ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  ammissibilita',  ai  sensi  dell'art.  2,  primo
comma,  della  legge  costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1  (Norme
integrative della Costituzione concernenti la Corte  costituzionale),
della  richiesta  di  referendum  popolare  per  l'abrogazione  delle
seguenti disposizioni: 
    «a) [...] Testo Unico delle leggi recanti  norme  per  l'elezione
della Camera dei Deputati, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica  30  marzo  1957,  n.  361,  nel  testo  risultante  dalle
modificazioni ed  integrazioni  ad  esso  successivamente  apportate,
limitatamente a: 
    - articolo 1, comma 2, limitatamente alle parole "un numero  di",
nonche' alle parole "tre ottavi del totale  dei",  alle  parole  "con
arrotondamento all'unita' inferiore," alle parole "la  circoscrizione
Trentino-Alto Adige/Südtirol e' ripartita in  un  numero  di  collegi
uninominali pari alla meta' dei seggi assegnati  alla  circoscrizione
medesima, con arrotondamento all'unita' pari superiore." e all'ultimo
periodo: "Le circoscrizioni cui  sono  assegnati  tre  deputati  sono
ripartite in due collegi  uninominali;  le  circoscrizioni  cui  sono
assegnati due deputati sono costituite in un  collegio  uninominale";
comma  3:  "3.  Per  l'assegnazione  degli   altri   seggi   ciascuna
circoscrizione e' ripartita in collegi plurinominali  costituiti,  di
norma,  dall'aggregazione  del  territorio  di  collegi   uninominali
contigui e tali che a ciascuno di essi sia assegnato,  di  norma,  un
numero di seggi non inferiore a tre e non superiore a  otto.";  comma
4, ultimo periodo:  "Gli  altri  seggi  sono  assegnati  nei  collegi
plurinominali e sono attribuiti, con metodo proporzionale,  ai  sensi
degli articoli 83 e 83-bis, alle liste e alle coalizioni di liste."; 
    - articolo 3, comma 2: "2. Con il medesimo decreto del Presidente
della Repubblica  di  cui  al  comma  1,  sulla  base  dei  risultati
dell'ultimo censimento generale della  popolazione,  riportati  dalla
piu'  recente  pubblicazione  ufficiale  dell'Istituto  nazionale  di
statistica,  e'  determinato  il  numero  complessivo  di  seggi   da
attribuire in  ciascuna  circoscrizione  nei  collegi  plurinominali,
compresi i seggi spettanti ai collegi uninominali."; 
    - articolo 4, comma 2, limitatamente alle parole ", corredato dei
nomi dei candidati nel collegio plurinominale"; 
    - articolo  14,  primo  comma,  limitatamente  alle  parole  "nei
collegi plurinominali e" nonche' alle  parole  "nei  singoli  collegi
plurinominali e"; 
    - articolo 17, primo  comma,  limitatamente  alle  parole  "delle
liste di candidati nei collegi plurinominali e"; 
    - articolo  18-bis,  comma  1,  limitatamente  alle  parole  "nel
collegio plurinominale, con l'indicazione dei candidati della lista",
nonche' alle parole  "compresi  nel  collegio  plurinominale,",  alla
parola  "plurinominale"  ovunque   ricorra,   nonche'   alla   parola
"plurinominali";   comma    1-bis,    limitatamente    alla    parola
"plurinominale"; comma 2-bis, secondo  periodo:  "Ciascuna  lista  e'
tenuta a presentare candidati in  tutti  i  collegi  uninominali  del
collegio plurinominale, a pena di inammissibilita'."; comma 3: "3. In
ogni  collegio   plurinominale   ciascuna   lista,   all'atto   della
presentazione, e' composta  da  un  elenco  di  candidati  presentati
secondo un ordine numerico. Il numero dei candidati non  puo'  essere
inferiore alla meta', con arrotondamento  all'unita'  superiore,  dei
seggi assegnati al collegio plurinominale e non puo' essere superiore
al limite massimo di seggi assegnati al  collegio  plurinominale;  in
ogni caso, il numero dei candidati non puo' essere  inferiore  a  due
ne'  superiore  a  quattro.  A  pena   di   inammissibilita',   nella
successione  interna  delle  liste  nei  collegi   plurinominali,   i
candidati sono collocati secondo un  ordine  alternato  di  genere.";
comma 3.1, secondo periodo: "Nel complesso delle  liste  nei  collegi
plurinominali presentate  da  ciascuna  lista  a  livello  nazionale,
nessuno dei due generi puo' essere rappresentato nella  posizione  di
capolista in misura superiore al 60  per  cento,  con  arrotondamento
all'unita'  piu'  prossima.";  comma  3-bis:  "3-bis.  Salvo   quanto
previsto dal comma 3, alla lista e' allegato  un  elenco  di  quattro
candidati  supplenti,  due  di  sesso  maschile  e   due   di   sesso
femminile."; 
    - articolo 19, comma 1, limitatamente alle parole  "plurinominali
o"; commi 2: "2. Nessun candidato puo' essere incluso in liste con lo
stesso contrassegno in piu' di cinque collegi plurinominali,  a  pena
di nullita'." e 4: "4. Il candidato in un collegio  uninominale  puo'
essere  candidato,  con  il   medesimo   contrassegno,   in   collegi
plurinominali, fino ad un massimo di cinque."; comma 5, limitatamente
alle parole "plurinominale o"; 
    - articolo 20, primo comma, limitatamente alle parole  "Le  liste
dei candidati nei collegi plurinominali e"; 
    - articolo 21, secondo comma, limitatamente  alle  parole  "delle
liste di candidati nei collegi plurinominali presentate,"; 
    - articolo 22, primo comma,  n.  3),  limitatamente  alle  parole
"riduce al  limite  prescritto  le  liste  contenenti  un  numero  di
candidati superiore a  quello  stabilito  al  comma  3  dell'articolo
18-bis, cancellando gli ultimi nomi, e dichiara non valide  le  liste
contenenti un numero di candidati inferiore  a  quello  stabilito  al
comma 3 dell'articolo 18-bis e quelle che non presentano i  requisiti
di cui al terzo periodo del medesimo comma"; n. 6-bis,  limitatamente
alle parole "dei candidati di ciascuna lista e" nonche'  alle  parole
"che procedono per le eventuali modifiche nel modo seguente"  e  alle
successive lettere a) e b): " a) nel caso in cui  risultino  comunque
rispettate le disposizioni  di  cui  all'articolo  18-bis,  comma  3,
inserendo in coda alle liste dei candidati i candidati  dello  stesso
sesso  presenti  nell'elenco   dei   candidati   supplenti   di   cui
all'articolo 18-bis, comma 3-bis;", "b) nel caso in  cui,  procedendo
ai sensi della lettera a), non risultino rispettate  le  disposizioni
di cui all'articolo 18-bis, comma  3,  inserendo  nei  posti  rimasti
vacanti  nelle  liste  i  candidati  dello  stesso   sesso   presenti
nell'elenco dei candidati supplenti di cui all'articolo 18-bis, comma
3-bis."; n. 6-ter: "6-ter)  a  seguito  di  eventuale  rinuncia  alla
candidatura, delle verifiche di cui al presente articolo ai fini  del
rispetto dei criteri  di  cui  all'articolo  18-bis  e  di  ulteriori
verifiche prescritte  dalla  legge,  procede  all'eventuale  modifica
della  composizione   delle   liste   dei   candidati   nei   collegi
plurinominali nel  modo  seguente:  a)  nel  caso  in  cui  risultino
comunque rispettate le disposizioni di cui all'articolo 18-bis, comma
3, inserendo in coda alle  liste  dei  candidati  i  candidati  dello
stesso sesso presenti nell'elenco  dei  candidati  supplenti  di  cui
all'articolo 18-bis, comma 3-bis; b) nel caso in cui,  procedendo  ai
sensi della lettera a), non risultino rispettate le  disposizioni  di
cui all'articolo 18-bis, comma 3, inserendo nei posti rimasti vacanti
nelle liste i candidati dello stesso sesso presenti  nell'elenco  dei
candidati  supplenti  di  cui  all'articolo  18-bis,  comma  3-bis.";
secondo comma, limitatamente alle parole "e  delle  modificazioni  da
questo apportate alla lista."; 
    - articolo 24, primo comma,  n.  2),  limitatamente  alla  parola
"plurinominali", alle parole "di lista,", alle  parole  "delle  liste
della coalizione," nonche' alle parole "ai nominativi dei  candidati,
nell'ordine numerico di cui all'articolo 18-bis, comma 3, e"; n.  5),
limitatamente alla parola "plurinominali"; 
    - articolo 30, primo comma, n. 4, limitatamente alle  parole  "le
liste dei candidati del collegio plurinominale e"; 
    - articolo  31,  comma  1,  limitatamente  alle  parole  "con  le
caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle  A-bis
e A-ter allegate al presente testo unico"; comma 2, secondo  periodo:
"A fianco del contrassegno, nello stesso rettangolo, sono elencati  i
nomi e i cognomi dei candidati nel collegio plurinominale secondo  il
rispettivo ordine di presentazione.";  comma  3,  limitatamente  alle
parole "nonche' i  nomi  e  i  cognomi  dei  candidati  nel  collegio
plurinominale"; comma 4, limitatamente alle parole "nonche' i nomi  e
i cognomi dei candidati nel collegio plurinominale.";  comma  5:  "5.
Nella parte esterna della scheda, entro un  apposito  rettangolo,  e'
riportata in carattere maiuscolo la seguente dicitura:  "Il  voto  si
esprime tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta ed
e' espresso per tale lista e per il  candidato  uninominale  ad  essa
collegato.  Se  e'  tracciato  un  segno  sul  nome   del   candidato
uninominale il voto e' espresso anche per la lista ad esso  collegata
e, nel caso di piu' liste collegate, il  voto  e'  ripartito  tra  le
liste  della  coalizione  in  proporzione  ai   voti   ottenuti   nel
collegio"."; 
    - articolo 48, primo comma, secondo periodo,  limitatamente  alla
parola "plurinominale."; terzo  periodo,  limitatamente  alla  parola
"plurinominale,"; 
    -  articolo  53,   primo   comma,   limitatamente   alla   parola
"plurinominale"; 
    - articolo 58, secondo comma, primo periodo,  limitatamente  alle
parole "e i nominativi dei candidati  nel  collegio  plurinominale.";
secondo periodo, limitatamente alle parole "a favore della lista  e";
terzo comma, primo periodo, limitatamente alle parole "a favore della
lista e" nonche' secondo periodo: "Nel caso di piu'  liste  collegate
in coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste della coalizione in
proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale."; 
    - articolo 59-bis,  comma  1,  limitatamente  alle  parole  "e  i
nominativi dei candidati nel collegio  plurinominale,"  nonche'  alle
parole "a favore della lista e"; comma 2, limitatamente  alle  parole
"e un altro segno sulla lista di candidati nel collegio plurinominale
della lista medesima" nonche' alle parole "a favore della lista e"; 
    - articolo 68, comma 3, quarto periodo, limitatamente alle parole
"dei voti di ciascuna  lista  e";  comma  3-bis,  limitatamente  alle
parole "i voti di lista e"; 
    - articolo 69,  secondo  periodo:  "Quando  un  unico  segno  sia
tracciato  su  piu'  rettangoli,  il  voto  si  intende  riferito  al
contrassegno su cui insiste la parte prevalente del segno stesso."; 
    - articolo 71, primo comma, n. 2), limitatamente alle parole "dei
voti di lista e"; secondo comma, limitatamente alle  parole  "per  le
singole liste e"; 
    - articolo 77, primo comma, lettere c) d), e) f) g),  h),  i)  ed
l): "c) determina la cifra  elettorale  di  collegio  uninominale  di
ciascuna lista. Tale cifra  e'  data  dalla  somma  dei  voti  validi
conseguiti dalla lista stessa nelle singole  sezioni  elettorali  del
collegio uninominale e dei voti espressi a favore dei soli  candidati
nei collegi uninominali collegati a piu' liste in coalizione  di  cui
all'articolo 58, terzo comma, ultimo periodo, attribuiti alla lista a
seguito delle seguenti operazioni: l'Ufficio  divide  il  totale  dei
voti validi  conseguiti  da  tutte  le  liste  della  coalizione  nel
collegio uninominale per il numero dei voti  espressi  a  favore  dei
soli candidati nei collegi uninominali,  ottenendo  il  quoziente  di
ripartizione. Divide poi il totale  dei  voti  validi  conseguiti  da
ciascuna lista per tale quoziente.  La  parte  intera  del  quoziente
cosi' ottenuto rappresenta il numero dei voti da assegnare a ciascuna
lista; i voti che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente
assegnati alle liste per le quali  queste  ultime  divisioni  abbiano
dato  i  maggiori  resti,  secondo  l'ordine  decrescente  dei  resti
medesimi. Nella ripartizione dei voti espressi  in  favore  dei  soli
candidati  nei  collegi  uninominali  collegati  a  piu'   liste   in
coalizione, l'Ufficio esclude dal computo i voti espressi  in  favore
della lista rappresentativa di  minoranze  linguistiche  riconosciute
nei collegi uninominali dove questa ha presentato proprie candidature
ai sensi dell'articolo 18-bis, comma 1-bis;", "d) determina la  cifra
elettorale di collegio plurinominale di ciascuna lista. Tale cifra e'
data dalla somma delle cifre elettorali di  collegio  uninominale  di
ciascuna lista;", "e) determina la cifra  elettorale  percentuale  di
collegio plurinominale di ciascuna lista.  Tale  cifra  e'  data  dal
quoziente  risultante  dalla  divisione  della  cifra  elettorale  di
collegio plurinominale di ciascuna  lista  per  il  totale  dei  voti
validi  del  rispettivo  collegio  plurinominale,  moltiplicato   per
cento;",  "f)  determina  la  cifra  elettorale  circoscrizionale  di
ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla somma delle cifre elettorali
di collegio plurinominale della  lista  stessa;",  "g)  determina  la
cifra  elettorale  percentuale  di  ciascun  candidato  nel  collegio
uninominale. Tale  cifra  e'  data  dal  quoziente  risultante  dalla
divisione della cifra elettorale individuale di ciascun candidato per
il totale  dei  voti  validi  del  rispettivo  collegio  uninominale,
moltiplicato per cento;",  "h)  determina,  per  ciascuna  lista,  la
graduatoria   dei   candidati   nei   collegi    uninominali    della
circoscrizione non proclamati eletti, disponendoli nell'ordine  delle
rispettive cifre elettorali individuali  percentuali.  A  parita'  di
cifre individuali percentuali, prevale il piu' giovane  di  eta'.  In
caso di collegamento  dei  candidati  con  piu'  liste,  i  candidati
entrano a far parte della graduatoria relativa a ciascuna delle liste
con cui e' stato  dichiarato  il  collegamento;",  "i)  determina  il
totale dei voti validi della  circoscrizione.  Tale  totale  e'  dato
dalla somma delle  cifre  elettorali  circoscrizionali  di  tutte  le
liste;", "l) comunica all'Ufficio  centrale  nazionale,  a  mezzo  di
estratto  del  verbale,  la  cifra  elettorale  circoscrizionale   di
ciascuna  lista   nonche'   il   totale   dei   voti   validi   della
circoscrizione."; 
    - articolo 83; 
    - articolo 83-bis; 
    - articolo 84; 
    - articolo 85; 
    - articolo 86, commi 1: "1. Il seggio  che  rimanga  vacante  per
qualsiasi causa, anche sopravvenuta, in un collegio plurinominale  e'
attribuito,  nell'ambito  del  medesimo  collegio  plurinominale,  al
candidato primo dei non eletti, secondo l'ordine di presentazione." e
2: "2. Nel caso in  cui  una  lista  abbia  gia'  esaurito  i  propri
candidati si procede con le modalita' di cui all'articolo  84,  commi
2, 3, 4 e 5."; 
    - articolo 106, primo comma, limitatamente alle parole "o piu' di
una lista di candidati"; 
    - tabelle A-BIS e A-TER; 
    b) [...] decreto legislativo 20 dicembre 1993,  n.  533,  recante
testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della
Repubblica, nel testo risultante dalle modificazioni ed  integrazioni
ad esso successivamente apportate, limitatamente alle seguenti parti: 
    - articolo 1, comma 2, limitatamente alle parole "un numero  di",
alle parole "pari ai tre ottavi del  totale  dei  seggi  da  eleggere
nelle circoscrizioni regionali, con  arrotondamento  all'unita'  piu'
prossima, assicurandone uno per ogni  circoscrizione."  nonche'  alle
parole "e quelli del Trentino-Alto  Adige/Südtirol,"  e  alla  parola
"restanti"; commi 2-bis: "2-bis.  Per  la  assegnazione  degli  altri
seggi ciascuna  circoscrizione  regionale  e'  ripartita  in  collegi
plurinominali costituiti, di norma, dall'aggregazione del  territorio
di collegi uninominali contigui e tali che a  ciascuno  di  essi  sia
assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore  a  due  e  non
superiore  a  otto.  L'assegnazione  dei  seggi  alle  liste  e  alle
coalizioni di liste nei collegi plurinominali si effettua con  metodo
proporzionale, ai sensi dell'articolo 17.",  2-ter:  "2-ter.  Con  il
medesimo decreto del Presidente della Repubblica di cui al  comma  1,
sulla  base  dei  risultati  dell'ultimo  censimento  generale  della
popolazione, riportati dalla  piu'  recente  pubblicazione  ufficiale
dell'Istituto nazionale  di  statistica,  e'  determinato  il  numero
complessivo  di  seggi  da  attribuire  in  ciascuna   circoscrizione
regionale nei collegi plurinominali, compresi i  seggi  spettanti  ai
collegi uninominali." e 4: "4.  La  regione  Trentino-Alto  Adige  e'
costituita in sei collegi uninominali definiti ai sensi  della  legge
30 dicembre 1991, n. 422, ovvero in un numero di collegi  uninominali
individuato nel numero pari piu' alto nel limite dei seggi  assegnati
alla regione. La restante quota di seggi spettanti  alla  regione  e'
attribuita con metodo del recupero proporzionale."; 
    -  articolo  2,  limitatamente  alle   parole   "e   in   collegi
plurinominali."; 
    - articolo 9, comma 2, limitatamente alle  parole  "di  candidati
per l'attribuzione dei seggi nei collegi plurinominali" e alle parole
"compresi nel collegio plurinominale,"; comma 4: "4. In ogni collegio
plurinominale  ciascuna  lista,  all'atto  della  presentazione,   e'
composta da un elenco  di  candidati  presentati  secondo  un  ordine
numerico. Il numero dei candidati  non  puo'  essere  inferiore  alla
meta', con arrotondamento all'unita' superiore, dei  seggi  assegnati
al collegio plurinominale e non puo' essere superiore al  numero  dei
seggi assegnati al collegio plurinominale. In ogni caso il numero dei
candidati non puo' essere inferiore a due ne'  superiore  a  quattro;
nei collegi plurinominali in cui e'  assegnato  un  solo  seggio,  la
lista e' composta da un solo candidato. A pena  di  inammissibilita',
nella successione interna delle liste nei  collegi  plurinominali,  i
candidati sono collocati secondo un  ordine  alternato  di  genere.";
comma 4-bis, secondo periodo: "Nel complesso delle liste nei  collegi
plurinominali presentate  da  ciascuna  lista  a  livello  regionale,
nessuno dei due generi puo' essere rappresentato nella  posizione  di
capolista in misura superiore al 60  per  cento,  con  arrotondamento
all'unita' piu' prossima."; 
    - articolo 10, comma 5, limitatamente alle parole "delle liste di
candidati"; comma 6, limitatamente alle parole "di liste o"; 
    - articolo 11, comma 1, lettera  a),  limitatamente  alla  parola
"plurinominali" nonche' alle parole "di lista",  alle  parole  "delle
liste della coalizione", alle  parole  "di  ciascuna  lista"  e  alle
parole  "ai  nominativi  dei  candidati,  nell'ordine   numerico   di
presentazione, e"; lettera  c),  n.  1),  limitatamente  alle  parole
"delle  liste";  comma  3,  secondo  periodo:  "Le  schede  hanno  le
caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle A e  B
allegate al presente testo unico."; 
    - articolo 14, comma 1, primo periodo, limitatamente alla  parola
"plurinominale", e secondo periodo: "Il voto e' valido a favore della
lista  e  ai  fini   dell'elezione   del   candidato   nel   collegio
uninominale."; comma 2, primo periodo, limitatamente alle  parole  "a
favore della lista e ai fini dell'elezione del candidato nel collegio
uninominale", e secondo periodo: "Nel caso di piu' liste collegate in
coalizione, i voti sono ripartiti tra le liste  della  coalizione  in
proporzione ai voti ottenuti da ciascuna nel collegio uninominale."; 
    - articolo 16, comma 1, lettere c), d), e), f) g), h), i) ed  l):
"c) determina la cifra elettorale di collegio uninominale di ciascuna
lista. Tale cifra e' data dalla  somma  dei  voti  validi  conseguiti
dalla lista stessa nelle  singole  sezioni  elettorali  del  collegio
uninominale e dei voti espressi  a  favore  dei  soli  candidati  nei
collegi uninominali collegati a  piu'  liste  in  coalizione  di  cui
all'articolo 14, comma 2, secondo periodo, attribuiti  alla  lista  a
seguito delle seguenti operazioni: l'ufficio  divide  il  totale  dei
voti validi  conseguiti  da  tutte  le  liste  della  coalizione  nel
collegio uninominale per il numero dei voti  espressi  a  favore  dei
soli candidati nei collegi uninominali,  ottenendo  il  quoziente  di
ripartizione. Divide poi il totale  dei  voti  validi  conseguiti  da
ciascuna lista per tale quoziente.  La  parte  intera  del  quoziente
cosi' ottenuto rappresenta il numero dei voti da assegnare a ciascuna
lista; i voti che rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente
assegnati alle liste per le quali  queste  ultime  divisioni  abbiano
dato  i  maggiori  resti,  secondo  l'ordine  decrescente  dei  resti
medesimi. Nella ripartizione dei voti espressi  in  favore  dei  soli
candidati  nei  collegi  uninominali  collegati  a  piu'   liste   in
coalizione, l'ufficio esclude dal computo i voti espressi  in  favore
della lista rappresentativa di  minoranze  linguistiche  riconosciute
nei  collegi  uninominali  dove  questa  abbia   presentato   proprie
candidature ai sensi dell'articolo 18-bis,  comma  1-bis,  del  testo
unico di cui al decreto del  Presidente  della  Repubblica  30  marzo
1957, n.  361;",  "d)  determina  la  cifra  elettorale  di  collegio
plurinominale di ciascuna lista. Tale cifra e' data dalla somma delle
cifre elettorali di collegio uninominale  di  ciascuna  lista;",  "e)
determina la cifra elettorale percentuale di  collegio  plurinominale
di ciascuna lista. Tale cifra e' data dal quoziente risultante  dalla
divisione  della  cifra  elettorale  di  collegio  plurinominale   di
ciascuna lista per il totale dei voti validi del rispettivo  collegio
plurinominale, moltiplicato  per  cento;",  "f)  determina  la  cifra
elettorale regionale di ciascuna lista.  Tale  cifra  e'  data  dalla
somma delle cifre elettorali di collegio  plurinominale  della  lista
stessa;", "g) determina la cifra elettorale  percentuale  di  ciascun
candidato nel collegio uninominale. Tale cifra e' data dal  quoziente
risultante dalla divisione  della  cifra  elettorale  individuale  di
ciascun candidato per  il  totale  dei  voti  validi  del  rispettivo
collegio uninominale, moltiplicato per cento;",  "h)  determina,  per
ciascuna lista, la graduatoria dei candidati nei collegi  uninominali
della regione non proclamati eletti, disponendoli  nell'ordine  delle
rispettive cifre elettorali individuali  percentuali.  A  parita'  di
cifre individuali percentuali, prevale il piu' giovane  di  eta'.  In
caso di collegamento  dei  candidati  con  piu'  liste,  i  candidati
entrano a far parte della graduatoria relativa a ciascuna delle liste
con cui e' stato  dichiarato  il  collegamento;",  "i)  determina  il
totale dei voti validi della regione. Tale totale e' dato dalla somma
delle cifre elettorali regionali di tutte le  liste;",  "l)  comunica
all'Ufficio elettorale centrale nazionale di cui all'articolo 12  del
testo unico di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  30
marzo 1957, n. 361,  a  mezzo  di  estratto  del  verbale,  la  cifra
elettorale regionale di ciascuna lista nonche'  il  totale  dei  voti
validi della regione."; 
    - articolo 16-bis; 
    - articolo 17; 
    - articolo 17-bis; 
    - articolo 19, comma 2: "2. Nel caso in cui rimanga  vacante  per
qualsiasi  causa,  anche  sopravvenuta,  un  seggio  in  un  collegio
plurinominale si applica l'articolo 86 del testo  unico  delle  leggi
recanti norme per la elezione della Camera dei deputati,  di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361."; 
    - tabelle A e B; 
    c) [...] legge 27 maggio 2019, n. 51, limitatamente alle seguenti
parti: 
    -   articolo   3,   rubrica,   limitatamente   alle   parole   "e
plurinominali"; comma 1, limitatamente alle parole:  "Qualora,  entro
ventiquattro mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della  presente
legge, sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero
dei componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e
57,  secondo  comma,  della   Costituzione,"   e   alle   parole   "e
plurinominali"; comma 2, alinea,  limitatamente  alle  parole  "dalla
data di entrata in  vigore  della  legge  costituzionale  di  cui  al
medesimo comma 1,"; comma 2, lettera a), n.  2),  limitatamente  alla
parola "b),"; comma 2, lettera b), n. 2), limitatamente  alla  parola
"b),"; 
    d) [...] legge  3  novembre  2017,  n.  165,  limitatamente  alle
seguenti parti: articolo 3, rubrica, limitatamente alle parole "e dei
collegi plurinominali"; comma 1, alinea, limitatamente alle parole "e
dei collegi plurinominali"; comma 1, lettera a),  limitatamente  alle
parole "fatto salvo quanto  stabilito  per  la  circoscrizione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste,", alla parola "restanti", alla  parola  "231"
nonche'   alle    parole    "Nelle    circoscrizioni    Trentino-Alto
Adige/Südtirol e Molise sono costituiti, rispettivamente, sei  e  due
collegi  uninominali  come  territorialmente  definiti  dal   decreto
legislativo 20 dicembre 1993,  n.  535,  recante  determinazione  dei
collegi  uninominali  del  Senato  della  Repubblica;"  alla   parola
"altre"; comma 1, lettera b): "b) con esclusione della circoscrizione
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, in ciascuna delle altre  circoscrizioni
del  territorio  nazionale  sono  costituiti  collegi   plurinominali
formati dall'aggregazione di collegi uninominali contigui; il  numero
dei collegi plurinominali costituiti in ciascuna circoscrizione e  il
territorio di ciascuno di  essi  sono  determinati  in  modo  che  in
ciascun  collegio  plurinominale,  sulla   base   della   popolazione
residente calcolata ai sensi  della  lettera  a),  sia  assegnato  un
numero di seggi  determinato  dalla  somma  del  numero  dei  collegi
uninominali che lo costituiscono e di un ulteriore numero  di  seggi,
di norma, non inferiore a tre e non superiore a otto,  in  modo  tale
che tendenzialmente risulti minimo il numero di collegi plurinominali
nei quali e' assegnato un numero di seggi inferiore al valore  medio;
al  Molise  e'  assegnato  un  seggio  da   attribuire   con   metodo
proporzionale ai sensi degli articoli 83 e  83-bis  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  n.  361  del  1957.  Ciascun  collegio
uninominale  della  circoscrizione  e'  compreso   in   un   collegio
plurinominale.  Nelle  circoscrizioni  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
Umbria,  Molise  e  Basilicata  e'  costituito  un   unico   collegio
plurinominale  comprensivo  di  tutti  i  collegi  uninominali  della
circoscrizione;"; comma 1, lettera c), limitatamente alle  parole  "e
di ciascun collegio plurinominale", alla parola "rispettivamente,"  e
alle parole "e dei  collegi  plurinominali";  comma  1,  lettera  d),
limitatamente  alle  parole   "e   nella   formazione   dei   collegi
plurinominali", nonche' alle  parole  "e  i  collegi  plurinominali,"
nonche' all'ultimo periodo: "Fermi  restando  i  principi  e  criteri
direttivi previsti per la determinazione dei  collegi  plurinominali,
nelle circoscrizioni nelle quali il numero dei collegi uninominali e'
pari a quello previsto dal citato decreto legislativo n. 535 del 1993
la formazione dei collegi uninominali e'  effettuata  adottando  come
riferimento, ove possibile, le delimitazioni dei collegi previste dal
medesimo decreto legislativo n.  535  del  1993";  comma  2,  alinea,
limitatamente alle parole  "e  i  collegi  plurinominali";  comma  2,
lettera a), limitatamente alle parole "fatto salvo  quanto  stabilito
per le circoscrizioni Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e  Trentino-Alto
Adige/Südtirol,", alla parola "restanti", alla parola  "109"  nonche'
al secondo periodo: "Il territorio della regione Molise e' costituito
in un unico collegio uninominale." e, al terzo periodo,  alla  parola
"altre";  lettera  b):  "b)  con  esclusione  delle   regioni   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, Trentino-Alto  Adige/Südtirol  e  Molise,  in
ciascuna delle restanti regioni sono costituiti collegi plurinominali
formati dall'aggregazione di collegi uninominali contigui; il  numero
dei  collegi  plurinominali  costituiti  in  ciascuna  regione  e  il
territorio di ciascuno di  essi  sono  determinati  in  modo  che  in
ciascun  collegio  plurinominale,  sulla   base   della   popolazione
residente calcolata ai sensi  della  lettera  a),  sia  assegnato  un
numero di seggi  determinato  dalla  somma  del  numero  dei  collegi
uninominali che lo costituiscono e di un ulteriore numero  di  seggi,
di norma, non inferiore a due e non superiore a otto,  in  modo  tale
che  tendenzialmente   risulti   minimo   il   numero   dei   collegi
plurinominali nei quali e' assegnato un numero di seggi inferiore  al
valore medio. Ciascun collegio uninominale della regione e'  compreso
in un collegio plurinominale;"; lettera c), limitatamente alle parole
"e di ciascun collegio plurinominale", alla parola "rispettivamente,"
nonche' alle  parole  "e  dei  collegi  plurinominali";  lettera  d),
limitatamente  alle  parole   "e   nella   formazione   dei   collegi
plurinominali" e alle parole "e i collegi plurinominali,";  comma  6,
secondo e terzo periodo, limitatamente alle  parole  "e  dei  collegi
plurinominali"», giudizio iscritto al n. 172 del registro referendum. 
    Vista l'ordinanza del 20 novembre 2019  con  la  quale  l'Ufficio
centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione   ha
dichiarato conforme a legge la richiesta; 
    udito nella camera di consiglio del 15 gennaio  2020  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi gli avvocati Enzo Paolini per  Giuseppe  Libutti  e  altri,
Felice Besostri per se' medesimo, per Giuseppe Libutti e  altri,  per
Federico Fornaro in proprio e nella qualita' di legale rappresentante
del gruppo parlamentare della Camera dei deputati "Liberi e  Uguali",
per  Paolo  Maddalena  in  proprio  e  nella   qualita'   di   legale
rappresentante dell'Associazione "Attuare  la  Costituzione",  Pietro
Adami per Massimo Villone in  proprio  e  nella  qualita'  di  legale
rappresentante del "Coordinamento per la Democrazia costituzionale" e
Mario Bertolissi e Giovanni Guzzetta  per  i  delegati  dei  Consigli
regionali di Abruzzo, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia,  Sardegna  e
Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 16 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 20 novembre 2019, depositata in pari  data,
l'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la  Corte  di
cassazione, ai sensi dell'art. 12 della legge 25 maggio 1970, n.  352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla  iniziativa
legislativa del popolo) e  successive  modificazioni,  ha  dichiarato
conforme alle  disposizioni  di  legge  la  richiesta  di  referendum
popolare abrogativo, promossa dai Consigli  regionali  delle  Regioni
Abruzzo,  Basilicata,  Friuli-Venezia  Giulia,  Liguria,   Lombardia,
Piemonte, Sardegna e Veneto, sul quesito di cui in epigrafe. 
    2.- L'Ufficio centrale per il referendum ha attribuito al quesito
il   seguente   titolo:   «Abolizione   del   metodo    proporzionale
nell'attribuzione dei seggi  in  collegi  plurinominali  nel  sistema
elettorale della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica». 
    3.- Ricevuta comunicazione dell'ordinanza  dell'Ufficio  centrale
per il  referendum,  il  Presidente  della  Corte  costituzionale  ha
fissato, per la conseguente deliberazione, la camera di consiglio del
15 gennaio 2020,  disponendo  che  ne  fosse  data  comunicazione  ai
presentatori della  richiesta  di  referendum  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo  comma,  della
legge n. 352 del 1970. 
    4.- In prossimita' della data fissata per la camera di consiglio,
i Consigli regionali richiedenti hanno depositato una memoria,  nella
quale, dopo un'ampia premessa sulla  natura  e  sulle  finalita'  del
referendum abrogativo e, in particolare, su quello avente ad  oggetto
leggi  elettorali,   argomentano   a   sostegno   dell'ammissibilita'
dell'odierno quesito. 
    Al riguardo, i Consigli promotori sottolineano come  l'esito  del
referendum  consista  in  una  «espansione  della  disciplina,   gia'
esistente, ma limitata solo ad una quota di  seggi,  che  prevede  un
meccanismo elettorale di tipo uninominale maggioritario a un  turno».
Precisano, altresi', che i quattro complessi  normativi  oggetto  del
quesito  sarebbero  «avvinti  da  una  matrice  unitaria,  in  quanto
strumentali  a  perseguire  il   fine   intrinseco   della   volonta'
abrogatrice». 
    4.1.-  Quanto   al   «problema   dell'auto-applicativita'   della
disciplina residuale», la scelta  di  integrare  il  quesito  con  la
proposta abrogativa di alcune disposizioni dell'art. 3 della legge 27
maggio 2019, n.  51  (Disposizioni  per  assicurare  l'applicabilita'
delle leggi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari)
troverebbe fondamento nell'«esigenza di evitare il rischio  di  vuoto
normativo, quale esito del pronunciamento popolare». In  particolare,
la norma di delega contenuta nel citato art. 3 avrebbe «una finalita'
immediata (rectius: un'occasio legis) consistente nell'evitare che la
modifica costituzionale in questione [...] possa  riflettersi  su  un
assetto normativo tale da rendere la  vigente  disciplina  elettorale
inapplicabile, attesa la riduzione del numero dei seggi  parlamentari
e  la  necessita'  di  una   ridefinizione   dei   relativi   collegi
elettorali».  Secondo  la  difesa  dei  Consigli  regionali,  «[t]ale
obiettivo, perseguito dalla menzionata legge, pero',  si  iscrive  in
una cornice teleologica piu' ampia;  una  finalita',  per  dir  cosi'
mediata, ascrivibile, appunto,  al  principio  per  il  quale  nessun
evento  normativo  incidente  sulla   legislazione   elettorale   sia
tollerabile  dall'ordinamento  costituzionale   allorche'   da   esso
discenda  rischio  di  paralisi   di   funzionamento   degli   organi
costituzionali cui la legislazione elettorale si riferisce». In altri
termini, «la ratio ultima della disciplina, di cui all'art.  3  della
legge n. 51/2019, e' pur sempre quella di evitare vuoti normativi  in
materie su cui operano leggi costituzionalmente necessarie». 
    Alla luce di queste considerazioni l'inserimento nella  richiesta
referendaria anche di questa disposizione sarebbe stato, in un  certo
senso, obbligato, «proprio  per  assicurare  coerenza  all'intervento
abrogativo (la  matrice  razionalmente  unitaria)  e  scongiurare  il
rischio di una normativa di risulta  non  auto-applicativa»,  con  la
conseguenza che la mancata integrazione di  questa  disposizione  nel
quesito «avrebbe determinato un vulnus in termini  di  omogeneita'  e
coerenza dello stesso». 
    Si  sarebbe  cosi'  proceduto  «ad  un  intervento  "chirurgico",
finalizzato  a  far  espandere,  a   seguito   dell'abrogazione,   le
potenzialita' normative gia' insite nella legislazione  "aggredita"».
Tale "espansione" delle «virtualita' applicative  della  delega»,  al
fine  di   «ampliare   lo   spettro   della   propria   potenzialita'
teleologica», sarebbe stata realizzata attraverso l'abrogazione della
disposizione  che  condiziona  la  delega  «alla  "sola"  circostanza
dell'approvazione di una legge costituzionale di modifica [del numero
dei  parlamentari]».  In  questo  modo,  a   seguito   dell'eventuale
abrogazione  referendaria,  «la  delega  potra'   essere   utilizzata
"anche", ma non "solo", per dare copertura  legislativa  (elettorale)
alla   riforma   costituzionale».   In    definitiva,    l'intervento
manipolativo si muoverebbe «all'interno dei limiti  consentiti  dalla
giurisprudenza costituzionale, in  quanto  non  si  [proporrebbe]  un
ritaglio finalizzato a propiziare una "saldatura" tra  due  frammenti
lessicali appartenenti a due norme completamente  diverse.  [...]  Al
contrario, la disciplina risultante [deriverebbe] "dalla  fisiologica
espansione  delle  norme  residue,  o   dai   consueti   criteri   di
autointegrazione dell'ordinamento"» (e' richiamata la sentenza n.  36
del 1997). 
    4.2.- Cio' chiarito, la difesa dei promotori ritiene che non  sia
imputabile  al  quesito  referendario   alcun   rischio   di   «vuoto
normativo», giacche' l'aver ricompreso nella richiesta anche la norma
di delega consentirebbe  di  «scongiurare  un  vuoto  normativo  come
diretta conseguenza del  referendum».  Sul  punto  la  stessa  difesa
sottolinea come non possa essere imposto ai promotori  di  perseguire
tale obiettivo «in una modalita' piu' gravosa di quanto e' consentito
al   legislatore   parlamentare»;   in    sostanza,    «il    quesito
[assicurerebbe]  l'auto-applicativita',  tanto  quanto  -   e   nelle
condizioni in cui - essa e' assicurata dalla  legislazione  vigente».
Infatti, il rischio di inerzia governativa «sussiste[rebbe]  comunque
(indipendentemente dallo svolgimento del referendum abrogativo),  con
riferimento al "seguito" dell'eventuale riforma costituzionale». 
    Ne' si  potrebbe  obiettare  che  «l'utilizzo  della  delega  per
assicurare l'operativita' della disciplina di risulta del  referendum
finirebbe  inevitabilmente  per   "consumare"   la   delega   stessa,
determinando l'impossibilita' di un intervento per l'attuazione della
riforma   costituzionale».   Sempre   secondo   i   promotori,    «la
sovrapposizione cronologica  tra  i  due  procedimenti  in  questione
consentirebbe, in concreto, di coordinare l'applicazione, di tal che'
l'intervento  del  legislatore  delegato  potrebbe  tener  conto   di
entrambi gli esiti dei procedimenti».  A  tal  fine,  la  difesa  dei
Consigli regionali svolge «una ricognizione della scansione temporale
dei procedimenti considerando gli scenari estremi, a seconda  che  la
riforma costituzionale entri in vigore immediatamente o sia,  invece,
depositata richiesta di referendum approvativo». 
    All'esito di tale ricognizione i promotori rilevano  che  sarebbe
«perfettamente possibile coordinare i procedimenti [...] al  fine  di
consentire al Governo di procedere all'esercizio  della  delega  alla
luce di entrambi i risultati degli eventuali  referendum,  calibrando
cosi' la confezione del decreto legislativo in modo  coerente  con  i
risultati  medesimi».  Si  tratterebbe,  quindi,  di   operare   solo
«aggiustamenti pratici, che non possono essere  considerati  ostativi
rispetto all'esigenza  di  assicurare  l'esercizio  della  sovranita'
popolare mediante il referendum abrogativo». 
    4.3.- In subordine, la difesa dei  Consigli  regionali  eccepisce
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 37,  terzo  comma,  secondo
periodo, della legge n. 352 del 1970, per il caso  in  cui  la  Corte
costituzionale    ritenesse    non    soddisfatto     il     criterio
dell'auto-applicativita' della normativa di risulta. In proposito,  i
promotori ricordano di aver sollevato conflitto di  attribuzione  nei
confronti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati  in
relazione alla disposizione anzidetta, precisando che l'eccezione  di
illegittimita' costituzionale e' formulata per  il  caso  in  cui  la
Corte non accogliesse il conflitto tra poteri. 
    4.3.1.-  Quanto  all'asserita  incostituzionalita',  i  promotori
richiamano la  giurisprudenza  costituzionale  che,  nell'ipotesi  di
referendum abrogativi attinenti a leggi costituzionalmente necessarie
e, in particolare, a leggi elettorali, ha ripetutamente affermato che
gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale «non  possono
essere esposti alla eventualita', anche soltanto teorica, di paralisi
di funzionamento» (sentenza n. 29 del 1987), con la  conseguenza  che
questi referendum devono riguardare solo parti di tali leggi, in modo
che residui «una normativa complessivamente  idonea  a  garantire  il
rinnovo,  in  ogni  momento,  dell'organo  costituzionale   elettivo»
(sentenza n. 15 del 2008, ma sono richiamate anche altre pronunzie in
termini analoghi). 
    Dall'esame  di  questa  giurisprudenza  la  difesa  dei  Consigli
regionali deduce che «il principio  della  "perdurante  operativita'"
degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale dispiega  una
pregnante  portata   assiologica,   ostando   all'ammissibilita'   di
referendum abrogativi su leggi elettorali,  tutte  le  volte  che  il
relativo   quesito   non   assicuri   una   normativa   di    risulta
"auto-applicativa"».  Proprio  la  considerazione   che   l'eventuale
difetto  di  «autosufficienza»  della  normativa  di  risulta   possa
determinare «il sacrificio integrale del contrapposto  interesse  dei
promotori  e  dei  cittadini,   rispettivamente,   a   dare   impulso
all'iniziativa referendaria e a pronunciarsi mediante l'esercizio del
suffragio»,  renderebbe  ineludibile  -   secondo   i   promotori   -
«ricondurre il bilanciamento tra i principi costituzionali menzionati
[...] entro canoni di "ragionevolezza" e "proporzionalita'"». 
    In proposito, la difesa dei Consigli regionali  riconosce  che  i
criteri di ammissibilita' dei referendum enucleati  da  questa  Corte
«condizionano, e precedono, logicamente, il perimetro  dell'interesse
tutelato (vale a dire, il diritto-potere al  referendum)»;  tuttavia,
«trattandosi di parametri ricavati, per via ermeneutica, da "esigenze
supreme" dell'ordinamento giuridico-costituzionale», la stessa difesa
ritiene necessario «interrogarsi sul "peso"  che,  nella  valutazione
operata, si sarebbe dovuto - e si dovrebbe  -  attribuire  proprio  a
quell'interesse,  quale  corollario  del  principio   di   sovranita'
popolare». 
    In altre parole, si ritiene che questa Corte non possa  accordare
«preferenza  assoluta,  esclusiva  e  assorbente»  al  principio   di
«costante operativita'» degli  organi  costituzionali  e  di  rilievo
costituzionale,  che  per  questo  verso  diverrebbe  «tiranno»   nei
confronti di altre situazioni giuridiche riconosciute e tutelate,  ma
debba bilanciare la tutela di siffatto principio con quella di  altri
interessi  di  pari  rango,  tra  cui  quello  allo  svolgimento  del
referendum. Sempre attraverso il richiamo  a  numerose  pronunce,  la
difesa  dei  Consigli  regionali  rileva   come   la   giurisprudenza
costituzionale  sia  «approdata,  attraverso  la  valorizzazione  del
canone  di  proporzionalita',  quale  riflesso  del   piu'   generale
principio di ragionevolezza, alla dottrina  del  "vincolo  del  minor
sacrificio  possibile",  come  regola  di   sindacato   (e   censura)
sull'utilizzo della discrezionalita' legislativa». 
    Di  questa  dottrina  non  vi  sarebbe  traccia,   pero',   nella
giurisprudenza relativa all'ammissibilita' dei referendum  abrogativi
su   leggi   elettorali,    sebbene    il    vincolo    rappresentato
dall'«autosufficienza» della normativa di risulta comporti  -  sempre
secondo  i  promotori  -  «una  limitazione  estrema  a  carico   del
diritto-potere al referendum, sancito  dall'art.  75  Cost.».  Questa
considerazione sarebbe aggravata dalla considerazione che,  nel  caso
delle leggi costituzionalmente necessarie,  il  legislatore  potrebbe
costruire la struttura dell'atto normativo in modo tale da  impedire,
di  fatto,  un  intervento  manipolativo  capace  di   garantire   la
sopravvivenza  di  una  normativa   di   risulta   «autosufficiente».
Pertanto, la possibilita' di  esercitare  i  «diritti  di  democrazia
diretta»   sarebbe   rimessa   alla   «totale   disponibilita'    del
"controinteressato"  all'iniziativa  referendaria,  il  Legislatore»,
«grazie  ad   un'applicazione   "opportunistica"   dell'usbergo   del
principio di "costante operativita'" degli organi costituzionali e di
rilievo costituzionale». 
    L'esigenza di tener conto della dottrina del «vincolo  del  minor
sacrificio possibile», che costituirebbe «la premessa  "metodologica"
indispensabile»  per  bilanciare   il   principio   della   «costante
operativita'» con quello di sovranita' popolare,  si  tradurrebbe  in
concreto nella necessita' di una «modulazione degli effetti temporali
dell'abrogazione  referendaria».  In  particolare,   il   «punto   di
equilibrio normativo» e' individuato  dai  Consigli  regionali  nella
«previsione della sospensione dell'entrata in vigore dell'abrogazione
referendaria, sino all'adozione,  ad  opera  del  Legislatore,  delle
misure  applicative,  che  ne   rendano   gli   effetti   interamente
operativi». 
    In proposito, i promotori sostengono  che  la  sospensione  degli
effetti  dell'abrogazione   referendaria   «non   rappresent[i]   una
fattispecie  meramente  ipotetica,  tra  le  possibili  soluzioni  di
bilanciamento tra principi costituzionali in gioco» e richiamano, sul
punto, quanto previsto dall'art. 37, terzo  comma,  secondo  periodo,
della legge  n.  352  del  1970  e  quanto  eccezionalmente  disposto
dall'art. 2 della legge 7 agosto 1987, n. 332 (Deroghe alla legge  25
maggio 1970, n.  352,  in  materia  di  referendum).  Nella  medesima
prospettiva  si  inquadrerebbero  anche  le  disposizioni   contenute
nell'art. 10 della legge 4 agosto 1993, n. 276 (Norme per  l'elezione
del Senato della Repubblica) e nell'art.  10  della  legge  4  agosto
1993, n. 277 (Nuove norme per l'elezione della Camera dei  deputati),
con  le  quali  veniva  introdotta  una  disciplina  transitoria  che
subordinava la produzione  dell'effetto  abrogativo  della  pregressa
disciplina elettorale all'entrata in vigore di quella di attuazione. 
    Gli     eventuali     inconvenienti     applicativi     derivanti
dall'introduzione di una nuova disciplina  sarebbero  stati  risolti,
dunque,  «attraverso  la  scelta,  propria   della   discrezionalita'
legislativa, di utilizzare  l'istituto  della  condizione  sospensiva
dell'operativita'  della  novella,  in  modo   tale   da   bilanciare
l'interesse e/o valore  riconducibile  all'esercizio  della  funzione
legislativa  stessa  con  quello  della  "continuita'"  degli  organi
costituzionali e di rilievo costituzionale». 
    Da tutto questo i  promotori  traggono  argomenti  per  censurare
l'assenza nella legge n. 352 del 1970 di «un dispositivo  che,  nella
logica  del  bilanciamento  -  ragionevole  e  proporzionato  -   tra
interessi  e/o  valori  costituzionali  confliggenti,  contempli   la
sospensione degli effetti dell'abrogazione, sino  all'adozione  della
disciplina necessaria al fine di garantire l'"autosufficienza"  della
normativa di risulta,  si'  da  attenuare  l'entita'  del  sacrificio
(attualmente integrale)  a  carico  del  principio  della  sovranita'
popolare a vantaggio di quello della  "costante  operativita'"  degli
organi  costituzionali  e  di  rilievo  costituzionale,  permettendo,
comunque, al corpo elettorale di esprimersi e manifestare la  propria
(eventuale) volonta' abrogatrice». 
    La disciplina recata dall'art. 37, terzo comma, secondo  periodo,
della legge n. 352  del  1970  costituirebbe  dunque  «una  soluzione
irragionevole - e, percio', costituzionalmente illegittima  -,  nella
misura in cui, nella sua attuale formulazione, non e' in grado di far
fronte - per il caso di approvazione di un referendum  abrogativo  da
cui scaturisca una normativa non "autoapplicativa" -  al  rischio  di
una  lesione  integrale  del  bene   giuridico   della   "continuita'
funzionale" delle istituzioni coinvolte, a meno  di  non  rinunziare,
completamente, alla tutela del principio di sovranita' popolare». 
    La difesa dei Consigli regionali ricorda come, in  occasione  del
giudizio di ammissibilita' del referendum, deciso con la sentenza  n.
13  del   2012,   l'allora   Comitato   promotore   avesse   eccepito
l'incostituzionalita' dell'art. 37,  terzo  comma,  secondo  periodo,
della legge n.  352  del  1970,  chiedendo  a  questa  Corte,  previa
rimessione davanti a se'  della  relativa  questione,  di  dichiarare
l'illegittimita'  parziale  di  tale  disposizione.  L'eccezione  era
stata, tuttavia, respinta, in quanto manifestamente infondata poiche'
l'eventuale accoglimento, oltre a rimettere alla  mera  volonta'  dei
parlamentari la determinazione del momento di produzione dell'effetto
abrogativo del referendum, avrebbe comportato, in caso di inerzia del
legislatore e di ripetute reiterazioni,  «una  grave  incertezza  che
esporrebbe organi costituzionali  a  una  paralisi  di  funzionamento
anche solo teorica e temporanea». 
    Per questa ragione, con la loro nuova eccezione di illegittimita'
costituzionale,  i  Consigli  regionali  sollecitano  un   intervento
additivo,  che  estenda  la  previsione  della  sospensione,  di  cui
all'art. 37, comma 3, secondo periodo, della legge n. 352  del  1970,
«rendendola automatica, e a tempo indeterminato, per il caso  in  cui
la  normativa   di   risulta   non   sia   "auto-applicativa",   sino
all'adozione,  da  parte  del  Legislatore,  delle  misure  attuative
sufficienti  ad  assicurare  la  piena   operativita'   della   legge
costituzionalmente   necessaria,   e,   segnatamente,   della   legge
elettorale stessa». 
    La difesa dei Consigli regionali esclude,  inoltre,  che  abbiano
fondamento le possibili obiezioni secondo cui  l'intervento  additivo
richiesto alla Corte rischierebbe - in caso  di  persistente  inerzia
del legislatore - di pregiudicare il bene della  vita  che  si  vuole
perseguire mediante il referendum e sarebbe dubbia l'esistenza stessa
di un obbligo, a carico del  Parlamento,  di  intervenire  nel  senso
richiesto  dai  promotori.  L'eventuale  omissione  del   legislatore
integrerebbe, infatti, «una fattispecie indiretta di  violazione  del
limite [...] per il quale la disciplina abrogata per via popolare  e'
da reputarsi superata e non piu' "ripristinabile"». 
    In altre parole, il legislatore, «per non trasgredire il  divieto
di ripristino  (di  cui  il  mantenimento  in  vigore  costituirebbe,
palesemente, una variante "in frode"  al  divieto  stesso)»,  sarebbe
obbligato a introdurre le misure attuative dell'esito referendario  o
ad adottare una nuova disciplina sostanzialmente  diversa  da  quella
abrogata. Di conseguenza, la mera inerzia esporrebbe  il  legislatore
alla censura della responsabilita' politica, ma  costituirebbe  anche
un comportamento «antigiuridico, in quanto commesso  in  spregio  dei
principi costituzionali in tema di "seguito" referendario». 
    I  Consigli  regionali   sottolineano,   da   ultimo,   che   non
mancherebbero  gli  strumenti  volti  a  stimolare  l'intervento  del
legislatore: innanzitutto,  i  promotori  del  referendum  potrebbero
proporre un conflitto interorganico contro  l'omissione  legislativa,
ben  potendosi  considerare  legittimati  ad  agire,  in  quanto   il
procedimento referendario non potrebbe dirsi effettivamente  esaurito
in ragione della  sospensione  dell'effetto  abrogativo;  in  secondo
luogo, il Presidente della  Repubblica  potrebbe  esercitare  il  suo
potere di messaggio e di esternazione o addirittura  di  scioglimento
delle  Camere,  saldandosi,  in  questo  caso,   la   responsabilita'
giuridica da inadempimento  con  la  verifica  della  responsabilita'
politica. 
    5.- In prossimita' della data fissata per la camera di consiglio,
sono stati depositati quattro atti di intervento  ad  opponendum,  di
identico  contenuto,   da   parte   dell'on.   F.   Fornaro,   legale
rappresentante del gruppo parlamentare "Liberi e Uguali" alla  Camera
dei  deputati,  del  prof.  P.   Maddalena,   legale   rappresentante
dell'associazione di promozione sociale  "Attuare  la  Costituzione",
dell'on. prof. M. Villone,  legale  rappresentante  dell'associazione
politica  "Coordinamento  per  la  democrazia  costituzionale",   dei
signori G. Libutti, prof. A.D.G. Ferrara, F. Astengo, R.  Biscardini,
avv. F. Besostri, sen. G. De Falco, L.A. Belli Paci, avv. E. Paolini,
tutti anche in proprio. 
    5.1.-  Gli  atti  di  intervento  prendono  le  mosse  da  alcune
considerazioni di  carattere  generale  sull'importanza  della  legge
elettorale nel sistema istituzionale, da cui viene  fatta  discendere
la   inammissibilita'   di   quesiti    referendari    eccessivamente
manipolativi. Gli intervenienti si soffermano lungamente sui principi
di univocita', omogeneita' e chiarezza elaborati dalla giurisprudenza
costituzionale in sede di ammissibilita' del  referendum  abrogativo.
In particolare, richiamano poi il  principio  di  auto-applicativita'
della normativa di risulta, delineato dalla Corte costituzionale  con
specifico riferimento alla materia elettorale. 
    Sono,  poi,  prese  in  esame  le  disposizioni  di   delegazione
legislativa inserite nel quesito referendario dai Consigli  regionali
promotori al fine di assicurare l'auto-applicativita' della normativa
di risulta,  rendendo  possibile  l'esercizio  della  delega  per  la
definizione dei collegi elettorali da parte del  Governo.  Sul  punto
gli  intervenienti  sollevano  diverse  censure  per  violazione:  a)
dell'art. 76 Cost., in relazione sia al termine  di  esercizio  della
delega, che sarebbe modificato,  sia  all'oggetto  della  stessa,  in
quanto  il  Governo  e'  delegato  dalla  legge  n.  51  del  2019  a
ridisegnare  i  collegi  in  caso  di  approvazione  della  revisione
costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, che, infine, ai
principi e  criteri  direttivi,  in  quanto  sono  richiamati  quelli
dettati dalla legge n. 165 del 2017, che  contiene  una  delega  gia'
esercitata; b) dell'art. 77, primo comma, Cost., poiche'  il  quesito
in esame conferirebbe al Governo la  potesta'  legislativa  delegata,
che solo il Parlamento - e non il corpo elettorale -  puo'  conferire
all'esecutivo; c) dell'art.  76  Cost.,  in  quanto  il  termine  per
l'esercizio della delega legislativa contenuta nella legge n. 165 del
2017 sarebbe spirato e la delega gia' esercitata; d) degli artt. 70 e
77 Cost., poiche'  il  corpo  elettorale  in  sede  referendaria  non
potrebbe conferire al  Governo  alcuna  delega  legislativa;  e)  dei
criteri di univocita', omogeneita' e chiarezza, in quanto il  quesito
referendario ometterebbe l'abrogazione  di  alcuni  riferimenti  alle
liste dei candidati per i collegi  plurinominali;  f)  dell'art.  51,
primo comma, secondo periodo, Cost., poiche' il quesito  eliminerebbe
le disposizioni  dirette  a  favorire  la  parita'  di  genere  nelle
candidature. 
    Gli intervenienti analizzano, inoltre, il rapporto tra il  numero
di elettori e il numero di  eletti  che  verrebbe  a  determinarsi  a
seguito  dell'approvazione  della  revisione   costituzionale   sulla
riduzione dei parlamentari e mettono  in  evidenza  come  esso  possa
condurre gli elettori a valutazioni diverse  sul  sistema  elettorale
della Camera dei deputati rispetto  a  quello  per  il  Senato  della
Repubblica, data la perdurante previsione costituzionale  che  impone
l'elezione su base regionale di quest'ultimo. Inoltre,  gli  atti  di
intervento accennano alla  necessita'  di  assicurare  rappresentanza
alle minoranze linguistiche presenti  in  diverse  Regioni  italiane,
oltre che nelle Province autonome di Trento e Bolzano.  L'insieme  di
queste considerazioni dovrebbe indurre a ritenere carente il  quesito
sotto i profili della univocita' e chiarezza, posto che la  normativa
elettorale di entrambi i rami del  Parlamento  viene  ricompresa  nel
medesimo quesito. 
    Gli intervenienti sottolineano come il conflitto di  attribuzione
proposto da alcuni dei Consigli regionali promotori abbia lo scopo di
far dichiarare la non spettanza alle Camere del potere di omettere la
previsione della disposizione  dell'art.  37,  terzo  comma,  secondo
periodo, della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui non  prevede
la sospensione  de  jure  degli  effetti  del  referendum  approvato,
condizionata all'adozione delle misure applicative sufficienti per la
piena  operativita'  della  legge  costituzionalmente  necessaria  e,
segnatamente, della legge elettorale per gli organi costituzionali  e
di rilievo  costituzionale,  con  conseguente  parziale  annullamento
della disposizione in parola. Il conflitto di  attribuzione  proposto
rappresenterebbe, per gli intervenienti, un riconoscimento della  non
auto-applicativita' della normativa di risulta, da cui  discenderebbe
l'inevitabile inammissibilita' del quesito referendario. 
    Negli atti di intervento si propone che la Corte  costituzionale,
in sede di giudizio sulla ammissibilita' del referendum abrogativo in
esame, sollevi questioni di costituzionalita' dinanzi a se' stessa su
diverse   disposizioni   della   normativa   oggetto   del    quesito
referendario: 1) la prima censura riguarda le norme  sulla  nomina  e
sulla composizione della Commissione di  cui  dovrebbe  avvalersi  il
Governo nella designazione dei  collegi  elettorali,  come  stabilito
dall'art. 3 della legge n. 51 del 2019 e dall'art. 3, comma 2,  della
legge n. 165 del 2017; viene, inoltre,  censurata  la  procedura  che
tale  Commissione  dovrebbe  seguire  nel   determinare   i   collegi
elettorali; 2) la seconda questione ha ad oggetto l'impossibilita'  -
derivante dai commi 4, 19 e 21 dell'art. 1 della  legge  n.  165  del
2017 - per gli elettori di esprimere un voto disgiunto per l'elezione
dei candidati al collegio uninominale e per i candidati  nelle  liste
proporzionali a questi collegate; a tal fine,  si  sostiene  che,  in
caso di autorimessione di una questione  di  costituzionalita'  sulle
norme oggetto del quesito referendario, dovrebbe  essere  sospeso  il
giudizio di ammissibilita' del referendum, in quanto i termini di cui
alla legge n. 352 del 1970 non sarebbero perentori, purche'  non  sia
impedita la celebrazione della consultazione referendaria nel periodo
compreso tra il 15 aprile e il 15 giugno. 
    5.2.- Infine, gli  intervenienti  allegano  ai  propri  atti  uno
schema delle  censure  di  incostituzionalita'  relative  al  sistema
elettorale disciplinato nella legge n. 165 del 2017. In  particolare,
lamentano  l'incostituzionalita'  della  quota   maggioritaria,   che
produrrebbe una distorsione dei risultati elettorali, accentuata  dal
collegamento  obbligato  tra  seggi  uninominali  e  liste   bloccate
proporzionali. I dubbi sollevati si aggraverebbero e  acquisterebbero
ancor piu' evidenza  qualora  venisse  definitivamente  approvata  la
revisione costituzionale sulla riduzione del numero dei  parlamentari
e nell'ipotesi in cui dovesse entrare in vigore il sistema  delineato
dal   quesito   referendario.   Le   eccezioni   di    illegittimita'
costituzionale  vengono  riassunte  in  base  ai  seguenti  parametri
invocati: 1) l'art. 48 Cost. sarebbe violato sotto  i  profili  della
liberta' del voto, a causa della impossibilita' di esprimere il  voto
disgiunto   tra   candidati   al   collegio   uninominale   e   liste
proporzionali,  della  uguaglianza  del  voto,   in   ragione   della
sussistenza delle soglie di  sbarramento  e  della  personalita'  del
voto, per la previsione delle liste  bloccate;  2)  l'art.  51  Cost.
verrebbe leso in quanto non sarebbe assicurata la parita'  di  genere
nelle candidature; 3) la base regionale prevista  all'art.  57  Cost.
verrebbe violata  dalla  previsione  di  una  soglia  di  sbarramento
nazionale per l'elezione del  Senato;  4)  gli  artt.  3  e  6  Cost.
sarebbero  violati  poiche'   la   legge   elettorale   vigente   non
assicurerebbe parita' nell'accesso alla rappresentanza alle minoranze
linguistiche di Regioni diverse dal Trentino-Alto Adige/Südtirol;  5)
il principio di eguaglianza del voto sarebbe leso dalle  norme  sulla
elezione  per  la  Camera   dei   deputati   per   il   Trentino-Alto
Adige/Südtirol,  in  quanto  i  deputati   eletti   tramite   collegi
uninominali  sarebbero  i  sei  undicesimi,  invece  dei  tre  ottavi
previsti per tutto il territorio nazionale; 6) il principio  per  cui
il candidato in una circoscrizione  non  puo'  essere  danneggiato  o
favorito dai voti in altre circoscrizioni sarebbe violato  in  quanto
la legge elettorale oggetto di  referendum  consentirebbe  l'elezione
dei candidati al Senato attraverso il  recupero  dei  resti  ottenuti
dalla medesima lista in altre Regioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il presente giudizio  ha  a  oggetto  l'ammissibilita'  della
richiesta di referendum popolare dichiarata legittima  con  ordinanza
del  20  novembre  2019  dell'Ufficio  centrale  per  il  referendum,
costituito presso la Corte di cassazione. 
    La  richiesta  di  referendum  popolare,  promossa  dai  Consigli
regionali delle Regioni Abruzzo, Basilicata,  Friuli-Venezia  Giulia,
Liguria,  Lombardia,  Piemonte,  Sardegna  e  Veneto,  ha  a  oggetto
l'abrogazione di alcune disposizioni del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361
(Approvazione del testo  unico  delle  leggi  recanti  norme  per  la
elezione della Camera  dei  deputati),  del  decreto  legislativo  20
dicembre 1993, n. 533 (Testo unico  delle  leggi  recanti  norme  per
l'elezione del Senato della Repubblica), della legge 27 maggio  2019,
n. 51  (Disposizioni  per  assicurare  l'applicabilita'  delle  leggi
elettorali indipendentemente dal numero  dei  parlamentari)  e  della
legge 3 novembre 2017, n. 165 (Modifiche al sistema di elezione della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al  Governo
per  la  determinazione  dei   collegi   elettorali   uninominali   e
plurinominali). 
    2.- In via preliminare, si deve rilevare  che,  nella  camera  di
consiglio del 15 gennaio 2020, questa Corte ha  disposto,  come  gia'
avvenuto piu' volte in passato,  sia  di  consentire  l'illustrazione
orale  delle  memorie  depositate  dai  soggetti   presentatori   del
referendum ai sensi dell'art. 33, terzo comma, della legge 25  maggio
1970, n. 352 (Norme sui  referendum  previsti  dalla  Costituzione  e
sulla iniziativa legislativa del popolo), sia -  prima  ancora  -  di
ammettere gli  scritti  presentati  da  soggetti  diversi  da  quelli
contemplati dalla disposizione citata, e  tuttavia  interessati  alla
decisione  sull'ammissibilita'  delle  richieste  referendarie,  come
contributi contenenti  argomentazioni  ulteriori  rispetto  a  quelle
altrimenti a disposizione della Corte (ex plurimis: sentenze n. 5 del
2015, n. 13 del 2012, n. 28, n. 27, n. 26, n. 25 e n. 24 del 2011, n.
17, n. 16 e n. 15 del 2008). 
    Tale ammissione, che viene qui confermata, non si traduce  in  un
diritto di questi soggetti di  partecipare  al  procedimento  -  che,
comunque,  «deve  tenersi,  e  concludersi,  secondo  una   scansione
temporale definita» (sentenza n. 31 del 2000) - e  di  illustrare  le
relative tesi in camera di consiglio, ma comporta  solo  la  facolta'
della  Corte,  ove  lo  ritenga  opportuno,   di   consentire   brevi
integrazioni orali degli scritti,  come  e'  appunto  avvenuto  nella
camera di consiglio del 15 gennaio 2020, prima che i soggetti di  cui
al citato art. 33 illustrino le rispettive posizioni. 
    3.- Sempre in  via  preliminare,  occorre  definire  il  contesto
normativo nel quale si collocano le disposizioni oggetto del  quesito
referendario. 
    3.1.- Il d.P.R. n. 361 del 1957 e il  d.lgs.  n.  533  del  1993,
recanti, rispettivamente, i testi unici delle leggi elettorali  della
Camera dei  deputati  e  del  Senato  della  Repubblica,  sono  stati
novellati, da ultimo, proprio dagli  ulteriori  due  testi  normativi
oggetto, in parte, del quesito referendario (legge n. 165 del 2017  e
legge n. 51 del 2019). 
    3.2.- Piu' precisamente, la legge n. 165 del 2017  ha  modificato
il meccanismo di elezione dei membri della Camera dei deputati e  del
Senato  della  Repubblica,  prevedendo,  per  entrambi  i  rami   del
Parlamento, un sistema elettorale misto a prevalenza proporzionale. 
    Alla Camera il territorio nazionale  e'  cosi'  ripartito  in  28
circoscrizioni. Per alcune circoscrizioni il territorio coincide  con
quello dell'intera Regione, mentre negli  altri  casi  il  territorio
regionale   e'   ripartito   in   piu'    circoscrizioni.    Ciascuna
circoscrizione e' suddivisa in collegi uninominali e in  uno  o  piu'
collegi plurinominali.  I  231  collegi  uninominali  del  territorio
nazionale sono ripartiti in ciascuna circoscrizione sulla base  della
popolazione (cui si aggiunge il collegio  uninominale  della  Regione
autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste).  Per  l'assegnazione   del
restante  numero   di   seggi,   con   metodo   proporzionale,   ogni
circoscrizione e' ripartita in collegi plurinominali costituiti dalla
aggregazione del territorio di collegi uninominali  contigui  e  tali
che a ciascuno di essi sia assegnato, di norma, un  numero  di  seggi
non inferiore a tre e non superiore a otto. 
    Al  Senato  il  territorio   nazionale   e'   ripartito   in   20
circoscrizioni corrispondenti al territorio di ciascuna Regione. Ogni
circoscrizione regionale e' suddivisa in collegi uninominali e in uno
o  piu'  collegi  plurinominali.  I  109  collegi   uninominali   del
territorio nazionale sono ripartiti in ciascuna circoscrizione  sulla
base della popolazione  (ad  essi  si  aggiungono  1  collegio  nella
Regione autonoma Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e  6  collegi  nella
Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol). Al Senato  i  collegi
plurinominali sono costituiti dalla aggregazione  del  territorio  di
collegi uninominali contigui e  tali  che  a  ciascuno  di  essi  sia
assegnato, di norma, un numero di seggi non inferiore  a  due  e  non
superiore a otto. 
    Al totale dei seggi cosi' assegnati si aggiungono 12 deputati e 6
senatori eletti nella circoscrizione Estero. 
    A  seguito  dell'introduzione  del   sistema   elettorale   cosi'
sinteticamente descritto, si e' reso necessario determinare i collegi
uninominali e quelli plurinominali; e a  tale  fine  l'art.  3  della
legge n. 165 del 2017 recava  una  norma  di  delega,  che  e'  stata
esercitata dal Governo con il decreto legislativo 12  dicembre  2017,
n. 189  (Determinazione  dei  collegi  elettorali  della  Camera  dei
deputati e del Senato della Repubblica, in attuazione dell'articolo 3
della legge 3 novembre 2017, n. 165, recante modifiche al sistema  di
elezione della Camera dei deputati e  del  Senato  della  Repubblica.
Delega al  Governo  per  la  determinazione  dei  collegi  elettorali
uninominali e plurinominali). 
    3.3.- La legge n. 51 del 2019  reca,  invece,  «Disposizioni  per
assicurare l'applicabilita' delle leggi elettorali  indipendentemente
dal numero dei parlamentari». Questa legge, pur novellando  il  testo
unico delle leggi elettorali per la Camera  (all'art.  1)  e  per  il
Senato (all'art. 2), non modifica il meccanismo di trasformazione dei
voti in seggi, ma si limita a introdurre una  serie  di  disposizioni
dirette ad assicurare l'applicabilita' delle leggi elettorali vigenti
«indipendentemente dal numero dei parlamentari». 
    Dalla relazione illustrativa del relativo disegno di legge e  dai
lavori preparatori si evince chiaramente che la  legge  in  parola  -
destinata  a  trovare  applicazione,   teoricamente,   in   caso   di
qualsivoglia  modifica  del  numero  dei  parlamentari  -  e'   stata
approvata nella prospettiva  dell'eventuale  approvazione  definitiva
della legge costituzionale che dispone la riduzione  del  numero  dei
parlamentari. 
    Quest'ultima, com'e' noto, e'  stata  approvata  dal  Senato,  in
seconda  deliberazione,  con  la  maggioranza   assoluta   dei   suoi
componenti (e quindi non con  quella  dei  due  terzi)  nella  seduta
dell'11  luglio  2019,  e  dalla  Camera  dei  deputati,  in  seconda
deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei  suoi  componenti
nella seduta dell'8 ottobre 2019. La mancata approvazione da parte di
entrambe le Camere con la  maggioranza  dei  due  terzi  ha  impedito
l'immediata promulgazione e pubblicazione della legge costituzionale,
rendendo possibile la richiesta di referendum ai sensi dell'art.  138
della Costituzione; pertanto, il testo della legge costituzionale  e'
stato pubblicato, a fini notiziali, nella Gazzetta  Ufficiale,  Serie
generale, del 12 ottobre 2019, n. 240. Entro il termine di  tre  mesi
da tale pubblicazione, ossia entro il 12 gennaio 2020, un quinto  dei
membri del Senato ha depositato  un'apposita  richiesta  referendaria
presso la Corte di cassazione.  La  legge  costituzionale  in  parola
prevede la riduzione del numero complessivo dei  deputati  da  630  a
400, e, tra questi, di quelli eletti nella circoscrizione  Estero  da
12 a 8; prevede inoltre  la  riduzione  del  numero  complessivo  dei
senatori da 315  a  200,  e,  tra  questi,  di  quelli  eletti  nella
circoscrizione Estero da 6 a 4. 
    Nella prospettiva dell'approvazione definitiva e dell'entrata  in
vigore di questa legge costituzionale, la legge n.  51  del  2019  ha
disposto, tra l'altro, nel d.P.R. n. 361 del 1957 (t.u.  Camera),  la
sostituzione delle parole: «231 collegi uninominali» con le seguenti:
«un numero di collegi uninominali pari ai tre ottavi del  totale  dei
seggi da eleggere nelle circoscrizioni elettorali di cui alla tabella
A allegata al presente testo  unico,  con  arrotondamento  all'unita'
inferiore,», e delle  parole  da:  «le  circoscrizioni  Trentino-Alto
Adige/Südtirol» fino  alla  fine  del  comma  con  le  seguenti:  «la
circoscrizione Trentino-Alto Adige/Südtirol e' ripartita in un numero
di collegi uninominali pari  alla  meta'  dei  seggi  assegnati  alla
circoscrizione   medesima,   con   arrotondamento   all'unita'   pari
superiore. Le circoscrizioni cui sono  assegnati  tre  deputati  sono
ripartite in due collegi  uninominali;  le  circoscrizioni  cui  sono
assegnati due deputati sono costituite in un collegio uninominale». 
    La stessa legge ha disposto, tra l'altro, nel d.lgs. n.  533  del
1993 (t.u. Senato)  la  sostituzione  delle  parole:  «Il  territorio
nazionale, con eccezione della Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e  del
Trentino-Alto Adige/Südtirol, e' suddiviso in 109 collegi uninominali
nell'ambito delle circoscrizioni regionali. Nella regione  Molise  e'
costituito  un  collegio  uninominale.  I»  con  le   seguenti:   «Il
territorio nazionale e' suddiviso in un numero di collegi uninominali
pari  ai  tre  ottavi  del  totale  dei  seggi  da   eleggere   nelle
circoscrizioni  regionali,   con   arrotondamento   all'unita'   piu'
prossima, assicurandone uno per ogni circoscrizione.  Fatti  salvi  i
collegi uninominali delle regioni che eleggono  un  solo  senatore  e
quelli del Trentino-Alto Adige/Südtirol, i». 
    La legge n. 51 del 2019 non e' quindi intervenuta per  modificare
i meccanismi di conversione dei voti  in  seggi,  ma  per  sostituire
l'indicazione numerica dei collegi uninominali con  un'indicazione  a
mezzo di frazioni, al fine di rendere immediatamente  applicabile  la
legge elettorale vigente in caso di modifica del  denominatore  della
frazione (cioe' del totale dei seggi), restando del tutto  inalterata
la proporzione tra il numero  dei  parlamentari  eletti  nei  collegi
uninominali (con sistema maggioritario)  e  quello  dei  parlamentari
eletti nei collegi plurinominali (con sistema proporzionale). 
    La legge n. 51 del 2019 reca, poi, una norma di delega  (art.  3)
per la determinazione dei nuovi  collegi  elettorali  (uninominali  e
plurinominali), che, pur rimanendo nella stessa proporzione quanto ai
parlamentari eletti (i  tre  ottavi  di  questi  ultimi  nei  collegi
uninominali e i cinque ottavi in  quelli  plurinominali),  a  seguito
dell'eventuale entrata in vigore della legge  costituzionale  saranno
ovviamente di numero  inferiore  e,  di  conseguenza,  di  dimensioni
maggiori rispetto agli attuali. Piu' precisamente, l'art. 3, comma 1,
della legge n. 51 del 2019 prevede che «[q]ualora, entro ventiquattro
mesi dalla data di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  sia
promulgata una  legge  costituzionale  che  modifica  il  numero  dei
componenti delle Camere di cui agli articoli 56, secondo comma, e 57,
secondo comma, della Costituzione, il Governo e' delegato ad adottare
un decreto legislativo per la determinazione dei collegi  uninominali
e plurinominali per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica». Il comma 2 del medesimo art. 3 dispone  che  «[i]l
decreto legislativo di cui al comma 1  e'  adottato,  entro  sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale  di
cui al medesimo comma 1», sulla base dei medesimi principi e  criteri
direttivi recati dalla legge n. 165 del 2017. 
    La  norma  di  delega  di  cui  si  discute  presenta  dunque  la
caratteristica di  essere  sottoposta  a  una  condizione  sospensiva
legata al verificarsi di un evento complesso: la promulgazione, entro
ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge  n.  51
del 2019, di una legge costituzionale  che  modifica  il  numero  dei
componenti delle Camere. Di conseguenza, la delega in  questione  non
sarebbe esercitabile se una  legge  costituzionale  di  modifica  del
numero  dei  parlamentari  non  fosse  mai  promulgata,  ne'  se   la
promulgazione  avvenisse  oltre  il  termine  dei  ventiquattro  mesi
dall'entrata in vigore della legge n. 51 del 2019, quindi oltre il 26
giugno 2021. Si tratta, dunque, di una delega "precaria", rispetto al
cui esercizio e' incerto l'an, ma non il quando, essendo  definiti  i
limiti temporali del  suo  esercizio,  ovviamente  possibile  solo  a
condizione che si verifichi l'evento complesso di cui sopra. 
    4.- Il quesito referendario investe le  disposizioni  recate  dai
testi unici delle leggi elettorali della Camera dei  deputati  e  del
Senato della Repubblica attinenti  all'articolazione  del  territorio
nazionale in collegi uninominali e plurinominali, e inoltre dall'art.
3 della legge n. 51 del  2019,  che  contiene  l'anzidetta  norma  di
delega in materia di determinazione dei collegi elettorali in caso di
modifica del numero dei parlamentari, nonche' dall'art. 3 della legge
n. 165 del 2017, nelle parti - peraltro eccedenti il mero richiamo ad
esso contenuto nell'art. 3 della legge  n.  51  del  2019  -  in  cui
stabilisce i  principi  e  criteri  direttivi  della  delega  per  la
determinazione dei collegi elettorali a seguito  della  modifica  del
sistema elettorale operata dalla stessa legge n. 165 del 2017. 
    In particolare, i Consigli regionali promotori chiedono  che  sia
sottoposta al referendum popolare  la  proposta  di  abrogazione,  in
tutto o in parte: degli artt. 1, 3, 4, 14, 17, 18-bis,  19,  20,  21,
22, 24, 30, 31, 48, 53, 58, 59-bis, 68, 69, 71, 77, 83,  83-bis,  84,
85, 86 e 106 del d.P.R. n. 361 del  1957  e  delle  allegate  Tabelle
A-bis e A-ter; degli artt. 1, 2, 9,  10,  11,  14,  16,  16-bis,  17,
17-bis e 19 del d.lgs. n. 533 del 1993 e delle allegate Tabelle  A  e
B; dell'art. 3 della legge n. 51 del 2019; e dell'art. 3 della  legge
n. 165 del 2017. 
    4.1.- Quanto al d.P.R. n. 361 del 1957 (t.u. Camera), i promotori
del referendum chiedono l'abrogazione di  tutte  le  disposizioni,  i
frammenti normativi e le singole  parole  che  fanno  riferimento  ai
collegi plurinominali, con l'obiettivo di  estendere  alla  totalita'
dei  seggi  un  meccanismo  di   assegnazione   basato   su   collegi
uninominali, portandolo quindi dall'attuale previsione di tre  ottavi
al totale di otto ottavi. 
    In questa prospettiva  oggetto  della  richiesta  di  abrogazione
sono, tra le altre: le disposizioni  che  regolano  la  presentazione
delle liste e delle candidature; quelle che stabiliscono le modalita'
di espressione del voto; quelle che disciplinano  l'assegnazione  dei
seggi e quindi la trasformazione dei voti in seggi; e, infine, quelle
che  definiscono  le  caratteristiche   della   scheda   (art.   31).
Dall'abrogazione richiesta  deriva  la  conseguenza  che  il  sistema
elettorale attualmente misto (maggioritario per  la  quota  di  seggi
assegnata  nei  collegi  uninominali  e  proporzionale   per   quella
assegnata  nei  collegi  plurinominali)  diventerebbe  esclusivamente
maggioritario con collegi uninominali a turno unico. 
    Conseguenziale  rispetto  a  quanto  detto  e'  la  richiesta  di
abrogazione anche delle tabelle allegate al d.P.R. n. 361  del  1957,
che disciplinano, rispettivamente, la parte interna (Tabella A-bis) e
quella esterna (Tabella A-ter) della  scheda  per  la  votazione.  In
questo caso l'abrogazione richiesta e' totale, non essendo  possibile
ritagliare nell'allegato modello di scheda la sola parte relativa  ai
candidati nei collegi plurinominali. 
    4.2.- Quanto al d.lgs. n. 533 del 1993 (t.u.  Senato),  anche  in
questo caso valgono le considerazioni svolte sopra  a  proposito  del
d.P.R. n. 361  del  1957.  D'altro  canto,  l'identita'  dei  sistemi
elettorali di Camera e Senato determina, di riflesso,  la  pressoche'
totale  identita'  delle  disposizioni  oggetto  della  richiesta  di
referendum popolare. Anche con riferimento al d.lgs. n. 533 del 1993,
quindi, i promotori del referendum chiedono l'abrogazione di tutte le
disposizioni, i frammenti normativi e le  singole  parole  che  fanno
riferimento ai collegi plurinominali, con  l'obiettivo  di  estendere
alla totalita' dei seggi un  meccanismo  di  assegnazione  basato  su
collegi uninominali, portandolo quindi dall'attuale previsione di tre
ottavi al totale di otto ottavi. 
    Anche in questo caso la richiesta di abrogazione  ha  a  oggetto,
tra le altre: le disposizioni che  regolano  la  presentazione  delle
liste e delle candidature; quelle che stabiliscono  le  modalita'  di
espressione del voto;  quelle  che  disciplinano  l'assegnazione  dei
seggi e quindi la trasformazione dei voti in seggi; e, infine, quelle
che definiscono le caratteristiche della scheda (art. 11,  comma  3).
Dall'abrogazione  richiesta  deriva   che   il   sistema   elettorale
attualmente misto (maggioritario per la quota di seggi assegnata  nei
collegi uninominali e proporzionale per quella assegnata nei  collegi
plurinominali) diventerebbe esclusivamente maggioritario con  collegi
uninominali a turno unico. 
    Viene chiesta inoltre l'abrogazione  delle  tabelle  allegate  al
d.lgs. che disciplinano, rispettivamente, la parte  interna  (Tabella
A) e quella esterna (Tabella B) della scheda  per  la  votazione.  In
questo  caso  l'abrogazione  richiesta  e'  totale,   non   potendosi
ritagliare nell'allegato modello di scheda la sola parte relativa  ai
candidati nei collegi plurinominali. 
    4.3.- Quanto all'art. 3 della legge n. 51 del 2019,  i  promotori
del referendum chiedono l'abrogazione dell'incipit del  comma  1  la'
dove si individua la condizione sospensiva della delega e  di  quella
parte del comma 2 in cui si fissa il dies a quo  del  termine  di  60
giorni per l'esercizio della delega. Infine, sono oggetto del quesito
il riferimento ai collegi plurinominali contenuto nella rubrica e nel
comma 1, nonche' il richiamo dei  principi  e  criteri  direttivi  di
delega previsti nell'art. 3, comma 1, lettera b), e comma 2,  lettera
b), della legge n. 165 del 2017. 
    4.4.- Quanto all'art. 3 della legge n. 165 del 2017,  recante  la
norma di delega gia' scaduta ed esercitata dal Governo con il  d.lgs.
n. 189 del 2017, i promotori del  referendum  chiedono  l'abrogazione
delle  parti  di  esso  costituenti  principi  e  criteri   direttivi
dell'altra delega contenuta nell'art. 3 della legge n. 51 del 2019. 
    4.5.- In definitiva, l'abrogazione  parziale  dell'art.  3  della
legge n. 51 del 2019 e' chiesta per adattare la delega al Governo per
la ridefinizione dei collegi  al  mutamento  del  sistema  elettorale
determinato dall'eventuale esito positivo del referendum  abrogativo.
A sua volta l'abrogazione parziale dell'art. 3 della legge n. 165 del
2017 e' chiesta per adattare i principi e criteri direttivi  in  esso
contenuti al detto mutamento del sistema elettorale.  Non  e'  invece
oggetto del quesito referendario il  d.lgs.  n.  189  del  2017,  che
attualmente reca, nelle quattro  Tabelle  allegate,  l'individuazione
dei collegi uninominali e plurinominali di Camera e Senato. 
    5.- Cosi'  delineati  il  contesto  normativo  di  riferimento  e
l'insieme delle disposizioni oggetto del quesito referendario, questa
Corte e' chiamata a  giudicare  sull'ammissibilita'  di  quest'ultimo
alla luce dei criteri desumibili dall'art. 75 Cost. e  del  complesso
dei «valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture od ai
temi delle richieste referendarie, da tutelare escludendo i  relativi
referendum, al di la' della lettera dell'art. 75 secondo comma Cost.»
(sentenza n. 16 del 1978). 
    Di qui la necessita', non solo che la richiesta referendaria  non
investa una delle  leggi  indicate  nell'art.  75  Cost.  o  comunque
riconducibili ad esse, ma anche  che  il  quesito  da  sottoporre  al
giudizio  del  corpo  elettorale  consenta  una   scelta   libera   e
consapevole, richiedendosi  pertanto  i  caratteri  della  chiarezza,
dell'omogeneita', dell'univocita' del  medesimo  quesito,  oltre  che
l'esistenza di una sua matrice razionalmente unitaria.  Al  riguardo,
questa Corte ha avuto modo di precisare che «liberta'  dei  promotori
delle richieste di referendum e liberta' degli  elettori  chiamati  a
valutare le richieste stesse non vanno confuse fra loro: in quanto e'
ben vero che la presentazione  delle  richieste  rappresenta  l'avvio
necessario  del  procedimento  destinato   a   concludersi   con   la
consultazione popolare; ma non e' meno vero  che  la  sovranita'  del
popolo non comporta la sovranita'  dei  promotori  e  che  il  popolo
stesso dev'esser garantito, in questa sede,  nell'esercizio  del  suo
potere sovrano» (sentenza n. 16 del 1978).  Ne  consegue  l'ulteriore
affermazione  che  il   referendum   abrogativo   non   puo'   essere
«trasformato -  insindacabilmente  -  in  un  distorto  strumento  di
democrazia rappresentativa, mediante il quale si vengano in  sostanza
a proporre plebisciti o voti popolari di fiducia,  nei  confronti  di
complessive inscindibili scelte politiche dei partiti  o  dei  gruppi
organizzati  che  abbiano   assunto   e   sostenuto   le   iniziative
referendarie» (sentenza n. 16 del 1978). 
    In generale, questa Corte  ha  ammesso  anche  le  operazioni  di
ritaglio di frammenti normativi e di  singole  parole,  a  condizione
pero' che l'abrogazione parziale chiesta con il quesito  referendario
non  si  risolva  sostanzialmente  «in  una  proposta   all'elettore,
attraverso l'operazione di ritaglio sulle  parole  e  il  conseguente
stravolgimento dell'originaria ratio e struttura della  disposizione»
(sentenza n. 36 del 1997). In questi casi,  infatti,  il  referendum,
perdendo  la  propria  natura  abrogativa,  tradirebbe   la   ragione
ispiratrice dell'istituto, diventando approvativo di nuovi principi e
«surrettiziamente propositivo» (ex plurimis, sentenze n. 13 del 2012,
n. 28 del 2011, n. 33 e n. 23 del 2000 e n. 13 del 1999; nello stesso
senso, sentenze n. 43 del 2003, n. 38 e n. 34 del  2000):  un'ipotesi
non ammessa  dalla  Costituzione,  perche'  il  referendum  non  puo'
«introdurre   una   nuova   statuizione,   non   ricavabile   ex   se
dall'ordinamento» (sentenza n. 36 del 1997). 
    Agli indicati requisiti questa Corte  ne  ha  aggiunto  altri  in
ragione della specificita' dell'oggetto della richiesta referendaria,
sempre nella prospettiva della  piena  realizzazione  dei  richiamati
«valori di ordine costituzionale». E in questo contesto ha  affermato
che sono sottratte  all'abrogazione  totale  mediante  referendum  le
leggi costituzionalmente necessarie, quali in  particolare  le  leggi
elettorali di organi costituzionali o di rango costituzionale, la cui
mancanza creerebbe un grave vulnus  nell'assetto  costituzionale  dei
poteri dello Stato. 
    Allo stesso modo, anche l'eventuale abrogazione parziale di leggi
costituzionalmente necessarie, e in primis  delle  leggi  elettorali,
deve comunque garantire l'«indefettibilita' della dotazione di  norme
elettorali» (sentenza n. 29 del 1987), dovendosi evitare che l'organo
delle cui regole elettorali si discute  possa  essere  esposto  «alla
eventualita', anche  solo  teorica,  di  paralisi  di  funzionamento»
(sentenza n. 47 del 1991). Sicche' e'  condizione  di  ammissibilita'
del quesito che  all'esito  dell'eventuale  abrogazione  referendaria
risulti «una coerente normativa residua, immediatamente  applicabile,
in guisa da garantire, pur nell'eventualita' di inerzia  legislativa,
la costante operativita' dell'organo» (sentenza n. 32 del 1993; nello
stesso senso, sentenze n. 13 del 2012, n. 16 e n. 15 del 2008, n.  13
del 1999, n. 26 del 1997, n. 5  del  1995),  dovendosi  intendere  in
particolare la  cosiddetta  auto-applicativita'  della  normativa  di
risulta alla stregua di «una disciplina  in  grado  di  far  svolgere
correttamente una consultazione elettorale  in  tutte  le  sue  fasi,
dalla presentazione delle  candidature  all'assegnazione  dei  seggi»
(sentenze n. 16 e n. 15 del 2008). La medesima esigenza si  e'  posta
anche nel caso di parziale illegittimita' costituzionale delle  leggi
elettorali della Camera e del Senato (sentenze n. 35 del 2017 e n.  1
del 2014). 
    e' appena il caso di aggiungere che non spetta  invece  a  questa
Corte,  in  sede  di  giudizio  di  ammissibilita'   del   referendum
abrogativo, «favorire un potenziamento del ruolo dell'elettore  nella
scelta degli eletti» al  fine  di  «consentire  che  il  [Parlamento]
rifiorisca», come chiedono i promotori del  referendum,  giacche'  in
tale giudizio essa e' chiamata solamente  a  verificare  il  rispetto
delle  condizioni  e  dei  limiti  costituzionali  all'esercizio  del
referendum. 
    6.- Nel caso in esame,  il  quesito  referendario  sottoposto  al
giudizio di questa Corte e' sicuramente  univoco  nell'obiettivo  che
intende perseguire e risulta  dotato  di  una  matrice  razionalmente
unitaria.  e'  evidente,  infatti,  che  l'obiettivo   dei   Consigli
regionali promotori e' di  estendere  alla  totalita'  dei  seggi  di
Camera e  Senato  il  sistema  elettorale  attualmente  previsto  per
l'assegnazione dei tre ottavi di essi. Cio' emerge a  chiare  lettere
dall'esame dei frammenti normativi che il quesito chiede di rimuovere
nel d.P.R. n. 361 del 1957 e nel d.lgs. n.  533  del  1993.  Si  puo'
osservare fin d'ora, inoltre, che alla stessa matrice unitaria non e'
estraneo l'intervento proposto sulla norma di delega del 2019  e,  in
quanto oggetto di rinvio da parte  di  quest'ultima,  su  quella  del
2017, giacche' l'inclusione nel quesito anche di queste normative  si
pone  come  strumentale,   nelle   intenzioni   dei   promotori,   al
raggiungimento del medesimo risultato, come si vedra' meglio infra. 
    Con specifico riguardo alla parte del quesito che investe  i  due
testi normativi elettorali, ossia il d.P.R. n.  361  del  1957  e  il
d.lgs.  n.  533  del  1993,  si  deve  osservare  che   la   proposta
referendaria presenta alcune incongruenze  legate  per  un  verso  al
permanere, nel tessuto normativo dei due testi, di numerosi  richiami
alla  «lista»  e  alle  «liste»,  per  altro  verso  alla   richiesta
abrogazione delle Tabelle allegate a entrambi i  decreti,  recanti  i
modelli di scheda elettorale. Si tratta  nondimeno  di  inconvenienti
superabili    mediante    l'impiego    degli     ordinari     criteri
d'interpretazione, o comunque risolvibili «anche mediante  interventi
normativi secondari, meramente tecnici  ed  applicativi»  (in  questi
termini, per un analogo intervento sulla scheda elettorale,  sentenza
n. 1 del 2014). In  presenza  di  inconvenienti  di  questo  tipo  in
quesiti referendari riguardanti leggi  elettorali,  questa  Corte  ha
ritenuto infatti di poterli considerare irrilevanti a condizione  che
non  incidessero  sull'operativita'  del  sistema  elettorale  e  non
paralizzassero la  funzionalita'  dell'organo  (sentenza  n.  32  del
1993). Cio'  che  non  avviene  nel  caso  in  esame,  nel  quale  le
incongruenze  derivanti  dai  sopravvissuti   riferimenti   normativi
possono essere agevolmente superate attraverso gli ordinari strumenti
di interpretazione, e all'assenza della  previsione  legislativa  del
modello di scheda  puo'  essere  posto  rimedio  in  modo  pressoche'
automatico disponendo - anche con un atto di normazione secondaria  -
il mero mantenimento dei nomi dei candidati nei collegi uninominali e
dei gruppi politici che li sostengono. 
    7.- Quanto  alla  normativa  di  risulta,  i  Consigli  regionali
promotori, consapevoli  della  richiamata  giurisprudenza  di  questa
Corte, si  fanno  carico  dell'esigenza  di  assicurarne  l'immediata
applicabilita' attraverso un duplice percorso. Per un verso, chiedono
l'eliminazione di qualsiasi riferimento ai collegi plurinominali,  in
modo da  consentire  l'«espansione»  a  tutti  i  seggi  del  sistema
elettorale,  attualmente  previsto  solo  per  quelli  assegnati  nei
collegi  uninominali,  dando  vita  in  questo  modo  a  un   sistema
elettorale in se' compiuto e  astrattamente  funzionante.  Per  altro
verso,  implicando  il  sistema  elettorale   cosi'   risultante   la
necessita'  di  rideterminare  i  collegi  elettorali,  chiedono   la
parziale abrogazione della norma di delega recata dall'art.  3  della
legge n. 51 del 2019 onde consentire la necessaria ridefinizione  dei
nuovi collegi uninominali. 
    L'operazione abrogativa richiesta, che non manca, come visto,  di
intrinseca coerenza, si presenta pero' inammissibile per l'assorbente
ragione del  carattere  eccessivamente  manipolativo  dell'intervento
sulla norma di delega. 
    7.1.- Al riguardo, occorre premettere che questa Corte,  gia'  in
altre occasioni, ha avuto  modo  di  affrontare  la  questione  della
necessita' di una  nuova  determinazione  dei  collegi  elettorali  a
seguito dell'eventuale abrogazione referendaria (sentenze  n.  5  del
1995, n. 26 del 1997 e n. 13  del  1999)  o  della  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale di una parte della normativa elettorale
(sentenza n. 1 del 2014). 
    In particolare, nel giudizio  di  ammissibilita'  del  referendum
deciso con la sentenza n. 5 del 1995, ha rilevato  che  «[a]  seguito
della espansione del sistema  maggioritario  per  l'attribuzione  del
totale  dei  seggi  [...],  occorrerebbe  procedere  ad   una   nuova
determinazione dei collegi uninominali  in  ciascuna  circoscrizione,
ridisegnandoli  in  modo  da  ottenerne  un  numero,  sul  territorio
nazionale, pari al totale dei deputati da eleggere e non piu' al solo
settantacinque per cento del totale medesimo». 
    Con la medesima pronuncia, preso atto del fatto  che  l'opera  di
revisione dei collegi «e' pur sempre destinata a concludersi, dopo un
complesso procedimento, con l'approvazione di una legge,  ovvero  con
un decreto legislativo emanato dal Governo sulla base  di  una  nuova
legge di delegazione, cosi' come avvenuto nel 1993», questa Corte  ha
ritenuto  «decisivo  rilevare   che   di   fronte   all'inerzia   del
legislatore, pur sempre possibile, l'ordinamento non  offre  comunque
alcun efficace rimedio», con il rischio che si  determini  «la  crisi
del sistema di democrazia rappresentativa, senza  che  sia  possibile
ovviarvi». Di conseguenza, ha dichiarato inammissibile  la  richiesta
referendaria. 
    Parimenti, nel giudizio di ammissibilita' del  referendum  deciso
con la sentenza n. 26 del 1997, la necessita'  di  «procedere  a  una
nuova definizione dei collegi uninominali in ciascuna circoscrizione,
ridisegnandola  in  modo  da  ottenere  un  numero,  sul   territorio
nazionale, pari al totale dei deputati da eleggere e non  piu'  [...]
al 75 per cento», ha indotto questa Corte a rilevare che «il  sistema
elettorale  non  consentirebbe  la  rinnovazione  dell'organo»,   non
potendo  «dirsi  sufficiente,  allo  stato,  l'attivita'  istruttoria
svolta dalla speciale commissione tecnica, di cui  all'art.  7  della
legge n. 276 del 1993, dal momento che  occorrerebbe  pur  sempre  un
intervento del legislatore, volto a  conferire  una  nuova  delega  o
imperniato su una diversa scansione  procedurale,  nel  rispetto  dei
principi fissati dalla legge e  con  la  garanzia  dei  pareri  delle
Camere». Da cui, anche in quel caso, l'inammissibilita' del  relativo
quesito referendario. 
    A  esiti  opposti,  ma  sempre  utilizzando  lo   stesso   schema
argomentativo, questa Corte e' giunta nel giudizio di  ammissibilita'
del referendum deciso con la sentenza n. 13 del  1999,  la'  dove  ha
riscontrato «una  piena  garanzia  di  immediata  applicabilita'  del
sistema di  risulta,  in  quanto  i  collegi  elettorali  uninominali
rimarrebbero immutati, senza nessuna necessita' di  ridefinizione  in
ciascuna circoscrizione, sia nel numero sia  nel  conseguente  ambito
territoriale». 
    Infine, nel giudizio di legittimita' costituzionale definito  con
la sentenza n. 1 del 2014, questa Corte ha incidentalmente  affermato
che «la normativa che rimane in vigore stabilisce  un  meccanismo  di
trasformazione dei voti in seggi che consente l'attribuzione di tutti
i seggi, in  relazione  a  circoscrizioni  elettorali  che  rimangono
immutate, sia per la Camera che per il Senato». 
    7.2.- Nell'odierno giudizio di ammissibilita' il  problema  della
determinazione  dei  collegi  elettorali  si  presenta   in   termini
parzialmente diversi  dai  giudizi  di  cui  si  e'  dato  conto  nel
paragrafo precedente, per l'inclusione nel  quesito  referendario  di
una previsione di delega per la  revisione  dei  collegi  elettorali.
Anche in questo  caso,  tuttavia,  non  si  puo'  non  osservare  che
l'ineludibile necessita' che siano ridisegnati i collegi elettorali e
che sia quindi  adottato  un  decreto  legislativo  a  cio'  diretto,
ulteriore rispetto all'esito del referendum, finirebbe ugualmente per
vanificare   le   prospettive   di   ammissibilita'   dell'iniziativa
referendaria. 
    Pur consapevole dei  limiti  che  il  requisito  della  immediata
applicabilita'  pone  all'ammissibilita'  di  referendum   su   leggi
elettorali, questa Corte non ritiene tuttavia praticabile il percorso
demolitorio-ricostruttivo  individuato  dai  promotori  per  superare
l'ostacolo  della  non  auto-applicativita'.  Infatti,   i   Consigli
regionali promotori, al fine di evitare che la richiesta referendaria
avente ad oggetto i testi delle leggi elettorali di Camera  e  Senato
potesse  incorrere  nei  medesimi  profili  di  inammissibilita'  per
difetto del  carattere  di  auto-applicativita'  della  normativa  di
risulta,  gia'  rilevati  in   casi   simili   dalla   giurisprudenza
costituzionale, individuano la soluzione nella richiesta di  parziale
abrogazione anche della norma di  delega  recata  dall'art.  3  della
legge  n.  51  del  2019,  con  l'obiettivo  di  renderne   possibile
l'esercizio  anche  a  seguito  dell'eventuale  esito  positivo   del
referendum abrogativo. 
    In altre parole,  cogliendo  l'occasione  dell'esistenza  di  una
delega  resa  dal  Parlamento  al  Governo  al  fine  di   consentire
l'applicabilita' della riforma costituzionale in itinere che modifica
il numero dei parlamentari - e  impone  per  questo,  pur  a  sistema
elettorale  invariato,   una   modifica   dei   collegi   elettorali,
uninominali  e  plurinominali,  esistenti  -  i  Consigli   regionali
promotori propongono un intervento su di essa diretto a conferirle il
contenuto  di  delega  a  rideterminare  i  collegi  uninominali   in
attuazione del nuovo  sistema  elettorale  in  ipotesi  prodotto  dal
referendum. 
    L'intervento   sulla   disposizione   di   delega   si   realizza
essenzialmente con: a) la parziale  modifica  del  suo  oggetto,  che
viene circoscritto, sia nella rubrica sia nel comma 1 del citato art.
3, alla «determinazione dei collegi uninominali» e non piu' di quelli
plurinominali; b) l'eliminazione della  condizione  sospensiva  della
delega, che ne consentirebbe l'esercizio anche  in  caso  di  mancata
promulgazione di una legge costituzionale di modifica del numero  dei
parlamentari entro ventiquattro mesi dalla entrata  in  vigore  della
legge n. 51 del 2019; c) l'abrogazione del dies a quo del termine  di
sessanta giorni per l'esercizio della delega; d)  l'eliminazione  dei
riferimenti ai collegi plurinominali nei principi e criteri direttivi
della delega (sia nella legge n. 51 del 2019, sia nella legge n.  165
del 2017). 
    e'  evidente,  quindi,  che  l'obiettivo  che  i   promotori   si
prefiggono di raggiungere presuppone una modifica della  disposizione
di delega che ne investe l'oggetto, la decorrenza del termine per  il
suo esercizio, i principi e criteri direttivi e la stessa  condizione
di operativita'. 
    L'intervento richiesto sull'art. 3 della legge n. 51 del 2019  e'
dunque solo apparentemente abrogativo e si traduce con tutta evidenza
in una manipolazione della disposizione di delega diretta a dare vita
a  una  "nuova"  norma  di   delega,   diversa,   nei   suoi   tratti
caratterizzanti, da quella originaria. 
    Quanto alla radicale alterazione  della  delega  originaria,  sia
sufficiente osservare che tutti i "caratteri somatici" della legge di
delegazione - individuati dall'art. 76 Cost. come condizioni  per  la
delega  dell'esercizio  della  funzione  legislativa  da  parte   del
Parlamento - si presenterebbero completamente modificati nella delega
di risulta. 
    Questa avrebbe,  tra  l'altro,  gia'  sulla  base  della  rubrica
dell'art. 3 che lo individua, un oggetto diverso (non piu' «Delega al
Governo   per   la   determinazione   dei   collegi   uninominali   e
plurinominali», ma «Delega  al  Governo  per  la  determinazione  dei
collegi uninominali»). 
    I  principi  e  criteri   direttivi   della   delega   originaria
permarrebbero,  sia  pure  sfrondati  dei  riferimenti   ai   collegi
plurinominali, con la conseguenza,  pero',  di  rendere  ancora  piu'
manifesta la manipolazione referendaria. Si finirebbe,  infatti,  con
il  prevedere  gli  stessi  principi  e  criteri  direttivi  per   la
determinazione dei collegi elettorali  nel  contesto  di  un  sistema
elettorale radicalmente diverso da quello per  il  quale  essi  erano
stati predisposti (quest'ultimo, introdotto con la legge n.  165  del
2017, a forte prevalenza proporzionale; quello  risultante  all'esito
del referendum,  esclusivamente  maggioritario).  Sicche',  in  altre
parole, modificandosi il contesto del sistema elettorale  in  cui  la
nuova delega opererebbe, i principi e criteri  direttivi  finirebbero
per essere solo formalmente gli stessi e per acquistare invece,  alla
luce del nuovo e diverso meccanismo di  trasformazione  dei  voti  in
seggi, portata a sua volta inevitabilmente nuova e diversa. 
    Radicalmente diverso sarebbe, ancora, il dies a quo  del  termine
per l'esercizio della delega, attualmente  previsto  nel  momento  di
entrata in vigore della legge costituzionale di modifica  del  numero
dei parlamentari, ma oggetto  di  abrogazione  totale  da  parte  del
quesito referendario. In questo caso, quand'anche si ritenesse che la
sua abrogazione in esito al referendum consenta di rinvenire, in  via
interpretativa, un nuovo dies a quo nel momento in cui  si  produrra'
l'effetto abrogativo del referendum stesso, si tratterebbe  comunque,
all'evidenza, di un termine del tutto nuovo. 
    Infine, il quesito referendario mira a sopprimere  la  condizione
sospensiva della delega di cui all'art. 3 della legge n. 51 del 2019,
eliminando per questo verso il suo legame "genetico" con  la  riforma
costituzionale del numero dei parlamentari e finendo con il  produrre
in  questo  modo  una  delega  "stabile"  e,  in  quanto   non   piu'
condizionata a una particolare evenienza, sicuramente  operativa.  Vi
sarebbe, in tal  modo,  un  inammissibile  effetto  ampliativo  della
delega originaria  che,  conferita  dal  Parlamento  sub  condicione,
diventerebbe incondizionata con il  risultato  di  una  manipolazione
incompatibile, gia' solo per questo, con i limiti e  le  connotazioni
peculiari della delega legislativa. 
    A ulteriore conferma dell'inammissibile  grado  di  manipolazione
che connota  il  quesito  referendario  sul  punto  vi  e',  poi,  la
considerazione  che  la  delega,  ancorche'  parzialmente   abrogata,
dovrebbe rimanere utilizzabile - come affermato  dalla  difesa  degli
stessi promotori - anche a seguito dell'entrata in vigore della legge
costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, alla quale  era
destinata a dare attuazione, ed essere cosi' oggetto di un duplice  e
contestuale   esercizio,   dopo   lo   svolgimento   del   referendum
costituzionale e di  quello  abrogativo  qui  all'esame.  Al  che  si
aggiunge la possibilita' che i due referendum si  svolgano  in  tempi
diversi, come potrebbe avvenire, ad  esempio,  nel  caso  in  cui  il
referendum  abrogativo  dovesse  essere  rinviato   per   intervenuto
scioglimento  anticipato  delle  Camere  in  applicazione  di  quanto
previsto all'art. 34, secondo comma, della legge n. 352 del 1970. Nel
qual  caso  la  delega  stessa  risulterebbe  esaurita,  e  non  piu'
utilizzabile, all'atto dello svolgimento del referendum abrogativo. 
    L'unicita' del quesito  referendario  e  la  sua  stessa  matrice
razionalmente unitaria impediscono a  questa  Corte  di  scindere  la
valutazione di ammissibilita' della parte del quesito  relativa  alla
norma  di  delega  da  quella  relativa  alle  altre  parti,  con  la
conseguenza che sul quesito stesso deve essere formulato un  giudizio
unitario. 
    7.3.-  Per  le  ragioni  anzidette  deve  ritenersi  dunque   che
l'eccessiva manipolativita' del quesito referendario, nella parte  in
cui investe la delega di cui all'art. 3 della legge n. 51  del  2019,
e'  incompatibile  con  la  natura   abrogativa   dell'istituto   del
referendum  previsto  all'art.  75  Cost.,  cio'  che  ne   determina
l'inammissibilita'. 
    8.- Deve essere, infine, dichiarata manifestamente  inammissibile
anche l'eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  sollevata  dai
Consigli regionali promotori in riferimento all'art. 37, terzo comma,
secondo  periodo,  della  legge  n.  352  del  1970  per  difetto  di
rilevanza.  L'eccezione  investiva,  infatti,  il  citato   art.   37
nell'ipotesi  in  cui  la  Corte  avesse  ritenuto  inammissibile  la
richiesta    referendaria    per    difetto    del    carattere    di
auto-applicativita'  della  normativa  di  risulta.  L'aver   escluso
l'ammissibilita'  del  referendum  per  una  diversa  ragione  rende,
quindi,  priva  di  rilievo  l'eccepita  questione  di   legittimita'
costituzionale.