ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma  1,
lettera c), della legge 8 novembre 1991, n. 362  (Norme  di  riordino
del settore farmaceutico), in relazione all'art. 7,  comma  1,  della
stessa legge, come modificato dall'art. 1,  comma  157,  lettera  a),
della legge 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e  la
concorrenza), promossi dal Collegio arbitrale rituale,  nominato  dal
Presidente del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di  Catania,  con
ordinanze del 6 dicembre  2018,  iscritte  ai  numeri  50  e  51  del
registro ordinanze 2019 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visti gli atti di costituzione di Donatella Paolino e  Giulia  Di
Silvestri e di Katia Domenica Mangano e Agata Rita Domenica  Mangano,
nonche' gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  novembre  2019  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi gli avvocati Giuseppe Greco per Donatella Paolino e  Giulia
Di Silvestri, Pietro Paterniti La Via per Katia  Domenica  Mangano  e
Agata Rita Domenica Mangano e l'avvocato dello  Stato  Diana  Ranucci
per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 gennaio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Collegio arbitrale rituale, costituito in Catania in forza
di clausola compromissoria contenuta nello statuto della  societa'  a
responsabilita'  limitata  Ravanusa  -  chiamato   a   risolvere   la
controversia insorta tra detta societa' (vincitrice di  un  bando  di
concorso  pubblico  straordinario  per  il   conferimento   di   sedi
farmaceutiche, approvato dall'Assessorato alla salute  della  Regione
Siciliana ai sensi dell'art. 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.
1, recante «Disposizioni urgenti  per  la  concorrenza,  lo  sviluppo
delle  infrastrutture   e   la   competitivita'»,   convertito,   con
modificazioni, in legge 24 marzo 2012, n. 27) e  una  propria  socia,
alla quale la Ravanusa srl chiedeva di  rimuovere  l'incompatibilita'
che le derivava dall'essere  titolare  di  un  rapporto  di  pubblico
impiego  (come  docente  presso  l'Universita'  "Magna   Grecia"   di
Catanzaro) o  di  retrocedere  la  propria  quota  di  partecipazione
all'originaria titolare che  l'aveva  a  lei  ceduta  -  ha  reputato
rilevante e non manifestamente infondata, ed ha quindi sollevato, con
l'ordinanza  iscritta  al  reg.  ord.  n.  50  del  2019,  «questione
incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 8, co. 1,  lett.
c), della legge 8 novembre  1991,  n.  362  [Norme  di  riordino  del
settore  farmaceutico],  nella  parte   in   cui   prevede   che   la
partecipazione alle societa' di capitali, di cui all'art. 7,  co.  1,
della medesima legge, sia incompatibile  con  qualsiasi  rapporto  di
lavoro pubblico e privato». 
    Secondo il Collegio  rimettente,  la  norma  cosi'  denunciata  -
nell'estendere  la  causa  di   incompatibilita'   (derivante   dallo
svolgimento di «qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato») non
solo alle persone fisiche e ai soci di societa' di persone che  siano
titolari e gestori di farmacie private, ma appunto anche ai  soci  di
societa' di capitali che acquisiscano tali farmacie senza  rivestirne
compiti di gestione o di direzione - violerebbe, per i motivi di  cui
si dira' nel Considerato in diritto, gli artt. 2, 3, 4, 35,  41,  47,
11 e  117,  primo  comma,  della  Costituzione,  gli  ultimi  due  in
relazione agli  artt.  3  del  Trattato  sull'Unione  europea  (TUE),
firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992,  entrato  in  vigore  il  1°
novembre 1993; 16 della Carta dei  diritti  fondamentali  dell'Unione
europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e  adattata  a
Strasburgo il 12 dicembre 2007; e 49 del Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 130. 
    1.1.- Nel giudizio innanzi a questa Corte si sono  costituite  la
socia docente universitaria e la  sua  cedente  della  quota,  ed  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, per il  tramite
dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    1.1.1.- Le parti hanno,  in  premessa,  ritenuto  adottabile  una
interpretazione costituzionalmente adeguata della  norma  denunciata,
nel  senso  di  ritenere  riferibile  la  prevista   incompatibilita'
esclusivamente alla gestione societaria o,  comunque,  ai  soli  soci
farmacisti. 
    In subordine, hanno chiesto accogliersi  la  questione  sollevata
dal Collegio a quo. 
    1.1.2.- L'Avvocatura  dello  Stato  ha  preliminarmente  eccepito
l'inammissibilita'  della  sollevata   questione   per   carenza   di
motivazione in ordine alla sua rilevanza, in ragione della incompleta
descrizione della fattispecie  concreta;  per  non  pertinenza  della
disposizione denunciata rispetto all'oggetto del giudizio principale;
per mancato esperimento del  tentativo  di  una  lettura  alternativa
della disposizione denunciata in senso  costituzionalmente  conforme;
oltreche'  per  erronea  evocazione,  come   norme   interposte,   di
disposizioni del TUE e del TFUE, che il rimettente avrebbe  viceversa
dovuto direttamente applicare. 
    In subordine, ha escluso la fondatezza  delle  censure  formulate
dal rimettente sul rilievo che «l'estensione  della  incompatibilita'
in questione anche al semplice  socio  finanziatore  di  societa'  di
capitali [...] costituisce legittima - e  ragionevole  -  espressione
della discrezionalita' della quale il legislatore gode in materia». 
    1.1.3.- Sia le parti che il Presidente del Consiglio dei ministri
hanno  depositato  memorie,  con   le   quali   hanno   ulteriormente
argomentato le rispettive conclusioni. 
    L'Avvocatura dello Stato  ha,  in  particolare,  insistito  sulla
possibilita' di una  «lettura  alternativa»  che  limiti  la  portata
soggettiva della incompatibilita' in  discussione,  «circoscrivendola
ai soli soci farmacisti concretamente e fattivamente impegnati  nella
gestione della  farmacia  sociale».  E  ha  sottolineato  come  «tale
profilo si risolv[a], a ben vedere, in ragione, al tempo  stesso,  di
inammissibilita' e di infondatezza della sollevata questione». 
    2.- Con altra ordinanza di rimessione (reg. ord. n. 51 del 2019),
emessa in pari data e di contenuto identico rispetto a quella di  cui
si e' in precedenza detto, lo stesso Collegio  arbitrale  -  chiamato
anche in questo caso a pronunciarsi sulla controversa  partecipazione
alla compagine di altra societa' di capitali da parte  di  una  socia
docente (anch'essa) universitaria - ha proposto la medesima questione
di legittimita' costituzionale dell'art.  8,  comma  1,  lettera  c),
della legge n. 362 del 1991. 
    2.1.- Anche in  questo  giudizio  si  sono  costituite  la  socia
docente  e  la  sua  cedente  quota,  le  quali  hanno  concluso  per
l'accoglimento della questione di  costituzionalita',  aderendo  alla
prospettazione e alle argomentazioni del Collegio rimettente. 
    Una memoria integrativa e' stata depositata da  dette  parti,  ma
fuori termine. 
    2.2.-  E'  intervenuto,  ed  ha  anche  depositato  memoria,   il
Presidente del Consiglio dei ministri, che ha ribadito le conclusioni
di inammissibilita' o non fondatezza, come gia' formulate  nell'altro
giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- L'art. 7 della legge  8  novembre  1991,  n.  362  (Norme  di
riordino del settore farmaceutico), come modificato,  nei  primi  due
suoi commi, dall'art. 1, comma 157, lettere a) e b),  della  legge  4
agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la  concorrenza),
sotto la rubrica «Titolarita' e gestione della farmacia», dispone che
«1. Sono titolari dell'esercizio della farmacia  privata  le  persone
fisiche, in conformita' alle disposizioni  vigenti,  le  societa'  di
persone,  le  societa'  di  capitali  e  le  societa'  cooperative  a
responsabilita' limitata. 2. Le societa' di cui al comma 1 hanno come
oggetto esclusivo la gestione di una farmacia. La partecipazione alle
societa' di cui al comma  1  e'  incompatibile  con  qualsiasi  altra
attivita'  svolta  nel  settore  della  produzione   e   informazione
scientifica del farmaco, nonche' con  l'esercizio  della  professione
medica. Alle societa' di cui al comma  1  si  applicano,  per  quanto
compatibili, le disposizioni dell'articolo 8». 
    Il  successivo  art.  8  della  stessa  legge  n.  362  del  1991
(rubricato «Gestione societaria: incompatibilita'»), sub  lettera  c)
del suo comma 1, a sua volta, stabilisce che la  partecipazione  alla
societa' di cui all'art. 7 e' incompatibile «con  qualsiasi  rapporto
di lavoro pubblico e privato». 
    2.- Il Collegio arbitrale rituale  nominato  dal  Presidente  del
Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Catania, nell'ambito  di  due
parallele controversie aventi  analogamente  ad  oggetto  l'eventuale
incompatibilita' della titolarita' di una docenza  universitaria  con
la partecipazione alla compagine di una societa' di capitali, con  le
due ordinanze in epigrafe - che, per l'identita' del loro  contenuto,
possono congiuntamente esaminarsi, previa  riunione  dei  correlativi
giudizi - ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, ed ha
quindi sollevato, «questione di legittimita' costituzionale dell'art.
8, co. 1, lett. c), della legge 8 novembre 1991, n. 362, nella  parte
in cui prevede che la partecipazione alle societa'  di  capitali,  di
cui all'art. 7, co. 1, della medesima legge,  sia  incompatibile  con
qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato». 
    Ad  avviso  del  rimettente,  la  normativa   censurata   -   con
l'estendere la causa di incompatibilita' (derivante dallo svolgimento
di qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o  privato)  non  solo  alle
persone fisiche e ai soci di societa' di persone che  siano  titolari
di farmacie private, ma anche ai soci di  societa'  di  capitali  che
acquisiscano tali farmacie senza rivestirne compiti di gestione o  di
direzione - violerebbe: 
    l'art.    3    Cost.,    per    l'irragionevolezza     intrinseca
dell'equiparazione tra societa' di persone e societa' di capitali  ai
fini dell'integrazione della causa  di  incompatibilita',  e  per  la
sproporzione della  previsione  sull'incompatibilita'  rispetto  allo
scopo di tutela della salute, attraverso  l'erogazione  dei  farmaci,
che l'esercizio  delle  farmacie  private  persegue,  quale  servizio
pubblico in concessione; 
    l'art. 3 Cost., per l'ingiustificata disparita'  di  trattamento,
che ne conseguirebbe, con riguardo: a) alle societa'  di  capitali  i
cui soci siano persone fisiche  anziche'  persone  giuridiche  ovvero
siano persone fisiche inoccupate; b) alle societa'  di  capitali  che
gestiscano  strutture  sanitarie  o  producano   farmaci;   c)   alle
incompatibilita' previste per i dipendenti pubblici e, in specie, per
i docenti universitari, ai quali non e' precluso acquisire  le  quote
di societa' di capitali, purche' non abbiano compiti di gestione;  d)
alle  cause  di  incompatibilita'  previste  per  l'acquisizione   di
farmacie pubbliche da parte di societa' di capitali, tra le quali non
e' individuabile lo svolgimento di attivita' di lavoro da  parte  dei
soci; 
    gli artt. 4 e 35 Cost., per la lesione della  tutela  del  lavoro
che discenderebbe dalla preclusione dell'investimento in una societa'
di capitali titolare di farmacia privata nei confronti di coloro  che
svolgano un'attivita' lavorativa; 
    gli artt. 2 e 41 Cost., per  l'irragionevole  compressione  della
liberta' di iniziativa economica privata, nella  sua  dimensione  non
soltanto mercantilistica, ma anche di diritto fondamentale attraverso
cui  l'uomo  puo'  conseguire  il  pieno   sviluppo   della   propria
personalita'; 
    l'art. 47 Cost., per la lesione  della  tutela  del  risparmio  e
dell'investimento che conseguirebbe al divieto di acquisire  quote  o
azioni in societa' di  capitali  titolari  di  farmacie  private  nei
confronti dei soggetti che svolgano qualsiasi attivita' lavorativa; 
    gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost. - in relazione agli  artt.
3 del Trattato sull'Unione europea (TUE), firmato a Maastricht  il  7
febbraio 1992, entrato in vigore il 1° novembre 1993; 16 della  Carta
dei diritti fondamentali della Unione europea (CDFUE),  proclamata  a
Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007;
e 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE),  come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130 - per il vulnus arrecato
(dalla censurata incompatibilita') alla liberta' di impresa. 
    3.-  L'Avvocatura  generale  dello   Stato,   per   l'intervenuto
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  ha,  come  detto,  eccepito
l'inammissibilita' sotto piu' profili della questione sollevata. 
    In quanto potenzialmente ostative  all'accesso  al  merito  della
questione  o  comunque  pertinenti  alla  delimitazione   del   thema
decidendum, dette eccezioni vanno esaminate preliminarmente. 
    3.1.-  La  prima  eccezione  -  che  fa  leva  sulla   incompleta
descrizione  della  fattispecie,  in  ragione  dell'asserita  mancata
specificazione,  nelle  ordinanze   di   rimessione,   della   natura
dell'incarico rivestito dalle persone fisiche che hanno acquistato le
quote delle  societa'  a  responsabilita'  limitata,  titolari  delle
farmacie private oggetto delle controversie in sede arbitrale  -  non
e' fondata. 
    In entrambe le ordinanze si precisa, infatti, che  le  acquirenti
sono titolari  di  un  rapporto  di  lavoro  pubblico  quali  docenti
universitarie. 
    3.2.-  L'eccezione  di  inammissibilita',  secondo  cui  la   non
corrispondenza tra i petita dei  giudizi  principali  e  le  sanzioni
previste  dalla  norma  denunciata  renderebbe   la   questione   non
rilevante, e' pure essa priva di fondamento. 
    E' pur vero, infatti, che  nei  giudizi  principali  le  societa'
titolari delle farmacie  private  hanno  richiesto  la  retrocessione
delle quote cedute alle acquirenti, in tesi interessate  dalla  causa
di incompatibilita', in  favore  delle  rispettive  alienanti  (nella
sostanza, l'annullamento  della  cessione  delle  quote),  ovvero  la
rimozione della causa di incompatibilita', al  fine  di  ottenere  le
autorizzazioni indispensabili all'esercizio della  farmacia;  e,  per
converso, l'art. 8, comma 3, della legge n. 362 del 1991 prevede che,
ove siano integrate le cause di  incompatibilita'  elencate  nel  suo
comma 1 e nel precedente art. 7, ne  conseguano  specifiche  sanzioni
interdittive  (sospensione  della  persona  fisica  che   dirige   la
farmacia, sostituzione nella direzione con altro socio,  interruzione
dell'attivita' se l'incompatibilita' interessa tutti i  soci,  nomina
di un commissario con compiti gestori). 
    Ma la previsione di sanzioni specifiche  a  carico  dei  soggetti
incaricati della direzione della farmacia, per essere incorsi in  una
delle cause di incompatibilita' espressamente regolate,  non  esclude
l'applicabilita' dei rimedi generali (come quelli appunto di  cui  si
discute nei giudizi a  quibus)  che  traggano  comunque  causa  dalla
incompatibilita'. 
    3.3.- Anche l'ulteriore eccezione di inammissibilita', per omessa
verifica    della    praticabilita'    di     una     interpretazione
costituzionalmente orientata della  norma  denunciata,  e'  priva  di
pregio. 
    Il Collegio rimettente  ha,  infatti,  pur  tentato  una  lettura
adeguatrice, ma ha  ritenuto  che  essa  fosse  impedita  dal  tenore
letterale  della  prescrizione  contestata,  oltre  che  da   ragioni
sistematiche  connesse  alla  natura   tassativa   delle   cause   di
incompatibilita'. 
    Secondo  la  consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  ove
l'interpretazione conforme sia sperimentata, ma sia poi,  come  nella
specie, ritenuta impraticabile, l'eventuale non condivisione di  tale
lettura incide sul merito  e  non  sul  rito,  e  costituisce  quindi
ragione di eventuale infondatezza, e non di  inammissibilita',  della
questione sollevata (ex multis, sentenze n. 187, n. 179 e n. 144  del
2019, n. 132 del 2018, n. 42 del 2017, n. 204, n.  95  e  n.  45  del
2016, n. 262 del 2015). 
    3.4.- Quanto, infine, all'eccezione di  inammissibilita'  per  il
profilo  dell'erronea  evocazione   di   disposizioni   del   diritto
dell'Unione europea, va ribadito che qualora sia  lo  stesso  giudice
comune,  nell'ambito  di  un  incidente   di   costituzionalita',   a
richiamare, come norme interposte, disposizioni  dell'Unione  europea
attinenti, nella sostanza, ai medesimi diritti tutelati da  parametri
interni, «questa Corte  non  potra'  esimersi,  eventualmente  previo
rinvio pregiudiziale alla Corte di  giustizia  UE,  dal  fornire  una
risposta a tale questione con  gli  strumenti  che  le  sono  propri:
strumenti  tra  i  quali  si  annovera  anche  la  dichiarazione   di
illegittimita'  costituzionale   della   disposizione   ritenuta   in
contrasto con la Carta (e pertanto con gli  artt.  11  e  117,  primo
comma, Cost.), con  conseguente  eliminazione  dall'ordinamento,  con
effetti erga omnes, di tale disposizione» (ex plurimis,  sentenza  n.
63 del 2019). 
    E nella fattispecie non vi e' dubbio che  le  ragioni  addotte  a
sostegno  della   lamentata   lesione   delle   citate   disposizioni
dell'Unione europea interferiscano con il valore costituzionale della
liberta' dell'iniziativa economica privata. 
    Dal che la non accoglibilita' anche di quest'ultima eccezione. 
    4.- Nel merito, la questione non e' fondata per erroneita'  della
interpretazione della norma denunciata. 
    Alla stregua degli stessi criteri ermeneutici di cui all'art.  12
delle  Preleggi  e'  dato,   infatti,   pervenire   pianamente   alla
conclusione che - diversamente da  quanto  presupposto  dal  Collegio
rimettente - la causa di incompatibilita' di cui alla lettera c)  del
comma 1 dell'art. 8 della legge n. 362 del 1991 non e' riferibile  ai
soci, di societa' di capitali titolari di farmacie, che  si  limitino
ad acquisirne quote, senza essere ad  alcun  titolo  coinvolti  nella
gestione della farmacia. 
    4.1.- L'art. 8 della  legge  n.  362  del  1991,  nel  testo  non
modificato in parte qua dalla  legge  n.  124  del  2017,  riferisce,
infatti,  l'incompatibilita'  («con  qualsiasi  rapporto  di   lavoro
pubblico e privato»), di cui alla denunciata lettera c) del suo comma
1, al soggetto che gestisca la  farmacia  (o  che,  in  sede  di  sua
assegnazione, ne  risulti  associato,  o  comunque  coinvolto,  nella
gestione). 
    Cio'  risulta  gia'  dalla  stessa  rubrica  della   norma,   che
espressamente collega «gestione» e «incompatibilita'»; e' confermato,
inoltre, dal sistema delle sanzioni ivi disegnato (sub comma  3)  per
il caso in cui il soggetto incorra nella causa  di  incompatibilita':
sanzioni interdittive, per loro natura applicabili solo al socio  che
risulti fattivamente  coinvolto  nella  gestione  della  farmacia;  e
trova, infine, ulteriore riscontro  nella  disciplina  delle  ipotesi
(sub commi 9 e 10 dell'art. 7, richiamate dall'art. 8) di subentro di
terzi, mortis causa, in quota del capitale sociale o di vendita della
farmacia, nelle quali l'obbligo di cessione (entro  sei  mesi)  della
quota cosi' acquisita dall'erede del socio  o  dall'acquirente  della
societa', e' previsto per il solo caso in cui l'avente causa  incorra
nelle incompatibilita' - di  cui  al  secondo  periodo  del  comma  2
dell'art. 7 - correlate  a  «qualsiasi  altra  attivita'  svolta  nel
settore della produzione  e  informazione  scientifica  del  farmaco,
nonche' [al]l'esercizio  della  professione  medica»,  mentre  nessun
rilievo ostativo alla permanenza nella societa'  riveste  l'eventuale
titolarita' di un rapporto di lavoro, pubblico o  privato,  da  parte
dell'erede del socio defunto o dell'acquirente  della  farmacia,  che
non partecipi alla gestione della stessa. 
    4.2.- A sua volta l'art. 7 della legge n. 362  del  1991  -  come
novellato dall'art. 1, comma 157, della legge n. 124 del 2017, che ha
incluso «le societa' di capitali» tra i soggetti che possono assumere
la  titolarita'  dell'esercizio  di  farmacie  private  -   riferisce
senz'altro   anche   ai   partecipanti   a    dette    societa'    le
incompatibilita', gia' sopra richiamate, di cui  al  secondo  periodo
del suo comma 2; e prevede, bensi', che anche a  detti  soggetti  «si
applicano [...] le disposizioni dell'articolo 8»,  tra  le  quali  la
previsione  appunto  (sub  comma  1,   lettera   c),   per   cui   la
partecipazione alle societa' di gestione di farmacie e' incompatibile
«con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato».  Ma  -  ed  e'
cio'  che  il  rimettente  trascura  di  considerare  -  quest'ultimo
requisito negativo e' espressamente subordinato ad una condizione  di
"compatibilita'": e' riferibile, cioe', al  partecipante  a  societa'
esercente farmacie private, solo se e in quanto risulti "compatibile"
con il ruolo da questi rivestito nella societa' stessa. 
    Dal che la conclusione che, se la specifica  incompatibilita'  di
cui si discute e' legata ad un  ruolo  gestorio  della  farmacia,  la
stessa non e' evidentemente riferibile al soggetto che un tale  ruolo
non rivesta nella compagine sociale. 
    4.3.- Sul piano sistematico soccorre a  ulteriormente  confortare
tale esegesi la considerazione che l'incompatibilita'  con  qualsiasi
rapporto di lavoro  pubblico  e  privato,  se  era  coerente  con  il
precedente modello organizzativo - che, allo scopo di assicurare  che
la farmacia fosse comunque gestita e diretta  da  un  farmacista,  ne
consentiva l'esercizio esclusivamente a societa' di persone  composte
da soci farmacisti abilitati,  a  garanzia  dell'assoluta  prevalenza
dell'elemento professionale su quello imprenditoriale  e  commerciale
-, coerente (quella incompatibilita') non lo e' piu' nel contesto del
nuovo quadro normativo di riferimento che emerge dalla  citata  legge
n.  124  del  2017,  che  segna  il  definitivo  passaggio   da   una
impostazione professionale-tecnica della titolarita' e gestione delle
farmacie  ad  una  impostazione  economico-commerciale.  Innovazione,
quest'ultima,  che  si  riflette  appunto  nel  riconoscimento  della
possibilita' che la titolarita' nell'esercizio delle farmacie private
sia acquisita, oltre che da persone fisiche, societa'  di  persone  e
societa' cooperative a responsabilita' limitata, anche da societa' di
capitali;  e  alla  quale  si   raccorda   la   previsione   che   la
partecipazione alla compagine sociale non sia piu'  ora  limitata  ai
soli farmacisti iscritti all'albo e  in  possesso  dei  requisiti  di
idoneita'. Ragion per cui non e' neppure piu' ora indispensabile  una
siffatta idoneita' per la partecipazione al capitale della  societa',
ma e' piuttosto richiesta la  qualita'  di  farmacista  per  la  sola
direzione  della  farmacia:  direzione  che  puo',  peraltro,  essere
rimessa anche ad un soggetto che non sia socio. 
    Essendo,   dunque,   consentita,   nell'attuale   nuovo   assetto
normativo, la titolarita' di  farmacie  (private)  in  capo  anche  a
societa' di capitali,  di  cui  possono  far  parte  anche  soci  non
farmacisti, ne' in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia
o della societa', e' conseguente  che  a  tali  soggetti,  unicamente
titolari di quote del capitale sociale (e  non  altrimenti  vincolati
alla gestione diretta da normative speciali), non sia  pertanto  piu'
riferibile  l'incompatibilita'  «con  qualsiasi  rapporto  di  lavoro
pubblico privato», di cui alla lettera c) del  comma  1  dell'art.  8
della legge n. 362 del 1991. 
    L'opposta  lettura,   in   parte   qua,   di   detta   denunciata
disposizione, da parte del  rimettente,  comporta,  appunto,  la  non
fondatezza, in relazione a tutti i parametri evocati, della questione
su tale erronea premessa sollevata.