ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto in relazione all'art. l-bis,  comma  3,  del  decreto-legge  20
aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in materia di  consultazioni
elettorali per l'anno 2020),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 19 giugno 2020, n. 59, nonche' al decreto del Presidente  della
Repubblica  17  luglio  2020  (Indizione  del   referendum   popolare
confermativo del testo della legge costituzionale recante  «Modifiche
agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di  riduzione
del numero dei parlamentari» approvato dal  Parlamento  e  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  Italiana  n.  240  del  12
ottobre 2019) in ragione dell'abbinamento, nelle date  del  20  e  21
settembre 2020, della votazione per il referendum sul testo di  legge
costituzionale a quella  per  le  elezioni  suppletive,  regionali  e
amministrative,  giudizio  promosso  dal   Comitato   promotore   del
referendum sul testo di legge costituzionale recante «Modifiche  agli
articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di  riduzione  del
numero dei parlamentari», con ricorso depositato in cancelleria il 23
luglio 2020 e iscritto al n. 7  del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2020, fase di ammissibilita'. 
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Partito  Radicale   Nonviolento
Transnazionale Transpartito; 
    udito  il  Giudice  relatore  Giuliano  Amato  nella  camera   di
consiglio del 12 agosto 2020,  svolta  ai  sensi  del  decreto  della
Presidente della Corte del 23 giugno 2020, punto 4); 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 agosto 2020. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato in cancelleria il 23  luglio
2020, i senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e Tommaso  Nannicini,
nella qualita' di legali rappresentanti del Comitato promotore  della
consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale  recante
«Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di
riduzione del numero dei parlamentari», hanno promosso  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  della  Camera  dei
deputati,  del  Senato  della  Repubblica,   del   Presidente   della
Repubblica e del Governo, in relazione all'art. l-bis, comma  3,  del
decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in  materia
di  consultazioni  elettorali  per  l'anno  2020),  convertito,   con
modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, nonche' al  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  17  luglio  2020  (Indizione  del
referendum popolare confermativo del testo della legge costituzionale
recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59  della  Costituzione  in
materia di riduzione  del  numero  dei  parlamentari»  approvato  dal
Parlamento e pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019); 
    che l'art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, introdotto in
sede di conversione, prevede, per le consultazioni elettorali di  cui
all'art. l dello stesso decreto-legge, ossia  le  elezioni  politiche
suppletive  e  le   elezioni   ammnistrative   rinviate   a   seguito
dell'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,  che  «resta  fermo  il
principio  di  concentrazione  delle  scadenze  elettorali   di   cui
all'articolo 7 del decretolegge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con
modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111,  che  si  applica,
altresi',   al   referendum   confermativo   del   testo   di   legge
costituzionale recante: "Modifiche agli articoli 56, 57  e  59  della
Costituzione in materia di riduzione del  numero  dei  parlamentari",
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  240  del  12  ottobre  2019
[...]»; 
    che con il successivo d.P.R. 17 luglio  2020  e'  stato  disposto
l'abbinamento, per le stesse date del 20 e 21 settembre  2020,  della
votazione per le elezioni suppletive, regionali e amministrative  con
quella per il referendum relativo al testo di legge costituzionale; 
    che, in ordine  al  requisito  soggettivo,  la  parte  ricorrente
sottolinea  che  i  Comitati  promotori  di  referendum  sono   stati
riconosciuti quali organi competenti a dichiarare la  volonta'  della
frazione del corpo elettorale costituita dai firmatari del referendum
e, pertanto, titolari di  una  pubblica  funzione  costituzionalmente
garantita, quale l'iniziativa referendaria, che provoca l'effetto  di
rendere costituzionalmente dovuta la convocazione alle urne del corpo
elettorale (sono citate le ordinanze di questa Corte n. 172 del 2009,
n. 198 del 2005, n. 195 del 2003, n. 49 del 1998, n. 131 e n.  9  del
1997, n. 45, n. 44, n. 43 e n. 42 del 1983, n. 30 del 1980, n. 1 e n.
2 del 1979, n. 69 e n. 17 del 1978); 
    che,  in  forza  dell'art.  138  Cost.,  il  Comitato,  ancorche'
soggetto esterno allo Stato-apparato, sarebbe  legittimato  ad  agire
per difendere l'esercizio delle proprie  attribuzioni  nei  confronti
degli altri  poteri  dello  Stato,  al  fine  di  garantire  che  sia
concretamente   e   legittimamente   effettuata    la    competizione
referendaria; 
    che il conflitto  sarebbe  ammissibile  anche  sotto  il  profilo
oggettivo, ricorrendo i requisiti previsti dall'art. 37  della  legge
11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione  e  sul  funzionamento
della Corte costituzionale), secondo cui i conflitti tra poteri dello
Stato hanno ad oggetto la delimitazione della sfera  di  attribuzioni
determinata per i vari poteri da norme costituzionali;  nel  caso  di
specie,  il  Comitato  promotore  rivendica  le  proprie  prerogative
derivanti dall'art. 138 Cost.,  che  sarebbero  negativamente  incise
dall'art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020, come convertito, e
dal conseguente d.P.R. del 17 luglio 2020; 
    che,  in  virtu'  della  diversa  natura  della   votazione   sul
referendum costituzionale rispetto a quella  propria  delle  elezioni
politiche,  regionali  o  amministrative,  l'accorpamento  del   voto
comporterebbe il  rischio  di  una  contaminazione  dell'istituto  di
democrazia  diretta  con  le  consultazioni  elettorali  finalizzate,
invece, all'esercizio della democrazia rappresentativa; 
    che, sebbene la giurisprudenza costituzionale abbia precisato che
nella sfera delle attribuzioni del Comitato promotore vi sia solo  la
pretesa allo svolgimento delle operazioni di voto referendario e  non
anche, «in assenza di situazioni eccezionali», quella di  interferire
sulla scelta governativa della data della  consultazione  all'interno
del periodo prestabilito (sono citate le ordinanze n. 38 del 2008, n.
198 del 2005 e n. 131 del 1997), le doglianze alla base  del  ricorso
sarebbero riferite all'illegittimo abbinamento delle consultazioni; 
    che la lesione delle prerogative costituzionali derivante da tale
abbinamento  integrerebbe  una  situazione  eccezionale,  in   quanto
sarebbe compromessa la genuinita' e la compiutezza del voto popolare,
espressione di democrazia diretta, con violazione delle  attribuzioni
costituzionali di cui il Comitato ricorrente si afferma titolare; 
    che, d'altra parte, se tale violazione non potesse  essere  fatta
valere  in  sede  di  conflitto,   essa   resterebbe   insindacabile,
risultando, invero, impraticabile ogni altra forma  di  tutela  degli
interessi del ricorrente, attesa sia l'insussistenza di  giudizi  nel
corso  dei  quali  formulare  in  via  incidentale  la  questione  di
legittimita' costituzionale,  sia  l'impossibilita'  di  determinarne
l'incardinamento se non dopo lo svolgimento  del  referendum  stesso,
allorche' sarebbe  ormai  venuto  meno  ogni  interesse  alla  tutela
richiesta; 
    che, ancorche' avente ad oggetto anche un  atto  legislativo,  il
conflitto sarebbe ammissibile (e' richiamata la  sentenza  di  questa
Corte n. 229 del 2018),  poiche'  non  vi  sarebbero  ne'  atti,  ne'
provvedimenti consequenziali, attuativi della disciplina legislativa,
impugnabili   dinanzi   all'autorita'   giudiziaria,   prima    dello
svolgimento delle consultazioni referendarie; 
    che, di conseguenza, sarebbe dimostrato  il  carattere  residuale
del conflitto; 
    che, nel merito, il ricorrente ritiene che - nell'estendere  alla
consultazione referendaria confermativa di  cui  all'art.  138  della
Costituzione il principio del cosiddetto election day, introdotto dal
legislatore del 2011 per finalita'  di  contenimento  della  spesa  -
l'art. l-bis, comma 3, del d.l. n. 26 del 2020 e il d.P.R. 17  luglio
2020 violino le prerogative del corpo elettorale, di cui il  Comitato
sarebbe  rappresentante,  determinando   una   grave   compromissione
dell'esercizio del voto sul referendum; esso, invece, dovrebbe essere
libero da condizionamenti partitici e basarsi su una  valutazione  in
cui rilevano aspetti tecnici e giuridici, consentendo  la  formazione
di schieramenti trasversali alle coalizioni politiche; 
    che lo stesso art. 138 Cost.  prevede  che  l'approvazione  delle
leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi  costituzionali
sia  votata  da  una  maggioranza  parlamentare  ampia,  assoluta   o
qualificata,  tale  da  superare  le  divergenze  partitiche  e   gli
schieramenti politici, al fine di adottare  un  testo  costituzionale
condiviso anche dalle minoranze parlamentari; 
    che  la  sovrapposizione   della   campagna   per   le   elezioni
amministrative e regionali, per sua natura altamente politicizzata, a
quella per il referendum costituzionale comporterebbe il pericolo  di
una valutazione politica anche rispetto a quest'ultimo, specie quando
si tratti  di  una  riforma  costituzionale  compresa  nel  programma
politico di una maggioranza di governo; 
    che, nel caso di specie, con l'abbinamento  delle  consultazioni,
gli elettori correrebbero il  rischio  di  essere  influenzati  dalle
indicazioni  politiche  dei  candidati  in   ordine   al   referendum
costituzionale e sarebbe cosi' compromessa la liberta' di valutazione
tecnica e giuridica, che e' propria di quest'ultimo istituto; 
    che, d'altra parte, la consultazione sul referendum ex  art.  138
Cost. richiede una partecipazione del popolo nella sua unita',  senza
distinzioni territoriali, in un unico collegio di voto; viceversa, la
circostanza che in alcune  Regioni  e  Comuni  siano  contestualmente
effettuate elezioni  politiche  e  amministrative  influirebbe  sulla
partecipazione degli elettori e sul relativo  orientamento;  infatti,
il   numero   dei   partecipanti   al   voto   referendario   sarebbe
inevitabilmente maggiore nelle Regioni chiamate a eleggere  il  nuovo
Presidente e nei Comuni ove si  svolgeranno  anche  le  consultazioni
locali, con un'insostenibile asimmetria territoriale nell'espressione
del voto sulla modifica costituzionale; 
    che anche le specifiche modalita' di svolgimento delle rispettive
campagne  elettorali  sarebbero  suscettibili  di  riflettersi  sulla
formazione della volonta' del corpo elettorale  e  sulle  prerogative
fatte valere dal Comitato; al riguardo, la parte ricorrente evidenzia
che, nella fase della campagna elettorale, il diritto alla completa e
obiettiva  informazione  del  cittadino  sarebbe  tutelato   in   via
prioritaria  e  in  riferimento  a  valori  costituzionali   primari,
connessi al corretto svolgimento del confronto  politico  su  cui  si
fonda il sistema democratico (e' richiamata  la  sentenza  di  questa
Corte n. 155 del 2002); 
    che, infatti, nel regolare l'accesso ai mezzi di informazione per
la  comunicazione  politica,  la  legge  22  febbraio  2002,  n.   28
(Disposizioni per la parita' di  accesso  ai  mezzi  di  informazione
durante le campagne elettorali e referendarie e per la  comunicazione
politica) stabilisce una  disciplina  parzialmente  differente  della
campagna elettorale e di quella referendaria; 
    che per effetto della sovrapposizione della campagna  politica  a
quella referendaria,  l'informazione  sul  referendum  costituzionale
sarebbe penalizzata rispetto a quella partitica e sarebbe impedito ai
cittadini  di  comprendere  pienamente  le  questioni  sottese   alla
modifica costituzionale oggetto di referendum; cio'  pregiudicherebbe
la libera formazione della volonta' dell'elettore e non  garantirebbe
l'esercizio di un diritto di voto genuino, libero e segreto; 
    che del resto, la stessa disciplina  legislativa  in  materia  di
election day non prevederebbe alcun accorpamento delle  consultazioni
politiche  e  amministrative  con  quelle  referendarie,  riferendosi
esclusivamente all'abbinamento nella  medesima  data  dei  referendum
abrogativi; 
    che, infatti, solo in via eccezionale, con  la  legge  28  aprile
2009, n. 40 (Disciplina transitoria per lo svolgimento dei referendum
previsti dall'articolo 75 della  Costituzione  da  tenersi  nell'anno
2009) e' stata prevista la possibilita' del  contestuale  svolgimento
dei referendum abrogativi e del secondo turno  di  votazione  per  le
elezioni dei Presidenti delle Province e dei Sindaci, senza  peraltro
disporne l'accorpamento; 
    che, d'altronde, l'art. 31 della legge 25  maggio  1970,  n.  352
(Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla  iniziativa
legislativa del popolo) esclude il voto referendario  in  periodi  di
elezioni politiche, mostrando cosi' la volonta' di mantenere distinte
le consultazioni per le elezioni politiche rappresentative da  quelle
per l'esercizio della democrazia diretta; 
    che, in ogni caso, non sarebbe mai stato  previsto  l'abbinamento
di consultazioni politiche a una consultazione referendaria  di  tipo
confermativo ex art. 138 Cost.,  in  considerazione  della  peculiare
natura di questo istituto di democrazia diretta; 
    che l'abbinamento della consultazione referendaria alle  elezioni
regionali e amministrative si porrebbe, altresi',  in  contrasto  con
l'art. 15, comma 2, della legge n. 352 del 1970, non  derogato  dalla
legislazione  successiva,  il  quale,  con  specifico   riguardo   al
referendum contemplato dall'art. 138 Cost., prevede che la  votazione
si svolga in un solo giorno; infatti, in occasione dei tre precedenti
referendum costituzionali, la  consultazione  e'  stata  indetta  per
un'unica giornata e lo stesso decreto del Presidente della Repubblica
28 gennaio 2020 (Indizione del referendum popolare confermativo della
legge costituzionale, recante: «Modifiche agli articoli 56, 57  e  59
della  Costituzione  in  materia  di   riduzione   del   numero   dei
parlamentari»,  approvata  dal  Parlamento)   aveva   originariamente
convocato i comizi elettorali sul referendum in questione per la sola
giornata del 29 marzo 2020; 
    che pertanto, anche sotto  questo  profilo,  l'abbinamento  della
consultazione referendaria con le elezioni regionali e amministrative
si porrebbe in contrasto  con  la  disciplina  vigente,  determinando
l'illegittima contaminazione di istituti di  matrice  ontologicamente
differente; 
    che la parte  ricorrente  avanza  istanza  di  tutela  cautelare,
richiamando la  giurisprudenza  costituzionale  che  ha  riconosciuto
l'applicabilita', in via analogica, dell'art. 40 della  legge  n.  87
del 1953, dettato in materia di conflitti intersoggettivi,  anche  ai
conflitti tra poteri dello Stato (e'  citata  l'ordinanza  di  questa
Corte n. 225 del 2017); 
    che, nel caso di specie, sussisterebbero le gravi ragioni cui  il
citato art. 40 subordina la possibilita' di disporre  la  sospensione
dell'atto impugnato; in mancanza dell'invocato intervento  cautelare,
sarebbe vanificata la stessa iniziativa assunta in sede di conflitto;
una volta effettuate le consultazioni, si sarebbe gia' determinata la
denunciata commistione del voto referendario  con  quello  partitico,
con grave danno alla rappresentanza popolare e  al  corpo  elettorale
nell'espressione del voto; 
    che, inoltre, l'esigenza  della  tutela  cautelare  anticipatoria
sarebbe suffragata anche dalla considerazione che, negli Stati ove la
diffusione  epidemiologica  da   COVID-19   risulta   particolarmente
significativa, sarebbe impossibile garantire che il diritto  di  voto
dei  cittadini  italiani  all'estero  si  svolga  in  condizioni   di
eguaglianza  e   di   liberta';   l'effettiva   partecipazione   alla
consultazione referendaria potrebbe, infatti,  risultare  compromessa
dalla scelta, indotta dalle precauzioni per  evitare  ogni  forma  di
contagio, di non prendere parte alla votazione; 
    che, laddove la camera di consiglio ex art. 37 della legge n.  87
del 1953 dovesse essere  fissata  in  data  successiva  a  quella  di
svolgimento  delle  consultazioni   elettorali   in   questione,   il
ricorrente chiede la concessione di misure cautelari monocratiche  ex
art. 56 del decreto legislativo 2 luglio  2010,  n.  104  (Attuazione
dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo), applicabili  al
giudizio per conflitto ai sensi dell'art. 22 della legge  n.  87  del
1953, che richiama le norme regolatrici del  processo  amministrativo
(e' citata ancora l'ordinanza di questa Corte n. 225 del 2017); 
    che il Comitato promotore conclude chiedendo,  pertanto,  che  la
Corte costituzionale, previa concessione  delle  piu'  idonee  misure
cautelari,  eventualmente  anche  monocratiche,  dichiari   che   non
spettava al Parlamento, mediante l'art. l-bis, comma 3, del  d.l.  n.
26 del 2020, come convertito, consentire l'applicazione del principio
dell'election day anche allo svolgimento del referendum sul testo  di
legge costituzionale  approvata  in  data  8  ottobre  2019,  recante
«Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di
riduzione del numero dei parlamentari» e che non spettava al  Governo
e al Presidente della Repubblica, mediante il d.P.R. 17 luglio  2020,
abbinare la data del referendum costituzionale con quella di elezioni
regionali e amministrative, con il conseguente annullamento  di  ogni
atto anche presupposto o consequenziale; 
    che, nel periodo intercorrente tra il deposito del ricorso  e  la
camera di consiglio, in data 7 agosto 2020 e' stato  depositato  atto
di  intervento  del  Partito  Radicale   Nonviolento   Transnazionale
Transpartito; 
    che l'intervento e' spiegato al fine di aderire  al  ricorso  per
conflitto di attribuzioni tra poteri, proposto «contro  l'inserimento
dell'art. l-bis, c. 3°, nel testo del decreto-legge 20  aprile  2020,
n. 26 recante  "Disposizioni  urgenti  in  materia  di  consultazioni
elettorali per l'anno 2020", operate dal Parlamento con la  legge  di
conversione 19 giugno 2020, n. 59 e contro la  emanazione,  da  parte
del Governo e del Presidente della Repubblica,  del  d.P.R.17  luglio
2020». 
    Considerato che, con ricorso depositato  il  23  luglio  2020,  i
senatori Andrea Cangini, Nazario Pagano e  Tommaso  Nannicini,  nella
qualita'  di  legali  rappresentanti  del  Comitato  promotore  della
consultazione referendaria sul testo di legge costituzionale  recante
«Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di
riduzione del numero dei parlamentari», hanno promosso  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti  della  Camera  dei
deputati,  del  Senato  della  Repubblica,   del   Presidente   della
Repubblica e del Governo, in relazione all'art. l-bis, comma  3,  del
decreto-legge 20 aprile 2020, n. 26 (Disposizioni urgenti in  materia
di  consultazioni  elettorali  per  l'anno  2020),  convertito,   con
modificazioni, nella legge 19 giugno 2020, n. 59, nonche' al  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  17  luglio  2020  (Indizione  del
referendum popolare confermativo del testo della legge costituzionale
recante «Modifiche agli articoli 56, 57 e 59  della  Costituzione  in
materia di riduzione  del  numero  dei  parlamentari»  approvato  dal
Parlamento e pubblicato nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica
Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019); 
    che l'art. l-bis,  comma  3,  del  d.l.  n.  26  del  2020,  come
convertito, prevede che  alle  elezioni  politiche  suppletive,  alle
elezioni regionali e amministrative rinviate a seguito dell'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e al referendum confermativo sul «Testo di
legge costituzionale approvato in  seconda  votazione  a  maggioranza
assoluta, ma inferiore ai due terzi dei membri  di  ciascuna  Camera,
recante: "Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della  Costituzione  in
materia di riduzione del numero dei  parlamentari"»  si  applichi  il
principio di concentrazione delle consultazioni  elettorali,  di  cui
all'art. 7 del decreto-legge  6  luglio  2011,  n.  98  (Disposizioni
urgenti  per  la  stabilizzazione   finanziaria),   convertito,   con
modificazioni,  nella  legge  15  luglio  2011,  n.  111  (cosiddetto
"election day"); 
    che il d.P.R. 17 luglio 2020 dispone, per le medesime date del 20
e 21 settembre 2020, l'abbinamento  della  votazione  sul  referendum
relativo al suddetto testo di legge costituzionale  con  le  elezioni
suppletive e amministrative; 
    che, secondo la parte ricorrente,  l'applicazione  del  principio
della  concentrazione  delle  consultazioni   elettorali   anche   al
referendum confermativo del testo di legge costituzionale  violerebbe
le prerogative del corpo elettorale di  cui  il  Comitato  ricorrente
sarebbe  rappresentante,  determinando,  «di  riflesso»,  anche   una
lesione delle attribuzioni costituzionalmente assegnate  e  garantite
allo stesso Comitato dagli artt. 1 e 138 della Costituzione; 
    che, la parte ricorrente ha avanzato altresi' istanza  di  tutela
cautelare, anche attraverso provvedimenti provvisori monocratici,  al
fine di ottenere la sospensione dell'efficacia degli atti  dai  quali
e' sorto il conflitto; 
    che, nell'attuale fase del giudizio, questa Corte e'  chiamata  a
delibare, in camera di consiglio, senza contraddittorio  e  senza  la
possibilita' di interventi di terzi, in ordine alla  sussistenza  dei
requisiti soggettivo  e  oggettivo  prescritti  dall'art.  37,  primo
comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla  costituzione  e
sul funzionamento della Corte costituzionale), ossia a decidere se il
conflitto insorga tra organi competenti a dichiarare  definitivamente
la volonta' del potere cui appartengono e per la delimitazione  della
sfera  di  attribuzioni  determinata  per  i  vari  poteri  da  norme
costituzionali, restando  impregiudicata  ogni  ulteriore  questione,
anche in punto di ammissibilita'; 
    che,  sotto  il  profilo   soggettivo,   il   conflitto   risulta
proponibile sia nei confronti delle Camere,  sia  nei  confronti  del
Presidente della Repubblica  e  del  Governo,  essendo  censurati  un
decreto-legge e la relativa legge di conversione e  venendo  altresi'
in  contestazione  il   decreto   presidenziale   d'indizione   della
consultazione referendaria, adottato su deliberazione  del  Consiglio
dei ministri; 
    che, d'altra parte, sotto il profilo della legittimazione attiva,
la giurisprudenza  costituzionale  e'  costante  nel  riconoscere  la
legittimazione del  Comitato  promotore  del  referendum  a  proporre
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto titolare,
nell'ambito   della   procedura   referendaria,   di   una   funzione
costituzionalmente  rilevante  e  garantita,  in  rappresentanza  dei
soggetti legittimati ad  avanzare  la  richiesta  di  referendum  (ex
plurimis, ordinanze n. 169 del 2011, n. 172 del 2009, n. 38 del 2008,
n. 198 del 2005, n. 195 del 2003, n. 137 del 2000, n. 49 del 1998, n.
172, n. 171, n. 131 e n. 9 del 1997, n. 226 e n. 118 del 1995, n.  69
e n. 17 del 1978); 
    che, a  questo  riguardo,  la  giurisprudenza  costituzionale  ha
riconosciuto che rientra nella sfera delle attribuzioni del  comitato
la pretesa allo svolgimento delle operazioni  di  voto  referendario,
una volta compiuta la procedura  di  verifica  della  legittimita'  e
della costituzionalita' delle relative domande; ma  non  anche  -  in
assenza di situazioni eccezionali - la pretesa di  interferire  sulla
scelta governativa, tra le molteplici, legittime opzioni, della  data
all'interno del periodo prestabilito (cosi' le ordinanze n.  169  del
2011, n. 38 del 2008, n. 198 del 2005 e n. 131 del 1997); 
    che il Consiglio dei ministri, infatti, e' titolare di  un  ampio
potere di valutazione sia in  ordine  al  momento  di  indizione  del
referendum, sia per quanto attiene alla fissazione della  data  della
consultazione referendaria, purche' le operazioni di voto si svolgano
nell'intervallo  temporale  determinato  dalla  legge  e  individuato
dall'art. 34, primo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352  (Norme
sui  referendum  previsti  dalla  Costituzione  e  sulla   iniziativa
legislativa del popolo); 
    che nel caso di specie  questo  intervallo  e'  stato  modificato
dapprima dall'art. 81 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18  (Misure
di potenziamento del  Servizio  sanitario  nazionale  e  di  sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, in seguito dall'art. 1-bis del  d.l.  n.
26 del 2020, come convertito, alla  luce  delle  esigenze  poste  dal
diffondersi  dell'epidemia  da  COVID-19;  esigenze  a  cui   risulta
altresi' funzionale l'estensione  del  principio  dell'election  day,
originariamente introdotto per ragioni di contenimento della spesa; 
    che, nel caso di specie, gia' in sede di mera  delibazione  degli
argomenti del ricorrente emerge che essi, a fronte  della  situazione
eccezionale legata all'epidemia che ha portato all'accorpamento,  non
adducono  circostanze,   che   dovrebbero   risultare   esse   stesse
eccezionali, in ragione delle quali  l'accorpamento  inciderebbe  sul
diritto all'effettuazione del voto referendario e sul  suo  esercizio
(ordinanza n. 169 del 2011); 
    che tale non appare la possibilita' che esso sia  influenzato  da
posizioni politiche diverse, giacche' sempre le forze politiche hanno
dato indicazioni agli elettori anche sui  referendum  costituzionali;
del  resto,  come  questa  Corte  ha  gia'  evidenziato,  la   logica
referendaria   e'   intrecciata    a    quella    della    democrazia
rappresentativa, non separata da essa (sentenza n. 118 del 2015); ne'
puo' dirsi che la contestualita' tra differenti  campagne  elettorali
comporti, di per se', una penalizzazione degli  spazi  d'informazione
dedicati alla campagna referendaria; 
    che, d'altra parte,  l'eventuale  maggiore  affluenza  alle  urne
nelle Regioni e nei Comuni ove si tengono elezioni non pregiudica, in
quanto tale, lo svolgimento del voto referendario, per il  quale  non
e' previsto, tra l'altro, un quorum strutturale; 
    che, in ogni caso, la Costituzione non  attribuisce  al  Comitato
promotore, che nel giudizio in esame agisce in rappresentanza di  una
minoranza parlamentare, una funzione di generale tutela  del  miglior
esercizio del diritto di voto da parte dell'intero corpo  elettorale,
che sarebbe lesa - asserisce il  ricorrente  -  «di  riflesso»  dalla
violazione di tale diritto; 
    che, quindi, la parte ricorrente  ha  agito  al  di  fuori  delle
proprie attribuzioni costituzionali in relazione  alle  modalita'  di
svolgimento del procedimento referendario; 
    che,  in  conclusione,  assorbita  ogni  altra  questione,  anche
cautelare, deve essere dichiarata l'inammissibilita' del ricorso.