IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA 
                           Sezione penale 
 
    In composizione  monocratica  nella  persona  del  giudice  dott.
Simone Spina, all'udienza del giorno 21 maggio 2020, svolta  a  porte
chiuse, ai sensi dell'art. 472, terzo comma, codice procedura penale,
ha pronunciato  la  presente  ordinanza  (di  rimessione  alla  Corte
costituzionale, di questione di legittimita' costituzionale). 
    Visti gli atti dei procedimento penale in epigrafe indicato; 
    Considerato che il presente giudizio, per  i  motivi  di  seguito
esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale  dell'art  83,  quarto
comma, del  decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18,  convertito  con
modificazioni dalla legge 24  aprile  2020,  n.  27,  in  riferimento
all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, la' dove prevede  che
il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020
rimane sospeso per un periodo di tempo pari  a  quello  in  cui  sono
sospesi  i  termini  per  il  compimento  di   qualsiasi   atto   dei
procedimenti penali; 
    Ritenuta non manifestamente infondata la  predetta  questione  di
legittimita'  costituzionale,  per  le  ragioni  meglio  chiarite  in
prosieguo; 
 
                               Osserva 
 
    1. Sui fatti oggetto di giudizio. 
    In via preliminare, occorre evidenziare che il presente  giudizio
ha ad oggetto distinte contestazioni di reati edilizi, commessi prima
del 9 marzo 2020. 
    1.1. Secondo l'ipotesi accusatoria, piu'  in  particolare,  A.P.,
D.C. e G.D.M., in concorso tra loro e nelle  rispettive  qualita'  di
committente,  progettista  e  rappresentante   legale   della   ditta
esecutrice dei lavori, avrebbero eseguito opere edilizie  in  assenza
di titolo  abilitativo  o,  comunque,  in  totale  difformita'  dallo
stesso,  proseguendo   poi   i   lavori   gia'   avviati   nonostante
l'intervenuta  sospensione  degli  stessi,  disposta  con   ordinanza
dell'autorita' comunale. 
    1.2. Il  pubblico  ministero,  in  effetti,  ha  contestato  agli
imputati di aver violato gli articoli 100 codice penale e  44,  primo
comma, lettera b) decreto del Presidente della  Repubblica  6  giugno
2001,  n.  380,   articolando   l'accusa   in   due   distinti   capi
d'imputazione: 
        al capo 1) della rubrica e' stata contestata l'esecuzione  di
lavori sine titulo o in totale difformita' dal  titolo  riconosciuto,
cori condotta protrattasi sino al  29  agosto  2014,  allorquando  e'
intervenuta la notifica dell'ordine di sospensione dei lavori, emesso
dal Comune di C d V d; 
        al capo 2), invece, e'  stata--  contestata  la  ripresa  dei
lavori  gia'  sospesi,  iniziata  in   data   successiva   a   quella
dell'intervenuto ordine di sospensione e proseguita sino al 16 maggio
2015, allorquando la polizia  locale  del  Comune  di  C  d  V  d  e'
intervenuta sul posto, eseguendo un sopralluogo. 
    1.3. Nell'imputazione, il  fatto  ascritto  al  capo  1)  risulta
accertato in data 29 agosto 2014, mentre quello ascritto al  capo  2)
risulta accertato in data 16 maggio 2015. 
    1.4. In ordine a tali contestazioni,  l'azione  penale  e'  stata
esercitata l'11 luglio 2018, mediante decreto di citazione diretta  a
giudizio. 
    2. Sul termine di prescrizione del reato contestato al capo 2). 
    Tanto premesso sui fatti per cui  si  procede,  decisiva  appare,
anzitutto, l'individuazione del  giorno  di  consumazione  del  reato
contestato al capo 2), per l'indubbio rilievo che tale dato assume al
fine di determinarne il tempo necessario a prescrivere. 
    2.1. Al riguardo, osserva il  Tribunale  che  in  tema  di  reati
edilizi il tempus commissi delicti, rilevante  ai  fini  del  decorso
della prescrizione, puo' coincidere, a seconda dei casi: 
        a) o con l'ultimazione dei lavori per integrale completamento
dell'opera, inclusa la realizzazione delle rifiniture; 
        b) o con la sospensione dei lavori,  sia  essa  volontaria  o
imposta per fatto del  terzo  (qual  e',  ad  esempio,  l'intervenuto
sequestro dell'opera); 
        c) o con la sentenza di primo grado, la' dove i lavori  siano
continuati anche dopo l'accertamento  del  reato  (v.,  ex  plurimis,
Cassazione pen., Sez. 3, sentenza n. 46215 del  3  luglio  2018,  Rv.
274201; Sez. 3, sentenza n. 29974  del  6  maggio  2014,  Sullo,  Rv.
260498; Sez. 3, sentenza n. 8172 del 27  gennaio  2010,  Vitali,  Rv.
246221; Sez. 3, sentenza n. 38136 del 25 settembre 2001, Triassi, Rv.
220351). 
    2.2. Dall'istruttoria dibattimentale e' peraltro  emerso,  grazie
alla testimonianza dell'agente di polizia giudiziaria A.B., che al 16
maggio 2015, giorno in cui e' stato eseguito il sopralluogo, i lavori
risultavano cessati e il manufatto completamente ultimato e rifinito.
Non e' stato possibile accertare, invece,  una  data  di  ultimazione
delle opere antecedente alla data del 16  maggio  2015,  dalla  quale
soltanto  deve  quindi  farsi  decorrere  il  termine  necessario   a
prescrivere. 
    2.3. Considerate, pertanto, le previsioni di  cui  agli  articoli
157, 160 e 161, codice penale, il  termine  quinquennale  massimo  di
proscrizione del reato contestato al capo 2) deve  ritenersi  decorso
al giorno 16 maggio 2020, non essendo nel frattempo  maturata  alcuna
sospensione del corso della prescrizione, ad eccezione di quella oggi
prevista nell'art. 83, comma quarto, del decreto-legge 17 marzo 2020,
n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24  aprile  2020,  n.
27. 
    3.  Sulla  norma  oggetto   della   questione   di   legittimita'
costituzionale e sulla sua applicabilita' al reato contestato al capo
2). 
    Al fine di  meglio  chiarire  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita' costituzionale proposta con il  presente  provvedimento,
occorre  preliminarmente  ricostruire   il   complesso   degli   atti
legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica  da
Covid-19, soffermandosi in particolare  sul  decreto-legge  17  marzo
2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito
della sequela di  interventi  legislativi,  eccezionali  ed  urgenti,
inaugurata con decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 e chiusa,  per  quel
che qui rileva, dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23. 
    3.1. Con il decreto-legge 11/2020 (dapprima abrogato dall'art. 1,
comma  2,  della  medesima  legge  24  27/2020,  di  conversione  del
decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020,  per
mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione)
e' stato inizialmente previsto «un differimento urgente delle udienze
e una  sospensione  dei  termini  nei  procedimenti  civili,  penali,
tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi', testualmente,  la
relazione  illustrativa  al  d.d.l.  di  conversione  in  legge   del
decreto-legge 18/2020). 
    3.2. Il termine  del  22  marzo  2020  e'  stato  poi  prorogato,
dapprima, al 15 aprile 2020, in  forza  dell'art.  83,  primo  comma,
decreto-legge n. 18/2020 e, successivamente, all'11 maggio  2020,  in
virtu' dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020,  che  non
ha tuttavia sostituito  il  pregresso  termine  inscritto  nel  corpo
dell'art.  83,  limitandosi  a  disporne  la  proroga,  con  autonoma
disposizione. 
    3.3. Prevede, infatti, l'art, 83, primo comma,  decreto-legge  n.
18/2020, nella versione attualmente in vigore, che «dal 9 marzo  2020
al 15 aprile  2020  le  udienze  dei  procedimenti  civili  e  penali
pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a
data successiva al 15 aprile 2020», aggiungendo,  al  secondo  comma,
che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e'  sospeso  il  decorso  dei
termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e
penali.». Prevede  poi  l'art.  36,  primo  comma,  decreto-legge  n.
23/2020 che: «il termine del 15 aprile 2020  previsto  dall'art.  83,
commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo  2020,  n.  18  e'  prorogato
all'11 maggio 2020». 
    3.4.  Il  dato  teleologico  della  disciplina   complessivamente
prevista ai commi primo e  secondo  dell'art.  83,  decreto-legge  n.
18/2020 - come, d'altronde, espressamente  affermato  e  riconosciuto
dallo stesso legislatore governativo nella  relazione  al  d.d.l.  di
conversione del decreto-legge n. 18/2020 - ruota attorno a un duplice
asse: da una parte, la necessita' di «sospendere tutte  le  attivita'
processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di  contatto
personale che favoriscono il propagarsi  dell'epidemia»;  dall'altra,
l'esigenza di «neutralizzare ogni effetto  negativo  che  il  massivo
differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1  avrebbe
potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale
decorso dei termini processuali» (cosi', la relazione illustrativa al
d.d.l.  di  conversione  del  decreto-legge  n.  18/2020).  In  altri
termini,  se  nel  primo   comma   viene   prescritto   il   «massivo
differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi  il  rinvio
obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra  il  9  marzo  2020
l'11  maggio  2020,  nel  secondo  comma  viene  invece  prevista  la
sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei  termini
processuali. 
    3.5. La disposizione  che,  in  questa  sede,  risulta  pero'  di
maggiore rilievo risiede nel quarto comma del citato  art.  83:  «nei
procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai  sensi
del comma 2 [e'] altresi' sospes[o], per lo stesso periodo, il  corso
della prescrizione». 
    3.6. In proposito, e' facile rilevare come il  legislatore  abbia
istituito uno stretto legame tra sospensione dei termini  processuali
e sospensione del corso della  prescrizione,  ancorando  quest'ultima
alla prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi,  sia
per quel che riguarda  l'estensione  temporale.  Pertanto,  la'  dove
siano sospesi i termini per  il  compimento  di  qualsiasi  attivita'
processuale, restera' parimenti sospeso il corso della  prescrizione,
per un periodo di tempo sempre fisso e  prestabilito,  corrispondente
all'arco di tempo che intercorre tra il 9 marzo e l'11  maggio  2020,
pari a complessivi sessantatre giorni. 
    3.7. E' chiaro,  peraltro,  che  un  legame  altrettanto  stretto
sussista anche tra rinvio (o differimento)  d'udienza  e  sospensione
del corso della prescrizione. Ritiene, infatti, il Tribunale  che  il
rinvio obbligatorio d'udienza previsto  dall'art.  83,  primo  comma,
decreto-legge n. 18/2020, altro non sia  che  una  diversa  forma  di
sospensione del «compimento di qualsiasi atto  dei  procedimenti  ...
penali». 
    Non puo', pertanto, fondatamente sostenersi che  il  richiamo  al
solo secondo  comma  dell'art.  83,  operato  dal  quarto  comma  del
medesimo articolo (« ... nei procedimenti  penali  in  cui  opera  la
sospensione dei  termini  ai  sensi  del  comma  2  ...»),  valga  ad
escludere  l'applicabilita'  della  sospensione   del   corso   della
prescrizione per quei procedimenti penali in cui, ai sensi del  primo
comma, sia stato disposto il rinvio d'ufficio dell'udienza. Se  cosi'
fosse, d'altronde, tale sospensione resterebbe di  fatto  inapplicata
nella totalita' dei procedimenti in cui sia stato disposto un  rinvio
d'udienza, in contrasto con la  stessa  ratio  legis  dell'intervento
normativo in parola, che proprio tramite l'istituto della sospensione
ha  inteso  «neutralizzare  ogni  effetto  negativo»  conseguente  al
«massivo differimento delle attivita' processuali». 
    A tale rilievo, inoltre, se ne deve  aggiungere  un  altro,  dato
dalla constatazione che l'art. 83, decreto-legge n. 18/2020  condensa
in un'unica disposizione, seppure in parte revisionata e  riordinata,
la disciplina inizialmente prevista dal decreto-legge n. 11/2020, poi
in  effetti  abrogato  (e  successivamente   decaduto),   in   quanto
definitivamente superato dal predetto art. 83.  Da  questo  punto  di
vista,  non  puo'  non  rilevarsi,   allora,   come   la   disciplina
originariamente prevista dal  decreto-legge  n.  11/2020,  muovendosi
nell'ambito  del  medesimo  dato  teleologico  sotteso  all'art.  83,
ancorasse proprio al meccanismo del rinvio  d'udienza  l'operativita'
della sospensione del  corso  della  prescrizione.  Sarebbe,  dunque,
quantomeno irragionevole ritenere che una disciplina  introdotta  con
la dichiarata finalita' di razionalizzarne un'altra, peraltro ad essa
di poco precedente e con la quale condivide lo scopo di  contemperare
lo  strumento  del  differimento  obbligatorio   d'udienza   con   il
meccanismo sospensivo, risulti poi massimamente carente e deficitaria
proprio sotto quest'ultimo profilo. 
    3.8.  In  ragione  di  siffatti  rilievi,  ritiene  pertanto   il
Tribunale che la prescrizione del reato contestato al capo  2)  debba
intendersi  sospesa,  in   virtu'   dell'art.   83,   quarto   comma,
decreto-legge  n.  18/2020,  per  complessivi   sessantatre   giorni,
dovendosi pertanto posticipare al  18  luglio  2020  il  decorso  del
termine massimo di prescrizione. Tale  effetto  sospensivo,  infatti,
consegue al differimento all'udienza del 21  maggio  2020  di  quella
gia' fissata al 16 aprile 2020, disposto con provvedimento depositato
in cancelleria il 17 aprile 2020 e ritualmente notificato al pubblico
ministero, agli imputati e ai rispettivi difensori. 
    3.9. Questo giudicante,  tuttavia,  dubita  della  conformita'  a
Costituzione di una norma che, prolungandone la durata di sessantatre
giorni, modifica in senso sfavorevole all'imputato  il  regime  della
prescrizione di un reato commesso prima della sua entrata in vigore. 
    3.10. Detta norma, d'altra parte, non puo' certo essere  ignorata
dal Tribunale, essendosi infatti  verificata  la  sua  condizione  di
applicazione, costituita dal differimento dell'udienza del 16  aprile
2020, disposto ai sensi dell'art. 83, primo comma,  decreto-legge  n.
18/2020 e dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. 
    3.11. Ne' puo' essere utilmente  invocata  la  possibilita',  per
questo giudice, di definire il presente  giudizio  con  pronuncia  di
proscioglimento nel merito, da adottarsi ai sensi dell'art. 129  cpv.
codice di procedura penale. Pur essendosi,  infatti,  ormai  esaurita
l'assunzione delle prove, non e' tuttavia possibile pervenire ad  una
pronuncia di  assoluzione  nel  merito,  se  non  previo  meditato  e
approfondito apprezzamento delle risultanze istruttorie,  dagli  atti
non essendo emersa alcuna circostanza evidente, chiara  e  manifesta,
tale da escludere in radice l'esistenza del fatto contestato al  capo
2), la non commissione del medesimo da parte degli imputati o la  sua
rilevanza penale. 
    3.12. Le considerazioni e i rilievi innanzi esposti, ad avviso di
questo  giudicante,  depongono  tutti  nel  senso  di  escludere   la
possibilita'  che  il  presente  giudizio   possa   essere   definito
indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020,
n. 27, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione. 
    3.13. D'altra parte, esistono plurimi argomenti per escludere  il
carattere  manifestamente  infondato  della  predetta  questione   di
legittimita'   costituzionale.   Argomenti   che    attengono    alle
caratteristiche della prescrizione e  alla  sua  natura,  nonche'  al
rapporto tra questa e il principio  costituzionale  di  legalita'  in
materia penale, come di seguito si andra' meglio a precisare. 
    4. Sull'istituto della prescrizione e sulla sua  natura,  nonche'
sul principio costituzionale di legalita' in materia penale e sul suo
ambito di applicazione. 
    In via preliminare, osserva il giudicante come  la  prescrizione,
misurando la concreta rilevanza che  ha  il  decorso  del  tempo  sul
potere di punire, possa essere configurata come istituto che  attiene
o al profilo  «statico»  della  potesta'  punitiva  oppure  a  quello
«dinamico». 
    La' dove ad essere privilegiato  sia  il  profilo  «statico»,  la
prescrizione rientrera' allora in quel  complesso  di  elementi  che,
descritti dalla legge quale presupposti di una pena, prende  il  nome
di «reato». Per converso,  qualora  ad  essere  privilegiato  sia  il
profilo «dinamico»,  la  prescrizione  sara'  invece  ricompresa  nel
novero di quella serie di attivita' che, dirette alla formulazione di
un giudizio e alla conseguente condanna o assoluzione di un imputato,
prende il nome di «processo». 
    Nel primo caso, la prescrizione e' intesa come elemento che  deve
necessariamente mancare affinche'  un  fatto  di  reato  possa  dirsi
punibile, concorrendo cosi' a connotare la struttura stessa del reato
e dovendo, pertanto, essere  annoverata  tra  le  figure  di  diritto
penale sostanziale.  Nel  secondo  caso,  invece,  essa  andra'  piu'
propriamente caratterizzata come figura  di  diritto  processuale  e,
piu' in particolare,  come  causa  o  condizione  d'improcedibilita',
affiancandosi cosi', quanto a esclusiva incidenza sull'azione penale,
alla querela, all'istanza, alla richiesta  e  all'autorizzazione,  da
queste  tuttavia  differendo  per  il  sol  fatto  che  e'   la   sua
«sopravvenuta» presenza - e  non  gia'  l'«originaria»  assenza  -  a
paralizzare  l'esercizio  dell'azione  penale,  impedendone  l'inizio
ovvero la prosecuzione. 
    L'alternativa tra le opzioni innanzi  descritte,  in  definitiva,
consiste nel ritenere la prescrizione  o  come  istituto  di  diritto
processuale, percio'  regolato  e  governato,  nei  suoi  profili  di
diritto intertemporale, dal principio tempus regit actum  (in  questo
senso, v. Cassazione pen., Sez. 1, sentenza  n.  7385  del  5  giugno
2000,  Hasani,  Rv.  216255);  oppure  come   istituto   di   diritto
sostanziale, retto e  disciplinato  dal  principio  di  legalita'  in
materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost. 
    4.1. Cio' premesso in via generale, ritiene il Tribunale che  nel
nostro ordinamento la prescrizione debba  essere  annoverata  tra  le
figure di diritto penale sostanziale, come  d'altronde  espressamente
affermato,  in  plurime  occasioni,  tanto  dalla  giurisprudenza  di
legittimita' (v., ex plurimis, Cassazione pen., Sez. U,  sentenza  n.
33543 dell'11 luglio 2001, Brembati, Rv. 219222; Sez. U, sentenza  n.
13390 del 28 ottobre 1998 Boschetti, Rv, 211904; Sez. U, sentenza  n.
3760 del 16 marzo 1994, Munaro, Rv. 196575), quanto,  e  soprattutto,
dalla giurisprudenza costituzionale. 
    4.2. Sul punto, di particolare rilievo appaiono le pronunce della
Consulta rese nell'ambito della nota vicenda Taricco, ove il  Giudice
delle leggi ha qualificato la prescrizione come «istituto che  incide
sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso  del  tempo
l'effetto  di  impedire  l'applicazione  della  pena»,  espressamente
affermando che  la  stessa  «rientra  nell'alveo  costituzionale  del
principio di legalita' penale  sostanziale  enunciato  dall'art.  25,
seconda comma, Cost. con formula di particolare ampiezza»  (v.  Corte
costituzionale, sentenza n. 115 del  2018,  considerato  in  diritto,
par. 10). Nella stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha  inoltre
aggiunto che la prescrizione «deve  essere  considerata  un  istituto
sostanziale,  che  il  legislatore  puo'   modulare   attraverso   un
ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio  e  l'interesse  a
perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal  reato
non sia venuto meno (potendosene anche escludere  l'applicazione  per
delitti di estrema gravita'; ma avendo cura di  precisare,  tuttavia,
che il potere del legislatore di modulate tale istituto deve comunque
svolgersi  «sempre  nel  rispetto  di  tale  premessa  costituzionale
inderogabile», ossia del principio di legalita' in  materiale  penale
e, dunque, anche del principio di irretroattivita' della legge penale
sfavorevole al reo (v. sempre Corte costituzionale, sentenza  n.  115
del 2018, considerato in diritto, sempre par. 10). 
    Ma gia' in sede di rinvio pregiudiziale alla Corte  di  giustizia
dell'Unione europea, la Consulta  ha  avuto  modo  di  affermare  che
«nell'ordinamento  giuridico  nazionale  il   regime   legale   della
prescrizione e' soggetto al principio di legalita' in materia penale,
espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost.»,  aggiungendo  trattarsi
di «giusta premessa» quella secondo cui «il  principio  di  legalita'
penale riguarda anche il regime legale della prescrizione» (v.  Corte
costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, parr. 4 e 5). 
    4.3. Un simile orientamento, peraltro, non appare affatto isolato
nella giurisprudenza costituzionale. Al contrario, esso  si  iscrive,
pianamente  e  coerentemente,  nel  lungo  solco  di  pronunce   che,
riconoscendo la natura sostanziale della prescrizione, ne  affermano,
piu' o  meno  esplicitamente,  la  sua  integrale  sottoposizione  al
principio di legalita'  in  materia  penale,  sancito  dall'art.  25,
secondo comma, della Costituzione. 
    A tal fine, puo' invero menzionarsi la pronuncia n. 265 del 2017,
la' dove si afferma che la prescrizione  «pur  potendo  assumere  una
valenza  anche  processuale,  in   rapporto   alla   garanzia   della
ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.)  ...
costituisce,  nel  vigente  ordinamento,  un   istituto   di   natura
sostanziale ... la cui ratio «si collega preminentemente, da un lato,
all'interesse generale di non piu' perseguire  i  reati  rispetto  ai
quali il lungo tempo decorso dopo la  loro  commissione  abbia  fatto
venir meno, o notevolmente attenuato, [...] l'allarme della coscienza
comune» ...;  dall'altro,  «al  "diritto  all'oblio"  dei  cittadini,
quando il reato non sia cosi' grave da  escludere  tale  tutela»  (v.
Corte costituzionale,  sentenza  n.  265  del  2017,  considerato  in
diritto, par. 5). 
    Ma negli stessi termini la  Corte  si  e'  espressa  anche  nella
pronuncia n. 143 del 2014: «sebbene possa proiettarsi anche sul piano
processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia  della
ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) - la
prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di
natura sostanziale» (v. Corte costituzionale,  sentenza  n.  143  del
2014, considerato in diritto, par. 3). 
    Non dissimile  quanto  a  contenuto,  inoltre,  e'  un  passaggio
incidentale della pronuncia n.  294  del  2010,  ove  discorrendo  di
prescrizione viene affermato trattarsi di «un  tema  ...  di  diritto
penale sostanziale» (v. Corte costituzionale,  sentenza  n.  294  del
2010, considerato in diritto, par. 3). 
    In termini piu' netti sembra esprimersi la pronuncia n.  324  del
2008, ove si afferma essere «pacifico ... che la prescrizione,  quale
istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina  di  cui
all'art. 2 ... cod. pen.» (v. Corte costituzionale, sentenza  n.  324
del 2008, considerato in diritto, par. 7). Piu' a ritroso  nel  tempo
si rinviene, poi, la pronuncia n. 393 del 2006, che  parimenti  parla
di «natura sostanziale della prescrizione»,  a  tal  fine  insistendo
sull'effetto da essa prodotto», in quanto «il decorso del  tempo  non
si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in
se' e per se'; nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale
dello Stato alla potesta' punitiva» (v. Corte cost., sentenza n.  393
del 2006, considerato in diritto,  par.  4);  pronuncia  ancor  prima
preceduta  dalla  n.  275  del  1990,  che  sempre  riferendosi  alla
prescrizione ne afferma la natura di «istituto sostanziale» (v. Corte
costituzionale, sentenza n. 275 del  1990,  considerato  in  diritto,
par. 3). 
    4.4. D'altra parte, quel  che  vale  per  la  prescrizione,  deve
altresi' valere per il  suo  regime  modificativo,  costituito  dagli
istituti dell'interruzione e della sospensione. E' questa, ad  avviso
del Tribunale, una conclusione affatto piana e agevole da  sostenere,
scontrandosi con i piu' elementari canoni della logica  la  tesi  che
ritenesse sottratti alla copertura costituzionale prevista  dall'art.
25, secondo comma, Cost. i soli istituti  dell'interruzione  e  della
sospensione.  Una   conclusione,   questa,   peraltro   espressamente
avvalorata anche dalla Consulta, che cosi'  si  esprime,  sul  punto,
nell'ordinanza n. 24 del 2017: «nell'ordinamento giuridico  nazionale
il regime legale della  prescrizione  e'  soggetto  al  principio  di
legalita' in materia penale, espresso dall'art.  25,  secondo  comma,
Cost., come questa Corte ha  ripetutamente  riconosciuto  (da  ultimo
sentenza n. 143 del 2014)» (v, Corte costituzionale, ordinanza n.  24
del 2017, par. 4). 
    4.5. Ne' ignora  questo  giudicante  come  esistano  orientamenti
volti ad evidenziare la «variabile dinamica cui  tale  istituto,  pur
afferendo alla sfera del diritto penale sostanziale (come ribadito da
questa Corte, da ultimo, nella sentenza  n.  115  del  2018),  e'  in
concreto  esposto  nelle  singole   vicende   processuali,   ciascuna
contrassegnata da uno specifico andamento  in  sede  giurisdizionale»
(Corte cost., sentenza n. 143 del 2018, considerato in diritto,  par.
4.4). Tuttavia, e'  proprio  l'attenzione  riservata  dalla  Consulta
all'istituto della prescrizione, specie  con  riferimento  alla  piu'
volte affermata sottoposizione della stessa al principio di legalita'
in materia penale, che giustifica il  deferimento  alla  Corte  della
presente questione. 
    4.6. Giova  infine  rilevare  che  proprio  dalla  giurisprudenza
costituzionale innanzi citata possono  trarsi  argomenti  a  sostegno
della  tesi  per  cui  l'ambito  di  applicazione  del  principio  di
legalita'  in  materia  penale  sancito  dall'art.  25  cpv.   Cost.,
diversamente da quello riconosciuto  dalle  carte  internazionali  ed
europee, non sia limitato alla sola descrizione  degli  elementi  che
compongono il reato, ma includa ogni profilo sostanziale  concernente
il regime della punibilita'. 
    4.7. In conclusione, ritiene il Tribunale che l'art.  83,  quarto
comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18,  concernendo  condotte
anteriori alla sua entrata in vigore, determini un  aggravamento  del
regime della  punibilita'  (consistente  nel  prolungamento,  pari  a
sessantatre  giorni,  del  tempo  necessario  a  prescrivere),  cosi'
ponendosi in contrasto con  il  principio  di  legalita'  in  materia
penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione,  in
forza del quale le modifiche normative che comportino un aggravamento
del regime della punibilita' devono spiegare la propria efficacia con
riferimento ai soli fatti commessi quando le  stesse  erano  gia'  in
vigore. 
    5. Sul tentativo  di  ricondurre  al  dettato  costituzionale  la
disposizione censurata. 
    Intesi prescrizione e connesso regime  come  ricadenti  sotto  la
sfera di applicazione del principio di legalita' in  materia  penale,
non puo' allora ritenersi manifestamente infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art.   83,   quarto   comma,   del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in riferimento all'art.  25  cpv.
Cost. 
    5.1. Ne' appare utilmente  esperibile  un  tentativo  ermeneutico
teso  a  ricercare,  della  disposizione  predetta,  un   significato
compatibile con l'art, 25, secondo comma, Cost., cosi' elidendone  in
radice i rilevati profili di attrito. 
    5.2. Inadeguata al dettato costituzionale,  da  questo  punto  di
vista, e'  anzitutto  la  tesi  per  cui  l'art.  83,  quarto  comma,
decreto-legge n. 18/2020 costituirebbe null'altro che una particolare
applicazione di quanto gia'  previsto  dall'art.  159,  primo  comma,
codice penale («il corso della prescrizione rimane  sospeso  in  ogni
caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale ...
e' imposta da una  particolare  disposizione  di  legge»),  al  quale
ultimo soltanto andrebbe  percio'  ricollegato  l'effetto  sospensivo
della prescrizione, per i procedimenti rinviati  d'ufficio  ai  sensi
dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020, come  modificato
dall'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. 
    Una simile ricostruzione interpretativa,  per  vero,  non  appare
infatti sostenibile se non disconoscendo la stessa portata innovativa
dell'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 (e, con essa, la
sua capacita' di produrre effetti giuridici), di  questo  operandosi,
in tal modo, una vera e propria  interpretatio  abrogans,  quantomeno
nella parte relativa alla sospensione della prescrizione. 
    Tale ricostruzione, inoltre, implicitamente postulando  che  ogni
rinvio d'ufficio (e, dunque, non soltanto  quello  imposto  dall'art.
83,  decreto-legge  n.  18/2020)  rappresenti  un  «caso  in  cui  la
sospensione del procedimento o del processo penale ... e' imposta  da
una particolare  disposizione  di  legge»  (secondo  quanto  disposto
dall'art. 159, primo comma, codice penale), finisce con  l'equiparare
la nozione  di  «rinvio  d'udienza»  a  quella  di  «sospensione  del
procedimento», ascrivendo ad entrambe il medesimo effetto,  in  punto
di sospensione  del  corso  della  prescrizione,  da  ritenersi  cosi
prodotto ogni qualvolta il giudice disponga un rinvio d'udienza. 
    Al riguardo, giova tuttavia osservare come le espressioni «rinvio
d'udienza» e «sospensione del  procedimento»  denotino  concetti  tra
loro affatto distinti e non sovrapponibili, diverso essendo, gia' sul
piano semantico, il significato dei termini «sospensione» e  «rinvio»
(quest'ultimo, invece, sinonimo  della  parola  «differimento»,  come
peraltro espressamente riconosciuto  dallo  stesso  legislatore,  che
nella  relazione  illustrativa   al   d.d.l.   di   conversione   del
decreto-legge n. 18/2020 parla infatti di «differimento urgente delle
udienze»). 
    Ma e' la stessa sistematica del codice di rito ad offrire i  piu'
idonei argomenti per smentire la sussistenza di  un  nesso  biunivoco
tra rinvio d'udienza e sospensione del procedimento. 
    Nel tessuto codicistico, infatti, e' piuttosto agevole  rinvenire
ipotesi normative di sospensione del procedimento che  non  importano
alcun  rinvio  d'udienza  o  che,  comunque,  non  dipendono  affatto
dall'eventuale previsione di un rinvio  d'udienza.  E'  il  caso,  ad
esempio,  della  sospensione   del   procedimento   per   incapacita'
dell'imputato, prevista dall'art. 71, codice di procedura  penale;  o
quello  della   sospensione   del   procedimento   conseguente   alla
presentazione della richiesta di rimessione, prevista  dall'art.  47,
codice di procedura penale; o quello, ancora, della  sospensione  del
procedimento   per   assenza   dell'imputato,   prevista    dall'art.
420-quater, codice di  procedura  penale;  o  quello,  infine,  della
sospensione del procedimento, nelle ipotesi previste dagli articoli 3
e 479, codice di procedura penale. 
    Per converso, altrettante sono le ipotesi di rinvio  dell'udienza
alle quali non consegue alcuna sospensione del  procedimento.  E'  il
caso, ad esempio, del differimento d'udienza previsto dall'art.  465,
codice di procedura penale;  o  quello,  ancora  piu'  paradigmatico,
della «prosecuzione» del dibattimento disposta dal giudice, ai' sensi
dell'art. 477, codice di procedura penale, nell'ipotesi  in  cui  non
sia «assolutamente passibile esaurire il  dibattimento  in  una  sola
udienza» (ipotesi, questa, come noto assai frequente nella prassi). 
    Siffatti  rilievi,  ad  avviso  del  giudicante,  confortano   la
conclusione interpretativa per cui la  sospensione  del  procedimento
non consegua, sic et simpliciter, ad  un  semplice  rinvio  d'udienza
(sia  esso  disciplinato  come   obbligatorio   o   facoltativo),   a
quest'ultimo non potendosi pertanto  ritenere  connessa,  se  non  in
forza di un'espressa  previsione  normativa.  In  altri  termini,  se
certamente vero e' che la sospensione del  processo  «automaticamente
coinvolg[e]  ...  la  disciplina   di   diritto   sostanziale   della
prescrizione del reato» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 24  del
2014, considerato in diritto, par. 8), non e' parimenti vero che ogni
rinvio   d'udienza,   generando   una   sospensione   del   processo,
automaticamente coinvolga la disciplina della prescrizione del reato. 
    Una conclusione, questa, che risulta  peraltro  coerente  con  la
necessita',  avvertita  dallo  stesso  legislatore,   di   introdurre
un'espressa previsione normativa - qual e' quella di cui all'art. 83,
quarto comma,  decreto-legge  n.  18/2020  -  il  cui  unico  effetto
giuridico, nei presupposti ancorato alla sospensione  di  un  termine
del procedimento penale, fosse quello di sospendere  il  corso  della
prescrizione per tutti i reati sub indice e, quindi,  necessariamente
relativi a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. 
    5.3. Ritiene, poi,  il  Tribunale  che  al  fine  di  adeguare  a
Costituzione l'art. 83, quarto comma, decreto-legge  n.  18/2020  non
possa  essere  utilmente   speso   l'argomento   per   cui   la   sua
legittimazione costituzionale potrebbe essere rinvenuta nel carattere
«emergenziale»  o  «eccezionale»  o  comunque   «necessitato»   della
complessiva disciplina in cui detto articolo si inscrive. 
    Sul punto, infatti, giova osservare come  sia  la  stessa  logica
dello stato di' diritto -  che  non  ammette  eccezione  alcuna  alle
regole in esso stipulate come fondamentali - a  frapporre  un  argine
invalicabile alla possibilita'  di  individuare  spazi  di  deroga  o
ambiti di non  applicabilita'  in  quei  principi  che,  appartenendo
«all'essenza dei valori supremi sui quali si  fonda  la  Costituzione
italiana» (cosi', testualmente,  Corte  costituzionale,  sentenza  n,
1146 del 1988, considerato  in  diritto,  par.  2.1.),  costituiscono
elementi identificativi dell'ordinamento costituzionale. E nel novero
di tali  principi  deve,  per  vero,  farsi  rientrare  anche  quello
espresso dall'art. 25, secondo comma,  della  Costituzione,  come  di
recente affermato dal Giudice delle leggi, sempre  nell'ambito  della
nota vicenda Taricco: «non vi e' [...] dubbio  che  il  principio  di
legalita'  in   materia   penale   esprima   un   principio   supremo
dell'ordinamento,  posto   a   presidio   dei   diritti   inviolabili
dell'individuo, per la parte in cui esige che  le  norme  penali  non
abbiano   in   nessun   caso   portata   retroattiva.».   (v.   Corte
costituzionale, ordinanza n. 24 del  2017,  considerato  in  diritto,
par. 2). 
    Nessuna deroga, dunque, puo' essere ammessa al principio  supremo
dell'irretroattivita' della legge  penale  sfavorevole.  Soltanto  il
principio di retroattivita' della legge penale  favorevole,  infatti,
«non puo'  essere  senza  eccezioni»,  in  cio'  differenziandosi  da
«quello di irretroattivita' della legge penale sfavorevole», che  per
l'appunto non tollera nessuna  eccezione  (v.  Corte  costituzionale,
sentenza n. 236 del 2011, considerato in diritto, par. 13). 
    5.4. Pertanto  -  e  con  esclusivo  riferimento  ai  profili  di
ammissibilita' della  questione  qui  dedotta,  essendone  il  merito
interamente devoluto al giudizio della Corte costituzionale - ritiene
il giudicante che dell'enunciato  «nei  procedimenti  penali  in  cui
opera la sospensione dei termini  [e']  altresi'  sospes[o],  per  lo
stesso periodo, il corso della prescrizione»  non  possano  ricavarsi
interpretazioni  conformi   all'art.   25,   secondo   comma,   della
Costituzione, comunque diverse dalle seguenti: 
        a) per i procedimenti penali in cui opera la sospensione  dei
termini disposta  in  conseguenza  dell'emergenza  epidemiologica  da
Covid-19, il corso della prescrizione dei reati rimane sospeso per un
periodo di tempo pari alla predetta sospensione dei termini; 
        b) la sospensione del corso della prescrizione e' un  effetto
diretto della sola previsione normativa di cui  all'art.  83,  quarto
comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; 
        c) la sospensione  del  corso  della  prescrizione  opera  di
diritto e si applica anche ai reati commessi  prima  dell'entrata  in
vigore del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (recte:  prima  del  9
marzo 2020). 
    6.  Sugli  esatti  termini  della   questione   di   legittimita'
costituzionale. 
    Alla luce delle ragioni  innanzi  esposte,  che  giustificano  la
rilevanza e la non manifesta infondatezza  della  questione  proposta
con la presente ordinanza, s'impone la trasmissione  degli  atti  del
presente giudizio alla Corte costituzionale,  affinche'  si  pronunci
sulla legittimita' costituzionale dell'art.  83,  quarto  comma,  del
decreto-legge 17 marzo 2020,  n.  18,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio  di
legalita' in materia penale, espresso dall'art.  25,  secondo  comma,
della Costituzione e, piu' in particolare, con il sotto-principio  di
irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo, la'  dove  e'
previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del
9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari  a  quello
in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei
procedimenti penali.