  del
Servizio sanitario nazionale. 
    5.-  Anche  la  Regione  Puglia  ha  depositato  una  memoria  in
prossimita'    dell'udienza,    ribadendo    l'inammissibilita'     e
l'infondatezza delle doglianze promosse dal Presidente del  Consiglio
dei ministri. 
    5.1.- Le disposizioni statali  interposte,  in  particolare,  non
assurgerebbero «al rango di disposizioni di principio», come chiarito
dalla sentenza n. 355 del 1993. Ne' potrebbe evincersi  quel  vincolo
di  coessenzialita'  e  necessaria  integrazione  che  le  renderebbe
comunque vincolanti per il legislatore regionale  (e'  richiamata  la
sentenza n. 354 del 1994). Anche argomentando in senso contrario,  in
ogni caso, le disposizioni impugnate sarebbero  prive  di  lesivita',
prevedendo un'ipotesi di  commissariamento  delle  aziende  sanitarie
residuale e riferita  a  fattispecie  non  indicate  dalla  normativa
nazionale e, in ogni caso, tale da non escludere l'attivazione  delle
procedure  previste  dalla  legislazione  statale  (si  richiama   la
sentenza n. 178 del 2007, in fattispecie similare). 
    La legittimita' delle disposizioni regionali deriverebbe, infine,
anche dal dovere di darne un'interpretazione conforme a  Costituzione
(sono richiamate le sentenze n. 271 e n. 69 del 2017, e  n.  153  del
2015). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha   promosso,   in
riferimento agli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della  Costituzione,
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della  legge
della Regione Puglia 17 aprile 2018,  n.  15  (Norme  in  materia  di
nomina dei direttori generali delle  aziende  ed  enti  del  Servizio
sanitario regionale in attuazione del decreto  legislativo  4  agosto
2016, n. 171, e interventi finanziari in favore della ricerca per  la
cura delle malattie rare). 
    1.1.- Tale articolo prevede che, in caso di vacanza dell'incarico
di direttore  generale  delle  aziende  e  degli  enti  del  Servizio
sanitario regionale (da qui: SSR), laddove per comprovati motivi  non
sia possibile  provvedere  alla  relativa  nomina,  la  Regione  puo'
nominare  un  commissario  straordinario  (d'intesa  con  il  rettore
dell'universita'       interessata       per        le        aziende
ospedaliero-universitarie, con  il  Ministro  della  salute  per  gli
istituti di ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico  di  diritto
pubblico), scelto  nell'ambito  dell'elenco  nazionale  degli  idonei
all'incarico di direttore generale, il quale rimane  in  carica  fino
alla nomina del direttore generale e, comunque, per  un  periodo  non
superiore a sei mesi (percependo un compenso commisurato a quello del
direttore generale). 
    2.- Le  disposizioni  impugnate  violerebbero,  in  primo  luogo,
l'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  per  contrasto  con  i  principi
fondamentali in materia di «tutela della salute» e, nella specie, con
gli artt. 2, comma 2-octies, 3,  comma  6,  e  3-bis,  comma  2,  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), nonche' con gli artt. 1  e  2  del  decreto
legislativo 4 agosto 2016, n. 171, recante «Attuazione  della  delega
di cui all'articolo 11, comma l, lettera p),  della  legge  7  agosto
2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria». 
    Il legislatore regionale, infatti, avrebbe previsto  la  generica
possibilita'  di  nominare  un   commissario   straordinario,   senza
specificare  i  motivi  ostativi  alla  sostituzione  del   direttore
generale e senza stabilire le procedure e i requisiti  necessari  per
detta nomina, non attenendosi, pertanto, alle specifiche  regole  che
abilitano alla gestione di tali uffici  previste  dalla  legislazione
statale,  che  non  consentirebbero   alla   Regione,   inoltre,   il
commissariamento  di  un'azienda  sanitaria   priva   del   direttore
generale. 
    3.-  Altresi'  lesi  sarebbero  i  principi  di   ragionevolezza,
adeguatezza e buon andamento dell'amministrazione, di cui agli  artt.
3 e 97 Cost., perche' l'intervento legislativo regionale creerebbe un
regime atipico e non definito quanto ai presupposti, ai  requisiti  e
alle modalita' procedimentali per la nomina dei  vertici  degli  enti
del SSR. 
    4.- Le questioni non sono fondate. 
    4.1.- Le disposizioni  impugnate  intervengono  sulla  disciplina
della dirigenza degli enti  del  servizio  sanitario  nazionale,  che
l'ormai  costante  giurisprudenza  costituzionale  ha  ascritto  alla
materia «tutela della salute», di competenza concorrente tra Stato  e
Regioni ex art. 117, terzo comma, Cost. (si  vedano,  da  ultimo,  le
sentenze n. 159 del 2018, n. 251 del 2016 e n. 124 del 2015). 
    4.1.1.- La disciplina della nomina del direttore  generale  degli
enti del SSR,  in  particolare,  e'  il  frutto  di  una  progressiva
evoluzione legislativa, tesa a meglio precisare i  requisiti  per  la
stessa nomina, al fine di ridurre l'ampio potere discrezionale che il
d.lgs. n. 502 del  1992,  specie  nella  formulazione  successiva  al
decreto  legislativo  19  giugno  1999,  n.   229   (Norme   per   la
razionalizzazione  del  Servizio   sanitario   nazionale,   a   norma
dell'articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n.  419),  lasciava  al
Presidente della Regione. 
    Con il decreto-legge 13  settembre  2012,  n.  158  (Disposizioni
urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante  un  piu'  alto
livello di tutela della salute), convertito,  con  modificazioni,  in
legge 8 novembre 2012, n. 189, si  e'  modificato  l'art.  3-bis  del
d.lgs. n. 502 del 1992, prevedendo la formazione di appositi  elenchi
regionali di idonei alla nomina di direttore  generale,  da  cui  poi
attingere i candidati, previo avviso pubblico  e  relativa  selezione
effettuata da  una  commissione  costituita  dalla  Regione.  A  tale
selezione si poteva accedere con il possesso di laurea  magistrale  e
di adeguata esperienza dirigenziale, almeno  quinquennale  nel  campo
delle strutture sanitarie, o settennale negli altri settori (a cui si
aggiungeva la partecipazione a un corso di formazione in  materia  di
sanita' pubblica e di organizzazione e gestione  sanitaria),  nonche'
di eventuali ulteriori requisiti stabiliti dalla Regione. 
    Tale procedura ha trovato  una  nuova  sistematizzazione  con  il
d.lgs. n. 171 del 2016, che ha previsto  un  elenco  nazionale  degli
idonei (art.  1),  istituito  presso  il  Ministero  della  salute  e
aggiornato ogni due anni, sulla base di una  valutazione  operata  da
una commissione nazionale, previa pubblicazione di un avviso pubblico
di selezione per titoli (e fermo restando il possesso  dei  requisiti
sopra  ricordati).  Alle  Regioni  spetta   effettuare   un'ulteriore
selezione, sulla base di apposito avviso, a cui  possono  partecipare
unicamente gli iscritti nell'elenco nazionale,  con  valutazione  dei
titoli e colloquio, in  esito  a  cui  viene  proposta  una  rosa  di
candidati,  nell'ambito  della  quale  il  Presidente  della  Regione
provvede a scegliere il  direttore  generale,  motivando  le  ragioni
della nomina. La durata dell'incarico e' fissata in un minimo di  tre
e in un massimo di cinque anni (art. 2). 
    Tali  disposizioni,  come  gia'  sottolineato  da  questa  Corte,
costituiscono principi fondamentali nella disciplina della  dirigenza
sanitaria e, piu' in generale,  nella  materia  della  «tutela  della
salute». Si tratta di principi ispirati,  infatti,  dall'esigenza  di
meglio qualificare il profilo di tali dirigenti e di ridurre l'ambito
della discrezionalita' politica, che pur in qualche  misura  permane,
nella scelta degli stessi, al fine di tutelare l'imparzialita'  e  il
buon andamento della pubblica amministrazione (sentenze  n.  159  del
2018 e n. 190 del 2017). 
    4.1.2.- Per quanto concerne la vacanza dell'ufficio di  direttore
generale, il d.lgs. n. 502 del  1992,  gia'  nella  sua  formulazione
originaria, stabiliva che  alla  stessa  dovesse  porsi  rimedio  nel
termine perentorio  di  sessanta  giorni  (disciplina  ora  contenuta
nell'art. 3-bis, comma 2). Nelle more le relative  funzioni  potevano
(e  possono)  essere  affidate  al  direttore  amministrativo  o   al
direttore sanitario, su delega del direttore generale  stesso  o,  in
mancanza di delega, al direttore piu' anziano d'eta'. Nei casi non di
vacanza, ma d'impedimento o di assenza del direttore generale, queste
forme di supplenza possono  arrivare  sino  a  sei  mesi,  dopodiche'
occorre provvedere  alla  sostituzione,  nel  termine  perentorio  di
sessanta giorni (art. 3, comma, 6). E' previsto, inoltre,  un  potere
sostitutivo dello Stato, ora disciplinato, in virtu' del richiamo  di
cui all'art. 3-bis,  comma  2,  del  d.lgs.  n.  502  del  1992,  del
successivo art. 2, comma 2-octies,  spettante,  previa  diffida  alla
Regione interessata, al  Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del
Ministro della salute e sentite l'Agenzia  nazionale  per  i  servizi
sanitari  regionali  e  la  Conferenza  Stato-Regioni.   L'intervento
sostitutivo, che puo' comportare la nomina di un commissario ad acta,
non  preclude  l'esercizio  delle  funzioni   regionali   sostituite,
restando efficace sino a quando i competenti organi regionali abbiano
provveduto. 
    Caso peculiare e' dato dalla decadenza  del  direttore  generale,
gia' disciplinata dall'art. 3-bis, comma 7, del  d.lgs.  n.  502  del
1992, i cui contenuti sono stati recepiti dall'art. 2, comma  5,  del
d.lgs. n. 171 del 2016.  La  decadenza  e'  dichiarata  (secondo  una
peculiare  procedura  e  previa  risoluzione   del   contratto)   dal
Presidente della Regione, su delibera della Giunta regionale,  quando
ricorrano gravi motivi oppure nei casi di grave disavanzo di gestione
o di  violazione  di  legge  o  dei  principi  di  buon  andamento  e
d'imparzialita' dell'amministrazione, nonche'  di  norme  o  principi
sulla trasparenza. La decadenza  si  puo'  avere  anche  per  mancata
conferma del direttore generale (art. 2, comma 4, del d.lgs.  n.  171
del  2016),  tenuto  presente  che  lo  stesso  e'  sottoposto,  dopo
ventiquattro mesi dal conferimento dell'incarico, a  una  valutazione
effettuata rispetto agli obiettivi  fissati  dalla  Regione,  il  cui
esito negativo comporta appunto la mancata conferma. La decadenza del
direttore generale, in ogni caso,  determina  la  sostituzione  dello
stesso, la quale puo' essere effettuata dal Presidente della  Regione
anche mediante l'utilizzo dei  nominativi  inseriti  nella  rosa  dei
candidati risultanti da una precedente selezione  regionale,  purche'
la stessa non sia antecedente di tre anni e i candidati inclusi nella
predetta rosa risultino ancora inseriti nell'elenco  nazionale  (art.
2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016). 
    Questa Corte, con la sentenza n. 355 del 1993, ha avuto  modo  di
pronunciarsi anche sulla disciplina della sostituzione,  dell'assenza
e dell'impedimento del direttore generale,  sottolineando  la  natura
dispositiva delle disposizioni organizzative di dettaglio, derogabili
dalle Regioni nell'esercizio delle proprie competenze. 
    4.2.- La figura del commissario  straordinario  delle  aziende  e
degli enti del  SSR,  oggetto  d'esame  nel  presente  giudizio,  non
trovava invece una specifica disciplina nel d.lgs. n. 502  del  1992.
Nondimeno, quasi tutte le Regioni, tra cui la stessa resistente (art.
14 della legge della Regione Puglia 31 dicembre 2010, n. 19,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2011  e
bilancio pluriennale 2011-2013 della Regione Puglia»), hanno previsto
con legge la possibilita' di nominare commissari straordinari, dotati
dei medesimi requisiti per l'incarico di direttore generale, nei casi
di  vacanza  dell'ufficio  di  direttore  generale,  per  un  periodo
limitato (non superiore a dodici mesi). Il presupposto della  nomina,
pur con talune differenze tra le Regioni,  non  e'  dato  dalla  mera
vacanza  dell'ufficio,  ma  dall'impossibilita'  di  provvedere  alla
sostituzione nel termine di sessanta giorni. 
    4.2.1.- Che tale istituto possa  in  linea  di  principio  essere
previsto dalle Regioni e' conseguenza del fatto che ci si  trova  pur
sempre in una materia  di  competenza  concorrente,  tenuto  altresi'
conto  che,  come  questa  Corte  ha  gia'  sottolineato,  le  stesse
disposizioni in materia di sostituzione previste dal  d.lgs.  n.  502
del 1992 possono consentire, a determinate condizioni, scelte diverse
dei   legislatori   regionali   (sentenza   n.   355    del    1993).
Puntualizzazione che non potrebbe  certo  ritenersi  venuta  meno  in
seguito alla riforma costituzionale del  2001,  che  ha  ampliato  le
competenze regionali in materia sanitaria (tra le tante, si vedano le
sentenze n. 54 del 2015, n. 207 del 2010 e n. 181 del 2006). 
    Le  disposizioni  legislative  statali  sulla  sostituzione   del
direttore generale per vacanza  dell'ufficio,  inoltre,  come  si  e'
avuto modo di sottolineare, non sono  state  oggetto  di  sostanziali
modifiche con i  vari  interventi  di  riforma,  se  non  per  quanto
concerne il  procedimento,  restando  sostanzialmente  invariati  tre
elementi: l'obbligo di provvedere alla  sostituzione  entro  sessanta
giorni  dalla  vacanza;  la  supplenza   da   parte   del   direttore
amministrativo o sanitario o del direttore piu' anziano d'eta'  nelle
more della sostituzione, nonche' nei casi d'impedimento o di  assenza
del direttore generale (per un periodo non superiore a sei mesi);  la
possibilita' per lo Stato d'intervenire  in  via  sostitutiva,  fermo
restando il potere di provvedere  in  ogni  momento  da  parte  della
Regione. 
    La Regione Puglia, in vigenza di tali disposizioni, aveva  quindi
gia' disciplinato, come quasi tutte le altre Regioni,  l'ipotesi  del
commissariamento degli enti del SSR. Tale ipotesi, nel nuovo contesto
normativo, ha anzi trovato una specifica previsione,  poiche'  e'  lo
stesso art. 2 del  d.lgs.  n.  171  del  2016  a  farvi  riferimento,
indicando che il commissario venga scelto  tra  i  soggetti  inseriti
nell'elenco  nazionale  degli  idonei   all'incarico   di   direttore
generale. 
    La  nomina  di  un  commissario  regionale,  d'altronde,  non  si
sovrappone, in quanto tale, al potere  sostitutivo  statale  previsto
dall'art. 2, comma 2-octies, del d.lgs.  n.  502  del  1992,  che  si
applica ai casi d'inerzia regionale e che, di per se', non puo' certo
escludere la previsione da parte della Regione di meccanismi  atti  a
evitare che l'inerzia si determini. L'intervento statale sara' sempre
possibile quando la Regione non provveda o non  sia  stata  in  grado
d'intervenire neppure durante la gestione commissariale. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di pronunciarsi sulla materia con
la sentenza n. 190 del 2017, avente a oggetto la novella dell'art. 20
della legge della Regione Calabria 7 agosto 2002, n. 29 (Approvazione
disposizioni normative collegate  alla  legge  finanziaria  regionale
relative al Settore Sanita'), che prevede, appunto, per  esigenze  di
carattere straordinario, la facolta' per il Presidente della  Regione
di  nominare  commissari  straordinari  delle  aziende  sanitarie   e
ospedaliere. In particolare, giudicando sulla norma che estendeva  da
sei a dodici mesi la durata massima della gestione commissariale,  se
ne e' sottolineata  l'adeguatezza,  perche'  inidonea  a  rendere  la
gestione straordinaria equiparabile a  quella  ordinaria,  in  virtu'
della  durata  notevolmente  inferiore  del   mandato   commissariale
rispetto a quella dell'incarico di direttore generale (che va da  tre
a cinque anni). 
    4.2.2.- Dunque, se in  linea  di  principio  il  commissariamento
degli enti del SSR da parte della Regione puo' ritenersi ammissibile,
cio' che maggiormente rileva sono i presupposti dello stesso.  Questi
ultimi,  infatti,  non  possono   rinvenirsi   nella   mera   vacanza
dell'ufficio, poiche' in tal modo sarebbe effettivamente  violata  la
previsione di cui all'art. 3-bis, comma 2,  del  d.lgs.  n.  502  del
1992, con elusione del termine perentorio di sessanta giorni  per  la
copertura della stessa vacanza. Deve trattarsi, in altri termini,  di
una comprovata e giustificata  impossibilita'  di  procedere  a  tale
copertura secondo il procedimento ordinario. 
    Si pensi, ad esempio, al caso in  cui  la  vacanza  dell'incarico
avvenga nella fase di avvicendamento tra una legislatura e  un'altra;
a quello di dimissioni dell'intera dirigenza sanitaria;  al  caso  di
dimissioni del direttore generale per ragioni che rendano inopportuna
la  stessa   supplenza   da   parte   del   direttore   sanitario   o
amministrativo;  agli  interventi   di   razionalizzazione   mediante
accorpamento delle aziende sanitarie. Deve escludersi, invece, che il
commissariamento debba necessariamente essere limitato  alle  ipotesi
di vacanza determinata dalla decadenza del direttore  generale,  come
asserito dalla difesa statale. La decadenza, infatti, non costituisce
di per se' un caso in cui puo' essere impossibile  la  nomina  di  un
nuovo direttore generale, risultando  quindi  necessaria  quella  del
commissario straordinario. A legittimare  quest'ultima  non  sono  le
ragioni  della  vacanza,  ma  l'impossibilita'  di  provvedere   alla
sostituzione in sessanta giorni, motivata da comprovate esigenze. 
    4.3.- Ricostruito cosi' il quadro normativo  e  giurisprudenziale
di riferimento, risulta  evidente  che  il  legislatore  pugliese  e'
intervenuto nell'esercizio delle proprie  competenze  in  materia  di
«tutela della salute», senza introdurre una disciplina  in  contrasto
con i principi fondamentali della legislazione statale,  limitandosi,
sulla falsariga di quanto avvenuto in altre Regioni, ad  adeguare  la
sua previgente disciplina all'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171  del
2016. 
    4.3.1.-  L'art.  4  impugnato,  infatti,   prevede   ipotesi   di
commissariamento che non sono riconducibili alla  fase  "fisiologica"
della vacanza dell'ufficio di direttore generale, ossia  la  scadenza
naturale dell'incarico,  bensi'  a  casi  in  cui  comprovati  motivi
rendano impossibile provvedere alla nuova nomina nei sessanta giorni.
Si tratta di vicende ben diverse, quindi, da quelle affrontate  dalla
sentenza n. 159 del 2018, concernente disposizioni  che,  nelle  more
della costituzione degli elenchi regionali, impedivano tout court  la
nomina dei nuovi direttori  generali,  con  il  commissariamento  ope
legis degli enti in cui il relativo incarico venisse a scadenza. 
    Le disposizioni impugnate, invece, non attribuiscono alla Regione
una  discrezionalita'  tale  da  poter  scegliere,  ogni  volta   che
l'ufficio di direttore generale sia vacante,  se  nominare  il  nuovo
direttore o commissariare l'ente. Tale eventualita', paventata  dalla
difesa  statale,  e'  infatti  esclusa  dalla   necessita'   che   il
provvedimento di nomina del commissario straordinario giustifichi  le
ragioni  per  cui  non  si  sia  potuto  addivenire  alla   ordinaria
sostituzione del direttore generale, precisando che siano indicati  i
«comprovati  motivi»  della  scelta   regionale,   sulla   base   del
complessivo  contesto  normativo  di   riferimento.   Nel   caso   di
commissariamento a seguito di vacanza intervenuta per  decadenza  del
direttore generale, ad esempio, la Regione dovra' indicare  anche  le
ragioni per cui non si possa scegliere il  direttore  generale  nella
rosa  dei  soggetti  individuati  nelle  precedenti  selezioni,  come
consentirebbe l'art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 171 del 2016. 
    Il potere di nomina regionale  di  un  commissario  straordinario
degli enti del SSR, pertanto, risulta ragionevolmente circoscritto  e
delimitato, nel rispetto anche degli artt. 3  e  97  Cost.,  restando
sempre possibile, tra l'altro, il sindacato amministrativo  sull'atto
di nomina.