ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
290, secondo periodo, in combinato disposto con i commi da 288 a 290,
primo periodo; 548; e 602, in combinato disposto con  il  comma  590,
primo periodo, della legge 27 dicembre  2019,  n.  160  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2020  e  bilancio
pluriennale per il  triennio  2020-2022),  promosso  dalla  Provincia
autonoma di Trento con ricorso  notificato  il  27  febbraio-3  marzo
2020, depositato in cancelleria il 6 marzo 2020 e iscritto al  n.  36
del registro ricorsi 2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella udienza pubblica del 9 marzo 2021 il Giudice relatore
Luca Antonini; 
    uditi gli avvocati Franco Mastragostino e Maria Chiara Lista  per
la Provincia autonoma di Trento, in collegamento da remoto, ai  sensi
del punto 1) del decreto del Presidente della Corte  del  30  ottobre
2020, e l'avvocato dello Stato Emanuele Feola per il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  27  febbraio-3  marzo  2020  e
depositato il 6 marzo 2020 (reg. ric. n. 36 del 2020),  la  Provincia
autonoma di  Trento,  in  persona  del  presidente  pro  tempore,  ha
promosso distinte questioni di legittimita' costituzionale,  tra  gli
altri, dell'art. 1, commi 290, secondo periodo, in combinato disposto
con i commi da 288 a 290, primo periodo; 548;  e  602,  in  combinato
disposto con il comma 590, primo periodo,  della  legge  27  dicembre
2019,  n.  160  (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per   l'anno
finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio  2020-2022),
in riferimento complessivamente agli artt. 3,  117,  terzo  e  quarto
comma, 119  -  in  combinato  disposto  con  l'art.  10  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione) - e 120  della  Costituzione  -  in
riferimento, quest'ultimo, al principio di  leale  collaborazione  -,
nonche' in relazione agli artt. 8, 16, 69, 70, 72,  73,  75,  75-bis,
79, 104 e, comunque, al Titolo VI del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige) e al decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.  268
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige in materia di finanza regionale e provinciale). 
    La ricorrente premette che la citata legge di bilancio  contiene,
al  comma  856  dell'art.  1,  una  clausola  di  salvaguardia  delle
autonomie speciali, ai sensi della quale le disposizioni della stessa
legge «sono applicabili nelle regioni  a  statuto  speciale  e  nelle
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano  compatibilmente  con  i
rispettivi statuti e le  relative  norme  di  attuazione,  anche  con
riferimento  alla  legge  costituzionale  18  ottobre  2001,  n.  3».
Tuttavia,  poiche'  le  disposizioni   impugnate   si   riferirebbero
espressamente anche alle Province autonome o  comunque  produrrebbero
indirettamente  effetti  nei  loro  riguardi,   tale   clausola   non
garantirebbe una copertura adeguata alle suddette autonomie speciali. 
    1.1.- L'impugnato art. 1, comma 548, prevede che «[n]el  caso  di
modifiche della disciplina statale relativa ai tributi erariali,  ivi
inclusi i tributi propri derivati, che  potrebbero  produrre  effetti
sulla finanza della regione  Trentino-Alto  Adige  e  delle  province
autonome di Trento e  di  Bolzano,  sono  attivate  con  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con  il  Ministro
per gli affari regionali e le autonomie,  procedure  di  monitoraggio
degli effetti finanziari, al fine di regolare i  rapporti  finanziari
tra lo Stato, la regione e  le  province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano». 
    Ad avviso della  ricorrente  tale  norma  contrasterebbe  con  le
disposizioni in tema di autonomia finanziaria di  cui  al  Titolo  VI
dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con  le  relative  norme  di
attuazione. In particolare, sarebbero violati il d.lgs.  n.  268  del
1992, nonche' il «principio dell'accordo per  la  determinazione  del
livello di concorso agli obiettivi di finanza pubblica sanciti  negli
artt.  79  e  104  Statuto»  e   infine   il   principio   di   leale
collaborazione, di cui all'art. 120 Cost., poiche' essa non contempla
un'intesa con le Province autonome nel procedimento di emanazione del
decreto ministeriale relativo alle procedure di monitoraggio. 
    Infine, ove la norma impugnata vada  interpretata  nel  senso  di
escludere la necessita' di un accordo per modificare i contenuti e  i
termini finanziari stabiliti nello statuto  di  autonomia,  sarebbero
comunque violati  tutti  i  sopra  ricordati  parametri  statutari  e
costituzionali,  con  particolare  riguardo,  ancora  una  volta,  al
principio di leale collaborazione. 
    1.2.- Dello stesso art. 1 della legge di bilancio per il 2020  e'
poi impugnato il comma 290, secondo periodo, «in  combinato  disposto
con i commi da 288 a 290, primo periodo». 
    In base al comma 288, primo periodo, «[a]l  fine  di  incentivare
l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronici, le persone  fisiche
maggiorenni  residenti  nel  territorio  dello  Stato,   che,   fuori
dall'esercizio di attivita' d'impresa, arte o professione, effettuano
abitualmente acquisti  con  strumenti  di  pagamento  elettronici  da
soggetti che svolgono attivita' di vendita di beni e  di  prestazione
di servizi, hanno diritto ad un rimborso in denaro, alle  condizioni,
nei casi e  sulla  base  dei  criteri  individuati  dal  decreto  del
Ministro dell'economia e delle finanze  di  cui  al  comma  289».  Il
successivo comma 290 prevede quindi che «[a]l fine  di  garantire  le
risorse finanziarie necessarie per l'attribuzione dei rimborsi  e  le
spese per le attivita' legate all'attuazione della misura di  cui  ai
commi  288  e  289,  nello  stato   di   previsione   del   Ministero
dell'economia  e  delle  finanze  e'  stanziato  su  apposito   fondo
l'importo annuo di euro 3 miliardi per  gli  anni  2021  e  2022.  Il
suddetto importo e'  integrato  con  le  eventuali  maggiori  entrate
derivanti   dall'emersione    di    base    imponibile    conseguente
all'applicazione  della  predetta   misura,   come   rilevate   dalla
Commissione istituita ai sensi dell'articolo 10-bis.1, comma 3, della
legge 31 dicembre 2009, n. 196». 
    Secondo la ricorrente, in presenza  di  norme  degli  statuti  di
autonomia  speciale  che  stabiliscono  compartecipazioni  a  tributi
erariali, le norme  statali  che  disciplinano  la  destinazione  del
maggior gettito dei tributi compartecipati dovrebbero  essere  intese
in modo compatibile con i predetti statuti;  sul  punto  richiama  le
sentenze di questa Corte n. 207 del  2014  e  n.  270  del  2017.  Le
maggiori entrate considerate  dalla  norma  impugnata,  infatti,  non
deriverebbero da maggiorazioni di aliquote  di  tributi  esistenti  o
dall'istituzione di nuovi tributi, ma  sarebbero  corrispondenti  «al
potenziale  recupero  di  tributi  evasi  (preesistenti)».  Pertanto,
laddove non si ritenesse  applicabile  la  clausola  di  salvaguardia
contenuta nel comma 856 dell'art. 1 della legge n.  160  del  2019  -
soluzione non pacifica -, dovrebbe concludersi  per  l'illegittimita'
costituzionale del  secondo  periodo  del  comma  290,  in  combinato
disposto  con  la  restante  richiamata  disciplina.  Questo  sistema
normativo, sempre secondo la ricorrente, sarebbe infatti in contrasto
con gli artt. 69, 70, 72, 73, 75 e 75-bis statuto reg.  Trentino-Alto
Adige e con le relative norme di attuazione di cui al d.lgs.  n.  268
del 1992. 
    1.3.-  Da  ultimo,  e'  oggetto  di  impugnazione  il  comma  602
dell'art. 1 della legge n. 160 del 2019, «in combinato  disposto  con
il primo periodo del comma 590». 
    La Provincia autonoma premette che: 
    - ai sensi della prima norma, «[f]atto salvo quanto previsto  dal
comma 2 dell'articolo 57 del decreto-legge 26 ottobre 2019,  n.  124,
le disposizioni di cui ai commi da 590 a 600 non  si  applicano  alle
regioni, alle province autonome di Trento e  di  Bolzano,  agli  enti
locali  e  ai  loro  organismi  ed  enti  strumentali  come  definiti
dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 23 giugno 2011,  n.
118, nonche' ai loro enti strumentali in forma societaria»; 
    - la seconda, ovvero il comma 590, primo  periodo,  prevede  che:
«[a]i fini di una maggiore  flessibilita'  gestionale,  di  una  piu'
efficace realizzazione dei rispettivi obiettivi istituzionali e di un
miglioramento dei saldi di finanza pubblica,  a  decorrere  dall'anno
2020,  agli  enti  e  agli  organismi,  anche  costituiti  in   forma
societaria, di cui all'articolo 1, comma 2, della legge  31  dicembre
2009, n. 196, ivi comprese le autorita' indipendenti, con  esclusione
degli enti del Servizio sanitario nazionale, cessano di applicarsi le
norme in materia di contenimento e di riduzione della  spesa  di  cui
all'allegato A annesso alla presente legge». 
    Infine, la normativa fatta salva dal comma 602  -  ovvero  l'art.
57, comma 2, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124  (Disposizioni
urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito,
con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019,  n.  157  -  dispone
che, «[a] decorrere  dall'anno  2020,  alle  regioni,  alle  Province
autonome di Trento e di Bolzano, agli enti locali e ai loro organismi
ed enti strumentali, come definiti  dall'articolo  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118,  nonche'  ai  loro  enti
strumentali  in  forma  societaria  cessano  di  applicarsi»   alcune
puntuali disposizioni in materia di contenimento e di riduzione della
spesa e di obblighi formativi. 
    La Provincia ricorrente rileva anzitutto che alcune  delle  norme
di contenimento non piu' applicabili (in forza  della  previsione  da
ultimo citata) coinciderebbero con  quelle  oggetto  del  comma  590,
primo periodo, in quanto inserite anche nel  richiamato  Allegato  A,
indicando al riguardo: a) il disposto dell'art. 27 del  decreto-legge
25  giugno  2008,  n.  112  (Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo
economico, la semplificazione, la competitivita', la  stabilizzazione
della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, nella legge  6  agosto  2008,  n.  133,  e  b)  quello
dell'art. 6, commi 7, 8, 9, 12 e  13,  del  decreto-legge  31  maggio
2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita' economica), convertito, con modificazioni,  nella
legge 30 luglio 2010, n. 122. 
    La ricorrente prospetta quindi il rischio  di  un'interpretazione
letterale delle norme impugnate, secondo la quale il citato art.  57,
comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, come convertito,  avrebbe  abolito
tali specifici vincoli  alla  spesa  nell'ambito  del  riconoscimento
della maggiore autonomia  finanziaria  degli  enti  autonomi,  mentre
invece le due norme della legge di bilancio - ossia  il  «comma  602,
per  effetto  del  combinato  disposto  con  il  comma  590»   -   ne
prevederebbero la loro perdurante operativita', escludendo gli stessi
enti dall'ambito di applicazione del comma 590. 
    In questa prospettiva la ricorrente sottolinea l'irragionevolezza
dell'intervento normativo che, «nell'ambito  della  stessa  manovra»,
avrebbe riconosciuto maggiore  autonomia  gestionale  alle  autonomie
territoriali - segnatamente con le previsioni di cui ai commi da  591
a 600 e al comma 610 - ma, al contempo, avrebbe mantenuto  in  vigore
alcuni puntuali vincoli aventi la stessa finalita' di quelli aboliti. 
    In  conclusione,  sarebbe  quindi  violato   il   «principio   di
ragionevolezza  nell'ambito  della  disciplina  del   riparto   delle
attribuzioni rispettive dello Stato e delle Province Autonome ed,  in
particolare,  nella  materia  dell'ordinamento  degli  Uffici  e  del
personale, nonche' dell'organizzazione (art. 8 St.; art. 16 St.; 117,
quarto comma, Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della  legge
costituzionale n. 3 del 2001)». 
    In subordine, l'applicazione diretta delle  disposizioni  statali
impugnate,  in  quanto  norme   di   dettaglio   nella   materia   di
coordinamento della finanza pubblica, si porrebbe  in  contrasto  con
l'autonomia finanziaria  garantita,  in  particolare,  dall'art.  79,
comma 4, dello statuto di autonomia e con  gli  artt.  117,  terzo  e
quarto comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    2.- Con atto depositato il 14 aprile 2020  si  e'  costituito  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    2.1.-    La     difesa     statale     rileva     preliminarmente
l'improcedibilita', per sopravvenuta carenza di interesse, del motivo
di ricorso concernente il comma 548 dell'art. 1 della  legge  n.  160
del 2019: tale  disposizione  e'  stata  infatti  abrogata  ad  opera
dell'art. 38-bis, comma 3, lettera d), del decreto-legge 30  dicembre
2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga  di  termini
legislativi,  di  organizzazione  delle  pubbliche   amministrazioni,
nonche' di innovazione tecnologica), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 28 febbraio 2020, n. 8. 
    2.2.-  Ad  avviso  dell'Avvocatura,   inoltre,   il   motivo   di
impugnazione del comma 290, secondo  periodo,  sarebbe  inammissibile
anzitutto perche' formulato in modo generico.  La  Provincia  avrebbe
infatti omesso  di  precisare  quali  specifiche  «maggiori  entrate»
previste da tale norma potrebbero costituire proventi da  tributi  da
attribuirle  in  forza  delle  norme  statutarie   -   peraltro   non
individuate - e in ipotesi "distratte" a favore dello Stato. 
    La censura sarebbe inammissibile anche per l'insufficienza  della
motivazione e l'incompleta ricostruzione  del  quadro  normativo  con
riferimento alla clausola di salvaguardia contenuta  nella  legge  di
bilancio all'art. 1, comma 856, e alla funzione da questa assolta. 
    Nel  merito,  essendo  in  ogni  caso   errato   il   presupposto
interpretativo da cui  muove  la  ricorrente,  la  questione  sarebbe
comunque non fondata. 
    2.3.- Quanto all'ultimo motivo di impugnazione, la  difesa  dello
Stato ricostruisce la complessiva disciplina introdotta dai commi  da
590 a 602 dell'art. 1 della legge n. 160 del 2019, sottolineando  che
l'evidente ratio dell'intervento sarebbe quella  di  semplificare  il
quadro normativo vigente in materia di razionalizzazione e  riduzione
della  spesa  pubblica  delle   amministrazioni   non   territoriali,
sostituendo alle numerose ed eterogenee  disposizioni  stratificatesi
nel tempo una piu' organica disciplina. 
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  il  comma  602   avrebbe   disposto
l'espressa esclusione delle Regioni, delle Province  autonome,  degli
enti locali e dei relativi organismi ed enti strumentali, dall'ambito
di applicazione delle norme in esame per il semplice motivo  che  con
riferimento  a  tali  soggetti,  il  legislatore  statale  era   gia'
intervenuto con la disciplina recata dall'art. 57, comma 2, del  d.l.
n. 124 del 2019,  come  convertito;  disciplina  espressamente  fatta
salva dall'impugnato comma 602. 
    2.4.- Il quadro normativo cosi' illustrato porta  l'Avvocatura  a
eccepire l'evidente inammissibilita' del motivo di ricorso, formulato
non  solo   in   modo   perplesso,   dubitativo   e   con   «assoluta
indeterminatezza  del  suo  oggetto»,  ma  anche  senza   un'efficace
indicazione delle ragioni a sostegno delle violazioni addotte. 
    2.5.- Nel merito, il motivo sarebbe comunque infondato perche' il
descritto  contesto  normativo  sarebbe  stato   interpretato   dalla
Provincia autonoma in modo errato e parcellizzato. 
    L'approccio   della   ricorrente,   infatti,   trascurerebbe   di
considerare che l'intervento normativo in esame costituisce un  corpo
normativo unitario e omogeneo diretto alle sole  amministrazioni  non
territoriali. 
    La scelta compiuta dal  legislatore  statale  con  il  richiamato
comma 602 non sarebbe  pertanto  irragionevole  e,  soprattutto,  non
darebbe  luogo  ad  alcun  trattamento  deteriore   delle   autonomie
speciali. 
    2.6.- Quanto alla prospettazione del  motivo  articolata  in  via
subordinata,  l'Avvocatura  ne   eccepisce   l'inammissibilita'   per
l'estrema  genericita',  avendo  la  ricorrente  soltanto  citato  le
disposizioni violate, senza indicare le  ragioni  per  cui  la  norma
impugnata vi si porrebbe in contrasto. 
    Le censure sarebbero comunque infondate per quanto gia' indicato. 
    3.- Con istanza depositata il 2  luglio  2020,  la  difesa  della
Provincia autonoma di Trento ha  dato  atto  della  cessazione  della
materia  del  contendere  -  chiedendone  la  declaratoria  -   delle
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  548,
della legge n. 160 del 2019, a  seguito  dell'abrogazione  di  questa
disposizione da parte dell'art. 38-bis, comma 3, lettera d), del d.l.
n. 162 del 2019, come convertito. 
    4.- Entrambe le parti hanno  depositato  memoria  in  prossimita'
dell'udienza. 
    4.1.- La Provincia ricorrente, in particolare, riconosce  che  la
disposizione da essa impugnata, contenuta  nel  secondo  periodo  del
comma 290 dell'art. 1 della legge n. 160 del 2019,  risulta  abrogata
dall'art. 1, comma 1097, lettera b), della legge 30 dicembre 2020, n.
178 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e
bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023), in quanto nel  testo
attualmente in vigore dello stesso comma 290 «[n]ulla  si  dice  piu'
sulla concorrenza», a copertura del  fondo  statale  ivi  menzionato,
delle eventuali maggiori entrate  derivanti  dall'emersione  di  base
imponibile conseguente all'applicazione della misura  introdotta  dal
correlato comma 288; sicche', afferma la ricorrente, «a decorrere dal
1 gennaio 2021 la disposizione impugnata non e' piu' in vigore». 
    Tuttavia, ritiene  che  sopravviva  l'interesse  della  Provincia
autonoma al  mantenimento  di  una  pronuncia  di  questa  Corte.  Al
riguardo, la difesa della ricorrente ricorda che la previsione  delle
misure premiali contenuta nei commi da 288 a 290  dell'art.  1  della
legge n. 160 del 2019 non era immediatamente applicabile,  occorrendo
l'emanazione di un apposito regolamento attuativo, adottato  poi  con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 novembre  2020,
n. 156 (Regolamento recante condizioni e criteri  per  l'attribuzione
delle misure premiali per l'utilizzo  degli  strumenti  di  pagamento
elettronici) ed entrato in vigore il successivo 28 novembre 2020. 
    Il citato regolamento conterrebbe, all'art. 11, comma  1,  ultimo
periodo,   un   riferimento   all'eventualita'   di   integrare    la
disponibilita' finanziaria del fondo costituito dalla  legge  n.  160
del 2019 «con le eventuali maggiori entrate derivanti  dall'emersione
di base imponibile conseguente all'applicazione del  programma,  come
rilevate dalla commissione di cui  all'articolo  10-bis.1,  comma  3,
della legge 31 dicembre 2009, n. 196». Secondo la difesa provinciale,
se da un lato questa disposizione dovrebbe  ormai  «essere  allineata
alla legislazione sopravvenuta o, ritenuta,  comunque,  abrogata,  in
base al  principio  gerarchico  di  rapporto  fra  fonti  primarie  e
secondarie»; tuttavia, dall'altro, rimarrebbe fermo che «la  predetta
normativa ha trovato applicazione nel corso del 2020» poiche' sia  la
norma legislativa che il regolamento avrebbero «avuto vigenza per  un
mese». 
    In  conclusione,  la  ricorrente  ritiene  quindi  di  non  avere
«elementi per escludere che si siano prodotti gli effetti che essa ha
inteso contrastare con il ricorso». 
    4.2.- Nella propria memoria, l'Avvocatura segnala, invece, che lo
ius superveniens di cui all'art. 1, comma  1097,  lettera  b),  della
legge n. 178 del 2020 farebbe  risultare  completamente  superato  il
motivo  di  ricorso  relativo  al  secondo  periodo  del  comma   290
impugnato,   «dato   che   l'abrogazione   del   medesimo    comporta
l'inammissibilita' della censura per  sopravvenuta  carenza  del  suo
oggetto». 
    5.- Nell'udienza, la difesa della Provincia autonoma di Trento ha
confermato di ritenere cessata  la  materia  del  contendere  solo  e
unicamente delle questioni di legittimita' costituzionale  aventi  ad
oggetto il comma 548 dell'art. 1 della legge n. 160 del 2019. 
    L'Avvocatura, ai fini delle valutazioni sull'eventuale cessazione
della materia del contendere delle questioni promosse  nei  confronti
del comma 290, secondo periodo, del medesimo art. 1  della  legge  n.
160 del 2019, ha pero' evidenziato che l'attuazione di  questa  norma
avrebbe richiesto anche la certificazione  delle  eventuali  maggiori
entrate  derivanti  dall'emersione  di  base  imponibile  conseguente
all'applicazione sperimentale  della  predetta  misura  nel  mese  di
dicembre  2020.  A  quest'ultimo  riguardo,  ha  aggiunto  la  difesa
statale,  non  risulta  che  la  commissione  prevista  dalla   norma
impugnata abbia certificato tali maggiori entrate  che,  in  ipotesi,
avrebbero integrato il fondo statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe (reg. ric. n.  36  del  2020),  la
Provincia autonoma di Trento ha promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale di varie  disposizioni  dell'art.  1  della  legge  27
dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno
finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il  triennio  2020-2022),
fra cui quelle recate dai commi 290, secondo  periodo,  in  combinato
disposto con i commi da 288 a 290, primo  periodo;  548;  e  602,  in
combinato disposto con il comma 590, primo  periodo,  in  riferimento
complessivamente agli artt. 3, 117, terzo e quarto comma,  119  -  in
combinato disposto  con  l'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte  seconda  della
Costituzione)  -  e  120  della  Costituzione   -   in   riferimento,
quest'ultimo, al principio di  leale  collaborazione  -,  nonche'  in
relazione agli artt. 8, 16, 69, 70, 72, 73, 75, 75-bis,  79,  104  e,
comunque, al Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica 31
agosto 1972,  n.  670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi
costituzionali concernenti lo statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige) e al decreto legislativo 16  marzo  1992,  n.  268  (Norme  di
attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale). 
    2.- Resta riservata  a  separata  pronuncia  la  decisione  delle
ulteriori questioni di legittimita' costituzionale  promosse  con  lo
stesso ricorso. 
    3.- La prima disposizione impugnata - l'art. 1, comma 548,  della
legge n. 160 del 2019 - prevede che «[n]el caso  di  modifiche  della
disciplina statale  relativa  ai  tributi  erariali,  ivi  inclusi  i
tributi  propri  derivati,  che  potrebbero  produrre  effetti  sulla
finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle  province  autonome
di Trento e di  Bolzano,  sono  attivate  con  decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze, di concerto con il  Ministro  per  gli
affari regionali e le  autonomie,  procedure  di  monitoraggio  degli
effetti finanziari, al fine di regolare i rapporti finanziari tra  lo
Stato, la regione e le province autonome di Trento e di Bolzano». 
    Ad avviso  della  ricorrente  tale  norma  contrasterebbe  con  i
«parametri statutari dell'autonomia finanziaria di cui al Titolo  VI»
dello statuto reg. Trentino-Alto Adige e con  le  relative  norme  di
attuazione. In particolare, sarebbero violati il d.lgs.  n.  268  del
1992, nonche' il «principio dell'accordo per  la  determinazione  del
livello di concorso agli obiettivi di finanza pubblica sanciti  negli
artt.  79  e  104  Statuto»  e   infine   il   principio   di   leale
collaborazione, di cui all'art. 120 Cost. 
    In subordine, ove la disposizione impugnata vada interpretata nel
senso di escludere la necessita'  di  un  accordo  per  modificare  i
contenuti  e  i  termini  finanziari  stabiliti  nello   statuto   di
autonomia, sarebbero comunque violati  i  sopra  ricordati  parametri
statutari e costituzionali,  con  particolare  riguardo,  ancora  una
volta, al principio di leale collaborazione. 
    3.1.- A decorrere dal 1° marzo  2020,  e  quindi  successivamente
alla proposizione del ricorso, la norma impugnata e'  stata  abrogata
dall'art. 38-bis, comma 3, lettera d), del decreto-legge 30  dicembre
2019, n. 162 (Disposizioni urgenti in materia di proroga  di  termini
legislativi,  di  organizzazione  delle  pubbliche   amministrazioni,
nonche' di innovazione tecnologica), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 28 febbraio 2020, n. 8. 
    Per effetto dello  ius  superveniens,  l'Avvocatura  generale  ha
rilevato l'improcedibilita' del motivo di ricorso concernente  l'art.
1, comma 548, della legge n. 160 del 2019, per  sopravvenuta  carenza
di interesse, mentre la difesa della Provincia ricorrente ha chiesto,
con  istanza  appositamente   depositata,   la   declaratoria   della
cessazione  della  materia  del   contendere   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale della norma citata. 
    L'abrogazione della norma impugnata, intervenuta  nel  corso  del
giudizio, e' senza dubbio satisfattiva delle ragioni avanzate con  il
ricorso, cosi' come l'assai breve  periodo  di  vigenza  della  norma
impugnata,  insieme  al  contenuto  di  questa  e  alla   convergente
posizione manifestata dalle parti, depongono nel senso che la  stessa
non ha trovato medio tempore applicazione (da ultimo, sentenze  n.  7
del 2021 e n. 200 del 2020). 
    Va, pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere  delle
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  548,
della legge n. 160 del 2019. 
    4.- E' poi impugnato il comma 290, secondo periodo, dello  stesso
art. 1 della legge di bilancio per il 2020,  «in  combinato  disposto
con i commi da 288 a 290, primo periodo». 
    In base al comma 288, «[a]l fine  di  incentivare  l'utilizzo  di
strumenti di pagamento elettronici, le  persone  fisiche  maggiorenni
residenti nel territorio dello Stato, che,  fuori  dall'esercizio  di
attivita' d'impresa,  arte  o  professione,  effettuano  abitualmente
acquisti con strumenti  di  pagamento  elettronici  da  soggetti  che
svolgono attivita' di vendita di beni e di  prestazione  di  servizi,
hanno diritto ad un rimborso in denaro, alle condizioni, nei  casi  e
sulla  base  dei  criteri  individuati  dal  decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze di cui al comma 289». 
    Il  successivo  comma  290  prevede  quindi  che  «[a]l  fine  di
garantire le risorse finanziarie necessarie  per  l'attribuzione  dei
rimborsi e le spese per  le  attivita'  legate  all'attuazione  della
misura di cui ai commi 288 e  289,  nello  stato  di  previsione  del
Ministero dell'economia e delle  finanze  e'  stanziato  su  apposito
fondo l'importo annuo di euro 3 miliardi per gli anni 2021 e 2022. Il
suddetto importo e'  integrato  con  le  eventuali  maggiori  entrate
derivanti   dall'emersione    di    base    imponibile    conseguente
all'applicazione  della  predetta   misura,   come   rilevate   dalla
Commissione istituita ai sensi dell'articolo 10-bis.1, comma 3, della
legge 31 dicembre 2009, n.  196».  Alla  stessa  Commissione,  organo
tecnico del richiamato ministero, quest'ultima disposizione affida la
predisposizione  della  «Relazione  sull'economia  non  osservata   e
sull'evasione fiscale e contributiva». 
    La censura della ricorrente si  appunta,  in  particolare,  sulle
modalita'   d'integrazione   del   fondo   statale   costituito   per
l'attribuzione della misura premiale per l'utilizzo  degli  strumenti
di pagamento elettronici, definita anche «rimborso cashback», in base
alla quale tutte le maggiori  entrate  conseguenti  all'emersione  di
base imponibile, ivi comprese quelle raccolte  sul  territorio  della
Provincia  autonoma,  confluiscono  nel  suddetto  fondo  per  essere
destinate a incrementare i rimborsi agli  utilizzatori  della  moneta
elettronica. 
    Rispetto a tale sistema normativo, che  si  sviluppa  interamente
sul piano del rapporto verticale  tra  lo  Stato  -  che  e'  l'unico
soggetto che ha attivato, finanziandolo, il  tentativo  di  emersione
dell'evasione fiscale - e le persone fisiche che utilizzano la moneta
elettronica, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 69,  70,
72, 73, 75 e 75-bis dello statuto reg. Trentino-Alto  Adige  e  delle
relative norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268  del  1992,  che
determinano, fra l'altro, la devoluzione alle  Province  autonome  di
determinate quote di gettito dei tributi  erariali  e  l'attribuzione
alle stesse di tributi propri. 
    Cio' in forza della pretesa per cui  tutte  le  maggiori  entrate
raccolte sul territorio della  Provincia  autonoma  e  derivanti  dal
«potenziale recupero di  tributi  evasi  (preesistenti)»,  dovrebbero
essere  sempre  e  comunque  assegnate  alla  Provincia  autonoma,  a
prescindere dal meccanismo che le genera, dal loro  ammontare,  dalle
responsabilita' dello Stato in ordine  al  debito  pubblico  e  dalla
stessa necessita' di finanziare integralmente le  funzioni  che  alla
medesima Provincia risultano assegnate. 
    4.1.- Come evidenziato nelle memorie delle parti, l'art. 1, comma
1097, lettera b), della legge 30 dicembre 2020, n. 178  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2021  e  bilancio
pluriennale per il triennio  2021-2023),  ha  tuttavia  soppresso  la
disposizione contenuta nell'impugnato comma 290, secondo periodo, con
decorrenza dal 1° gennaio 2021. 
    La Provincia autonoma, in ogni caso, ritiene che il suo interesse
alla decisione permanga nonostante lo ius superveniens, in assenza di
«elementi per escludere che si siano prodotti gli effetti che essa ha
inteso contrastare con il ricorso». Andrebbe infatti considerato che:
a) la norma impugnata ha avuto vigenza per l'intero anno 2020;  b)  a
decorrere dal 28 novembre 2020, e' entrato in vigore  l'art.  11  del
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 novembre  2020,
n. 156 (Regolamento recante condizioni e criteri  per  l'attribuzione
delle misure premiali per l'utilizzo  degli  strumenti  di  pagamento
elettronici) il quale, al comma 1, ultimo periodo,  avrebbe  ribadito
il contenuto della norma impugnata; c) la misura  premiale  e'  stata
attivata in via sperimentale tra l'8 e il 31 dicembre 2020. 
    L'Avvocatura generale ritiene, invece, che la censura  sia  ormai
inammissibile «per sopravvenuta carenza del suo oggetto». 
    4.2.- Una compiuta considerazione dello ius superveniens porta  a
dichiarare cessata la  materia  del  contendere  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 290, secondo  periodo,
in combinato disposto con i commi da 288 a 290, primo periodo,  della
legge n. 160 del 2019. 
    Va, infatti, innanzitutto rilevato che l'abrogazione della  norma
impugnata fa si' che, a decorrere dal 1° gennaio 2021, l'integrazione
del fondo statale destinato al funzionamento del  cashback  non  puo'
piu' realizzarsi, in  difetto  della  previsione  che  consente  alla
citata commissione ministeriale di  rilevare  le  eventuali  maggiori
entrate  derivanti  dall'emersione  di  base  imponibile  conseguente
all'applicazione della predetta misura. 
    L'abrogazione medesima dunque soddisfa la pretesa avanzata con il
ricorso,  anche  perche'  va  escluso  che   l'attivazione   in   via
sperimentale tra l'8 e il 31  dicembre  2020  della  misura  premiale
abbia potuto determinare, in tale periodo, l'applicazione della norma
impugnata. 
    In disparte la pur significativa dichiarazione in  udienza  della
difesa statale nel senso che la suddetta commissione ministeriale non
ha compiuto alcuna rilevazione al riguardo,  e'  dirimente,  infatti,
osservare che gli  effetti  sulle  entrate,  anche  quelli  derivanti
dall'applicazione della misura del cashback, sono ormai  regolati  da
una diversa disciplina, non solo interamente  sostitutiva  di  quella
impugnata ma, soprattutto, applicabile anche al richiamato periodo di
attivazione sperimentale. 
    La soppressione della norma impugnata ad opera dell'art. 1, comma
1097, lettera b), della legge n. 178 del 2020, e' infatti connessa ai
commi da 2 a 6 dell'art. 1 della medesima legge, dove si prevede che: 
    - «[a]l fine di  dare  attuazione  a  interventi  in  materia  di
riforma del sistema fiscale, nello stato di previsione del  Ministero
dell'economia e delle finanze e' istituito un  Fondo»  del  quale  e'
indicata la dotazione per l'anno 2022 e per i successivi anni  (comma
2); 
    - a tale fondo «sono destinate altresi',  a  decorrere  dall'anno
2022 [...] risorse stimate come maggiori entrate permanenti derivanti
dal miglioramento dell'adempimento spontaneo» (comma 3); 
    - tali maggiori entrate sono indicate, secondo i criteri  fissati
dal  comma  4,  nella  «Relazione  sull'economia  non   osservata   e
sull'evasione fiscale e contributiva», redatta dalla gia'  richiamata
Commissione costituita ai sensi dell'art. 10-bis.1,  comma  3,  della
legge n. 196 del 2009; 
    - di tali maggiori entrate,  la  Nota  di  aggiornamento  al  DEF
indica la quota da destinare al predetto fondo.  Inoltre,  «[p]er  le
regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e  di
Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti speciali e
dalle relative norme di attuazione e le maggiori  entrate  permanenti
rimangono acquisite ai rispettivi bilanci, nelle quote  previste  dai
predetti statuti speciali» (comma 5); 
    - sempre a decorrere dal 2022, sono abrogate le disposizioni  che
avevano previsto l'istituzione del  «Fondo  per  la  riduzione  della
pressione fiscale» (comma 6). 
    Il meccanismo che conduceva a incrementare  i  rimborsi  cashback
alle persone e' stato quindi  interamente  sostituito  da  una  nuova
prospettiva  che  accomuna  tutte  le  maggiori  entrate   permanenti
derivanti  dai  fenomeni  (cashback  incluso)  che   determinano   il
miglioramento dell'adempimento spontaneo:  queste,  infatti,  vengono
destinate a un nuovo fondo rivolto a finanziare interventi in materia
di riforma del sistema fiscale. In tal modo il recupero dell'evasione
non incrementa piu' un rimborso diretto alle persone, bensi' finanzia
la  riduzione  della  pressione  fiscale.  Siccome  tale  circostanza
potrebbe determinare, sul piano orizzontale del  rapporto  tra  enti,
una  diminuzione  proprio   dei   gettiti   delle   imposte   statali
compartecipate, la norma prevede,  in  questo  caso,  una  misura  di
tutela dell'assetto finanziario delle Regioni a  statuto  speciale  e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano, in modo da mantenerne
la corrispondenza con le funzioni attribuite. 
    Soprattutto pero' rileva che in tale nuova prospettiva il  citato
comma 4 dell'art. 1 prevede che «[i]n ciascun  anno,  ai  fini  della
determinazione delle risorse di cui al comma  3,  si  considerano  le
maggiori  entrate  derivanti   dal   miglioramento   dell'adempimento
spontaneo che sono indicate, con riferimento al terzo anno precedente
alla predisposizione della  legge  di  bilancio,  nell'aggiornamento»
della   gia'   menzionata   relazione   redatta   dalla   commissione
ministeriale.  La  stessa  disposizione  prosegue   prevedendo,   tra
l'altro, che «[l]e maggiori entrate di cui al periodo precedente sono
considerate permanenti se per i tre anni successivi a quello  oggetto
di quantificazione, la somma algebrica della stima  della  variazione
delle  entrate  derivanti   in   ciascun   anno   dal   miglioramento
dell'adempimento spontaneo risulta non negativa». 
    In base  al  criterio  ora  descritto  le  maggiori  entrate,  da
destinare a decorrere dal 2022 al fondo per gli interventi in materia
di riforma del sistema fiscale, dovranno essere rilevate considerando
il miglioramento dell'adempimento spontaneo in ciascun anno  compreso
nel triennio precedente alla predisposizione della legge di  bilancio
e, quindi, per quanto qui interessa, nell'intero anno 2020. 
    Da cio' consegue che la valutazione degli effetti  sulle  entrate
pubbliche  derivanti  dall'applicazione  sperimentale  del   cashback
dovra' avvenire non piu' sulla base della norma impugnata, bensi'  in
base al nuovo  criterio  di  quantificazione  di  tutte  le  maggiori
entrate prodotte nel 2020 che siano  riconducibili  al  miglioramento
dell'adempimento  spontaneo:  categoria  questa  che,   come   detto,
abbraccia anche l'ipotesi qui in esame. 
    Le considerazioni fin  qui  svolte  portano,  in  conclusione,  a
ritenere intervenute le ragioni della cessata materia del  contendere
delle questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
290, secondo periodo, in combinato disposto con i commi da 288 a 290,
primo periodo, della legge n. 160 del 2019. 
    5.- Con l'ultimo motivo di impugnazione, la Provincia autonoma di
Trento censura l'art. 1, comma 602, della legge n. 160 del  2019,  in
combinato disposto con il comma 590, primo  periodo,  della  medesima
legge. 
    Ai sensi della prima norma, «[f]atto salvo  quanto  previsto  dal
comma 2 dell'articolo 57 del decreto-legge 26 ottobre 2019,  n.  124,
le disposizioni di cui ai commi da 590 a 600 non  si  applicano  alle
regioni, alle province autonome di Trento e  di  Bolzano,  agli  enti
locali  e  ai  loro  organismi  ed  enti  strumentali  come  definiti
dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 23 giugno 2011,  n.
118, nonche' ai loro enti strumentali in forma societaria». 
    La seconda di tali  disposizioni,  ovvero  il  comma  590,  primo
periodo, prevede  che:  «[a]i  fini  di  una  maggiore  flessibilita'
gestionale,  di  una  piu'  efficace  realizzazione  dei   rispettivi
obiettivi istituzionali e di un miglioramento dei  saldi  di  finanza
pubblica, a decorrere dall'anno 2020, agli  enti  e  agli  organismi,
anche costituiti in forma societaria, di cui all'articolo 1, comma 2,
della legge 31 dicembre 2009,  n.  196,  ivi  comprese  le  autorita'
indipendenti,  con  esclusione  degli  enti  del  Servizio  sanitario
nazionale, cessano di applicarsi le norme in materia di  contenimento
e di riduzione  della  spesa  di  cui  all'allegato  A  annesso  alla
presente legge». 
    Infine, la normativa fatta salva dal comma 602  -  ovvero  l'art.
57, comma 2, del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124  (Disposizioni
urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili), convertito,
con modificazioni, nella legge 19 dicembre 2019,  n.  157  -  dispone
che: «[a] decorrere  dall'anno  2020,  alle  regioni,  alle  Province
autonome di Trento e di Bolzano, agli enti locali e ai loro organismi
ed enti strumentali, come definiti  dall'articolo  1,  comma  2,  del
decreto legislativo 23 giugno 2011, n.  118,  nonche'  ai  loro  enti
strumentali  in  forma  societaria  cessano  di  applicarsi»   alcune
puntuali disposizioni in materia di contenimento e di riduzione della
spesa e di obblighi formativi. 
    La  ricorrente,   in   proposito,   prospetta   il   rischio   di
un'interpretazione delle norme impugnate secondo la quale  il  citato
art. 57, comma 2, del d.l. n. 124 del 2019, come convertito,  avrebbe
abolito specifici vincoli alla spesa nell'ambito  del  riconoscimento
della maggiore autonomia finanziaria degli enti autonomi,  mentre  le
due norme della legge di bilancio - ossia il «comma 602, per  effetto
del combinato disposto con il  comma  590»  -  ne  prevederebbero  la
perdurante operativita', escludendo gli stessi  enti  dall'ambito  di
applicazione del comma 590. 
    Qualora tale interpretazione fosse ritenuta attendibile, a  detta
della ricorrente sarebbe  violato  il  «principio  di  ragionevolezza
nell'ambito  della  disciplina   del   riparto   delle   attribuzioni
rispettive dello Stato e delle Province Autonome ed, in  particolare,
nella materia dell'ordinamento degli Uffici e del personale,  nonche'
dell'organizzazione (art. 8 St.; art.  16  St.;  117,  quarto  comma,
Cost., in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale
n. 3 del 2001)». 
    In subordine, l'applicazione diretta delle  disposizioni  statali
impugnate,  in  quanto  norme   di   dettaglio   nella   materia   di
coordinamento della finanza pubblica, si porrebbe  in  contrasto  con
l'autonomia finanziaria  garantita,  in  particolare,  dall'art.  79,
comma 4, dello statuto di autonomia e con  gli  artt.  117,  terzo  e
quarto comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l'art. 10  della
legge cost. n. 3 del 2001. 
    5.1.-     Preliminarmente,     va      disattesa      l'eccezione
d'inammissibilita'    del    motivo    di    impugnazione    spiegata
dall'Avvocatura «per l'assoluta indeterminatezza  del  suo  oggetto»,
che sarebbe stato formulato in modo perplesso e dubitativo. 
    Le questioni,  dichiaratamente  promosse  in  via  cautelativa  e
ipotetica, sono ammissibili perche' l'interpretazione prospettata non
giunge al punto di perdere  ogni  collegamento  con  le  disposizioni
impugnate (ex multis, sentenze n. 177 e n. 144 del 2020). 
    5.2.- Nel merito,  tuttavia,  le  questioni  sono  manifestamente
infondate, per la palese erroneita' del presupposto interpretativo da
cui muovono. 
    Come gia' emerge dalla relazione governativa al disegno di  legge
di bilancio 2020, le disposizioni recate dall'art. 1, commi da 590  a
602, della legge n. 160  del  2019  «si  inseriscono  nel  quadro  di
revisione e di semplificazione della normativa emanata in materia  di
misure di contenimento della  spesa  pubblica»;  da  tale  intervento
«[r]estano escluse [...] le amministrazioni territoriali». 
    Per un  verso,  infatti,  il  comma  590  dispone  la  cessazione
dell'applicazione di un cospicuo numero  di  disposizioni,  contenute
nell'Allegato A, in materia di  contenimento  e  di  riduzione  della
spesa; per altro verso, le previsioni di cui ai commi da  591  a  600
dettano una nuova  disciplina,  sostitutiva  di  quella  posta  dalle
numerose misure non piu' applicabili in forza del disposto di cui  al
comma 590, caratterizzata dalla: a) previsione di un tetto unico  per
la macrocategoria di «spese per l'acquisto di beni  e  servizi»,  che
assorbe gli specifici tetti  finora  previsti  per  singole  voci  di
spesa; b) riconduzione a un unico versamento al bilancio dello  Stato
della pluralita' dei versamenti prima dovuti; c) semplificazione  dei
meccanismi di verifica e di asseverazione dell'attuazione della nuova
disciplina da parte degli organi amministrativi e di controllo  degli
enti. 
    Appare dunque corretta  l'affermazione  dell'Avvocatura  generale
secondo cui l'intervento del legislatore statale si presenta come  un
corpo normativo unitario e omogeneo diretto alle sole amministrazioni
non territoriali. 
    Il comma 602, infatti, prevede espressamente che «le disposizioni
di cui ai commi da 590 a 600 non  si  applicano  alle  regioni,  alle
province autonome di Trento e di Bolzano, agli enti locali e ai  loro
organismi ed enti strumentali come definiti dall'articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, nonche' ai loro  enti
strumentali in forma societaria». 
    A tale precisazione si accompagna l'altrettanto espressa salvezza
di quanto, per gli stessi enti territoriali e relativi  organismi  ed
enti strumentali, disposto dall'art. 57, comma 2, del d.l. n. 124 del
2019 - la  cui  conversione  in  legge  e'  avvenuta  contestualmente
all'esame e all'approvazione del disegno di legge di  bilancio  -  in
termini di cessazione dell'applicazione di una  serie  di  misure  di
contenimento e di riduzione della spesa. 
    Non  vi  e'  dunque  alcun  motivo  logico   per   ritenere   che
l'espressione «[f]atto salvo» con cui si apre il comma 602  impugnato
possa essere interpretata, in collegamento con il primo  periodo  del
comma 590, nel  senso  di  determinare  il  "ripristino"  di  vincoli
cessati in forza della previsione di cui all'art. 57,  comma  2,  del
d.l. n. 124 del 2019, come convertito. 
    L'impossibilita' di ricavare dal combinato disposto dei commi 602
e 590, primo periodo, della legge n. 160 del 2019 un precetto  lesivo
per gli enti territoriali porta a ritenere  manifestamente  infondate
anche  le  questioni  prospettate  in  via  subordinata,  atteso  che
identico ne e' il presupposto interpretativo.