ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  10,  comma
4,  della  legge  della  Regione  Toscana  16  aprile  2019,  n.   18
(Disposizioni per la qualita' del  lavoro  e  per  la  valorizzazione
della buona impresa negli appalti di  lavori,  forniture  e  servizi.
Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento  di
lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17-20  giugno  2019,
depositato in cancelleria il 24 giugno 2019, iscritto al  n.  72  del
registro ricorsi 2019 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2019. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito il Giudice relatore Daria de Pretis ai  sensi  del  decreto
della Presidente della Corte del 20 aprile 2020, punto 1) lettere  a)
e c), in collegamento da remoto, senza discussione orale, in  data  5
maggio 2020; 
    deliberato nella camera di consiglio del 5 maggio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
10, comma 4, della legge della Regione Toscana 16 aprile 2019, n.  18
(Disposizioni per la qualita' del  lavoro  e  per  la  valorizzazione
della buona impresa negli appalti di  lavori,  forniture  e  servizi.
Disposizioni organizzative in materia di procedure di affidamento  di
lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007). 
    La norma censurata e' inserita nel capo II della legge regionale,
che disciplina (come risulta dal suo art. 8) le «procedure  negoziate
per l'affidamento  di  lavori  di  cui  all'articolo  36  del  d.lgs.
50/2016» (cioe',  dei  contratti  di  valore  inferiore  alla  soglia
comunitaria), e stabilisce che, «[i]n  considerazione  dell'interesse
meramente locale degli interventi,  le  stazioni  appaltanti  possono
prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e  medie
imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per  una
quota non superiore al 50 per  cento  e  in  tal  caso  la  procedura
informatizzata assicura la presenza delle suddette  imprese  fra  gli
operatori economici da consultare». 
    Secondo  il  ricorrente,  la   possibilita'   di   riservare   la
partecipazione, per una quota non superiore al 50  per  cento,  «alle
micro, piccole e medie  imprese  con  sede  legale  e  operativa  nel
territorio regionale» sarebbe illegittima  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione. Essa, infatti, si
porrebbe in contrasto con l'art. 30, comma 1, del decreto legislativo
18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), «che impone il
rispetto dei principi di libera concorrenza e  non  discriminazione».
La previsione della «riserva regionale» comporterebbe  «una  indebita
restrizione  del  mercato  escludendo  gli  operatori  economici  non
toscani  dalla  possibilita'  di  essere  affidatari   di   pubbliche
commesse». 
    Secondo il ricorrente, non vale  l'obiezione  che  la  norma  non
discriminerebbe in base alla territorialita', «prevedendo anche  solo
l'esistenza di una  sede  operativa  nel  territorio  regionale  come
requisito di accesso agli appalti». Infatti, l'esistenza di una  sede
operativa prossima al luogo di  esecuzione  della  prestazione  «puo'
essere  richiesta  solo  in  relazione  a  particolari  modalita'  di
esecuzione  della   specifica   prestazione   [...]   non   in   modo
generalizzato e valevole per tutti i contratti». La  norma  impugnata
comporterebbe  una  «limitazione  della  concorrenza   che   non   e'
giustificata  da  alcuna  ragione  se  non  quella  -  vietata  -  di
attribuire una posizione di privilegio alle  imprese  del  territorio
per favorire l'economia regionale». 
    Il   ricorrente   rileva   che,   secondo    la    giurisprudenza
costituzionale, in materia di appalti pubblici gli  aspetti  relativi
alle procedure di selezione e  ai  criteri  di  aggiudicazione  «sono
riconducibili alla  tutela  della  concorrenza»  (vengono  citate  le
sentenze n. 186 del 2010, n. 320 del 2008 e  n.  401  del  2007),  di
esclusiva competenza del  legislatore  statale,  ragion  per  cui  le
regioni non potrebbero «prevedere in materia una disciplina  difforme
da quella statale». 
    Osserva poi che «l'art. 36 [cod. contratti pubblici] prevede  che
l'affidamento  degli  appalti  di  valore   inferiore   alle   soglie
comunitarie avvenga consultando elenchi di operatori economici  senza
alcuna indicazione di provenienza, o svolgendo  indagini  di  mercato
senza alcuna limitazione territoriale». La norma statale «prevede si'
che  -  con  criteri  di  rotazione  -  sia  assicurata   l'effettiva
partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, ma non  consente
alcuna discriminazione quanto alla loro localizzazione». 
    La norma regionale impugnata risulterebbe dunque  invasiva  della
competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e
sarebbe indebitamente difforme dalla disciplina dettata dallo Stato. 
    2.- Con memoria depositata il 25 luglio 2019 si e' costituita  in
giudizio la Regione Toscana. 
    Secondo  la  resistente,  la  norma  impugnata  rispetterebbe  le
disposizioni del codice dei contratti pubblici, in particolare l'art.
30, «coniugando, al contempo, il principio di  libera  concorrenza  e
non discriminazione ed il favor partecipationis per le  microimprese,
le piccole e le medie imprese». 
    La Regione rileva che, nelle procedure negoziate  di  affidamento
dei lavori, si riscontra  un  elevato  numero  di  manifestazioni  di
interesse, con conseguente «difficolta' ad individuare modalita'  per
la riduzione del numero dei soggetti da invitare»; e che il  criterio
del sorteggio, cui si e' fatto ricorso,  e'  stato  contestato  dagli
operatori economici. La norma impugnata mirerebbe a  contemperare  il
principio di concorrenza con la tutela delle piccole imprese. 
    La Regione ricorda che, in base al  comma  1  della  disposizione
impugnata,  «[l]e  stazioni  appaltanti,  quando  procedono  mediante
indagine di mercato,  individuano  nella  determina  a  contrarre  il
numero degli operatori da consultare, nel rispetto dei limiti  minimi
previsti dall'articolo 36 del d.lgs. 50/2016». In base  al  comma  2,
«[l]e stazioni appaltanti, nel caso in  cui  pervenga  un  numero  di
manifestazioni  superiore  a  quello  indicato  nella   determina   a
contrarre,  possono  ridurre  il  numero  degli  operatori   mediante
sorteggio». Il comma 3 prevede che le stazioni appaltanti  utilizzino
il Sistema telematico di acquisti della Regione Toscana  (START)  sia
per effettuare l'indagine di mercato sia per  l'eventuale  sorteggio.
Infine, la norma censurata (comma 4) prevede la possibilita'  di  una
riserva di partecipazione a favore  delle  «micro,  piccole  e  medie
imprese con sede legale e operativa nel  territorio  regionale»,  nel
solo caso  in  cui  gli  interventi  siano  di  «interesse  meramente
locale». Tale riserva sarebbe «aggiuntiva rispetto alla quota  minima
di partecipazione prevista dall'art. 36» cod.  contratti  pubblici  e
non   determinerebbe   «alcuna   incidenza   sulle    modalita'    di
partecipazione previste ai sensi dell'articolo 36 del d.lgs. 50/2016,
ne' tantomeno sul numero minimo di partecipanti ivi indicato». 
    La norma impugnata preserverebbe l'effettiva partecipazione delle
micro,  piccole  e  medie  imprese,  mitigando  la   casualita'   del
sorteggio. 
    Per tali ragioni, la Regione Toscana chiede che la  questione  di
legittimita' costituzionale sia dichiarata infondata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Nel  giudizio  in  esame  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri censura l'art.  10,  comma  4,  della  legge  della  Regione
Toscana 16 aprile 2019, n.  18  (Disposizioni  per  la  qualita'  del
lavoro e per la valorizzazione della buona impresa negli  appalti  di
lavori, forniture e servizi. Disposizioni organizzative in materia di
procedure di affidamento di lavori. Modifiche alla l.r. 38/2007). 
    La norma impugnata e' inserita nel capo II della legge regionale,
che disciplina (come risulta dal suo art. 8) le «procedure  negoziate
per l'affidamento  di  lavori  di  cui  all'articolo  36  del  d.lgs.
50/2016» (cioe',  dei  contratti  di  valore  inferiore  alla  soglia
comunitaria), e stabilisce che, «[i]n  considerazione  dell'interesse
meramente locale degli interventi,  le  stazioni  appaltanti  possono
prevedere di riservare la partecipazione alle micro, piccole e  medie
imprese con sede legale e operativa nel territorio regionale per  una
quota non superiore al 50 per  cento  e  in  tal  caso  la  procedura
informatizzata assicura la presenza delle suddette  imprese  fra  gli
operatori economici da consultare». 
    Secondo il ricorrente,  tale  norma  viola  l'art.  117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione e gli artt. 30, comma 1,  e  36
del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice  dei  contratti
pubblici), in quanto la possibilita' di riservare  la  partecipazione
alle gare, per una quota non superiore al 50 per cento, «alle  micro,
piccole e medie imprese con sede legale e  operativa  nel  territorio
regionale» comporterebbe una «limitazione della concorrenza  che  non
e' giustificata da alcuna ragione  se  non  quella  -  vietata  -  di
attribuire una posizione di privilegio alle  imprese  del  territorio
per favorire l'economia regionale». 
    2.- Il ricorso e' fondato. 
    La norma impugnata e' inserita in  un  capo  che  «disciplina  le
modalita' di svolgimento delle indagini di mercato e di  costituzione
e gestione degli elenchi  degli  operatori  economici  da  consultare
nell'ambito delle procedure negoziate per l'affidamento di lavori  di
cui all'articolo 36 del d.lgs. 50/2016, in applicazione  delle  linee
guida approvate  dall'Autorita'  nazionale  anticorruzione»  (art.  8
della legge reg. Toscana n. 18 del 2019). 
    Il citato art. 36 regola, fra l'altro, l'affidamento  dei  lavori
di importo inferiore alla soglia comunitaria, che e'  fissata  -  per
gli appalti pubblici di  lavori  e  per  le  concessioni  -  in  euro
5.350.000 (art. 35, commi 1, lettera a, e 3  del  d.lgs.  n.  50  del
2016). A seguito  della  modifica  introdotta  dal  decreto-legge  18
aprile 2019, n. 32 (Disposizioni urgenti per il rilancio del  settore
dei  contratti  pubblici,  per   l'accelerazione   degli   interventi
infrastrutturali,  di  rigenerazione  urbana  e  di  ricostruzione  a
seguito di eventi  sismici),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 14 giugno 2019, n. 55, lo stesso art. 36 prevede che, «salva la
possibilita' di ricorrere  alle  procedure  ordinarie»,  le  stazioni
appaltanti procedono all'affidamento di lavori «mediante la procedura
negoziata di cui all'articolo 63» in due ipotesi: quello  dei  lavori
di importo compreso fra 150.000 euro e  350.000  euro  e  quello  dei
lavori di importo compreso fra 350.000 euro e 1.000.000 di  euro.  In
entrambi i casi e' richiesta la previa consultazione di almeno  dieci
o, rispettivamente, quindici operatori economici, ove esistenti, «nel
rispetto di un criterio di rotazione degli inviti, individuati  sulla
base  di  indagini  di  mercato  o  tramite  elenchi   di   operatori
economici». L'avviso «sui risultati della  procedura  di  affidamento
contiene  l'indicazione  anche  dei  soggetti  invitati».  L'art.  63
disciplina la procedura negoziata senza previa  pubblicazione  di  un
bando di gara. 
    Le procedure di affidamento dei contratti sotto soglia  sono  poi
regolate dalle Linee guida  dell'Autorita'  Nazionale  Anticorruzione
(ANAC), adottate con delibera 26 ottobre 2016, n. 1097, in attuazione
del previgente art. 36, comma 7, cod.  contratti  pubblici.  In  base
alle Linee guida, la procedura  «prende  avvio  con  la  determina  a
contrarre ovvero con atto a essa  equivalente  secondo  l'ordinamento
della singola stazione appaltante». Successivamente la procedura  «si
articola in tre  fasi:  a)  svolgimento  di  indagini  di  mercato  o
consultazione di elenchi per la selezione di operatori  economici  da
invitare al confronto competitivo; b) confronto competitivo  tra  gli
operatori economici selezionati e invitati e scelta dell'affidatario;
c) stipulazione del contratto» (punti  4.2  e  4.3).  Nell'avviso  di
indagine di mercato la  stazione  appaltante  si  puo'  riservare  la
facolta' di selezionare i soggetti  da  invitare  mediante  sorteggio
(punti 4.1.5 e 4.2.3). Il vigente art.  216,  comma  27-octies,  cod.
contratti pubblici prevede l'adozione di un  regolamento  governativo
ma stabilisce che «le linee guida e i decreti adottati in  attuazione
delle previgenti disposizioni di cui agli articoli [...] 36, comma 7,
[...] rimangono in vigore  o  restano  efficaci  fino  alla  data  di
entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma». 
    3.- Cosi' tratteggiato il contesto normativo in cui si  inserisce
la norma impugnata, e' opportuno precisare  la  sua  esatta  portata,
anche alla luce di alcune affermazioni del ricorrente. 
    Per un verso infatti la disposizione non fissa  un  requisito  di
accesso alle procedure negoziate, sicche' non si puo' dire  che  essa
escluda a priori le imprese non  toscane  dalla  partecipazione  agli
appalti in questione, essendo la riserva di  partecipazione  (che  le
stazioni appaltanti possono prevedere) limitata al massimo al 50  per
cento delle imprese invitate al confronto competitivo. 
    Per altro verso non e' nemmeno esatto dire che essa  richiede  in
via alternativa la sede legale o la  sede  operativa  nel  territorio
regionale: la disposizione utilizza la congiunzione «e», ne' ci  sono
ragioni logiche che portino a superarne la lettera.  Dalla  possibile
riserva di partecipazione sono dunque escluse  le  micro,  piccole  e
medie imprese che hanno  solo  una  delle  due  sedi  nel  territorio
regionale. 
    Inoltre, poiche' la norma impugnata precisa che si tratta di  una
possibile riserva della «partecipazione», si deve ritenere che il suo
oggetto si collochi  nel  secondo  passaggio  della  procedura  sopra
ricordata, cioe' nella fase dell'invito a presentare un'offerta, dopo
lo svolgimento della  consultazione  degli  operatori  economici.  In
virtu' della disposizione  censurata,  la  stazione  appaltante  puo'
prevedere che un certo numero di offerte (non piu' del 50 per  cento)
debba provenire da micro, piccole e medie  imprese  toscane,  e  puo'
cosi' svincolarsi dal rispetto dei criteri generali previsti  per  la
selezione delle imprese da  invitare.  In  altri  termini,  la  norma
impugnata  puo'  giustificare  l'invito  di   imprese   toscane   che
dovrebbero essere escluse a favore di imprese non toscane, in  quanto
- in ipotesi  -  maggiormente  qualificate  sulla  base  dei  criteri
stessi. 
    4.- Cosi' precisata la portata della disposizione impugnata, essa
risulta costituzionalmente illegittima per violazione dell'art.  117,
secondo comma, lettera e), Cost. 
    E' opportuno ricordare che, in base alla giurisprudenza di questa
Corte, «le disposizioni  del  codice  dei  contratti  pubblici  [...]
regolanti le procedure di gara sono riconducibili alla materia  della
tutela della concorrenza, e [...]  le  Regioni,  anche  ad  autonomia
speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme (tra le
tante, sentenze n. 263 del 2016, n. 36 del 2013, n. 328 del 2011,  n.
411 e n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020). Cio'  vale  «anche
per le disposizioni relative ai contratti sotto soglia  (sentenze  n.
263 del 2016, n. 184 del 2011, n. 283 e n. 160 del 2009, n.  401  del
2007), [...] senza che rilevi che la procedura sia aperta o negoziata
(sentenza n. 322 del 2008)» (sentenza n. 39 del 2020). 
    Occorre ricordare inoltre che, in tale contesto, questa Corte  ha
piu' volte dichiarato costituzionalmente illegittime norme  regionali
di protezione delle imprese locali, sia  nel  settore  degli  appalti
pubblici (sentenze n. 28 del 2013 e n. 440 del  2006)  sia  in  altri
ambiti (ad esempio, sentenze n. 221 e n. 83 del 2018  e  n.  190  del
2014). 
    La  norma  impugnata  disciplina  in  generale  una  fase   della
procedura negoziata di affidamento dei lavori pubblici  sotto  soglia
ed e' dunque riconducibile all'ambito materiale  delle  procedure  di
aggiudicazione dei contratti pubblici, che, in quanto attinenti  alla
«tutela della concorrenza», sono riservate alla competenza  esclusiva
del legislatore statale (sentenza n. 28 del 2013). 
    Considerata nel suo contenuto, poi, la norma censurata prevede la
possibilita' di riservare un trattamento  di  favore  per  le  micro,
piccole e medie imprese radicate nel territorio  toscano  e,  dunque,
anche sotto questo  profilo  e'  di  ostacolo  alla  concorrenza,  in
quanto, consentendo una riserva  di  partecipazione,  altera  la  par
condicio fra gli operatori economici interessati all'appalto. 
    La  norma  impugnata,  in  effetti,  contrasta  con  entrambi   i
parametri interposti invocati dal ricorrente: con l'art. 30, comma 1,
cod.  contratti  pubblici  perche'  viola  i   principi   di   libera
concorrenza e non discriminazione in esso sanciti, e con  l'art.  36,
comma 2, dello stesso codice perche' introduce una possibile  riserva
di partecipazione (a favore delle  micro,  piccole  e  medie  imprese
locali) non consentita dalla legge statale. 
    Gli argomenti difensivi spesi dalla Regione non risultano  idonei
a  mutare  tali  conclusioni.  La  resistente  ha   sottolineato   la
necessita' di ricorrere al sorteggio per individuare gli operatori da
invitare e ha ricordato le contestazioni a tale metodo  di  selezione
da  parte   degli   operatori   stessi;   ha   invocato   il   «favor
partecipationis per le microimprese, le piccole e le medie  imprese»;
ha rilevato che la riserva sarebbe «aggiuntiva  rispetto  alla  quota
minima  di  partecipazione  prevista  dall'art.  36»  cod.  contratti
pubblici. Nessuna di queste considerazioni, tuttavia, risulta  idonea
a giustificare una norma che, come quella impugnata, non e' diretta a
favorire le micro, piccole e medie imprese tout court, quanto  invece
le «micro, piccole e medie imprese con sede legale  e  operativa  nel
territorio regionale», nel perseguimento di un obiettivo  che  altera
la concorrenza in  contrasto  con  quanto  previsto  dalla  normativa
statale in materia, come sopra illustrato.