ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  485  del
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297  (Approvazione  del  testo
unico  delle  disposizioni  legislative   vigenti   in   materia   di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine  e  grado),  promosso
dalla Corte d'appello  di  Roma,  sezione  lavoro,  nel  procedimento
vertente tra Giorgio Belli  dell'Isca  e  Ministero  dell'istruzione,
dell'universita' e  della  ricerca  e  altro,  con  ordinanza  del  9
novembre 2020, iscritta al n.  191  del  registro  ordinanze  2020  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  2,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione di Giorgio Belli dell'Isca,  nonche'
gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri,  di
Nicolina La Femina e di Maria Teresa Pepe e altri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2021  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi gli  avvocati  Antonio  Salerno  per  Nicolina  La  Femina,
Vincenzo De Michele per Maria Teresa Pepe e altri, Stefano Ottolenghi
per Giorgio  Belli  dell'Isca  e  l'avvocato  dello  Stato  Gabriella
D'Avanzo per il Presidente del Consiglio dei  ministri,  quest'ultima
in collegamento da remoto, ai sensi del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 9 novembre 2020 (r.o. n. 191 del 2020),  la
Corte d'appello di Roma, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento
all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 485 del decreto legislativo 16 aprile  1994,
n. 297 (Approvazione del testo unico delle  disposizioni  legislative
vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine
e grado), che - nel disciplinare la carriera del personale docente  -
prevede il  riconoscimento,  ai  fini  giuridici  ed  economici,  del
servizio anteriore alla nomina in ruolo  prestato  presso  le  scuole
statali e pareggiate. 
    Il giudice a quo  dubita  della  legittimita'  costituzionale  di
questa disposizione nella parte in cui, in  base  all'interpretazione
giurisprudenziale assunta come diritto vivente (sono richiamate Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenze 16 dicembre 2019, n. 33137, e
11 dicembre 2019, n. 32386, e la giurisprudenza nelle stesse citata),
essa esclude il riconoscimento del servizio di  insegnamento  non  di
ruolo prestato presso le scuole paritarie, istituite ai  sensi  della
legge 10 marzo 2000,  n.  62  (Norme  per  la  parita'  scolastica  e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione). 
    Cio'  si  porrebbe  in  contrasto  con   l'art.   3   Cost.   per
l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  derivante  dal  rilievo
attribuito, sia al servizio  non  di  ruolo  prestato  presso  scuole
pubbliche statali, sia  a  quello  svolto  sino  all'anno  scolastico
2005/2006 presso le scuole pareggiate, sia a quello  prestato  presso
le stesse scuole paritarie,  ai  soli  fini  dell'integrazione  delle
graduatorie permanenti. 
    2.- Il giudizio a quo ha ad oggetto l'accertamento del diritto di
un docente all'attribuzione - ai fini della mobilita' territoriale  -
del punteggio aggiuntivo per il servizio preruolo prestato presso  un
istituto scolastico paritario. Il rimettente evidenzia  che,  qualora
la disposizione censurata fosse dichiarata  illegittima,  il  gravame
dovrebbe   essere   accolto   e   all'appellante   dovrebbe    essere
riconosciuto, a tutti gli effetti giuridici ed economici, il servizio
non di ruolo prestato presso la scuola secondaria paritaria. 
    Il giudice a quo evidenzia come, nel caso  di  specie,  venga  in
rilievo la disciplina dell'art. 485 del d.lgs. n. 297 del  1994,  che
fa riferimento al servizio non di ruolo  prestato  presso  scuole  di
istruzione secondaria ed artistica «statali e pareggiate», oltre  che
presso scuole elementari «statali o [...] parificate». La  successiva
legge 10 marzo 2000,  n.  62  (Norme  per  la  parita'  scolastica  e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione) ha introdotto,
accanto  alle  scuole  statali,  l'unitaria  categoria  delle  scuole
paritarie e ha consentito alle scuole  legalmente  riconosciute  e  a
quelle pareggiate di chiedere il riconoscimento di parita'  ai  sensi
della nuova legge,  rimanendo  altrimenti  soggette  alla  disciplina
originaria di cui al d.lgs. n. 297 del 1994. 
    Il giudice a quo ritiene che il riconoscimento del  servizio  non
di ruolo debba ammettersi anche per  i  servizi  prestati  presso  le
scuole secondarie paritarie, altrimenti ci si troverebbe  dinnanzi  a
un'interpretatio abrogans  del  riferimento  alle  scuole  pareggiate
ancora presente all'interno dell'art. 485 del d.lgs. n. 297 del  1994
e il riconoscimento del servizio di docenza non di  ruolo  resterebbe
limitato a  quello  prestato  esclusivamente  presso  scuole  statali
(essendo le scuole pareggiate ormai venute meno). 
    Cio' contrasterebbe con la ratio  originaria  dell'art.  485  del
d.lgs. n. 297 del 1994, introdotto per  valorizzare  la  funzione  di
docenza  non  di  ruolo  svolta  presso  scuole  che,  per  le   loro
caratteristiche e i loro requisiti, devono  considerarsi  equivalenti
alle scuole pubbliche statali. 
    Ove fosse escluso il rilievo del servizio svolto presso le scuole
paritarie,  la  disposizione  censurata  risulterebbe  irragionevole,
poiche'  il  servizio  prestato  presso  scuole  pareggiate   sarebbe
riconosciuto solo fino all'anno scolastico 2005-2006, ma sarebbe  poi
escluso per il periodo successivo, a causa del venir meno  di  questa
tipologia di scuole. Cio' trascurerebbe il fatto  che  tali  istituti
scolastici hanno, in realta',  mantenuto  i  loro  originari  profili
organizzativi,  ordinamentali  e  didattici,  dovendo  per  di   piu'
ottenere  il  riconoscimento   della   parita'   che,   rispetto   al
pareggiamento, rappresenta un'evoluzione in chiave di  ammodernamento
e affinamento. 
    Vi sarebbe, inoltre, una sostanziale  omogeneita'  dei  requisiti
per accedere al rapporto di lavoro con le scuole pareggiate e con  le
attuali scuole paritarie. In entrambi i casi, infatti, erano  e  sono
richiesti alternativamente  il  pubblico  concorso  o  l'abilitazione
all'insegnamento. Cio' sarebbe coerente con l'art. 33, quarto  comma,
Cost., che, richiedendo  nelle  scuole  non  statali  un  trattamento
scolastico equipollente a quello delle scuole statali,  implicherebbe
un sistema di reclutamento del corpo  docente  omogeneo  tra  le  due
tipologie  di  istituti,  per  assicurare  lo   stesso   livello   di
preparazione e professionalita'. 
    Infine,  il  rimettente  richiama  l'art.  2,  comma  2,  secondo
periodo, del  decreto-legge  3  luglio  2001,  n.  255  (Disposizioni
urgenti  per  assicurare  l'ordinato   avvio   dell'anno   scolastico
2001/2002), convertito, con  modificazioni,  nella  legge  20  agosto
2001, n. 333 che stabilisce che  «[...]  i  servizi  di  insegnamento
prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole  paritarie  di  cui  alla
legge 10 marzo  2000,  n.  62,  sono  valutati  nella  stessa  misura
prevista per  il  servizio  prestato  nelle  scuole  statali  [...]».
Secondo parte della  giurisprudenza,  tale  disposizione  limiterebbe
l'equivalenza  ai  soli  fini  dell'integrazione  delle   graduatorie
permanenti. Tuttavia, sarebbe  irragionevole  attribuire  rilievo  al
servizio svolto presso scuole paritarie ai fini  dell'assunzione,  ma
non a quelli della ricostruzione della carriera di  un  docente  gia'
assunto in ruolo, considerando che sul  piano  della  verifica  della
professionalita' rileva piu' il momento  dell'assunzione  che  quello
della ricostruzione della carriera. 
    Cio'   premesso,   il   giudice   a   quo   evidenzia   come    -
nell'interpretazione consolidata della giurisprudenza di legittimita'
- venga espressamente  esclusa  la  possibilita'  di  riconoscere  il
servizio preruolo svolto presso le scuole  paritarie.  Il  rimettente
espone che per i giudici di legittimita',  lo  status  giuridico  del
personale docente non di ruolo delle scuole statali  e  quello  delle
scuole paritarie non sarebbero omogenei, tenuto conto  delle  diverse
modalita' di assunzione (che solo nel  primo  caso  prevedrebbero  il
pubblico concorso)  e  della  diversa  natura  dell'impiego  pubblico
rispetto a quello privato. 
    Il giudice rimettente osserva, tuttavia, che anche per la  scuola
pubblica statale la regola del concorso non e' esclusiva, coesistendo
con il sistema delle graduatorie permanenti ne', d'altra  parte,  per
l'accesso nelle scuole pareggiate era previsto il pubblico concorso. 
    Inoltre la natura pubblica o privata del  datore  di  lavoro  del
docente sarebbe irrilevante. Infatti,  gia'  nel  sistema  originario
dell'art. 485 del d.lgs. n.  297  del  1994  veniva  riconosciuto  il
servizio prestato presso le scuole pareggiate,  che  potevano  essere
costituite anche da enti ecclesiastici, che non sono enti pubblici. 
    Da cio' deriverebbe un'irragionevole  disparita'  di  trattamento
tra coloro che hanno svolto  servizio  non  di  ruolo  presso  scuole
paritarie e tre diverse categorie di soggetti: in primo luogo, coloro
che hanno svolto  servizio  non  di  ruolo  presso  scuole  pubbliche
statali; in secondo luogo, coloro che hanno svolto  servizio  non  di
ruolo presso scuole pareggiate fino  all'anno  scolastico  2005-2006;
infine, coloro che vedono riconosciuto il  proprio  servizio  non  di
ruolo presso scuole paritarie,  ma  solo  ai  fini  dell'integrazione
delle graduatorie permanenti. 
    3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la questione di legittimita' costituzionale  sia
dichiarata inammissibile o comunque non fondata. 
    3.1.-  In  primo  luogo,  e'  eccepita  l'inammissibilita'  della
questione per difetto di rilevanza, poiche' l'art. 485 del d.lgs.  n.
297 del 1994 interferisce con una materia che  attualmente,  in  base
all'art. 40, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001,  n.  165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche) e' rimessa alla contrattazione collettiva,
anche in deroga ad eventuali norme di legge che prevedano  discipline
differenti. Il giudice a quo avrebbe dovuto, quindi, applicare quanto
previsto dal contratto collettivo, secondo cui il  servizio  preruolo
svolto presso scuole paritarie non e' valutabile  per  la  mobilita',
ne' ai fini della ricostruzione della carriera. 
    3.2.- La questione sollevata sarebbe comunque non fondata. 
    Dato  il  tenore  letterale  della  disposizione  impugnata,  non
sarebbe possibile un'estensione automatica del regime originariamente
previsto  per  le  scuole  pareggiate  anche  alle   diverse   scuole
paritarie. 
    Inoltre, osserva la difesa statale, all'uniformita'  dell'offerta
formativa e dei livelli di servizio resi presso la scuola  statale  e
presso quella paritaria,  non  corrisponderebbe  l'equiparazione  del
rapporto di lavoro che intercorre tra il docente e l'istituto privato
paritario, da una parte, e quello instaurato con la  scuola  statale,
dall'altra. Ad essere differenti sarebbero, infatti, le modalita'  di
reclutamento,  ormai  quasi   del   tutto   ispirate   al   principio
meritocratico  del  pubblico  concorso,   con   conseguente   portata
residuale delle graduatorie. 
    Sarebbe dunque da condividere il consolidato  orientamento  della
Corte di cassazione,  secondo  il  quale  non  puo'  riconoscersi  il
servizio preruolo svolto presso le scuole paritarie, in  ragione  sia
del diverso status giuridico del loro  personale  rispetto  a  quello
delle scuole  statali  (sono  richiamate,  in  tal  senso,  anche  le
sentenze del Consiglio di Stato, sezione sesta, 4 novembre  2020,  n.
6798 e n. 6799 e 6 marzo 2020, n. 1069), sia della  mancanza  di  una
norma di legge che consenta  tale  riconoscimento,  come  era  invece
previsto per le scuole pareggiate. 
    D'altra parte, l'equivalenza del servizio prestato presso  scuole
paritarie e statali non sarebbe affatto confermata dall'art. 2, comma
2, del d.l. n.  255  del  2001,  come  convertito,  che  consente  di
valutare   il   servizio   negli   istituti    paritari    ai    fini
dell'integrazione delle graduatorie con cui si procede all'assunzione
nei ruoli. Infatti, le norme  che  prevedono  il  riconoscimento  del
servizio  preruolo  a  fini  giuridici  ed   economici,   in   quanto
attributive di benefici particolari, non  sarebbero  suscettibili  di
applicazioni estensive o analogiche. 
    Infine - laddove il servizio preruolo svolto in istituti  privati
fosse valutabile ai fini della mobilita' - l'intento  di  sanare  una
disparita'  di  trattamento  si  risolverebbe   in   un'inaccettabile
preferenza in  favore  di  docenti  sulla  cui  esperienza  pregressa
l'amministrazione non potrebbe operare alcuna verifica, a  svantaggio
dei controinteressati precari nella scuola statale, i quali sarebbero
invece soggetti a ben piu' stringenti vincoli  di  reclutamento  e  a
limitazioni nella mobilita' successivamente all'immissione in ruolo. 
    3.3.- In prossimita' dell'udienza pubblica, la difesa statale  ha
depositato  una  memoria  in  cui  ha,  in  primo  luogo,   insistito
nell'eccezione di inammissibilita' per difetto di rilevanza. 
    Nel  merito,  l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ribadisce  le
ragioni della non fondatezza, evidenziando che l'art. 1-bis, comma 7,
del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250 (Misure urgenti in  materia
di scuola, universita', beni  culturali  ed  in  favore  di  soggetti
affetti da gravi patologie, nonche'  in  tema  di  rinegoziazione  di
mutui, di professioni e di sanita'), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 3 febbraio 2006, n. 27, nel fare salvo l'art. 360,  comma
6, del d.lgs. n. 297 del 1994, limita il riconoscimento del  servizio
preruolo  ai  soli  docenti  di  scuole  pareggiate.   Cio'   sarebbe
incompatibile con la tesi secondo cui, dopo la legge n. 62 del  2000,
la disciplina del riconoscimento del servizio preruolo  nelle  scuole
pareggiate sarebbe automaticamente applicabile anche  a  quello  reso
nelle scuole paritarie. Queste due categorie di scuole non  sarebbero
comunque sovrapponibili, in considerazione dei  differenti  requisiti
per il reclutamento del personale docente. 
    La difesa statale sottolinea, inoltre, che  le  scuole  paritarie
sono gestite da soggetti privati, che non avrebbero vincoli  riguardo
al reclutamento, alla progressione di carriera dei  docenti,  nonche'
alla risoluzione del relativo rapporto di lavoro,  essendo  obbligati
soltanto ad assumere docenti muniti di abilitazione e ad applicare  i
contratti collettivi di settore. Non sarebbe dunque irragionevole  la
scelta di valorizzare la sola professionalita'  maturata  nell'ambito
delle scuole statali e non quella nelle scuole paritarie. 
    La costituzione di rapporti di lavoro a tempo  determinato  nella
scuola  pubblica  avviene  sulla  base   di   apposite   graduatorie,
predisposte sulla base dei titoli abilitativi acquisiti e  di  quelli
di servizio maturati. La scelta  organizzativa  dell'amministrazione,
che individua la sede di  destinazione,  consegue  a  valutazioni  di
pubblico interesse volte a garantire il  servizio  di  istruzione  in
modo omogeneo su tutto il  territorio  nazionale,  nel  rispetto  del
principio di imparzialita'. 
    Le procedure di mobilita' sono volte a  valorizzare  il  servizio
prestato, talora in condizioni di particolare  disagio,  presso  sedi
assegnate  all'esito  di  rigide  e  verificabili  procedure  gestite
dall'amministrazione scolastica, per consentire a  coloro  che  hanno
accettato tali sistemazioni di far valere tali periodi di servizio ai
fini dell'avvicinamento presso sedi maggiormente gradite.  Viceversa,
nelle scuole paritarie, l'assunzione consegue a valutazioni meramente
discrezionali  del  dirigente  scolastico,  anche  a  prescindere  da
pregresse esperienze lavorative e  dall'applicazione  di  criteri  di
imparzialita' nella scelta dei docenti. 
    In  definitiva,   non   potendosi   affermare   un'indiscriminata
equiparazione tra il servizio rispettivamente prestato presso le  due
tipologie di scuole, non sarebbe ravvisabile alcun contrasto  con  il
principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. 
    4.- Il 1° febbraio 2021  l'Associazione  professionale  sindacale
ANIEF ha  depositato  un'opinione  scritta,  in  qualita'  di  amicus
curiae. 
    Nel sollecitare l'accoglimento della  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata dal giudice a quo, si sottolinea l'identita'
delle modalita' di assunzione dei docenti a tempo  determinato  della
scuola paritaria rispetto a  quelle  proprie  della  scuola  statale.
Anche in quest'ultima il docente con incarico a tempo determinato non
necessariamente ha dovuto superare un concorso,  essendo  sufficiente
l'inserimento   nelle   graduatorie   di   istituto.   Pertanto,   la
ragionevolezza del  diverso  trattamento  non  potrebbe  fondarsi  su
differenti modalita' di assunzione. 
    L'ANIEF evidenzia, altresi', l'identita' di mansioni  e  obblighi
contrattuali che caratterizzano il servizio prestato presso la scuola
paritaria rispetto a quello svolto dai docenti delle scuole  statali,
come emerge dalla contrattazione collettiva di settore. 
    La ratio dell'art. 485 del d.lgs. n. 297 del  1994  consisterebbe
nel valutare nella maniera opportuna la  qualita'  della  prestazione
lavorativa svolta, connessa anche all'esperienza maturata, e cio' non
sarebbe in alcun modo collegato alle modalita' di assunzione  o  alla
natura giuridica del datore di lavoro. 
    La disparita' di trattamento rilevata dovrebbe,  inoltre,  essere
esaminata - in riferimento agli artt. 11 e 117  Cost.  -  anche  alla
luce del quadro normativo eurounitario, in particolare  in  relazione
alla clausola n. 4 (Principio di  non  discriminazione)  dell'Accordo
quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, concluso  il
18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del  Consiglio  del
28 giugno 1999, e  agli  artt.  20  e  21  della  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza  il  7  dicembre
2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre  2007,  previo  eventuale
rinvio pregiudiziale alla Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea.
Infatti, queste previsioni normative, come interpretate dalla  stessa
Corte  di   giustizia,   disporrebbero   un   generale   divieto   di
discriminazione in ragione  delle  condizioni  di  impiego,  operante
anche a prescindere dal mancato superamento di un pubblico concorso. 
    5.- Nel giudizio dinanzi a questa Corte si e' costituito  Giorgio
Belli dell'Isca, parte  ricorrente  nel  giudizio  a  quo,  chiedendo
l'accoglimento della  questione  di  legittimita'  costituzionale  in
esame. 
    Dopo  avere  ricostruito  la  vicenda  in   fatto   e   delineato
l'evoluzione della normativa rilevante, la  parte  privata  condivide
gli argomenti svolti dal rimettente,  specie  ove  evidenzia  che  il
raccordo tra l'art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994  e  la  disciplina
introdotta dal d.l. n. 250 del 2005, come convertito,  imporrebbe  il
riconoscimento del servizio di insegnamento prestato presso le scuole
paritarie. 
    Si sottolinea l'irragionevolezza di ammettere  il  riconoscimento
del servizio preruolo  prestato  presso  le  scuole  pareggiate  fino
all'anno  scolastico  2005-2006,  per  poi  escluderlo  rispetto   al
servizio prestato successivamente, per il solo fatto che tali  scuole
hanno  perso  la  loro  originaria  qualificazione   giuridica,   pur
mantenendo  i   medesimi   requisiti   relativi   all'organizzazione,
all'ordinamento e all'offerta formativa. 
    La ratio dell'art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 era  quella  di
valorizzare l'esperienza  maturata  dai  docenti  sia  presso  scuole
pubbliche statali, sia presso  istituti  che  erogavano  un  servizio
didattico del tutto equivalente. Questa conclusione,  se  in  origine
valeva per le scuole pareggiate, non potrebbe oggi non valere per  le
scuole paritarie, che concorrono,  assieme  alle  scuole  statali,  a
formare il sistema nazionale di istruzione. 
    Cio'  sarebbe  confermato  dalla  sostanziale   omogeneita'   dei
requisiti previsti per le scuole un tempo  pareggiate  e  attualmente
paritarie.     Infatti,     la     titolarita'      dell'abilitazione
all'insegnamento, che e' oggi richiesta per  l'assunzione  presso  le
scuole paritarie, era prevista anche per  le  scuole  pareggiate,  in
alternativa al superamento di pubblico concorso o alla  chiamata  del
docente  gia'  assunto  in  ruolo  in  altra  scuola  statale  oppure
pareggiata (art. 356, comma 2, del d.lgs. n. 297 del 1994). 
    E' inoltre richiamato l'art. 2, comma 2,  del  d.l.  n.  255  del
2001, come convertito, che permette al personale docente di  ottenere
il pieno riconoscimento dell'attivita' di insegnamento prestata nelle
scuole paritarie ai  fini  dell'aggiornamento  della  loro  posizione
nelle  graduatorie  permanenti.  Sarebbe  irragionevole   riconoscere
rilevanza a  tale  attivita'  ai  fini  della  possibile  assunzione,
escludendola, invece, ai fini della ricostruzione della  carriera  di
un docente gia' assunto in ruolo. 
    Viceversa,  l'orientamento  della  Corte  di  cassazione  -   che
delimita l'ambito applicativo dell'art. 485 del  d.lgs.  n.  297  del
1994 alle sole scuole pareggiate -  determinerebbe  un'ingiustificata
disparita' di trattamento tra  situazioni  soggettive  identiche,  in
violazione dell'art. 3 Cost. Il principio  di  parita'  scolastica  e
l'espresso inserimento delle scuole paritarie nel  sistema  nazionale
di istruzione dovrebbero comportare, infatti, la piena  equiparazione
dello status giuridico del personale docente che vi presta servizio a
quello riconosciuto ai docenti della scuola statale. 
    6.- Nel giudizio dinnanzi a questa Corte e' altresi'  intervenuta
ad adiuvandum, in data 27 gennaio 2021, Nicolina La Femina, deducendo
di essere un'insegnante di ruolo della scuola primaria e di  trovarsi
in una condizione soggettiva analoga  a  quella  del  ricorrente  nel
giudizio a quo. La parte interveniente  afferma  di  essere,  dunque,
titolare di  un  interesse  qualificato  immediatamente  inerente  al
rapporto sostanziale dedotto nel giudizio e chiede che sia dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 485 del d.lgs. n.  297  del
1994, per contrasto con l'art. 3 Cost. 
    A  sostegno  di  tale  richiesta,   sono   illustrati   argomenti
sostanzialmente coincidenti con quelli svolti dal giudice rimettente,
dalla parte privata costituita e dall'amicus curiae. 
    7.- Sono, inoltre intervenuti, in data  2  febbraio  2021,  Maria
Teresa Pepe e altri quarantadue, assumendo di essere titolari  di  un
interesse qualificato,  inerente  in  modo  diretto  e  immediato  al
rapporto  dedotto  in  giudizio.  Gli  intervenienti,  sostenendo  le
ragioni illustrate dal giudice a quo, chiedono che  venga  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata, per  contrasto
con l'art. 3 Cost., eventualmente previo  rinvio  pregiudiziale  alla
Corte di giustizia dell'Unione europea. 
    Anche in questo caso,  a  sostegno  delle  menzionate  richieste,
vengono svolte considerazioni che riflettono quelle gia' esposte  dal
rimettente, dalla parte privata costituita e dall'amicus curiae. 
    8.- Con atto depositato telematicamente il 21 giugno 2021,  oltre
il termine di cui all'art. 4-ter, comma 1,  delle  Norme  integrative
per  i  giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale,  il   Comitato
nazionale docenti che hanno maturato punteggio preruolo  in  istituti
paritari ha presentato un'opinione  scritta  in  qualita'  di  amicus
curiae. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte d'appello di Roma, sezione lavoro, con ordinanza del
9 novembre 2020 (reg.  ord.  n.  191  del  2020),  ha  sollevato,  in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di  legittimita'
costituzionale dell'art. 485 del decreto legislativo 16 aprile  1994,
n. 297 (Approvazione del testo unico delle  disposizioni  legislative
vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine
e grado), che - nel disciplinare la carriera del personale docente  -
prevede il  riconoscimento,  ai  fini  giuridici  ed  economici,  del
servizio anteriore alla nomina in ruolo  prestato  presso  le  scuole
statali e pareggiate. 
    Il giudice a quo  dubita  della  legittimita'  costituzionale  di
questa disposizione nella parte in cui, in  base  all'interpretazione
giurisprudenziale assunta come diritto vivente (sono richiamate Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenze 16 dicembre 2019, n. 33137  e
11 dicembre 2019, n. 32386, e la giurisprudenza nelle stesse citata),
essa esclude il riconoscimento del servizio di  insegnamento  non  di
ruolo prestato presso le scuole paritarie, istituite ai  sensi  della
legge 10 marzo 2000,  n.  62  (Norme  per  la  parita'  scolastica  e
disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione). 
    Cio'  si  porrebbe  in  contrasto  con   l'art.   3   Cost.   per
l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  derivante  dal  rilievo
attribuito, sia al servizio non di ruolo prestato  presso  le  scuole
pubbliche statali, sia  a  quello  svolto  sino  all'anno  scolastico
2005/2006 presso le scuole pareggiate, sia a quello  prestato  presso
le stesse scuole paritarie,  ai  soli  fini  dell'integrazione  delle
graduatorie permanenti. 
    2.- Quanto ai profili  pregiudiziali,  deve  essere  innanzitutto
richiamata  la  dichiarazione  d'inammissibilita'  degli   interventi
spiegati da Nicolina La Femina e da Maria Teresa Pepe e altri, per le
ragioni esposte nell'ordinanza letta nel corso dell'udienza  pubblica
e allegata alla presente sentenza. 
    3.- Va poi disattesa l'eccezione di difetto  di  rilevanza  delle
questioni, sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    3.1.- La  difesa  statale  ritiene  la  questione  inammissibile,
poiche'  il  censurato  art.  485  del  d.lgs.  n.   297   del   1994
interferirebbe  con   una   materia   rimessa   alla   contrattazione
collettiva, che prevede che il servizio preruolo prestato  presso  le
scuole paritarie non e' valutabile ai fini della mobilita'. 
    3.2.- L'assunto della difesa statale non puo'  essere  condiviso.
L'art. 40 del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche)  stabilisce  espressamente,  al  comma  1,
secondo  periodo,  che  «Nelle   materie   relative   alle   sanzioni
disciplinari,  alla  valutazione  delle  prestazioni  ai  fini  della
corresponsione  del  trattamento  accessorio,  della  mobilita',   la
contrattazione collettiva e' consentita  nei  limiti  previsti  dalle
norme di legge». Ne consegue che nella materia  della  mobilita'  dei
lavoratori (e dei docenti in particolare) il contratto collettivo non
puo' derogare alla disciplina di rango legislativo e  la  conseguenza
di tale violazione e'  costituita  dalla  nullita'  della  previsione
contrattuale in contrasto con la disposizione legislativa  (art.  40,
comma 3-quinquies, del d.lgs. n. 165 del 2001). 
    Proprio su questa  nullita'  si  fonda  il  ricorso  della  parte
privata, laddove assume che il contratto collettivo -  nell'escludere
il rilievo del servizio preruolo prestato presso scuole paritarie  ai
fini della mobilita' - violi  la  disposizione  censurata,  che  essa
interpreta come inclusiva delle stesse scuole paritarie. La rilevanza
della questione discende, dunque, dalla  necessita'  per  il  giudice
rimettente di esaminare la validita' della previsione negoziale  alla
luce  del  contenuto  normativo  della  disposizione  censurata.   La
questione appare rilevante ai fini della definizione del  giudizio  a
quo e l'eccezione sollevata dalla difesa statale risulta non fondata. 
    4.- Gli ulteriori profili, diversi da  quelli  dell'ordinanza  di
rimessione,  formulati  dall'amicus  curiae  non  sono   oggetto   di
valutazione da parte di questa Corte. 
    5.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 485 del
d.lgs. n. 297 del 1994, sollevata in riferimento  all'art.  3  Cost.,
non e' fondata. 
    5.1.- La disposizione in esame e' censurata nella parte  in  cui,
secondo il diritto vivente, esclude il riconoscimento, ai fini  della
ricostruzione della carriera, del servizio  di  insegnamento  non  di
ruolo prestato presso le scuole paritarie. 
    La giurisprudenza della Corte  di  cassazione,  in  una  cospicua
serie di decisioni, tra cui quelle richiamate  dal  rimettente  quale
diritto vivente, ha infatti ritenuto che - ai fini dell'inquadramento
e del trattamento economico  dei  docenti  -  non  e'  valutabile  il
servizio preruolo prestato presso  le  scuole  paritarie  in  ragione
della non omogeneita' dello status giuridico del  personale,  nonche'
della mancanza di una norma di legge che consenta tale riconoscimento
(Corte di cassazione, sezione lavoro, ordinanza 10 novembre 2020,  n.
25226; sentenze 16 dicembre 2019, n. 33137 e n.  33134;  11  dicembre
2019, n. 32386; 30 gennaio 2015, n. 1749; 20 gennaio 2014, n. 1035, e
1° ottobre 2012, n. 16623). 
    Anche la giurisprudenza  amministrativa  si  e'  attestata  sulle
medesime  posizioni,  escludendo  la  possibilita'  di  valutare   il
servizio preruolo svolto in scuole paritarie ai fini della  mobilita'
(Consiglio di Stato, sezione sesta,  sentenze  4  novembre  2020,  n.
6796, n. 6797, n. 6798 e n. 6799; 27 luglio 2020, n. 4770; 28  aprile
2020, n. 2717; 11 febbraio 2011, n. 906  e  7  gennaio  2008,  n.  6;
sezione quarta, sentenze 22 giugno 2004, n. 4382 e 25 marzo 2004,  n.
1607; sezione sesta, sentenza 9 maggio 2002, n. 2517). 
    Il giudice a quo -  pur  mostrando  di  condividere  una  diversa
interpretazione che porterebbe a riconoscere il rilievo del  servizio
preruolo svolto presso  le  scuole  paritarie  -  osserva  come  tale
soluzione si scontrerebbe con il contrario orientamento  della  Corte
di cassazione. 
    Al riguardo va ribadito  che,  in  presenza  di  un  orientamento
giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo  ha  la  facolta'  di
assumere l'interpretazione censurata in termini di "diritto  vivente"
e di richiederne su tale presupposto il controllo  di  compatibilita'
con i parametri costituzionali (sentenze n. 1 del 2021, n. 95, n.  32
e n. 12 del 2020, n. 189 e n. 75 del 2019, n. 39 del 2018, n.  259  e
n. 122 del 2017, n. 200 del 2016, n. 11 del 2015, n. 242 del 2014, n.
191 del 2013, n. 258 e n. 117 del 2012 e n. 91 del 2004). Cio', senza
che  gli  si   possa   addebitare   di   non   aver   seguito   altra
interpretazione, piu' aderente ai parametri stessi, sussistendo  tale
onere solo in assenza di un contrario diritto vivente (sentenze n. 95
del 2020, n. 141 del 2019, n. 122 del 2017 e n. 11 del 2015). 
    5.2.- D'altra parte,  anche  il  Contratto  collettivo  nazionale
integrativo concernente la mobilita' del personale docente, educativo
ed A.T.A. per l'anno scolastico 2017/2018, sottoscritto il giorno  11
aprile 2017, nella  premessa  alle  «Note  comuni  alle  tabelle  dei
trasferimenti a domanda e d'ufficio e dei passaggi dei docenti  delle
scuole  dell'infanzia,  primaria,  secondaria  di  I  grado  e  degli
istituti di istruzione secondaria di II  grado  ed  artistica  e  del
personale  educativo»,  prevede  espressamente  che  «[i]l   servizio
prestato nelle scuole paritarie  non  e'  valutabile  in  quanto  non
riconoscibile ai fini  della  ricostruzione  di  carriera».  Identica
previsione e' contenuta nel successivo Contratto collettivo nazionale
integrativo concernente la mobilita' del personale docente, educativo
ed A.T.A. per gli  anni  scolastici  relativi  al  triennio  2019/20,
2020/21 e 2021/22, sottoscritto il giorno 6 marzo 2019. 
    Pertanto, nella consolidata interpretazione della  giurisprudenza
e nella contrattazione collettiva di settore  che  la  recepisce,  la
disposizione censurata attribuisce  rilievo  unicamente  al  servizio
antecedente all'immissione in ruolo svolto in scuole statali e,  sino
al  2006,  in  quelle  pareggiate.  Ed   e'   proprio   sul   mancato
riconoscimento del servizio di insegnamento preruolo reso in istituti
scolastici paritari che si appuntano le censure del rimettente. 
    5.3.-  Quanto  al  primo  profilo  di  irragionevolezza,  che  il
rimettente individua nel raffronto con la disciplina riservata  dalla
stessa disposizione censurata ai docenti  degli  istituti  scolastici
pareggiati, va rilevato che le due  tipologie  di  scuole  presentano
significative  differenze  nei  rispettivi  sistemi  di  selezione  e
reclutamento del personale docente, tali  da  impedirne  la  completa
equiparazione. 
    5.3.1.- Infatti, solo gli istituti scolastici  pareggiati,  ormai
definitivamente superati dall'ordinamento scolastico (art. 1-bis  del
decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250,  recante  «Misure  urgenti  in
materia di scuola,  universita',  beni  culturali  ed  in  favore  di
soggetti  affetti  da   gravi   patologie,   nonche'   in   tema   di
rinegoziazione di mutui, di professioni e  di  sanita'»,  convertito,
con modificazioni, nella legge 3  febbraio  2006,  n.  27),  dovevano
garantire che il numero e il tipo delle  cattedre  fossero  uguali  a
quelli delle corrispondenti scuole statali e che le  stesse  cattedre
fossero «occupate da personale nominato, secondo norme stabilite  con
regolamento, in seguito ad apposito  pubblico  concorso,  o  che  sia
risultato vincitore, o abbia conseguito la votazione di almeno  sette
decimi in identico concorso generale o speciale presso scuole statali
o  pareggiate   o   in   esami   di   abilitazione   all'insegnamento
corrispondente» (art. 356, comma 2, lettera b, del d.lgs. n. 297  del
1994).  Per  l'accesso  all'insegnamento  negli  istituti   paritari,
viceversa, non e' stabilita alcuna selezione di carattere concorsuale
ed e' previsto il solo requisito dell'abilitazione (art. 1, comma  4,
lettera g, della legge n. 62 del 2000), dovendosi  peraltro  rilevare
che la stessa necessita' di tale  requisito  e'  stata  ripetutamente
derogata. 
    5.3.2.- E' bensi' vero che la giurisprudenza di  legittimita'  ha
ritenuto che l'abilitazione costituisca requisito  di  validita'  del
contratto di lavoro avente ad oggetto mansioni di insegnamento (Corte
di cassazione, sezione lavoro, sentenza 20 febbraio  2018,  n.  4080;
sezioni unite civili, sentenza 26 maggio 2011, n. 11559). 
    Ciononostante, in considerazione dell'impossibilita' da parte  di
gestori  di  scuole  paritarie  di  reperire  personale  fornito  del
prescritto titolo di abilitazione e della prioritaria  necessita'  di
garantire  il  regolare  avvio  dell'anno  scolastico  delle   scuole
paritarie  senza  interruzione  dell'attivita'  didattica,  in   piu'
occasioni il  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca (oggi Ministero dell'istruzione)  ha  consentito  ai  gestori
delle scuole paritarie di conferire incarichi a tempo  determinato  a
personale fornito solo del prescritto titolo di studio (si vedano  le
circolari del Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca dell'11 luglio 2012, prot. n.  4420/R.U./U,  del  29  ottobre
2001, prot. n. 2668, e del 15 giugno 2000, n. 163, prot. 63/VD). 
    Inoltre, ulteriori  previsioni  di  carattere  derogatorio  nella
disciplina del reclutamento dei docenti delle scuole  paritarie  sono
stabilite dai successivi commi 4-bis e 5 dello stesso  art.  1  della
legge n. 62 del 2000. 
    La prima disposizione prevede che,  per  i  docenti  in  servizio
presso le scuole secondarie alla data  di  entrata  in  vigore  della
legge n. 62 del 2000, il requisito del titolo di  abilitazione  debba
essere conseguito al termine dell'anno accademico in corso alla  data
di conclusione della prima procedura concorsuale per titoli ed esami.
Anche la seconda disposizione introduce un regime di  favore  per  le
scuole  paritarie,  consentendo  loro  di  avvalersi  di  prestazioni
volontarie di personale docente, purche' fornito di  relativi  titoli
scientifici e professionali, ovvero di ricorrere  anche  a  contratti
d'opera, in misura  non  superiore  a  un  quarto  delle  prestazioni
complessive. La natura agevolativa di tale disciplina e'  stata  gia'
riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 42 del
2003). 
    5.4.- D'altra parte, una completa equiparazione del  rapporto  di
lavoro prestato presso le scuole paritarie a quello  reso  in  quelle
statali non risponde neppure ai principi che  si  ricavano  dall'art.
33, quarto comma, Cost., di cui la legge n.  62  del  2000  intendeva
essere attuazione. 
    5.4.1.-  Con  questo  intervento,  che  ha  riformato  in   senso
pluralista   e   policentrico   l'ordinamento    delle    istituzioni
scolastiche, il legislatore ha voluto  garantire  agli  alunni  delle
scuole paritarie i medesimi standard qualitativi di  quelle  statali,
sia in relazione all'offerta didattica, sia al valore dei  titoli  di
studio che possono essere conseguiti. Cio' non ha peraltro comportato
una completa equiparazione del rapporto di lavoro che intercorre  fra
il docente e la scuola paritaria a quello instaurato  con  i  docenti
della scuola statale in regime di pubblico impiego privatizzato. 
    Infatti, nonostante la comune appartenenza al  sistema  nazionale
di istruzione, nell'assunzione dei  docenti  della  scuola  paritaria
manca la previsione di  un'attivita'  procedimentale  che  regoli  la
selezione e il reclutamento degli insegnanti. Sempre  in  conformita'
all'art. 33, quarto comma, Cost., cio' garantisce  l'autonomia  e  la
liberta' della scuola paritaria e l'esigenza di questa di dotarsi  di
personale  connotato  da  un'impostazione  culturale,  didattica   ed
educativa coerente con il  suo  orientamento  e  progetto  formativo.
Conseguentemente, la mancanza di meccanismi di selezione assimilabili
alle procedure concorsuali non consente di tenere conto dei  principi
generali  che,  ai  sensi  dell'art.  97  Cost.,   devono   informare
l'attivita' dell'amministrazione pubblica. 
    D'altra parte, il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono
ritenersi totalmente  assimilati  e  le  differenze,  pur  attenuate,
permangono  anche  in  seguito  all'estensione  della  contrattazione
collettiva a una vasta area del lavoro prestato alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni. I principi costituzionali di legalita'  ed
imparzialita', che si esprimono anche nella necessita'  del  pubblico
concorso,  in  conformita'  all'art.  97  Cost.,   contribuiscono   a
conformare la condotta della pubblica amministrazione  e  l'esercizio
delle funzioni che  le  sono  riconosciute  quale  datore  di  lavoro
pubblico in regime contrattualizzato. 
    5.4.2.-  E'  pur  vero  che,  attraverso  il   meccanismo   delle
graduatorie ad esaurimento, di cui alla legge 3 maggio 1999,  n.  124
(Disposizioni urgenti in  materia  di  personale  scolastico),  anche
l'accesso all'insegnamento nella scuola statale prescinde, in  misura
del 50 per cento delle immissioni in ruolo, dall'espletamento  di  un
pubblico concorso. Ma anche in questo caso  permangono  significative
differenze tra i rispettivi sistemi di reclutamento. 
    In effetti, il sistema delle  graduatorie  ha  rappresentato  uno
strumento per consentire l'assorbimento del  precariato  dei  docenti
che hanno prestato attivita' di insegnamento  presso  le  istituzioni
scolastiche statali.  Tuttavia,  proprio  con  riferimento  ad  esso,
questa Corte ha riconosciuto che «la scelta operata  dal  legislatore
con  la  legge  n.  124  del  1999,  istitutiva   delle   graduatorie
permanenti, e' quella di individuare  i  docenti  cui  attribuire  le
cattedre e le supplenze secondo il criterio del merito» (sentenza  n.
41 del 2011). 
    Anche laddove l'accesso  all'insegnamento  nella  scuola  statale
avvenga   attraverso   tale    sistema,    infatti,    il    possesso
dell'abilitazione all'insegnamento costituisce solo uno  dei  criteri
che determinano l'utile collocazione nelle stesse. Accanto  ad  esso,
si tiene conto di una molteplicita' di altri  indicatori,  espressivi
delle pregresse esperienze professionali, dell'anzianita' di servizio
e degli altri titoli professionali e accademici conseguiti. 
    Questo canale di accesso denota, inoltre, un carattere fortemente
procedimentalizzato, tale da consentire una verifica  anche  in  sede
giudiziale     sulla     correttezza     delle     scelte     operate
dall'amministrazione. Viceversa, nel sistema delle scuole  paritarie,
proprio al fine di garantire la liberta' di educazione e  l'autonomia
delle stesse istituzioni  scolastiche,  in  particolare  nel  momento
della scelta del corpo docente,  la  selezione  non  comporta  alcuna
attivita' procedimentale, potendo la scelta avvenire sulla base della
valutazione discrezionale del dirigente scolastico. 
    Va, infine, notato che il principio  del  pubblico  concorso  che
regola l'accesso ai ruoli della scuola statale, unito  alla  volonta'
legislativa di eliminare possibili distorsioni applicative,  ha  reso
progressivamente  marginale  il  sistema  delle   graduatorie.   Come
stabilito dall'art. 1, comma 605, lettera c), della legge 27 dicembre
2006, n. 296, recante «Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)»,  gia'  a
partire dal 2007 non e' piu'  consentito  l'inserimento  in  esse  di
nuovi aspiranti candidati prima che sia  completata  l'immissione  in
ruolo dei docenti che gia' ne facevano parte. 
    5.4.3.- Permane, dunque, la differenza tra le  scuole  paritarie,
svincolate dall'esercizio di  meccanismi  di  selezione  assimilabili
alle procedure concorsuali, e quelle statali, dove invece  valgono  i
principi generali per l'accesso ai ruoli dell'amministrazione.  Anche
dopo la legge n. 62 del 2000, cio' impedisce, sotto  questo  profilo,
la completa assimilazione dei due diversi plessi. 
    Ne', d'altra parte, la diversa valutazione del servizio incide su
quello che costituisce il presupposto della  parita'  di  trattamento
garantita dalla legge n. 62 del 2000, rappresentato dalla  comprovata
omogeneita' qualitativa dell'offerta formativa e didattica (legge  n.
62 del 2000, art. 1, comma 5, primo periodo). 
    5.5.- Va infine  esclusa  l'irragionevolezza  della  disposizione
censurata, nel raffronto con l'art. 2, comma 2, del  decreto-legge  3
luglio 2001, n. 255 (Disposizioni urgenti per  assicurare  l'ordinato
avvio dell'anno scolastico 2001/2002), convertito, con modificazioni,
nella legge 20 agosto 2001, n. 333. 
    5.5.1.- Quest'ultima disposizione  consente  la  valutazione  dei
servizi d'insegnamento prestati nelle scuole paritarie  nella  stessa
misura prevista per il servizio prestato  nelle  scuole  statali,  ma
tale valutazione ha rilievo ai  soli  fini  della  «[i]ntegrazione  a
regime delle graduatorie permanenti  del  personale  docente»,  cosi'
come  indica  la  relativa  rubrica.  Agli  insegnanti  delle  scuole
paritarie e' stato  cosi'  espressamente  riconosciuto  un  beneficio
particolare  e  significativo,  consistente  nella  equiparazione,  a
determinati   fini,   dell'attivita'   di    insegnamento    prestata
anteriormente all'immissione nei ruoli dell'amministrazione statale. 
    In quanto attributiva di un beneficio in  favore  di  determinate
categorie di soggetti, questa norma riveste carattere  eccezionale  e
deve ritenersi di stretta interpretazione.  Come  riconosciuto  dalla
costante giurisprudenza della Corte di cassazione e del Consiglio  di
Stato, essa e' insuscettibile di essere applicata  «estensivamente  o
analogicamente» (Corte di cassazione, sezione  lavoro,  ordinanza  10
novembre 2020, n. 25226  e  sentenza  11  dicembre  2019,  n.  32386;
Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenze 4 novembre 2020, n. 6796,
n. 6797, n. 6798 e n. 6799; 27 luglio 2020, n. 4770; 28 aprile  2020,
n. 2717; 11 febbraio 2011, n. 906; decisione 7 gennaio  2008,  n.  6;
sezione quarta, decisioni 22 giugno 2004, n. 4382 e 25 marzo 2004, n.
1607;  sezione  sesta,  decisione  9  maggio  2002,  n.   2517).   E'
consentita, dunque, la valutazione  del  servizio  preruolo  ai  fini
dell'immissione dei docenti delle scuole paritarie nelle  graduatorie
permanenti del personale  docente,  ma  questa  possibilita'  non  e'
estensibile, in via analogica,  anche  ai  fini  della  ricostruzione
della  carriera,  della  mobilita'  scolastica  e  dell'accesso  alle
procedure concorsuali riservate. 
    5.5.2.- Del resto, anche la disposizione dell'art. 485 del d.lgs.
n. 297  del  1994,  con  il  riconoscimento,  ai  fini  giuridici  ed
economici, del servizio prestato dai docenti delle scuole  statali  e
pareggiate prima dell'immissione in ruolo, risulta attributiva di  un
trattamento di particolare favore a tali docenti. 
    Al riguardo, questa Corte ha gia' ritenuto che la disposizione  -
nel riprodurre il contenuto normativo dell'art. 2  del  decreto-legge
19 giugno 1970, n. 370 (Riconoscimento del  servizio  prestato  prima
della nomina in ruolo dal personale insegnante e non insegnante delle
scuole di istruzione elementare, secondaria e artistica), convertito,
con modificazioni,  nella  legge  26  luglio  1970,  n.  576  -  «ha,
all'evidenza, carattere  di  eccezionalita'»  (ordinanza  n.  15  del
2001). 
    In linea di coerenza con questa impostazione, e'  stato  altresi'
affermato  che  «l'interpretazione  restrittiva  delle   disposizioni
impugnate non comporta la  violazione  dei  parametri  costituzionali
invocati, non risultando manifestamente irragionevole, ne'  contraria
al buon andamento dell'amministrazione, la scelta  discrezionale  del
legislatore  di  valutare  diversamente  il  servizio  pregresso  dei
docenti  della  scuola  secondaria»,  in  funzione  delle  specifiche
peculiarita' dell'attivita' di insegnamento prestata (ordinanza n. 89
del 2001; nello stesso senso, ordinanza n. 753 del 1988). 
    Specie  in  riferimento  all'applicazione  degli   istituti   che
regolano  la  carriera  degli   insegnanti,   l'assimilazione   della
disciplina del rapporto di lavoro dei docenti delle scuole  paritarie
e di quelle statali  rimane,  quindi,  solo  parziale,  spettando  al
legislatore il compito  di  modularne  le  forme  e  la  misura,  nel
rispetto dei principi di cui all'art. 33 Cost. In considerazione  dei
sopra  evidenziati  elementi   differenziali   che   qualificano   il
rispettivo rapporto di lavoro, non puo'  ritenersi  irragionevole  la
scelta legislativa di limitare tale assimilazione ad  alcuni  aspetti
del rapporto.