ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Veneto 14 aprile  2020,  n.  10  (Attivazione  da
parte dell'Universita' degli studi di Padova del corso di  laurea  in
medicina e chirurgia presso l'Azienda ULSS  n.  2  Marca  Trevigiana.
Disposizioni in materia di finanziamento da parte della  Regione  del
Veneto  e  ulteriori  disposizioni),  promosso  dal  Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 16-19  giugno  2020,
depositato in cancelleria il 19 giugno 2020, iscritto al  n.  53  del
registro ricorsi 2020 e pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  maggio  2021  il  Giudice
relatore Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Leonello Mariani per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Mario Bertolissi  e  Andrea
Manzi per la Regione Veneto; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 maggio 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-19 giugno 2020 e  depositato  il
19  giugno  2020,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  1  della
legge della Regione Veneto 14 aprile  2020,  n.  10  (Attivazione  da
parte dell'Universita' degli studi di Padova del corso di  laurea  in
medicina e chirurgia presso l'Azienda ULSS  n.  2  Marca  Trevigiana.
Disposizioni in materia di finanziamento da parte della  Regione  del
Veneto e ulteriori disposizioni), in riferimento all'art. 117,  commi
secondo, lettera m), e terzo, della Costituzione. 
    1.1.- L' art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 10 del 2020,
al fine di incrementare il numero dei posti per  le  immatricolazioni
al corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e  chirurgia,
autorizza la Giunta regionale «a stipulare una convenzione di  durata
quindicennale con l'Universita' degli Studi  di  Padova  e  l'Azienda
ULSS n. 2 Marca Trevigiana  per  sostenere  l'attivazione,  da  parte
dell'Universita'   medesima,   a   decorrere   dall'anno   accademico
2020/2021, del corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e
chirurgia presso le strutture messe a disposizione dall'Azienda  ULSS
2 a Treviso, con  assunzione  da  parte  della  Regione  degli  oneri
relativi alla chiamata dei docenti di ruolo  nonche'  dei  docenti  a
contratto ai sensi dell'articolo 18 della legge 30 dicembre 2010,  n.
240  "Norme  in  materia  di  organizzazione  delle  universita',  di
personale accademico e reclutamento, nonche' delega  al  Governo  per
incentivare la qualita' e l'efficienza del sistema universitario"». 
    Al successivo comma 2, l'impugnato art. 1 provvede alla copertura
finanziaria della  spesa,  stabilendo  che  «[a]gli  oneri  derivanti
dall'applicazione del  presente  articolo,  quantificati  nel  limite
massimo di euro 1.570.000,00 annui, si fa fronte con le  risorse  del
Fondo Sanitario Regionale allocate alla  Missione  13  "Tutela  della
salute", Programma 01 "Servizio sanitario regionale  -  finanziamento
ordinario  corrente  per  la  garanzia  dei  LEA",  Titolo  1  "Spese
correnti" del bilancio di previsione 2020-2022». 
    1.2.- Secondo il ricorrente, l'art. 1 della legge reg. Veneto  n.
10 del 2020, ponendo a carico del Fondo sanitario regionale  l'intero
costo del personale docente  del  corso  di  laurea  che  si  intende
attivare, e non soltanto la quota  parte  riferibile  alle  attivita'
assistenziali svolte dallo stesso corpo docente, «secondo  la  regola
che, in base  al  decreto  legislativo  21  dicembre  1999,  n.  517,
presiede ai rapporti tra il Servizio sanitario e  le  universita'  ai
fini del finanziamento del concorso alla della facolta' di medicina e
chirurgia  alle  finalita'  di  quel  Servizio»,  avrebbe   destinato
all'integrazione  dell'offerta  formativa  universitaria  risorse  di
bilancio  vincolate  al  finanziamento  dei  livelli  essenziali   di
assistenza (d'ora in avanti: LEA), incidendo negativamente su  questi
ultimi; dal che la violazione dell'art. 117, secondo  comma,  lettera
m), Cost. Da cio' deriverebbe, di riflesso, l'incisione  sui  livelli
di tutela  della  salute,  e  altresi'  la  violazione  dei  principi
fondamentali che presiedono al coordinamento della  finanza  pubblica
in materia sanitaria. 
    Ricorda la difesa statale, infatti, come  questa  Corte  in  piu'
occasioni avrebbe affermato che l'art. 117,  secondo  comma,  lettera
m), Cost., nel garantire su tutto il territorio nazionale  i  livelli
essenziali di prestazioni concernenti i  diritti  civili  e  sociali,
vincolerebbe il relativo finanziamento alla loro attuazione, da parte
delle Regioni, e demanderebbe allo Stato la  tutela  del  vincolo  di
destinazione posto a garanzia dell'effettiva erogazione dei  LEA  (si
citano le sentenze n. 62 del 2020 e n. 197 del 2019). 
    1.3.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l'art.  1
della legge reg. Veneto n.  10  del  2020  contrasterebbe,  poi,  con
l'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 20 del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    Tale ultima disposizione, infatti, prescrivendo  che  venga  data
chiara e separata  evidenza  contabile  alle  entrate  e  alle  spese
destinate  al  finanziamento  e  all'erogazione  rispettivamente  dei
livelli  essenziali   di   assistenza   sanitaria   determinati   dal
legislatore statale e dei livelli di assistenza  sanitaria  superiori
rispetto  ai  LEA,  «distingue  nettamente  i   costi   "necessari"»,
riguardanti le prestazioni dei primi, «dalle altre  spese  sanitarie,
assoggettate al - e condizionate dal - principio della sostenibilita'
economica» (si cita novamente la sentenza n. 62 del 2020). 
    Secondo la difesa statale, da cio' discenderebbe, per  un  verso,
l'impossibilita' di destinare a spese diverse,  anche  se  di  natura
sanitaria,  allorche'  non  essenziali,  le  risorse   specificamente
allocate in bilancio ed integralmente vincolate per il  finanziamento
dei livelli essenziali di assistenza (si richiama ancora la  sentenza
n. 62 del 2020); per  l'altro,  e  a  fortiori,  l'impossibilita'  di
destinare quelle risorse a spese, come nella specie,  di  natura  non
sanitaria. 
    Da   cio'    l'illegittimita'    costituzionale    dell'impugnata
disposizione regionale, che esplicitamente distrarrebbe  risorse  del
Fondo sanitario regionale, afferenti  al  finanziamento  ordinario  e
corrente dei LEA, a favore di spese di natura formativa. 
    1.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri censura  l'art.  1
della legge reg. Veneto n. 10 del 2020 anche con un secondo motivo di
ricorso. 
    Secondo la difesa statale, la disposizione impugnata,  prevedendo
la stipula di una convenzione di cofinanziamento dell'attivazione  di
un  nuovo  corso  di  laurea  magistrale  in  medicina  e  chirurgia,
concorrerebbe all'aumento dell'offerta e della capacita' formativa, a
prescindere da qualsiasi coordinamento con  le  disposizioni  statali
che provvedono a definire su base annuale il fabbisogno dei dirigenti
medici. 
    Ricorda, infatti,  l'Avvocatura  generale  che  il  numero  degli
studenti ammessi a frequentare  i  corsi  di  laurea  in  medicina  e
chirurgia e quello dei medici ammessi alla  formazione  specialistica
sarebbero determinati dalla legislazione statale in  funzione  ed  in
relazione al fabbisogno del personale medico. 
    1.5.- Sul punto, l'Avvocatura generale richiama l'art. 6-ter  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre  1992,  n.  421).  Ai  sensi  del  comma  1  della  citata
disposizione statale, «[e]ntro  il  30  aprile  di  ciascun  anno  il
Ministro della  sanita',  sentiti  la  Conferenza  permanente  per  i
rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento  e
di Bolzano  e  la  Federazione  nazionale  degli  Ordini  dei  medici
chirurghi e odontoiatri e degli altri Ordini e Collegi  professionali
interessati, determina con uno o piu' decreti il  fabbisogno  per  il
Servizio sanitario nazionale, anche suddiviso per regioni, in  ordine
ai medici chirurghi, veterinari,  odontoiatri,  farmacisti,  biologi,
chimici,  fisici,   psicologi,   nonche'   al   personale   sanitario
infermieristico, tecnico e della riabilitazione ai  soli  fini  della
programmazione  da  parte  del  Ministero  dell'universita'  e  della
ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi  di  diploma
di laurea, alle scuole di formazione  specialistica  e  ai  corsi  di
diploma universitario». 
    Il comma 2 del citato art. 6-ter statuisce che il  fabbisogno  di
cui al comma 1 - cosi' scrive la difesa statale -  «e'  a  sua  volta
determinato tenendo conto degli obiettivi e dei livelli essenziali di
assistenza  indicati  dal  Piano  sanitario  nazionale  e  da  quelli
regionali, dei modelli organizzativi dei servizi nonche' dell'offerta
e della domanda di lavoro  considerando  il  personale  in  corso  di
formazione  e  il  personale  gia'  formato,   non   ancora   immesso
nell'attivita' lavorativa». 
    1.6.- Sul versante della formazione specialistica verrebbe,  poi,
in rilievo l'art. 35 del decreto legislativo 17 agosto 1999,  n.  368
(Attuazione  della  direttiva  93/16/CEE   in   materia   di   libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE).
Tale articolo prevedrebbe che, con cadenza triennale, le Regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, tenuto conto delle relative
esigenze sanitarie e sulla  base  di  un'approfondita  analisi  della
situazione dell'occupazione, individuano  il  fabbisogno  dei  medici
specialisti da formare,  e  che  su  tale  base  «il  Ministro  della
sanita', di concerto con  quello  dell'universita'  e  della  ricerca
scientifica e tecnologica e con il Ministro del tesoro, del  bilancio
e della programmazione economica, sentita  la  conferenza  permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e  le  province  autonome  di
Trento e di Bolzano, determina il numero globale degli specialisti da
formare annualmente,  per  ciascuna  tipologia  di  specializzazione,
tenuto  conto  dell'obiettivo  di  migliorare   progressivamente   la
corrispondenza tra il numero degli studenti ammessi a  frequentare  i
corsi di laurea in medicina e chirurgia e quello dei  medici  ammessi
alla formazione specialistica, nonche' del quadro epidemiologico, dei
flussi  previsti  per   i   pensionamenti   e   delle   esigenze   di
programmazione delle regioni e delle province autonome di Trento e di
Bolzano  con  riferimento  alle  attivita'  del  Servizio   sanitario
nazionale». 
    Alla luce del richiamato quadro normativo, per la difesa  statale
sarebbe «di tutta evidenza» come la norma  impugnata  sia  del  tutto
«avulsa dal quadro programmatorio e regolatorio [...] tratteggiato». 
    L'art. 1 della legge reg. Veneto n. 10  del  2020  concorrerebbe,
infatti, all'aumento dell'offerta formativa dell'ateneo padovano, «al
di fuori  di  qualsiasi  riferimento  al(l'effettivo)  fabbisogno  di
medici e di specialisti quale periodicamente  determinato  a  livello
nazionale sulla base», sia dei dati forniti dalle  Regioni,  sia  dei
criteri puntualmente indicati dal legislatore statale. 
    In  altri  termini,  l'impugnata   disposizione   regionale   non
opererebbe alcun richiamo alla  vincolante  programmazione  nazionale
del fabbisogno dei medici; dal che  il  denunciato  contrasto  con  i
principi fondamentali  stabiliti  dalle  norme  statali,  nonche'  la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.  in  materia  di  tutela
della salute e coordinamento della finanza pubblica. 
    2.- Con atto depositato il 20 luglio 2020, si  e'  costituita  in
giudizio la Regione Veneto, chiedendo che siano dichiarate  infondate
le questioni di legittimita' promosse dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri. 
    2.1.- La resistente contesta le censure mosse da  parte  avversa,
sostenendo, in  sostanza,  che  la  legge  impugnata  costituisca  la
risposta  necessitata  alla   grave   emergenza   sanitaria   causata
dall'inerzia dello Stato o, comunque sia,  dall'inadeguato  esercizio
delle competenze di quest'ultimo, a fronte di una conclamata  e  piu'
volte segnalata carenza di medici e specialisti. 
    2.2.- Secondo la difesa regionale, lo  scenario  all'interno  del
quale andrebbe collocata la vicenda non sarebbe  quello  formale  del
riparto di competenze, ma quello sostanziale della tutela dei diritti
alla salute dei cittadini, la  cui  garanzia  sarebbe  affidata  alla
stessa  Regione,  quale  soggetto  responsabile  a   livello   locale
dell'organizzazione del servizio sanitario. 
    Sostiene, infatti, la resistente che, posto un dato  organigramma
di competenze, sarebbe, comunque sia,  necessario  misurarsi  con  le
«condizioni oggettive» in cui verserebbe  la  sanita',  allorche'  si
contestino alla Regione «invasioni di ambiti materiali riservati allo
Stato». Da cio'  l'affermazione  che  dovrebbe  aversi  una  «visione
aggiornata e dinamica del riparto delle competenze, cui non si addice
piu'  un  discorso  puramente  formale,  di  intestazione,  privo  di
riscontri fattuali». La carenza di medici equivarrebbe «a carenza  di
prestazioni e servizi sanitari, che si riverber[erebbero] sui compiti
di gestione della sanita' conferiti dalle stesse  leggi  dello  Stato
alle Regioni». 
    2.3.- In definitiva, secondo  la  Regione,  la  vicenda  dovrebbe
essere valutata «alla luce di altri principi  costituzionali,  sempre
compresi nel Titolo V della Parte II della  Costituzione»,  emergendo
in tal modo l'infondatezza delle censure statali. 
    Innanzitutto, si fa riferimento al principio  di  sussidiarieta',
«declinato nel significato che gli e'  piu'  pertinente»:  ossia  nel
senso che, nel  caso  di  specie,  sarebbe  la  Regione,  quale  ente
responsabile dell'organizzazione del Servizio sanitario regionale, ad
operare in nome e per conto  dello  Stato,  e  non  quest'ultimo  che
attrarrebbe la competenza verso l'alto. 
    In secondo luogo, il caso sarebbe meglio  qualificato  alla  luce
del principio di leale collaborazione, che sarebbe accostato al  gia'
richiamato principio di sussidiarieta', «in un ambito - quello del 2°
co.  [dell'art.  120  Cost.]  -,  in  cui  si  disciplina  il  potere
sostitutivo del Governo, giustificato, tra l'altro, dall'incombere di
un "pericolo grave per l'incolumita' e la  sicurezza  pubblica"».  La
carenza di medici e il rischio per la salute,  che  da  tale  carenza
deriverebbe, avrebbe «imposto alla Regione Veneto  di  attivarsi  per
tutelare la dignita' delle persone, in evidente,  oggettiva  (vale  a
dire, sostanziale) coerenza con i LEA e cio' che essi rappresentano». 
    3.- In data 17 aprile  2021,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha  depositato  memoria,  con  la  quale  ha  risposto  alle
deduzioni  della  resistente,  insistendo  per   l'accoglimento   del
ricorso. 
    4.- In data 19 aprile 2021, anche la Regione Veneto ha depositato
memoria nella quale, rispondendo alle deduzioni  del  ricorrente,  ha
insistito   nelle   conclusioni   gia'   rassegnate   nell'atto    di
costituzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 16-19 giugno 2020 e  depositato  il
19  giugno  2020,  il  Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  1  della
legge della Regione Veneto 14 aprile  2020,  n.  10  (Attivazione  da
parte dell'Universita' degli studi di Padova del corso di  laurea  in
medicina e chirurgia presso l'Azienda ULSS  n.  2  Marca  Trevigiana.
Disposizioni in materia di finanziamento da parte della  Regione  del
Veneto e ulteriori disposizioni), in riferimento all'art. 117,  commi
secondo, lettera m), e terzo, della Costituzione. 
    1.1.- L'impugnato art. 1, comma 1, autorizza la Giunta  regionale
a stipulare una convenzione  quindicennale  con  l'Universita'  degli
studi di Padova per sostenere l'attivazione di un corso di  laurea  a
ciclo unico in medicina e chirurgia  nella  citta'  di  Treviso,  con
l'assunzione degli oneri da parte della Regione per la  chiamata  dei
professori di ruolo e a contratto. 
    Al comma 2 del citato articolo  si  prevede  che  a  tali  oneri,
quantificati nella somma di euro 1.570.000,00  annui,  si  fa  fronte
«con le risorse del Fondo Sanitario Regionale allocate alla  Missione
13 "Tutela della salute", Programma 01 "Servizio sanitario  regionale
- finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei LEA", Titolo 1
"Spese correnti" del bilancio di previsione 2020-2022». 
    2.- Con un primo motivo di ricorso, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri denuncia  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1
della legge reg. Veneto n. 10 del 2020, il quale, prevedendo  che  la
Regione assuma gli oneri per la chiamata dei docenti  di  ruolo  e  a
contratto, avrebbe imputato  tali  spese  alle  risorse  di  bilancio
vincolate al  finanziamento  dei  livelli  essenziali  di  assistenza
(d'ora in avanti:  LEA)  e  quindi  inciso  negativamente  su  questi
ultimi; il legislatore veneto, cosi' disponendo,  avrebbe,  altresi',
violato l'art. 20 del decreto legislativo  23  giugno  2011,  n.  118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42), che imporrebbe il vincolo integrale all'erogazione dei  LEA  per
le spese a cio' destinate. 
    Dalle esposte ragioni deriverebbe la  violazione  dell'art.  117,
commi  secondo,  lettera  m),  e  terzo,   Cost.,   in   materia   di
coordinamento della finanza pubblica. 
    2.1.- Occorre preliminarmente chiarire che, sebbene il Presidente
del Consiglio dei ministri impugni l'intero art. 1  della  richiamata
legge regionale, i dubbi di legittimita' costituzionale espressi  con
tale motivo di ricorso hanno ad oggetto il comma 1 nella parte in cui
prevede che la Regione si faccia carico degli oneri per  la  chiamata
dei docenti di ruolo,  nonche'  dei  docenti  a  contratto  ai  sensi
dell'art. 18 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 (Norme  in  materia
di  organizzazione  delle  universita',  di  personale  accademico  e
reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita' e
l'efficienza del  sistema  universitario)  e  la  relativa  norma  di
copertura finanziaria, espressa dal successivo comma 2. 
    2.2.- Sempre  in  via  preliminare  e'  opportuno  richiamare  la
disciplina in tema di finanziamento ed erogazione dei LEA, come si e'
venuta a determinare, anche alla luce della giurisprudenza di  questa
Corte. 
    2.2.1.- Si deve, anzitutto, ribadire che «la  determinazione,  il
finanziamento e l'erogazione dei LEA compongono un sistema articolato
il cui equilibrio deve essere assicurato  "dalla  sinergica  coerenza
dei comportamenti di tutti i soggetti coinvolti nella sua attuazione"
(sentenza n. 62 del 2020)» (sentenza n. 72 del 2020). 
    Infatti, «la trasversalita' e la primazia della tutela  sanitaria
rispetto agli interessi sottesi ai conflitti Stato-Regioni in tema di
competenza legislativa impongono una visione teleologica e  sinergica
della  dialettica  finanziaria  tra  questi   soggetti,   in   quanto
coinvolgente l'erogazione di prestazioni riconducibili al vincolo  di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.» (sentenza n.  169
del 2017). 
    Su  tali  basi,  occorre,  poi,  ricordare  che  «il  legislatore
regionale non ha il potere di interferire  nella  determinazione  dei
LEA,   la   cui   articolata   disciplina    entra    automaticamente
nell'ordinamento regionale afferente  alla  cura  della  salute,  ne'
tantomeno di differirne in blocco l'efficacia. Infatti,  i  costi,  i
tempi e le caratteristiche qualitative delle prestazioni indicate nel
decreto e  nelle  altre  disposizioni  statali  che  si  occupano  di
prescrizioni  indefettibili  in  materia  sanitaria  comportano   nei
diversi ambiti regionali - attraverso  una  dialettica  sinergia  tra
Stato e Regione (sentenza n. 169 del 2017) - un coerente sviluppo  in
termini   finanziari   e   di   programmazione    degli    interventi
costituzionalmente necessari» (sentenza n. 72 del 2020). 
    Centrale risulta, pertanto, il canone di «leale cooperazione  tra
Stato e Regione con riguardo alla  concreta  garanzia  dei  LEA»,  in
forza del  quale  al  legislatore  statale  spetta  «predisporre  gli
strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di essa,  affinche'
la  sua  affermazione  non  si  traduca  in   una   mera   previsione
programmatica, ma  venga  riempita  di  contenuto  concreto  e  reale
impegnando le Regioni a collaborare nella separazione del  fabbisogno
finanziario destinato a spese incomprimibili da quello  afferente  ad
altri  servizi  suscettibili   di   un   giudizio   in   termini   di
sostenibilita' finanziaria (sentenza n. 169 del 2017)» (cosi'  ancora
sentenza n. 62 del 2020). 
    Non vi e' «dubbio  che  le  Regioni  stesse  debbano  collaborare
all'individuazione di metodologie parametriche in grado  di  separare
il fabbisogno finanziario destinato a spese incomprimibili da  quello
afferente ad altri servizi sanitari suscettibili di  un  giudizio  in
termini di sostenibilita' finanziaria», il che equivale ad  affermare
«la doverosa separazione del fabbisogno LEA dagli oneri  degli  altri
servizi sanitari» (cosi' sentenza n. 169 del 2017). 
    2.2.2.- Centrali in tale contesto sono  le  previsioni  contenute
nell'art. 20 del  d.lgs.  n.  118  del  2011,  il  quale  «stabilisce
condizioni indefettibili nella  individuazione  e  allocazione  delle
risorse inerenti ai livelli essenziali delle  prestazioni»  (sentenza
n. 197 del 2019). 
    Il citato art. 20, non solo impone una  corretta  quantificazione
dei LEA attraverso una chiara e  separata  evidenza  contabile  delle
entrate e delle spese destinate al loro  finanziamento  e  alla  loro
erogazione,  nonche'  delle  entrate  e  delle   spese   relative   a
prestazioni superiori ai LEA, ma altresi' (al  comma  2,  lettera  a)
prescrive alle Regioni  di  «accerta[re]  ed  impegna[re]  nel  corso
dell'esercizio  l'intero  importo  corrispondente  al   finanziamento
sanitario corrente, ivi compresa la quota premiale condizionata  alla
verifica degli adempimenti regionali, e  le  quote  di  finanziamento
sanitario vincolate o finalizzate». 
    2.2.3.- Pertanto, dal quadro normativo sull'esatta determinazione
ed erogazione dei LEA e sui relativi principi contabili, si ricava  -
come rileva correttamente l'Avvocatura generale - l'impossibilita' di
destinare risorse correnti, specificamente allocate in  bilancio  per
il finanziamento dei LEA, a spese, pur sempre di natura sanitaria, ma
diverse da quelle quantificate per la copertura di questi ultimi. 
    2.2.4.- Cio' non esclude che, laddove le  Regioni  gestiscano  in
maniera virtuosa ed efficiente le  risorse  correnti  destinate  alla
garanzia dei LEA,  conseguendo  sia  la  qualita'  delle  prestazioni
erogate,  sia  i   risparmi   nel   bilancio,   le   stesse   possano
legittimamente mantenere i risparmi ottenuti e destinarli a finalita'
sanitarie piu' ampie - come quelle previste dalla norma  censurata  -
rispetto ai LEA, gia' adeguatamente garantiti. 
    E' lo stesso d.lgs. n. 118 del 2011, all'art. 30, comma 1,  terzo
periodo, a prevedere che, per le Regioni non sottoposte  a  piano  di
rientro, «eventuali risparmi nella gestione  del  Servizio  sanitario
nazionale [...] rimangono nella disponibilita' delle  regioni  stesse
per finalita' sanitarie». Questa disposizione, esprimendo una  chiara
finalita' incentivante, permette,  pertanto,  alle  Regioni  di  dare
copertura  nei  successivi  esercizi  a  spese  che,  comunque   sia,
attengono alle finalita' sanitarie attraverso  i  suddetti  risparmi,
una volta  accertati  a  seguito  dell'approvazione  dei  bilanci  di
esercizio. 
    2.3.- Sulla base di  tali  premesse,  le  questioni  promosse  in
relazione all'art. 117, commi secondo, lettera m), e terzo, Cost., in
materia di coordinamento della finanza pubblica, che  possono  essere
valutate in modo unitario, sono fondate. 
    2.3.1.- La chiamata dei professori  di  ruolo  e  dei  docenti  a
contratto, innanzitutto, non e' riconducibile nell'ambito dei livelli
essenziali  di  assistenza,  non  corrispondendo  ad   alcuna   delle
prestazioni previste dal decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 12 gennaio 2017 (Definizione  e  aggiornamento  dei  livelli
essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). 
    2.3.2.-  La  disposizione  regionale  impugnata  non   e',   poi,
giustificabile,  neppure  ritenendo  che  la  chiamata   di   docenti
universitari,  per  le  attivita'  che  questi  saranno  destinati  a
svolgere, possa considerarsi strumentale all'erogazione dei LEA. 
    Per un verso, nonostante l'attivita' di assistenza ospedaliera  e
quella didattico-scientifica,  che  il  personale  medico-docente  e'
destinato  a  svolgere,  siano  poste  in  un  rapporto  di   stretta
compenetrazione e legate dal nesso funzionale - come,  da  tempo,  ha
avuto modo di chiarire questa Corte (fra le molte, sentenze n. 71 del
2001, n. 136 del 1997, n. 126 del 1981 e n.  103  del  1977)  e  come
previsto  dalla  stessa  normativa  di  settore,  ossia  dal  decreto
legislativo 21 dicembre 1999, n. 517  (Disciplina  dei  rapporti  tra
Servizio sanitario nazionale ed universita', a norma dell'articolo  6
della legge 30 novembre 1998, n. 419) - esse non  sono  riconducibili
ad unita' sul piano materiale e concettuale. 
    Pur se  rivolte  al  necessario  coordinamento,  tali  attivita',
infatti, si mantengono  tra  loro  distinte,  di  modo  che,  neppure
ponendo l'accento sull'attivita' assistenziale, la quale  rappresenta
una parte  della  complessiva  attivita'  che  il  corpo  docente  e'
destinato a svolgere, puo' giustificarsi l'imputazione dei costi  per
la chiamata dei docenti universitari alle spese allocate in  bilancio
per l'erogazione e la garanzia dei LEA. 
    Per altro verso (ed  e'  constatazione  ovvia),  poi,  non  tutta
l'attivita' assistenziale che e' chiamato  a  svolgere  il  personale
medico (universitario o no)  si  identifica  con  l'erogazione  e  la
garanzia dei LEA. 
    In  definitiva,  la  chiamata  dei  docenti  universitari  e   la
conseguente integrazione dell'offerta formativa non si pongono in  un
rapporto  di  strumentalita'  con  l'erogazione  dei  LEA,  tale   da
giustificare l'imputazione dei costi  per  la  chiamata  dei  docenti
universitari alle spese allocate in bilancio per  l'erogazione  e  la
garanzia dei LEA. 
    2.4.- Del resto, considerare - come  fa  la  difesa  regionale  -
legittima l'operazione compiuta con la norma impugnata, nella  misura
in cui sia giustificata da una correlazione - certo non  negabile  in
radice -  tra  la  formazione  universitaria  in  ambito  medico,  la
generale qualita' di  prestazioni  rese  all'utenza  e  la  specifica
garanzia dei livelli  essenziali  delle  prestazioni,  condurrebbe  a
ritenere finanziabile, con le risorse destinate alle  spese  correnti
per la garanzia dei LEA, tutti quegli oneri  che  possano  avere  una
qualche forma di connessione con questi ultimi. 
    Prospettiva, questa, che si porrebbe in contrasto con  il  quadro
costituzionale di riferimento, come definito anche  dalla  richiamata
giurisprudenza di questa Corte. 
    2.5.- In definitiva, la circostanza per cui - ai sensi  dell'art.
18, comma 3, della legge n. 240 del  2010,  richiamato  dalla  stessa
disposizione impugnata - la Regione, previa stipula  di  convenzioni,
possa farsi carico degli oneri derivanti dalla chiamata di professori
di prima e seconda fascia, non esclude che l'utilizzo, a copertura di
tali oneri, delle specifiche risorse ordinarie destinate  alle  spese
correnti per il finanziamento e la  garanzia  dei  LEA  si  ponga  in
contrasto con il principio, ricavabile dalla normazione ordinaria  di
settore e piu' volte ribadito dalla giurisprudenza di  questa  Corte,
dell'indefettibile  individuazione  e   allocazione   delle   risorse
inerenti ai livelli essenziali  delle  prestazioni  e  dell'integrale
vincolo all'erogazione di questi. 
    2.6.-  Per   i   motivi   esposti   deve   dichiararsi,   quindi,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  comma  1,  della  legge
reg. Veneto  n.  10  del  2020,  limitatamente  alle  parole  «,  con
assunzione da parte della Regione degli oneri relativi alla  chiamata
dei docenti di  ruolo  nonche'  dei  docenti  a  contratto  ai  sensi
dell'articolo 18 della legge 30  dicembre  2010,  n.  240  "Norme  in
materia di organizzazione delle universita', di personale  accademico
e reclutamento, nonche' delega al Governo per incentivare la qualita'
e l'efficienza del sistema universitario"» e dell'art.  1,  comma  2,
della citata legge regionale. 
    2.7.- E' bene porre in evidenza che ad essere  in  contrasto  con
gli evocati parametri costituzionali non e' l'impegno della Regione a
sostenere  l'attivazione  di  un  corso  di  laurea,  ne'  il   farsi
eventualmente  carico  dei  costi  per  la   chiamata   dei   docenti
universitari; invero costituzionalmente illegittima e'  la  copertura
degli oneri connessi a tali  iniziative  con  le  specifiche  risorse
ordinarie destinate alle spese correnti per  il  finanziamento  e  la
garanzia dei LEA. 
    La declaratoria di illegittimita' costituzionale non  incide  ne'
sull'attivazione  del   corso,   gia'   avvenuta,   ne'   sulla   sua
prosecuzione, avendo - come si legge nelle premesse della convenzione
tra Regione, Universita'  e  Azienda  ULSS  n.  2  Marca  Trevigiana,
approvata con delibera della Giunta n. 1328 del 2020 -  l'Universita'
di Padova gia', comunque sia, garantito la  copertura  dei  posti  di
docenza, nonche' dei relativi oneri, «nel quadro delle disponibilita'
ordinarie di docenza, attraverso  una  riorganizzazione  dell'offerta
formativa delle professioni sanitarie». 
    3.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  impugna  l'art.  1
della legge reg. Veneto n. 10 del 2020 anche con un secondo motivo di
ricorso, attraverso il quale lamenta che  il  legislatore  regionale,
prevedendo la stipula di una  convenzione  per  l'attivazione  di  un
nuovo corso  di  laurea  magistrale  a  ciclo  unico  in  medicina  e
chirurgia,   concorrerebbe   all'aumento    dell'offerta    formativa
dell'Ateneo patavino. Cio'  avverrebbe  «al  di  fuori  di  qualsiasi
riferimento al(l'effettivo) fabbisogno di  medici  e  di  specialisti
quale periodicamente determinato a livello nazionale e, quindi, senza
alcun  richiamo  alla   vincolante   programmazione   nazionale   del
fabbisogno dei medici». 
    La disposizione impugnata si porrebbe, pertanto, in contrasto con
l'art. 117, terzo comma, Cost. in materia di tutela  della  salute  e
coordinamento della finanza pubblica, in relazione agli  artt.  6-ter
del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502  (Riordino  della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421) e 35 del decreto legislativo 17 agosto 1999,
n. 368 (Attuazione della direttiva 93/16/CEE  in  materia  di  libera
circolazione dei  medici  e  di  reciproco  riconoscimento  dei  loro
diplomi, certificati ed altri  titoli  e  delle  direttive  97/50/CE,
98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE). 
    3.1.- Sebbene, anche con tale motivo,  venga  impugnato  l'intero
art. 1 della legge reg. Veneto n. 10 del 2020, le  censure  con  esso
espresse hanno ad oggetto il solo comma 1, primo periodo, vale a dire
la disposizione - non colpita dalla  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale di cui sopra - con la quale si prevede che «[a]i  fini
dell'incremento del numero dei posti per le immatricolazioni al corso
di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e chirurgia, la Giunta
regionale e'  autorizzata  a  stipulare  una  convenzione  di  durata
quindicennale con l'Universita' degli Studi  di  Padova  e  l'Azienda
ULSS n. 2 Marca Trevigiana  per  sostenere  l'attivazione,  da  parte
dell'Universita'   medesima,   a   decorrere   dall'anno   accademico
2020/2021, del corso di laurea magistrale a ciclo unico in medicina e
chirurgia presso le strutture messe a disposizione dall'Azienda  ULSS
2 a Treviso». 
    3.2.- Cio' chiarito, e prima di analizzare le singole  questioni,
e' opportuno richiamare  il  contenuto  della  normativa  statale  di
riferimento. 
    L'art. 6-ter, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, statuisce  che
«[e]ntro il 30 aprile di ciascun  anno  il  Ministro  della  sanita',
sentiti la Conferenza permanente per i  rapporti  fra  lo  Stato,  le
regioni  e  le  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e  la
Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri
e degli altri Ordini e Collegi professionali  interessati,  determina
con uno o piu'  decreti  il  fabbisogno  per  il  Servizio  sanitario
nazionale,  anche  suddiviso  per  regioni,  in  ordine   ai   medici
chirurghi, veterinari,  odontoiatri,  farmacisti,  biologi,  chimici,
fisici, psicologi, nonche' al  personale  sanitario  infermieristico,
tecnico e della riabilitazione ai soli fini della  programmazione  da
parte del Ministero dell'universita' e della  ricerca  scientifica  e
tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle  scuole
di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario». 
    Il comma 2 del citato art. 6-ter statuisce che il  fabbisogno  di
cui al comma 1 e' a sua volta determinato tenendo  conto:  degli  «a)
obiettivi e dei livelli essenziali di assistenza indicati  dal  Piano
sanitario  nazionale  e  da  quelli  regionali»,  dei   «b)   modelli
organizzativi dei servizi», della «c) offerta di lavoro» e della  «d)
domanda di lavoro considerando il personale in corso di formazione  e
il  personale  gia'  formato,  non  ancora   immesso   nell'attivita'
lavorativa». 
    L'art. 3 della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in  materia  di
accessi   ai   corsi   universitari)    attribuisce    al    Ministro
dell'universita' e della  ricerca  scientifica  la  competenza  nella
programmazione degli  accessi  ai  corsi  di  laurea  in  medicina  e
chirurgia. 
    Il citato articolo affida al Ministro  dell'universita'  e  della
ricerca scientifica la determinazione annuale  dei  posti  a  livello
nazionale,  in  considerazione  sia  della  valutazione  dell'offerta
potenziale  del  sistema  universitario,  sia  del   fabbisogno   del
personale medico, individuato ai sensi dell'art. 6-ter del d.lgs.  n.
502 del 1992. Sempre al Ministro  dell'universita'  e  della  ricerca
scientifica compete la ripartizione dei  posti  tra  i  vari  atenei,
sulla base della valutazione dell'offerta potenziale che sono  questi
ultimi a compiere (secondo i criteri dettati dall'art.  3,  comma  2,
della legge n. 264 del 1999) e a comunicare. 
    Sul versante della formazione specialistica opera, invece, l'art.
35 del d.lgs. n. 368 del 1999, il quale stabilisce  che  con  cadenza
triennale le Regioni e le Province autonome di Trento e  di  Bolzano,
tenuto conto delle relative esigenze sanitarie e sulla  base  di  una
approfondita analisi della situazione  dell'occupazione,  individuano
il fabbisogno dei medici specialisti da formare, e che su  tale  base
il «Ministro della sanita', di concerto con quello dell'universita' e
della ricerca scientifica e tecnologica e con il Ministro del tesoro,
del bilancio e della programmazione economica, sentita la  conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  province
autonome di Trento e di Bolzano, determina il  numero  globale  degli
specialisti  da  formare  annualmente,  per  ciascuna  tipologia   di
specializzazione,   tenuto   conto   dell'obiettivo   di   migliorare
progressivamente la  corrispondenza  tra  il  numero  degli  studenti
ammessi a frequentare i corsi di laurea in  medicina  e  chirurgia  e
quello dei medici ammessi alla formazione specialistica, nonche'  del
quadro epidemiologico, dei flussi  previsti  per  i  pensionamenti  e
delle esigenze di  programmazione  delle  regioni  e  delle  province
autonome di Trento e di Bolzano con riferimento  alle  attivita'  del
Servizio sanitario nazionale». 
    Richiamato, nelle sue linee essenziali, il  quadro  normativo  di
riferimento, si puo'  passare  all'analisi  dei  denunciati  vizi  di
illegittimita' costituzionale. 
    3.3.- La questione, promossa in riferimento all'art.  117,  terzo
comma, Cost., in materia di tutela della salute,  in  relazione  agli
artt. 6-ter del d.lgs. n. 502 del 1992 e 35 del  d.lgs.  n.  368  del
1999, non e' fondata. 
    Il legislatore  regionale  non  autorizza  alcun  incremento  del
numero dei posti per le  immatricolazioni,  limitandosi  a  sostenere
l'attivazione del corso di laurea in medicina e chirurgia,  disposta,
in forza della propria autonomia didattica, dall'Ateneo patavino. 
    Neppure puo'  sostenersi,  come  fa  il  ricorrente,  che,  cosi'
operando,   l'impugnata   norma   regionale   concorra    all'aumento
dell'offerta formativa fuori da qualsiasi  riferimento  all'effettivo
fabbisogno di medici e di specialisti. 
    Seppur  l'offerta  formativa  non  puo'  certo  essere  libera  e
indipendente dal fabbisogno  dei  medici,  dovendo  invece  la  prima
essere necessariamente coordinata al secondo, e' la stessa disciplina
statale della  determinazione  delle  immatricolazioni  ai  corsi  di
laurea  in  medicina  e  chirurgia  a   prevedere,   quale   elemento
fisiologico  del  sistema,  che  le  universita'  possano  e  debbano
esprimere un piu' elevato numero di posti  per  le  immatricolazioni,
ove siano in condizione di  adoperare  ulteriori  dotazioni  umane  e
strumentali, fra cui non puo' che rientrare anche l'attivazione di un
intero corso di studi. 
    Tale dato - che, ai sensi dell'art. 3  della  legge  n.  264  del
1999, si identifica con  l'offerta  formativa  potenziale  comunicata
annualmente da ciascun ateneo - non determina, poi, automaticamente e
di per se', un aumento globale del numero delle immatricolazioni,  in
eccesso rispetto al fabbisogno determinato ai sensi  dell'art.  6-ter
del d.lgs. n. 502 del 1992. 
    Come si e' visto, infatti, il contingente annuale  dei  posti  e'
determinato discrezionalmente dal Ministro dell'universita'  e  della
ricerca scientifica, sulla base,  tanto  dell'offerta  formativa  che
annualmente riesce ad esprimere il sistema universitario (e che e' il
risultato della somma delle offerte potenziali  espresse  da  ciascun
ateneo), quanto del fabbisogno per il Servizio sanitario nazionale. 
    Chiarito che l'art. 1, comma 1, della legge reg. Veneto n. 10 del
2020, in parte qua,  non  determina  alcun  aumento  del  contingente
annuale delle immatricolazioni ai  corsi  di  laurea  in  medicina  e
chirurgia, risultano svuotate di fondamento le ragioni  di  contrasto
anche con l'art. 35 del d.lgs. n.  368  del  1999,  in  relazione  al
fabbisogno  di  specialisti  periodicamente  determinato  a   livello
nazionale. 
    3.4.- Anche la questione di legittimita' costituzionale  promossa
in riferimento all'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica, in relazione agli  artt.  6-ter
del d.lgs. n. 502 del 1992 e 35 del d.lgs. n. 368 del  1999,  non  e'
fondata. 
    L'impugnata norma  regionale,  riguardando  l'istituzione  di  un
corso di laurea in medicina e chirurgia,  e'  ascrivibile  all'ambito
materiale  della  tutela   della   salute   (oltre   che   a   quelli
dell'istruzione o  delle  professioni),  e  nella  prospettiva  della
tutela della salute si muovono le doglianze  del  ricorrente,  avendo
evocato, a integrazione del parametro di costituzionalita', norme che
attengono al  fabbisogno  del  personale  medico  e  alla  formazione
specialistica dei medici. 
    Come questa Corte ha avuto gia' modo di chiarire, l'eventuale non
conferenza  dei  parametri   costituzionali   ritualmente   indicati,
rispetto al contenuto sostanziale della doglianza, costituisce motivo
di infondatezza della questione (sentenza n. 286 del 2019 e, in senso
analogo, sentenza n. 290 del 2009). 
    3.5.- Deve, pertanto, concludersi per  la  non  fondatezza  delle
questioni dell'art. 1, comma 1, prima parte della legge  reg.  Veneto
n. 10 del 2020, vale a  dire  della  disposizione  con  la  quale  si
prevede che «[a]i fini dell'incremento del numero dei  posti  per  le
immatricolazioni al corso di  laurea  magistrale  a  ciclo  unico  in
medicina e chirurgia, la Giunta regionale e' autorizzata a  stipulare
una convenzione di durata quindicennale con l'Universita' degli Studi
di Padova e l'Azienda  ULSS  n.  2  Marca  Trevigiana  per  sostenere
l'attivazione,  da  parte  dell'Universita'  medesima,  a   decorrere
dall'anno accademico 2020/2021, del  corso  di  laurea  magistrale  a
ciclo unico in medicina e  chirurgia  presso  le  strutture  messe  a
disposizione dall'Azienda ULSS 2 a Treviso», promosse in  riferimento
all'art. 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute e
coordinamento della finanza pubblica, in relazione agli  artt.  6-ter
del d.lgs. n. 502 del 1992 e 35 del d.lgs. n. 368 del 1999.