ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  167  del
codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Lecce, in funzione
di giudice dell'esecuzione, nel procedimento penale a  carico  di  C.
L., con ordinanza del 7 ottobre 2019, iscritta al n. 2  del  registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 4, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020 il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 settembre 2020. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 7 ottobre 2019 (reg.  ord.  n.  2
del 2020), il Tribunale ordinario di Lecce, in  funzione  di  giudice
dell'esecuzione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della
Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  167
del codice penale, nella parte in  cui  esso,  nella  sua  «comune  e
dominante interpretazione giurisprudenziale», non  prevede  l'ipotesi
di revoca della declaratoria di estinzione del  reato  conseguente  a
sospensione condizionale della pena «nei casi in cui sopravvenga alla
pronuncia  l'accertamento   dell'avvenuta   commissione,   da   parte
dell'interessato, nei termini stabiliti, di  un  delitto  ovvero  una
contravvenzione della stessa indole»; 
    che il giudice a quo premette che l'articolo censurato  e'  stato
invocato dalla difesa al fine di veder  dichiarata  l'estinzione  del
reato per cui C.  L.  e'  stato  condannato,  con  sentenza  divenuta
irrevocabile il 15 maggio 2009, ad una pena condizionalmente sospesa,
sulla base dell'assunto di non aver egli commesso  reati  nei  cinque
anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza; 
    che il rimettente e' chiamato a pronunciarsi su tale richiesta ai
sensi dell'art. 676 del codice di procedura penale; 
    che, a suo avviso, sussiste il requisito della rilevanza  perche'
dalla soluzione delle questioni aventi ad  oggetto  l'art.  167  cod.
pen. «dipende evidentemente il tipo di valutazione demandata a questo
Giudice circa il contenuto della declaratoria  da  adottare,  nonche'
circa la situazione  fattuale  posta  a  fondamento  della  richiesta
dell'interessato, con particolare riferimento agli oneri dimostrativi
imposti all'istante»; 
    che le  questioni  sarebbero  non  manifestamente  infondate,  in
riferimento ai menzionati parametri costituzionali, alla  luce  delle
considerazioni che seguono; 
    che, ad avviso del rimettente, al soggetto  condannato  con  pena
condizionalmente sospesa  che  chieda  dichiararsi  l'estinzione  del
reato, secondo quanto prevede la norma censurata, per non  aver  egli
commesso nel termine di cinque anni (se la condanna e' per delitto) o
di due anni (se la condanna e' per contravvenzione) un delitto o  una
contravvenzione  della  stessa  indole,  sarebbe  imposta  la   prova
negativa volta  a  dimostrare  la  mancata  commissione  di  condotte
illecite nel periodo stabilito; 
    che tale prova negativa  si  rivelerebbe  peraltro  difficilmente
esigibile se al richiedente fosse demandato l'onere di dimostrare  la
mancata commissione di tali condotte anche in relazione a  fatti  che
egli  avrebbe  potuto  compiere  ma  che  non  sono,  all'atto  della
richiesta, oggetto di indagine; 
    che «risvolto  logicamente  necessitato»  dell'impossibilita'  di
imporre al richiedente una tale probatio diabolica sarebbe  pertanto,
ad avviso del rimettente,  la  provvisorieta'  del  provvedimento  di
estinzione del reato adottato dal giudice ai sensi del censurato art.
167 cod. pen.; 
    che, a dispetto di cio', l'art. 167 cod. pen. non prevede  alcuna
possibilita'  di  revoca  dell'ordinanza  estintiva,   «peraltro   in
evidente (ed ingiustificata) asimmetria con l'analoga  previsione  di
estinzione per indulto di cui all'art. 1 L. n. 241/2006, che al co. 3
prevede espressamente la  possibilita'  di  revoca  del  gia'  emesso
provvedimento estintivo»; 
    che anche nel consolidato diritto vivente le ordinanze emesse  in
sede di incidente di esecuzione aventi ad oggetto la declaratoria  di
estinzione del reato nelle ipotesi  basate  sul  mancato  rilievo  di
attivita' criminosa in  un  dato  periodo  sono  irrevocabili  (viene
richiamata Corte di cassazione, sezione  prima  penale,  sentenza  29
settembre 2016-6 febbraio 2017, n. 5501); 
    che  la  previsione  di  tale  irrevocabilita'  si  porrebbe   in
contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.; 
    che, in  particolare,  sarebbe  manifestamente  irragionevole,  e
quindi lesiva  del  primo  parametro  richiamato,  l'attribuzione  di
effetti  definitivi  e  permanenti  ad  un  accertamento  di   natura
asseritamente sommaria e provvisoria; 
    che, oltre a cio', sarebbe palese l'ingiustificata disparita'  di
trattamento derivante dall'irrevocabilita' dell'accertamento  imposto
al giudice  dall'art.  167  cod.  pen.,  a  fronte  della  disciplina
contenuta nell'art. 1, comma 3, della legge 31 luglio  2006,  n.  241
(Concessione di indulto), secondo la quale  l'indulto  e'  revocabile
dal giudice nel caso in cui il soggetto da esso beneficiato commetta,
entro cinque anni dalla data di entrata in  vigore  della  legge,  un
delitto non colposo per il quale riporti condanna  a  pena  detentiva
non inferiore a due anni; 
    che  sarebbe  leso,  altresi',  l'art.  27  Cost.,   perche'   la
contestata irrevocabilita' della declaratoria di estinzione del reato
vanificherebbe, nel caso in cui venisse  accertato  che  il  soggetto
condannato con pena condizionalmente sospesa abbia compiuto reati nel
periodo interessato, ogni funzione rieducativa della pena, in ragione
della rinuncia a punire colui che sia  riconosciuto  responsabile  di
altro reato; 
    che,  infine,  entrambi  i   parametri   costituzionali   evocati
sarebbero menomati per il fatto che dall'interpretazione  che  assume
l'irrevocabilita' della declaratoria di estinzione del reato  di  cui
alla norma censurata deriverebbe la sostanziale inoperativita'  della
previsione contenuta nell'art. 168, primo comma, numero 1), cod. pen.
in  materia  di  revoca  della  sospensione,  nel  caso  in  cui   la
commissione del nuovo reato emergesse  successivamente  all'emissione
del provvedimento estintivo, «in palese spregio di  qualsiasi  canone
di ragionevolezza, parita' di trattamento (rispetto a  casi  identici
in cui - per una qualsiasi evenienza - tale commissione emergesse  in
epoca precedente) e finalita' rieducativa»; 
    che, con atto depositato l'11 febbraio 2020,  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato; 
    che l'Avvocatura generale  premette  che  su  analoga  questione,
avente tuttavia ad oggetto l'art. 676 cod. proc. pen.,  questa  Corte
si e' gia' pronunciata, nel senso della  manifesta  inammissibilita',
con ordinanza n. 101 del 2019; 
    che anche nel presente caso emergono profili di  inammissibilita'
per difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza,  perche'  il  giudice
rimettente avrebbe omesso di considerare, cosi' «sottraendosi ad ogni
confronto sul punto», che la commissione del reato che si  pone  come
ostativa alla dichiarazione di estinzione del reato di  cui  all'art.
167 cod. pen. deve essere accertata con sentenza passata in giudicato
(vengono richiamate l'ordinanza di questa Corte n. 107 del 1998 e  la
sentenza  della  Corte  di  cassazione,  sezione  prima  penale,   30
gennaio-7 aprile 2017, n. 17878); 
    che, sulla base di cio', le questioni sarebbero  state  sollevate
in via astratta e ipotetica, perche' il  giudice  rimettente  avrebbe
dovuto attingere  alle  risultanze  del  casellario  giudiziale,  non
essendo egli chiamato a pronunciarsi su una richiesta di revoca della
declaratoria  di  estinzione  del  reato  a   fronte   dell'accertata
commissione di ulteriore reato nel periodo di sospensione della pena; 
    che le questioni sarebbero inammissibili anche perche', con esse,
il  rimettente  mira  a  ottenere  una   pronuncia   sfavorevole   al
condannato, in contrasto con la riserva di valutazione  discrezionale
affidata in questa materia al legislatore; 
    che le questioni sarebbero comunque  infondate,  perche'  rientra
nella discrezionalita' del legislatore stabilire un termine oltre  il
quale rinunciare all'esercizio della potesta' punitiva, e non sarebbe
irragionevole che la declaratoria di estinzione  del  reato,  pur  se
pronunciata sulla base delle risultanze disponibili al momento  della
pronuncia, possa restare ferma anche laddove  emerga  in  un  secondo
momento la prova della non meritevolezza della  pronuncia  estintiva,
in ragione della necessita' di salvaguardare principi quale quello di
certezza delle situazioni giuridiche. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Lecce, in  funzione  di
giudice dell'esecuzione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3  e
27  della  Costituzione,  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 167 del codice penale, nella parte in cui esso non  prevede
la revoca della declaratoria di estinzione del reato nel caso in  cui
sopravvenga   a   tale   pronuncia    l'accertamento    dell'avvenuta
commissione,  da  parte  del  condannato  con  pena  condizionalmente
sospesa  e  nei  termini  stabiliti,  di  un   delitto   o   di   una
contravvenzione della stessa indole; 
    che  secondo   il   rimettente   la   norma   censurata   sarebbe
irragionevole, per il fatto di attribuire effetti  definitivi  ad  un
accertamento, quale quello avente ad  oggetto  l'avvenuta  estinzione
del  reato  conseguente  al  decorso  dei  termini   di   sospensione
condizionale  della  pena,  ritenuto  invece  di  natura  sommaria  e
provvisoria; 
    che la norma censurata si  porrebbe  altresi'  in  contrasto  col
principio che assegna alla pena una funzione rieducativa, in  ragione
della rinuncia a punire chi si renda responsabile di altro reato  non
conosciuto al momento dell'adozione della dichiarazione di estinzione
del reato; 
    che  le   questioni   cosi'   prospettate   sono   manifestamente
inammissibili; 
    che questa Corte, con ordinanza n. 101 del  2019,  ha  dichiarato
manifestamente inammissibili per aberratio ictus  analoghe  questioni
di legittimita' costituzionale, aventi in quel caso ad oggetto l'art.
676 del codice di  procedura  penale  relativo  alle  competenze  del
giudice   dell'esecuzione,   rinvenendo    comunque    nell'ordinanza
introduttiva «plurimi profili di inammissibilita'»; 
    che il rimettente ha, quindi, riproposto tali analoghe questioni,
ripetendo   le   medesime   argomentazioni   impiegate   a   supporto
dell'incostituzionalita' dell'art. 676 cod. proc. pen.; 
    che  la  sostanziale  coincidenza  degli  argomenti  addotti   in
quell'occasione a  sostegno  dell'incostituzionalita'  dell'art.  676
cod. proc. pen. con quelli di cui all'atto introduttivo del  presente
giudizio, benche' aventi ad oggetto l'art. 167 cod. pen.,  conduce  a
ritenere  che  anch'esso  risulti  segnato  da  diversi  profili   di
inammissibilita'; 
    che, innanzitutto, l'ordinanza omette di descrivere adeguatamente
la fattispecie del giudizio a quo, non indicando il reato per cui  il
soggetto  richiedente  e'   stato   condannato,   ne'   dando   conto
dell'adempimento degli eventuali obblighi a questi imposti  ai  sensi
dell'art. 165 cod. pen., che  si  pone  come  pregiudiziale,  secondo
quanto previsto dal medesimo art. 167 cod. pen.,  al  fine  di  poter
dichiarare l'estinzione del reato; 
    che l'ordinanza ha omesso  anche  di  indicare  se  l'istanza  di
declaratoria di estinzione del reato ex art. 167 cod. pen. sia  stata
suffragata da adeguata certificazione e, in particolare, se sia stato
prodotto il certificato del casellario giudiziale di cui all'art.  24
del d.P.R. 14 novembre 2002,  n.  313,  recante  «Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  casellario
giudiziale, di  casellario  giudiziale  europeo,  di  anagrafe  delle
sanzioni amministrative dipendenti da reato e  dei  relativi  carichi
pendenti (Testo A)»; 
    che  tali  omissioni  risultano   particolarmente   significative
perche' il giudice a quo, come correttamente rilevato dall'Avvocatura
generale,  manca  comunque  di  confrontarsi  con  la  giurisprudenza
costituzionale (ordinanza n. 107 del 1998) e di  legittimita'  (Corte
di cassazione, sezione prima penale,  sentenza  30  gennaio-7  aprile
2017, n. 17878), secondo cui la condizione alla quale  e'  sottoposta
la declaratoria di estinzione  del  reato,  in  caso  di  sospensione
condizionale della pena, e' unicamente la mancata commissione  di  un
nuovo reato, nel  termine  stabilito,  commissione  che  deve  essere
accertata con sentenza irrevocabile, in ragione della presunzione  di
non colpevolezza di cui  all'art.  27  Cost.  (da  ultimo,  Corte  di
cassazione, sezione quinta penale, sentenza 22 novembre 2019-9 aprile
2020, n. 11759); 
    che, dunque, siffatte lacune descrittive non consentono a  questa
Corte di verificare l'effettiva rilevanza delle  questioni  sollevate
dal rimettente (ordinanze n. 147, n. 108 e n. 92 del 2020, n.  203  e
n. 64 del 2019); 
    che, inoltre, deve rilevarsi che, pur a fronte delle  disfunzioni
che caratterizzano l'istituto della  sospensione  condizionale  della
pena e, in particolare, rendono non agevole il coordinamento  tra  la
declaratoria di estinzione  di  cui  all'art.  167  cod.  pen.  e  il
sopraggiungere di sentenze irrevocabili di condanna relative a  fatti
compiuti nei termini stabiliti dall'art. 163 cod. pen., le  questioni
sollevate  sono  in  ogni  caso  inammissibili  perche'  il   giudice
rimettente ha sollevato un dubbio relativo a una  mera  eventualita',
consistente nell'astratta possibilita' che il condannato,  che  abbia
fatto richiesta di estinzione del reato, abbia compiuto, nel  termine
quinquennale, reati non ancora oggetto  di  accertamento,  dei  quali
tuttavia l'ordinanza non offre alcun elemento dimostrativo; 
    che ulteriore profilo di inammissibilita' e' dato dal rilievo che
l'odierno rimettente e' chiamato a pronunciarsi, ai  sensi  dell'art.
676 cod. proc. pen., sull'estinzione del reato  e  non  sulla  revoca
della medesima, una volta che sia  intervenuto  l'accertamento  della
commissione del reato con sentenza passata in giudicato  nei  termini
previsti,  il  che  vale,  da  una  diversa  prospettiva,  a  rendere
premature e puramente astratte le odierne questioni; 
    che,   per    costante    orientamento    della    giurisprudenza
costituzionale, la questione incidentale e' inammissibile  in  quanto
ipotetica o prematura se l'applicazione della norma censurata e' solo
eventuale e successiva, cio' che esclude la rilevanza  attuale  della
stessa (sentenze n. 139 del 2020 e n. 217 del 2019; ordinanze n.  259
del 2016 e n. 161 del 2015). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.