ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   del   combinato
disposto degli artt. 8 del decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio  2002,  n.  115,  recante  «Testo  unico  delle   disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di  giustizia  (Testo
A)», 8, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in
materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in
materia  di  responsabilita'   professionale   degli   esercenti   le
professioni sanitarie), 91, 669-septies e 669-quaterdecies del codice
di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Firenze  nel
procedimento vertente tra A. F.  e  altri  e  l'Azienda  USL  Toscana
Centro, con ordinanza del 21 maggio 2020,  iscritta  al  n.  151  del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  10  marzo  2021  il  Giudice
relatore Giovanni Amoroso; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 21 maggio 2020 (reg. ord. n. 151 del 2020),
il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha  sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale del combinato disposto  dell'art.  8  del
decreto del Presidente della  Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di spese di giustizia (Testo A)», dell'art. 91 del  codice
di procedura civile, dell'art. 8, commi 1 e 2, della  legge  8  marzo
2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e  della
persona   assistita,   nonche'   in   materia   di    responsabilita'
professionale degli esercenti le  professioni  sanitarie),  dell'art.
669-quaterdecies  e  dell'art.  669-septies  cod.  proc.  civ.,   per
contrasto con gli artt. 2, 3,  24  e  32  della  Costituzione,  nella
misura in cui escludono, in conformita' al diritto  vivente,  che  il
giudice possa addebitare, in tutto o in parte, a carico di una  parte
diversa da quella ricorrente, il costo, comprensivo  di  compensi  ed
esborsi,  dell'attivita'   del   collegio   peritale   nominato   nel
procedimento di cui all'art. 696-bis cod. proc. civ., che il predetto
art.  8  della  legge  n.  24  del  2017  ha   reso   condizione   di
procedibilita' della domanda  giudiziale  di  merito  in  materia  di
responsabilita' sanitaria. 
    Il giudice a quo riferisce che era stato proposto dinanzi  a  se'
un ricorso per l'accertamento di gravi danni alla  persona  derivanti
da un errore medico, mediante  il  quale  era  stata  "preannunciata"
l'intenzione di proporre la successiva azione di merito per  ottenere
il risarcimento degli stessi.  A  fronte  della  contestazione  della
dedotta responsabilita' da parte dell'Azienda  sanitaria  resistente,
era stata disposta consulenza tecnica medico-legale e  l'acconto  del
compenso del collegio peritale era stato posto a carico  delle  parti
in solido. I consulenti tecnici d'ufficio avevano accertato  l'errore
dei sanitari intervenuti e la sussistenza di un nesso  di  causalita'
tra lo stesso ed i danni arrecati al paziente (nella  misura  del  50
per cento della perdita permanente  dell'integrita'  psico-fisica)  e
richiesto, a seguito del  deposito  dell'elaborato,  la  liquidazione
definitiva del compenso. 
    Cio'  premesso,  il  giudice  rimettente  sottolinea  che   sulla
questione dell'addebito dei costi della consulenza tecnica collegiale
- controversa tra le parti del procedimento - il diritto vivente, con
riguardo  alla  consulenza   tecnica   preventiva   ai   fini   della
composizione della lite di cui all'art. 696-bis cod. proc.  civ.,  ha
affermato  i  medesimi  principi  operanti  per  i  procedimenti   di
istruzione preventiva e cio' ha ritenuto anche con  riferimento  alla
consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 8 della legge n. 24 del
2017 (Corte di cassazione, sezione sesta civile, sottosezione  terza,
ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26573), nel senso che,  al  termine  di
tali procedimenti, le spese devono essere poste a carico della  parte
richiedente, in virtu' del principio  di  anticipazione  delle  spese
processuali, salva la possibilita' di una differente statuizione  sul
punto nel capo della decisione  conclusiva  del  giudizio  di  merito
nell'ipotesi di soccombenza della parte resistente. 
    Il  giudice  rimettente  dubita,  in  riferimento  agli  indicati
parametri, della legittimita' costituzionale di tale assetto  in  una
ipotesi, come quella della responsabilita' sanitaria, nella quale  il
procedimento di cui all'art. 8  della  legge  n.  24  del  2017,  che
richiama l'art. 696-bis cod. proc. civ.,  costituisce  condizione  di
procedibilita' della domanda di merito. Invero, il dovere del giudice
di  porre  in  ogni   caso,   ossia   a   prescindere   dagli   esiti
dell'accertamento peritale, i costi dello stesso - talvolta  ingenti,
trattandosi di consulenze di carattere collegiale -  a  carico  della
parte ricorrente potrebbe rappresentare, anche per le parti  che  non
hanno i requisiti residuali per accedere al beneficio del  patrocinio
a spese dello Stato,  un  ostacolo  all'esercizio  del  diritto  alla
tutela giurisdizionale,  producendo  una  disparita'  di  trattamento
determinata dalle capacita' economiche  della  parte,  in  violazione
dell'art. 3 Cost. e, di conseguenza, un  accesso  differenziato  alla
tutela giurisdizionale, garantito dall'art. 24 Cost., con inevitabile
rischio di pregiudizio per la tutela del diritto alla salute ex  art.
32 Cost. 
    Evidenzia  inoltre  il  giudice  rimettente  che   i   dubbi   di
legittimita' costituzionale non potrebbero essere superati in  virtu'
della possibilita' della parte ricorrente di optare, quale condizione
di  procedibilita'  della  domanda  giudiziale  nella  materia  della
responsabilita' sanitaria, anche per la  mediazione  obbligatoria  di
cui all'art. 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n.
28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69, in
materia  di   mediazione   finalizzata   alla   conciliazione   delle
controversie civili e commerciali), e cio' in quanto i costi di  tale
procedimento sono inferiori solo nell'ipotesi, del  tutto  eventuale,
nella quale la parte  resistente  non  partecipi  alla  procedura  in
questione, pur  restando  ferma  l'innegabile  differenza  costituita
dalla  regola  della  solidarieta'  delle   spese   complessive   del
procedimento di mediazione tra le parti, in conformita' dell'art. 16,
comma 11, del decreto del Ministro della giustizia 18  ottobre  2010,
n. 180 (Regolamento recante la determinazione  dei  criteri  e  delle
modalita' di iscrizione e tenuta  del  registro  degli  organismi  di
mediazione e dell'elenco dei formatori  per  la  mediazione,  nonche'
l'approvazione delle indennita' spettanti agli  organismi,  ai  sensi
dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28). 
    Il giudice a quo  precisa,  poi,  che  i  dubbi  di  legittimita'
costituzionale  rispetto  agli  indicati   parametri   si   appuntano
esclusivamente  sulla  necessita'  di  porre  a  carico  della  parte
ricorrente i costi, talvolta considerevoli, della  consulenza  medica
collegiale espletata nel procedimento ex artt. 8 della  legge  n.  24
del 2017 e 696-bis cod. proc. civ., e cio' anche quando,  come  nella
fattispecie   posta   all'attenzione   dello   stesso,   gli    esiti
dell'elaborato peritale abbiano accertato  la  responsabilita'  della
parte resistente. 
    Con atto depositato in data 17 novembre 2020, e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  eccependo  in   via
pregiudiziale  l'inammissibilita'  delle  questioni  per  essere   le
censure, rispetto ai parametri evocati, ed in particolare all'art.  2
Cost., svolte in  modo  generico.  Le  questioni  sarebbero  comunque
inammissibili per carente  descrizione  della  fattispecie  concreta,
ridondante sulla rilevanza, poiche' nell'ordinanza di rimessione  non
e' indicato  il  reddito  dei  ricorrenti  per  poter  consentire  di
valutarne le difficolta'  economiche  nel  sostenere  i  costi  della
consulenza. 
    L'Avvocatura eccepisce  inoltre  l'irrilevanza  delle  questioni,
atteso che il procedimento e' stato ormai definito  con  il  deposito
della relazione, con conseguente possibilita' per la parte ricorrente
di proporre la domanda giudiziale. 
    Altro motivo di inammissibilita' sarebbe costituito,  secondo  la
difesa dello Stato, dalla circostanza che  la  parte  ricorrente  non
deve necessariamente proporre il ricorso ex art. 696-bis  cod.  proc.
civ. per assolvere alla condizione di procedibilita' della domanda in
materia di responsabilita' sanitaria, in quanto puo'  promuovere,  in
alternativa,  la  mediazione  obbligatoria,  nella  quale   i   costi
dell'accertamento peritale sono espressamente posti  dalla  normativa
di attuazione a carico delle parti in solido. 
    Nel merito, il Presidente del Consiglio dei ministri  deduce,  in
ogni caso, la non fondatezza delle questioni, in quanto il  Tribunale
a quo muove da  un  erroneo  presupposto  interpretativo  perche'  la
stessa giurisprudenza di legittimita'  richiamata  nell'ordinanza  di
rimessione potrebbe essere intesa, laddove afferma che i costi  della
consulenza  tecnica  nel   procedimento   di   accertamento   tecnico
preventivo  devono  essere  posti  a  carico  del  ricorrente,  quale
riferita al soggetto interessato all'espletamento dello  stesso,  che
potrebbe essere individuato anche nella parte  resistente  ove  abbia
aderito alla necessita' di svolgere accertamenti tecnici. 
    Sempre sul piano della non fondatezza delle censure, l'Avvocatura
rimarca che, in realta', dalla giurisprudenza di legittimita' si trae
una distinta considerazione  delle  spese  della  consulenza  tecnica
d'ufficio e di quelle di  lite,  per  le  quali  ultime  soltanto  e'
consolidato il principio che  non  ne  consente  la  liquidazione  al
termine del procedimento di accertamento tecnico preventivo. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 21 maggio 2020 (reg. ord. n. 151 del 2020),
il  Tribunale  ordinario  di  Firenze  ha  sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 8  del
decreto del Presidente della  Repubblica  30  maggio  2002,  n.  115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative  e  regolamentari
in materia di spese di giustizia (Testo A)», e 8, commi 1 e 2,  della
legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza delle
cure e della persona assistita, nonche' in materia di responsabilita'
professionale degli  esercenti  le  professioni  sanitarie),  nonche'
degli  artt.  91,  669-quaterdecies  e  669-septies  del  codice   di
procedura civile, per violazione degli artt. 2,  3,  24  e  32  della
Costituzione, nella misura in cui  escludono  che  il  giudice  possa
addebitare, totalmente o parzialmente, a una parte diversa da  quella
ricorrente,  il  costo,   comprensivo   di   compensi   ed   esborsi,
dell'attivita'  del  collegio  nominato  per  lo  svolgimento   della
consulenza tecnica d'ufficio  nel  procedimento  di  cui  agli  artt.
696-bis cod. proc. civ. e 8 della legge n. 24 del 2017, che  ha  reso
tale  procedimento  condizione  di   procedibilita'   della   domanda
giudiziale di merito. 
    Il  rimettente  precisa  che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale che egli «sottopone  alla  Corte  non  ha  ad  oggetto
l'intero regime delle spese processuali conseguenti  all'espletamento
del procedimento di cui all'art. 8 della legge n. 24/2017  e  696-bis
del codice di procedura civile, ma solo gli esborsi connessi al costo
della CTU, identificabili nel compenso del collegio peritale e  nelle
spese vive sostenute da esso sostenute». Sostiene il  giudice  a  quo
che «l'esito dell'eventuale pronuncia di  incostituzionalita'  potra'
ben esser circoscritto alle spese di CTU» e, a tale fine, ricorda  il
disposto dell'art. 23, comma 2, del decreto  legislativo  17  gennaio
2003, n. 5  (Definizione  dei  procedimenti  in  materia  di  diritto
societario e  di  intermediazione  finanziaria,  nonche'  in  materia
bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della  legge  3
ottobre 2001, n. 366), in materia di rito cautelare commerciale,  poi
interamente  abrogato,  secondo  cui   «[i]l   magistrato   designato
provvede, in ogni caso, sulle spese del procedimento  a  norma  degli
articoli 91 e seguenti del codice di procedura civile». 
    Il  rimettente  ricorda,  altresi',  che  la  giurisprudenza   di
legittimita' (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza  28
aprile 1989, n. 2021) ha affermato che «la pronunzia di condanna alle
spese puo' essere pronunziata anche con interlocutio  nel  corso  del
giudizio,  anziche'  con  sententia  e,  quindi,  prescindendo  dalla
soccombenza  della  parte  in  punto  di  merito».  E  ha   precisato
ulteriormente: «Non v'e' dubbio, quindi, che  la  liquidazione  delle
spese  operata  addirittura  nel  corso  del  giudizio,  e,   quindi,
prescindendo dalla pronunzia sulla soccombenza nel merito, ed operata
con  interlocutio  anziche'  con  sententia,  sia,  pur   nella   sua
peculiarita',   nostra   tradizione   giuridica,   finalizzata   allo
sveltimento dei  processi  in  funzione  dell'economia  dei  giudizi,
secondo la direttiva stessa impressa al codice  di  procedura  civile
per evitare lo spreco di giurisdizione». 
    Risulta  pertanto  -   al   la'   di   una   qualche   ambiguita'
dell'ordinanza di rimessione - che il giudice rimettente, il quale ha
gia' provveduto a porre l'anticipazione delle spese della  consulenza
a carico di entrambe le parti in solido, vorrebbe potere  pronunciare
la condanna al pagamento delle spese della consulenza  tecnica,  come
spese processuali, gia'  all'esito  del  procedimento  di  consulenza
tecnica  preventiva,   tenendo   conto   dell'esito   favorevole   al
ricorrente, senza che la loro  regolamentazione  sia  necessariamente
differita all'esito del successivo giudizio di merito  sulla  pretesa
risarcitoria. Ha, pero', ben presente che  quando,  in  un  caso,  il
giudice, all'esito del procedimento di consulenza tecnica  preventiva
ex art. 8 della legge n. 24 del 2017,  aveva  in  effetti  provveduto
sulle spese processuali, la pronuncia  e'  stata  ritenuta  "abnorme"
dalla giurisprudenza di legittimita' (Corte  di  cassazione,  sezione
sesta civile, ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26573), che  ha  chiarito
che in ogni caso il regolamento delle spese processuali e'  differito
all'esito del giudizio di merito avente  ad  oggetto  la  domanda  di
risarcimento del danno derivante da responsabilita'  sanitaria  sulla
base del criterio della soccombenza. 
    Tale necessario differimento, ritenuto  dalla  giurisprudenza  di
legittimita', che sul  punto  il  giudice  rimettente  assume  essere
diritto vivente, potrebbe costituire, per  chi  non  ha  i  requisiti
reddituali per accedere al beneficio del  patrocinio  a  spese  dello
Stato e non di meno  versa  in  condizioni  economiche  precarie,  un
ostacolo eccessivo - secondo la prospettazione del giudice  a  quo  -
all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.)
e ridonderebbe in disparita' di trattamento,  cosi'  determinando  un
accesso differenziato alla tutela giurisdizionale  in  ragione  delle
capacita' economiche della parte ricorrente (art. 3 Cost.). 
    2.- In via preliminare, l'oggetto  delle  questioni  deve  essere
circoscritto all'art. 8, commi 1 e 2, della legge  n.  24  del  2017,
ossia alla disciplina della consulenza tecnica preventiva  introdotta
dalla stessa legge n. 24 del 2017 come condizione  di  procedibilita'
della domanda di risarcimento del danno derivante da  responsabilita'
sanitaria. 
    Dalla  motivazione  dell'ordinanza  di   rimessione   si   evince
chiaramente,  infatti,  che  le  altre  disposizioni,  pur  parimenti
indicate come censurate, sono in realta' richiamate al solo  fine  di
illustrare il piu' ampio contesto normativo nel quale si  colloca  la
fattispecie oggetto dei dubbi di legittimita' costituzionale. 
    In particolare si ha che  il  giudice  rimettente,  come  risulta
dall'ordinanza di rimessione, ha gia' fatto applicazione dell'art.  8
del d.P.R. n. 115 del 2002 - che  stabilisce  che  «[c]iascuna  parte
provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che
chiede e le anticipa  per  gli  atti  necessari  al  processo  quando
l'anticipazione e' posta a suo carico dalla legge o dal magistrato» -
e, nella specie, ha posto tale anticipazione a carico di entrambe  le
parti, ricorrente e resistente, in solido tra loro. 
    L'intervenuta applicazione da  parte  del  giudice  a  quo  della
disposizione censurata costituisce ragione di inammissibilita'  della
questione (ordinanze n. 269 del 2020, n. 289 del 2011 e  n.  300  del
2009). 
    Le  altre  disposizioni,  parimenti  indicate   come   censurate,
riguardano la disciplina delle spese  processuali,  sia  in  generale
(art. 91 cod. proc. civ.), sia nel  procedimento  cautelare  uniforme
(artt. 669-quaterdecies e 669-septies cod.  proc.  civ.),  mentre  le
censure del giudice rimettente si focalizzano sulla sorte delle spese
processuali  all'esito  dello  speciale  procedimento  di  consulenza
tecnica preventiva previsto dall'art. 8 della legge n. 24  del  2017,
che contiene si' una norma derogatoria quanto alle spese  processuali
(nel caso in cui la parte resistente non partecipi al  procedimento),
ma non contempla alcuna norma che consenta al giudice, all'esito  del
procedimento preliminare, di  regolare  le  spese  processuali  dello
stesso, neppure limitatamente alle spese della consulenza tecnica. 
    Quindi gli artt. 91, 669-quaterdecies e  669-septies  cod.  proc.
civ. rilevano solo come contesto normativo di riferimento e non  sono
attinti dalle censure di illegittimita' costituzionale che riguardano
solo l'art. 8, commi 1 e 2, della legge n. 24 del 2017. 
    Sono  pertanto  inammissibili  le   questioni   di   legittimita'
costituzionale aventi ad oggetto sia l'art. 8 del d.P.R. n.  115  del
2002, sia gli artt. 91, 669-quaterdecies  e  669-septies  cod.  proc.
civ. 
    3.- In linea ancora preliminare, occorre esaminare  le  eccezioni
di inammissibilita' sollevate dall'interveniente. 
    3.1.- L'Avvocatura generale dello Stato assume, in  primo  luogo,
l'inammissibilita' delle questioni per essere le  censure  svolte  in
modo generico. 
    L'eccezione deve essere accolta con riguardo ai parametri di  cui
agli artt. 2 e 32 Cost., in riferimento  ai  quali  le  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate sono inammissibili,  stante  la
carenza di un'adeguata e autonoma illustrazione delle ragioni per  le
quali la norma censurata integrerebbe una  violazione  dei  parametri
costituzionali evocati (ex plurimis, sentenze n. 30 del 2021,  n.  54
del 2020, n. 33 del 2019 e n. 240 del 2017). 
    Nella specie, il giudice rimettente si e' limitato ad indicare la
violazione degli artt. 2 e 32  Cost.,  ma  ha  omesso  del  tutto  di
argomentarne le ragioni, sviluppate esclusivamente con riguardo  agli
artt.  3  e  24  Cost.,  quanto  all'onere,  ritenuto   eccessivo   e
discriminatorio,  dei  costi  della  consulenza  tecnica   collegiale
nell'accertamento tecnico preventivo  in  esame,  se  necessariamente
gravanti sulla parte ricorrente. 
    3.2.-     L'Avvocatura     generale      eccepisce,      inoltre,
l'inammissibilita' delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale
sollevate dal Tribunale per  carente  descrizione  della  fattispecie
concreta, ridondante sulla rilevanza,  poiche'  non  e'  indicato  il
reddito dei ricorrenti  per  consentire  di  valutarne  le  effettive
difficolta' economiche nel sostenere i costi della consulenza  medica
collegiale. 
    L'eccezione  e'  priva  di  fondamento  atteso  che  le   censure
formulate nell'ordinanza di rimessione sottendono  una  questione  di
carattere piu' generale, afferente la legittimita' costituzionale  di
un sistema, nel quale tutti gli oneri,  ed  in  specie  anche  quelli
della consulenza tecnica d'ufficio, si  assume  che  siano  a  carico
della parte ricorrente, la quale, nella materia della responsabilita'
sanitaria, e' tenuta a proporre il ricorso ex art. 696-bis cod. proc.
civ. che costituisce, ai sensi dell'art. 8, comma 2, della  legge  n.
24 del 2017, condizione di procedibilita' della domanda giudiziale di
merito. 
    3.3.- L'Avvocatura deduce,  altresi',  il  difetto  di  rilevanza
delle questioni, poiche' e' stato ormai definito, nel giudizio a quo,
il  procedimento  con  il  deposito  della  relazione,   sicche'   la
necessita'  di  liquidare  il  compenso  al  collegio  peritale   non
influirebbe sulla possibilita' dei ricorrenti di proporre la  domanda
giudiziale. 
    Anche tale eccezione non e' fondata. 
    Certamente non  rileva  la  disciplina  dell'anticipazione  delle
spese della consulenza tecnica (art. 8 del d.P.R. n. 115  del  2002),
atteso che - come prima osservato - il giudice ha gia' provveduto  in
proposito e quindi ha ormai applicato tale norma. 
    D'altra parte la liquidazione del compenso del  consulente  (art.
168 del d.P.R. n.  115  del  2002)  non  e'  ancora  avvenuta  ed  e'
all'esito del procedimento di consulenza tecnica  preventiva  che  il
giudice rimettente vorrebbe, contestualmente, regolare le spese della
consulenza, addebitandole ad una parte piuttosto che ad un'altra,  ma
non rinviene nell'art. 8 della legge n. 24 del 2017 una  disposizione
che l'autorizzi  a  emettere  una  pronuncia  di  condanna:  in  cio'
starebbe il deficit di tutela della parte ricorrente con  riferimento
agli evocati parametri. 
    Sussiste pertanto la pregiudizialita' delle  sollevate  questioni
di legittimita' costituzionale (ex multis, sentenze n. 224 del 2020 e
n. 105 del 2018), le quali sono sotto questo profilo ammissibili. 
    3.4.-  Ulteriore  motivo  di  inammissibilita'  delle   questioni
sarebbe costituito, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri,
dalla circostanza che la parte ricorrente  non  deve  necessariamente
utilizzare il procedimento di cui all'art. 696-bis  cod.  proc.  civ.
quale condizione  di  procedibilita'  della  domanda  in  materia  di
responsabilita' sanitaria, in quanto ha la possibilita' di optare, in
alternativa, per la mediazione, nella quale i costi dell'accertamento
peritale sono espressamente posti dalla  normativa  di  attuazione  a
carico delle parti in solido. 
    Tale eccezione  deve  essere  disattesa,  poiche'  attiene  a  un
profilo che rientra nella valutazione  sulla  fondatezza  nel  merito
delle questioni sollevate (sentenze n. 237  del  2020  e  n.  35  del
2017). 
    4.- Passando al merito, giova premettere  -  quanto  al  contesto
normativo di riferimento - che la  disposizione  censurata  (art.  8,
commi 1 e 2, della legge n. 24 del 2017) ha prescritto che  colui  il
quale  intenda  esercitare  un'azione,  innanzi  al  giudice  civile,
relativa a una controversia di risarcimento del  danno  derivante  da
responsabilita'  sanitaria  e'  tenuto  preliminarmente  a   proporre
ricorso ai sensi dell'art. 696-bis cod. proc. civ. dinanzi al giudice
competente  (comma  1),  quale  condizione  di  procedibilita'  della
domanda di risarcimento (comma 2), della cui legittimita' il  giudice
rimettente non dubita. 
    Il richiamato art. 696-bis cod. proc. civ., a sua volta,  prevede
l'istituto della consulenza tecnica conciliativa che offre alle parti
la   possibilita'   di   ottenere,   in   via   preventiva   rispetto
all'instaurazione del processo, una  valutazione  tecnica  in  ordine
all'esistenza del fatto e all'entita' del danno,  nell'auspicio  che,
proprio sulla scorta di tale valutazione, le parti possano trovare un
accordo che renda superflua l'instaurazione del  successivo  giudizio
di merito. 
    Il  previo  svolgimento  dinanzi  all'autorita'  giudiziaria  del
procedimento di cui all'art. 696-bis cod. proc. civ.  e'  finalizzato
non solo alla definizione in via conciliativa della controversia,  ma
anche ad anticipare  un  segmento  istruttorio  fondamentale  per  la
risoluzione di alcune cause caratterizzate - come quelle in  tema  di
responsabilita' sanitaria - da questioni soprattutto tecniche. 
    Questa peculiare forma di giurisdizione condizionata  -  prevista
dalla  disposizione  censurata  -  persegue  una   chiara   finalita'
deflattiva nella misura in  cui  il  necessario  previo  espletamento
della consulenza medico-legale  mira  a  favorire  l'accordo  tra  le
parti, risolvendo le questioni tecniche sulle quali si fondano spesso
le pretese di risarcimento del  danno  derivante  da  responsabilita'
sanitaria. 
    In questa prospettiva e' previsto anche che l'espletamento  della
consulenza nella materia della responsabilita' sanitaria deve  essere
affidato «a un medico specializzato in medicina legale e a uno o piu'
specialisti  nella  disciplina  che  abbiano  specifica   e   pratica
conoscenza  di  quanto  oggetto  del   procedimento».   Pertanto   la
consulenza  deve   essere,   di   norma,   collegiale,   affidata   a
professionisti con specifici requisiti,  si'  da  essere  funzionale,
anche per la sua  maggiore  attendibilita',  a  favorire  l'auspicato
esito conciliativo della lite. 
    La condizione di procedibilita'  contemplata  dall'art.  8  della
legge n. 24 del 2017 e' soddisfatta se il tentativo di  conciliazione
esperito dal consulente tecnico all'esito degli accertamenti peritali
e' fallito o, in ogni caso, se sono trascorsi  inutilmente  sei  mesi
dal deposito del ricorso. 
    Nel contemplare tale condizione di  procedibilita',  inoltre,  il
legislatore, allo scopo di favorire  la  conciliazione  mediante  una
effettiva partecipazione di tutte le parti al relativo  procedimento,
ha anche stabilito che, in caso di mancata partecipazione  alla  fase
conciliativa, il giudice,  con  il  provvedimento  che  definisce  il
giudizio di merito, condanna le parti che non  hanno  partecipato  al
pagamento delle spese di  consulenza  e  di  lite,  indipendentemente
dall'esito di tale  giudizio,  oltre  che  ad  una  pena  pecuniaria,
determinata equitativamente, in favore della parte  che  e'  comparsa
alla conciliazione (art. 8, comma 4, ultimo periodo,  della  predetta
legge n. 24 del 2017). 
    Il comma 3 del predetto art. 8 stabilisce, poi, che  gli  effetti
della domanda sono fatti salvi qualora, nel termine di novanta giorni
successivi al deposito della relazione o al decorso di sei  mesi  dal
deposito  del  ricorso  per  consulenza  tecnica  preventiva,   venga
introdotto il giudizio di merito. 
    Se, invece,  tale  giudizio  e'  iniziato  senza  che  sia  stata
espletata la consulenza, ai sensi dell'art. 8, comma  2,  il  giudice
deve assegnare alle parti  un  termine  di  quindici  giorni  per  la
presentazione dinanzi a se' dell'istanza di consulenza tecnica in via
preventiva ovvero di completamento del procedimento. Pertanto, quella
contemplata dall'art. 8, commi 1 e 2, della legge  n.  24  del  2017,
costituisce   una   condizione   di   procedibilita',   e   non    di
proponibilita', della domanda  giudiziale,  che  deve  sussistere  al
momento della proposizione della domanda. 
    Comunque  e'  fatta  salva  la  possibilita'  di   esperire,   in
alternativa al ricorso ai sensi dell'art. 696-bis cod. proc. civ., il
procedimento di mediazione  di  cui  all'art.  5,  comma  1-bis,  del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo  60
della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di  mediazione
finalizzata  alla   conciliazione   delle   controversie   civili   e
commerciali). Sicche' la parte che  voglia  esercitare  un'azione  di
responsabilita' sanitaria puo' scegliere  la  via  che  ritiene  piu'
idonea per soddisfare la condizione di procedibilita'. 
    5.- Cio' premesso, le questioni di  legittimita'  costituzionale,
sollevate dal Tribunale di Firenze in riferimento agli artt. 3  e  24
Cost., non sono fondate. 
    6.- Come gia' sopra rilevato, le censure  mosse  dal  rimettente,
riguardanti  in  particolare  l'onere  del  costo  della   consulenza
peritale, si appuntano sul regime delle  spese  processuali  relative
all'accertamento tecnico preventivo in esame, quale deve considerarsi
anche la consulenza tecnica preventiva di cui all'art. 8 della  legge
n. 24 del 2017, e non invece sulla  regola  dell'anticipazione  delle
spese della consulenza tecnica (ex art.  8  del  d.P.R.  n.  115  del
2002),  avendo  il  giudice  gia'  provveduto  in  proposito  facendo
applicazione  di  tale  disposizione,  ne'  sulla  liquidazione,  con
decreto, delle spettanze ai consulenti d'ufficio ai  sensi  dell'art.
168 del d.P.R. n. 115 del 2002, previsione  che  infatti  il  giudice
rimettente neppure richiama. 
    Sotto questo profilo - quello della regolamentazione delle  spese
processuali - viene in rilievo  l'art.  669-quaterdecies  cod.  proc.
civ. che stabilisce, tra l'altro, che ai procedimenti  di  istruzione
preventiva, e quindi anche alla consulenza tecnica preventiva di  cui
all'art. 696-bis cod. proc. civ. e a quella di cui all'art.  8  della
legge n. 24 del 2017, si applica  altresi'  l'art.  669-septies  cod.
proc. civ., secondo cui il  giudice  provvede  definitivamente  sulle
spese processuali in caso di ordinanza di incompetenza o di  rigetto,
che comprende anche l'ipotesi  dell'inammissibilita'  della  domanda;
ossia casi in cui l'accertamento tecnico preventivo non ha luogo. 
    Da cio' discende che in tutti  gli  altri  casi  -  ossia  quando
invece ha avuto normalmente corso l'accertamento  tecnico  preventivo
previsto dalla disposizione censurata ed e' giunto a conclusione  con
il deposito dell'elaborato peritale - il giudice non puo'  provvedere
sulle spese - come correttamente assume il rimettente -  e,  se  cio'
fa, la pronuncia di condanna di una parte, a favore  dell'altra,  del
pagamento delle spese della consulenza - e in  generale  delle  spese
del procedimento - e' considerata dalla giurisprudenza come "abnorme"
e quindi contra ius  (Corte  di  cassazione,  sezione  sesta  civile,
sottosezione terza, ordinanza 22 ottobre 2018, n. 26573). 
    Il regolamento delle spese,  anche  di  quelle  della  consulenza
tecnica preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ., e' sempre rimesso
ad una fase  successiva,  ancorche'  non  necessaria,  ma  eventuale:
quella del  giudizio  di  merito  promosso  con  l'atto  introduttivo
divenuto procedibile. 
    Il rimettente vorrebbe invece una diversa disciplina che  attenui
il  nesso  di  strumentalita'  dell'accertamento  tecnico  preventivo
rispetto al giudizio di merito,  si'  da  consentire  al  giudice  di
regolare le spese processuali, e segnatamente quelle della consulenza
tecnica, gia' all'esito del procedimento stesso. 
    7.-  Una  siffatta  disciplina  -  in  disparte  i  provvedimenti
cautelari a strumentalita' attenuata per i quali  e'  contemplato  il
potere del giudice di liquidare in ogni  caso  le  spese  processuali
all'esito del procedimento -  e'  in  effetti  prevista  in  un'altra
analoga fattispecie di accertamento tecnico preventivo, che parimenti
condiziona la procedibilita' dell'azione giudiziaria. 
    L'art. 445-bis cod. proc. civ. stabilisce che, nelle controversie
in materia di invalidita' civile, cecita'  civile,  sordita'  civile,
handicap e disabilita',  nonche'  di  pensione  di  inabilita'  e  di
assegno di invalidita', chi intende proporre in giudizio domanda  per
il riconoscimento dei propri diritti  deve  presentare  al  tribunale
istanza di accertamento tecnico  per  la  verifica  preventiva  delle
condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere. 
    Anche  in  questa  fattispecie  l'espletamento  dell'accertamento
tecnico preventivo costituisce  condizione  di  procedibilita'  della
domanda giudiziale, che questa Corte ha ritenuto compatibile  con  il
diritto alla tutela giurisdizionale,  garantito  dall'art.  24  Cost.
(sentenza n. 243 del 2014). 
    Terminate le operazioni peritali,  in  assenza  di  contestazioni
delle  conclusioni  del  consulente  tecnico   d'ufficio   e   quindi
sussistendo l'accordo, espresso  o  tacito,  delle  parti  sull'esito
dell'accertamento tecnico preventivo, il giudice, con il  decreto  di
omologa  dell'accertamento  del  requisito   sanitario   secondo   le
risultanze probatorie indicate nella relazione del consulente tecnico
d'ufficio, «provvede [...] sulle spese». 
    Cio' invece non e' previsto che il giudice possa  fare  in  alcun
caso nella parallela ipotesi della consulenza tecnica  preventiva  ex
art. 8 della legge  n.  24  del  2017,  oggetto  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale. 
    Ma puo' subito notarsi che sussiste  una  ragione  giustificativa
del diverso regime, rispetto a quello  della  disposizione  censurata
che non contempla - anzi esclude - che il  giudice  possa  provvedere
sulle spese. Il giudice, nel procedimento ex art. 445-bis cod.  proc.
civ., regola  le  spese  quando  la  fase  dell'accertamento  tecnico
preventivo chiude il contenzioso in ragione dell'accordo delle parti,
espresso  o  tacito  (per  mancata  tempestiva  contestazione   delle
conclusioni del consulente tecnico  d'ufficio),  si'  da  non  essere
seguita da un giudizio ordinario sulla pretesa del ricorrente. 
    Invece nel procedimento ex art. 8 della  legge  n.  24  del  2017
questa verifica, da parte del giudice, in  ordine  all'accordo  delle
parti sull'esito dell'accertamento peritale, non e' prevista  e  cio'
giustifica che in nessun caso il giudice possa provvedere sulle spese
processuali. 
    Del resto, in assenza di un accordo tra le parti, il giudice  non
avrebbe un criterio per regolare le spese  della  consulenza  tecnica
preventiva ex  art.  8  della  legge  n.  24  del  2017,  come  spese
processuali, mancando in questa fase una vera e propria  soccombenza,
quali che siano le conclusioni dell'elaborato peritale. Mentre - puo'
notarsi - le spese dell'ordinaria consulenza  tecnica  preventiva  ex
art. 696-bis cod. proc. civ., non costituendo un atto necessario  del
processo, ma rispondendo ad una libera scelta della parte, non  hanno
natura giudiziale e non appartengono  alle  spese  di  lite,  perche'
relative  a  una  fase  stragiudiziale  non  necessaria   (Corte   di
cassazione, terza sezione civile,  ordinanza  3  settembre  2019,  n.
21975). 
    8.- Si ha quindi che nella fattispecie in esame  il  differimento
della regolamentazione delle  spese  processuali,  comprensive  delle
spese della consulenza tecnica,  all'esito  del  giudizio  di  merito
avente ad oggetto la pretesa risarcitoria e' giustificato e non  crea
un ostacolo, eccessivo e rigido, che - in  ragione  delle  condizioni
economiche del ricorrente,  in  ipotesi  precarie,  ma  non  tali  da
consentire l'accesso al  patrocinio  a  spese  dello  Stato  -  possa
pregiudicare il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.). 
    Questa  Corte,  a  fronte  della  denunciata  illegittimita'  per
contrasto con l'art. 24 Cost. di forme di giurisdizione condizionata,
ha costantemente affermato il principio secondo cui  il  rispetto  di
tale parametro non impone una correlazione assoluta  tra  il  sorgere
del diritto e la sua azionabilita', che puo' essere differita  ad  un
momento successivo  ove  ricorrano  esigenze  di  ordine  generale  e
superiori finalita' di giustizia (ex multis, sentenze n. 98 del 2014,
n. 276 del 2000, n. 406 del 1993 e n. 154 del 1992; ordinanza n.  251
del 2003). Tale  principio  e'  stato  ribadito  anche  con  riguardo
all'accertamento tecnico preventivo  di  cui  all'art.  445-bis  cod.
proc. civ. (sentenza n. 243 del 2014). 
    Inoltre, il  legislatore  dispone  di  un'ampia  discrezionalita'
nella conformazione degli istituti processuali, incontrando  il  solo
limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta' delle  scelte
compiute; limite che viene  superato  esclusivamente  qualora  emerga
un'ingiustificabile compressione del diritto di  agire  (sentenze  n.
225  del  2018,  n.  44  del  2016  e  n.  335  del  2004),  mediante
l'imposizione di oneri o modalita'  tali  da  rendere  impossibile  o
estremamente  difficile  l'esercizio  del  diritto  di  difesa  o  lo
svolgimento dell'attivita' processuale (ex plurimis, sentenze n.  271
del 2019, n. 199 del 2017, n. 121 e n. 44 del 2016). 
    Vi e', inoltre, che nelle controversie in tema di responsabilita'
sanitaria disciplinate dalla legge n. 24  del  2017,  la  durata  del
giudizio di merito, che la stessa disposizione censurata prevede  che
si svolga nelle forme del  procedimento  sommario  di  cognizione  ex
artt.  702-bis  e  seguenti  cod.   proc.   civ.,   dovrebbe   essere
tendenzialmente breve sia  per  la  connotazione  deformalizzata  del
rito, sia per la gia' avvenuta anticipazione del segmento istruttorio
fondamentale della consulenza tecnica. 
    Nella valutazione di non fondatezza della  censura  sollevata  in
riferimento all'art. 24 Cost. concorre anche  la  considerazione  che
l'art. 8, comma 2, della legge  n.  24  del  2017,  individua,  quale
condizione di procedibilita' alternativa, la  mediazione  di  cui  al
d.lgs. n. 28 del 2010. Il ricorrente puo' quindi  scegliere  una  via
per lui meno onerosa, dal momento che la consulenza tecnica d'ufficio
e' espressamente posta a carico delle parti in solido  dall'art.  16,
comma 11, del decreto del Ministro della giustizia 18  ottobre  2010,
n. 180 (Regolamento recante la determinazione  dei  criteri  e  delle
modalita' di iscrizione e tenuta  del  registro  degli  organismi  di
mediazione e dell'elenco dei formatori  per  la  mediazione,  nonche'
l'approvazione delle indennita' spettanti agli  organismi,  ai  sensi
dell'articolo 16 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28). 
    9.- La  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle  norme
censurate non e' fondata neppure in riferimento all'art. 3 Cost. 
    Sotto   tale   profilo   il   giudice   rimettente   assume   che
l'anticipazione  dei  costi  della  consulenza  potrebbe  determinare
disparita' rispetto al diritto di accesso al giudice a seconda  delle
condizioni economiche delle parti. 
    Tuttavia, nelle ipotesi  in  cui  la  parte  ricorrente  abbia  i
presupposti reddituali per ottenere il  beneficio  del  patrocinio  a
spese dello Stato ai sensi dell'art. 76 del d.P.R. n. 115  del  2002,
la situazione di disparita' economica della stessa  e'  riequilibrata
dalla prenotazione a debito dei costi della consulenza medico  legale
(sentenze n. 268 e n. 80 del 2020 e n. 77 del 2018). 
    Ne', sotto tale profilo, la questione puo' ritenersi fondata  con
riferimento ai soggetti  esclusi  da  tale  beneficio  per  avere  un
reddito superiore a quello previsto dal predetto  art.  76,  i  quali
potrebbero  essere,  in  concreto,  in  difficolta'   nel   sostenere
l'anticipazione delle spese della consulenza tecnica poiche', come ha
piu' volte  ribadito  questa  Corte,  la  disciplina  in  materia  di
patrocinio dello Stato ha anch'essa  natura  processuale  di  talche'
nella  conformazione  della  stessa  il  legislatore  gode  di  ampia
discrezionalita' (ex plurimis, sentenze n. 1 del 2021, n. 80 e n.  47
del 2020) ed il correlato limite della  non  manifesta  arbitrarieta'
della regolamentazione non e' superato in un  assetto  nel  quale  la
regolamentazione delle spese  della  consulenza  tecnica  come  spese
processuali e' differita all'esito del giudizio di merito  avente  ad
oggetto  la  domanda  di  risarcimento   del   danno   derivante   da
responsabilita' sanitaria sulla  base  della  soccombenza  (art.  91,
primo comma, cod. proc. civ.).