ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  23  della
legge della Regione Liguria 7 ottobre 2018, n. 15, recante «Modifiche
alla legge regionale 4  settembre  1997,  n.  36  (Legge  urbanistica
regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia di  governo
del territorio», promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri,
con ricorso notificato l'8-11 ottobre 2018, depositato in cancelleria
il 9 ottobre 2018, iscritto al n. 70  del  registro  ricorsi  2018  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2018. 
    Udito nella camera di consiglio del  5  giugno  2019  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 9 ottobre 2018 (reg. ric.
n.  70  del  2018),  il  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso, in riferimento agli artt. 97  e  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  23
della legge della Regione Liguria 7  ottobre  2018,  n.  15,  recante
«Modifiche alla legge  regionale  4  settembre  1997,  n.  36  (Legge
urbanistica regionale) e altre disposizioni di adeguamento in materia
di governo del territorio»; 
    che la disposizione impugnata  modifica  l'art.  28  della  legge
della Regione Liguria 6 giugno 2008, n. 16 (Disciplina dell'attivita'
edilizia), rubricato «Autorizzazione unica per impianti di produzione
di  energia   da   fonti   rinnovabili   e   infrastrutture   lineari
energetiche», introducendovi il comma 10-bis, secondo cui «[p]er  gli
impianti eolici deve essere rispettata per ciascun aerogeneratore una
distanza minima non inferiore a  250  metri  dalle  unita'  abitative
munite di abitabilita', regolarmente censite  e  una  distanza  dalle
zone o ambiti  nei  quali  sono  presenti  insediamenti  residenziali
previsti dagli strumenti  urbanistici  vigenti,  da  determinarsi  da
parte del Comune con deliberazione del Consiglio comunale in funzione
delle caratteristiche orografiche del territorio»; 
    che, secondo il ricorrente,  tale  disposizione  si  porrebbe  in
contrasto con  l'art.  12,  comma  10,  del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') e con i  paragrafi
1.2. e 17. delle linee guida adottate con  il  decreto  del  Ministro
dello sviluppo economico 10 settembre 2010 recante «Linee  guida  per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili»; 
    che dall'insieme di queste previsioni si desumerebbe il principio
secondo cui le Regioni «possono procedere alla indicazione di aree  e
siti  non  idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di
impianti, ma, come affermato a piu' riprese [da questa  Corte],  esse
non possono dettare disposizioni che prevedano un divieto arbitrario,
generalizzato e  indiscriminato  di  localizzazione  di  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabili»; 
    che, secondo il ricorrente, l'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003,
nel    disciplinare    il    procedimento    volto    al     rilascio
dell'autorizzazione unica per  la  costruzione  e  l'esercizio  degli
impianti di produzione  di  energia  elettrica  alimentati  da  fonti
rinnovabili,  prevede  che  la  costruzione  e  l'esercizio  di  tali
impianti siano soggetti ad una autorizzazione  unica,  rilasciata,  a
seconda dei casi,  dalla  Regione,  dalla  Provincia  delegata  dalla
Regione o direttamente dal Ministero dello sviluppo economico; 
    che il comma 10 dello stesso  art.  12  attribuisce  ad  apposite
linee guida l'obiettivo di «assicurare un corretto inserimento  degli
impianti, specie di quelli eolici, nel paesaggio»,  consentendo  alle
Regioni  «un  limitato  margine  di  intervento,  al  solo  fine   di
individuare  [...]  aree  e  siti  non  idonei  all'installazione  di
specifiche tipologie di impianti»; 
    che con le citate linee guida si sarebbe affermato  il  principio
secondo cui «l'individuazione delle aree e dei siti non  idonei  alla
realizzazione  degli  impianti  in  questione   [...]   deve   essere
differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e
alle diverse taglie di  impianto»,  mentre  non  potrebbe  riguardare
«porzioni significative del territorio o zone genericamente  soggette
a   tutela   dell'ambiente,   del   paesaggio   e   del    patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze di tutela»; 
    che,  in  materia  di  «produzione,  trasporto  e   distribuzione
nazionale dell'energia»,  la  giurisprudenza  costituzionale  avrebbe
sancito l'esistenza  del  principio  fondamentale  -  di  derivazione
europea - di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabili,
in  virtu'  del  quale  tutti  i   terreni   sarebbero   generalmente
utilizzabili per l'installazione  degli  impianti  di  produzione  di
energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e sarebbe  pertanto
impedito alle Regioni, in assenza di  esigenze  di  tutela  di  altri
interessi  costituzionalmente   protetti,   di   introdurre   divieti
generalizzati d'installazione di tali impianti; 
    che non sarebbe, pertanto, possibile per le  Regioni  prescrivere
«limiti generali, specie nella forma di distanze minime», ma soltanto
individuare caso per caso le aree e i siti non idonei con un apposito
procedimento amministrativo, di  cui  al  paragrafo  17  delle  linee
guida, che garantisce  «la  valutazione  sincronica  degli  interessi
pubblici coinvolti e  meritevoli  di  tutela,  a  confronto  sia  con
l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia  ancora  (e
non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono  titolari  singoli
cittadini e comunita'», anche in attuazione del  principio  del  buon
andamento della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost.; 
    che la Regione Liguria non si e' costituita nel giudizio; 
    che, sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria, parte prima,
n. 15 del 5 ottobre 2018 e' stato pubblicato un avviso  di  rettifica
avente ad oggetto la disposizione impugnata, nel quale si  legge  che
«[i]l comma 1 dell'articolo 23 della legge regionale 7  agosto  2018,
n. 15 (Modifiche alla legge  regionale  4  settembre,  n.  36  (Legge
urbanistica regionale) e altre diposizioni di adeguamento in  materia
di governo del territorio), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 11
del 10 agosto 2018, Parte I, deve  intendersi  come  sostitutivo  del
comma 8 dell'articolo 28 della legge regionale 6 giugno 2008,  n.  16
(Disciplina dell'attivita' edilizia), anziche' aggiuntivo di un comma
10 bis al medesimo articolo 28»; 
    che, nelle more del giudizio di legittimita' costituzionale,  con
l'art. 48 della legge della Regione Liguria 27 dicembre 2018,  n.  29
(Disposizioni collegate alla legge di stabilita'  per  l'anno  2019),
entrata in vigore il 1° gennaio 2019,  la  Regione  ha  integralmente
abrogato l'impugnato art. 23 della legge reg. Liguria n. 15 del 2018; 
    che, con atto depositato in data 24 maggio  2019,  il  Presidente
del Consiglio dei ministri ha dichiarato di rinunciare al ricorso, in
conformita' alla delibera adottata dal Consiglio dei  ministri  nella
seduta del 20 maggio 2019; 
    che l'Avvocatura generale dello Stato ha  evidenziato,  nell'atto
di rinuncia, che, a seguito di comunicazione da parte della  Regione,
si e'  appreso  della  mancata  applicazione,  medio  tempore,  della
disposizione censurata. 
    Considerato che vi e' stata rinuncia  al  ricorso  da  parte  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    che, in  mancanza  di  costituzione  in  giudizio  della  Regione
resistente, l'intervenuta  rinuncia  al  ricorso  in  via  principale
determina, ai sensi  dell'art.  23  delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale, l'estinzione del  processo
(ex plurimis, ordinanze n. 61 e n. 4 del 2019, n. 244 e  n.  205  del
2018). 
    Visti l'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e gli artt. 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale.