ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  29,  comma
1, lettera c),  del  decreto  legislativo  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42), promosso dalla Corte dei conti - sezione regionale di  controllo
per la Campania, nel procedimento  relativo  alla  Azienda  sanitaria
locale (ASL) di Caserta, con ordinanza del 17 luglio  2019,  iscritta
al n. 201 del registro ordinanze 2019  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 47,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2019. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito il Giudice relatore Aldo Carosi nella camera  di  consiglio
del 26 maggio 2020, svolta ai  sensi  del  decreto  della  Presidente
della Corte del 20 aprile 2020, punto 1), lettera a); 
    deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2020. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte dei conti, sezione regionale  di  controllo  per  la
Campania, con ordinanza del 17 luglio 2019, iscritta al  n.  201  del
registro ordinanze  2019,  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  29,  comma  1,  lettera  c),  del  decreto
legislativo 23 giugno 2011, n. 118, recante «Disposizioni in  materia
di armonizzazione dei sistemi contabili e degli  schemi  di  bilancio
delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42», in riferimento agli
artt. 3, 81 e 97, commi primo e secondo, della Costituzione, anche in
combinato disposto con gli artt. 1, 2 e 32 Cost. 
    1.1.- L'art. 29 (Principi di valutazione  specifici  del  settore
sanitario), comma 1, cosi' dispone: «1.  Al  fine  di  soddisfare  il
principio generale di chiarezza e  di  rappresentazione  veritiera  e
corretta, nonche' di garantire l'omogeneita', la confrontabilita'  ed
il consolidamento dei bilanci dei servizi  sanitari  regionali,  sono
individuate le modalita' di rappresentazione, da parte degli enti  di
cui all' articolo 19, comma 2, lettera c) e lettera b), punto i), ove
ricorrano le condizioni ivi  previste,  delle  seguenti  fattispecie:
[...] c. i contributi in conto  capitale  da  regione  sono  rilevati
sulla base del  provvedimento  di  assegnazione.  I  contributi  sono
iscritti in un'apposita voce di  patrimonio  netto,  con  contestuale
rilevazione di un credito verso regione. Laddove siano impiegati  per
l'acquisizione  di  cespiti  ammortizzabili,  i  contributi   vengono
successivamente stornati a  proventi  con  un  criterio  sistematico,
commisurato  all'ammortamento  dei  cespiti   cui   si   riferiscono,
producendo la sterilizzazione dell'ammortamento stesso. Nel  caso  di
cessione di beni acquisiti tramite contributi in conto  capitale  con
generazione di minusvalenza, viene stornata a provento una  quota  di
contributo commisurata alla  minusvalenza.  La  quota  di  contributo
residua resta iscritta nell'apposita voce di patrimonio netto  ed  e'
utilizzata per sterilizzare l'ammortamento dei beni acquisiti con  le
disponibilita' generate dalla dismissione. Nel caso  di  cessione  di
beni acquisiti tramite contributi in conto capitale  con  generazione
di plusvalenza, la plusvalenza viene  direttamente  iscritta  in  una
riserva  del  patrimonio  netto,  senza  influenzare   il   risultato
economico  dell'esercizio.  La  quota  di  contributo  residua  resta
iscritta nell'apposita voce di patrimonio  netto  ed  e'  utilizzata,
unitamente alla riserva derivante dalla plusvalenza, per sterilizzare
l'ammortamento dei beni  acquisiti  con  le  disponibilita'  generate
dalla dismissione. Le presenti disposizioni  si  applicano  anche  ai
contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici,  a
lasciti  e  donazioni  vincolati  all'acquisto  di  immobilizzazioni,
nonche' a conferimenti, lasciti e donazioni  di  immobilizzazioni  da
parte dello Stato,  della  regione,  di  altri  soggetti  pubblici  o
privati». 
    1.2.- Riferisce il giudice rimettente che la questione  e'  sorta
nel corso del controllo svolto  sui  bilanci  dell'Azienda  sanitaria
locale (ASL) di Caserta all'esito di tale esame e del contraddittorio
esperito con l'azienda sanitaria. Nel corso  dell'indagine  la  Corte
dei conti ha posto in esame anche la situazione del patrimonio  netto
(Pn)  dell'azienda  sanitaria  in   relazione   alle   modalita'   di
contabilizzazione dei «contributi in conto capitale». 
    Secondo il giudice a quo, tali  modalita'  di  contabilizzazione,
disposte peraltro  in  perfetta  aderenza  a  quanto  previsto  dalla
disposizione censurata, porterebbero a  una  duplice  valutazione  di
tali contributi: una prima volta come «voce di patrimonio  netto»;  e
poi anche come «proventi» straordinari, utilizzabili per annullare  i
costi di ammortamento dei cespiti acquistati. 
    1.3.-  In  punto  di  legittimazione  ad  agire,  la  sezione  di
controllo della Corte dei  conti  ritiene  di  essere  legittimata  a
sollevare questioni di  legittimita'  costituzionale,  a  suo  avviso
sussistendo, nella fattispecie, i presupposti soggettivo e  oggettivo
per tale legittimazione. 
    1.3.1.- Al riguardo si sostiene che l'ambito entro cui si colloca
la funzione di controllo esercitata dalla Corte dei  conti  ai  sensi
dell'art. 1, comma 3, del  decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.  174
(Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone terremotate nel maggio  2012),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge  7  dicembre  2012,  n.  213  -  il  quale  riproduce  la
formulazione e i contenuti dell'art. 148-bis del decreto  legislativo
18 agosto 2000, n. 267  (Testo  unico  delle  leggi  sull'ordinamento
degli enti locali) - e' un controllo  di  legittimità-regolarita'.  A
tale proposito si richiama la sentenza di  questa  Corte  n.  39  del
2014, con la quale e' stato affermato che «il  controllo  finanziario
attribuito alla Corte dei conti e, in particolare, quello che  questa
e' chiamata a  svolgere  sui  bilanci  preventivi  e  sui  rendiconti
consuntivi degli enti locali e  degli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale, va ascritto alla categoria del sindacato di legalita' e di
regolarita'». 
    1.3.2.- Per quanto concerne il possesso del requisito  soggettivo
il giudice a quo espone che la Corte dei conti, nel  procedimento  di
controllo sugli equilibri del bilancio delle autonomie e  delle  loro
appendici organizzative agirebbe super  partes  soprattutto  rispetto
alla comunita' di riferimento e tanto varrebbe specialmente  per  gli
interessi finanziari  adespoti  alla  congruita'  delle  risorse  per
l'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni  (LEA).  Quanto
al requisito oggettivo, il giudice rimettente evidenzia  che  non  si
sarebbe in  presenza  di  un  controllo  collaborativo,  sia  per  la
definitivita' dell'accertamento, sia per gli effetti di legge che  vi
conseguono e che si impongono all'ente controllato e talvolta a terzi
e fermo restando il loro diritto di difesa  ai  sensi  dell'art.  11,
comma 6, lettera e), dell'Allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto
2016, n. 174  (Codice  di  giustizia  contabile,  adottato  ai  sensi
dell'articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124). 
    1.4.- Tanto premesso, la Corte dei conti riferisce che, nel  caso
oggetto  del  controllo,  il  valore  finale  del  patrimonio   netto
dell'azienda sanitaria oggetto dell'indagine  subirebbe  gli  effetti
delle  minori  attivita'  patrimoniali  irregolarmente  accertate   e
dipenderebbe dall'applicazione della disciplina speciale  contemplata
dall'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011. 
    1.4.1.- Secondo il giudice a quo  tale  disposizione  recepirebbe
istruzioni tecniche gia' applicate da tempo nel settore, a  mezzo  di
fonti non normative (richiama le «Linee guida per il  bilancio  delle
aziende sanitarie» della Ragioneria generale dello Stato,  pubblicate
con il Bollettino d'informazioni del 6 giugno 1995), che  prevedevano
contemporaneamente la sterilizzazione dell'ammortamento  dei  cespiti
acquistati tramite lo  storno  a  conto  economico  del  valore  gia'
contabilizzato nel patrimonio netto. 
    La disciplina vigente, recata dal d.lgs. n. 118 del 2011, avrebbe
confermato  tale  impostazione  e  conterrebbe  una  regolamentazione
precipua per la contabilizzazione dei contributi  in  conto  capitale
(di seguito anche «in conto  investimenti»)  ricevuti  dalla  finanza
regionale, nell'ambito della contabilita' pubblica sanitaria. 
    Secondo il giudice a quo detta scelta legislativa,  sottesa  alla
classificazione del contributo in conto capitale  tra  le  componenti
speciali  del  patrimonio  netto   delle   aziende   di   erogazione,
sembrerebbe essere fondata sul fatto che i contributi derivano  dagli
stessi proprietari del capitale sociale (la Regione e  indirettamente
il Sistema sanitario nazionale) e  sul  fatto  che  il  trasferimento
sarebbe  sostanzialmente  gratuito,  al  netto  della  necessita'  di
provvedere al rispetto del vincolo di destinazione,  che,  una  volta
rispettato con l'acquisto di un  asset  di  investimento,  rimarrebbe
stabilmente  allocato  nel  patrimonio  dell'azienda.  Nondimeno,  si
prosegue, la regola dell'art. 29, comma 1, lettera c), consentirebbe,
contemporaneamente,  con  lo  stesso  contributo,  di  "sterilizzare"
(altrimenti detto, di annullare)  sul  conto  economico  gli  effetti
(economici) degli ammortamenti dei cespiti acquistati. 
    In tal modo, il conto economico (e quindi la gestione corrente di
esercizio)  non  dovrebbe   farsi   carico   degli   oneri   connessi
all'ammortamento dei beni acquistati, utilizzando parte delle risorse
prelevate dal patrimonio netto (ovvero  mediante  una  riduzione  dei
contributi pari alle quote di ammortamento). 
    Secondo la Corte dei  conti  tale  soluzione  divergerebbe  dalla
tecnica aziendalistica espressa dai principi contabili richiamati dal
codice  civile:  si  osserva  che  nella  disciplina  civilistica  la
"sterilizzazione" dell'ammortamento sarebbe ammessa solo nel caso  in
cui i contributi siano  stati  contabilizzati  alla  stregua  di  una
passivita' in senso tecnico  e,  segnatamente,  alla  stregua  di  un
«risconto passivo», a titolo di ricavo pluriennale. Laddove,  invece,
si contabilizzi tale  componente  come  un  elemento  del  patrimonio
netto, tanto non sarebbe possibile, non potendo  il  medesimo  essere
destinato a copertura di passivita' certe e determinate, ma  solo  di
perdite. 
    1.4.2.-  Il  dubbio  di  costituzionalita'  concernerebbe  quindi
l'inconciliabilita' logica di tale doppia  parallela  scelta  tecnica
che, secondo il rimettente, renderebbe insanabilmente  non  veritiero
il valore del patrimonio netto finale, inteso come  saldo  capace  di
misurare gli equilibri effettivi di bilancio e i doveri  di  bilancio
conseguenti, sia per l'ente del Servizio sanitario nazionale che  per
gli organi tutori. 
    1.5.- In punto di rilevanza la  sezione  della  Corte  dei  conti
rimettente osserva che, nell'ambito del procedimento di controllo  ai
sensi dell'art. 1, commi 3 e 7, del decreto-legge n.  174  del  2012,
come  convertito,  sarebbe  tenuta  a   enunciare,   direttamente   o
indirettamente, in che termini la misura  del  patrimonio  netto  sia
stata modificata applicando la disciplina  contabile  generale  (art.
2424 cod. civ.) e speciale (art. 29  del  d.lgs.  n.  118  del  2011)
all'uopo prevista, in quanto i comportamenti conformativi che  devono
scaturire da tale accertamento (ai sensi dell'art. 1,  comma  7,  del
decreto-legge n. 174 del 2012) sarebbero non solo  conseguenza  della
modifica degli equilibri rendicontati, ma anche della loro misura. 
    Cio' comporterebbe che le irregolarita' accertate,  nel  caso  di
incostituzionalita' della norma, porterebbero a una  piu'  importante
riduzione virtuale del patrimonio netto, con la riclassificazione del
patrimonio stesso in termini negativi. 
    Evidenzia  che  ritenendo  irrazionale,  e  incostituzionale,  la
"patrimonializzazione" del  contributo  che  dovrebbe  essere  invece
trattato alla stregua di un risconto passivo (come avviene, di norma,
secondo la disciplina civilistica), tanto porterebbe ad abbattere  il
patrimonio netto per un importo corrispondente esattamente al  valore
di tali contributi. 
    1.6.- Il giudice  a  quo  ritiene  che,  sulla  base  del  tenore
letterale della disposizione, non  sia  possibile  dare  della  norma
indubbiata  un'interpretazione  diversa  in  quanto  la  formulazione
sarebbe chiara  e  non  si  presterebbe  a  diverse  interpretazioni,
indicando in maniera evidente il meccanismo di contabilizzazione  del
contributo nelle sue varie  fasi.  La  norma,  infatti,  prevederebbe
dettagliatamente sia l'iscrizione del contributo nel patrimonio netto
che la tecnica di impiego dello stesso nel conto economico al fine di
"sterilizzare"  i  costi  di  ammortamento.  Essa   sarebbe   inoltre
uniformemente applicata da tutti  gli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale  allo  stesso  modo,  ne'  risulterebbero   interpretazioni
divergenti da parte degli organi giudiziari di controllo,  quasi  che
costituisca diritto vivente. 
    1.7.- Tanto  premesso,  la  Corte  dei  conti  ritiene  che  tale
disposizione violi il combinato disposto degli  artt.  3,  81  e  97,
commi primo e secondo, Cost., per irragionevolezza della  costruzione
normativa del saldo. 
    Osserva che, sebbene gli enti del Servizio sanitario adottino  il
sistema di contabilita' di diritto  comune,  salvo  alcune  norme  di
diritto speciale, la declinazione speciale di tale  disciplina  e  la
divaricazione  dal  modello  civilistico  sarebbero  collegate   alle
precipue finalita' della contabilita' pubblica,  che  qualificano  lo
stesso bilancio, (inteso  come  «ciclo»  e  non  come  «atto»),  alla
stregua di un «bene pubblico» (sono richiamate le sentenze di  questa
Corte n. 49 del 2018, n. 247 del 2017, n. 228 del 2017,  n.  184  del
2016) da cui conseguirebbe l'obbligo  del  bilancio  di  rendere  una
trasparente rappresentazione degli equilibri;  il  bilancio  di  tali
enti risponderebbe anche all'esigenza di  assicurare  la  continuita'
dell'azione della pubblica amministrazione, per le precipue finalita'
di erogazione dei servizi pubblici nel rispetto del principio di buon
andamento, ai sensi dell'art. 97, secondo comma, Cost. 
    I principi dell'equilibrio e della continuita', con il corollario
del principio  della  sincerita'  del  bilancio,  nella  contabilita'
pubblica   sarebbero    serventi    all'accountability    del    ceto
politico-amministrativo, ex art.  1  Cost.,  nonche'  all'uguaglianza
sostanziale dei  cittadini  sul  territorio  nazionale  e  nel  tempo
(cosiddetta solidarieta' intergenerazionale),  ex  artt.  3,  secondo
comma, e 2 Cost. 
    Secondo il rimettente, nel caso di specie, la  manipolazione  del
bilancio e dei concetti contabili, e in particolare delle regole  che
presidiano  la  costruzione  dei  saldi,  effettuata  con  la   norma
indubbiata, potrebbe portare a trasformare situazioni  di  squilibrio
in forme di equilibrio simulato,  con  cio'  vanificando  la  portata
precettiva della regola costituzionale  che  impone  al  bilancio  di
fornire costantemente una rappresentazione veritiera e congrua  della
realta',  in  modo  da  consentire  anche  le   eventuali   modifiche
gestionali e contabili necessarie al recupero nel tempo dello  stesso
squilibrio evidenziato. 
    1.7.1.-  Ritiene  al  riguardo  non  condivisibili  gli   intenti
dichiarati a suo tempo nelle  «Linee  guida  per  il  bilancio  delle
aziende sanitarie» della Ragioneria generale dello Stato del 6 giugno
1995  -  che  congegnavano  il   meccanismo   della   sterilizzazione
unitamente alla contabilizzazione dei contributi  in  conto  capitale
nel  patrimonio  netto  -  consistenti,  da  un  canto,  nell'evitare
un'eccessiva crescita del Pn stesso (per effetto  della  periodicita'
dei predetti contributi) e, dall'altro, nell'evitare l'esposizione di
perdite di esercizio causate dall'incidenza delle suddette  quote  di
ammortamento sui costi, cosicche', con  la  tecnica  prescelta,  allo
scadere   del   periodo   di   ammortamento,   si   sarebbe    giunti
all'azzeramento dell'intero contributo in conto capitale utilizzato. 
    Il giudice a quo ritiene tale scelta indubbiamente sproporzionata
in quanto, anche senza la sterilizzazione, il Pn, in  base  alla  sua
generale struttura tassonomica, avrebbe dovuto ridursi, ugualmente  e
progressivamente,  durante  tutto  il  periodo  di  ammortamento  dei
cespiti. 
    In altre parole, la  contabilizzazione  nel  Pn  e  la  volonta',
anch'essa dichiarata, di evitare  una  registrazione  di  perdite  in
conto economico, avrebbero l'effetto paradossale di far  crescere  in
modo improprio il  patrimonio  netto  nel  periodo  di  ammortamento,
rendendo opachi - e sviando dalla loro funzione -  entrambi  i  saldi
della contabilita' economico-patrimoniale: il patrimonio netto  e  il
risultato di esercizio. 
    1.7.2.-  Secondo  il  rimettente,  tanto  contrasterebbe  con  le
opzioni   offerte   dalla   tecnica   ragionieristico-aziendale   che
consentirebbero di scegliere tra due  modalita'  di  rappresentazione
contabile alternative, giammai cumulative.  Tali  tecniche  sarebbero
rinvenibili negli standard  codificati  in  raccolte  provenienti  da
associazioni di categoria professionali, segnatamente, dall'Organismo
italiano  di  contabilita'   (OIC),   dall'International   Accounting
Standards  Commitee  (International  Accounting  Standard   -   IAS),
dall'International Accounting Standard Board (International Financial
Reporting  Standards  -  IFRS),  dall'International   Public   Sector
Accounting  Standards   (International   Public   Sector   Accounting
Standards - IPSAS), in quanto richiamati dal codice civile. 
    Piu' precisamente, l'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs.  n.
118 del  2011  per  la  contabilizzazione  dei  contributi  in  conto
capitale  cumulerebbe  il  «metodo  patrimoniale»  (che  prevede   la
contabilizzazione del contributo stesso nel patrimonio  netto)  e  il
«metodo reddituale» (che considera la contabilizzazione  del  ridetto
contributo come «ricavo pluriennale», utilizzato per  sterilizzare  i
costi pluriennali di ammortamento negli anni successivi). 
    L'irragionevolezza della  scelta  tecnica  espressa  dalla  norma
indubbiata, secondo il rimettente, ridonderebbe come  violazione  del
principio dell'equilibrio di bilancio (artt. 81, 97, 3, primo  comma,
Cost.), del buon andamento ai  sensi  dell'art.  97,  secondo  comma,
Cost. e degli artt. 1 e 3, secondo comma, nonche' degli artt. 2 e  32
Cost. 
    1.8.- Oltre alla violazione del principio di  ragionevolezza,  la
norma censurata determinerebbe altresi' un diretto  pregiudizio  alla
capacita' del bilancio di assicurare l'uguaglianza sostanziale  e  di
garantire l'adempimento dei doveri di solidarieta'  al  servizio  del
diritto alla salute (artt. 2 e 32 Cost.), in quanto, da un canto, non
consentirebbe alle Regioni di avere immediata e  piena  contezza  del
momento in cui e' necessaria  un'azione  di  ripiano  e,  dall'altro,
porrebbe problemi generali di tenuta, in termini  di  effettiva  resa
del servizio sanitario (per quantita' e  qualita'  delle  prestazioni
costituzionalmente necessarie, ex art. 117, secondo comma, lettera m,
Cost.). 
    Secondo  il  rimettente  la  carenza   strutturale   di   risorse
(dissimulata da un patrimonio netto solo apparentemente positivo  per
effetto   di   una   irragionevole   tassonomia),   si    tradurrebbe
inevitabilmente nell'incapacita' dell'azienda sanitaria di assicurare
standard dei servizi e dei LEA quantitativamente  e  qualitativamente
adeguati. 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, deducendo l'infondatezza delle questioni sollevate. 
    2.1.- Al fine di chiarire il senso della disposizione  censurata,
il Presidente del Consiglio dei ministri  rammenta  che,  sulla  base
della legislazione vigente, il finanziamento del  Servizio  sanitario
nazionale, al quale concorre lo Stato, si articola,  rispettivamente,
nel: 
    a) finanziamento  sanitario  corrente:  il  relativo  livello  e'
stabilito annualmente dalla legge di bilancio allo scopo di garantire
l'erogazione dei livelli essenziali  di  assistenza  e,  dunque,  per
acquistare ovvero produrre direttamente ed erogare  ai  cittadini  le
prestazioni sanitarie, pur non essendo escluso che tale finanziamento
venga utilizzato anche per effettuare investimenti; 
    b)  finanziamento  in  conto  capitale,  destinato   all'edilizia
sanitaria e all'ammodernamento tecnologico di cui all'art.  20  della
legge 11 marzo 1988, n. 67, recante «Disposizioni per  la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  (legge  finanziaria
1988)», successivamente rifinanziata: il  complessivo  programma  con
oneri a carico  dello  Stato  sarebbe  attualmente  stabilito  in  28
miliardi di euro (come previsto dall'art. 1, comma 555,  della  legge
30 dicembre 2018, n. 145, «Bilancio di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2019  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2019-2021»). 
    Tenuto altresi' conto di pregressi  comportamenti  delle  Regioni
che avrebbero effettuato investimenti privi di copertura,  l'art.  29
censurato introdurrebbe dunque due regimi  derogatori  rispetto  alle
norme civilistiche sopra richiamate: 
    1) qualora l'investimento sia finanziato in conto capitale  dallo
Stato, dalle Regioni o, in via  residuale,  da  altri  enti  pubblici
ovvero da risorse derivanti da  donazioni  e,  dunque,  a  valere  su
risorse ulteriori rispetto al finanziamento della gestione  sanitaria
corrente, in quanto finalizzate proprio agli investimenti,  la  quota
di ammortamento dell'esercizio (voce di costo) verrebbe  sterilizzata
e dunque diventerebbe ininfluente ai fini  della  determinazione  del
risultato di  esercizio.  Ovviamente,  si  prosegue,  anche  l'attivo
patrimoniale subirebbe una corrispondente, progressiva riduzione  con
l'avanzare  dell'ammortamento  del  bene.  In  altri   termini,   pur
applicandosi contabilmente l'ammortamento,  nel  conto  economico  la
relativa voce di costo sarebbe compensata con una voce di  ricavo  e,
pertanto, non influirebbe sul risultato  di  esercizio;  nello  stato
patrimoniale, l'attivo dato dal bene durevole entrato in azienda e la
voce   di   patrimonio   netto   corrispondente   al    finanziamento
dell'investimento stesso si ridurrebbero progressivamente in  ragione
e in proporzione al progredire dell'ammortamento. 
    Ne  deriverebbe  che  la  gestione  corrente  potrebbe  destinare
l'intero  finanziamento  sanitario  corrente   (ricavi)   alla   sola
erogazione dei livelli essenziali di assistenza, senza  doversi  fare
carico  del  finanziamento  degli  investimenti,  in  quanto   questi
troverebbero la loro copertura in altre fonti. 
    2)  Laddove,  invece,  il  bene  sia  acquistato  ricorrendo   al
finanziamento sanitario corrente, non solo l'ammortamento rileverebbe
ai fini della determinazione del  risultato  di  esercizio  ma,  allo
scopo  di   assicurare,   oltre   all'equilibrio   economico,   anche
l'equilibrio finanziario  dell'ente  (nella  specie  l'equilibrio  di
cassa, legato all'esborso per l'acquisto), la regola contenuta  nella
lettera b) del medesimo art. 29 imporrebbe  l'ammortamento  integrale
nell'esercizio di acquisizione mediante l'iscrizione di un costo pari
all'intero valore dell'immobilizzazione. 
    Osserva il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  che  tanto
comporterebbe che l'ente sarebbe tenuto a  ridurre  i  costi  diversi
dall'investimento in modo da garantire la piena copertura  di  questo
sia in termini economici  (equilibrio  di  ricavi  e  costi)  sia  in
termini  finanziari  (1a  riduzione  degli   altri   genererebbe   un
fabbisogno di cassa che coprirebbe  il  maggior  fabbisogno  generato
dall'investimento),  pur  garantendo   nel   contempo   la   regolare
erogazione dei LEA. 
    Tale  deroga  alla  tecnica  dell'ammortamento  pluriennale,   si
prosegue, sarebbe stata pertanto introdotta per evitare che gli  enti
effettuino investimenti a valere sul  finanziamento  corrente  al  di
fuori di un'attenta programmazione dei relativi flussi di cassa (come
storicamente  sarebbe  avvenuto),  con  conseguente   produzione   di
squilibri  finanziari,  di  ritardi  generalizzati  nel  sistema  dei
pagamenti dei debiti commerciali e di generazione di  maggiori  oneri
da interessi moratori.  Essa  dunque,  da  un  canto,  sarebbe  stata
introdotta per garantire una corretta gestione finanziaria  in  vista
della garanzia dell'erogazione dei LEA e,  dall'altro,  costituirebbe
un disincentivo  all'investimento  con  risorse  correnti,  visto  il
regime aggravato  dell'obbligo  di  ammortamento  al  100  per  cento
nell'anno di acquisizione del bene. 
    Quindi, si prosegue, laddove  i  ricavi  ordinari  finanzino  gli
investimenti,   questi    dovrebbero    sottostare    a    un'attenta
programmazione  allo  scopo  di  evitare  che,  pur  in  presenza  di
condizioni di equilibrio economico (nel singolo esercizio inciderebbe
infatti quale costo non l'intero investimento, ma solo  la  quota  di
ammortamento di  competenza),  si  determinino  squilibri  finanziari
capaci di compromettere  l'ordinata  gestione  del  ciclo  passivo  e
generare a loro volta oneri da ritardi nel sistema dei pagamenti. 
    2.2.- La "sterilizzazione  degli  ammortamenti"  rappresenterebbe
una  significativa  deroga  alle  disposizioni  civilistiche  operata
dall'art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011,  ma  essa  rientrerebbe  nel
quadro delle scelte relative al trattamento contabile dei  contributi
in conto capitale,  i  quali  rappresentano  una  specificita'  delle
aziende sanitarie pubbliche. 
    Evidenzia  infine  che  l'assegnazione  di  contributi  in  conto
capitale da parte della Regione o da parte dello Stato  (ex  art.  20
della legge n. 67 del 1988)  permetterebbe  agli  enti  riceventi  di
avviare i lavori per la realizzazione  delle  opere,  ma,  spesso,  i
lavori da  eseguire  o  l'attuazione  del  piano  degli  investimenti
subirebbero   variazioni   sostanziali   (per   oggetto,   tempi   di
realizzazione ed importi) tali  da  rendere  piu'  opportuno  che  la
correlazione tra la realizzazione  dell'investimento  e  l'erogazione
del contributo non influenzi la gestione ordinaria dell'azienda e non
ne infici il risultato d'esercizio. 
    2.3.-  Alla  stregua  delle  considerazioni  che  precedono,   il
Presidente del Consiglio dei ministri, nella  memoria  depositata  in
prossimita' dell'udienza, afferma che la norma censurata risulterebbe
pienamente  conforme  ai  parametri   costituzionali   invocati   dal
rimettente, proprio perche' le peculiarita', innanzi evidenziate, che
caratterizzano il sistema  di  finanziamento  degli  investimenti  in
campo sanitario, unitamente all'inderogabile  esigenza  di  garantire
l'erogazione  dei  LEA,  darebbero  conto  e  ragione   della   piena
razionalita' e congruita' della disciplina derogatoria introdotta  in
materia contabile e di bilancio per le aziende sanitarie pubbliche. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza in  epigrafe  la  Corte  dei  conti,  sezione
regionale di controllo per la Campania, nell'ambito del  procedimento
di controllo del bilancio  dell'Azienda  sanitaria  locale  (ASL)  di
Caserta,  ha  sollevato  questioni  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 23  giugno
2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e dei loro organismi, a norma degli articoli 1  e  2  della  legge  5
maggio 2009, n. 42), in riferimento agli artt. 81 e 97, commi primo e
secondo, della Costituzione, anche  in  combinato  disposto  con  gli
artt. 1, 2, 3 e 32 Cost. 
    La  norma  censurata,  che  contiene  principi   di   valutazione
specifici  del  settore  sanitario,  disciplina   le   modalita'   di
rappresentazione, da parte degli enti di cui all'art.  19,  comma  2,
lettera c) e lettera b), punto i), del medesimo  d.lgs.  n.  118  del
2011, dei contributi in conto capitale ricevuti dalla Regione,  dallo
Stato e da altri soggetti pubblici e privati.  Essa  prevede  che  «i
contributi in conto capitale da regione sono rilevati sulla base  del
provvedimento  di  assegnazione.  I  contributi  sono   iscritti   in
un'apposita voce di patrimonio netto, con contestuale rilevazione  di
un credito verso regione. Laddove siano impiegati per  l'acquisizione
di  cespiti  ammortizzabili,  i  contributi  vengono  successivamente
stornati  a  proventi  con  un  criterio   sistematico,   commisurato
all'ammortamento  dei  cespiti  cui  si  riferiscono,  producendo  la
sterilizzazione dell'ammortamento stesso. Nel  caso  di  cessione  di
beni acquisiti tramite contributi in conto capitale  con  generazione
di minusvalenza, viene stornata a provento una  quota  di  contributo
commisurata alla minusvalenza. La quota di contributo  residua  resta
iscritta nell'apposita voce di patrimonio netto ed e' utilizzata  per
sterilizzare l'ammortamento dei beni acquisiti con le  disponibilita'
generate dalla dismissione. Nel caso di cessione  di  beni  acquisiti
tramite contributi in conto capitale con generazione di  plusvalenza,
la  plusvalenza  viene  direttamente  iscritta  in  una  riserva  del
patrimonio  netto,   senza   influenzare   il   risultato   economico
dell'esercizio.  La  quota  di  contributo  residua  resta   iscritta
nell'apposita voce di patrimonio netto ed e'  utilizzata,  unitamente
alla  riserva   derivante   dalla   plusvalenza,   per   sterilizzare
l'ammortamento dei beni  acquisiti  con  le  disponibilita'  generate
dalla dismissione. Le presenti disposizioni  si  applicano  anche  ai
contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici,  a
lasciti  e  donazioni  vincolati  all'acquisto  di  immobilizzazioni,
nonche' a conferimenti, lasciti e donazioni  di  immobilizzazioni  da
parte dello Stato,  della  regione,  di  altri  soggetti  pubblici  o
privati». 
    1.1.- La sezione rimettente assume,  preliminarmente,  di  essere
legittimata a sollevare questioni di legittimita'  costituzionale,  a
suo avviso sussistendo, nella fattispecie, i presupposti soggettivo e
oggettivo per  tale  legittimazione.  Al  riguardo  si  sostiene  che
l'ambito entro cui si colloca la  funzione  di  controllo  esercitata
dalla Corte dei conti sulle Regioni e sugli enti  che  compongono  il
Servizio sanitario nazionale (SSN), ai sensi dell'art.  1,  comma  3,
del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, nella legge 7 dicembre 2012, n.
213 - il quale riproduce la  formulazione  e  i  contenuti  dell'art.
148-bis del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267  (Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) - e' un controllo  di
legittimità-regolarita'. A tale proposito si richiama la sentenza  di
questa Corte n. 39 del 2014, con la quale e' stato affermato che  «il
controllo  finanziario  attribuito  alla  Corte  dei  conti   e,   in
particolare, quello che questa e' chiamata  a  svolgere  sui  bilanci
preventivi e sui rendiconti consuntivi degli enti locali e degli enti
del Servizio sanitario nazionale,  va  ascritto  alla  categoria  del
sindacato di legalita' e di regolarita'». 
    Inoltre, le questioni sollevate sarebbero rilevanti in quanto  il
rimettente e' chiamato,  nell'ambito  del  suddetto  procedimento  di
controllo, ai sensi dell'art. 1, commi 3 e 7, del  d.l.  n.  174  del
2012, a «enunciare direttamente o indirettamente, in che  termini  la
misura  del  patrimonio  netto  e'  stata  modificata  applicando  la
disciplina contabile generale (art. 2424 codice  civile)  e  speciale
(art. 29 del D.lgs. n. 118/2011) all'uopo prevista»  e  dubita  della
legittimita'   della   norma   censurata,   la   quale   prevede   la
classificazione dei contributi di investimento nel patrimonio netto e
il suo impiego in funzione di «sterilizzazione» dell'ammortamento dei
cespiti acquisiti mediante i predetti contributi. 
    L'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118  del  2011,  in
particolare, contribuirebbe a «determinare la effettiva dotazione del
patrimonio netto (e quindi l'equilibrio dinamico  e  complessivo  tra
fonti ed impieghi, nella continuita' degli  esercizi)  e  l'effettivo
flusso di variazione derivante  del  conto  economico».  In  caso  di
declaratoria   d'incostituzionalita'   della   norma   censurata   si
produrrebbe  un'importante  riduzione  del  patrimonio   netto,   che
richiederebbe l'adozione di misure correttive, non  solo  per  l'ente
controllato, ma anche per gli organi tutori. 
    1.2.- Secondo la sezione rimettente, la norma  censurata  sarebbe
in contrasto con il combinato disposto degli artt. 3, 81 e 97,  primo
comma,  Cost.,  consentendo  di  «includere  tra  gli  elementi   del
patrimonio   netto   i   contributi   in   conto    investimento    e
contemporaneamente  di  utilizzare  gli  stessi  contributi  per   la
sterilizzazione degli ammortamenti in conto  economico,  come  se  si
trattasse  di  una  passivita'  (un  risconto  passivo  o  un  debito
pluriennale)». In tal modo, i predetti contributi sarebbero «valutati
due volte: a) come "voce di patrimonio  netto";  b)  come  "proventi"
straordinari, utilizzabili per annullare i costi di ammortamento  dei
cespiti acquistati». 
    Tale tecnica, deviando sia  dalla  disciplina  dettata  dall'art.
2424 cod. civ.,  la  quale  non  prevederebbe  l'iscrizione  di  tali
contributi nel patrimonio netto, sia dai principi contabili elaborati
dalle  associazioni   di   categoria   professionale   nazionali   ed
internazionali   -   segnatamente,   dall'Organismo    italiano    di
contabilita' (OIC), dall'International Accounting Standards  Commitee
(International  Accounting  Standard   -   IAS),   dall'International
Accounting Standard Board (International Financial Reporting Standard
- IFRS),  dall'  International  Public  Sector  Accounting  Standards
(International  Public  Sector  Accounting  Standards  -   IPSAS)   -
condurrebbe a considerare il  finanziamento  dell'acquisto  dei  beni
durevoli delle aziende sanitarie «un onere/dovere diretto del sistema
della finanza pubblica allargata (regione e indirettamente, lo Stato)
e non gia' un obiettivo del ciclo  aziendale  dell'Ente  sanitario  e
della sua sostenibilita'». 
    La  «sterilizzazione»  dell'ammortamento,  prevista  dalla  norma
censurata, determinerebbe la copertura  degli  ammortamenti  mediante
una riduzione della voce di contributi iscritta al patrimonio  netto,
in tal modo alterando  il  risultato  del  conto  economico  che  non
sarebbe piu' in grado di esprimere il reale andamento dell'esercizio.
Cio' impedirebbe di determinare l'esatta perdita (o utile) e  quindi,
in ultima analisi, lo stesso equilibrio dinamico del  bilancio  delle
aziende sanitarie rendendo non veritiero  il  valore  del  patrimonio
netto  (Pn).  Infatti,  la  contabilizzazione  dei  contributi  dalla
Regione nel Pn dell'ente controllato avrebbe l'effetto paradossale di
farlo  crescere  in  modo  improprio  nel  periodo  di  ammortamento,
rendendo opachi - e sviando dalla loro funzione -  entrambi  i  saldi
della contabilita' economico-patrimoniale: il patrimonio netto  e  il
risultato di esercizio. 
    1.3.- L'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del 2011,
in ragione della sua incoerenza  interna  ed  esterna,  si  porrebbe,
inoltre, in contrasto con la  clausola  generale  dell'equilibrio  di
bilancio (artt. 81 e 97, primo comma, Cost.), nella misura in cui  ne
violerebbe i presupposti, consistenti: «a) nella ragionevolezza delle
scelte del Legislatore, in termini di tassonomia contabile  e  quindi
b) nella "sincerita'" stessa del bilancio (e dei  suoi  saldi)  e  di
conseguenza nei suoi stessi scopi fondamentali». 
    Ad avviso del rimettente,  la  norma  censurata  conterrebbe  una
scelta  legislativa  irrazionale  che,  oltre  a  tradire  la  logica
generale della contabilita' economico-patrimoniale,  si  porrebbe  in
contrasto con le fondamentali funzioni della  contabilita'  pubblica,
non consentendo di verificare se sussistano effettivamente le risorse
nello stato patrimoniale e gli equilibri di conto economico, in grado
di garantire,  nella  continuita'  degli  esercizi,  la  prosecuzione
dell'attivita' aziendale e l'erogazione  dei  livelli  essenziali  di
assistenza (LEA). 
    Il difetto  di  ragionevolezza  ridonderebbe  in  un  difetto  di
chiarezza e coerenza  tassonomica  dei  saldi  di  bilancio,  che  si
tradurrebbe in  un  fattore  di  inefficienza  dei  sistemi  sanitari
regionali. Cio' esporrebbe il diritto alla salute, al cui servizio vi
sarebbero i doveri di  solidarieta'  di  cui  all'art.  2  Cost.,  al
rischio di prestazioni sotto il «minimum standard» e,  col  tempo,  a
un'erosione ulteriore degli equilibri  di  bilancio  per  difetto  di
competitivita',  aumento  della  mobilita'  passiva   e   conseguente
riduzione dei ricavi. 
    La  mancanza  di  chiarezza   impedirebbe   anche   il   corretto
funzionamento della  "contabilita'  di  mandato"  nei  confronti  dei
cittadini. 
    In sostanza, la norma censurata si porrebbe in contrasto  con  le
fondamentali funzioni della contabilita' pubblica, non consentendo di
verificare  se  sussistono  effettivamente  le  risorse  nello  stato
patrimoniale  e  gli  equilibri  di  conto  economico,  in  grado  di
garantire,  nella  continuita'  degli   esercizi,   la   prosecuzione
dell'attivita' aziendale e l'erogazione dei LEA. 
    La  violazione  dei  presupposti  dell'equilibrio   di   bilancio
determinerebbe,  a  sua  volta,  «la  lesione  di  valori   e   scopi
costituzionali, in una relazione  di  intrinseca  strumentalita'  del
primo ai secondi: la clausola generale  dell'equilibrio  dei  bilanci
pubblici, infatti, [implicherebbe] ex se la necessita'  del  rispetto
di  fondamentali  valori  costituzionali,   quali   la   riconduzione
dell'esercizio del potere alla  legittimazione  democratica,  tramite
l'accountability, e la solidarieta' intra e inter-generazionale».  In
tale evenienza, laddove quindi il «diritto sul bilancio», a causa  di
una  violazione  del   precetto   dell'equilibrio,   pregiudichi   il
conseguimento di tali valori, si produrrebbe altresi' una  violazione
dell'art. 97, secondo comma, Cost. 
    1.4.- La  sezione  rimettente  ritiene  che  la  norma  censurata
contrasti  anche  con  l'art.  3  Cost.,  sia   come   parametro   di
ragionevolezza della  legge  -  insieme  al  buon  andamento  di  cui
all'art. 97, secondo comma, Cost. - sia  come  principio  che  impone
l'uguaglianza delle  prestazioni  costituzionalmente  necessarie.  La
norma sospettata d'illegittimita' determinerebbe, infatti, un diretto
pregiudizio alla capacita' del bilancio di  assicurare  l'uguaglianza
sostanziale, di garantire l'adempimento dei doveri di solidarieta' e,
con riguardo al diritto alla salute, un'eguale erogazione dei LEA  su
tutto il territorio nazionale. 
    1.5.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale ha concluso nel  senso  della  non  fondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate. 
    A suo avviso, la  norma  censurata  sarebbe  espressione  di  una
scelta «normativo-contabile  coerente  rispetto  al  vigente  assetto
legislativo del finanziamento degli enti sanitari  e  razionale  -  e
costituzionalmente legittima - nella misura in cui mira a  garantire,
in  campo  sanitario,  l'erogazione   dei   livelli   essenziali   di
assistenza». 
    L'art. 29 del d.lgs. n. 118 del 2011 avrebbe  disposto,  per  gli
enti del Servizio sanitario nazionale (SSN),  un  regime  derogatorio
dell'ammortamento  pluriennale  rispetto  alla  ordinaria  disciplina
civilistica  dettata  dagli  artt.  2426  e  seguenti  cod.  civ.  La
"sterilizzazione  degli   ammortamenti",   ha   inoltre   argomentato
l'Avvocatura    nella     memoria     depositata     successivamente,
rappresenterebbe la  piu'  «significativa  deroga  alle  disposizioni
civilistiche operata dall'art. 29 del d.lgs. n. 118  del  2011  e  il
piu' specifico dei trattamenti contabili dei bilanci degli  enti  del
SSN per l'impatto che esso produce sul patrimonio netto e  sui  conti
economici: in pratica, [verrebbe] infatti creata una posta  di  conto
capitale "fittizia", utilizzata per sterilizzare gli ammortamenti». 
    Tale deroga rientrerebbe nel  quadro  delle  scelte  relative  al
trattamento contabile dei contributi in conto  capitale,  costituenti
una  specificita'  delle  aziende  sanitarie  pubbliche,  e   sarebbe
finalizzata a evitare che i predetti enti effettuino investimenti con
finanziamenti correnti senza la dovuta  programmazione  dei  relativi
flussi di  cassa.  Quest'ultima  ipotesi,  favorita  dall'assenza  di
risorse in conto capitale e dal  mancato  tempestivo  rifinanziamento
nel  bilancio  dello  Stato,  se  attuata,  provocherebbe   squilibri
finanziari, ritardi nel sistema dei pagamenti dei debiti  commerciali
e maggiori oneri da interessi moratori. 
    La norma censurata risulterebbe pienamente conforme ai  parametri
costituzionali   evocati   dal   rimettente,   proprio   perche'   le
peculiarita' che caratterizzano il  sistema  di  finanziamento  degli
investimenti  in  campo   sanitario   e   l'esigenza   di   garantire
l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza darebbero  conto  e
ragione della razionalita' e congruita' della disciplina  derogatoria
introdotta in materia contabile per le aziende sanitarie pubbliche. 
    Ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   il
meccanismo   dettato    dalla    norma    censurata    permetterebbe,
contrariamente  a  quanto  affermato  dal  rimettente,  di  garantire
l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. 
    2.- Quanto alla legittimazione della Corte dei conti a  sollevare
l'incidente  di  costituzionalita'  nell'ambito  della  funzione   di
controllo,  e'  stato  gia'  precisato  che  il  sindacato   previsto
dall'art. 1, comma 7, del d.l. n. 174 del 2012 sui bilanci preventivi
e successivi degli enti locali e degli enti  del  Servizio  sanitario
nazionale «va ascritto alla categoria del sindacato di legalita' e di
regolarita' - da intendere  come  verifica  della  conformita'  delle
(complessive)  gestioni  di  detti  enti  alle  regole  contabili   e
finanziarie - e ha lo scopo, in  una  prospettiva  non  piu'  statica
(com'era  il  tradizionale  controllo  di  legalità-regolarita'),  ma
dinamica, di finalizzare il confronto  tra  fattispecie  e  parametro
normativo all'adozione di effettive misure correttive,  funzionali  a
garantire l'equilibrio  del  bilancio  e  il  rispetto  delle  regole
contabili e finanziarie. [...L]'accertamento, da parte delle  sezioni
regionali della Corte dei conti, delle carenze di  maggiore  gravita'
elencate dal comma stesso, fa sorgere  l'obbligo,  in  capo  all'ente
controllato,  di  adottare  i  provvedimenti  di  modificazione   del
bilancio  o  del  rendiconto  necessari  per   la   rimozione   delle
irregolarita' e il ripristino degli equilibri di bilancio. Lo  stesso
comma 7 prevede poi [...] che l'inosservanza di detto obbligo, per la
mancata  trasmissione  dei  provvedimenti   correttivi   o   per   la
inadeguatezza degli stessi, ha l'effetto di  precludere  l'attuazione
dei programmi di spesa per i quali  e'  stata  accertata  la  mancata
copertura   o   l'insussistenza   della    relativa    sostenibilita'
finanziaria.  Si  tratta,  dunque,  di  effetti  -  attribuiti  dalla
disposizione impugnata alle pronunce di accertamento della Corte  dei
conti - chiaramente cogenti nei  riguardi  degli  enti  del  Servizio
sanitario nazionale e, nel caso  di  inosservanza  degli  obblighi  a
questi imposti, inibitori, pro parte, dell'efficacia dei  bilanci  da
essi approvati. Siffatti esiti del  controllo  sulla  legittimita'  e
sulla  regolarita'  dei  conti  degli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale sono volti a evitare danni irreparabili agli  equilibri  di
bilancio di tali  enti.  Essi  comportano,  in  tutta  evidenza,  una
limitazione  dell'autonomia  degli  enti   del   Servizio   sanitario
nazionale, che, tuttavia - come questa Corte ha gia'  incidentalmente
rilevato nella sentenza n. 60 del 2013 - si giustifica "in forza  del
diverso interesse alla legalita'  costituzionale-finanziaria  e  alla
tutela dell'unita' economica della  Repubblica  perseguito  [...]  in
riferimento agli artt. 81, 119 e 120 Cost.", anche in  considerazione
delle esigenze di rispetto dei vincoli posti dal diritto  dell'Unione
europea» (sentenza n. 39 del 2014). 
    E' stato ulteriormente affermato che  il  sindacato  sui  bilanci
degli enti locali e degli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale,
unitamente alla parifica  dei  rendiconti  regionali,  appartiene  al
genere dei controlli di legittimità-regolarita' (sentenze n.  40  del
2014 e n. 60 del 2013). 
    Il connotato  di  legittimità-regolarita'  di  tali  controlli  -
quando la Corte dei conti  deve  applicare  diposizioni  di  legge  o
aventi  forza  di  legge  -  viene  peraltro  assimilato,   ai   fini
dell'impulso   al   sindacato   di    legittimita'    costituzionale,
all'attivita'  giurisdizionale.   Infatti,   le   relative   pronunce
interdittive della  spesa  attribuite  alla  magistratura  contabile,
quando sussista una lesione al principio di equilibrio del bilancio o
agli altri parametri costituzionali di natura  finanziaria,  incidono
sulle situazioni soggettive degli  enti  sottoposti  al  controllo  e
possono colpire incidentalmente anche altri soggetti,  sicche'  ,  in
conformita' al principio sancito dalla sentenza n. 39  del  2014  per
cui, laddove le deliberazioni delle sezioni  regionali  di  controllo
della Corte dei conti incidano su dette  posizioni  soggettive,  deve
essere riconosciuta ai soggetti controllati «la facolta' di ricorrere
agli  ordinari   strumenti   di   tutela   giurisdizionale   previsti
dall'ordinamento, in base alle fondamentali  garanzie  costituzionali
previste dagli articoli 24 e 113  della  Costituzione,  espressamente
qualificate come principi supremi dell'ordinamento». 
    Gli elementi di  tale  connotato  paragiurisdizionale  sono  gia'
stati sintetizzati nella sentenza di questa Corte n. 89 del  2017,  e
sono cosi' riassumibili: 
    a) applicazione di parametri normativi; 
    b) giustiziabilita' del provvedimento  di  controllo:  l'art.  1,
comma 7, del  d.l.  n.  174  del  2012,  «allo  scopo  di  assicurare
l'effettivita' dei controlli finanziari della  Corte  dei  conti,  ha
attribuito alle pronunce di accertamento delle sezioni  regionali  di
controllo della stessa Corte, da esso previste, effetti non meramente
collaborativi  -  come  quelli  che  rimettono   agli   stessi   enti
controllati  l'adozione  delle  misure  necessarie  a  rimuovere   le
irregolarita' o le disfunzioni segnalate - ma imperativi nei riguardi
degli  enti  del  Servizio  sanitario  nazionale  e,  nel   caso   di
inosservanza   degli   obblighi   imposti,   inibitori    dell'azione
amministrativa  degli  stessi  enti.  Tali  pronunce  delle   sezioni
regionali  della  Corte  dei  conti  possono,  percio',   ledere   le
situazioni giuridiche soggettive degli enti  del  Servizio  sanitario
nazionale» (sentenza n. 39 del 2014). Ne consegue che, a tutela delle
situazioni giuridiche  coinvolte,  il  legislatore  ha  previsto  con
l'art. 11, comma 6, lettera e),  del  d.lgs.  n.  174  del  2016,  la
possibilita' di ricorrere davanti alle sezioni  riunite  in  speciale
composizione della  Corte  dei  conti  in  ossequio  al  fondamentale
principio di difesa contenuto nell'art. 24 Cost.; 
    c) pieno contraddittorio con l'ente controllato  sia  nell'ambito
del sindacato di legittimità-regolarita' che nell'eventuale  giudizio
impugnatorio di cui alla lettera precedente, nell'ambito del quale e'
coinvolto  anche  il   pubblico   ministero   contabile   «a   tutela
dell'interesse generale oggettivo della  regolarita'  della  gestione
finanziaria e patrimoniale dell'ente territoriale [...].  D'altronde,
sul piano sostanziale, il riconoscimento di tale  legittimazione  [al
giudizio  costituzionale]  si  giustifica  anche  con  l'esigenza  di
ammettere al sindacato della Corte  costituzionale  leggi  che,  come
nella fattispecie in esame, piu' difficilmente verrebbero, per  altra
via, ad essa sottoposte" (sentenza n. 226 del 1976)» (sentenza n.  89
del 2017). 
    In  definitiva,  nel  sindacato  di  legittimità-regolarita'  sui
bilanci degli enti territoriali e degli enti del  Servizio  sanitario
nazionale «la situazione e', dunque, analoga a quella in cui si trova
un qualsiasi giudice (ordinario  o  speciale),  allorche'  procede  a
raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve  giudicare  alle  leggi
che li concernono» (sentenza n. 226  del  1976).  Pertanto,  pur  non
essendo  un  procedimento  giurisdizionale  in  senso  stretto,   «ai
limitati fini dell'art. 1 della legge cost. n. 1 del 1948 e dell'art.
23 della legge n. 87 del 1953, [l'attivita' della]  Corte  dei  conti
e', sotto molteplici aspetti, analoga alla funzione  giurisdizionale,
piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi  nel
valutare la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle  norme
del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi  apprezzamento  che
non sia di ordine strettamente  giuridico.  Il  controllo  effettuato
dalla Corte dei conti e' un controllo esterno, rigorosamente neutrale
e disinteressato, volto unicamente a  garantire  la  legalita'  degli
atti ad essa sottoposti, e cioe' preordinato  a  tutela  del  diritto
oggettivo» (sentenza n. 181 del 2015). 
    3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo, per quanto  concerne
il trattamento dei contributi in conto capitale nell'ambito del conto
economico  e  dello  stato  patrimoniale,  richiama  diffusamente  le
diverse metodologie prospettate dai principi contabili OIC,  IAS/IFRS
e IPSAS, evidenziando l'alternativita' di una possibile scelta tra un
"metodo reddituale" e un "metodo patrimoniale", con alcune  ulteriori
sotto-divisioni  e   precisazioni.   Metodi   che   sarebbero   tutti
compatibili con i principi della  contabilita'  aziendale,  i  quali,
viceversa, sarebbero violati dalla disposizione di cui si dubita. 
    Secondo il rimettente, benche' gli enti  del  Servizio  sanitario
nazionale adottino il sistema di contabilita' di diritto  comune,  la
divaricazione dal modello civilistico - consentita dalla disposizione
censurata - potrebbe portare a trasformare «situazioni di  squilibrio
in forme di equilibrio "simulato"  [...],  con  cio'  vanificando  la
portata precettiva della regola costituzionale che impone al bilancio
di fornire costantemente una  rappresentazione  veritiera  e  congrua
della realta'». 
    Il  vizio  di   costituzionalita'   risiederebbe   quindi   nella
particolare regola dettata sul punto dall'art. 29,  lettera  c),  del
d.lgs. n. 118  del  2011;  l'espunzione  di  tale  deroga  al  regime
civilistico,   attraverso   la   dichiarazione   di    illegittimita'
costituzionale, consentirebbe - in virtu' del rinvio al codice civile
e, per esso, ai principi contabili nazionali e  internazionali  -  la
riespansione delle regole generalmente applicabili ai soggetti tenuti
alla contabilita' economica. In questa prospettiva il giudice  a  quo
assume che tutte le possibili regole  tecniche  che  disciplinano  il
trattamento dei contributi in conto capitale, quali esse siano e  pur
nell'alternativita'  delle   soluzioni   formulate   -   regole   che
tornerebbero a trovare applicazione in seguito all'accoglimento della
questione di legittimita' costituzionale -  potrebbero  soddisfare  i
principi di chiarezza e di sincerita' del bilancio  e  garantirebbero
il rispetto dei parametri costituzionali evocati. 
    Cosi'  prospettate,  le  questioni  sollevate  sono  rilevanti  e
superano il vaglio di ammissibilita'. 
    4.- Nel merito, tuttavia, esse non sono fondate. 
    Sebbene riferite a plurimi parametri, le  stesse  possono  essere
esaminate congiuntamente, in  quanto  procedono  tutte  dal  medesimo
presupposto, secondo  cui  l'irragionevolezza  della  scelta  tecnica
recata dall'art. 29, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 118 del  2011
renderebbe inattendibili i conti degli enti  del  Servizio  sanitario
nazionale e sarebbe in contrasto con  i  principi  di  equilibrio  di
bilancio e di buon andamento. 
    La norma censurata stabilisce che i contributi in conto  capitale
«sono  iscritti  in  un'apposita  voce  di  patrimonio   netto,   con
contestuale rilevazione  di  un  credito  verso  regione.  Laddove  i
predetti contributi siano impiegati  per  l'acquisizione  di  cespiti
ammortizzabili, essi vengono successivamente stornati a proventi  con
un criterio sistematico, commisurato all'ammortamento dei cespiti cui
si  riferiscono,  producendo  la  sterilizzazione   dell'ammortamento
stesso.  [...]  Le  presenti  disposizioni  si  applicano  anche   ai
contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici,  a
lasciti  e  donazioni  vincolati  all'acquisto  di  immobilizzazioni,
nonche' a conferimenti, lasciti e donazioni  di  immobilizzazioni  da
parte dello Stato,  della  regione,  di  altri  soggetti  pubblici  o
privati». 
    Tale disposizione non si discosta dal  principio  generale  della
contabilita', gia' precisato da questa  Corte  (sentenza  n.  49  del
2018), secondo cui l'acquisto di  beni  durevoli  e  infrastrutturali
deve essere di regola accompagnato da un piano  di  ammortamento  per
consentire che il costo  del  bene  sia  ripartito  proporzionalmente
negli esercizi in cui esso genera utilita'. La  particolarita'  della
fattispecie in esame  sta  nel  fatto  che  l'acquisizione  del  bene
durevole viene  finanziata  a  fondo  perduto  da  Stato,  Regione  o
soggetti terzi. 
    Con riguardo alle censure  del  rimettente  occorre  innanzitutto
ricordare che tale norma non e' l'unica  disposizione  di  legge  che
introduce per gli enti del Servizio sanitario  nazionale  una  regola
speciale rispetto a quelle che disciplinano  la  contabilita'  tenuta
dai soggetti economici privati. 
    Pur prescindendo da richiami tecnici della materia, che  sono  di
notevole ampiezza e complessita', giova rammentare che l'esigenza  di
una  normativa  analitica  -  in  grado  di  rendere  applicabile  la
contabilita' economico-patrimoniale agli enti del Servizio  sanitario
nazionale senza snaturarne il carattere di enti erogatori di  servizi
pubblici   -   e'   emersa   fin   dall'inizio   del   processo    di
aziendalizzazione della sanita' avviato con il decreto legislativo 30
dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della  disciplina   in   materia
sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23  ottobre  1992,  n.
421). 
    Tanto e' avvenuto con l'adozione di una normativa  di  dettaglio,
evolutasi in oltre quindici anni attraverso atti  ministeriali,  piu'
volte aggiornati, spesso  punto  di  incontro  tra  opinioni  diverse
espresse da un'amplissima letteratura specialistica, alimentata dalle
difficolta' applicative della nuova contabilita' di fronte a esigenze
assai diverse da quelle delle comuni realta' commerciali. 
    Il d.lgs. n. 118 del 2011, gli allegati e gli schemi di  bilancio
sono, quindi, il punto  di  arrivo  di  numerose  scelte  di  tecnica
contabile  dirette  a  garantire  una  effettiva  armonizzazione  dei
bilanci degli enti del Servizio sanitario nazionale. 
    4.1.- Cio' premesso, non  puo'  essere  condiviso  l'assunto  del
rimettente secondo cui l'art. 2424 cod. civ. sarebbe norma interposta
degli artt. 81 e 97,  primo  comma,  Cost.  rilevante  per  calcolare
l'equilibrio del bilancio. La  peculiarita'  del  Servizio  sanitario
nazionale e' alla base della norma speciale che regola questo profilo
della disciplina generale degli enti  che  ne  fanno  parte.  Non  e'
altresi' condivisibile, per evidente  rapporto  di  conseguenzialita'
con quanto detto, che le regole tecniche di OIC,  IAS/IFRS  ed  IPSAS
siano cogenti e, men  che  meno,  equivalenti  per  le  finalita'  di
controllo di bilancio che il rimettente assume. 
    In realta' il rapporto tra l'art. 2424 cod. civ. e l'art. 29  del
d.lgs. n. 118 del 2011 non e' quello tra norma interposta degli artt.
81 e 97, primo comma, Cost. e disciplina statale di dettaglio  bensi'
un  semplice  rapporto  di  specialita'  nell'ambito  del  quale   la
disciplina del suddetto art. 29 prevale su quella dettata dal  codice
civile. 
    La ragione della disciplina speciale va rinvenuta  essenzialmente
nella diversa finalita'  del  servizio  pubblico  rispetto  a  quella
dell'attivita' commerciale. 
    Con riguardo a quest'ultima, le tecniche di redazione dei bilanci
sono strettamente collegate allo scopo di lucro  e  alla  scelta  del
regime fiscale piu' appropriato per gli imprenditori. 
    Nell'ambito  del  Servizio  sanitario   nazionale,   invece,   la
finalita'  prevalente  e'  quella  di   assicurare   le   prestazioni
indefettibili  e  le  ulteriori   prestazioni   (nei   limiti   della
sostenibilita') alle migliori condizioni qualitative e quantitative. 
    Pertanto,  la  doglianza  del  rimettente  -   secondo   cui   la
contabilizzazione dei contributi a fondo perduto nel patrimonio netto
avrebbe l'effetto, asseritamente contrario ai parametri  evocati,  di
far crescere in  modo  improprio  detto  patrimonio  nel  periodo  di
ammortamento, rendendo opachi e sviando dalla loro funzione  entrambi
i  saldi  della  contabilita'  economico-patrimoniale,  e  cioe'   il
patrimonio netto e il risultato di esercizio - non e'  fondata,  alla
luce del sistema complessivo di finanziamento del Servizio  sanitario
nazionale. 
    4.2.- Tale  sistema  prevede  sostanzialmente  due  tipologie  di
finanziamento: contributi in conto esercizio destinati  a  finanziare
indistintamente la spesa per l'erogazione dei LEA  ed  eventualmente,
sulla base  di  un  giudizio  di  sostenibilita',  ulteriori  servizi
sanitari; contributi in conto capitale riservati all'acquisto di beni
durevoli e alla realizzazione di infrastrutture. 
    Il primo tipo di finanziamento e' articolato, nella dinamica  del
bilancio dell'ente, in modo non dissimile da quel che  avviene  negli
enti locali relativamente al rapporto tra entrate  correnti  e  spese
correnti (rimanendo fermo che nell'ambito  delle  spese  correnti  e'
indefettibile l'integrale finanziamento dei LEA). 
    Il  secondo,   invece,   e'   inquadrato   nell'ottica   di   una
programmazione  centralizzata  attraverso  l'interazione  tra  Stato,
Regione ed  ente,  nell'ambito  della  quale  vengono  individuati  i
progetti    di    investimento    suscettibili    di    un'attuazione
tendenzialmente uniforme ed appropriata in una prospettiva nazionale. 
    In buona sostanza,  la  vigente  formulazione  dell'art.  29  del
d.lgs. n. 118 del 2011 caratterizza i beni durevoli  e  le  dotazioni
infrastrutturali  come  componenti  della  produzione  del   Servizio
sanitario nazionale e degli altri enti in un contesto  integrato.  In
particolare, la lettera b) del comma 1 dell'art. 29 del d.lgs. n. 118
del 2011 stabilisce che «a  partire  dall'esercizio  2016  i  cespiti
acquistati    utilizzando    contributi    in    conto     esercizio,
indipendentemente  dal  loro  valore,   devono   essere   interamente
ammortizzati nell'esercizio di acquisizione». 
    Tale  prescrizione  contabile  risponde   all'esigenza   di   una
programmazione funzionalmente coordinata in relazione alla quale  non
puo' essere, di regola,  incoraggiata  un'iniziativa  individuale  da
parte dei singoli enti. 
    In proposito, deve essere condivisa la tesi  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri secondo cui il medesimo art. 29 del d.lgs.  n.
118 del 2011 prevede un regime di favore per  i  bilanci  degli  enti
sanitari laddove essi utilizzino i contributi in conto  capitale  per
gli acquisti dei  beni,  sia  consentendo  un  ordinario  periodo  di
ammortamento, sia sgravando il bilancio d'esercizio dall'onere  delle
relative quote di ammortamento,  attinte  dal  patrimonio  netto.  La
finalita' di tali norme  e'  quella  di  evitare  che  gli  enti  che
realizzano  investimenti  a  valere  sul  finanziamento  corrente  lo
facciano - come storicamente avvenuto - al  di  fuori  di  un'attenta
programmazione dei relativi flussi di cassa poiche' quando  i  ricavi
ordinari finanzino gli  investimenti,  questi  devono  sottostare  ad
un'attenta programmazione allo scopo  di  evitare  che  si  determino
squilibri finanziari capaci di compromettere l'ordinata gestione  del
ciclo passivo e generare a loro volta oneri da  ritardi  nel  sistema
dei pagamenti. 
    In  definitiva,  l'intenzione  del  legislatore  e'   quella   di
riservare  -  per  preservare  gli  equilibri  di  parte  corrente  -
l'utilizzazione del fondo sanitario alle spese per i LEA  e  per  gli
altri servizi sanitari, ove risulti ulteriore disponibilita',  e,  al
contrario, di attribuire alla programmazione nazionale e regionale la
determinazione e l'impiego dei  finanziamenti  a  fondo  perduto  per
investimenti e acquisizioni di beni durevoli. 
    L'intero ammortamento nell'esercizio di acquisizione  costituisce
in  verita'   un   disincentivo   piuttosto   che   una   preclusione
indefettibile, perche' non e' prevista una vera e propria sanzione  a
carico degli enti che utilizzano i contributi in conto esercizio  per
investimenti e beni durevoli.  E  anche  l'assenza  di  una  sanzione
specifica  trova  spiegazione,  poiche'  vi  possono   essere   delle
situazioni  imprevedibili  o  di  emergenza  nel  corso  delle  quali
l'improvvisa  necessita'  di  beni  durevoli   puo'   richiedere   un
finanziamento aggiuntivo in conto esercizio. Puo' capitare,  infatti,
che, anche sulla base del monitoraggio svolto dai Tavoli  tecnici  di
verifica, emergano gravi carenze nell'erogazione dei LEA, cui occorre
immediatamente porre rimedio attraverso erogazioni aggiuntive. 
    Nell'ambito delle finalita' del servizio,  siano  esse  tanto  di
natura ordinaria, che di carattere eccezionale o  emergenziale,  sono
impiegati sia beni di  consumo  corrente,  sia  i  beni  durevoli,  e
l'equilibrato impiego di tali componenti deve  essere  caratterizzato
dalla leale  cooperazione  tra  Stato  e  Regioni.  Questa  Corte  ha
affermato in proposito che «in sede di programmazione  finanziaria  i
costi unitari fissati [per l'erogazione  dei  livelli  essenziali  di
assistenza  devono]  essere  sviluppati  sulla  base  del  fabbisogno
storico delle singole realta' regionali e  sulle  altre  circostanze,
normative e fattuali, che incidono sulla dinamica della spesa per  le
prestazioni sanitarie. Successivamente  tale  proiezione  estimatoria
[deve essere] aggiornata in  corso  di  esercizio  sulla  base  delle
risultanze del monitoraggio del Tavolo tecnico di verifica» (sentenza
n. 62 del 2020). In questa prospettiva e' stato gia'  individuato  il
contenuto del principio di leale cooperazione tra Stato e Regione con
riguardo alla concreta  garanzia  dei  LEA:  «spetta  al  legislatore
predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione  di
essa, affinche' la sua  affermazione  non  si  traduca  in  una  mera
previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto  concreto  e
reale», impegnando le Regioni a  collaborare  nella  separazione  del
fabbisogno finanziario destinato a  spese  incomprimibili  da  quello
afferente ad altri servizi suscettibili di un giudizio in termini  di
sostenibilita' finanziaria  (sentenza  n.  169  del  2017).  Infatti,
«mentre di regola la garanzia delle prestazioni sociali deve  fare  i
conti con la disponibilita' delle risorse pubbliche, dimensionando il
livello delle prestazioni attraverso una ponderazione in  termini  di
sostenibilita' economica, tale ponderazione non  puo'  riguardare  la
dimensione  finanziaria  e  attuativa  dei  LEA,  la  cui  necessaria
compatibilita' con le risorse e'  gia'  fissata  attraverso  la  loro
determinazione in sede normativa» (sentenza n. 62 del 2020). 
    E' l'indefettibilita' dell'erogazione  dei  LEA  la  clausola  di
garanzia  che  costituisce  limite  e  punto  di  riferimento   della
divisione binaria del finanziamento tra spese  correnti  e  spese  di
investimento degli enti del Servizio sanitario nazionale; non certo -
come ritiene il rimettente - la dinamica dei rapporti tra  patrimonio
netto e conto economico, la quale in concreto  non  assume  rilevanza
quando si  verificano  criticita'  nella  funzionalita'  del  sistema
regionale. 
    Alla luce di quanto esposto, e ferma la possibilita'  di  deroghe
ispirate alle  circostanze  precedentemente  citate,  la  regola  del
censurato art. 29 consente - come afferma il Presidente del Consiglio
dei ministri -  di  utilizzare  l'intero  finanziamento  della  spesa
corrente  «per  garantire  l'erogazione  dei  livelli  essenziali  di
assistenza,  senza  doversi  fare  carico  del  finanziamento   degli
investimenti, in quanto questi trovano la  loro  copertura  in  altre
fonti». 
    4.3.- In sostanza, quella che  il  giudice  rimettente  definisce
come "ibridazione"  delle  regole  di  contabilita'  economica  e  di
contabilita' finanziaria e' il portato del  peculiare  carattere  del
servizio delle cui risultanze rende espressione. 
    In  tale  prospettiva  non  e'  dirimente  la   distinzione   tra
contabilita'  aziendale  e  contabilita'  finanziaria,  delle   quali
effettivamente la norma in esame condivide alcuni  caratteri,  bensi'
l'attinenza di tale previsione all'organizzazione e al  finanziamento
del servizio sanitario, in relazione ai quali deve essere strutturata
un'appropriata contabilita' analitica. Quest'ultima - con riguardo ai
beni durevoli e di investimento - deve essere rivolta  a  misurare  i
costi  fissi  dello  specifico  servizio  sanitario  in  cui  vengono
impiegati. 
    L'ammortamento avviene quindi all'interno del singolo ente in cui
viene utilizzato il bene  ma  in  una  visione  di  finanza  pubblica
allargata,  nella  quale  l'entita'  degli  ammortamenti   dei   beni
impiegati costituisce parte degli  aggregati  complessivi  alla  base
della programmazione nazionale e regionale.