LA CORTE DEI CONTI 
           Sezione giurisdizionale regionale per il lazio 
 
    In  persona  del  giudice  monocratico   Eugenio   Musumeci,   ha
pronunciato la seguente ordinanza; 
    Nel giudizio pensionistico iscritto al n. 74579 del  registro  di
segreteria, proposto da Janni Giulio, nato a Roma il 23 marzo 1953 ed
ivi residente in  piazza  dei  Re  di  Roma  n.  64,  codice  fiscale
JNNGLI53C23H501S, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Viti  (del
foro di Roma), nonche' elettivamente  domiciliato  a  Roma  in  viale
Bruno Buozzi n. 32 presso lo studio del difensore stesso; 
    Contro Ministero  della  difesa,  in  persona  del  ministro  pro
tempore, rappresentato e difeso dal  capo  pro  tempore  dell'ufficio
trattamento economico di  quiescenza  del  Centro  unico  stipendiale
dell'Esercito, nonche' elettivamente domiciliato a Roma in via Sforza
n. 17 presso la sede del predetto ufficio; 
    e contro Istituto Nazionale della Previdenza Sociale  (INPS),  in
persona del presidente pro  tempore,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati Manuela Massa, Emanuela Capannolo, Clementina Pulli e Nicola
Valente (tutti iscritti nell'elenco speciale annesso  all'albo  degli
avvocati  presso  il  tribunale  di  Roma),   nonche'   elettivamente
domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n. 29  presso  l'Avvocatura
centrale dell'INPS stesso. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. Con sentenza il cui dispositivo  e'  stato  letto  all'odierna
udienza del Giudizio 74579 - ordinanza pronunciata all'udienza del 22
gennaio 2018 questo giudice ha accertato che: 
        Giulio Janni, ex militare dell'Esercito, era stato  collocato
a riposo il  31  dicembre  2014  perche'  contestualmente  dichiarato
permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato; 
        conseguentemente il giorno prima, ossia nell'ultimo giorno di
servizio, egli era stato promosso dal grado di brigadiere generale  a
quello di maggiore generale; 
        tuttavia da tale promozione non era scaturito alcun beneficio
stipendiale in costanza del rapporto d'impiego, a  causa  del  blocco
degli effetti economici delle progressioni di carriera introdotto per
il personale c.d. non  contrattualizato  (ossia  quello  disciplinato
dall'art. 3 del decreto legislativo n. 165/2001) dall'art.  9,  comma
21, terzo periodo del  decreto-legge  n.  78/2010  (convertito  dalla
legge n. 122/2010) per il triennio  2011/2013  e  poi  prorogato  per
tutto il 2014 dall'art. 1, comma  1,  lettera  a),  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 122/2013. 
    2. Con  quella  medesima  sentenza  questo  giudice  ha  altresi'
reputato che la  domanda  attorea  dovesse  interpretarsi  in  chiave
estensiva:  cioe'  riferendola  anche  al   computo   degli   effetti
stipendiali della suddetta  promozione  almeno  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2015, data in cui era normativamente  cessato  il  blocco  su
descritto. 
    Il  Ministero  della   difesa   ha   resistito   anche   a   tale
prospettazione. 
    3. Riguardo a quest'ultima va evidenziato,  in  punto  di  fatto,
come l'odierno resistente abbia riconosciuto che «...  il  ripristino
... dell'efficacia economica degli incrementi  retributivi  derivanti
dalla promozione al grado  ...  superiore  ha  ...  prodotto  effetti
soltanto nei confronti del personale militare cessato dal servizio in
regime di 'blocco stipendiale' ... dal 2011 al 2014 ... e  ancora  in
posizione di ausiliaria al 1° gennaio 2015»; e che invece allo Janni,
siccome cessato dal servizio il  31  dicembre  2014  con  contestuale
collocamento nella categoria del congedo assoluto,  ...  non  compete
alcun adeguamento in pensione nel  senso  suindicato  (pag.  2  della
memoria di costituzione). Il che evidenzia una sperequazione rispetto
al caso di un collega dello Janni promosso contestualmente a lui (sia
pur in via discrezionale) e pero'  collocato  a  riposo  dopo  il  1°
gennaio 2015: finendo quegli per godere, in tal  guisa,  di  un  piu'
elevato trattamento di quiescenza. 
    4. Tuttavia a tale disparita' di trattamento non puo'  rimediarsi
a legislazione vigente: atteso che gli artt.  43  (per  il  personale
civile) e 53 (per il personale militare) del decreto  del  Presidente
della  Repubblica  n.  1092/1973  sanciscono  che  «ai   fini   della
determinazione della misura del trattamento  di  quiescenza  la  base
pensionabile ... [e'] costituita dall'ultimo stipendio o  dall'ultima
paga ... integralmente  percepiti  ...».  E  tale  principio  risulta
costantemente applicato, dalla giurisprudenza di  questa  Corte,  nel
senso di escludere la  computabilita'  di  elementi  stipendiali  mai
goduti, anche qualora possa aversi titolo ad ottenerli (ex multis: 2ª
sezione d'appello, sentenza n. 112/2017). 
    5.  Nondimeno  quella  sperequazione,  di  cui  e'  stata  appena
evidenziata la rilevanza nell'odierno giudizio, non  appare  conforme
ai principi di ragionevolezza e di  parita'  di  trattamento  sanciti
dall'art. 3 della Costituzione. 
    A tal proposito vanno pienamente condivise  e  devono  intendersi
qui integralmente richiamate le considerazioni di  cui  all'ordinanza
n. 1/2017 della sezione Liguria di questa  Corte,  poi  iscritta  nel
registro ordinanze della Consulta con il n. 71/2017, in tema  di  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
delle norme menzionate al paragrafo 1, mediante  le  quali  e'  stato
dapprima introdotto e poi prorogato il blocco in argomento. 
    6. In particolare preme sottolineare che, nell'interpretazione da
considerarsi  quale  «diritto  vivente»  (alla  luce   del   poc'anzi
richiamato orientamento giurisprudenziale), tra i destinatari di  una
progressione di carriera  verificatasi  durante  il  quadriennio  del
blocco stesso quest'ultimo rivestirebbe carattere: 
        temporaneo, coerentemente con quanto considerato dalla  Corte
costituzionale stessa con la sentenza n. 304/2013, nei  confronti  di
coloro che rimangano in servizio oltre  la  data  di  cessazione  del
blocco (ossia il 1° gennaio 2015) perche' costoro fruirebbero sia del
beneficio stipendiale da quella medesima data,  sia  del  conseguente
beneficio pensionistico al  momento  del  successivo  collocamento  a
riposo; 
        permanente, nei confronti di coloro che vengano  collocati  a
riposo durante il quadriennio 2011/2014, che invece sarebbero esclusi
da ambo quei benefici. 
    7. A  quest'ultimo  proposito  e'  altresi'  appena  il  caso  di
ricordare che,  assai  spesso,  l'epoca  del  collocamento  a  riposo
prescinde dalla volonta' dell'interessato. 
    Inoltre va da se' che, tra due soggetti con  identica  anzianita'
di carriera che abbiano conseguito la  medesima  promozione  in  pari
data,  venga  collocato  a  riposo  per   primo   il   piu'   anziano
(anagraficamente) tra i due: laddove la Corte costituzionale  stessa,
nel rigettare la questione concernente  la  legittimita'  del  blocco
stesso ai meri fini stipendiali,  «...  ha  valorizzato  il  criterio
oggettivo che si ricava dalla maggiore anzianita'  di  servizio  dei'
soggetti   destinatati   di   un   miglior   trattamento    economico
corrispondente all'ottenuta promozione» (sentenza n.  96/  2016,  che
richiama la gia'  menzionata  n.  304/2013).  Ed  ancor  peggiore  e'
l'eventualita' in cui, tra quei due soggetti, colui che vanti maggior
anzianita' sia anagrafica che di carriera consegua  prima  dell'altro
la medesima promozione e, pero', venga collocato a riposo in costanza
del blocco: perche', dopo il 1° gennaio 2015, il collega piu' giovane
finirebbe con lo scavalcarlo dapprima sul piano stipendiale e poi  su
quello pensionistico, anche a parita' di eta' anagrafica  al  momento
del (rispettivo) collocamento a riposo  e  di  durata  globale  della
carriera. 
    8. Last but not least, la promozione c.d. alla vigilia attribuita
all'odierno  ricorrente  ai  sensi   dell'art.   1076   del   decreto
legislativo   n.   66/2010   (codice    dell'ordinamento    militare)
rivestirebbe  carattere  meramente   virtuale,   a   dispetto   della
circostanza che essa risultasse appunto obbligatoria ex lege anziche'
esser scaturita dalla  discrezionalita'  dell'Amministrazione  a  cui
apparteneva lo Janni.  Talche',  in  buona  sostanza,  la.  normativa
concernente il blocco degli effetti economici delle  progressioni  di
carriera avrebbe anticipato al 1° gennaio 2011 la formale abrogazione
di quella peculiare promozione (poi abrogata dal 1° gennaio 2015,  in
virtu' dell'art. 1, comrna 258 della legge n.  190/2014),  aggravando
cosi' i dubbi di legittimita' costituzionale fin qui illustrati. 
    9. Conclusivamente anche nel caso di specie  va  sollevata,  alla
luce delle su esposte considerazioni ed  in  riferimento  all'art.  3
della Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  del
combinato  disposto  dell'art.  9,  comma  21,  terzo   periodo   del
decreto-legge  n.  78/2010  (convertito  nella  legge  n.  122/2010),
dell'art. 16, comma  1,  lettera  b)  del  decreto-legge  n.  98/2011
(convertito nella legge n. 111/2011) e dell'art. 1, comma 1,  lettera
a) del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  122/2013:  nella
parte in cui, per il dipendente pubblico  in  favore  del  quale  sia
stata disposta una progressione di carriera negli anni  dal  2011  al
2014 e che sia stato altresi' collocato a riposo  nell'arco  di  tale
quadriennio, prevede che  successivamente  al  1°  gennaio  2015  gli
effetti  di  quella  progressione  di  carriera  permangano  limitati
esclusivamente ai fini giuridici e non siano invece  computabili  nel
trattamento pensionistico.