IL TRIBUNALE ORDINARIO DI SIENA Sezione penale In composizione monocratica nella persona del giudice dott. Simone Spina, all'udienza del giorno 21 maggio 2020, svolta a porte chiuse, ai sensi dell'art. 472, terzo comma, codice procedura penale, ha pronunciato la presente ordinanza (di rimessione alla Corte costituzionale, di questione di legittimita' costituzionale). Visti gli atti dei procedimento penale in epigrafe indicato; Considerato che il presente giudizio, per i motivi di seguito esposti, non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, la' dove prevede che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimane sospeso per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali; Ritenuta non manifestamente infondata la predetta questione di legittimita' costituzionale, per le ragioni meglio chiarite in prosieguo; Osserva 1. Sui fatti oggetto di giudizio. In via preliminare, occorre evidenziare che il presente giudizio ha ad oggetto distinte contestazioni di reati edilizi, commessi prima del 9 marzo 2020. 1.1. Secondo l'ipotesi accusatoria, piu' in particolare, A.P., D.C. e G.D.M., in concorso tra loro e nelle rispettive qualita' di committente, progettista e rappresentante legale della ditta esecutrice dei lavori, avrebbero eseguito opere edilizie in assenza di titolo abilitativo o, comunque, in totale difformita' dallo stesso, proseguendo poi i lavori gia' avviati nonostante l'intervenuta sospensione degli stessi, disposta con ordinanza dell'autorita' comunale. 1.2. Il pubblico ministero, in effetti, ha contestato agli imputati di aver violato gli articoli 100 codice penale e 44, primo comma, lettera b) decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, articolando l'accusa in due distinti capi d'imputazione: al capo 1) della rubrica e' stata contestata l'esecuzione di lavori sine titulo o in totale difformita' dal titolo riconosciuto, cori condotta protrattasi sino al 29 agosto 2014, allorquando e' intervenuta la notifica dell'ordine di sospensione dei lavori, emesso dal Comune di C d V d; al capo 2), invece, e' stata-- contestata la ripresa dei lavori gia' sospesi, iniziata in data successiva a quella dell'intervenuto ordine di sospensione e proseguita sino al 16 maggio 2015, allorquando la polizia locale del Comune di C d V d e' intervenuta sul posto, eseguendo un sopralluogo. 1.3. Nell'imputazione, il fatto ascritto al capo 1) risulta accertato in data 29 agosto 2014, mentre quello ascritto al capo 2) risulta accertato in data 16 maggio 2015. 1.4. In ordine a tali contestazioni, l'azione penale e' stata esercitata l'11 luglio 2018, mediante decreto di citazione diretta a giudizio. 2. Sul termine di prescrizione del reato contestato al capo 2). Tanto premesso sui fatti per cui si procede, decisiva appare, anzitutto, l'individuazione del giorno di consumazione del reato contestato al capo 2), per l'indubbio rilievo che tale dato assume al fine di determinarne il tempo necessario a prescrivere. 2.1. Al riguardo, osserva il Tribunale che in tema di reati edilizi il tempus commissi delicti, rilevante ai fini del decorso della prescrizione, puo' coincidere, a seconda dei casi: a) o con l'ultimazione dei lavori per integrale completamento dell'opera, inclusa la realizzazione delle rifiniture; b) o con la sospensione dei lavori, sia essa volontaria o imposta per fatto del terzo (qual e', ad esempio, l'intervenuto sequestro dell'opera); c) o con la sentenza di primo grado, la' dove i lavori siano continuati anche dopo l'accertamento del reato (v., ex plurimis, Cassazione pen., Sez. 3, sentenza n. 46215 del 3 luglio 2018, Rv. 274201; Sez. 3, sentenza n. 29974 del 6 maggio 2014, Sullo, Rv. 260498; Sez. 3, sentenza n. 8172 del 27 gennaio 2010, Vitali, Rv. 246221; Sez. 3, sentenza n. 38136 del 25 settembre 2001, Triassi, Rv. 220351). 2.2. Dall'istruttoria dibattimentale e' peraltro emerso, grazie alla testimonianza dell'agente di polizia giudiziaria A.B., che al 16 maggio 2015, giorno in cui e' stato eseguito il sopralluogo, i lavori risultavano cessati e il manufatto completamente ultimato e rifinito. Non e' stato possibile accertare, invece, una data di ultimazione delle opere antecedente alla data del 16 maggio 2015, dalla quale soltanto deve quindi farsi decorrere il termine necessario a prescrivere. 2.3. Considerate, pertanto, le previsioni di cui agli articoli 157, 160 e 161, codice penale, il termine quinquennale massimo di proscrizione del reato contestato al capo 2) deve ritenersi decorso al giorno 16 maggio 2020, non essendo nel frattempo maturata alcuna sospensione del corso della prescrizione, ad eccezione di quella oggi prevista nell'art. 83, comma quarto, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. 3. Sulla norma oggetto della questione di legittimita' costituzionale e sulla sua applicabilita' al reato contestato al capo 2). Al fine di meglio chiarire la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale proposta con il presente provvedimento, occorre preliminarmente ricostruire il complesso degli atti legislativi disposti in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, soffermandosi in particolare sul decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18. Tale ultimo atto, infatti, deve essere letto nell'ambito della sequela di interventi legislativi, eccezionali ed urgenti, inaugurata con decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 e chiusa, per quel che qui rileva, dal decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23. 3.1. Con il decreto-legge 11/2020 (dapprima abrogato dall'art. 1, comma 2, della medesima legge 24 27/2020, di conversione del decreto-legge n. 18/2020, e poi decaduto, in data 7 maggio 2020, per mancata conversione in legge, nel termine fissato dalla Costituzione) e' stato inizialmente previsto «un differimento urgente delle udienze e una sospensione dei termini nei procedimenti civili, penali, tributari e militari sino al 22 marzo 2020» (cosi', testualmente, la relazione illustrativa al d.d.l. di conversione in legge del decreto-legge 18/2020). 3.2. Il termine del 22 marzo 2020 e' stato poi prorogato, dapprima, al 15 aprile 2020, in forza dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020 e, successivamente, all'11 maggio 2020, in virtu' dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020, che non ha tuttavia sostituito il pregresso termine inscritto nel corpo dell'art. 83, limitandosi a disporne la proroga, con autonoma disposizione. 3.3. Prevede, infatti, l'art, 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020, nella versione attualmente in vigore, che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020», aggiungendo, al secondo comma, che «dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 e' sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.». Prevede poi l'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020 che: «il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e' prorogato all'11 maggio 2020». 3.4. Il dato teleologico della disciplina complessivamente prevista ai commi primo e secondo dell'art. 83, decreto-legge n. 18/2020 - come, d'altronde, espressamente affermato e riconosciuto dallo stesso legislatore governativo nella relazione al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020 - ruota attorno a un duplice asse: da una parte, la necessita' di «sospendere tutte le attivita' processuali allo scopo di ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell'epidemia»; dall'altra, l'esigenza di «neutralizzare ogni effetto negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali» (cosi', la relazione illustrativa al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020). In altri termini, se nel primo comma viene prescritto il «massivo differimento» di ogni attivita' processuale, disponendosi il rinvio obbligatorio di tutte le udienze gia' fissate tra il 9 marzo 2020 l'11 maggio 2020, nel secondo comma viene invece prevista la sospensione, per lo stesso periodo di tempo, del decorso dei termini processuali. 3.5. La disposizione che, in questa sede, risulta pero' di maggiore rilievo risiede nel quarto comma del citato art. 83: «nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 [e'] altresi' sospes[o], per lo stesso periodo, il corso della prescrizione». 3.6. In proposito, e' facile rilevare come il legislatore abbia istituito uno stretto legame tra sospensione dei termini processuali e sospensione del corso della prescrizione, ancorando quest'ultima alla prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi, sia per quel che riguarda l'estensione temporale. Pertanto, la' dove siano sospesi i termini per il compimento di qualsiasi attivita' processuale, restera' parimenti sospeso il corso della prescrizione, per un periodo di tempo sempre fisso e prestabilito, corrispondente all'arco di tempo che intercorre tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a complessivi sessantatre giorni. 3.7. E' chiaro, peraltro, che un legame altrettanto stretto sussista anche tra rinvio (o differimento) d'udienza e sospensione del corso della prescrizione. Ritiene, infatti, il Tribunale che il rinvio obbligatorio d'udienza previsto dall'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020, altro non sia che una diversa forma di sospensione del «compimento di qualsiasi atto dei procedimenti ... penali». Non puo', pertanto, fondatamente sostenersi che il richiamo al solo secondo comma dell'art. 83, operato dal quarto comma del medesimo articolo (« ... nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2 ...»), valga ad escludere l'applicabilita' della sospensione del corso della prescrizione per quei procedimenti penali in cui, ai sensi del primo comma, sia stato disposto il rinvio d'ufficio dell'udienza. Se cosi' fosse, d'altronde, tale sospensione resterebbe di fatto inapplicata nella totalita' dei procedimenti in cui sia stato disposto un rinvio d'udienza, in contrasto con la stessa ratio legis dell'intervento normativo in parola, che proprio tramite l'istituto della sospensione ha inteso «neutralizzare ogni effetto negativo» conseguente al «massivo differimento delle attivita' processuali». A tale rilievo, inoltre, se ne deve aggiungere un altro, dato dalla constatazione che l'art. 83, decreto-legge n. 18/2020 condensa in un'unica disposizione, seppure in parte revisionata e riordinata, la disciplina inizialmente prevista dal decreto-legge n. 11/2020, poi in effetti abrogato (e successivamente decaduto), in quanto definitivamente superato dal predetto art. 83. Da questo punto di vista, non puo' non rilevarsi, allora, come la disciplina originariamente prevista dal decreto-legge n. 11/2020, muovendosi nell'ambito del medesimo dato teleologico sotteso all'art. 83, ancorasse proprio al meccanismo del rinvio d'udienza l'operativita' della sospensione del corso della prescrizione. Sarebbe, dunque, quantomeno irragionevole ritenere che una disciplina introdotta con la dichiarata finalita' di razionalizzarne un'altra, peraltro ad essa di poco precedente e con la quale condivide lo scopo di contemperare lo strumento del differimento obbligatorio d'udienza con il meccanismo sospensivo, risulti poi massimamente carente e deficitaria proprio sotto quest'ultimo profilo. 3.8. In ragione di siffatti rilievi, ritiene pertanto il Tribunale che la prescrizione del reato contestato al capo 2) debba intendersi sospesa, in virtu' dell'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020, per complessivi sessantatre giorni, dovendosi pertanto posticipare al 18 luglio 2020 il decorso del termine massimo di prescrizione. Tale effetto sospensivo, infatti, consegue al differimento all'udienza del 21 maggio 2020 di quella gia' fissata al 16 aprile 2020, disposto con provvedimento depositato in cancelleria il 17 aprile 2020 e ritualmente notificato al pubblico ministero, agli imputati e ai rispettivi difensori. 3.9. Questo giudicante, tuttavia, dubita della conformita' a Costituzione di una norma che, prolungandone la durata di sessantatre giorni, modifica in senso sfavorevole all'imputato il regime della prescrizione di un reato commesso prima della sua entrata in vigore. 3.10. Detta norma, d'altra parte, non puo' certo essere ignorata dal Tribunale, essendosi infatti verificata la sua condizione di applicazione, costituita dal differimento dell'udienza del 16 aprile 2020, disposto ai sensi dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020 e dell'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. 3.11. Ne' puo' essere utilmente invocata la possibilita', per questo giudice, di definire il presente giudizio con pronuncia di proscioglimento nel merito, da adottarsi ai sensi dell'art. 129 cpv. codice di procedura penale. Pur essendosi, infatti, ormai esaurita l'assunzione delle prove, non e' tuttavia possibile pervenire ad una pronuncia di assoluzione nel merito, se non previo meditato e approfondito apprezzamento delle risultanze istruttorie, dagli atti non essendo emersa alcuna circostanza evidente, chiara e manifesta, tale da escludere in radice l'esistenza del fatto contestato al capo 2), la non commissione del medesimo da parte degli imputati o la sua rilevanza penale. 3.12. Le considerazioni e i rilievi innanzi esposti, ad avviso di questo giudicante, depongono tutti nel senso di escludere la possibilita' che il presente giudizio possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, in riferimento all'art. 25, secondo comma, della Costituzione. 3.13. D'altra parte, esistono plurimi argomenti per escludere il carattere manifestamente infondato della predetta questione di legittimita' costituzionale. Argomenti che attengono alle caratteristiche della prescrizione e alla sua natura, nonche' al rapporto tra questa e il principio costituzionale di legalita' in materia penale, come di seguito si andra' meglio a precisare. 4. Sull'istituto della prescrizione e sulla sua natura, nonche' sul principio costituzionale di legalita' in materia penale e sul suo ambito di applicazione. In via preliminare, osserva il giudicante come la prescrizione, misurando la concreta rilevanza che ha il decorso del tempo sul potere di punire, possa essere configurata come istituto che attiene o al profilo «statico» della potesta' punitiva oppure a quello «dinamico». La' dove ad essere privilegiato sia il profilo «statico», la prescrizione rientrera' allora in quel complesso di elementi che, descritti dalla legge quale presupposti di una pena, prende il nome di «reato». Per converso, qualora ad essere privilegiato sia il profilo «dinamico», la prescrizione sara' invece ricompresa nel novero di quella serie di attivita' che, dirette alla formulazione di un giudizio e alla conseguente condanna o assoluzione di un imputato, prende il nome di «processo». Nel primo caso, la prescrizione e' intesa come elemento che deve necessariamente mancare affinche' un fatto di reato possa dirsi punibile, concorrendo cosi' a connotare la struttura stessa del reato e dovendo, pertanto, essere annoverata tra le figure di diritto penale sostanziale. Nel secondo caso, invece, essa andra' piu' propriamente caratterizzata come figura di diritto processuale e, piu' in particolare, come causa o condizione d'improcedibilita', affiancandosi cosi', quanto a esclusiva incidenza sull'azione penale, alla querela, all'istanza, alla richiesta e all'autorizzazione, da queste tuttavia differendo per il sol fatto che e' la sua «sopravvenuta» presenza - e non gia' l'«originaria» assenza - a paralizzare l'esercizio dell'azione penale, impedendone l'inizio ovvero la prosecuzione. L'alternativa tra le opzioni innanzi descritte, in definitiva, consiste nel ritenere la prescrizione o come istituto di diritto processuale, percio' regolato e governato, nei suoi profili di diritto intertemporale, dal principio tempus regit actum (in questo senso, v. Cassazione pen., Sez. 1, sentenza n. 7385 del 5 giugno 2000, Hasani, Rv. 216255); oppure come istituto di diritto sostanziale, retto e disciplinato dal principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost. 4.1. Cio' premesso in via generale, ritiene il Tribunale che nel nostro ordinamento la prescrizione debba essere annoverata tra le figure di diritto penale sostanziale, come d'altronde espressamente affermato, in plurime occasioni, tanto dalla giurisprudenza di legittimita' (v., ex plurimis, Cassazione pen., Sez. U, sentenza n. 33543 dell'11 luglio 2001, Brembati, Rv. 219222; Sez. U, sentenza n. 13390 del 28 ottobre 1998 Boschetti, Rv, 211904; Sez. U, sentenza n. 3760 del 16 marzo 1994, Munaro, Rv. 196575), quanto, e soprattutto, dalla giurisprudenza costituzionale. 4.2. Sul punto, di particolare rilievo appaiono le pronunce della Consulta rese nell'ambito della nota vicenda Taricco, ove il Giudice delle leggi ha qualificato la prescrizione come «istituto che incide sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena», espressamente affermando che la stessa «rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalita' penale sostanziale enunciato dall'art. 25, seconda comma, Cost. con formula di particolare ampiezza» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2018, considerato in diritto, par. 10). Nella stessa pronuncia, la Corte costituzionale ha inoltre aggiunto che la prescrizione «deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse a perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto dal reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l'applicazione per delitti di estrema gravita'; ma avendo cura di precisare, tuttavia, che il potere del legislatore di modulate tale istituto deve comunque svolgersi «sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile», ossia del principio di legalita' in materiale penale e, dunque, anche del principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo (v. sempre Corte costituzionale, sentenza n. 115 del 2018, considerato in diritto, sempre par. 10). Ma gia' in sede di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea, la Consulta ha avuto modo di affermare che «nell'ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione e' soggetto al principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost.», aggiungendo trattarsi di «giusta premessa» quella secondo cui «il principio di legalita' penale riguarda anche il regime legale della prescrizione» (v. Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, parr. 4 e 5). 4.3. Un simile orientamento, peraltro, non appare affatto isolato nella giurisprudenza costituzionale. Al contrario, esso si iscrive, pianamente e coerentemente, nel lungo solco di pronunce che, riconoscendo la natura sostanziale della prescrizione, ne affermano, piu' o meno esplicitamente, la sua integrale sottoposizione al principio di legalita' in materia penale, sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. A tal fine, puo' invero menzionarsi la pronuncia n. 265 del 2017, la' dove si afferma che la prescrizione «pur potendo assumere una valenza anche processuale, in rapporto alla garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) ... costituisce, nel vigente ordinamento, un istituto di natura sostanziale ... la cui ratio «si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale di non piu' perseguire i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno, o notevolmente attenuato, [...] l'allarme della coscienza comune» ...; dall'altro, «al "diritto all'oblio" dei cittadini, quando il reato non sia cosi' grave da escludere tale tutela» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 265 del 2017, considerato in diritto, par. 5). Ma negli stessi termini la Corte si e' espressa anche nella pronuncia n. 143 del 2014: «sebbene possa proiettarsi anche sul piano processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Cost.) - la prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di natura sostanziale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 143 del 2014, considerato in diritto, par. 3). Non dissimile quanto a contenuto, inoltre, e' un passaggio incidentale della pronuncia n. 294 del 2010, ove discorrendo di prescrizione viene affermato trattarsi di «un tema ... di diritto penale sostanziale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 294 del 2010, considerato in diritto, par. 3). In termini piu' netti sembra esprimersi la pronuncia n. 324 del 2008, ove si afferma essere «pacifico ... che la prescrizione, quale istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina di cui all'art. 2 ... cod. pen.» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 324 del 2008, considerato in diritto, par. 7). Piu' a ritroso nel tempo si rinviene, poi, la pronuncia n. 393 del 2006, che parimenti parla di «natura sostanziale della prescrizione», a tal fine insistendo sull'effetto da essa prodotto», in quanto «il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per se'; nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva» (v. Corte cost., sentenza n. 393 del 2006, considerato in diritto, par. 4); pronuncia ancor prima preceduta dalla n. 275 del 1990, che sempre riferendosi alla prescrizione ne afferma la natura di «istituto sostanziale» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 275 del 1990, considerato in diritto, par. 3). 4.4. D'altra parte, quel che vale per la prescrizione, deve altresi' valere per il suo regime modificativo, costituito dagli istituti dell'interruzione e della sospensione. E' questa, ad avviso del Tribunale, una conclusione affatto piana e agevole da sostenere, scontrandosi con i piu' elementari canoni della logica la tesi che ritenesse sottratti alla copertura costituzionale prevista dall'art. 25, secondo comma, Cost. i soli istituti dell'interruzione e della sospensione. Una conclusione, questa, peraltro espressamente avvalorata anche dalla Consulta, che cosi' si esprime, sul punto, nell'ordinanza n. 24 del 2017: «nell'ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione e' soggetto al principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, Cost., come questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (da ultimo sentenza n. 143 del 2014)» (v, Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, par. 4). 4.5. Ne' ignora questo giudicante come esistano orientamenti volti ad evidenziare la «variabile dinamica cui tale istituto, pur afferendo alla sfera del diritto penale sostanziale (come ribadito da questa Corte, da ultimo, nella sentenza n. 115 del 2018), e' in concreto esposto nelle singole vicende processuali, ciascuna contrassegnata da uno specifico andamento in sede giurisdizionale» (Corte cost., sentenza n. 143 del 2018, considerato in diritto, par. 4.4). Tuttavia, e' proprio l'attenzione riservata dalla Consulta all'istituto della prescrizione, specie con riferimento alla piu' volte affermata sottoposizione della stessa al principio di legalita' in materia penale, che giustifica il deferimento alla Corte della presente questione. 4.6. Giova infine rilevare che proprio dalla giurisprudenza costituzionale innanzi citata possono trarsi argomenti a sostegno della tesi per cui l'ambito di applicazione del principio di legalita' in materia penale sancito dall'art. 25 cpv. Cost., diversamente da quello riconosciuto dalle carte internazionali ed europee, non sia limitato alla sola descrizione degli elementi che compongono il reato, ma includa ogni profilo sostanziale concernente il regime della punibilita'. 4.7. In conclusione, ritiene il Tribunale che l'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, concernendo condotte anteriori alla sua entrata in vigore, determini un aggravamento del regime della punibilita' (consistente nel prolungamento, pari a sessantatre giorni, del tempo necessario a prescrivere), cosi' ponendosi in contrasto con il principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in forza del quale le modifiche normative che comportino un aggravamento del regime della punibilita' devono spiegare la propria efficacia con riferimento ai soli fatti commessi quando le stesse erano gia' in vigore. 5. Sul tentativo di ricondurre al dettato costituzionale la disposizione censurata. Intesi prescrizione e connesso regime come ricadenti sotto la sfera di applicazione del principio di legalita' in materia penale, non puo' allora ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, in riferimento all'art. 25 cpv. Cost. 5.1. Ne' appare utilmente esperibile un tentativo ermeneutico teso a ricercare, della disposizione predetta, un significato compatibile con l'art, 25, secondo comma, Cost., cosi' elidendone in radice i rilevati profili di attrito. 5.2. Inadeguata al dettato costituzionale, da questo punto di vista, e' anzitutto la tesi per cui l'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 costituirebbe null'altro che una particolare applicazione di quanto gia' previsto dall'art. 159, primo comma, codice penale («il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale ... e' imposta da una particolare disposizione di legge»), al quale ultimo soltanto andrebbe percio' ricollegato l'effetto sospensivo della prescrizione, per i procedimenti rinviati d'ufficio ai sensi dell'art. 83, primo comma, decreto-legge n. 18/2020, come modificato dall'art. 36, primo comma, decreto-legge n. 23/2020. Una simile ricostruzione interpretativa, per vero, non appare infatti sostenibile se non disconoscendo la stessa portata innovativa dell'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 (e, con essa, la sua capacita' di produrre effetti giuridici), di questo operandosi, in tal modo, una vera e propria interpretatio abrogans, quantomeno nella parte relativa alla sospensione della prescrizione. Tale ricostruzione, inoltre, implicitamente postulando che ogni rinvio d'ufficio (e, dunque, non soltanto quello imposto dall'art. 83, decreto-legge n. 18/2020) rappresenti un «caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale ... e' imposta da una particolare disposizione di legge» (secondo quanto disposto dall'art. 159, primo comma, codice penale), finisce con l'equiparare la nozione di «rinvio d'udienza» a quella di «sospensione del procedimento», ascrivendo ad entrambe il medesimo effetto, in punto di sospensione del corso della prescrizione, da ritenersi cosi prodotto ogni qualvolta il giudice disponga un rinvio d'udienza. Al riguardo, giova tuttavia osservare come le espressioni «rinvio d'udienza» e «sospensione del procedimento» denotino concetti tra loro affatto distinti e non sovrapponibili, diverso essendo, gia' sul piano semantico, il significato dei termini «sospensione» e «rinvio» (quest'ultimo, invece, sinonimo della parola «differimento», come peraltro espressamente riconosciuto dallo stesso legislatore, che nella relazione illustrativa al d.d.l. di conversione del decreto-legge n. 18/2020 parla infatti di «differimento urgente delle udienze»). Ma e' la stessa sistematica del codice di rito ad offrire i piu' idonei argomenti per smentire la sussistenza di un nesso biunivoco tra rinvio d'udienza e sospensione del procedimento. Nel tessuto codicistico, infatti, e' piuttosto agevole rinvenire ipotesi normative di sospensione del procedimento che non importano alcun rinvio d'udienza o che, comunque, non dipendono affatto dall'eventuale previsione di un rinvio d'udienza. E' il caso, ad esempio, della sospensione del procedimento per incapacita' dell'imputato, prevista dall'art. 71, codice di procedura penale; o quello della sospensione del procedimento conseguente alla presentazione della richiesta di rimessione, prevista dall'art. 47, codice di procedura penale; o quello, ancora, della sospensione del procedimento per assenza dell'imputato, prevista dall'art. 420-quater, codice di procedura penale; o quello, infine, della sospensione del procedimento, nelle ipotesi previste dagli articoli 3 e 479, codice di procedura penale. Per converso, altrettante sono le ipotesi di rinvio dell'udienza alle quali non consegue alcuna sospensione del procedimento. E' il caso, ad esempio, del differimento d'udienza previsto dall'art. 465, codice di procedura penale; o quello, ancora piu' paradigmatico, della «prosecuzione» del dibattimento disposta dal giudice, ai' sensi dell'art. 477, codice di procedura penale, nell'ipotesi in cui non sia «assolutamente passibile esaurire il dibattimento in una sola udienza» (ipotesi, questa, come noto assai frequente nella prassi). Siffatti rilievi, ad avviso del giudicante, confortano la conclusione interpretativa per cui la sospensione del procedimento non consegua, sic et simpliciter, ad un semplice rinvio d'udienza (sia esso disciplinato come obbligatorio o facoltativo), a quest'ultimo non potendosi pertanto ritenere connessa, se non in forza di un'espressa previsione normativa. In altri termini, se certamente vero e' che la sospensione del processo «automaticamente coinvolg[e] ... la disciplina di diritto sostanziale della prescrizione del reato» (v. Corte costituzionale, sentenza n. 24 del 2014, considerato in diritto, par. 8), non e' parimenti vero che ogni rinvio d'udienza, generando una sospensione del processo, automaticamente coinvolga la disciplina della prescrizione del reato. Una conclusione, questa, che risulta peraltro coerente con la necessita', avvertita dallo stesso legislatore, di introdurre un'espressa previsione normativa - qual e' quella di cui all'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 - il cui unico effetto giuridico, nei presupposti ancorato alla sospensione di un termine del procedimento penale, fosse quello di sospendere il corso della prescrizione per tutti i reati sub indice e, quindi, necessariamente relativi a fatti commessi prima della sua entrata in vigore. 5.3. Ritiene, poi, il Tribunale che al fine di adeguare a Costituzione l'art. 83, quarto comma, decreto-legge n. 18/2020 non possa essere utilmente speso l'argomento per cui la sua legittimazione costituzionale potrebbe essere rinvenuta nel carattere «emergenziale» o «eccezionale» o comunque «necessitato» della complessiva disciplina in cui detto articolo si inscrive. Sul punto, infatti, giova osservare come sia la stessa logica dello stato di' diritto - che non ammette eccezione alcuna alle regole in esso stipulate come fondamentali - a frapporre un argine invalicabile alla possibilita' di individuare spazi di deroga o ambiti di non applicabilita' in quei principi che, appartenendo «all'essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana» (cosi', testualmente, Corte costituzionale, sentenza n, 1146 del 1988, considerato in diritto, par. 2.1.), costituiscono elementi identificativi dell'ordinamento costituzionale. E nel novero di tali principi deve, per vero, farsi rientrare anche quello espresso dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione, come di recente affermato dal Giudice delle leggi, sempre nell'ambito della nota vicenda Taricco: «non vi e' [...] dubbio che il principio di legalita' in materia penale esprima un principio supremo dell'ordinamento, posto a presidio dei diritti inviolabili dell'individuo, per la parte in cui esige che le norme penali non abbiano in nessun caso portata retroattiva.». (v. Corte costituzionale, ordinanza n. 24 del 2017, considerato in diritto, par. 2). Nessuna deroga, dunque, puo' essere ammessa al principio supremo dell'irretroattivita' della legge penale sfavorevole. Soltanto il principio di retroattivita' della legge penale favorevole, infatti, «non puo' essere senza eccezioni», in cio' differenziandosi da «quello di irretroattivita' della legge penale sfavorevole», che per l'appunto non tollera nessuna eccezione (v. Corte costituzionale, sentenza n. 236 del 2011, considerato in diritto, par. 13). 5.4. Pertanto - e con esclusivo riferimento ai profili di ammissibilita' della questione qui dedotta, essendone il merito interamente devoluto al giudizio della Corte costituzionale - ritiene il giudicante che dell'enunciato «nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini [e'] altresi' sospes[o], per lo stesso periodo, il corso della prescrizione» non possano ricavarsi interpretazioni conformi all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, comunque diverse dalle seguenti: a) per i procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini disposta in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, il corso della prescrizione dei reati rimane sospeso per un periodo di tempo pari alla predetta sospensione dei termini; b) la sospensione del corso della prescrizione e' un effetto diretto della sola previsione normativa di cui all'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18; c) la sospensione del corso della prescrizione opera di diritto e si applica anche ai reati commessi prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (recte: prima del 9 marzo 2020). 6. Sugli esatti termini della questione di legittimita' costituzionale. Alla luce delle ragioni innanzi esposte, che giustificano la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione proposta con la presente ordinanza, s'impone la trasmissione degli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale, affinche' si pronunci sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, quarto comma, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per contrasto con il principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione e, piu' in particolare, con il sotto-principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole al reo, la' dove e' previsto che il corso della prescrizione dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali.