ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  46,  comma
2, della legge della  Regione  Siciliana  28  dicembre  2004,  n.  17
(Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2005), promosso
dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la  Sicilia,  sezione
staccata di Catania,  nel  procedimento  vertente  tra  F.  S.  e  la
Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Messina e altro,
con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al n.  44  del  registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione di F. S.; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  22  giugno  2021  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    udito l'avvocato Salvatore Santonocito per F. S., in collegamento
da remoto, ai sensi del punto 1) del  decreto  del  Presidente  della
Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
staccata di Catania, con ordinanza depositata il 10 dicembre 2019, ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  46,
comma 2, della legge della Regione Siciliana 28 dicembre 2004, n.  17
(Disposizioni programmatiche  e  finanziarie  per  l'anno  2005),  in
riferimento agli artt. 3, 9 e 117, secondo comma, lettera  s),  della
Costituzione,  nonche'  all'art.  14,   lettera   n),   del   decreto
legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della
Regione siciliana), convertito nella legge costituzionale 26 febbraio
1948, quest'ultimo in relazione all'art. 146 del decreto  legislativo
22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai
sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137). 
    L'art. 46 dispone quanto segue: «1. Le autorizzazioni ad eseguire
opere in  zone  soggette  a  vincolo  paesistico  o  su  immobili  di
interesse  storico-artistico  sono  rilasciate  o  negate,  ove   non
regolamentate da norme  specifiche  dalle  competenti  Soprintendenze
entro  il  termine  perentorio  di  120  giorni.  2.  Le   competenti
Soprintendenze  possono  interrompere  i  termini  dei   120   giorni
solamente una volta per la richiesta di chiarimenti  o  integrazioni.
Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici  avranno
l'obbligo entro i  successivi  60  giorni  di  esprimere  un  proprio
parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra si intende  reso
in senso favorevole». 
    1.1.- Il rimettente riferisce che il  giudizio  a  quo  e'  stato
promosso da un privato contro la Soprintendenza per i beni  culturali
e ambientali di Messina e  contro  l'Assessorato  regionale  ai  beni
culturali  e   all'identita'   siciliana,   al   fine   di   chiedere
l'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica del 4 gennaio  2017,
n. 39,  emessa  dal  Dipartimento  regionale  dei  beni  culturali  e
dell'identita' siciliana - Soprintendenza  per  i  beni  culturali  e
ambientali di Messina. F. S., proprietario di un terreno  nel  Comune
di Taormina, il 24 aprile 2013 aveva chiesto alla  Soprintendenza  un
parere (recte: autorizzazione) per realizzare un  complesso  edilizio
turistico. Il procedimento veniva sospeso perche'  la  Soprintendenza
aveva chiesto ulteriore documentazione, depositata l'11 maggio  2016.
In seguito, veniva rilasciata l'autorizzazione  paesaggistica  del  4
gennaio 2017, n. 39, che, ritenuta insoddisfacente da F.  S.,  veniva
da questi  impugnata,  fra  l'altro  per  «violazione  di  legge  per
formazione del silenzio assenso», dal momento che sulla sua richiesta
di   autorizzazione   paesaggistica    si    sarebbe    formato    il
silenzio-assenso il 10 luglio 2016, ai sensi dell'art. 46,  comma  2,
della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004. 
    Il TAR rimettente si sofferma sulla sussistenza dell'interesse al
ricorso  di  F.  S.,  per  la  «notevole  differenza»  tra  l'oggetto
dell'autorizzazione   richiesta    e    quello    dell'autorizzazione
rilasciata. 
    Il giudice a quo esamina poi il contenuto  del  citato  art.  46,
mettendone in evidenza la formulazione imprecisa  e  la  non  agevole
interpretazione. Il rimettente aderisce all'interpretazione emersa in
alcune pronunce del giudice amministrativo  (citate  nell'ordinanza),
secondo le quali il silenzio-assenso si forma o una volta decorso  il
termine di 120 giorni in assenza di  richiesta  di  integrazione  (in
base al comma 1), o una volta decorso il termine  di  60  giorni  dal
deposito della documentazione richiesta (in base al  comma  2).  Cio'
premesso, il TAR ritiene condivisibile la tesi del ricorrente secondo
cui, in virtu' del citato art. 46, comma  2,  sulla  sua  istanza  di
autorizzazione si  sarebbe  formato  il  silenzio-assenso,  giacche',
anche a volerne far risalire la  decorrenza  alla  data  di  consegna
dell'ulteriore documentazione (11 maggio  2016),  il  termine  di  60
giorni di cui all'art. 46, comma 2, era gia' scaduto  al  momento  di
adozione del provvedimento impugnato (4 gennaio 2017). 
    Secondo il giudice a quo, la presenza di  un'«autorizzazione  per
silentium» e la mancanza di una sua preliminare rimozione con atto di
autotutela  inciderebbero  sulla   legittimita'   dell'autorizzazione
rilasciata, con conseguente accoglimento del ricorso. Cio' renderebbe
rilevanti i dubbi di legittimita' costituzionale  concernenti  l'art.
46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004. 
    1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, in primo  luogo  il
rimettente ritiene che la Regione Siciliana, pur dotata  di  potesta'
legislativa primaria nelle materie «turismo, vigilanza alberghiera  e
tutela del paesaggio; conservazione delle antichita'  e  delle  opere
artistiche»,  ai  sensi  dell'art.  14,  lettera  n),  dello  statuto
speciale, abbia violato il  limite  delle  norme  di  grande  riforma
economico-sociale. Rileva, inoltre,  che  la  «tutela  dell'ambiente»
ricade nella competenza legislativa esclusiva dello Stato,  ai  sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Il TAR riporta il contenuto dell'art. 146 del d.lgs.  n.  42  del
2004 (d'ora in avanti:  cod.  beni  culturali),  osservando  che  «la
legislazione  statale  non  prevede  alcuna  ipotesi  di   nulla-osta
paesaggistico  che   possa   formarsi   per   silenzio-assenso».   In
particolare, rileva che, in base al comma  9  del  citato  art.  146,
l'amministrazione  competente  puo'  prescindere   dal   parere   del
soprintendente, se questi non  lo  rilascia  entro  60  giorni  dalla
ricezione degli atti, mentre  non  e'  prevista  la  possibilita'  di
prescindere dal  provvedimento  espresso  dell'autorita'  competente.
Inoltre, lo stesso  art.  146,  comma  9,  pur  prevedendo  procedure
semplificate per il  rilascio  dell'autorizzazione  in  relazione  ad
interventi di lieve entita', tiene ferme le esclusioni  di  cui  agli
artt. 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990,  n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso  ai  documenti  amministrativi),  cioe'  l'esclusione  del
silenzio-assenso  nei   «procedimenti   riguardanti   il   patrimonio
culturale  e  paesaggistico,  l'ambiente,  la  tutela   dal   rischio
idrogeologico,  la   difesa   nazionale,   la   pubblica   sicurezza,
l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute  e  la  pubblica
incolumita'». Coerentemente,  il  d.P.R.  13  febbraio  2017,  n.  31
(Regolamento  recante   individuazione   degli   interventi   esclusi
dall'autorizzazione   paesaggistica   o   sottoposti   a    procedura
autorizzatoria semplificata), contemplerebbe, per gli  interventi  di
lieve  entita',  il  silenzio-assenso  in  relazione  al  parere  del
soprintendente ma non per il provvedimento autorizzativo. 
    Il rimettente riferisce che, secondo la sentenza n. 172 del  2018
di questa Corte, gli artt. 143 e 146 cod.  beni  culturali  sarebbero
norme  di  grande   riforma   economico-sociale,   e   dubita   della
legittimita' costituzionale del censurato art. 46, comma 2, non tanto
per la semplice difformita' rispetto alla disciplina statale,  quanto
piuttosto per il fatto che la disposizione  censurata  «determina  un
sensibile abbassamento del livello di tutela dei valori paesaggistici
e ambientali rispetto a  quello  garantito  dalle  norme  nazionali».
Infatti, essa ammetterebbe che l'autorizzazione si formi per  effetto
del  semplice  passaggio  del  tempo,  in  assenza  di  una  concreta
valutazione dei valori sopra indicati. 
    Il TAR  ricorda  che,  per  ragioni  simili,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  ha  impugnato  l'art.  8  della  legge  della
Regione  Siciliana  6  maggio  2019,  n.  5   (Individuazione   degli
interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o  sottoposti  a
procedura autorizzatoria semplificata), il  cui  comma  6  stabilisce
quanto   segue:   «[t]rascorsi   sessanta   giorni   senza   che   la
Soprintendenza ai beni culturali  ed  ambientali  abbia  adottato  il
provvedimento richiesto si forma il silenzio assenso». 
    Il rimettente ritiene, dunque, non  manifestamente  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 46, comma 2, della
legge reg. Sicilia n. 17 del 2004, nella  parte  in  cui  prevede  il
silenzio-assenso per  l'autorizzazione  ivi  disciplinata,  «anziche'
prevedere comunque la necessita' di  emissione  di  un  provvedimento
autorizzativo espresso». 
    1.3.- Inoltre, il TAR  dubita  della  conformita'  dell'art.  46,
comma 2, all'art. 9 Cost., in quanto  la  disposizione  in  questione
determinerebbe, solo nella Regione Siciliana, «un forte  abbassamento
del  livello  di  tutela  dei  valori  paesaggistici  e  ambientali».
Sottolinea inoltre, da un lato, i limiti  che,  in  base  agli  artt.
21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241  del  1990,  incontra  il
potere  di  autotutela  relativo  alle   autorizzazioni   tacitamente
formatesi, e, dall'altro lato, il «particolare rango che deve  essere
riconosciuto alla tutela dell'ambiente e del  paesaggio»  secondo  la
giurisprudenza costituzionale. 
    1.4.- Infine, la rilevante  difformita'  tra  norme  regionali  e
norme  statali,  in  relazione  al  procedimento  di   autorizzazione
paesaggistica,  potrebbe  implicare,  secondo   il   rimettente,   la
violazione del principio di ragionevolezza di cui all'art.  3  Cost.,
«non essendo rinvenibile alcuna ragione che  possa  giustificare  una
dequotazione di tale entita' della tutela di quegli stessi valori che
il  legislatore  nazionale  ha  inteso  tutelare  in  modo  ben  piu'
incisivo». 
    2.- Con  memoria  depositata  il  4  giugno  2020  F.  S.  si  e'
costituito nel giudizio di legittimita' costituzionale. 
    La  parte  rileva  che  la  Regione   Siciliana   ha   competenza
legislativa esclusiva, oltre che nelle materie «tutela del paesaggio»
e «conservazione delle  antichita'  e  delle  opere  artistiche»,  in
quella dell'«incremento della produzione agricola ed industriale», ai
sensi dell'art.  14,  lettera  e),  dello  statuto  speciale,  e  che
pertanto  il  TAR  avrebbe  dovuto  considerare,  nel   valutare   la
disposizione  in  questione,  il  «necessario   contemperamento   tra
l'aspetto  prettamente  naturalistico  con  l'obiettivo  di  sviluppo
economico e di incremento della produzione lavorativa». 
    Secondo  la   parte,   poi,   sarebbe   lo   stesso   legislatore
costituzionale a consentire che il quadro normativo  siciliano  possa
differire  da  quello  nazionale,  in  relazione  al  rilascio  delle
autorizzazioni paesaggistiche, come risulterebbe dall'art. 116, terzo
comma, Cost., che prevede la possibilita' di attribuire  «[u]lteriori
forme e condizioni particolari di autonomia» (anche) nella materia di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Infine, la parte rimarca che il TAR avrebbe omesso di considerare
l'art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, che avrebbe  previsto  «un
generale  sistema  di  silenzio-assenso  per  nulla   osta   comunque
denominati di amministrazioni pubbliche  [...],  il  quale  e'  stato
ritenuto ben applicabile  anche  in  materia  di  accertamento  della
compatibilita' paesaggistica di opere edilizie». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione
staccata  di  Catania,  dubita  della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 46,  comma  2,  della  legge  della  Regione  Siciliana  28
dicembre 2004, n. 17 (Disposizioni programmatiche e  finanziarie  per
l'anno 2005), in riferimento agli artt. 3, 9 e  117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione, nonche' all'art. 14, lettera n),  del
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto   della   Regione   siciliana),   convertito   nella    legge
costituzionale 26 febbraio 1948, quest'ultimo in  relazione  all'art.
146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio 2002, n. 137). 
    L'art. 46 dispone quanto segue: «1. Le autorizzazioni ad eseguire
opere in  zone  soggette  a  vincolo  paesistico  o  su  immobili  di
interesse  storico-artistico  sono  rilasciate  o  negate,  ove   non
regolamentate da norme  specifiche  dalle  competenti  Soprintendenze
entro  il  termine  perentorio  di  120  giorni.  2.  Le   competenti
Soprintendenze  possono  interrompere  i  termini  dei   120   giorni
solamente una volta per la richiesta di chiarimenti  o  integrazioni.
Alla presentazione della documentazione richiesta gli uffici  avranno
l'obbligo entro i  successivi  60  giorni  di  esprimere  un  proprio
parere. Trascorso il termine perentorio di cui sopra si intende  reso
in senso favorevole». 
    Il TAR censura l'art. 46, comma 2, nella parte in cui prevede  il
silenzio-assenso  per   l'autorizzazione   paesaggistica,   «anziche'
prevedere comunque la necessita' di  emissione  di  un  provvedimento
autorizzativo espresso», per violazione: a) dell'art. 14, lettera n),
dello statuto speciale e dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),
Cost., in relazione all'art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 (d'ora  in
avanti: cod. beni culturali), in quanto la legislazione  statale  non
consentirebbe che l'autorizzazione paesaggistica possa  formarsi  per
silenzio-assenso; b) dell'art. 9 Cost.,  in  quanto  la  disposizione
censurata determinerebbe «un forte abbassamento del livello di tutela
dei valori paesaggistici e ambientali»;  c)  dell'art.  3  Cost.,  in
quanto la rilevante difformita' tra norme regionali e norme  statali,
in  relazione  al  procedimento  di   autorizzazione   paesaggistica,
potrebbe implicare la violazione  del  principio  di  ragionevolezza,
«non essendo rinvenibile alcuna ragione che  possa  giustificare  una
dequotazione di tale entita' della tutela di quegli stessi valori che
il  legislatore  nazionale  ha  inteso  tutelare  in  modo  ben  piu'
incisivo». 
    2.-  Le  questioni  sollevate  dal  TAR  sono  inammissibili  per
irrilevanza. 
    Il giudice a quo riporta il contenuto  dell'art.  146  cod.  beni
culturali e dell'art. 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n.  241
(Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e  di  diritto
di accesso ai documenti  amministrativi),  osservando  che  la  prima
disposizione «non prevede alcuna ipotesi di nulla-osta  paesaggistico
che possa formarsi per silenzio-assenso», e che la seconda esclude il
silenzio-assenso  nei   «procedimenti   riguardanti   il   patrimonio
culturale e paesaggistico». Inoltre, afferma che l'art. 146 cod. beni
culturali sarebbe norma fondamentale  di  riforma  economico-sociale,
idonea a limitare la potesta'  legislativa  primaria  spettante  alla
Regione Siciliana in  materia  di  tutela  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'art. 14, lettera  n),  dello  statuto  speciale.  Ravvisando  un
contrasto tra l'art. 46, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 17  del
2004  e  le  citate  norme   statali,   il   rimettente   ne   deduce
l'illegittimita' costituzionale. 
    Il TAR omette, pero', di considerare la collocazione  cronologica
della disposizione censurata e delle norme interposte evocate  e,  di
conseguenza, di affrontare la questione della vigenza della prima. 
    Occorre  esaminare,  in  primo  luogo,   il   rapporto   tra   la
disposizione censurata e l'art. 20, comma 4, della legge n.  241  del
1990. Il testo originario di tale norma rinviava  ad  un  regolamento
successivo   l'individuazione   dei    procedimenti    soggetti    al
silenzio-assenso. Sulla base di quanto  previsto  all'art.  29  della
stessa legge n. 241 del 1990, la Regione  Siciliana  ha  adeguato  ad
essa il proprio ordinamento tramite la legge 30 aprile  1991,  n.  10
(Disposizioni  per  i  procedimenti  amministrativi,  il  diritto  di
accesso ai  documenti  amministrativi  e  la  migliore  funzionalita'
dell'attivita' amministrativa), il cui art. 23, nel testo originario,
prevedeva  il   silenzio-assenso,   facendo   salva   la   disciplina
regolamentare prevista dall'art. 20 della legge n. 241 del 1990. 
    Il regolamento in questione, emanato con d.P.R. 26  aprile  1992,
n. 300 (Regolamento concernente le attivita' private sottoposte  alla
disciplina degli articoli 19 e 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241),
non comprendeva i procedimenti di  autorizzazione  paesaggistica  tra
quelli soggetti al silenzio-assenso. Cio' nondimeno  la  disposizione
censurata, introdotta con la legge  reg.  Sicilia  n.  17  del  2004,
prevedeva il  silenzio-assenso  nei  procedimenti  di  autorizzazione
paesaggistica (art. 46, comma 2, ultimo periodo). 
    Dopo pochi  mesi  dall'approvazione  della  appena  citata  legge
regionale, l'art. 20 della legge n. 241 del  1990  veniva  sostituito
dall'art. 3, comma 6-ter, del decreto-legge  14  marzo  2005,  n.  35
(Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo
economico, sociale e territoriale),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 14 maggio 2005,  n.  80.  Nel  nuovo  testo  il  comma  4
dell'art. 20 stabilisce che «[l]e disposizioni del presente  articolo
non si applicano agli atti e procedimenti riguardanti  il  patrimonio
culturale e paesaggistico, l'ambiente [...]». Al momento  di  entrata
in vigore di tale disposizione, l'art. 29 della legge n. 241 del 1990
prevedeva  la  non  diretta  applicabilita'  della  stessa  legge  ai
procedimenti di competenza regionale e il  dovere  delle  regioni  di
regolare i  procedimenti  in  questione  «nel  rispetto  del  sistema
costituzionale  e  delle  garanzie   del   cittadino   nei   riguardi
dell'azione  amministrativa,  cosi'  come   definite   dai   principi
stabiliti dalla presente legge». 
    Nel 2011 l'art. 23 della sopra ricordata legge reg. Sicilia n. 10
del 1991, di recepimento della  legge  n.  241  del  1990,  e'  stato
modificato dall'art. 7, comma 1, della legge della Regione  Siciliana
5  aprile  2011,  n.  5  (Disposizioni   per   la   trasparenza,   la
semplificazione,  l'efficienza,  l'informatizzazione  della  pubblica
amministrazione  e  l'agevolazione   delle   iniziative   economiche.
Disposizioni per il contrasto alla corruzione  ed  alla  criminalita'
organizzata di stampo mafioso. Disposizioni  per  il  riordino  e  la
semplificazione della legislazione regionale), nei seguenti  termini:
«1.  Trovano  applicazione  nella  Regione  le  disposizioni  di  cui
all'articolo 20 della legge  7  agosto  1990,  n.  241  e  successive
modifiche ed integrazioni». Il nuovo testo del citato art. 23 ha reso
dunque applicabile nella Regione Siciliana l'art. 20, comma 4,  della
legge n. 241 del 1990 (introdotto nel  2005),  che  -  come  visto  -
esclude  il  silenzio-assenso  nei   «procedimenti   riguardanti   il
patrimonio culturale e paesaggistico». 
    Dalla constatazione che si tratta  di  una  norma  di  esclusione
direttamente applicabile, che riguarda specificamente i  procedimenti
di tutela paesaggistica, si deve concludere che la  sua  applicazione
e' incompatibile con la permanente applicazione dell'art.  46,  comma
2, ultimo periodo, della legge reg.  Sicilia  n.  17  del  2004  (che
prevede  il  silenzio-assenso).  Di  conseguenza,   la   disposizione
regionale in questione deve considerarsi abrogata a  partire  dal  26
aprile 2011, cioe' dal momento di entrata in vigore della legge  reg.
Sicilia n. 5 del 2011. 
    In questo senso, del resto, si e' orientato  in  varie  occasioni
anche il giudice amministrativo (ad esempio,  TAR  Sicilia,  Palermo,
sezione seconda, sentenze 12 aprile 2021, n. 1190, e 29 gennaio 2019,
n. 230; TAR Sicilia, Catania, sezione  prima,  sentenze  28  dicembre
2020, n. 3589, e 24 dicembre 2020, n. 3577;  Consiglio  di  giustizia
amministrativa per la Regione Siciliana,  sezioni  unite  consultive,
parere del 17 ottobre 2017, n. 139), pur registrandosi anche pronunce
di segno opposto (ad esempio, TAR Sicilia,  Palermo,  sezione  prima,
sentenze 12 aprile 2021, n. 1150,  31  marzo  2021,  n.  1021,  e  14
gennaio 2020, n. 76). 
    Va inoltre osservato che, nel caso  di  specie,  e'  mancata  una
valutazione del  giudice  a  quo  sulla  vigenza  della  disposizione
censurata. Il rimettente non  ha  dato  conto  ne'  delle  successive
modifiche delle norme interposte evocate ne' dell'art. 7 della  legge
reg. Sicilia n. 5 del 2011 (che ha reso applicabile in Sicilia l'art.
20, comma 4, della legge n. 241 del 1990)  ne'  della  giurisprudenza
amministrativa che ha affrontato la questione della vigenza dell'art.
46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17 del 2004. 
    Nel presente giudizio, dunque, questa Corte non puo' limitarsi ad
una verifica "esterna" della valutazione della rilevanza compiuta dal
giudice a quo,  attenendosi  al  suo  giudizio  sulla  vigenza  della
disposizione censurata (sentenze n. 33 del 2015, n. 272 del 2010,  n.
222 del 2007, n. 153 del 1995 e n. 6 del 1970). E' necessario  invece
rilevare d'ufficio l'intervenuta abrogazione di essa e la conseguente
irrilevanza delle  questioni  sollevate,  giacche'  il  rimettente  -
affermato  che,  nel  caso   oggetto   del   giudizio   a   quo,   il
silenzio-assenso sarebbe maturato  il  10  luglio  2016,  sulla  base
dell'art. 46, comma 2, ultimo periodo, della legge reg. Sicilia n. 17
del  2004  -  dubita  della  legittimita'   costituzionale   di   una
disposizione (il citato art. 46, comma 2,  ultimo  periodo,  appunto)
che in realta' non e'  applicabile,  essendo  stata  abrogata  il  26
aprile 2011.