LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI CAMPANIA
Sezione 25
riunita con l'intervento dei signori:
Verrusio Mario, Presidente e relatore;
D'Avino Raffaele, giudice;
Di Lorenzo Fabio, giudice;
ha emesso la seguente ordinanza sull'appello n. 8272/2017
depositato il 14 settembre 2017, avverso la pronuncia sentenza n.
3745/2017 Sez. 29 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di
Napoli;
contro: Abblasio Giuseppe, v. Giovanni Antonio Campano, 91 int. 1
- 80145 Napoli, difeso da Pisani Angelo, piazza Vanvitelli, 15 -
80100 Napoli;
proposto dall'appellante: Ag. Entrate - Riscossione - Napoli,
difeso da Mongillo Alessandra, salita Arenella 51/B - 80129 Napoli.
Atti impugnati:
cartella di pagamento n. 07120130027104450000 Tas. Automobili
2008;
cartella di pagamento n. 07120130057260411000 TARSU/TIA 2009.
Sciogliendo la riserva di cui alla CdC del 14 maggio 2018;
Premesso:
che oggetto dell'appello e' la sentenza della Commissione
tributaria provinciale di Napoli sezione 29ª n. 3745/2017, che ha
accolto parzialmente il ricorso del contribuente Giuseppe Abblasio
avverso intimazione di pagamento n. 07120159088282133000, fondata su
varie cartelle esattoriali, nella parte in cui veniva richiesto il
pagamento anche di ruoli per tributi recate da cartelle - in ricorso
specificatamente indicate - asseritamente non notificate, domandando
per queste l'annullamento della intimazione per difetto della
notificazione dell'atto prodromico, ossia delle cartelle esattoriali
indicate ed altresi' relativa ritenuta formazione di decadenze e/o
prescrizioni;
che la sentenza appellata innanzi indicata ha accolto il
ricorso «in parte, nei sensi di cui alla motivazione» (dispositivo
sentenza appellata);
che la motivazione della sentenza, integrante il dispositivo,
cosi' ha statuito (dalla sentenza appellata): «Ritenuto che il
ricorso debba essere accolto con riferimento alla cartella n.
07120130027104450000 e 07120133005726041100, in quanto dalla copia
della notifica depositata in atti da Equitalia emerge che le stesse
sono state notificate a familiari conviventi e non seguite dalla
successiva notifica al ricorrente (sulla nullita' della cartella di
pagamento notificata da Equitalia mediante spedizione diretta della
raccomandata postale, qualora il plico sia stato consegnato a persona
diversa dal destinatario ed a quest'ultimo non sia stata trasmessa
l'ulteriore raccomandata recante comunicazione di avvenuta
notificazione, cfr. CIP Campobasso n. 68/2016)»;
che dunque il parziale accoglimento e' fondato dalla sentenza
appellata sulla circostanza della mancata comunicazione a mezzo
raccomandata della cd. CAN (prevista in via generale per le
notificazioni a mezzo posta in caso di consegna a persona diversa dal
destinatario, ex art. 7 legge n. 890/1982 testo vigente al tempo
delle notificazioni, avvenute rispettivamente il 6 febbraio 2013 e il
27 marzo 2013);
che l'Agenzia delle entrate Riscossione - successore ope
iuris nel munus di Equitalia Riscossione Servizi S.p.a. - ha
interposto appello avverso la sentenza innanzi indicata, affidandolo
ad un unico motivo, in forza del quale, premesso in fatto (peraltro
cosi' come riconosciuto dalla stessa sentenza appellata) che la
notificazione delle due cartelle era avvenuta a mezzo posta
raccomandata a.r. diretta (cioe' senza intermediazione di ufficiale
notificatore) ex art. 26 decreto del Presidente della Repubblica n.
602/1973 testo vigente anche all'epoca, lamenta la violazione di
legge, perche' la sentenza avrebbe richiesto un adempimento non
previsto dalla fattispecie astratta in relazione alla detta forma di
notificazione, ed invoca la granitica giurisprudenza della Corte di
cassazione in funzione nomofilattica sul punto;
che l'appellato contribuente, benche' ritualmente intimato,
e' rimasto assente in questo grado;
precisato che la giurisdizione e' tributaria, in quanto le
pretese di cui all'intimazione relazionate ai ruoli recati dalle due
cartelle innanzi indicate sono riferite a ruoli per tributi (tassa
auto e TARSU);
rilevato che effettivamente, come del resto gia' riconosciuto dal
Giudice di primo grado, la notificazione delle due innanzi dette
cartelle e' avvenuta - come indiscutibilmente emerge dalla
documentazione depositata dal concessionario in primo grado - a mezzo
posta raccomandata a.r. diretta, cioe' senza l'intermediazione di
ufficiale notificatore;
considerato:
che rispetto alla detta situazione di fatto, stando alla
giurisprudenza della suprema Corte di cassazione (costituente diritto
vivente, cfr. di seguito) deve ritenersi - ai sensi dell'art. 1,
comma 161, legge n. 296/2006 (per il tributo locale) e dell'art. 14,
comma 1, primo periodo, prima parte, legge n. 890/1982 (per i tributi
erariali regionali) e nello specifico, in relazione all'atto
notificato (cartella esattoriale) per l'art. 26 decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 - esistente valida e regolare
la notifica di ciascuna delle cartelle perche' avvenuta direttamente
a mezzo posta, dovendosi applicare le disposizioni in materia di
regolamento postale per gli atti a firma (nella specie, rationem
temporis, decreto ministeriale 1° ottobre 2008, art. 27, che non pone
alcun ordine e che consente la consegna anche direttamente al
portiere senza alcuna ricerca del destinatario) e non quelle della
notificazione a mezzo posta nella forma di cui alla legge n. 890/1982
(testo ante legge n. 205/2017), e dunque non necessaria ne' la
specificazione della attivita' di ricerca del destinatario e della
attestazione espressa di sua effettiva constatata precaria assenza,
ne', soprattutto per quello che qui interessa, l'invio di
raccomandata di comunicazione di avvenuta notificazione, cosi' come
disposto dall'art. 7 ult. comma, legge n. 890/1982 (nel testo vigente
all'epoca), nel caso di consegna a persona diversa dal destinatario;
che tale infatti e' il consolidato indirizzo delle suprema
Corte di cassazione (ex multiis, ordinanza n. 14196/2014) che proprio
sul punto specifica «Ai fini che qui importano occorre rammentare che
l'art. 60 decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, che
riguarda direttamente le imposte sui redditi ma e' specificamente
richiamato anche ai fini dell'imposta di registro, per quel che qui
specificamente rileva - art. 52 decreto del Presidente della
Repubblica n. 131/1986 - prevede che la notificazione e' eseguita
secondo le norme stabilite dagli articoli 137 e seguenti codice di
procedura civile, e che i compiti dell'ufficiale giudiziario sono
svolti «dai messi comunali o dai messi autorizzati dall'ufficio».
Orbene, si e' affermato da Cassazione n. 9111/2012 che la legge n.
890/1982 regola esclusivamente la notifica (ex art. 149 c.p.c.)
eseguita dall'ufficiale giudiziario, non altre forme di notifica, in
particolare non quelle previste dalle singole leggi di imposta
nonche' dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art. 16, comma 3
(«le notificazioni possano essere fatte anche direttamente a mezzo
del servizio postale mediante spedizione dell'atto in plico senza
busta raccomandato con avviso di ricevimento»). Si e' quindi
ricordato che (sentenza 28 luglio 2010, n. 17598) «a decorrere ...
dal 15 maggio 1998 (data di entrata in vigore della ... legge n. 146
del 1998), e' stata concessa agli uffici finanziari la facolta' di
provvedere direttamente alla notifica degli atti al contribuente
mediante spedizione a mezzo del servizio postale (Cass. n. 15284 del
2008)»: «cio' significa che, cosi' come e' stabilito per la notifica
degli atti processuali dal decreto legislativo n. 546 del 1992, art.
16, comma 3, il notificante e' abilitato alla notificazione dell'atto
senza l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario (ferma restando,
ovviamente, quella dell'ufficiale postale), e, quindi, le modalita'
di notificazione semplificata, alle quali, pertanto, non si applicano
le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le sole
notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali
giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali
autorizzati), bensi' le norme concernenti il servizio postale
ordinario (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cassazione
numeri 17723 del 2006 e 1906 del 2008; in tema di tributi locali,
Cassazione n. 2690 del 2002)» - cfr. Cassazione n. 272/2014, conf.
Cassazione 1207/2014 -. Ne consegue che, quando l'ufficio finanziario
si sia avvalso della facolta' di notificazione a mezzo posta, alla
spedizione dell'atto si applicano le norme concernenti il servizio
postale ordinario e non quelle della legge n. 890 del 1982 (Cass.
17598/2010 in tema di validita' della notifica con raccomandata non
ritirata presso l'ufficio postale, senza che ad essa fosse seguito
l'invio della raccomandata informativa previsto dalla legge n. 890
del 1990, art. 8). Non appaiono dunque pertinenti le censure relative
alla mancata osservanza dell'ordine dei soggetti ai quali effettuare
la notifica o l'assenza del mancato inoltro della raccomandata al
destinatario in caso di consegna al portiere - Cassazione n.
19771/2013-. Del resto, la diversita' di disciplina fra notifiche a
mezzo posta e a mezzo di ufficiale giudiziario e' in linea con quanto
piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, avendo il
legislatore disciplinato la notificazione a mezzo posta e quella
eseguita con il tramite dell'ufficiale giudiziario in modo diverso
«nel ragionevole esercizio della discrezionalita' che gli appartiene»
(sentenza n. 17 del 2011), trattandosi di situazioni differenti tra
loro (ex multiis, Corte cost. n. 43/2010, n. 131/2007; Corte cost. n.
130/2011).»;
che tale indirizzo e' stato confermato da ultimo tra le altre
da:
Cassazione n. 14501 del 2016: «in tema di notificazioni a
mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di
ricevimento, mediante la quale puo' essere notificato, ai sensi
dell'art. 14 della legge n. 890 del 1982, l'avviso di accertamento o
liquidazione senza intermediazione dell'ufficiale giudiziario, e'
quella dettata dalle disposizioni concernenti il servizio postale
ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le
disposizioni di cui alla legge citata attengono esclusivamente alla
notifica eseguita dall'ufficiale giudiziario ex art. 140 codice di
procedura civile. Ne consegue che, difettando apposite previsioni
della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di
notifica o annotazione specifica sull'avviso di ricevimento in ordine
alla persona cui e' stato consegnato il plico, e l'atto pervenuto
all'indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato
a quest'ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all'art.
1335 del codice civile, superabile solo se il medesimo dia prova di
essersi trovato nella impossibilita' senza sua colpa di prenderne
cognizione»;
da Cassazione n. 1304 del 2017: «che l'unico motivo, di
"violazione e/o falsa applicazione degli articoli 25 e 26 decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973, 60 decreto del Presidente
della Repubblica n. 600/1973, 140 codice di procedura civile in
relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.", e' manifestamente
fondato: infatti, la notifica della cartella esattoriale puo'
avvenire anche mediante invio diretto, da parte del concessionario,
di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, in quanto la
seconda parte del comma 1 dell'art. 26 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, prevede una modalita' di
notifica, integralmente affidata al concessionario stesso ed
all'ufficiale postale, alternativa rispetto a quella della prima
parte della medesima disposizione e di competenza esclusiva dei
soggetti ivi indicati (in tali espressi termini: Cassazione 19 marzo
2014, n. 6395; Cassazione 6 marzo 2015, n. 4567; Cassazione 15 giugno
2016, n. 12351, che specifica altresi' che la notificazione della
cartella di pagamento e' disciplinata dall'art. 26 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 anche dopo la
modificazione apportata a quest'ultima norma con l'art. 12 del
decreto legislativo n. 46 del 1999, sicche' la notifica puo' essere
eseguita direttamente da parte dell'esattore mediante raccomandata
con avviso di ricevimento); - che pertanto (in termini: Cassazione,
ordinanza 13 giugno 2016, n. 12083), qualora la notifica della
cartella di pagamento sia eseguita, ai sensi dell'art. 26, comma 1,
seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del
1973, mediante invio diretto, da parte del concessionario, di
raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme
concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge n.
890 del 1982, sicche' va cassata la sentenza .con cui il giudice di
merito ha ritenuto invalida la notifica della cartella sull'erroneo
presupposto che, non essendo stata ricevuta dal destinatario
personalmente, occorresse l'invio di una seconda raccomandata;»;
che dunque - applicando il detto indirizzo nomofilattico - dal
combinato disposto tra l'art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 e art.
14, comma l, prima parte, legge n. 890/1982 e art. 26 decreto del
Presidente della Repubblica n. 602/1973 deriva che non e' applicabile
al caso in esame - notifica diretta da parte dell'ente concessionario
- l'art. 7, legge n. 890/1982, con la conseguenza che non e'
necessaria l'attestazione dell'agente postale della precaria assenza
del destinatario e in via successiva degli altri soggetti; che e'
sufficiente la consegna al familiare (o anche al portiere) e, specie
per quanto qui rileva ai fini del decidere - consegna a familiare,
cioe' a persona diversa dal destinatario-, non necessaria la
raccomandata cd. CAN, prevista dall'ultimo comma dell'art. 7, legge
n. 890/1982 nel testo all'epoca vigente;
che invece, come e' noto, se la notificazione a mezzo posta
avviene per ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale, trovano
applicazione integralmente le modalita' di notificazione di cui alla
legge n. 890/1982 ed in particolare l'art. 7 (per la fattispecie nel
testo all'epoca vigente, cfr. di seguito sugli effetti della modifica
introdotta dalla legge n. 205/2017) che stabilisce l'ordine e i
presupposti delle persone cui consegnare il plico e che l'agente
postale ha l'onere di ricercare nonche', in caso di consegna a
persona diversa dal destinatario - per cio' che qui interessa
specificatamente - la necessaria integrazione della fattispecie
legale con la spedizione di raccomandata di comunicazione di avvenuta
notificazione (cd. CAN);
ritenuto:
che applicando quanto innanzi, nel caso [notificazione delle
cartelle presupposte recanti ruoli (atto impositivo) avvenuta
direttamente dal Concessionario tramite il servizio postale],
dovrebbe considerarsi la esistente valida e regolare notificazione
per le due cartelle presupposte l'atto impugnato, in quanto
notificate a familiare convivente (rispettivamente nipote e figlia) e
dunque accogliersi l'appello;
che tuttavia la Sezione dubita della legittimita'
costituzionale delle dette disposizioni, che, privilegiando (art. 14,
comma 1, prima parte, legge n. 890/1982) e comunque consentendo la
scelta dell'Ente impositore o degli Uffici Finanziari o concessionari
di riscossione (art. 1, comma 161, legge n. 296/2006 e sempre art.
14, comma 2, legge n. 890/1982 e nello specifico, art. 26, comma 1,
seconda parte, decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973),
prevedono una forma di notificazione degli atti impositivi, e nella
specie le cartelle esattoriali (art. 26 cit.), senza le garanzie
nella fase di consegna del plico previste (all'epoca) dalla legge n.
890/1982 per le notificazioni a mezzo posta effettuate dall'Ufficiale
giudiziario, dal messo comunale o speciale, sicche' la proponenda
questione di illegittimita' e' pienamente rilevante nel caso in
esame, atteso che la eventuale dichiarazione di illegittimita'
costituzionale delle disposizioni innanzi dette - ed in particolare
del piu' volte citato art. 26, comma 1, decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 - nella parte in cui non prevedono che in caso
di consegna del plico postale a persona diversa dal destinatario non
trovi applicazione l'ultimo comma dell'art. 7, legge n. 890/1982 nel
testo all'epoca vigente, comporta la diversa obbligata decisione di
rigetto dell'appello;
che non si puo' obiettare che, nel caso, la parte
contribuente non si sia costituita in secondo grado, e quindi non
abbia riproposto la questione della nullita' della notificazione,
atteso che, essendo stata accertata la nullita' in primo grado, il
grado di appello verte essenzialmente sulla correttezza o meno della
decisione del giudice di primo grado, che sarebbe errata alla stregua
della regola giuridica applicabile ed invece corretta nel caso
appunto in cui venisse dichiarata la illegittimita' costituzionale;
che infatti la declaratoria di illegittimita' costituzionale
delle dette disposizioni - ed in particolare dell'art. 26 piu' volte
citato decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 -, nella
parte in cui non prevedono che anche nel caso di notificazione
diretta da parte dell'Ufficio finanziario o dell'Ente impositore o
concessionario per la riscossione trovano applicazione le
disposizioni di cui alla legge n. 890/1982 ed in particolare l'art. 7
detta legge, implicherebbe una diversa valutazione dell'appello,
essendo pacifico che non vi e' stata la spedizione della raccomandata
cd. CAN, che costituisce elemento integratore della stessa
fattispecie legale di esistenza ai sensi dell'art. 7, ult. comma,
legge n. 890/1982 nel testo vigente al momento della notificazione
delle cartelle (l'avvenuta consegna ai familiari risulta
processualmente attestato -come anche accertato dal giudice di primo
grado, ammesso in appello dallo stesso ente concessionario appellante
e comunque risultante dagli atti - per le due innanzi dette
cartelle);
che pertanto l'esito della controversia all'esame dipende
dalla applicazione delle disposizioni innanzi dette sospette di
illegittimita' costituzionale;
considerato che la Sezione dubita della legittimita'
costituzionale delle dette disposizioni per violazione degli articoli
3, 24, 97 e 111 Cost. nonche' in relazione all'art. 11 Cost. e 6
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali.
Non va certo ricordato (ma occorre farlo per evitare la
inammissibilita' della questione) alla Corte costituzionale che la
notificazione di un atto unilaterale (giudiziario o sostanziale non
importa) e' richiesta dall'ordinamento ogni qual volta sia necessario
avere certezza giuridica di conoscenza, ossia della probabile
conoscenza, da parte del destinatario, non ritenendosi sufficiente la
mera conoscibilita'. Per questo, la notificazione e'
procedimentalizzata, di regola con l'intervento di un pubblico
ufficiale (ufficiale giudiziario, messo comunale o speciale)
specificatamente abilitato, e con specificazione dettagliata delle
attivita' da compiere in sede di consegna, al compimento solo delle
quali puo' legalmente presumersi l'avvenuta conoscenza. Vi e' cioe'
una distinzione sistematica della rilevanza della conoscenza degli
atti unilaterali: per la generalita' degli atti unilaterali e'
sufficiente la conoscibilita', derivata in via presuntiva semplice
legale relativa dall'oggettivo dato che l'atto sia pervenuto
all'indirizzo del destinatario (art. 1334 e 1335 c.c.); per alcune
tipologie di altri atti, invece, l'ordinamento richiede una
probabilita' di conoscenza maggiore, che si qualifica di certezza
giuridica, ancorandola pertanto a dati fattuali ulteriori relativi
alla fase di consegna, ossia in primis la consegna diretta e quindi,
in mancanza, ad una serie di attivita', a secondo i casi (precaria
assenza, irreperibilita' ecc.), essenziali. Solo il compimento di
queste attivita' essenziali rende possibile una presunzione legale
assoluta iuris et de iure di avvenuta conoscenza. Ed infatti, la
certezza della conoscenza derivante dalla notifica puo' essere
oggetto di reclamo da parte del destinatario solo ed esclusivamente o
con querela di falso diretta a dimostrare la falsita' di quanto
risultante dalla relata e atti conseguenti ovvero denunciando la
inesistenza o nullita' per omesso o invalido compimento delle
attivita' previste dal procedimento notificatorio (il che significa
ritenere inidonea la notifica alla conoscenza legale «certa» -
giuridica - per l'assenza o nullita' di un elemento costitutivo della
fattispecie legale di formazione), ma non potra' mai essere ammesso a
denunziare il semplice dato della non diretta consegna o della non
conoscenza (neppure) senza sua colpa. Del resto, mentre nel caso di
notificazione sia per le disposizioni del codice di procedura civile
che per la legge n. 890/1982 il dato che l'atto sia pervenuto
all'indirizzo del destinatario costituisce un presupposto ma non
integra la fattispecie legale, essendo appunto necessaria una
attivita' specifica alla consegna diretta o a persona abilitata a cui
segue, in caso di notifica a mezzo posta con consegna a persona
diversa dal destinatario, la spedizione della CAN (e per gli atti
tributari in generale la spedizione della CAN anche per consegna a
mani da parte di messo a persona diversa del destinatario, cfr. art.
60, comma 1, lettera b-bis decreto del Presidente della Repubblica n.
600/1973), nella comunicazione degli atti unilaterali invece e'
quello il mero dato di presunzione semplice, cioe' la prova che
l'atto sia pervenuto all'indirizzo del destinatario in qualsiasi
forma. In definitiva la distinzione non e' solo formale ma
decisamente sostanziale: la notificazione e' un procedimento diretto
ad assicurare la certezza giuridica della (effettiva) conoscenza; la
comunicazione assicura invece la mera conoscibilita' dell'atto,
essendo ancorata ad un dato di fatto che non implica la conoscenza
(l'art. 1335 del codice civile e' tecnicamente preciso: discorre di
«notizia» dell'atto, non conoscenza), ma la conoscibilita' (tanto che
la prova liberatoria del destinatario riguarda la impossibilita'
assoluta e senza sua colpa di averne notizia).
Da questo sistema appare evidente che l'art. 14, comma 1, primo
periodo, prima parte, legge n. 890/1982 come vigente a seguito della
legge n. 146 del 1998 (art. 20), e l'art. 1, co. 161/2006 e nello
specifico l'art. 26, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica
n. 602/1973 - prevedendo una forma di notificazione a mezzo posta
raccomandata normale, senza le garanzie di consegna previste
all'epoca dall'art. 7, legge n. 890/1982 per rendere la certezza
giuridica della conoscenza - in effetti considerano sufficiente la
presunzione semplice e non assoluta per la comunicazione dell'atto
impositivo. In effetti non richiedono piu' la notificazione, intesa
come forma legale di avvenuta certa giuridica conoscenza, ma la mera
avvenuta conoscibilita' presunta semplicemente (cfr. la di seguito
riportata motivazione della suprema Corte di cassazione n. 1980/2015
e Cassazione n. 10245/2017). Invero, non richiedono piu' la
notificazione intesa come procedimento che porta alla conoscenza
legale certa, ma di fatto la mera comunicazione, elevando a forma di
notificazione, sul piano solo nominalistico, presunzioni semplici di
conoscibilita' che non corrispondono alla prima che e' presunzione
legale iuris et de iure di conoscenza. Ora, la scelta sul se sia
necessaria o meno la notificazione di un atto e' certamente nella
discrezionalita' del legislatore [e' a questo che in sostanza si e'
riferita la Corte costituzionale nell'inciso «nel ragionevole
esercizio della discrezionalita' che gli appartiene» contenuto nella
sentenza n. 17/2011 riportato dalla Corte di cassazione nella innanzi
citata ordinanza n. 14196/2014], che tuttavia deve pur sempre essere
esercitata ragionevolmente.
Quindi il primo motivo di censura di legittimita' costituzionale
delle disposizioni denunziate consiste proprio nella irragionevolezza
manifesta della degradazione di fatto della notificazione dell'atto
impositivo o riscossivo, se eseguito a mezzo posta diretta, alla mera
comunicazione: ossia in una sostanziale elusione dell'obbligo di
notifica, cioe' di portare a conoscenza mediante un procedimento che
garantisca la giuridica certezza di conoscenza, degradato alla mera
conoscibilita' cosi' annullando, mediante elusione, l'obbligo di
notificazione.
L'atto di accertamento tributario e il ruolo sono innanzitutto
atti sostanziali idonei ad incidere sulla sfera patrimoniale del
soggetto destinatario (tutelata costituzionalmente ex art. 23 Cost.)
in modo diretto. Poiche' sono assistiti dall'istituto della idoneita'
a divenire inoppugnabili per mancata impugnazione in un termine
decorrente appunto dalla «notificazione» (art. 21, decreto
legislativo n. 546/1992), sono potenzialmente definitivi. Sono
inoltre anche atti a valenza processuale, poiche', per la struttura
impugnatoria del processo tributario (cosi costruito in riferimento
all'attitudine a divenire definitivi degli atti impositivi), essi si
pongono come provocatio ad opponendum, che, senza alterare le
posizioni sostanziali delle parti nel processo, ne implica la
necessita' di introduzione giudiziale in capo al soggetto
destinatario.
Ne deriva che non puo' ragionevolmente escludersi la necessita'
di notificazione, cioe' della applicazione di un procedimento che
porti con adeguata garanzia alla certezza giuridica della conoscenza,
proprio per la massiva e diretta incidenza e le conseguenze
sfavorevoli nonche' preclusive del ricorso al giudice, che derivano
dalla conoscenza dell'atto, la quale pertanto deve essere legalmente
certa. Del resto la necessita' di notificazione di detti atti e'
prevista da tutte le singole leggi di imposta, a pena di decadenza, e
per i ruoli, in generale, dall'art. 21, comma 1, secondo periodo,
decreto legislativo n. 546/1992.
Dunque, alla Sezione appaiono illegittime costituzionalmente per
violazione dell'art. 24 Cost. - a maggior ragione in combinato
disposto con l'art. 3 Cost. prevedente il principio di razionalita' o
meglio ragionevolezza che deve guidare il legislatore nella proprie
scelte - le disposizioni censurate, in quanto irragionevolmente
lesive del diritto della difesa, che nel rango costituzionale dei
diritti e' considerato inviolabile e da assicurare in termini di
effettivita' e non di mera astrattezza teorica. Esse infatti
consentono agli uffici finanziari e agli enti locali e agli enti di
riscossione nell'esercizio del potere impositivo o riscossivo di non
notificare l'atto - notificazione cui sono tenuti per legge stessa -
con forme che garantiscano la legale certa conoscenza del
destinatario, ma diversamente di procedere con forme che realizzano
la mera conoscibilita', e dunque autorizzano gli Uffici a non
procedere a notificazione, intesa come procedimento assistito da
formalita' tali da garantire la certezza giuridica della conoscenza
del destinatario, proprio di atti incidenti direttamente sulla sfera
patrimoniale personale, contenendo di regola anche irrogazione di
sanzioni, del destinatario. Dunque, il primo quesito sostanziale che
si pone alla Corte costituzionale e' se sia legittimo
costituzionalmente, recte se sia legittima costituzionalmente perche'
non irragionevole, la scelta del legislatore di escludere dalla
notificazione, con forme proprie che realizzino la presunzione di
certezza giuridica di conoscenza, gli atti impositivi tributari e i
ruoli (e cartelle che sono strumento di notifica dei ruoli, art. 21,
comma 1, seconda parte, decreto legislativo n. 546/1992).
Del resto la manifesta irrazionalita' si appalesa anche dalla
circostanza che per le notificazioni dirette di tutti gli altri atti
eseguite dalla pubblica amministrazione e' prevista l'applicazione
delle modalita' di cui alla legge n. 890/1982 e quindi delle garanzie
riguardo alle modalita' di consegna fissate - nel testo all'epoca
vigente - dall'art. 7 e dall'art. 8, legge n. 890/1982 (cfr. art. 12
stessa legge n. 890/1982), e che per atti sostanzialmente incidenti
sul patrimonio o sulla persona a notifica diretta trovano sempre
applicazione le disposizioni di cui alla legge n. 890/1982, come nel
caso delle notificazioni delle violazioni al CdS o gli atti accessori
a queste (cfr. art. 201, comma 3 CdS). In sostanza, solo per gli atti
impositivi tributari, peraltro contestualmente ordinariamente anche
sanzionatori (anche i ruoli nel caso di liquidazione automatica ad
es. ex art. 36-bis decreto del Presidente della Repubblica n.
600/1973 e 54-bis decreto del Presidente della Repubblica n.
633/1972), viene derogato dalle disposizioni sospette la regola della
notificazione secondo le modalita' di cui alla legge n. 890/1982, in
modo non ragionevole, si sospetta, rispetto alla natura di atto
notificando della pubblica amministrazione all'un tempo sia
accertativo che sanzionatorio, per la sua funzione di provocatio ad
opponendum a valenza processuale e per la sua natura incidente
gravemente sulla sfera patrimoniale e personale del destinatario.
Le dette disposizioni sembrano altresi' in violazione diretta
dell'art. 3 Cost. in quanto per stesse modalita' di notificazione,
cioe' a mezzo posta, lo stesso atto, a seconda se viene o meno
inoltrato con l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario o del
messo, ai fini della consegna - e dunque della esistenza, prima, e,
poi, della validita' - subisce un diverso trattamento,
irragionevolmente piu' garantista proprio nel caso in cui vi sia
l'intermediazione dell'ufficiale giudiziario (o del messo), cioe' di
un soggetto abilitato specificatamente, e invece non garantista nel
caso in cui non vi sia la detta intermediazione, per la stessa
modalita', sempre inoltro a mezzo posta e consegna. Infatti, per un
sostanziale identico procedimento per la fase di consegna non sono
previste, nel caso di raccomandata diretta, le medesime modalita' di
consegna previste dalla legge n. 890/1982.
Non e' da evidenziare alla Corte costituzionale che si realizza
cosi' anche la lesione della norma super primaria stabilita dall'art.
6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali applicabile direttamente ex art. 11
Cost., non garantendo al soggetto passivo una conoscenza dell'atto
sfavorevole con negazione della possibilita' di adeguata e tempestiva
difesa considerando le decadenze e preclusioni peraltro fissate in
termini assai brevi (di regola 60 giorni), il tutto altresi'
rimettendo a sostanziale discrezione dell'Ufficio Impositore, cioe'
dell'Autorita', la scelta se adottare o meno un procedimento piu'
garantista, o meglio una vera notificazione che conduce alla legale
certa conoscenza ovvero una comunicazione che al massimo conduce ad
una mera astratta conoscibilita'.
Non puo' la Sezione applicare la normativa discendente dalla
interpretazione (non solo possibile ma che le sembra addirittura
corretta ai sensi dell'art. 12 disp. prel. al codice civile e
conforme alla Costituzione) della disposizione dell'art. 14, legge n.
890/1982, nonche' dell'art. 1, comma 161, legge n. 296/2006
(intendendosi questa come rinvio alle modalita' di notificazioni
della prima), nonche', per il caso specifico, dell'art. 26, comma 1,
seconda parte (considerando che, laddove riferisce che «la notifica
si considera avvenuta nella data indicata nell'avviso di ricevimento
sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal
portiere dello stabile dove e' l'abitazione, l'ufficio o l'azienda»,
essa escluda che la notificazione diretta in caso di cd.
irreperibilita' relativa possa ritenersi eseguita per compiuta
giacenza), che riferisce -sempre ferma la possibilita' di inoltro
diretto senza la intermediazione dell'ufficiale giudiziario (che non
e' in discussione) - l'ultima alinea del primo periodo dell'art. 14,
comma 1, legge n. 890/1982 «secondo le modalita' previste dalla
presente legge» anche alla prima parte, si' da ritenere applicabili
le modalita' di consegna ordinarie per le notificazioni a mezzo
posta, poiche' la Corte di cassazione ha escluso da tempo una tale
possibilita', come risulta anche dalla recente sentenza della V
sezione n. 1980/2015 che testualmente, con richiami a uniformi
precedenti, specifica: «7. Col terzo, il quarto ed il quinto motivo,
si deduce la violazione: a) degli articoli 14 della legge n. 890 del
1982 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del
1973, per esser stata ritenuta valida la notifica effettuata per
posta direttamente da parte dell'Ufficio; b) degli articoli 139 e
segg. c.p.c. e 7 della legge n. 890 del 1982, in combinato disposto
con gli articoli 156 e 160 c.p.c., per esser stata ritenuta nulla,
invece che inesistente, la notifica dell'avviso, consegnato a
genitore non convivente, e per esser stato ritenuto il vizio sanato
per effetto della proposizione del ricorso; c) degli articoli 148 e
149 c.p.c., per esser stato ritenuto che la mancata redazione della
relata di notifica costituiva una semplice irregolarita'.
8. I motivi, da valutare congiuntamente per la loro connessione,
sono infondati, anche se va parzialmente corretta la motivazione.
9. L'art. 20, della legge n. 146 del 1998, modificando art. 14
della legge n. 890 del 1982, ha, tra l'altro, previsto che la
notificazione degli avvisi e degli atti che per legge devono essere
notificati al contribuente «puo' eseguirsi a mezzo della posta
direttamente dagli uffici finanziari», fermo rimanendo, «ove cio'
risulti impossibile», che la notifica puo' esser effettuata a cura
degli ufficiali giudiziali, dei messi comunali o dei messi speciali
autorizzati dall'Amministrazione finanziaria secondo le modalita'
previste dalla medesima legge n. 890 del 1982, o mediante il ricorso
alle modalita' di notifica previste dall'art. 60 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, o dalle singole leggi
d'imposta.
10. Questa Corte ha, pertanto, affermato (Cass. n. 15284 del
2008; n. 17598 del 2010; n. 1207 del 2014) che, a decorrere dal 15
maggio 1998 (data di entrata in vigore della citata legge n. 146 del
1998), e' stata concessa agli uffici finanziari la facolta' di
provvedere direttamente alla ratifica degli atti al contribuente
mediante spedizione a mezzo del servizio postale, di talche', proprio
come stabilito per la notifica degli atti processuali dall'art. 16,
comma 3, del decreto legislativo n. 546 del 1992, l'Ufficio e'
abilitato a notificare l'atto senza l'intermediazione dell'ufficiale
giudiziario (ferma restando quella dell'ufficiale postale), e quindi,
a modalita' di notificazione semplificata, alla quale non si
applicano le disposizioni della legge n. 890 del 1982, concernenti le
sole notificazioni effettuate a mezzo posta tramite gli ufficiali
giudiziali (o, eventualmente, i messi comunali e i messi speciali
autorizzati), bensi' le norme concernenti il servizio postale
«ordinario» (cfr., in materia di contenzioso tributario, Cassazione
n. 17723 del 2006; n. 1906 del 2008; in tema di tributi locali,
Cassazione n. 2690 del 2002).
10. Poiche' la disciplina postale non detta specifiche previsioni
al riguardo, consegue che: 1) non deve essere redatta alcuna relata
di notifica o annotazione specifica sull'avviso di ricevimento in
ordine alla persona cui e' stato consegnato il plico; 2) l'atto
pervenuto all'indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente
consegnato a quest'ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui
all'art. 1335 c.c. superabile solo se il medesimo dia prova di
essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilita' di prenderne
cognizione (Cass. n. 9111 del 2012). Non puo', comunque, non
rilevarsi che l'assunto della ricorrente - che nega per gli atti
impositivi l'applicabilita' del principio di sanatoria, di cui
all'art. 156 c.p.c., relativo agli atti processuali - e' smentito
dalla giurisprudenza di questa Corte a partire da Cassazione SU n.
19854 del 2004.».
La suprema Corte di cassazione ha infine ribadito la propria
detta ermeneutica di recente con sentenza n. 10245 del 26 aprile 2017
della V sezione Tributaria: «Questa Corte ha affermato che "in tema
di notificazioni a mezzo posta, la disciplina relativa alla
raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale puo' essere
notificato, ai sensi dell'art. 14 della legge n. 890 del 1982,
l'avviso di accertamento o liquidazione senza intermediazione
dell'ufficiale giudiziario, e' quella dettata dalle disposizioni
concernenti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi
raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge citata
attengono esclusivamente alla notifica eseguita dall'ufficiale
giudiziario ex art. 140 codice di procedura civile. Ne consegue che,
difettando apposite previsioni della disciplina postale, non deve
essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica
sull'avviso di ricevimento in ordine alla persona cui e' stato
consegnato il plico, e l'atto pervenuto all'indirizzo del
destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest'ultimo,
stante la presunzione di conoscenza di cui all'art. 1335 del codice
civile, superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato
nella impossibilita' senza sua colpa di prenderne cognizione" (da
ultimo, Cassazione n. 14501 del 2016). Nella specie, non e' in
contestazione che il prodromico avviso di accertamento sia stato
consegnato all'indirizzo di Giorgio Cataudella e che la persona che
ha ricevuto l'atto sia stata reperita presso l'indirizzo di
spedizione, di modo che l'atto si presume consegnato al destinatario,
indipendentemente dalla effettiva identita' della ricevente e dalle
dichiarazioni dalla stessa rese all'agente postale.».
Dunque si versa in una situazione di diritto vivente cui il
giudice di merito deve adeguarsi oppure, ove ne sospetti la
illegittimita' costituzionale, sollevare la relativa questione.
Inoltre - con riferimento ai richiami alle regole delle
notificazioni previste nel processo tributario da parte della Corte
di cassazione per giustificare come non irragionevole la scelta del
legislatore -, si evidenzia che le modalita' di introduzione del
ricorso nel rito tributario, che ammette la possibilita' di
utilizzare il servizio postale, trova il suo fondamento nella
relativa legge delega - che sottolinea infatti l'uso piu' largo
possibile del servizio, cioe' sempre che tanto sia funzionale e non
elimini le garanzie [cfr. art. 1, comma 1, n. 4, legge n. 413/1991:
«4) disciplina delle comunicazioni e delle notificazioni con la
previsione dell'impiego piu' largo possibile del servizio postale»] -
in considerazione che esclusivo iniziale agente in giudizio e' il
contribuente, il quale reagisce avverso un atto che ha funzione di
provocatio ad opponendum (che processualmente costituisce in effetti
il vero e proprio atto introduttivo sostanziale: e percio' ne e'
richiesta la notificazione, art. 21, decreto legislativo n. 546/1992,
a fini della decorrenza del termine di impugnazione: cioe' mediante
forme che ne assicurino la certezza legale di conoscenza) e il
destinatario del ricorso e' sempre una pubblica amministrazione o un
concessionario della pubblica amministrazione, che sono tenuti ad una
organizzazione propria e per i quali non vi e' in assoluto rischio di
non consegna direttamente alla organizzazione destinataria. In questo
caso la sufficienza della comunicazione del ricorso a mezzo posta
raccomandata con avviso di ricevimento postale non appare
irragionevole dati proprio la natura e struttura del destinatario, la
natura formalmente introduttiva del giudizio del ricorso ma
sostanzialmente atto gia' interno al processo avanzato con l'atto
impositivo, e la norma diviene cosi' semplicemente agevolante il
soggetto del rapporto debole, cioe' il contribuente percosso. Cosi'
allo stesso modo non pare irragionevole che le ulteriori
comunicazione e notificazioni possano farsi a mezzo posta trattandosi
di atti all'interno del processo. Nel caso in esame, e' invece
prevista una comunicazione «semplificata» (la stessa Corte di
cassazione la definisce «notificazione semplificata» ed applica la
disciplina degli atti unilaterali generali di presunzione di
conoscibilita' ex art. 1335 c.c.) nei confronti del soggetto debole
del rapporto, normalmente non organizzato e per il quale e'
ordinariamente probabile e prevedibile la non consegna diretta, e la
norma diviene agevolante del soggetto forte del rapporto che agisce
peraltro con poteri di autorita' e non su un piano paritetico, con
riferimento proprio all'atto sostanziale che provoca il processo,
sicche' appare irrazionale la previsione, rispetto ad atti la cui
conoscenza e' indispensabile sotto il profilo del diritto alla difesa
e della lesione patrimoniale (e a volte con riflessi sulla persona e
la sua dignita', come insegnano le vicende tristi di cronaca anche
recente), di una forma semplificata di notificazione, che si risolve
di fatto in una forma di non notificazione (posto che applicandosi il
regolamento postale ordinario non e' necessaria neppure la ricerca
del destinatario) proprio in favore di uffici finanziari che hanno
non solo la organizzazione ma mezzi piu' che adeguati per effettuare
notifiche a mezzo posta nelle forme ex legge n. 890/1982 anche
dirette in proprio.
Sotto questa angolazione, le disposizioni denunziate appaiono
altresi' lesive dell'art. 111 Cost. perche' rendendo non certa la
conoscenza legale al destinatario dell'atto sostanziale impugnabile
determinano una lesione del contraddittorio, quale esplicazione della
possibilita' effettiva di agire e contrastare nel processo
sostanzialmente aperto dall'ufficio finanziario con l'atto impositivo
avente natura di provocatio ad opponendum, e dell'art. 97 Cost.,
norma di garanzia del cittadino, consentendo irragionevolmente agli
uffici di non organizzare i propri uffici e le proprie attivita' in
modo da consentire la certa legale conoscenza degli atti sfavorevoli
al cittadino stesso.
Dunque appare sussistente una non manifestamente infondata
questione di legittimita' costituzionale, che impone il rinvio alla
Corte costituzionale perche' giudichi sul se siano legittime
costituzionalmente - alla stregua degli articoli 3, 24, 23, 97, 111 e
6 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali e 11 Cost. - le disposizioni di cui
all'art. 26, comma 1, seconda parte, decreto del Presidente della
Repubblica n. 602/1973 e agli articoli 14, legge n. 890/1982, vigente
(come modificato dall'art. 20, legge n. 146 del 1998) e art. 1, comma
161, legge n. 296/2006 nella parte in cui, ammettendo la
notificazione diretta degli atti impositivi e dei ruoli da parte
degli Uffici finanziari erariali e locali nonche' degli Enti di
riscossione a mezzo servizio postale di raccomandata con ricevuta di
ritorno, escludono a tale forma di notifica la applicazione delle
modalita' di cui alla legge n. 890/1982 in particolare per la fase di
consegna, nel testo vigente ante la novella di cui alla legge n.
205/2017 (art. 1, comma 461).
Considerato altresi' che occorre valutare alla stregua della
sopravvenuta modifica dell'art. 7, in particolare, e 8 della legge n.
890/1982 ad opera dell'art. 1, comma 461, legge n. 205/2017 (che ha
inserito all'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dopo il
comma 97 i commi da 97-bis a 97-quinquies) la persistenza della
questione di legittimita' costituzionale in riferimento alla
controversia che occupa;
Ritenuto:
che le dette modifiche non sono applicabili alla fattispecie
concreta, retta dal precedente regime, atteso che la stessa
disposizione innovativa ha stabilito con il comma 97-quinques cit. la
decorrenza, collegandola ad un adempimento provvedimentale da
emanarsi dal Ministero dello sviluppo economico, in data successiva
(art. 97-quinques dell'art. 1, legge n. 190/2014, introdotto
dall'art. l, comma 461, legge n. 205/2017: «Le disposizioni di cui ai
commi da 97-bis a 97-quater si applicano a decorrere dalla data di
entrata in vigore del provvedimento del Ministero dello sviluppo
economico che disciplina le procedure per il rilascio delle licenze
di cui all'art. 5, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo
22 luglio 1999, n. 261.»);
che il detto provvedimento del Ministero dello sviluppo
economico avente le caratteristiche di cui all'art. 5, comma 2,
seconda parte, introdotta solo dalla legge n. 124 del 4 agosto 2017,
non risulta emanato e comunque sarebbe in ogni caso successivo al
tempo in cui sono avvenute le notificazioni che occupano (in data 6
febbraio 2013 e il 27 marzo 2013), sicche' per queste trovano
applicazioni le disposizioni precedenti compromesse dal dubbio di
legittimita' costituzionale qui prospettato;
che dunque e' esclusa dalla stessa legge anche la astratta
ammissibilita' di applicazione immediata alle notificazioni
effettuate in precedenza in riferimento a situazioni non quesite;
che quindi, per quello che qui interessa, la questione di
legittimita' che si propone con la presente ordinanza permane
rilevante e inalterata;
che, ma non e' compito della Sezione, la Corte costituzionale
di ufficio, in relazione all'art. 111 Cost., potra' anche valutare la
legittimita' costituzionale di una disposizione - come prevista
dall'art. 97-bis, legge n. 190/2014 come introdotto dalla legge n.
205/2017 - che consente la consegna a persona diversa dal
destinatario da parte di operatore postale (ancorche' elevato
riguardo alle funzioni a pubblico ufficiale e non piu' mero
incaricato di pubblico servizio), mentre ordinariamente, in caso di
notifica da parte di Ufficiale notificatore professionale (messo), si
richiede per gli atti tributari, per il medesimo caso di
consegnatario diverso dal destinatario, altresi' l'invio di
raccomandata di avviso (cfr. art. 60, comma 1, lettera B-bis decreto
del Presidente della Repubblica n. 600/1973 che recita: «se il
consegnatario non e' il destinatario dell'atto o dell'avviso, il
messo consegna o deposita la copia dell'atto da notificare in busta
che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico
della notificazione, dandone atto nella relazione in calce
all'originale e alla copia dell'atto stesso. Sulla busta non sono
apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto
dell'atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e il
messo da' notizia dell'avvenuta notificazione dell'atto o
dell'avviso, a mezzo di lettera raccomandata;»), restando a parere
della Sezione inalterata la questione di legittimita' costituzionale
proposta per gli atti tributari, con l'aggravante di una oggettiva
diminuzione delle garanzie gia' previste, senza alcuna
giustificazione razionale, in situazione sempre piu' frequente di
allontanamenti temporanei dovuti alla mobilita' imposta alle persone
dal mercato del lavoro e da ragioni di studio.