ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6,
del decreto-legge 19 giugno 2015,  n.  78  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  enti  territoriali.  Disposizioni   per   garantire   la
continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di   controllo   del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2015,  n.  125  (Conversione  in  legge,   con   modificazioni,   del
decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti  in
materia di enti territoriali), e dell'art. 1, comma 814, della  legge
27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2018  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2018-2020), promosso dalla Corte dei conti - sezioni riunite in  sede
giurisdizionale  in  speciale  composizione,  con  ordinanza  del  18
febbraio 2019 iscritta  al  n.  72  del  registro  ordinanze  2019  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  20,  prima
serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione del Comune di Napoli; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  novembre  2019  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    udito l'avvocato Antonio Andreottola per il Comune di Napoli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del  18  febbraio  2019  la  Corte  dei  conti,
sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
6, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  enti  territoriali.  Disposizioni   per   garantire   la
continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di   controllo   del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2015, n. 125, e dell'art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017,
n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2018  e  bilancio  pluriennale  per  il   triennio   2018-2020),   in
riferimento agli artt. 3, 81, 97, primo comma, 119,  sesto  comma,  e
136 della Costituzione. 
    Il giudice rimettente  riferisce  che  il  Comune  di  Napoli  ha
proposto ricorso avverso la delibera della Corte dei  conti,  sezione
regionale di controllo della Campania, n. 107 del 10 settembre  2018,
con la quale veniva affermata l'inadeguatezza delle misure correttive
adottate dall'amministrazione comunale per la gestione del bilancio e
conseguentemente preclusa l'attuazione di alcuni programmi di spesa. 
    La  delibera  impugnata  costituirebbe  una  prosecuzione   della
procedura di controllo avviata con la precedente deliberazione n. 240
del 16 ottobre 2017 della  Corte  dei  conti,  sezione  regionale  di
controllo della Campania, nella quale erano state  accertate  diverse
irregolarita' e "criticita'", tra cui l'erroneita' del riaccertamento
straordinario    dei    residui,    ed    era    stato     prescritto
all'amministrazione comunale di provvedere alla sua rideterminazione,
a titolo di misure correttive ai sensi dell'art. 148-bis del  decreto
legislativo  18  agosto  2000,  n.  267  (Testo  unico  delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali), con specifico  riferimento  alla
costituzione e corretta quantificazione del fondo oneri e  passivita'
potenziali. 
    La Giunta comunale, con deliberazione del 20 aprile 2018, n. 170,
avrebbe adottato le  misure  correttive  richieste,  procedendo  alla
riedizione  del  riaccertamento  straordinario  dei  residui   e   al
conseguente ricalcolo dei disavanzi da applicare a ciascun esercizio. 
    L'esame di tali misure  in  sede  di  controllo  avrebbe  portato
all'adozione della richiamata pronuncia del  10  settembre  2018,  n.
107, con la  quale  sono  state  accertate  diverse  irregolarita'  e
"criticita'"  contabili,  consistenti  nell'errata   riedizione   del
riaccertamento straordinario  dei  residui;  nel  conseguente  errato
calcolo  del  «maggiore  disavanzo»;   nella   mancata   applicazione
nell'esercizio 2018 della quota di maggior disavanzo  non  recuperato
nei due esercizi precedenti; nell'inidoneita' del piano straordinario
di alienazioni a far fronte ai minori trasferimenti erariali  che  si
sarebbero verificati nel 2019 in conseguenza dell'accertata  elusione
del saldo di finanza pubblica. 
    In particolare, la sezione regionale di controllo della Corte dei
conti avrebbe contestato l'illegittimita' dell'azzeramento del  fondo
anticipazioni liquidita' (FAL) disposto dal  Comune  di  Napoli,  con
imputazione del corrispondente importo al  fondo  per  i  crediti  di
dubbia esigibilita' (FCDE), sostenendo che l'art. 1, comma 814, della
legge n. 205 del 2017, recante l'interpretazione autentica  dell'art.
2, comma 6, del d.l. n. 78 del 2015, non potesse essere  interpretato
nel senso di legittimare tout court detta "traslazione"  di  risorse,
avendo soltanto  riconosciuto  la  possibilita'  di  retrodatarne  la
contabilizzazione degli effetti.  Secondo  la  sezione  regionale  di
controllo,  un'interpretazione  costituzionalmente  orientata   della
disposizione, integrata dai principi dettati in materia  dalla  Corte
costituzionale, consentirebbe di ritenere ammissibile  la  misura  in
questione esclusivamente nei limiti degli incassi  in  conto  residui
registrati nell'anno  in  corso.  La  sezione  di  controllo  avrebbe
adottato in quella sede alcune misure interdittive della  spesa,  tra
le quali la preclusione ad utilizzare con le descritte  modalita'  il
fondo anticipazioni liquidita'. 
    Adita la Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale
in speciale composizione, il ricorrente avrebbe  contestato,  tra  le
altre,  la  misura  interdittiva  della  utilizzazione  del  FAL  per
finanziare il FCDE. 
    Dinanzi al giudice a quo la  Procura  generale  avrebbe  ritenuto
infondati tutti i motivi del ricorso promosso dal Comune di Napoli  a
eccezione di quello riguardante la facolta' di utilizzare le  risorse
accantonate nel FAL a copertura del FCDE, in quanto il dato  testuale
delle norme impugnate non  consentirebbe  l'interpretazione  adottata
dalla sezione regionale di controllo. 
    Ad avviso della Procura generale,  il  quadro  normativo  vigente
suffragherebbe l'esercizio di tale facolta',  sicche'  l'operato  del
Comune di Napoli  sarebbe  in  linea  con  la  previsione  normativa,
oggetto del presente giudizio. 
    Il giudice rimettente, con sentenza  non  definitiva,  ha  quindi
respinto tutti i motivi di impugnazione promossi dal Comune di Napoli
diversi da quelli  relativi  alla  copertura  del  FCDE  mediante  le
risorse accantonate nel FAL e, con separata ordinanza,  ha  sollevato
le indicate questioni di legittimita' costituzionale, con conseguente
sospensione  del  giudizio  che,  tuttavia,  e'  stata   accompagnata
dall'accoglimento della domanda cautelare del  Comune  di  Napoli  in
ordine all'applicazione delle norme impugnate,  sicche'  la  delibera
della sezione regionale di controllo della Corte dei conti  e'  stata
privata di effetti in parte qua. 
    Alla base della  decisione  assunta  dal  giudice  a  quo  e'  la
convinzione  che  l'interpretazione  delle  richiamate   disposizioni
fornita dal Comune di Napoli e dalla  Procura  generale  risulterebbe
l'unica  possibile  sulla   base   dell'inequivocabile   formulazione
letterale  e  -   tuttavia   -   tale   ineludibile   interpretazione
susciterebbe dubbi in ordine alla sua conformita' a Costituzione. 
    Secondo il rimettente,  infatti,  la  lettura  costituzionalmente
orientata della sezione regionale di controllo della Corte dei  conti
risulterebbe implausibile,  ma  l'accoglimento  della  corretta  tesi
ermeneutica  del  Comune  ricorrente   comporterebbe   una   notevole
riduzione,  del  tutto  fittizia,  del  disavanzo  dell'ente  locale,
effetto che - ad avviso del medesimo giudice - non sarebbe conforme a
plurimi precetti costituzionali. 
    La norma della cui costituzionalita' si  dubita,  consentendo  di
utilizzare FAL per finanziare il FCDE (o, meglio, trasformando il FAL
in FCDE), aggirerebbe importanti principi  in  tema  di  diritto  del
bilancio, in quanto eliminerebbe  la  sterilizzazione  degli  effetti
dell'anticipazione di liquidita', migliorerebbe  surrettiziamente  il
risultato di amministrazione e aumenterebbe  la  capacita'  di  spesa
degli enti, peggiorando nella sostanza il precedente disavanzo. 
    La Corte dei conti, sezione delle autonomie, con la deliberazione
17 dicembre 2015, n. 33, avrebbe affermato in proposito la necessita'
di prevenire tali effetti costituzionalmente  illegittimi,  chiarendo
che «[i]l fondo di sterilizzazione degli effetti delle  anticipazioni
di liquidita' va ridotto,  annualmente,  in  proporzione  alla  quota
capitale rimborsata nell'esercizio». 
    Secondo il rimettente, la traslazione del fondo anticipazioni  di
liquidita' nel fondo crediti di dubbia esigibilita' ne  consentirebbe
un utilizzo per finalita' diverse dalla mera provvista di cassa e, in
tal modo, amplierebbe  la  capacita'  di  spesa  dell'ente,  violando
numerosi principi costituzionali tra i quali quelli  dell'equilibrio,
della copertura della spesa nonche' la "regola aurea"  dell'art.  119
Cost., laddove e'  fatto  divieto  di  indebitarsi  per  destinazioni
diverse dall'investimento. 
    Aggirando la  "sterilizzazione"  degli  effetti  contabili  delle
anticipazioni di liquidita', diversi e ulteriori  rispetto  a  quelli
esercitati sulla cassa, cosi' come sancito  dalla  Corte  dei  conti,
sezione delle autonomie, nella predetta delibera, sarebbero lesi  gli
artt. 81 e 97, primo comma,  Cost.,  in  quanto  un'anticipazione  di
cassa non potrebbe costituire una valida copertura finanziaria  delle
spese, determinando gravi danni strutturali al bilancio dell'ente. 
    Il rimettente illustra poi diffusamente  i  meccanismi  contabili
attraverso   cui   l'applicazione   delle   disposizioni    impugnate
consentirebbe di aggirare i vincoli  di  legge  tesi  a  evitare  che
un'erogazione destinata a incidere solo sulla cassa  dell'ente  possa
determinare un  miglioramento  del  risultato  di  amministrazione  e
conseguentemente un incremento della capacita' di spesa, esiziale per
la gestione del preesistente deficit e per gli equilibri  strutturali
del bilancio in prospettiva futura. 
    Le disposizioni si porrebbero in contrasto anche con  il  divieto
di  indebitamento  per  spese  diverse  da  quelle  di  investimento,
previsto dalla "regola aurea" sancita  dall'art.  119,  sesto  comma,
Cost. 
    Si verificherebbe altresi' una violazione  dell'art.  136  Cost.,
per contrasto con  il  giudicato  costituzionale  delle  sentenze  di
questa Corte n. 181 del 2015, n. 269 del 2016 e n. 89  del  2017,  in
cui  si  afferma  che  le  anticipazioni  di  liquidita'  «altro  non
costituiscono  che  anticipazioni  di  cassa  di  piu'  lunga  durata
temporale rispetto a quelle ordinarie» e, in quanto tali,  esse  «non
possono finanziare la copertura di disavanzi o  spese  di  pertinenza
degli esercizi successivi all'entrata in vigore del d.l.  n.  35  del
2013». Proprio per evitare tale risultato sarebbe stata  prevista  la
sterilizzazione di dette anticipazioni tramite il fondo. 
    I dubbi di legittimita'  costituzionale  riguarderebbero  sia  la
disposizione  originaria  che  quella  di  interpretazione  autentica
contenuta nell'art. 1, comma 814, della legge n.  205  del  2017,  la
quale prevede che l'utilizzo della quota  accantonata  per  il  fondo
anticipazioni liquidita' per finanziare il fondo  crediti  di  dubbia
esigibilita'   si   applichi   sulle   risultanze   finali   previste
nell'allegato 5/2 al decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42). Poiche' le risultanze finali in questione sarebbero  quelle  che
determinano l'ammontare delle risorse disponibili (in caso di avanzo)
o di quelle da ricostituire (in caso di disavanzo), ne  discenderebbe
che il FAL, contrariamente alla sua funzione, sarebbe utilizzato  per
determinare un aumento della capacita' di spesa  dell'ente  sotto  il
profilo  di  un  aumento  dell'avanzo  disponibile  oppure   di   una
diminuzione del disavanzo da coprire. 
    Per  tali  motivi,  secondo  il  giudice  a  quo,  la  norma   di
interpretazione autentica renderebbe ancor piu' palese la  violazione
delle norme costituzionali e confermerebbe che la norma  utilizza  la
quota accantonata nel FAL per  incrementare  la  capacita'  di  spesa
degli enti locali. 
    Osserva, infine,  il  rimettente  che  la  sezione  regionale  di
controllo della Corte dei conti, per evitare  i  risultati  aberranti
che la disposizione  comporterebbe  e  non  potendo  adire  la  Corte
costituzionale, avrebbe manipolato la norma, aggiungendo alla  stessa
l'inciso «nella misura massima della riscossione in conto residui, di
anno  in  anno  intervenuta».  Ma  in  tal  modo   sarebbe   compiuta
un'operazione   propria   delle   sentenze   additive   della   Corte
costituzionale,  che  esulerebbe  dai   compiti   dell'interprete   e
rientrerebbe in quelli  riservati  esclusivamente  al  giudice  delle
leggi. 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Comune di Napoli, il quale ha
concluso nel  senso  dell'inammissibilita'  o,  comunque,  della  non
fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate. 
    Ad avviso dell'amministrazione comunale, l'ordinanza con  cui  e'
stata sollevata la questione di legittimita'  costituzionale  sarebbe
influenzata dalla mancata valutazione complessiva degli  oneri  fatti
gravare sul bilancio annuale di esercizio  dell'ente  locale  che  ha
avuto accesso all'anticipazione di liquidita'; il giudice  rimettente
avrebbe implicitamente reputato l'anticipazione di liquidita' erogata
agli enti locali come perfettamente sovrapponibile  all'anticipazione
di liquidita' accordata alle Regioni, mentre l'ordinamento  contabile
declinerebbe in modo differente le due ipotesi. 
    La  relativa  disciplina  sarebbe  dettata,   per   le   Regioni,
direttamente dalla legge statale - art.  1,  commi  692  e  seguenti,
della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante  «Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2016)» - mentre, per gli enti locali, dalla  deliberazione
della Corte dei conti, sezione delle autonomie, 18 dicembre 2015,  n.
33. 
    Tanto la legge che la  citata  deliberazione  prevederebbero  una
disciplina analoga relativamente al trattamento dell'anticipazione di
liquidita' sul bilancio di esercizio dell'anno in cui l'anticipazione
e' erogata e sul susseguente rendiconto. Tuttavia,  la  deliberazione
imporrebbe ai Comuni di imputare l'impegno  riguardante  il  rimborso
dell'anticipazione ai singoli bilanci degli  esercizi  successivi  in
cui  vengono  a   scadenza   le   obbligazioni   giuridiche   passive
corrispondenti alle rate di ammortamento annuali, mentre la  relativa
copertura finanziaria andrebbe assunta  sin  dal  primo  esercizio  a
valere sulle risorse correnti di competenza a tal fine  appositamente
individuate ex novo  ovvero  rese  disponibili  per  effetto  di  una
riduzione strutturale della spesa. Per gli enti locali,  dunque,  non
sarebbe contemplata la possibilita',  prevista  per  le  Regioni,  di
utilizzare il FAL nel bilancio di esercizio.  Nella  parte  spesa  di
tale bilancio, invece, dovrebbe essere iscritta la quota di  rimborso
dell'anticipazione  di  liquidita'  quale  voce  da  finanziare   con
ulteriori risorse correnti di competenza o con riduzione della spesa. 
    Le conseguenze  dell'impostazione  dell'ordinanza  di  rimessione
sarebbero particolarmente pregiudizievoli per gli  enti  locali  che,
come  il  Comune  di  Napoli,  hanno  ricevuto   l'anticipazione   di
liquidita'  in  epoca  antecedente  all'entrata   in   vigore   della
contabilita' finanziaria potenziata. Cio' in quanto verrebbe  imposto
l'assorbimento del maggior disavanzo da riaccertamento  straordinario
dei residui in un tempo minore rispetto a  quello  programmato  e  si
produrrebbe una  contrazione  della  capacita'  di  spesa  in  misura
superiore a quella necessaria a garantire la sterilizzazione del FAL.
Il Comune sarebbe chiamato ad assorbire nel bilancio di esercizio  il
proprio  maggior  disavanzo,  non  solo  della   quota   annuale   di
extra-deficit derivante dal riaccertamento straordinario dei residui,
ma anche della quota di rimborso dell'anticipazione. 
    Ad avviso dell'amministrazione comunale,  il  giudice  rimettente
non avrebbe tenuto conto di tutti gli aspetti inerenti alle modalita'
di  contabilizzazione  del   fondo   anticipazione   liquidita'.   In
particolare, avrebbe omesso di considerare che, per gli enti  locali,
non sarebbe prevista l'iscrizione del FAL  nel  bilancio  annuale  di
esercizio, mentre sussisterebbe l'obbligo di finanziarie nel bilancio
il rateo di restituzione dell'anticipazione di liquidita' con risorse
ulteriori rispetto a quelle gia' accantonate  con  la  creazione  del
fondo. 
    Per questo motivo ritiene che la questione sia inammissibile, per
la mancata valutazione di un elemento decisivo. 
    Nel merito, le censure sarebbero, comunque, infondate, atteso che
il meccanismo previsto dalla norma  in  questione  escluderebbe  ogni
effetto espansivo della spesa o riduttivo del disavanzo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in  epigrafe  la  Corte  dei  conti,
sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione,  ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
6, del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  enti  territoriali.  Disposizioni   per   garantire   la
continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di   controllo   del
territorio. Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario
nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di  emissioni
industriali), convertito, con modificazioni,  nella  legge  6  agosto
2015, n. 125, e dell'art. 1, comma 814, della legge 27 dicembre 2017,
n. 205 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2018  e  bilancio  pluriennale  per  il   triennio   2018-2020),   in
riferimento agli artt. 3, 81, 97, primo comma, 119,  sesto  comma,  e
136 della Costituzione. 
    L'art. 2, comma 6, del d.l. n. 78 del  2015  dispone  che  «[g]li
enti destinatari delle anticipazioni di liquidita' a valere sul fondo
per assicurare la liquidita' per pagamenti dei debiti certi,  liquidi
ed esigibili di cui all'articolo 1 del decreto-legge 8  aprile  2013,
n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno  2013,  n.
64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di  amministrazione
a   seguito   dell'acquisizione    delle    erogazioni,    ai    fini
dell'accantonamento al  fondo  crediti  di  dubbia  esigibilita'  nel
risultato di amministrazione». 
    L'art. 1, comma 814, della legge n. 205 del 2017  stabilisce  che
«[l]'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 19 giugno  2015,  n.  78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125,  si
interpreta nel senso che la facolta'  degli  enti  destinatari  delle
anticipazioni di liquidita', di cui all'articolo 1 del  decreto-legge
8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  6
giugno 2013, n. 64, di utilizzare la quota accantonata nel  risultato
di amministrazione a seguito dell'acquisizione delle  erogazioni,  ai
fini dell'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilita'  nel
risultato  di  amministrazione,  puo'  essere  esercitata  anche  con
effetti sulle risultanze finali esposte nell'allegato 5/2 annesso  al
decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118,   a   seguito   del
riaccertamento  straordinario  dei  residui   effettuato   ai   sensi
dell'articolo 3, comma 7, dello stesso decreto legislativo n. 118 del
2011, nonche' sul ripiano del disavanzo previsto  dal  comma  13  del
medesimo articolo, limitatamente ai soli enti che hanno approvato  il
suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015,
fermo restando il rispetto dell'articolo 3,  comma  8,  del  medesimo
decreto  legislativo  n.  118  del  2011,  il   quale   prevede   che
l'operazione di riaccertamento straordinario sia oggetto di un  unico
atto deliberativo». 
    Il  rimettente,  in  riferimento  dalla  rilevanza  e  alla   non
manifesta infondatezza delle questioni, muove dal presupposto che: a)
il significato delle disposizioni censurate corrisponderebbe al  dato
testuale    e    non     sarebbe     possibile     un'interpretazione
costituzionalmente orientata come quella  proposta  dalla  Corte  dei
conti, sezione regionale di controllo della Campania, con delibera n.
107 del 10 settembre 2018 e che, peraltro, non e'  condivisa  neppure
dal Comune di Napoli, il quale ha proposto  impugnazione  davanti  al
giudice rimettente  proprio  contro  la  delibera  fondata  su  detta
interpretazione; b) condividendo  l'interpretazione  letterale  delle
disposizioni censurate  -  in  cio'  non  discostandosi  dall'opzione
ermeneutica espressa dal Comune di Napoli e dalla Procura generale  -
il ricorso dovrebbe  essere  accolto,  con  conseguente  annullamento
della delibera indicata in parte qua; c) dubitando,  tuttavia,  della
legittimita'  costituzionale  delle   disposizioni   stesse,   previa
sospensione dell'efficacia della delibera di  controllo  le  indicate
questioni di legittimita' costituzionale  debbono  essere  rimesse  a
questa Corte. 
    Tanto premesso, ad  avviso  del  rimettente:  a)  l'utilizzazione
delle  anticipazioni  di  liquidita'   per   trasformare   il   fondo
anticipazioni  di  liquidita'  (FAL)  in  fondo  crediti  di   dubbia
esigibilita' (FCDE) sarebbe in palese contrasto con  alcune  pronunce
di questa Corte, in particolare con la  sentenza  n.  181  del  2015,
poiche' eliminerebbe la  sterilizzazione  del  fondo  di  liquidita',
migliorando in  modo  fittizio  il  risultato  di  amministrazione  e
provocando un indebito incremento della capacita' di spesa  dell'ente
locale; b) si verificherebbe una violazione  patente  dell'equilibrio
strutturale del bilancio, in contrasto con gli artt. 81 e  97  Cost.,
poiche', sovrastimando il risultato di amministrazione, si verrebbero
a  influenzare  negativamente   tutti   gli   esercizi   futuri.   Si
realizzerebbe, infatti, un azzeramento  o  una  fortissima  riduzione
delle poste  non  impegnabili,  che  servono  a  realizzare  economie
finalizzate  a  ripristinare  gradualmente  l'equilibrio  compromesso
dalla preesistenza di gravi disavanzi; c) dal momento che il prestito
costituito dalle anticipazioni di  liquidita'  verrebbe  destinato  a
spese  diverse  da  quelle  consentite  dalle   norme   straordinarie
contenute nel  decreto-legge  8  aprile  2013,  n.  35  (Disposizioni
urgenti  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   della   pubblica
amministrazione,  per  il   riequilibrio   finanziario   degli   enti
territoriali, nonche' in materia di versamento di tributi degli  enti
locali), convertito, con modificazioni, nella legge 6 giugno 2013, n.
64, risulterebbe  violato  -  al  di  fuori  dell'eccezionale  deroga
finalizzata a fronteggiare i debiti pregressi - l'art. 119 Cost., che
circoscrive le  potenzialita'  di  indebitamento  alla  realizzazione
degli investimenti; d) verrebbe  altresi'  violato  il  principio  di
ragionevolezza,  poiche'  le  norme  denunciate  consentirebbero   di
utilizzare il fondo anticipazioni di  liquidita'  per  finanziare  il
fondo crediti  di  dubbia  esigibilita',  premiando  «l'ente  che  ha
violato l'obbligo di copertura delle  spese,  perche',  avendo  fatto
maggiore ricorso all'anticipazione di liquidita', vede  diminuire  il
sacrificio  economico  conseguente  al  passaggio  alla  contabilita'
armonizzata. Al contrario [al]l'ente piu' virtuoso, che ha rispettato
l'obbligo di copertura delle spese e, avendo una buona riscossione  e
una buona tempistica nei pagamenti, non ha  avuto  la  necessita'  di
ricorrere all'anticipazione di liquidita'»,  rimarrebbe  preclusa  la
possibilita' di incrementare la spesa corrente; e) sarebbe violato il
giudicato costituzionale in relazione alle sentenze di  questa  Corte
n. 89 del 2017, n. 269 del 2016 e n. 181 del 2015. 
    1.2.- Il Comune di Napoli, costituito in giudizio, sostiene  che:
a) le questioni  sollevate  sono  inammissibili  perche'  il  giudice
rimettente sarebbe incorso nel grave errore di applicare  i  principi
enunciati da questa Corte per le  Regioni  alla  diversa  fattispecie
inerente agli enti locali e, nel caso in esame, al Comune di  Napoli;
b) non risulterebbero violati gli artt. 81 e 97 Cost., in  quanto  la
riduzione del disavanzo denunciata dal  giudice  a  quo  non  sarebbe
effetto  dell'utilizzo  dell'anticipazione  di   liquidita'   ma   la
«conseguenza delle modalita' di costruzione» del fondo per i  crediti
di dubbia esigibilita',  che  risulterebbe  attenuato.  Tale  effetto
sarebbe implicitamente previsto dal legislatore, il quale avrebbe nel
tempo mutato piu' volte le modalita' e la  base  di  calcolo  per  la
determinazione  dell'ammontare  dell'accantonamento  a  tale   ultimo
fondo; c) non vi sarebbe alcuna violazione dell'art. 3 Cost., perche'
gli  enti  locali   che   hanno   avuto   accesso   all'anticipazione
verserebbero in  una  situazione  di  difficolta'  economica,  spesso
generata  dal  contesto  territoriale  economicamente  depresso.   Il
miglioramento del risultato  di  amministrazione  consentirebbe  agli
enti in difficolta' di garantire lo svolgimento dei servizi pubblici,
soprattutto di quelli posti a presidio di valori  costituzionali.  La
norma sarebbe volta a tutelare i cittadini residenti nei  Comuni  con
maggiore    difficolta'    economica,     comprovata     dall'accesso
all'anticipazione di liquidita';  d)  il  Comune  di  Napoli  sarebbe
particolarmente   svantaggiato   poiche'   avrebbe   incamerato    le
anticipazioni di liquidita' prima dell'entrata in  vigore  del  nuovo
regime contabile della competenza rafforzata. Con il passaggio  dalla
vecchia  alla  nuova  contabilita'  finanziaria,  gli   enti   locali
sarebbero  stati  chiamati  a  una   operazione   di   riaccertamento
straordinario dei residui attivi e passivi, la quale, in applicazione
delle  nuove   regole   della   cosiddetta   competenza   finanziaria
potenziata,  avrebbe  generato  la  quantificazione  di  un   maggior
disavanzo da ripianare; e) in assenza delle disposizioni impugnate si
verificherebbe una contrazione della  capacita'  di  spesa  dell'ente
locale per un valore di gran lunga superiore a quello necessario alla
sterilizzazione  degli  effetti  dell'anticipazione  di   liquidita'.
L'ente locale, in virtu' dei descritti meccanismi contabili,  sarebbe
tenuto, a differenza di quanto accade per le Regioni, a iscrivere  in
ogni bilancio di esercizio sia la quota di extra-deficit, sia la rata
di restituzione dell'anticipazione di liquidita' da  finanziare.  Nel
medesimo  esercizio  di  bilancio  il  Comune  sarebbe   chiamato   a
riassorbire la quota annuale di extra-deficit  e  a  restituire,  con
risorse ulteriori rispetto all'accantonamento del fondo anticipazioni
liquidita',   la   rata   annuale   del   debito   da    restituzione
dell'anticipazione di liquidita'; f) l'interpretazione  adottata  dal
Comune di Napoli sarebbe conforme alla deliberazione della Corte  dei
conti,  sezione  delle  autonomie,  18  dicembre  2015,  n.  33,  che
regolerebbe la materia; g) le disposizioni  censurate  risulterebbero
ispirate  «alla  logica  sottesa   all'art.   3,   comma   2,   della
Costituzione, essendo volt[e] a tutelare i  cittadini  residenti  nei
Comuni  con  maggiore  difficolta'  economica  -  comprovata  proprio
dall'accesso   all'anticipazione   di   liquidita'    -    attraverso
l'attenuazione (o  il  depotenziamento)  del  FCDE.  Emblematica,  al
riguardo, [sarebbe] l'analisi comparata tra la situazione economica e
la spesa per servizi del Comune di Napoli (terza citta' d'Italia  per
popolazione residente) e quella del Comune di Milano (seconda  citta'
d'Italia per popolazione  residente),  il  quale,  a  differenza  del
primo, non ha richiesto l'anticipazione di liquidita' di cui al  D.L.
n.35/2013»;  h)  gli  enti   locali   «che   operano   in   territori
caratterizzati da  una  elevata  capacita'  fiscale  degli  abitanti,
riscuot[erebbero]  con  relativa  facilita'  i  propri  crediti;   di
conseguenza, [avrebbero] (in termini percentuali) un FCDE piu'  basso
ed una corrispondente maggiore capacita'  di  spesa  che  restituisce
alla cittadinanza servizi adeguati»; i)  la  scelta  di  privilegiare
l'indebitamento degli enti locali in sofferenza  finanziaria  sarebbe
«tutt'altro che irragionevole e, in ogni caso, pienamente conforme al
principio di uguaglianza, ove letto in senso sostanziale, trattandosi
di misura in grado di incidere non  semplicemente  sulla  vita  degli
enti locali, ma su quella dei cittadini amministrati,  temperando  le
differenze di servizi ricevuti dall'ente di prossimita'». 
    2.- E'  necessario  premettere  alcune  considerazioni  circa  il
petitum dell'ordinanza di rimessione e i concreti effetti che il  suo
accoglimento sarebbe in grado di produrre sulla gestione del bilancio
e sulla futura articolazione del rendiconto del Comune di Napoli. 
    A  tal  fine  occorre  precisare  che  l'efficacia   interdittiva
spiegata dalla pronuncia della sezione regionale di  controllo  della
Corte dei conti nei confronti del  bilancio  del  Comune  di  Napoli,
adottata con la deliberazione  n.  107  del  2018  citata,  e'  stata
sospesa dalle sezioni riunite rimettenti in via cautelare. Ne  deriva
che la gestione del bilancio comunale, nel periodo di pendenza  delle
presenti  questioni  di  costituzionalita',  si  e'  svolta   secondo
l'originario  assetto  deliberato  dal   Consiglio   comunale.   Cio'
comporta, tra l'altro, che gli impegni di spesa, i pagamenti e,  piu'
in generale, le obbligazioni attive e passive sorte in  tale  periodo
intermedio sono state assunte sulla base di norme pienamente vigenti,
ancorche' sottoposte al giudizio di questa Corte. 
    3.- Ai fini della presente decisione va  sgombrato  il  campo  da
alcune contraddizioni ed equivoci  generati  dalla  tecnicita'  delle
disposizioni oggetto del  presente  giudizio  e  da  alcune  inesatte
considerazioni del Comune di Napoli in punto di fatto e di diritto. 
    Il primo equivoco riguarda l'erronea affermazione del  Comune  di
Napoli, secondo cui «la disciplina delle anticipazioni di  liquidita'
degli enti locali e' dettata  [...]  dalla  Sezione  delle  autonomie
della  Corte  dei  conti»  ai  sensi  dell'art.  6,  comma   4,   del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n.
213, mentre quella delle Regioni sarebbe contenuta nell'art. 1, comma
692, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni  per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello  Stato  (legge
di stabilita' 2016)». 
    Quest'ultima disposizione non fa altro  che  esprimere  norme  di
dettaglio in tema di allocazione di  anticipazioni,  ma  non  apporta
elementi  in  grado  di  incidere  sulla  ratio  dell'istituto   come
disciplinato dal d.l. n. 35 del 2013, a  sua  volta  interpretato  in
senso costituzionalmente  conforme  da  questa  Corte  (ex  plurimis,
sentenza n. 181 del 2015). 
    E' destituito, poi, di fondamento l'assunto del Comune di Napoli,
secondo cui la disciplina delle anticipazioni degli enti locali possa
essere determinata dalla sezione  delle  autonomie  della  Corte  dei
conti. Infatti, questa Corte ha a suo tempo precisato  con  chiarezza
che l'art. 6, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, «nell'attribuire  la
possibilita' di adottare [una]  "delibera  di  orientamento"  per  il
controllo degli enti locali, non affida alcun  potere  normativo  sul
controllo degli enti locali alla sezione delle autonomie della  Corte
dei  conti.  La  norma  attribuisce  a  tale  sezione  una   funzione
nomofilattica  in  caso  di  interpretazioni  difformi  tra   sezioni
regionali della Corte dei conti» (sentenza n. 39 del 2014). Si tratta
di una funzione finalizzata a uniformare l'attivita' consultiva e  le
tecniche  di  espressione  contabile  quando  si  verificano   prassi
discordanti su  temi  di  particolare  rilevanza.  Funzione  che  mai
potrebbe invadere la sfera  normativa,  che  non  appartiene  -  come
precisato  nella  richiamata  sentenza  n.  39  del   2014   -   alla
magistratura contabile. 
    E' di tutta evidenza che questa funzione di  uniformazione  delle
prassi  di  espressione  contabile  non  vincola,  per   definizione,
l'esercizio del potere giurisdizionale sulle  delibere  di  controllo
delle sezioni regionali attribuito alle sezioni riunite  della  Corte
dei  conti  in  speciale  composizione  in  sede  di   "giurisdizione
esclusiva" (art. 11, comma 7, del decreto legislativo 26 agosto 2016,
n. 174, recante «Codice di giustizia  contabile,  adottato  ai  sensi
dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124»). 
    Nella fattispecie in esame, comunque, la  pronuncia  della  Corte
dei conti, sezione delle autonomie, 17  dicembre  2015,  n.  33,  non
afferma quanto sostenuto dal  Comune  di  Napoli,  ma  e'  del  tutto
coerente, sia pure limitatamente al profilo contabile di  espressione
dei conti dell'ente  locale,  con  l'interpretazione  costante  delle
modalita'  di  sterilizzazione   dell'anticipazione   di   liquidita'
previste dal d.l. n. 35 del 2013 sia per le Regioni, sia per gli enti
locali. Si afferma, infatti, nella predetta deliberazione, che «[n]ei
bilanci degli enti locali soggetti  alle  regole  dell'armonizzazione
contabile, la sterilizzazione degli effetti che le  anticipazioni  di
liquidita' erogate ai sensi del decreto-legge 8 aprile 2013,  n.  35,
convertito dalla l. 6 giugno 2013, n. 64, e successive modificazioni,
integrazioni  e   rifinanziamenti,   producono   sul   risultato   di
amministrazione va  effettuata  stanziando  nel  Titolo  della  spesa
riguardante il rimborso dei prestiti un fondo,  non  impegnabile,  di
importo   pari   alle   anticipazioni   di    liquidita'    incassate
nell'esercizio,  la  cui  economia  confluisce   nel   risultato   di
amministrazione come quota accantonata ai  sensi  dell'art.  187  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267». Si tratta di una tecnica
contabile,  sia  pure  ridondante  e,  in  quanto   tale   certamente
semplificabile, che mira tuttavia  -  come  testimonia  la  locuzione
"sterilizzazione degli effetti" - nel senso ricavabile dalla sentenza
di questa Corte n. 181 del 2015. 
    Come gia' specificato, la disciplina base delle anticipazioni  di
liquidita' e' contenuta nel d.l. n. 35 del  2013,  il  quale  non  fa
alcuna  distinzione,  salve  le  diverse   modalita'   di   provvista
finanziaria, tra finalita' delle anticipazioni regionali e di  quelle
degli enti locali, entrambe  destinate  al  pagamento  di  passivita'
finanziarie per tipologie di debiti specificamente individuate. 
    4.- Alla luce delle esposte premesse, le questioni  sollevate  in
riferimento agli artt. 81, 97,  primo  comma,  e  119,  sesto  comma,
Cost., sono fondate. 
    I tre parametri, per quel che si  dira'  piu'  specificamente  in
seguito, operano  in  stretta  interdipendenza,  cosicche'  l'anomala
utilizzazione delle  anticipazioni  di  liquidita'  consentita  dalle
disposizioni impugnate finisce per ledere l'equilibrio del  bilancio,
il principio di  sana  gestione  finanziaria  e,  contemporaneamente,
viola la "regola aurea" contenuta nell'art. 119, sesto comma,  Cost.,
secondo cui  l'indebitamento  degli  enti  territoriali  deve  essere
riservato a spese di investimento. 
    L'art. 2, comma 6, del d.l. n. 78 del 2015 prescrive  che  «[g]li
enti destinatari delle anticipazioni di liquidita'  [...]  utilizzano
la quota accantonata  nel  risultato  di  amministrazione  a  seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai  fini  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione» e l'art. 1, comma 814, della legge n. 205  del  2017
specifica che «[l]'articolo 2, comma 6, del decreto-legge  19  giugno
2015, n. 78 [...] si interpreta nel senso che la facolta' degli  enti
destinatari delle anticipazioni di liquidita' [...] di utilizzare  la
quota  accantonata  nel  risultato  di  amministrazione   a   seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai  fini  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione, puo'  essere  esercitata  anche  con  effetti  sulle
risultanze  finali  esposte  nell'allegato  5/2  annesso  al  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n.  118,  a  seguito  del  riaccertamento
straordinario dei residui effettuato ai sensi dell'articolo 3,  comma
7, dello stesso decreto legislativo n.  118  del  2011,  nonche'  sul
ripiano del disavanzo previsto dal comma 13  del  medesimo  articolo,
limitatamente  ai  soli  enti  che  hanno   approvato   il   suddetto
riaccertamento straordinario a decorrere dal 20  maggio  2015,  fermo
restando il rispetto dell'articolo 3, comma 8, del  medesimo  decreto
legislativo n. 118 del 2011, il quale  prevede  che  l'operazione  di
riaccertamento  straordinario  sia   oggetto   di   un   unico   atto
deliberativo». 
    Entrambe le disposizioni censurate consentono  di  utilizzare  le
anticipazioni  di  liquidita'  per   modificare   il   risultato   di
amministrazione  dell'ente  locale   che   le   applica,   attraverso
meccanismi  tecnici  che  convergono   nell'elusione   dei   precetti
costituzionali precedentemente richiamati. 
    Non e' rilevante, ai fini della presente  decisione,  la  diversa
formulazione  normativa  impiegata  dal  legislatore  -  nella  prima
disposizione l'utilizzazione viene enunciata come  regola  attraverso
l'uso dell'indicativo  e  nella  seconda  come  facolta'  -  perche',
comunque,   l'utilizzazione   delle   anticipazioni   di   liquidita'
consentita dalle disposizioni censurate  non  e'  compatibile  con  i
richiamati plurimi precetti costituzionali. 
    4.1.- L'art. 119, sesto comma, Cost. risulta violato  perche'  le
anticipazioni di liquidita' costituiscono una forma straordinaria  di
indebitamento a lungo termine e - in quanto tali - sono  utilizzabili
in senso  costituzionalmente  conforme  solo  per  pagare  passivita'
pregresse iscritte in  bilancio.  Esse  sono  prestiti  di  carattere
eccezionale  finalizzati  a  rafforzare  la   cassa   quando   l'ente
territoriale non riesce a onorare le obbligazioni passive secondo  la
fisiologica scansione dei tempi di pagamento. 
    La loro eccezionalita' dipende essenzialmente dal  fatto:  a)  di
essere inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa; b) di
essere frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti  in
sede costituzionale e dell'Unione europea; c) di  essere  un  rimedio
contingente, non riproducibile serialmente nel  tempo  e  inidoneo  a
risanare bilanci strutturalmente in perdita. 
    Quanto  al  profilo  sub  a),  occorre   sottolineare   come   le
anticipazioni  di  liquidita'  siano  spesso  collegate  a  pregressi
fenomeni di inappropriata gestione; in un bilancio sano,  di  regola,
le diacronie tra la riscossione delle entrate e i pagamenti tendono a
bilanciarsi secondo le singole scansioni temporali del  programma  di
bilancio, opportunamente considerate attraverso le prudenti stime  in
sede di previsione, mentre tutto cio' non accade quando fenomeni come
la sovrastima delle entrate e l'incapacita' a riscuotere  si  sommano
in modo progressivo nel tempo, fino  a  rendere  l'adempimento  delle
obbligazioni passive sempre piu' tardivo e aleatorio. 
    Quanto al profilo sub b), l'anticipazione a favore degli enti  in
sofferenza di liquidita' e' stata generata in sede  normativa  da  un
rigoroso bilanciamento tra l'esigenza  di  rispettare  i  vincoli  di
indebitamento e quella di  onorare  i  debiti,  costituenti  entrambe
regole primarie dell'ordinamento  dell'Unione  europea  e  nazionale,
tenuto conto dell'invalicabilita' della "regola aurea" dell'art. 119,
sesto comma, Cost., la quale costituisce comunque - anche  prima  del
suo   inserimento   in   Costituzione   -   un   principio    storico
dell'ordinamento finanziario-contabile degli enti locali. Come questa
Corte ha gia' affermato,  le  anticipazioni  di  liquidita'  «nascono
dall'esigenza di porre riparo ai crescenti  ritardi  nell'adempimento
delle obbligazioni da parte delle  pubbliche  amministrazioni.  Detto
fenomeno, di per se' negativo, aggravava, tra l'altro, la  situazione
delle imprese, gia' colpite dalla difficolta' di accedere al  credito
bancario nel contesto della crisi.  [...]  Nel  dialettico  contesto,
astretto  tra  vincoli  di  indebitamento  e  indefettibilita'  delle
scadenze debitorie, il Governo ha cercato  di  individuare  soluzioni
normative e finanziarie capaci di venire incontro alle esigenze delle
imprese [...]. Cio' anche  attraverso  serrate  azioni  politiche  di
negoziato a livello europeo per ottenere un margine di  flessibilita'
del patto di stabilita' e crescita. Cosi' il Consiglio europeo del 14
marzo 2013, facendo  seguito  agli  orientamenti  gia'  espressi  nel
giugno e nel dicembre del 2012,  ha  riconosciuto  la  necessita'  di
[...] utilizzare spazi di flessibilita' per azioni di  sostegno  alla
crescita  e  all'occupazione,  pur  nel  rispetto  della   necessaria
stabilita'  finanziaria.  In  sintonia  con  le  linee  espresse  dal
Consiglio europeo, la Commissione europea, con la  dichiarazione  del
18 marzo 2013, ha sottolineato l'urgenza di  una  pronta  risoluzione
del tema dei pagamenti arretrati  della  pubblica  amministrazione  e
chiarito  i  termini  operativi  della  nozione   di   flessibilita'»
(sentenza n. 181 del 2015). 
    Quanto  al  profilo  sub   c),   e'   utile   sottolineare   come
l'inidoneita' dell'anticipazione a rimuovere  situazioni  di  deficit
strutturale risulta non solo implicitamente dal contrasto formale con
il precetto contenuto nell'art. 119, sesto comma, Cost., ma anche  da
dati elementari dell'esperienza, secondo  cui  solo  un  investimento
efficace puo' compensare in positivo l'onere debitorio  sotteso  alla
sua realizzazione. In tale  contesto,  infatti,  risulta  «di  chiara
evidenza  che  destinazioni   diverse   dall'investimento   finiscono
inevitabilmente per depauperare il patrimonio dell'ente pubblico  che
ricorre al credito»  (sentenza  n.  188  del  2014).  Peraltro,  tale
precetto custodisce interessi costituzionali che  non  sono  limitati
alla mera cura della sana gestione finanziaria, ma si estendono  agli
interdipendenti profili di tutela della rappresentanza democratica  e
dell'equita' intergenerazionale (ex  plurimis,  sentenza  n.  18  del
2019). 
    4.1.1.- Il carattere temporaneo e settoriale e la ratio univoca e
oggettiva della disciplina delle anticipazioni di liquidita'  -  come
precedentemente    definiti     -     determinano     l'inconsistenza
dell'apodittico argomento difensivo del Comune di Napoli, secondo cui
l'anticipazione   di   liquidita'   degli   enti    locali    sarebbe
funzionalmente diversa da quella delle Regioni. 
    Del resto, in  tema  di  anticipazioni  di  liquidita',  gia'  in
precedenza si era affermato che il d.l. n. 35 del 2013 «ha introdotto
una disciplina di carattere speciale e  temporanea,  derogatoria  del
patto di stabilita' interno e di altre  disposizioni  in  materia  di
finanza  pubblica,  per  il  pagamento  dei  debiti   scaduti   delle
amministrazioni pubbliche. In particolare, nel  citato  decreto-legge
sono contenute le misure dirette a consentire il pagamento  da  parte
delle pubbliche amministrazioni  di  debiti  scaduti,  con  modalita'
differenti per gli enti locali (art. 1), le  Regioni  e  le  Province
autonome (art. 2), gli enti del Servizio sanitario nazionale  per  il
tramite delle Regioni (art. 3) e le amministrazioni statali (art. 5).
Si tratta di disposizioni espressamente "volte ad assicurare l'unita'
giuridica ed economica dell'ordinamento" (art. 6, comma 1)» (sentenza
n. 181 del 2015). E in quella sede questa Corte aveva  avvertito  che
«[s]e alcune aporie semantiche possono suscitare qualche perplessita'
circa  la  tecnica  legislativa  impiegata,  non  v'e'   dubbio   che
utilizzare  detti  profili   di   ambiguita'   per   qualificare   il
finanziamento in esame come  vero  e  proprio  mutuo,  anziche'  mera
anticipazione di liquidita', porterebbe inevitabilmente a  concludere
che anche le norme interposte sarebbero contrarie a Costituzione,  in
quanto palesemente in contrasto con la  prescrizione  dell'art.  119,
sesto comma, Cost., il cui rispetto, al contrario, era  attestato  in
sede di lavori preparatori della legge di conversione del d.l. n.  35
del 2013. Deve essere dunque  condivisa  l'opinione  del  rimettente,
secondo cui il meccanismo normativo creato  dal  legislatore  statale
risulta influente sulla sola gestione di  cassa:  d'altronde,  quando
una disposizione si presta a piu' interpretazioni e solo una  risulta
conforme  al  parametro  costituzionale,  al  testo  legislativo   va
attribuito  il   significato   compatibile   con   la   Costituzione.
Un'interpretazione sistematica e costituzionalmente  orientata  delle
norme statali porta dunque  a  concludere  che  le  anticipazioni  di
liquidita' altro non costituiscono che anticipazioni di cassa di piu'
lunga durata temporale rispetto a quelle ordinarie.  La  loro  ratio,
quale si ricava dalla genesi del  decreto-legge  e  dai  suoi  lavori
preparatori, e' quella di riallineare nel tempo la cassa  degli  enti
strutturalmente deficitari con la competenza» (ancora sentenza n. 181
del 2015). 
    Inoltre, analoga pronuncia ha  riguardato  successivamente  anche
una fattispecie inerente agli enti locali (sentenza n. 18 del  2019).
Non esiste, dunque, alcuna distinzione di carattere  sostanziale  tra
la  disciplina  delle  anticipazioni  di  liquidita'  assegnate  alle
Regioni e quelle agli enti locali: entrambe sono destinate  a  pagare
passivita' gia' iscritte in bilancio (ivi  compresi  i  debiti  fuori
bilancio, i quali, prima  di  essere  eventualmente  onorati,  devono
avere  ingresso  nel  bilancio   stesso   attraverso   le   tipizzate
fattispecie  del  riconoscimento:  art.  194  -  «Riconoscimento   di
legittimita' di debiti fuori bilancio» - del decreto  legislativo  18
agosto   2000,   n.   267,   recante   «Testo   unico   delle   leggi
sull'ordinamento degli enti locali») e non possono  essere  destinate
alla copertura giuridica di alcuna spesa. Sul  tema,  d'altra  parte,
questa Corte ha affermato piu' volte che, nei  bilanci  pubblici,  le
espressioni  numeriche  devono  essere   corredate   da   una   stima
attendibile, assicurata dalla coerenza con i presupposti economici  e
giuridici  della  loro  quantificazione,  sicche'  nel  concetto   di
copertura giuridica operano in modo  sinergico  l'individuazione  dei
mezzi finanziari e della ragione giuridica sottesa  al  loro  impiego
(sentenze n. 227 del 2019 e n. 274 del 2017). 
    4.2.- Se la ratio dell'anticipazione di liquidita' «e' quella  di
riallineare nel tempo la cassa degli enti strutturalmente  deficitari
con la competenza, attraverso un'utilizzazione limitata al  pagamento
delle passivita' pregresse unita a contestuali risparmi  nei  bilanci
futuri, proporzionati alle quote di debito inerenti alla restituzione
della  anticipazione  stessa  cosi'  da   rientrare   dai   disavanzi
gradualmente   ed   in   modo   temporalmente   e    finanziariamente
proporzionato alla restituzione dell'anticipazione» (sentenza n.  181
del 2015), al di  fuori  di  tale  «utilizzazione  limitata»  il  suo
impiego risulta in contrasto anche con l'equilibrio di bilancio. 
    Per  quel  che  concerne  questa  illegittima   influenza   sugli
equilibri strutturali del bilancio, e' sufficiente considerare che il
mancato   accantonamento   delle   risorse,   quantificato    secondo
l'ordinario criterio di computo  del  FCDE,  consente  al  Comune  di
Napoli  di  impiegare  un  surplus  di   spesa,   pari   al   mancato
accantonamento, coprendolo con  risorse  "nominali"  (ma  non  reali,
perche' il meccanismo contabile indebitamente autorizzato dalle norme
censurate  finisce  per  ridurre  o  azzerare  il   cosiddetto   FCDE
attraverso la sua sostituzione parziale o totale con  l'anticipazione
di liquidita'), in tal modo incrementando di fatto - senza  che  cio'
appaia dalle scritture ufficiali - il  disavanzo  di  amministrazione
gia' maturato negli esercizi precedenti. 
    Al fine di illustrare sinteticamente sotto il profilo tecnico gli
effetti di questo meccanismo, e' utile ricordare che l'accantonamento
al  FCDE  e'   funzionalmente   definito   in   modo   inequivocabile
dall'allegato 4/2, punto 3.3, al decreto legislativo 23 giugno  2011,
n.  118  (Disposizioni  in  materia  di  armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42), il quale stabilisce che esso «non e' oggetto  di
impegno e genera un'economia di bilancio che confluisce nel risultato
di amministrazione come quota accantonata». Si tratta di  una  regola
che invera l'applicazione del principio di prudenza nella stima delle
risorse disponibili. Come semanticamente specificato, il fondo  rende
inerte, cioe' inutilizzabile, una quota delle risorse  risultanti  da
parte  entrata,   in   misura   proporzionale   all'andamento   della
riscossione  che  ha  caratterizzato  l'ente  locale  negli  esercizi
precedenti. Ove non venga applicata tale  tipologia  di  svalutazione
dei  crediti,  viene  consentita  -  come  nel  caso  di   specie   -
l'iscrizione in bilancio di entrate stimate  in  modo  da  non  tener
conto dell'effettiva capacita' di riscossione dei crediti. 
    L'istituto del fondo crediti di dubbia esigibilita'  costituisce,
a ben vedere, una necessaria integrazione legale al «principio  della
previa  dimostrazione  analitica  dei  crediti  e  delle   somme   da
riscuotere,  iscrivibili  nelle  partite   dei   residui   attivi   e
computabili ai fini [del risultato  di]  amministrazione,  [connotato
dalla] stretta inerenza ai concetti di certezza e attendibilita'  che
devono  caratterizzare  le  risultanze  della  gestione  economica  e
finanziaria» (sentenza n. 138 del 2013). Infatti, la prassi frequente
in molte  amministrazioni  di  sovrastimare  l'entita'  dei  crediti,
evitando o rendendo imprecisa in sede di rendiconto la "dimostrazione
analitica" delle ragioni giuridiche delle somme da riscuotere e dello
stato  dei  procedimenti  finalizzati  alla  riscossione,   ha   reso
necessario correggere - attraverso il fondo in questione -  le  stime
sovradimensionate  con  un  accantonamento  calcolato   mediante   un
coefficiente di riduzione proporzionato alla capacita' di riscossione
mostrata dall'ente stesso in un congruo  periodo  (anch'esso  fissato
per gli enti locali dall'allegato n. 4/2 al d.lgs. n. 118  del  2011)
antecedente all'esercizio oggetto di rendiconto. 
    Permettere - come fanno la disposizione originaria  e  quella  di
interpretazione  autentica  censurata  -  la  sostituzione  di  detto
accantonamento     mediante     la      doppia      contabilizzazione
dell'anticipazione di  liquidita'  (che  infatti,  nell'ottica  delle
medesime disposizioni,  non  si  limita  a  determinare  il  naturale
incremento del saldo di cassa di fine esercizio, ma  viene  impiegata
anche per l'indebita sostituzione del fondo svalutazione  crediti  di
dubbia esigibilita'), vanifica la possibilita' di stimare le  risorse
disponibili secondo prudenza,  cosi'  contraddicendo  il  presupposto
funzionale del fondo stesso. 
    Per  quel   che   riguarda   l'alterazione   del   risultato   di
amministrazione,  la  contabilizzazione  tra  le  parti  attive   del
rendiconto delle anticipazioni di liquidita', gia' facenti parte  del
fondo di cassa di fine esercizio, migliora in modo solo apparente  il
risultato di amministrazione, cosi' esonerando  l'ente  locale  dalle
necessarie  operazioni  di  rientro  dal  deficit,  che  non  saranno
parametrate  sul  disavanzo   effettivo   ma   su   quello   alterato
dall'anomala contabilizzazione del  fondo  anticipazioni  liquidita'.
Cio' pregiudica ulteriormente, in violazione degli  artt.  81  e  97,
primo comma, primo periodo, Cost., l'equilibrio strutturale dell'ente
locale in questione, in quanto alla situazione deficitaria precedente
si    aggiunge     quella     derivante     dall'impiego     indebito
dell'anticipazione. 
    L'effetto distorsivo nel calcolo del disavanzo e' particolarmente
grave per la pregnante funzione certativa della  sua  determinazione,
dalla quale l'ordinamento fa dipendere importanti effetti  giuridici;
in proposito e' utile ricordare che l'art. 188 del d.lgs. n. 267  del
2000  prescrive  che  «[l]'eventuale  disavanzo  di  amministrazione,
accertato ai sensi dell'articolo  186,  e'  immediatamente  applicato
all'esercizio in corso di gestione contestualmente alla  delibera  di
approvazione del rendiconto. La mancata adozione della  delibera  che
applica il disavanzo al bilancio in corso di gestione e' equiparata a
tutti  gli  effetti  alla  mancata  approvazione  del  rendiconto  di
gestione. Il disavanzo di amministrazione puo' anche essere ripianato
negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione,  in
ogni caso non oltre la  durata  della  consiliatura,  contestualmente
all'adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di
rientro dal disavanzo nel quale  siano  individuati  i  provvedimenti
necessari a ripristinare il pareggio». 
    E quali che siano i tempi di rientro dal deficit,  il  richiamato
art.  188  detta  procedure  e  adempimenti  immediatamente  cogenti,
funzionali  -  tra  l'altro   -   a   esaltare   l'assunzione   delle
responsabilita' dei risultati imputabili alle amministrazioni che  si
sono  succedute  durante   la   formazione   del   disavanzo:   «[l]a
deliberazione, contiene l'analisi delle cause che  hanno  determinato
il disavanzo,  l'individuazione  di  misure  strutturali  dirette  ad
evitare ogni  ulteriore  potenziale  disavanzo,  ed  e'  allegata  al
bilancio  di  previsione  e  al   rendiconto,   costituendone   parte
integrante. Con  periodicita'  almeno  semestrale  il  sindaco  o  il
presidente trasmette al Consiglio una relazione riguardante lo  stato
di attuazione del piano di rientro, con il parere  del  collegio  dei
revisori. L'eventuale ulteriore disavanzo  formatosi  nel  corso  del
periodo considerato nel piano di  rientro  deve  essere  coperto  non
oltre la scadenza del piano di rientro in corso». 
    4.2.1.- Le precedenti considerazioni dimostrano l'infondatezza di
due argomenti prospettati dal Comune di  Napoli:  a)  quello  secondo
cui, cancellando le due norme censurate, esso  «dovra'  finanziare  a
bilancio con risorse nuove (ulteriori rispetto  a  quelle  utilizzate
per la costituzione del FAL)  la  quota,  anch'essa  trentennale,  di
restituzione dell'anticipazione di liquidita'»; b) quello secondo cui
la  difficolta'   dell'ente   territoriale   a   riscuotere   crediti
giustificherebbe la censurata tecnica contabile. 
    E' del tutto evidente che la capacita' di escutere i debitori non
dipende  solo   dalla   situazione   economica   dei   membri   della
collettivita', ma anche e soprattutto dall'efficienza  amministrativa
dell'ente locale e dei propri uffici preposti alla riscossione. 
    Quanto all'argomento sub a), e' altrettanto evidente - al di  la'
dei meccanismi contabili che talvolta oscurano la sostanza dei  fatti
- la diversita' tra  la  contabilizzazione,  nella  cassa  dell'ente,
dell'anticipazione di liquidita' (che  avviene  nel  momento  in  cui
quest'ultima  viene  somministrata),   l'appostazione   in   bilancio
dell'onere di restituzione  della  quota  capitale  e  interessi  del
prestito acceso e l'accantonamento di risorse nel  fondo  crediti  di
dubbia  esigibilita'.  L'implementazione  della   cassa   conseguente
all'incameramento  dell'anticipazione  risponde  alle  eccezionali  e
tipizzate ipotesi di pagamento delle  passivita'  pregresse  previste
dal d.l. n. 35 del 2013; l'onere conseguente alla restituzione  della
quota annuale di  capitale  e  interessi  e'  intrinseca  conseguenza
dell'assunzione di un prestito; l'accantonamento  nel  FCDE  ha  come
fine il non far ricadere  negativamente  sull'equilibrio  strutturale
del bilancio la scarsa capacita' di realizzare le entrate. 
    Proprio   queste   elementari   considerazioni   confermano   che
l'utilizzazione delle anticipazioni  di  liquidita'  in  sostituzione
dell'accantonamento conseguente all'esistenza di  crediti  di  dubbia
esigibilita' permette indebitamente all'ente  locale  l'effettuazione
di nuove spese,  evitando  il  necessario  adempimento  di  carattere
prudenziale  e  in  tal  modo  aggravando  il   deficit   strutturale
preesistente. 
    Quanto  all'assunto  secondo   cui   la   difficolta'   dell'ente
territoriale a  riscuotere  crediti  giustificherebbe  il  meccanismo
finanziario consentito dalle norme censurate in ragione della ridotta
capacita' fiscale della popolazione di riferimento,  e'  il  caso  di
precisare che un conto  e'  la  misura  del  gettito,  effettivamente
legata alle condizioni socio-economiche del territorio, altro  e'  la
capacita' di riscuotere i tributi, consistente in una percentuale  di
realizzazione   del   gettito   stesso   e   strettamente   collegata
all'efficienza del sistema di riscossione. 
    Fermo restando che una capacita' di  riscossione  inferiore  alla
media nazionale e' un problema prevalentemente organizzativo, diverso
e' quello legato all'insufficienza strutturale del gettito fiscale ad
assicurare i servizi essenziali. In  tal  caso  ben  diversi  sono  i
rimedi previsti dalla Costituzione per garantire interventi  ispirati
alla  solidarieta'  (sul  punto  si  rinvia  piu'   diffusamente   al
prosieguo). 
    5.-  Nel  pronunciare   l'illegittimita'   costituzionale   delle
disposizioni censurate questa Corte  non  puo'  non  sottolineare  la
peculiarita'  della   presente   fattispecie.   Se,   da   un   lato,
l'amministrazione comunale, fino alla data della presente  pronuncia,
ha  gestito  realmente  partite   di   spesa   superiori   a   quelle
costituzionalmente consentite, in tal modo peggiorando lo  stato  dei
propri conti, dall'altro lo  ha  fatto  sulla  base  di  disposizioni
legislative in vigore e di atti contabili  dimensionati  in  rapporto
alle potenzialita' consentite  dalle  medesime  disposizioni.  Ne  e'
derivato che tale gestione si e' dipanata in una serie di  impegni  e
pagamenti, in relazione ai quali l'affidamento dei soggetti venuti in
contatto  con  l'amministrazione  comunale  e  la  funzionalita'   di
progetti avviati secondo contratti e situazioni negoziali in  itinere
non possono essere travolti dalla dichiarazione di illegittimita'  di
norme  che  hanno   consentito,   durante   la   loro   vigenza,   il
sovradimensionamento della spesa. 
    D'altronde, l'intervenuta sospensione degli effetti  interdittivi
della spesa, a suo tempo disposti  dalla  Corte  dei  conti,  sezione
regionale di controllo della  Campania,  e  temporaneamente  rimossi,
fino alla definizione del presente giudizio, dal giudice  rimettente,
ha  permesso  al  Comune  di  Napoli  una  gestione   conforme   alle
disposizioni  allora  vigenti,   che   consentivano   la   contestata
utilizzazione delle anticipazioni di liquidita'. 
    A ben vedere - proprio in ragione della peculiarita' del  diritto
del bilancio e in particolare del principio  di  equilibrio  dinamico
che sposta  nel  tempo  la  continua  tensione  verso  un  bilanciato
contrappeso  tra  entrate  e  spese  -  si  e'  in  presenza  di  una
graduazione  "naturale"  degli  effetti  temporali   della   presente
sentenza sulla gestione del  bilancio  comunale  e  sulle  situazioni
giuridiche a essa sottese. Con riguardo alla  situazione  venutasi  a
creare  a  causa   della   non   corretta   contabilizzazione   delle
anticipazioni  di  liquidita'  e  dell'extradeficit   presumibilmente
generato dalla gestione posta  in  atto  nelle  more  della  presente
decisione (non risulta allo stato  degli  atti  la  realizzazione  di
alcuna economia in grado di compensare l'allargamento  della  spesa),
l'ente locale dovra' avviare il necessario risanamento nei termini di
legge. 
    E' chiaro che in un simile contesto non e' affatto necessario che
l'amministrazione comunale riapprovi - risalendo all'indietro - tutti
i bilanci antecedenti alla presente  pronuncia,  essendo  sufficiente
che siano ridefinite correttamente tutte le  espressioni  finanziarie
patologiche prodottesi nel tempo, applicando a  ciascuna  di  esse  i
rimedi giuridici consentiti nel periodo di riferimento,  in  modo  da
ricalcolare il risultato  di  amministrazione  secondo  i  canoni  di
legge. Cosi', ad esempio, per le sole  operazioni  di  riaccertamento
straordinario dei residui attivi e passivi di cui all'art.  3,  comma
16, del d.lgs. n. 118 del 2011 - che poi e' quello di cui  il  Comune
di  Napoli  lamenta  la  notevole  entita'   -,   il   disavanzo   di
amministrazione  correttamente  rideterminato  al  1°  gennaio   2015
attraverso il riaccertamento straordinario dei residui potra'  essere
ripianato mediante i precitati  accantonamenti  fino  al  limite  dei
trenta esercizi consentiti  da  detta  norma  mentre  per  i  deficit
ulteriormente maturati, in  conformita'  al  principio  tempus  regit
actum, saranno applicate le norme vigenti nel corso dell'esercizio in
cui tale ulteriore deficit e' maturato. 
    Il sistema cosi' sinteticamente delineato serve per attribuire "a
ciascuno  il  suo"  in  termini  di  responsabilita'   di   gestione,
affiancando all'operato del breve periodo  la  situazione  aggiornata
degli effetti delle amministrazioni pregresse. 
    Fermo  restando   che   non   e'   comunque   consentita   alcuna
utilizzazione delle anticipazioni di  liquidita'  per  modificare  il
risultato di amministrazione, va precisato che la presente  pronuncia
produce  un'efficacia  immediatamente   vincolante   per   la   nuova
definizione del disavanzo e per l'adozione delle  correzioni  atte  a
porvi rimedio. 
    Tenuto conto dell'accentuata mutevolezza del "tempo  finanziario"
che determina continue sopravvenienze di natura fattuale e normativa,
e' proprio il rispetto  del  principio  dell'equilibrio  dinamico  ad
assicurare la bilanciata congiunzione tra il principio  di  legalita'
costituzionale dei conti e l'esigenza di un graduale risanamento  del
deficit, coerente con l'esigenza di mantenere il  livello  essenziale
delle prestazioni sociali durante l'intero periodo di risanamento. E'
stato in proposito affermato che «[i]l principio  dell'equilibrio  di
bilancio non corrisponde ad un formale  pareggio  contabile,  essendo
intrinsecamente collegato alla continua  ricerca  di  una  stabilita'
economica di  media  e  lunga  durata,  nell'ambito  della  quale  la
responsabilita' politica del mandato elettorale si esercita, non solo
attraverso il rendiconto del realizzato, ma  anche  in  relazione  al
consumo delle risorse impiegate» (sentenza n. 18 del 2019). 
    In definitiva, un esame complessivo dei parametri  costituzionali
vigenti in subiecta materia consente di chiarire che: a) l'equilibrio
dei conti e' un presupposto della sana gestione finanziaria, del buon
andamento e della corretta e ponderata programmazione delle politiche
pubbliche (artt. 81 e 97 Cost.); b) in  tale  prospettiva  i  deficit
causati da inappropriate gestioni devono essere recuperati  in  tempi
ragionevoli e nel rispetto del principio di responsabilita',  secondo
cui ciascun amministratore democraticamente  eletto  deve  rispondere
del proprio operato agli amministrati.  A  tal  fine  e'  stato  gia'
chiarito  che  «la   legge   di   approvazione   del   rendiconto   -
indipendentemente  dalla  compilazione  e  redazione  dei   complessi
allegati al bilancio previsti dal d.lgs.  n.  118  del  2011  -  deve
contenere, in coerenza con le risultanze di  detti  allegati,  cinque
elementi fondamentali: a) il risultato  di  amministrazione  espresso
secondo l'art. 42 del decreto in questione;  b)  il  risultato  della
gestione   annuale   inerente   al   rendiconto;    c)    lo    stato
dell'indebitamento e delle eventuali passivita'  dell'ente  applicate
agli  esercizi  futuri»  (sentenza  n.  49  del  2018)   poiche'   la
trasparenza dei conti risulta «elemento indefettibile per  avvicinare
in senso democratico i cittadini all'attivita'  dell'Amministrazione,
in quanto consente di valutare  in  modo  obiettivo  e  informato  lo
svolgimento del  mandato  elettorale,  e  per  responsabilizzare  gli
amministratori» (sentenza n. 49  del  2018);  d)  quando  le  risorse
proprie  non  consentono  ai  Comuni,  alle  Province,  alle   Citta'
metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le  funzioni
pubbliche loro attribuite deve essere lo  Stato  ad  intervenire  con
apposito fondo perequativo, senza  vincoli  di  destinazione,  per  i
territori con minore capacita' fiscale per abitante e  con  ulteriori
risorse aggiuntive ai fini di promozione  dello  sviluppo  economico,
della coesione  e  della  solidarieta'  sociale,  per  rimuovere  gli
squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei
diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi  dal  normale
esercizio delle loro funzioni  (art.  119,  terzo,  quarto  e  quinto
comma,  Cost.);  e)   gli   enti   territoriali   possono   ricorrere
all'indebitamento solo per  finanziare  spese  di  investimento,  con
modalita' equilibrate in rapporto al generale contesto macroeconomico
(art. 119, sesto comma, Cost.). 
    6.- Il sintetico richiamo ai principi cardine della  Costituzione
in tema di relazioni finanziarie tra Stato e  comunita'  territoriali
consente di svolgere opportune considerazioni  in  ordine  ad  alcuni
argomenti difensivi svolti dal Comune di Napoli i quali  -  ancorche'
eccentrici rispetto al thema decidendum - meritano  attenzione  anche
da parte del legislatore statale. 
    Si allude in particolare all'esigenza, espressa dal predetto ente
locale, di una legislazione finanziaria ispirata alla  valorizzazione
dell'art. 3, secondo comma, Cost.,  nella  specie  sotto  il  profilo
della  tutela  dei  cittadini  residenti  nei  Comuni  con   maggiore
difficolta'   economica   e   della   riduzione/eliminazione    della
sperequazione tra i livelli dei servizi erogati dagli  enti  di  base
nelle comunita' piu' povere e in quelle piu' ricche. 
    Questa esigenza solidaristica nei confronti delle comunita'  meno
abbienti trova puntuale risposta -  come  gia'  rilevato  -  in  piu'
articoli della Costituzione e, in particolare, nell'art.  119  Cost.,
il quale fissa le forme e i limiti che devono guidare il  legislatore
ordinario nell'inveramento dei principi ivi indicati. 
    Il  richiamato  parametro  costituzionale  bilancia  le   ragioni
dell'autonomia, quelle dei vincoli finanziari dell'Unione  europea  e
quelle della solidarieta'  verso  le  comunita'  economicamente  meno
munite. 
    Il primo comma precisa che l'autonomia finanziaria di  entrata  e
di spesa deve essere  esercitata  nel  rispetto  dell'equilibrio  del
bilancio e che gli enti territoriali devono contribuire, insieme agli
altri  enti  della  finanza  allargata,  all'osservanza  dei  vincoli
derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. In tale  prospettiva,
l'equilibrio individuale dei singoli enti  e'  un  presupposto  della
sana gestione finanziaria e del  corretto  esercizio  dell'autonomia,
nonche'  del  dovere  di  concorrere  a  realizzare   gli   obiettivi
macroeconomici nazionali e dell'Unione europea. 
    Ne consegue che tutte le disfunzioni -  a  cominciare  da  quelle
censurate in questa sede - devono essere rimosse e non possono essere
computate nell'attivazione dei meccanismi  di  solidarieta'  previsti
dal terzo, quarto e quinto comma dell'art. 119 Cost. 
    E'   in   ordine   al   deficit   strutturale   imputabile   alle
caratteristiche   socio-economiche   della   collettivita'   e    del
territorio, e non  alle  patologie  organizzative,  che  deve  essere
rivolto l'intervento diretto dello Stato. Le risorse  necessariamente
stanziate per tali  finalita'  -  proprio  in  virtu'  dei  superiori
precetti costituzionali - devono  essere  prioritariamente  destinate
dallo Stato alle situazioni di accertato squilibrio  strutturale  dei
bilanci degli enti locali. 
    7.- Dunque, l'art. 2, comma 6, del d.l. n. 78 del 2015  e  l'art.
1, comma 814, della legge n. 205  del  2017,  poiche'  consentono  di
utilizzare le anticipazioni di liquidita' al di fuori  dei  ristretti
limiti del pagamento delle passivita' pregresse nei  termini  sanciti
dal d.l. n. 35 del 2013 e, in particolare, di  «utilizzare  la  quota
accantonata   nel   risultato   di    amministrazione    a    seguito
dell'acquisizione delle erogazioni, ai  fini  dell'accantonamento  al
fondo   crediti   di   dubbia   esigibilita'   nel    risultato    di
amministrazione», risultano in contrasto con gli artt. 81, 97 e  119,
sesto  comma,   Cost.   e,   pertanto,   devono   essere   dichiarati
costituzionalmente illegittimi. 
    Rimangono assorbite le ulteriori censure proposte  nei  confronti
delle disposizioni in esame.