Il Tribunale di Roma, VIIIª sezione penale, in composizione monocratica nella persona del giudice Marco Marocchi, titolare del procedimento indicato in epigrafe iscritto nei confronti di P. A., come in altri atti generalizzato, per il delitto di cui all'art. 368 del codice penale che si assume commesso in... in danno del magistrato C. F. (all'epoca in servizio come sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Napoli), a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 25 giugno 2020, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale; Rilevato che l'imputato e' stata tratto a giudizio con decreto ex art. 429 del codice di procedura penale emesso dal G.U.P. presso il Tribunale di Roma in data 2 novembre 2016 - udienza in cui la persona offesa si e' costituito parte civile ; Rilevato che all'udienza di prima comparizione del 12 giugno 2017 il giudice Annamaria Planitario, all'esito della verifica della regolare instaurazione del rapporto processuale e della declaratoria di assenza dell'imputato, ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 19 dicembre 2017, con sospensione del termine di prescrizione, a fronte della dichiarazione dei difensori delle parti di adesione all'astensione dall'attivita' di udienza indetta dall'Unione delle Camere penali; Rilevato che all'udienza del 19 dicembre 2017 il giudice Annamaria Planitario, rigettate le eccezioni di incompetenza per territorio del Tribunale di Roma e di nullita' della notifica all'imputato dell'avviso di cui all'art. 415-bis del codice di procedura penale, ha dichiarato aperto il dibattimento, ha invitato le parti a formulare le richieste istruttorie e ha ammesso i mezzi di prova orali e documentali richiesti; Rilevato che alle udienze del 15 maggio 2018, del 9 luglio 2018 e del 3 ottobre 2018 sono stati assunti i mezzi di prova richiesti dalle parti con esaurimento dell'istruttoria dibattimentale (attesa l'intervenuta revoca da parte del giudice procedente dell'ordinanza di ammissione dell'esame dei residui testi di difesa in quanto ritenuto superfluo); Rilevato che all'udienza del 20 novembre 2018, fissata per la discussione, il giudice Annamaria Planitario ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 15 aprile 2019, con sospensione del termine di prescrizione, a fronte della dichiarazione dei difensori delle parti di adesione all'astensione dall'attivita' di udienza indetta dall'Unione delle Camere penali; Rilevato che alle udienze del 15 aprile 2019 e del 23 settembre 2019 il G.O.T. M. Barbanti, designato in sostituzione del giudice Annamaria Planitario nel frattempo collocata fuori ruolo per distacco presso il Ministero della giustizia, ha disposto il rinvio del processo in quanto avente ad oggetto un delitto sottratto alla propria competenza; Rilevato che il Presidente del Tribunale di Roma ha disposto la riassegnazione del processo al giudice Marco Marocchi per l'udienza del 4 dicembre 2019; Rilevato che all'udienza del 4 dicembre 2019 il giudice Marco Marocchi ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 31 marzo 2020, con sospensione del termine di prescrizione, a fronte della dichiarazione dei difensori dell'imputato di adesione all'astensione dall'attivita' di udienza indetta dall'Unione delle Camere penali; Rilevato che con decreto di data 27 marzo 2020 il giudice Marco Marocchi, a fronte della sospensione dell'attivita' giudiziaria dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 stabilita dall'art. 83, comma 1 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 per fronteggiare l'emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del virus cosi' detto Covid 19, ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 4 maggio 2020; Rilevato che con lo stesso decreto il giudice ha dichiarato sospeso il corso della prescrizione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 ai sensi dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, con salvezza dell'ulteriore possibile periodo di sospensione previsto dall'art. 83, comma 9 del medesimo decreto-legge come effetto dell'eventuale adozione da parte dei capi degli uffici giudiziari delle misure organizzative per fronteggiare l'emergenza sanitaria previste dal comma 6; Rilevato che con decreto di data 18 maggio 2020 il giudice Marco Marocchi, in ragione della proroga della predetta sospensione dell'attivita' giudiziaria all'11 maggio 2020 stabilita dall'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, ha disposto il rinvio del processo all'udienza del 25 giugno 2020; Rilevato che con lo stesso decreto il giudice ha dichiarato sospeso il corso della prescrizione dal 9 marzo 2020 al 25 giugno 2020 ai sensi del combinato disposto degli articoli 83, commi 4, 6 e 9 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (nel frattempo convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) e 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 e per effetto delle misure organizzative adottate dal Presidente del Tribunale di Roma con decreto del 9 aprile 2020, fra cui la possibilita' di rinviare la trattazione dei processi oltre l'11 maggio 2020 con conseguente sospensione del termine della prescrizione non oltre la data del 30 giugno 2020; Rilevato che all'udienza del 25 giugno 2020 l'avv. Teresa Mercurio e l'avv. Andrea Longo, difensori di fiducia dell'imputato, hanno avanzato al giudice la richiesta di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 7 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 nella parte in cui hanno previsto che la sospensione del corso della prescrizione per il periodo dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 si applichi ai processi aventi ad oggetto reati commessi prima della data del 9 marzo 2020, deducendo il loro contrasto con il principio di irretroattivita' delle disposizioni di legge penale sfavorevoli sancito dall'art. 25, comma 2 della Costituzione e dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e, per effetto della prospettata illegittimita' costituzionale della detta normativa, l'ineludibilita' della pronuncia di una sentenza di immediato proscioglimento del loro assistito ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale per la sopravvenuta estinzione del delitto ascrittogli per prescrizione alla data del 22 aprile 2020; Rilevato che il pubblico ministero si e' rimesso alle valutazioni del Tribunale circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato e che l'avv. Filippo Dinacci, difensore della parte civile, ha chiesto il rigetto dell'istanza di questi ultimi deducendo la natura processuale dell'istituto della sospensione della prescrizione, il carattere eccezionale e temporaneo dei provvedimenti di legge in questione con conseguente applicabilita' della deroga al principio di irretroattivita' della legge penale prevista e disciplinata dall'art. 2, comma 5 del codice penale e, in ogni caso, la rispondenza degli interventi legislativi in parola a superiori esigenze di tutela della salute pubblica e, dunque, del diritto alla salute tutelato all'art. 32 della Costituzione, bene di rilievo e di interesse costituzionale da ritenere prevalente sul diritto dell'imputato alla prescrizione del reato; Rilevato che il termine di prescrizione sessennale del delitto di calunnia contestato all'imputato e' stato da ultimo interrotto dal decreto che dispone il giudizio emesso dal G.U.P. in data 2 novembre 2016 ed e' stato cosi aumentato di1 /4 ; Rilevato che il termine di prescrizione massima di sette anni e sei mesi e' stato sospeso per sei mesi e sette giorni per effetto del rinvio disposto all'udienza del 12 giugno 2017 e per quattro mesi e ventisei giorni per effetto del rinvio disposto all'udienza del 20 novembre 2018 e, dunque, per un totale di mesi undici e giorni tre; Rilevato, pertanto, che al 4 dicembre 2019, data dell'ultima udienza celebrata e del terzo rinvio disposto per l'adesione dei difensori dell'imputato all'astensione indetta dall'Unione delle Camere penali, mancavano alla prescrizione del reato ventidue giorni; Rilevato che il rinvio disposto all'udienza del 4 dicembre 2019 ha determinato l'ennesima sospensione della prescrizione fino al 31 marzo 2020; Rilevato che, qualora si accedesse alla tesi dei difensori dell'imputato dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, commi 4 del decreto-legge 7 marzo 2020, n. 18 (convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27) e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 nella parte in cui hanno previsto che la sospensione del corso della prescrizione per il periodo dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020 si applichi ai processi aventi ad oggetto reati commessi prima della data del 9 marzo 2020, per contrasto con il principio di irretroattivita' delle disposizioni di legge penale sfavorevoli all'imputato sancito dall'art. 25, comma 2 della Costituzione e dall'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, il delitto di calunnia contestato a P. A. dovrebbe effettivamente ritenersi prescritto alla data del 22 aprile 2020 e s'imporrebbe anche d'ufficio l'immediato proscioglimento dell'imputato ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale per l'intervenuta estinzione del reato ascrittogli; Ritenuto, pertanto, che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato sia rilevante ai fini della definizione del presente processo, dipendendo dalla sua decisione la possibilita' o meno di pronunciare ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale una sentenza di immediato proscioglimento del loro assistito per intervenuta prescrizione del reato ascrittogli; Ritenuta la necessita' di stabilire se la questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato sia o non sia manifestamente infondata e, dunque, se l'istanza da essi avanzata possa o meno essere accolta; Osserva Le norme della cui legittimita' costituzionale i difensori dell'imputato dubitano sono state adottate dal Governo, nell'esercizio del potere di decretazione d'urgenza di cui all'art. 77 Costituzione, al fine di contrastare l'emergenza epidemiologica determinata dalla diffusione del virus denominato COV1D 19 e di contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria. Tale intervento normativo del Governo si e' articolato in tre fondamentali provvedimenti provvisori aventi forza di legge: 1) l'approvazione del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (successivamente abrogato dall'art. 1, comma 2 della legge 24 aprile 2020, n. 27 ) il cui art. 1 ha previsto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento, al comma 1 il rinvio d'ufficio a data successiva al 22 marzo 2020 delle udienze di tutti i procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (con le eccezioni indicate nell'art. 2, comma 2, lettera g dello stesso decreto) ed al comma 2 la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti oggetto di rinvio; 2) l'approvazione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, successivamente convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, il cui art. 83 ha previsto al comma 1 il rinvio d'ufficio a data successiva al 15 aprile 2020 dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, al comma 2 la sospensione dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali oggetto del rinvio di ufficio, al comma 3 i procedimenti eccettuati dal detto rinvio di ufficio (individuati, quanto ai procedimenti penali, in quelli di convalida dell'arresto e del fermo, in quelli con i termini di cui all'art. 304 del codice di procedura penale in scadenza fra il 9 marzo 2020 ed il 15 aprile 2020, in quelli con misure di sicurezza detentive applicate o anche solo richieste, in quelli con imputati detenuti in presenza di un'espressa richiesta di trattazione del processo da parte degli stessi o dei loro difensori, in quelli in cui siano applicate misure di prevenzione in presenza di un'espressa richiesta di trattazione da parte dei proposti o dei loro difensori e, infine, in quelli che rivestano carattere di urgenza, dichiarato dal giudice procedente con provvedimento motivato non impugnabile, per la necessita' di assumere prove indifferibili nei casi e con le forme di cui all'art. 392 del codice di procedura penale) ed al comma 4 la sospensione del corso della prescrizione e dei termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini di cui al comma 2; 3) l'approvazione del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, il cui art. 36 ha previsto al comma 1 la proroga all'11 maggio 2020 del termine del 15 aprile 2020 previsto dall'art. 83, commi l e 2 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 rispettivamente per il rinvio di ufficio dei procedimenti civili e penali e per la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei medesimi procedimenti e al comma 2 l'inapplicabilita' della medesima proroga ai soli procedimenti penali con i termini di cui all'art. 304 del codice di procedura penale in scadenza nei sei mesi successivi all'11 maggio 2020. Dall'esame delle disposizioni emanate dal Governo con i mentovati decreti-legge emerge con chiarezza come gli obiettivi di sospendere tutte le attivita' processuali allo scopo di ridurre le forme di contatto personale potenzialmente favorevoli alla propagazione dell'epidemia e, nel contempo, di neutralizzare ogni effetto negativo del rinvio d'ufficio dei procedimenti sulla tutela dei diritti per effetto del decorso dei termini processuali (quali enunciati nella relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 ) siano stati perseguiti prevedendo da un lato il rinvio di ufficio di tutti i procedimenti civili e penali a data successiva dapprima al 22 marzo 2020, poi al 15 aprile 2020 e, infine, all'11 maggio 2020 e la sospensione dei termini processuali per il compimento di qualsiasi atto per l'intera durata del differimento dei procedimenti (effetti previsti sia dall'art. 1, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 11/2020 poi abrogato che dall'art. 83, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 18/2020 poi convertito in legge), dall'altro la sospensione del corso della prescrizione e dei termini di cui agli articoli 303 e 308 del codice di procedura penale nei procedimenti penali in cui sia operante la sospensione dei termini processuali conseguente al loro rinvio di ufficio (effetto previsto dall'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18). Appare, dunque, indubitabile che il Governo con la disciplina frutto del combinato disposto dell'art. 83, commi 1, 2 e 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dell'art. 36, comma l del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 ed il Parlamento con le leggi di conversione dei medesimi provvedimenti provvisori aventi forza di legge abbiano previsto una stretta ed automatica correlazione fra il rinvio di ufficio dei procedimenti penali a data successiva all'11 maggio 2020 con sospensione di tutti i termini processuali relativi e la sospensione del corso della prescrizione dei reati, oggetto dei procedimenti differiti; cosi come e' di tutta evidenza che tale ultimo effetto sia stato previsto anche in relazione a procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi in data antecedente al 9 marzo 2020 ed anzi solo in relazione ad essi, ove si consideri come il passaggio alla fase processuale entro l'11 maggio 2020, in procedimenti aventi ad oggetto reati commessi in data successiva al 9 marzo 2020, sarebbe stato possibile unicamente nei casi di convalida di arresto o di fermo e di successiva instaurazione di giudizio direttissimo o di giudizio immediato cosi detto cautelare e, dunque, di procedimenti rientranti, a mente dell'art. 83, comma 3, decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, fra quelli sottratti alla sospensione dell'attivita' giudiziaria. Viene, dunque, in rilievo l'introduzione nel nostro ordinamento giuridico, mediante provvedimenti provvisori aventi forza di legge adottati in un caso di necessita' e di urgenza e la loro successiva conversione in legge, di una nuova ipotesi di sospensione del corso della prescrizione dei reati dalla durata fissa e predeterminata di sessantatre' giorni (vale a dire per il periodo compreso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020) e, dunque, una particolare disposizione di legge che, secondo quanto previsto dall'art. 159, comma 1 del codice penale, impone la sospensione dei termini di prescrizione in conseguenza della disposta sospensione del procedimento o del processo penale. I difensori dell'imputato paventano il contrasto delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020, con il principio di irretroattivita' della legge penale sancito dall'art. 25, comma 2 Costituzione limitatamente alle disposizioni sfavorevoli al reo, assumendo, in particolare, che: a) la prescrizione e' un istituto di diritto sostanziale e non processuale, come piu' volte affermato dalla Corte costituzionale, ex multis con la sentenza n. 393/2006 (punto 4 del considerato in diritto: «il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in e' e per se', nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva»), con la sentenza n. 324/2008 (punto 7 del considerato in diritto: «la prescrizione e' soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, quarto comma del codice penale che prevede le regola generale della retroattivita' della norma piu' favorevole»), con l'ordinanza n. 24/2017 e con la sentenza n. 115/2018 pronunciate nel celebre caso Taricco a ribadire la natura di istituto di diritto sostanziale e di declinazione del principio di stretta legalita' della prescrizione e quella di contro limite costituzionale del principio di irretroattivita' delle disposizioni di legge penale sfavorevoli al reo sancito dall'art. 25, comma 2 Costituzione; b) il principio di legalita' in materia penale e la sua declinazione nell'art. 25, comma 2 Costituzione in termini di irretroattivita' delle disposizioni sfavorevoli, al reo, in quanto principio fondamentale e valore supremo su cui si fonda la Costituzione, operante come limite assoluto persino al potere di revisione costituzionale e presidiato da una tutela rafforzata (come affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza 1146/1988 punto 2.1 del considerato in diritto e nell'ordinanza n. 24/2017: «Non vi e' inoltre dubbio che il principio di legalita' in materia penale esprima un principio supremo dell'ordinamento, posto a presidio dei diritti inviolabili dell'individuo, per la parte in cui esige che le norme penali siano determinate e non abbiano in nessun caso portata retroattiva»), non puo' subire deroghe per effetto di disposizioni di legge ordinaria sia pure dettate per ragioni emergenziali a tutela di un diritto costituzionalmente garantito come quello alla salute - posto, peraltro, che il legislatore ordinario, nei casi di necessario contemperamento e bilanciamento di valori costituzionalmente rilevanti, non potrebbe mai spingersi fino ad eliderne il nucleo essenziale; c) la necessita' posta dall'art. 117, comma 1 Costituzione di assumere come norma interposta, al fine di valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, l'art. 7 C.E.D.U. fondamento, cosi' come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, del divieto di applicazione retroattiva del diritto penale a detrimento dell'imputato; d) l'impossibilita' di compiere un'interpretazione delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 conforme agli articoli 25, comma 2 e 117, comma 1 Costituzione. Richiamato quanto gia' osservato in ordine all'effettiva rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato - in quanto avente ad oggetto disposizioni aventi forza di legge destinate a trovare concreta applicazione nel presente processo, ostando le stesse all'immediata pronuncia ai sensi dell'art. 129 del codice di procedura penale di una sentenza di proscioglimento del giudicabile per intervenuta prescrizione del delitto contestato (viceversa possibile ed anzi doverosa qualora dovesse esserne dichiarata l'incostituzionalita' e dovesse conseguentemente cessarne l'efficacia) e costituendo, pertanto, la questione della loro legittimita' costituzionale una pregiudiziale rigorosamente necessaria - questo giudice e' chiamato a stabilire se detta questione non sia prima facie infondata e, dunque, ad accertare, in linea di mera delibazione, se sussista o meno un dubbio sulla legittimita' costituzionale delle disposizioni denunciate tale da imporre l'esercizio del potere dovere di sospenderne l'applicazione e di proporre alla Corte costituzionale la questione sollevata. Orbene, questo giudicante ritiene che vi siano seri motivi per dubitare della legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020 e che la questione sollevata in merito dai difensori dell'imputato non possa considerarsi manifestamente infondata. Appare, innanzitutto, condivisibile l'assunto dei difensori dell'imputato che la prescrizione dei reati sia un istituto di diritto penale sostanziale. In particolare, militano a sostegno di tale conclusione da un lato la scelta del legislatore di disegnare la prescrizione come una causa di estinzione del reato legata al decorso del tempo (decorso del tempo che non si limita a determinare l'estinzione dell'azione penale - come nel codice previgente - ma elimina anche la punibilita' in se' e per se', cio' in ragione dell'attenuarsi del ricordo sociale delle violazioni penali e del conseguente venir meno delle esigenze di prevenzione generale che sono a fondamento della repressione dei reati e con esse della pretesa punitiva dello Stato) e ne ha collocato la disciplina nel libro I, titolo IV, capo I del codice penale, dall'altro la pressoche' unanime definizione della prescrizione come istituto di diritto penale sostanziale sia in dottrina (si vedano, fra gli altri, i contributi scientifici prodotti in materia da Antolisei, Bettiol, Cordero, Molari, Latagliata, Mantovani, Fiandaca - Musco) che nella giurisprudenza di legittimita' (si vedano, ex plurimis, Cassazione Sezioni Unite 16 marzo 1994, n. 3760, Cassazione Sezioni Unite 28 ottobre 1998, n. 13390, Cassazione Sezioni Unite 11 luglio 2001, n. 33543). Tuttavia, le indicazioni piu' significative, nette e rilevanti in ordine alla natura di istituto di diritto penale sostanziale della prescrizione dei reati sono ricavabili proprio della giurisprudenza della Corte costituzionale. In proposito, mette conto richiamare: 1) la sentenza della Corte costituzionale n. 275/1990 (con cui e' stata dichiarata illegittimita' costituzionale dell'art. 157 del codice penale, formulazione previgente, nella parte in cui non prevedeva che la prescrizione del reato potesse essere rinunziata dall'imputato), segnatamente il passaggio del paragrafo 3 del considerato in diritto in cui e' affermato che il legislatore ha previsto e disciplinato la prescrizione come «un istituto sostanziale»; 2) la sentenza della Corte costituzionale n. 393/2006, paragrafo 4 del considerato in diritto, in cui il Giudice delle leggi, nel risolvere affermativamente la questione se fra le disposizioni piu' favorevoli al reo da applicare retroattivamente ai sensi dell'art. 2, comma 4 del codice penale debbano rientrare, oltre a quelle concernenti in senso stretto la misura della pena, anche quelle inerenti ad ulteriori e diversi profili del complessivo trattamento riservato al reo come quelle sulla riduzione dei termini di prescrizione, ha prospettato tale soluzione come del tutto coerente con la propria costante interpretazione secondo cui la locuzione «disposizioni piu' favorevoli al reo» si riferisce a tutte quelle norme che apportino modifiche in melius alla disciplina di una fattispecie criminosa, ivi comprese quelle che incidono sulla prescrizione e quest'ultima ha natura sostanziale in quanto l'effetto prodotto dal decorso del tempo non e' limitato all'estinzione dell'azione penale, ma si estende all'eliminazione della punibilita' in se' e per se' segnando la rinuncia totale dello Stato alla propria potesta' punitiva (in considerazione dell'interesse generale di non perseguire piu' i reati rispetto ai quali il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno o notevolmente attenuato l'allarme della coscienza comune ed altresi' reso difficile, a volte, l'acquisizione del materiale probatorio»); 3) la sentenza della Corte costituzionale n. 324/2008, paragrafo 7 del considerato in diritto, in cui il giudice delle leggi, nell'affrontare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 3 della legge n. 251/2005 sollevata dal Tribunale di Salerno e nel premettere come la norma censurata costituisse una deroga alla regola generale dell'applicazione retroattiva della nuova disciplina della prescrizione in quanto piu' favorevole al reo, ha ribadito : «E' pacifico, infatti, che la prescrizione, in quanto istituto di diritto sostanziale, e' soggetta alla disciplina di cui all'art. 2, comma 4 del codice penale che prevede la regola generale della retroattivita' della norma piu' favorevole, in quanto il decorso del tempo non si limita ad estinguere l'azione penale, ma elimina la punibilita' in se' e per se', nel senso che costituisce una causa di rinuncia totale dello Stato alla potesta' punitiva»; 4) la sentenza della Corte costituzionale n. 143/2014 (con cui e' stata dichiarata illegittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 6 del codice penale nella parte in cui prevedeva che i termini di prescrizione previsti dai commi precedenti fossero raddoppiati per il reato di incendio colposo), segnatamente il passaggio del paragrafo 3 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi, nell'evidenziare la contrarieta' ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Costituzione della norma censurata in quanto implicava un trattamento della fattispecie dell'incendio colposo in termini di durata del termine di prescrizione molto piu' rigoroso di quello riservato alla fattispecie pur piu' grave dell'incendio doloso, ha osservato: «Sebbene possa proiettarsi anche sul piano processuale - concorrendo, in specie, a realizzare la garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Costituzione) - la prescrizione costituisce, nell'attuale configurazione, un istituto di diritto sostanziale (ex plurimis, sentenze n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006), la cui ratio si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale di non piu' perseguire il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno o notevolmente attenuato l'allarme della coscienza comune (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999), dall'altro al diritto all'oblio dei cittadini, quando il reato non sia cosi grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del 2013)»; 5) la sentenza della Corte costituzionale n. 265/2017 (con cui e' stata rigettata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 6 del codice penale sollevata dal Tribunale di Velletri, dal Tribunale di Larino e dal G.U.P. presso il Tribunale di Torino in relazione al termine di prescrizione previsto per il delitto di disastro colposo), segnatamente il passaggio del paragrafo 5 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi, nel richiamare la decisione presa con la sentenza n. 143/2014 in materia di illegittimita' costituzionale dell'art. 157, comma 6 del codice penale nella parte in cui prevedeva che i termini di prescrizione previsti dai commi precedenti fossero raddoppiati per il reato di incendio colposo, ha affermato «Al riguardo si e' rilevato che la prescrizione, pur potendo assumere una valenza anche processuale, in rapporto alla garanzia della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo comma, Costituzione), costituisce, nel vigente ordinamento, un istituto di natura sostanziale (ex plurimis, sentenze n. 324 del 2008 e n. 393 del 2006, nonche' piu' di recente ordinanza n. 24 del 2017): istituto la cui ratio si collega preminentemente, da un lato, all'interesse generale di non piu' perseguire il lungo tempo decorso dopo la loro commissione abbia fatto venir meno o notevolmente attenuato l'allarme della coscienza comune (sentenze n. 393 del 2006 e n. 202 del 1971, ordinanza n. 337 del 1999), dall'altro al diritto all'oblio dei cittadini, quando il reato non sia cosi' grave da escludere tale tutela (sentenza n. 23 del 2013)»; 6) l'ordinanza della Corte costituzionale n. 24/2017 (con cui sono state sottoposte alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, alcune questioni interpretative in ordine all'art. 325, paragrafi 1 e 2 del medesimo Trattato ed all'interpretazione datane dalla Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza pronunciata in data 8 settembre 2015 nella causa C105/14 Taricco), segnatamente: il paragrafo 4 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi, dopo avere rilevato come la sentenza Taricco avesse tratto dall'art. 325 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea una regola destinata ad interferire con il regime legale della prescrizione imponendo al giudice nazionale italiano di disapplicarlo nei casi indicati nella decisione, ha osservato: «Nell'ordinamento giuridico nazionale il regime legale della prescrizione e' soggetto al principio di legalita' in materia penale, espresso dall'art. 25, secondo comma, Costituzione, come questa Corte ha ripetutamente riconosciuto (da ultimo sentenza n. 143 del 2014). E' percio' necessario che esso sia analiticamente descritto, al pari del reato e della pena, da una norma che vige al tempo di commissione del fatto. Si tratta, infatti, di un istituto che incide sulla punibilita' della persona e la legge, di conseguenza, lo disciplina in ragione di una valutazione che viene compiuta con riferimento al grado di allarme sociale indotto da un certo reato e all'idea che, trascorso del tempo dalla commissione del fatto, si attenuino le esigenze di punizione e maturi un diritto all'oblio in capo all'autore di esso (sentenza n. 23 del 2013). E' noto che alcuni stati membri invece muovono da una concezione processuale della prescrizione, alla quale la sentenza resa in causa Taricco e' piu' vicina, anche sulla base della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, ma ve ne sono altri, tra cui la Spagna, che accolgono una concezione sostanziale della prescrizione non differente da quella italiana. Pare utile osservare che su questo aspetto, che non riguarda direttamente ne' le competenze dell'Unione, ne' norme dell'Unione, non sussiste alcuna esigenza di uniformita' nell'ambito giuridico europeo. Ciascuno Stato membro e' percio' libero di attribuire alla prescrizione dei reati natura di istituto sostanziale o processuale, in conformita' alla sua tradizione costituzionale. Questa conclusione non e' stata posta in dubbio dalla sentenza resa in causa Taricco, che si e' limitata ad escludere l'applicazione dell'art. 49 della Carta di Nizza alla prescrizione, ma non ha affermato che lo Stato membro deve rinunciare ad applicare le proprie disposizioni e tradizioni costituzionali, che, rispetto all'art. 49 della Carta di Nizza e all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e rasa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, risultano per l'imputato di maggior favore. Ne' cio' sarebbe consentito nell'ordinamento italiano quando esse esprimono un principio supremo dell'ordine costituzionale, come accade per il principio di legalita' in campo penale in relazione all'intero ambito materiale a cui esso di rivolge»; il paragrafo 5 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi ha osservato: «Sulla base della giusta premessa che il principio di legalita' penale riguarda anche il regime legale della prescrizione, questa Corte e' chiamata dai giudici remittenti a valutare, tra l'altro, se la regola tratta dalla sentenza resa in causa Taricco soddisfi il requisito della determinatezza che per la Costituzione deve caratterizzare le norme del diritto penale sostanziale. Queste ultime devono quindi essere formulate in termini chiari, precisi e stringenti, sia allo scopo di consentire alle persone di comprendere quali possono essere le conseguenze della propria condotta sul piano penale, sia allo scopo di impedire l'arbitrio applicativo del giudice. Si tratta di un principio che, come e' stato riconosciuto dalla stessa Corte di giustizia, appartiene alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri quale corollario del principio di certezza del diritto (sentenza 12 dicembre 1996 in cause C-74/95 e C-129/95 punto 25)....E' questo un principio irrinunciabile del diritto penale costituzionale. Occorre infatti che la disposizione scritta con cui si decide quali fatti punire, con quale pena, e, nel caso qui a giudizio, entro quale limite temporale, permetta una percezione sufficientemente chiara ed immediata del relativo valore precettivo (sentenza n. 5 del 2004); il paragrafo 8 in cui il giudice delle leggi ha osservato: «la Costituzione italiana conferisce al principio di legalita' penale un oggetto piu' ampio di quello riconosciuto dalle fonti europee, perche' non e' limitato alla descrizione del fatto di reato e della pena, ma include ogni profilo sostanziale concernente la punibilita'»; 7) la sentenza della Corte costituzionale n. 115/2018 (con cui e' stata rigettata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla Corte di cassazione in relazione all'art. 2 della legge 2 agosto 2008, n. 130, preso atto dell'inapplicabilita' nell'ordinamento giuridico nazionale della cosi' detta «regola Taricco» nel frattempo riconosciuta dalla Grande Sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza 5 dicembre 2017 in causa C42/17 M.A.S e M.B.), segnatamente il paragrafo 10 del considerato in diritto in cui il giudice delle leggi ha osservato: «Indipendentemente dalla collocazione dei fatti, prima o dopo l'8 settembre 2025, il giudice comune non puo' applicare loro la regola «Taricco», perche' essa e' in contrasto con il principio di determinatezza in materia penale consacrato dall'art. 25, secondo comma, Costituzione... Un istituto che incide sulla punibilita' della persona, riconnettendo al decorso del tempo l'effetto di impedire l'applicazione della pena, nel nostro ordinamento giuridico rientra nell'alveo costituzionale del principio di legalita' penale sostanziale, enunciato dall'art. 25, secondo comma, Costituzione con formula di particolare ampiezza. La prescrizione pertanto deve essere considerata un istituto sostanziale, che il legislatore puo' modulare attraverso un ragionevole bilanciamento tra il diritto all'oblio e l'interesse di perseguire i reati fino a quando l'allarme sociale indotto da un reato non sia venuto meno (potendosene anche escludere l'applicazione per delitti di estrema gravita'), ma sempre nel rispetto di tale premessa costituzionale inderogabile (ex plurimis sentenze n. 143 del 2014, n. 236 del 2011, n. 294 del 2010 e n. 393 del 2006 e ordinanze n. 34 del 2009, n. 317 del 2000 e n. 288 del 1999). Il Tribunale ritiene, del pari, pienamente condivisibile l'assunto dei difensori dell'imputato secondo cui, essendo la prescrizione un istituto di diritto penale sostanziale, le modifiche della sua disciplina sono assoggettate alle regole della successione delle leggi penali nel tempo e, in particolare, ai principi della irretroattivita' delle disposizioni sfavorevoli al reo e della retroattivita' delle disposizioni favorevoli sanciti dall'art. 2 del codice penale e dall'art. 25, comma 2 Costituzione. In particolare, il principio di irretroattivita' assoluta della legge sancito dall'art. 11 disp. prel. (per cui: «la legge non dispone che per l'avvenire; essa non ha effetto retroattivo») e' declinato in materia penale dall'art. 2 del codice penale in termini di irretroattivita' relativa, vale a dire di irretroattivita' della legge sfavorevole e di retroattivita' della legge favorevole e l'art. 25, comma 2 Costituzione, stabilendo che «nessuno puo' essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso», ha inteso offrire, secondo quanto chiarito nei lavori preparatori, copertura costituzionale al principio di irretroattivita' delle disposizioni di legge sfavorevoli al reo cosi' elevandolo a principio supremo ed inderogabile dell'ordinamento e lasciare alla discrezionalita' del legislatore ordinario il problema della retroattivita' o meno delle disposizioni di legge favorevoli al reo - cio' in conformita' al principio del «favor libertatis» ed alla primaria esigenza di assicurare al cittadino che non potra' essere sottoposto per l'eventuale reato commesso ad un trattamento piu' severo di quello previsto al momento del fatto. E', peraltro, sufficiente porre mente a quanto affermato dalla Corte costituzione nelle pronunce sopra mentovate per giungere alla sicura conclusione che la successione di leggi nel tempo in materia di prescrizione sia retta dal principio del divieto di retroazione delle disposizioni penali sfavorevoli al reo dettato dall'art. 25, comma 2 Costituzione quale principio supremo ed inderogabile dell'ordinamento. Il Tribunale ritiene, inoltre, evidente ed indubitabile che la soggezione delle modifiche della disciplina della prescrizione ai principi dettati in materia di successione di leggi penali nel tempo dall'art. 2, commi 1 e 2 del codice penale e dall'art. 25, comma 2 Costituzione (principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole) e dall'art. 2, comma 4 del codice penale (principio di retroattivita' della legge penale favorevole) concerna non soltanto le disposizioni sul tempo necessario a prescrivere i reati e sulla sua decorrenza, ma anche quelle sulla sospensione e sull'interruzione del corso della prescrizione in quanto anch'esse direttamente incidenti sulla durata della prescrizione e, dunque, sulla determinazione del limite temporale entro cui lo Stato puo' far valere la propria pretesa punitiva. In particolare, le norme sulla sospensione del corso della prescrizione, in quanto volte ad individuare le situazioni di stallo processuale non attribuibili all'inerzia degli organi statuali titolari dell'azione penale e di quelli deputati all'accertamento dei fatti e, dunque, non implicanti la rinuncia da parte dello Stato alla pretesa punitiva rispetto ai reati in contestazione, afferiscono ad un profilo centrale della punibilita' (e, dunque, della fattispecie criminosa) quale la determinazione del limite temporale massimo entro cui l'imputato puo' essere punito per il reato contestato. Peraltro, la stretta attinenza della sospensione del corso della prescrizione al profilo sostanziale della punibilita' dei reati e la conseguente soggezione delle eventuali modificazioni normative al divieto di retroazione delle disposizioni sfavorevoli al reo di cui all'art. 2, commi 1 e 2 del codice penale e all'art. 25, comma 2 Costituzione appaiono chiaramente evocate ancora una volta dalla scelta del legislatore di collocare la disciplina generale dell'istituto nel libro I, titolo IV, capo I del codice penale e dalla stessa formulazione dell'art. 159, comma 1 del codice penale ispirata a quei principi garantisti di riserva di legge e di tassativita' e determinatezza delle fattispecie di cui il principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole e' il completamento logico. Appare, dunque, ragionevole ritenere che la necessita' posta dal principio di legalita' penale consacrato nell'art. 25, comma 2 Costituzione che il cittadino sia posto dalla legge nella condizione di prevedere con certezza, alla luce del quadro normativo coevo, ogni conseguenza penale delle proprie azioni sarebbe gravemente inficiata qualora il legislatore potesse introdurre nuove ipotesi di interruzione o di sospensione del corso della prescrizione con efficacia retroattiva. Il Tribunale ritiene, del pari, non inconferente e privo di fondamento il richiamo dei difensori dell'imputato alla necessita' posta dall'art. 117, comma 1 Costituzione di assumere come norma interposta, al fine di valutare la legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, l'art. 7 C.E.D.U. in quanto fondamento, cosi' come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, del divieto di applicazione retroattiva del diritto penale a detrimento dell'imputato. Infatti, premesso che ai sensi dell'art. 117, comma 1 Costituzione il legislatore interno deve conformarsi agli obblighi internazionali assunti dallo Stato e che fra questi rientrano certamente quelli derivanti dall'adesione dell'Italia alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, si osserva come l'art. 7, comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali enunci proprio i principi di legalita' e di irretroattivita' della legge penale sfavorevole («nessuno puo' essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui e' stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale») e sia stato costantemente interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo come una norma rafforzativa ed innovativa della portata garantista dei medesimi principi, in quanto volta ad imporre che il cittadino, al momento dell'azione o dell'omissione, disponga di informazioni chiare e precise su tutte le norme giuridiche applicabili al caso concreto e, dunque, non solo sul precetto contenente la descrizione delle condotte vietate ma sull'intero quadro normativo che ne individua e sancisce le conseguenze penali (vale a dire l'intero regime della responsabilita' penale che ne discende), con il necessario corollario che le relative norme rispondano ai sotto principi della accessibilita' e della prevedibilita' e, dunque, che siano portate adeguatamente a conoscenza dei destinatari e che siano formulate con sufficiente precisione in modo da permettere loro di regolare ed orientare consapevolmente i propri agiti (in quanto «in grado di prevedere, con un grado ragionevole di approssimazione in rapporto alle circostanze del caso, le conseguenze che possono derivare da un determinato atto»): Ai fini che interessano mette conto richiamare alcuni significativi passaggi della sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia Grande Sezione del 5 dicembre 2017 nella causa C-42/17 M.A.S. e M.B. (cosi detta Taricco bis) in cui dopo avere richiamato i principi di legalita' dei reati e delle pene ed in particolare quello di irretroattivita' della legge penale sanciti dall'art. 7, comma l Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali come appartenenti alle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri dell'UE, nonche' gli articoli 49 e 51, paragrafo 1 della CDFUE che impongono a questi ultimi di conformarsi a quei principi nel dare attuazione al diritto dell'Unione ed avere precisato come essi postulino la rispondenza delle disposizioni penali interne ai requisiti dell'accessibilita' e della prevedibilita' in ordine alla definizione del reato ed alla determinazione della pena (in modo che «il singolo possa conoscere, in base al testo della disposizione rilevante e, se del caso, con l'aiuto dell'interpretazione che ne sia stata fatta dai giudici, gli atti e le omissioni che chiamano in causa la sua responsabilita' penale») e non consentano al giudice non solo di sanzionare condotte al momento del fatto non vietate da alcuna norma penale nazionale, ma anche «di aggravare il regime di responsabilita' penale» dell'imputato; ha osservato che i requisiti di prevedibilita', di determinatezza e di irretroattivita' si applicano, nell'ordinamento giuridico italiano, anche al regime della prescrizione (nel caso di specie a quello relativo ai reati in materia di IVA) e che il giudice nazionale italiano non puo' essere obbligato a disapplicare le norme sulla prescrizione qualora in contrasto con il diritto dell'Unione (nel caso di specie ai fini dell'applicazione della condizione prevista al punto 58 della sentenza della Corte di giustizia Grande Sezione dell'8 settembre 2015 in causa C-105/14 Taricco) qualora cio' conduca ad una situazione di incertezza nell'ordinamento giuridico italiano quanto alla determinazione del regime di prescrizione applicabile o all'applicazione retroattiva di una normativa che imponga un regime di punibilita' piu' severo di quello vigente al momento della commissione del reato (si vedano i punti da 51 a 62 della sentenza). Dalla lettera dell'art. 7, comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e dell'art. 49, comma 1 CDFUE e dall'interpretazione di tali norme fatta dalla Corte europea dei diritti dell'uomo e dalla Corte di giustizia e' dato, dunque, ricavare una chiara declinazione del divieto di retroazione della legge penale sfavorevole in termini di esclusione della possibilita' per i legislatori nazionali di introdurre norme che aggravino retroattivamente il regime della punibilita' e, dunque, anche norme in materia di prescrizione che estendano retroattivamente il limite temporale della pretesa punitiva dello Stato. In questa prospettiva appare, dunque, non manifestamente infondata la denuncia dei difensori dell'imputato dell'esistenza di un contrasto delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020, oltre che con l'art. 25, comma 2 Costituzione, anche con l'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione all'art. 7, comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (cosi' come in relazione all'art. 49, comma 1 CDFUE). Resta da valutare se la questione di legittimita' costituzionale prospettata dai difensori dell'imputato possa essere ritenuta manifestamente infondata sulla scorta delle argomentazioni spese dal difensore di parte civile, il quale ha sostenuto la natura processuale dell'istituto della sospensione della prescrizione, il carattere eccezionale e temporaneo dei provvedimenti aventi forza di legge denunciati con conseguente applicabilita' ad essi della deroga al principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole prevista e disciplinata dall'art. 2, comma 5 del codice penale e, in ogni caso, la rispondenza degli interventi legislativi in parola a superiori esigenze di tutela della salute pubblica e, dunque, del diritto alla salute tutelato all'art. 32 Costituzione, bene di rilievo e di interesse costituzionale da ritenere prevalente sul diritto dell'imputato alla prescrizione del reato. Le considerazioni sopra svolte sulla natura di istituto di diritto sostanziale penale della prescrizione, nonche' sul conseguente assoggettamento delle modifiche del relativo quadro normativo al supremo principio costituzionale del divieto di retroazione delle disposizioni di legge sfavorevoli al reo consentono di ritenere superato il primo degli argomenti spesi dalla difesa di parte civile a sostegno della richiesta di rigetto della questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato. Quanto alla deduzione della difesa di parte civile relativa alla natura di interventi legislativi emergenziali delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 ed all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 ed alla conseguente applicabilita' ad essi della deroga al principio di irretroattivita' della legge penale sfavorevole prevista dall'art. 2, comma 5 del codice penale per le leggi eccezionali o temporanee, ritiene il Tribunale che la condivisibile qualificazione dei decreti-legge in questione come leggi eccezionali, in quanto contenenti una disciplina transeunte e peculiare imposta da una situazione di emergenza (quale l'epidemia determinata dalla diffusione del virus denominato Covid 19), non consenta in alcun modo di sacrificare il principio del divieto di retroazione della legge penale sfavorevole in quanto posto dall'art. 25, comma 2 Costituzione a presidio di diritti inviolabili dell'individuo e, dunque, come valore supremo parte dell'identita' costituzionale del nostro ordinamento. D'altro canto la disposizione dettata dall'art. 2, comma 5 del codice penale per le leggi eccezionali o temporanee, da leggere alla luce sia dell'art. 14 delle disposizioni sulle leggi in generale che recita : «le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati» che dell'art. 25, comma 2 Costituzione e dell'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione all'art. 7, comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 49, comma 1 CDFUE, lungi dal prevedere che gli interventi legislativi emergenziali possano introdurre disposizioni di legge penale a detrimento del reo applicabili retroattivamente - previsione che sarebbe in contrasto oltre che, inammissibilmente, con il divieto di retroazione della legge penale sfavorevole di rango costituzionale, anche con la naturale destinazione delle leggi eccezionali o temporanee a dettare una disciplina rivolta al tempo presente ed ad una delimitata porzione di quello futuro e non anche ad un passato non connotato dall'emergenza fronteggiata - pone un limite al solo principio della retroattivita' della legge penale favorevole al reo di cui all'art. 2, comma 4 del codice penale, stabilendone l'inapplicabilita' alle situazioni disciplinate dalle leggi eccezionali e temporanee e, dunque, ponendo la regola della ultrattivita' di queste ultime a salvaguardia della loro efficacia intimidatrice ; ne consegue come la norma di cui all'art. 2, comma 5 del codice penale non possa in alcun modo essere posta a fondamento di un'ordinanza di rigetto della questione di legittimita' costituzionale che occupa. E', infine, avviso del Tribunale che non possa trovare accoglimento neppure la sollecitazione della difesa di parte civile a ritenere manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato ravvisando nei provvedimenti aventi forza di legge denunciati il carattere di interventi a tutela del bene supremo della salute tutelato dall'art. 32 Costituzione sia come diritto fondamentale dell'individuo, sia come interesse della collettivita' e ritenendo il diritto dell'imputato alla prescrizione, pur se derivante dal divieto di irretroattivita' della legge penale sfavorevole sancito dall'art. 25, comma 2 Costituzione, necessariamente recessivo. Infatti, il percorso logico argomentativo che il Tribunale e' chiamato a seguire dal difensore di parte civile non esclude l'esistenza di un contrasto delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020, con l'art. 25, comma 2 Costituzione e con l'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione all'art. 7, comma l Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali ed all'art. 49, comma 1 CDFUE, ma postula che il giudice ordinario possa ritenerlo irrilevante assumendo che il legislatore si sia trovato a bilanciare due beni o valori supremi dell'ordinamento costituzionale e che abbia correttamente ritenuto il principio di legalita' penale recessivo rispetto al diritto alla salute. Si chiede, dunque, al giudice ordinario di non limitarsi ad una mera delibazione in ordine alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale sollevata dai difensori dell'imputato che ne sfiori il merito e si risolva in un giudizio sull'esistenza di motivi per dubitare della conformita' a Costituzione delle disposizioni di legge impugnate e, dunque, di una controversia in merito da rimettere alla decisione della Corte costituzionale, ma di spingersi oltre fino a decidere la questione stessa e a giudicare della correttezza o meno del bilanciamento fra beni o valori costituzionalmente rilevanti effettuato dal legislatore, decisione e giudizio che appaiono, tuttavia, riservati alla Corte costituzionale. Alla luce delle considerazioni sopra svolte il Tribunale ritiene che la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni di cui all'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e all'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, nella parte in cui prevedono che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020, sollevata dai difensori dell'imputato per contrasto con l'art. 25, comma 2 Costituzione e con l'art. 117, comma 1 Costituzione in relazione all'art. 7, comma 1 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali non sia manifestamente infondata. Ritiene, infine, il tribunale che non sia possibile dare luogo ad un'interpretazione delle disposizioni impugnate conforme a Costituzione. Infatti, posto che il dubbio sulla legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 e dell'art. 36 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 attiene alla parte di tali norme in cui si prevede che il corso della prescrizione resti sospeso fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 anche nei procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi prima del 9 marzo 2020, con conseguente violazione del principio di legalita' nella declinazione del divieto di irretroattivita' della legge penale sfavorevole sancito dall'art. 25, comma 2 Costituzione, nonche' dall'art. 7, comma l Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali e all'art. 49, comma 1 CDFUE (operanti come norme interposte e come parametri di valutazione della legittimita' costituzionale attraverso l'art. 117, comma 1 Costituzione), l'unica loro interpretazione adeguatrice possibile, quella di ritenere la disposta sospensione del corso della prescrizione fra il 9 marzo 2020 e l'11 maggio 2020 operante per i soli procedimenti penali aventi ad oggetto reati commessi dopo il 9 marzo 2020 ed inapplicabile a quelli aventi ad oggetti reati commessi in data antecedente, contrasterebbe con la littera legis e frustrerebbe la chiara intenzione del legislatore, da sempre considerati dalla stessa Corte costituzionale come limiti invalicabili nell'esperimento dell'interpretazione conforme (si vedano ex multis le sentenze della Corte costituzionale n. 356/1994, n. 208/2009, n. 78/2012, n. 42/2017 e n. 49/2019).