ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 206 e 222
del codice penale e dell'art. 3-ter  del  decreto-legge  22  dicembre
2011, n. 211 (Interventi urgenti  per  il  contrasto  della  tensione
detentiva   determinata   dal   sovraffollamento   delle    carceri),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio  2012,  n.  9,
come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a),  del  decreto-legge
31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di  superamento
degli   ospedali   psichiatrici    giudiziari),    convertito,    con
modificazioni, nella legge  30  maggio  2014,  n.  81,  promosso  dal
Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Tivoli
nel procedimento penale a carico di  P.  G.,  con  ordinanza  dell'11
maggio 2020, iscritta  al  n.  110  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Udito nella camera di consiglio del 26  maggio  2021  il  Giudice
relatore Francesco Vigano'; 
    deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2021. 
    Rilevato che, con ordinanza dell'11 maggio 2020, il  Giudice  per
le  indagini  preliminari  del  Tribunale  ordinario  di  Tivoli   ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 206  e
222 del codice penale e dell'art. 3-ter del decreto-legge 22 dicembre
2011, n. 211 (Interventi urgenti  per  il  contrasto  della  tensione
detentiva   determinata   dal   sovraffollamento   delle    carceri),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 febbraio  2012,  n.  9,
come modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a),  del  decreto-legge
31 marzo 2014, n. 52 (Disposizioni urgenti in materia di  superamento
degli   ospedali   psichiatrici    giudiziari),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 30 maggio 2014 n. 81; 
    che tali disposizioni violerebbero nel loro complesso,  in  primo
luogo, gli artt. 27 e 110 della Costituzione, «nella  parte  in  cui,
attribuendo  l'esecuzione  del  ricovero   provvisorio   presso   una
Residenza per l'esecuzione delle  misure  di  sicurezza  (REMS)  alle
Regioni ed agli organi amministrativi da esse coordinati e  vigilati,
escludono la competenza del Ministro  della  Giustizia  in  relazione
all'esecuzione   della   detta   misura   di   sicurezza    detentiva
provvisoria»; 
    che, in secondo luogo, esse violerebbero gli artt. 2, 3, 25, 32 e
110 Cost.,  «nella  parte  in  cui  consentono  l'adozione  con  atti
amministrativi di disposizioni  generali  in  materia  di  misure  di
sicurezza in violazione della riserva di legge in materia»; 
    che il giudice rimettente espone di aver disposto, nel giugno del
2019,  l'applicazione  provvisoria  della  misura  di  sicurezza  del
ricovero presso una REMS di P. G. - indagato,  tra  l'altro,  per  il
delitto di violenza o minaccia a  un  pubblico  ufficiale  -  che  il
consulente tecnico nominato dal  pubblico  ministero  aveva  ritenuto
affetto da infermita' psichica e  socialmente  pericoloso,  anche  in
correlazione al sistematico abuso di alcolici, e  di  avere  altresi'
ordinato che - sin tanto che non fosse stato possibile collocarlo  in
una REMS - fosse provvisoriamente applicata  nei  suoi  confronti  la
liberta' vigilata presso una struttura residenziale psichiatrica  per
trattamenti terapeutico-riabilitativi a carattere  estensivo  (SRTR),
da  individuarsi  a  cura  del  centro  di   salute   mentale   (CSM)
territorialmente competente; 
    che il pubblico ministero aveva quindi  chiesto  al  Dipartimento
dell'amministrazione  penitenziaria   (DAP)   del   Ministero   della
giustizia di indicare la REMS presso la quale potesse essere eseguito
il ricovero; 
    che, con riferimento a tale richiesta, il DAP aveva comunicato un
elenco di strutture, precisando pero' che, essendo la  loro  gestione
affidata al servizio  sanitario  regionale  (SSR),  conformemente  al
decreto emanato il 1° ottobre 2012  dal  Ministero  della  salute  di
concerto con il Ministero della giustizia, la  responsabilita'  della
presa in carico di P. G. competeva alla Regione Lazio e  al  relativo
SSR, sicche' lo stesso DAP rilevava di non avere alcuna  possibilita'
-  allo  stato  della  legislazione  vigente  -  di  «incidere  sulle
manifestazioni di volonta' di quelle REMS che  [...]  rifiutavano  di
ricevere l'internando non dando esecuzione  al  provvedimento  emesso
dall'Autorita' giudiziaria»; 
    che nel corso dei dieci mesi  successivi  il  pubblico  ministero
aveva invano tentato di eseguire l'ordinanza di  ricovero,  ricevendo
sempre  dinieghi  dalle  locali  aziende  sanitarie  a  causa   della
indisponibilita' di posti; 
    che, d'altra parte, la persona sottoposta a indagini si  era  nel
frattempo sistematicamente  sottratta  a  tutte  le  terapie  e  agli
obblighi inerenti alla misura di sicurezza della  liberta'  vigilata,
disposta in via provvisoria in  attesa  della  disponibilita'  di  un
posto in una REMS; 
    che nell'aprile del 2020 il pubblico  ministero  aveva  trasmesso
gli atti al giudice rimettente per i provvedimenti di  competenza  in
ordine alle disposte misure di sicurezza,  che  erano  risultate  non
eseguibili; 
    che il giudice a quo da' atto di  avere  disposto,  con  separata
ordinanza in pari  data  rispetto  all'ordinanza  di  rimessione,  la
revoca della misura di sicurezza della liberta' vigilata, in  ragione
delle plurime e gravi trasgressioni degli obblighi relativi da  parte
dell'interessato; 
    che nell'ordinanza  di  rimessione  il  giudice  da'  atto  della
persistente necessita' di disporre il suo ricovero in una  REMS,  che
da quasi un anno era stato - tuttavia - impossibile eseguire; 
    che, ad avviso  del  rimettente,  tale  impossibilita'  trova  le
proprie  cause  nel  vigente   assetto   normativo   che   disciplina
l'assegnazione    nelle    REMS,     dettagliatamente     ricostruito
dall'ordinanza di rimessione; 
    che  la  misura  di  sicurezza   del   ricovero   in   una   REMS
costituirebbe, «ai sensi degli artt. 2 e 25 comma  terzo  Cost.,  una
forma  di  tutela  da  parte  dello  Stato  dei  diritti  inviolabili
dell'uomo alla vita e all'incolumita' per proteggere  i  terzi  dalle
condotte violente che possono essere poste in essere dagli autori  di
reato non imputabili per incapacita' di intendere e  di  volere,  con
l'espressa previsione della riserva di legge per  la  disciplina  dei
casi in cui  e'  possibile  sottoporre  a  misura  di  sicurezza  una
persona»; 
    che sussisterebbe,  d'altra  parte,  una  chiara  differenza  tra
l'ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio ai sensi degli  artt.
33 e seguenti della legge 23 dicembre 1978, n. 833  (Istituzione  del
servizio sanitario nazionale), e quella  di  ricovero  in  una  REMS,
quest'ultima essendo subordinata alla previa commissione di un  reato
e a un giudizio di pericolosita' sociale  della  persona  affetta  da
infermita' psichica; 
    che  tale  differenza  sarebbe  rispecchiata  dal  diverso  ruolo
assunto  dall'autorita'  giudiziaria  nelle  due  ipotesi:  di   mera
convalida della decisione amministrativa che  ordina  il  trattamento
sanitario obbligatorio nella prima ipotesi,  e  di  diretta  adozione
della misura, sulla base di un duplice accertamento relativo,  da  un
lato, alla commissione di un reato, e, dall'altro, alla pericolosita'
sociale dell'interessato; 
    che pertanto, mentre il trattamento sanitario obbligatorio «trova
giustificazione e fondamento costituzionale nell'esclusivo  interesse
alla tutela della  salute  della  persona  nei  cui  confronti  detto
trattamento viene applicato, secondo  quanto  previsto  dall'art.  32
Cost., [...] la limitazione della liberta' personale derivante  dalla
misura di sicurezza detentiva provvisoria del ricovero in REMS  trova
giustificazione e fondamento costituzionale anche  nella  tutela  dei
diritti fondamentali alla vita ed all'incolumita' personale dei terzi
diversi dall'infermo di mente che vi e'  sottoposto,  secondo  quanto
previsto dagli artt. 2 e 25  Cost.,  ferma  restando  la  concorrente
tutela della salute del detto infermo di mente ai sensi dell'art.  32
Cost.»; 
    che, conseguentemente, il  ricovero  in  una  REMS  costituirebbe
misura  giudiziaria  penale  restrittiva  della  liberta'   personale
necessariamente rientrante,  per  gli  aspetti  organizzativi,  nella
competenza    dell'«organo    che    sovrintende    l'Amministrazione
penitenziaria, ossia il Ministro della Giustizia al quale spettano ai
sensi dell'art. 110 Cost. l'organizzazione  e  il  funzionamento  dei
servizi relativi alla giustizia con le relative responsabilita'»; 
    che,   in   particolare,   tale    attribuzione    costituzionale
implicherebbe,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,   «che   spetti   a
quest'ultimo la competenza a provvedere in  relazione  all'esecuzione
dei provvedimenti dell'Autorita' giudiziaria per motivi di  omogeneo,
ordinato ed efficace trattamento degli internati nei cui confronti va
eseguito il ricovero in REMS»; 
    che sarebbe per converso incompatibile con l'art.  110  Cost.  la
vigente disciplina in materia di REMS,  la  quale  -  imperniata  sul
principio dell'esclusiva  gestione  sanitaria  di  tali  strutture  -
estrometterebbe completamente il Ministro della giustizia  e  i  suoi
organi  amministrativi,  come  segnatamente  il  DAP,  da   qualsiasi
funzione in materia  di  misure  di  sicurezza  nei  confronti  degli
infermi di mente; 
    che tale disciplina comporterebbe l'«impossibilita' di  fatto  di
porre in esecuzione il ricovero in REMS al di fuori della  Regione  e
un complessivo incremento di rischi per l'incolumita' dei cittadini e
degli stessi infermi di mente, esposti a lunghi periodi nei quali  e'
di fatto impossibile applicare misure di  sicurezza  a  tutela  anche
della loro salute»; 
    che, per altro verso, la riserva di legge in materia di misure di
sicurezza, ai sensi dell'art. 25 Cost.,  non  avrebbe  consentito  la
sostanziale delegificazione della  materia  attuata  dalla  normativa
vigente, che avrebbe rimesso la regolazione  di  aspetti  sostanziali
della disciplina a fonti  secondarie  e  ad  accordi  tra  Governo  e
autonomie locali. 
    Considerato  che  le  questioni  promosse  con   l'ordinanza   di
rimessione in esame necessitano di  apposita  istruttoria,  ai  sensi
dell'art. 12 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale,  finalizzata  ad  acquisire  specifiche  informazioni
indispensabili ai fini della decisione.