ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e  3
del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti  in  materia
di  contenimento  e   gestione   dell'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 5  marzo  2020,
n. 13, e degli artt. 1, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n.  19
(Misure  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020,
n. 35, promosso dal Giudice di pace  di  Frosinone  nel  procedimento
vertente tra E. I. e la Prefettura di Frosinone, con ordinanza del 23
dicembre 2020, iscritta al  n.  27  del  registro  ordinanze  2021  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  10,  prima
serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22 settembre 2021 il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 23 dicembre 2020, iscritta  al  n.  27  del
registro ordinanze 2021, il Giudice di pace di Frosinone ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. l,  2  e  3  del
decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti  in  materia  di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica  da  COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo  2020,  n.  13,  e
degli artt. l, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n.  19  (Misure
urgenti per fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35. 
    Il giudice a quo sospetta che le disposizioni  censurate  violino
gli artt. 76,  77  e  78  della  Costituzione,  in  quanto  avrebbero
sostanzialmente  delegato  la  funzione  legislativa  in  materia  di
contenimento della pandemia da COVID-19 all'autorita' di Governo  per
il suo esercizio tramite meri atti amministrativi  -  i  decreti  del
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  -,  in  contrasto  «con  il
principio indiscusso di  tipicita'  delle  fonti-atto  di  produzione
normativa»,  e  al  di  fuori   dell'unica   ipotesi   di   emergenza
costituzionalmente rilevante, quella dello stato di guerra. 
    1.1.- Il rimettente espone di  dover  giudicare  sull'opposizione
proposta da E. I. avverso la  sanzione  amministrativa  di  euro  400
inflittagli in seguito ad un verbale di contestazione dei Carabinieri
di Trevi nel Lazio per aver egli violato il giorno 20 aprile 2020  il
divieto di uscire dalla propria abitazione e spostarsi nel territorio
comunale, divieto sancito  dal  d.P.C.m.  22  marzo  2020  (Ulteriori
disposizioni attuative del decreto-legge  23  febbraio  2020,  n.  6,
recante  misure  urgenti  in  materia  di  contenimento  e   gestione
dell'emergenza epidemiologica da  COVID-19,  applicabili  sull'intero
territorio nazionale). 
    La rilevanza delle questioni sarebbe assicurata dal fatto che  la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
censurate determinerebbe l'accoglimento dell'opposizione  di  E.  I.,
privando di efficacia il d.P.C.m. 22 marzo 2020, il quale, proprio in
attuazione di quelle disposizioni, avrebbe  posto  l'obbligo  da  lui
violato. 
    1.2.- Ad avviso del  Giudice  di  pace  di  Frosinone,  le  norme
censurate avrebbero delegato al d.P.C.m. 22 marzo 2020 la definizione
di nuovi illeciti amministrativi, cosi' attribuendo ad esso la "forza
di legge" necessaria a soddisfare il  principio  di  legalita'  delle
sanzioni amministrative, sancito dall'art. 1 della legge 24  novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale). 
    Sarebbe stato in tal modo «aggirato il principio cardine  di  cui
agli articoli 76 e 77 Cost.,  per  cui  la  funzione  legislativa  e'
affidata al Parlamento, che puo' delegarla solo con una  legge-delega
e comunque giammai ad atti amministrativi». 
    1.3.-  L'alterazione  del  sistema  delle  fonti  operata   dalle
disposizioni   censurate   non   potrebbe   trovare   giustificazione
costituzionale nella necessita' di far fronte all'emergenza pandemica
da COVID-19, poiche' l'unica ipotesi emergenziale  costituzionalmente
rilevante sarebbe quella dello stato di guerra, considerato dall'art.
78 Cost. 
    Secondo il rimettente, «[n]essuna altra ipotesi di emergenza, nel
nostro  ordinamento  costituzionale,  puo'  essere  fonte  di  poteri
speciali o legittimanti fonti  di  produzione  normativa  diverse  da
quelle previste». 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni  inammissibili  o  non
fondate. 
    2.1.- Le questioni aventi ad  oggetto  il  d.l.  n.  6  del  2020
sarebbero inammissibili per difetto di  rilevanza,  poiche',  essendo
stato  commesso  in  data  20  aprile  2020,  l'illecito   contestato
all'opponente non ricadrebbe  nella  sua  sfera  applicativa,  ma  in
quella del d.l. n. 19 del 2020, abrogativo  del  precedente;  a  tale
illecito non sarebbe quindi applicabile il d.P.C.m.  22  marzo  2020,
bensi' il d.P.C.m. 10 aprile 2020 (Ulteriori  disposizioni  attuative
del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante  misure  urgenti  per
fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,  applicabili
sull'intero territorio nazionale), sostitutivo del precedente. 
    L'inammissibilita' delle questioni deriverebbe in ogni caso dalla
non pertinenza dei parametri evocati,  atteso  che  il  principio  di
legalita' delle sanzioni amministrative  non  troverebbe  la  propria
copertura negli artt. 76 e 77 Cost., bensi' negli artt. 23 e 25 Cost. 
    2.2.- Le questioni sarebbero comunque non fondate, in riferimento
a tutti gli evocati parametri, anche alla luce della sentenza  n.  37
del 2021 di questa Corte. 
    Non sarebbe stato violato l'art. 76 Cost., poiche' il d.l. n.  19
del  2020  «stabilisce  con  precisione  e  in   via   preventiva   i
comportamenti vietati, la misura della sanzione, l'organo deputato ad
irrogarla», sicche' non vi sarebbe stata alcuna impropria  delega  di
funzione legislativa,  essendosi  il  d.P.C.m.  limitato  ad  attuare
quanto previsto dalla fonte primaria. 
    La conversione in legge del d.l. n. 19 del 2020  escluderebbe  la
violazione  dell'art.  77  Cost.,  essendo  peraltro  indiscussa   la
sussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza. 
    Infine, non vi sarebbe stata un'assunzione di poteri emergenziali
in violazione dell'art. 78 Cost., avendo il Presidente del  Consiglio
dei ministri esercitato il potere di ordinanza conferitogli dall'art.
5 del  decreto  legislativo  2  gennaio  2018,  n.  1  (Codice  della
protezione civile), previa deliberazione dello stato di emergenza  di
rilievo nazionale, adottata in conformita' all'art. 24  del  medesimo
decreto legislativo. 
    3.- In qualita' di  amicus  curiae,  l'associazione  "Generazioni
future societa' cooperativa di mutuo  soccorso  Stefano  Rodota'"  ha
depositato  un'opinione  scritta,  che  reca   argomenti   favorevoli
all'accoglimento delle questioni. 
    Vi si sostiene che le censurate disposizioni del d.l.  n.  6  del
2020 abbiano attribuito  all'autorita'  governativa  una  «delega  in
bianco», sicche', «[d]i fatto, la riserva di legge  assoluta  che,  a
determinate  condizioni,  legittima  la   limitazione   dei   diritti
fondamentali, a partire dalla liberta' di circolazione, si  trasforma
in una "riserva di atto amministrativo"». 
    I dubbi  di  legittimita'  costituzionale  permarrebbero  per  le
censurate  disposizioni  del  d.l.   n.   19   del   2020,   riguardo
«all'adozione di atti extra ordinem,  anche  in  ordine  al  rispetto
della  riserva  di  legge  assoluta  e  del  principio  di  legalita'
sostanziale», trattandosi peraltro  di  un  testo  normativo  che  ha
operato una «reiterazione implicita» del precedente. 
    3.1.-  Secondo  l'amicus  curiae,  dichiarate  costituzionalmente
illegittime le  norme  primarie,  questa  Corte  dovrebbe  dichiarare
l'illegittimita'  costituzionale   anche   dei   d.P.C.m.   ad   esse
riconducibili, attesa la loro «illegittimita' derivata». 
    3.2.-  L'opinione  dell'amicus  e'  stata  ammessa  con   decreto
presidenziale del 5 luglio 2021. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice di pace di Frosinone (reg. ord. n. 27 del 2021) ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. l, 2 e
3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia
di  contenimento  e   gestione   dell'emergenza   epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 5  marzo  2020,
n. 13, e degli artt. l, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n.  19
(Misure  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica   da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020,
n. 35. 
    Ad  avviso  del  rimettente,   le   norme   censurate   avrebbero
sostanzialmente  delegato  la  funzione  legislativa  in  materia  di
contenimento della pandemia da COVID-19 all'autorita' di Governo  per
il suo esercizio tramite meri atti amministrativi  -  i  decreti  del
Presidente del Consiglio dei ministri - in violazione degli artt. 76,
77 e 78 della  Costituzione,  atteso  che,  al  di  fuori  dell'unica
ipotesi di emergenza costituzionalmente rilevante, quella dello stato
di guerra di  cui  all'art.  78  Cost.,  sarebbe  stato  alterato  il
principio  di  tipicita'  delle  fonti   di   produzione   normativa,
segnatamente «il principio cardine di  cui  agli  articoli  76  e  77
Cost., per cui la funzione legislativa e' affidata al Parlamento, che
puo' delegarla solo con una legge-delega e comunque giammai  ad  atti
amministrativi». 
    1.1.- Il rimettente espone di  dover  giudicare  sull'opposizione
proposta da un cittadino avverso la sanzione amministrativa  di  euro
400 inflittagli per avere l'opponente violato  il  giorno  20  aprile
2020 il divieto di uscire dalla propria abitazione  e  spostarsi  nel
territorio comunale senza giustificato motivo,  divieto  sancito  dal
d.P.C.m.  22  marzo  2020  (Ulteriori  disposizioni   attuative   del
decreto-legge 23 febbraio 2020,  n.  6,  recante  misure  urgenti  in
materia di contenimento e gestione dell'emergenza  epidemiologica  da
COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale). 
    Le   sollevate   questioni   sarebbero   rilevanti   poiche'   la
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  delle  disposizioni
censurate priverebbe di efficacia il d.P.C.m. 22  marzo  2020,  quale
atto "a valle",  determinando  per  riflesso  l'illegittimita'  della
sanzione e quindi l'accoglimento dell'opposizione. 
    2.- Intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri   ha   eccepito
l'inammissibilita' delle questioni sotto due distinti profili. 
    2.1.- La  prima  eccezione  denuncia  un  difetto  di  rilevanza,
poiche', essendo stato commesso in data 20  aprile  2020,  l'illecito
non ricadrebbe nella sfera applicativa del d.l. n. 6 del 2020, ma  in
quella del d.l. n. 19 del  2020,  abrogativo  del  precedente;  esso,
pertanto, non sarebbe soggetto  al  d.P.C.m.  22  marzo  2020  ma  al
d.P.C.m.  10  aprile  2020  (Ulteriori  disposizioni  attuative   del
decreto-legge 25 marzo  2020,  n.  19,  recante  misure  urgenti  per
fronteggiare  l'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,  applicabili
sull'intero territorio nazionale), sostitutivo del precedente. 
    2.2.-  L'altra  eccezione  assume  l'inconferenza  dei  parametri
evocati,  atteso  che  il  principio  di  legalita'  delle   sanzioni
amministrative - al  quale,  in  definitiva,  il  giudice  a  quo  si
richiama - non troverebbe la propria copertura negli artt.  76  e  77
Cost., bensi' negli artt. 23 e 25 Cost. 
    3.- Occorre premettere all'esame di queste  eccezioni  una  breve
ricostruzione della sequenza normativa mediante la  quale  Governo  e
Parlamento hanno affrontato l'emergenza epidemiologica  da  COVID-19,
con specifico riguardo al d.l. n. 6 e al d.l. n. 19 del 2020, oggetto
delle questioni di legittimita' costituzionale. 
    3.1.-  In  data   30   gennaio   2020   il   Direttore   generale
dell'Organizzazione mondiale della sanita' dichiarava  la  diffusione
del nuovo coronavirus (2019-nCoV) «emergenza di  salute  pubblica  di
rilevanza internazionale»; in data 11 marzo  2020  seguira'  la  piu'
severa dichiarazione di «pandemia», attesa  la  diffusivita'  globale
del virus. 
    In data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri, ai sensi degli
artt. 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto  legislativo
2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), dichiarava  lo
stato di emergenza sul territorio nazionale  per  la  durata  di  sei
mesi, «in conseguenza del rischio sanitario  connesso  all'insorgenza
di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili». 
    3.2.- Nel definire la  tipologia  degli  eventi  emergenziali  di
protezione civile, l'art. 7, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 1 del
2018 descrive l'ipotesi di maggiore gravita': «emergenze  di  rilievo
nazionale connesse  con  eventi  calamitosi  di  origine  naturale  o
derivanti  dall'attivita'  dell'uomo  che  in  ragione   della   loro
intensita'  o  estensione  debbono,  con  immediatezza  d'intervento,
essere fronteggiate con mezzi  e  poteri  straordinari  da  impiegare
durante  limitati  e  predefiniti   periodi   di   tempo   ai   sensi
dell'articolo 24». 
    L'art. 24, comma  1,  del  medesimo  testo  normativo  stabilisce
appunto che, al verificarsi degli eventi rientranti nella  previsione
dell'art. 7, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri  delibera
lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ne fissa  la  durata,  ne
determina l'estensione territoriale «e autorizza  l'emanazione  delle
ordinanze di protezione civile di cui all'articolo 25». 
    A norma del successivo art. 25, comma 1, «[p]er il  coordinamento
dell'attuazione degli interventi da effettuare durante  lo  stato  di
emergenza di rilievo nazionale  si  provvede  mediante  ordinanze  di
protezione civile,  da  adottarsi  in  deroga  ad  ogni  disposizione
vigente, nei limiti e con le modalita' indicati  nella  deliberazione
dello stato  di  emergenza  e  nel  rispetto  dei  principi  generali
dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione  europea»;  tali
ordinanze, «ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono  contenere
l'indicazione delle principali norme a  cui  si  intende  derogare  e
devono essere specificamente motivate». 
    Il comma 4 del medesimo art. 25 prescrive  che  queste  ordinanze
siano pubblicate in Gazzetta Ufficiale e il comma 9 assicura  avverso
di esse la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo. 
    I poteri di  ordinanza  in  materia  di  protezione  civile  sono
attribuiti dall'art. 5,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  1  del  2018  al
Presidente del Consiglio dei ministri, «che puo' esercitar[li], salvo
che  sia  diversamente  stabilito  con  la   deliberazione   di   cui
all'articolo 24, per il  tramite  del  Capo  del  Dipartimento  della
protezione civile». 
    3.3.- Il d.l. n. 6 del 2020 stabiliva, al comma  1  dell'art.  1,
che, «[a]llo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, nei comuni
o nelle aree nei quali risulta positiva almeno  una  persona  per  la
quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi
e' un caso non riconducibile ad una persona  proveniente  da  un'area
gia' interessata dal contagio  del  menzionato  virus,  le  autorita'
competenti, con le modalita' previste dall'articolo 3, commi 1  e  2,
sono tenute ad  adottare  ogni  misura  di  contenimento  e  gestione
adeguata   e    proporzionata    all'evolversi    della    situazione
epidemiologica»;  il  comma  2  del   medesimo   art.   1   conteneva
un'elencazione non  tassativa  delle  misure  adottabili,  in  quanto
disponeva che, «[t]ra le misure di cui al  comma  1,  possono  essere
adottate anche le seguenti [...]». 
    Il successivo  art.  2,  comma  1,  prevedeva  inoltre,  mediante
formulazione  "aperta",  che  «[l]e  autorita'  competenti,  con   le
modalita' previste dall'articolo 3, commi 1  e  2,  possono  adottare
ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza,  al  fine
di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID-19 anche fuori  dei
casi di cui all'articolo 1, comma 1». 
    L'art.  3  regolava   quindi   l'attuazione   delle   misure   di
contenimento, affidandola essenzialmente allo strumento del d.P.C.m.:
«[l]e misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate [...] con uno o
piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri,  su  proposta
del Ministro della  salute,  sentiti  il  Ministro  dell'interno,  il
Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e  delle  finanze  e
gli altri Ministri competenti per materia, nonche' i Presidenti delle
regioni competenti, nel caso in  cui  riguardino  esclusivamente  una
regione o alcune  specifiche  regioni,  ovvero  il  Presidente  della
Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso  in  cui
riguardino il  territorio  nazionale»  (comma  1);  l'adozione  delle
misure di contenimento tramite ordinanze contingibili e  urgenti  del
Ministro della salute, dei Presidenti delle Regioni o dei sindaci era
prevista  in  termini  puramente  interinali  e  residuali,   essendo
consentita  solo  «[n]elle  more  dell'adozione   dei   decreti   del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1» e solo  «nei
casi di estrema necessita' ed urgenza» (comma 2). 
    L'art. 3, comma 4, del medesimo d.l. n.  6  del  2020  attribuiva
rilevanza  penale  all'inosservanza  delle  misure  di  contenimento,
qualificandola come contravvenzione di polizia: «[s]alvo che il fatto
non costituisca piu' grave reato, il mancato rispetto delle misure di
contenimento  di  cui  al  presente  decreto  e'  punito   ai   sensi
dell'articolo 650 del codice penale». 
    3.4.- L'art. 5, comma 1, lettera a), del d.l.  n.  19  del  2020,
entrato in vigore il 26 marzo 2020, ha abrogato il d.l. n. 6 del 2020
(ad eccezione delle disposizioni  civilistiche  di  cui  all'art.  3,
comma 6-bis, e delle disposizioni finanziarie di cui all'art. 4,  che
qui non vengono in rilievo). 
    Per la clausola di salvezza di  cui  all'art.  2,  comma  3,  del
medesimo d.l. n.  19  del  2020,  «[s]ono  fatti  salvi  gli  effetti
prodotti  e  gli  atti  adottati  sulla  base  dei  decreti  e  delle
ordinanze» emanati ai sensi del d.l. n. 6 del 2020 e «[c]ontinuano ad
applicarsi  nei  termini  originariamente  previsti  le  misure  gia'
adottate» - tra gli altri - con il  d.P.C.m.  22  marzo  2020,  «come
ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto». 
    L'art.  4,  comma  1,  del  d.l.  n.  19  del  2020   ha   infine
depenalizzato   l'inosservanza   delle   misure   di    contenimento,
assoggettandola a sanzione amministrativa pecuniaria, escluse  quindi
le sanzioni contravvenzionali di cui all'art. 650 del codice penale. 
    4.- E' ora possibile esaminare le eccezioni  di  inammissibilita'
sollevate dalla difesa statale. 
    4.1.- La prima eccezione, che  assume  il  difetto  di  rilevanza
delle questioni concernenti il d.l. n. 6 del 2020, e' fondata. 
    La fattispecie oggetto del  giudizio  principale  viene  riferita
dall'ordinanza  di  rimessione  alla  contestata   inosservanza   del
d.P.C.m. 22 marzo 2020, l'ultimo adottato in base al d.l.  n.  6  del
2020. 
    Tuttavia, la violazione di  che  trattasi  e'  stata  commessa  -
sempre per indicazione dell'ordinanza di rimessione -  il  20  aprile
2020, e a tale  data  il  d.P.C.m.  22  marzo  2020  non  aveva  piu'
efficacia, avendola perduta in data 14 aprile 2020, a norma dell'art.
8, commi 1 e 2, del d.P.C.m. 10 aprile 2020, attuativo del d.l. n. 19
del 2020. 
    La fattispecie oggetto del giudizio a quo non e' quindi in  alcun
modo interessata dalle disposizioni del d.l. n. 6 del  2020,  poiche'
verificatasi in un momento nel quale esse erano gia'  state  abrogate
dal d.l. n. 19 del 2020 e, in attuazione di  quest'ultimo,  era  gia'
stato emanato un d.P.C.m. sostitutivo. 
    La riprova e' fornita  dal  contenuto  stesso  del  provvedimento
opposto,  che  ha  irrogato  la  sanzione  amministrativa  pecuniaria
stabilita - nel contesto della depenalizzazione  delle  violazioni  -
dall'art. 4, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020 («da euro  400  a  euro
1.000»). 
    Un'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale  degli
artt. l, 2 e 3 del d.l. n. 6 del 2020  non  avrebbe,  quindi,  alcuna
incidenza sul giudizio  a  quo,  nel  quale  tali  disposizioni  sono
inapplicabili ratione temporis. 
    Le questioni sollevate nei riguardi  dei  citati  articoli  vanno
pertanto  dichiarate  inammissibili  per  difetto  di  rilevanza  (ex
plurimis, sentenze n. 85 del 2020, n. 159 e n. 20 del 2019, n. 36 del
2016, n. 192 del 2015 e n. 294 del 2011; ordinanze n. 57 del  2018  e
n. 38 del 2017). 
    4.2.- Sono rilevanti dunque le sole questioni aventi  ad  oggetto
gli artt. l, 2 e 4 del d.l. n.  19  del  2020,  e  per  esse  occorre
procedere allo scrutinio di merito, in quanto  l'eccezione  formulata
dall'Avvocatura  dello  Stato  circa  la  pertinenza  degli   evocati
parametri non e' fondata. 
    Tramite l'evocazione degli artt. 76, 77 e 78 Cost., il giudice  a
quo ha inteso denunciare la violazione  del  principio  di  legalita'
delle  sanzioni  amministrative  non  in  se',  ma   quale   riflesso
dell'alterazione del sistema delle  fonti,  a  suo  dire  determinata
dall'impropria sequenza tra decreti-legge e d.P.C.m. 
    Il nucleo della denuncia e' chiaro: le norme  primarie  censurate
(decreti-legge) avrebbero "delegato" le fonti subprimarie  (d.P.C.m.)
a definire nuovi  illeciti  amministrativi,  sicche'  -  come  recita
l'ordinanza di rimessione -  sarebbe  stato  «aggirato  il  principio
cardine di cui agli articoli 76 e  77  Cost.,  per  cui  la  funzione
legislativa e' affidata al Parlamento, che puo'  delegarla  solo  con
una legge-delega e comunque giammai ad atti amministrativi». 
    Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare,  quando  e'  ben
individuato  il  nucleo   essenziale   della   censura,   l'eventuale
inconferenza dei parametri  costituzionali  evocati  non  integra  un
motivo di inammissibilita' della questione, semmai una ragione di non
fondatezza (sentenze n. 286 del 2019 e n. 290 del 2009). 
    Ovviamente, la selezione dei parametri operata dal giudice a quo,
mentre non rende inammissibili le questioni cosi' come sollevate,  ne
delimita tuttavia  l'oggetto,  che  resta  pertanto  circoscritto  al
sistema delle fonti, quale delineato dagli artt. 76, 77 e  78  Cost.,
senza attingere specificamente il problema delle  riserve  di  legge,
ne' quelle poste dagli artt. 23  e  25  Cost.,  cui  l'Avvocatura  fa
esplicito riferimento,  ne'  le  altre  potenzialmente  incise  dalle
singole misure di contenimento. 
    5.- Nel merito, le questioni di legittimita' costituzionale degli
artt. l, 2 e 4 del d.l. n. 19 del 2020 non sono fondate. 
    6.- Come afferma la relazione illustrativa al disegno di legge di
conversione, il d.l. n. 19  del  2020  si  e'  posto  l'obiettivo  di
«sottoporre a una piu' stringente interpretazione  del  principio  di
legalita' la tipizzazione delle misure potenzialmente applicabili per
la gestione dell'emergenza», e tale obiettivo ha perseguito «con  una
compilazione che riconduce a livello di fonte primaria il  novero  di
tutte le misure applicabili all'emergenza stessa, nel  cui  ambito  i
singoli provvedimenti  emergenziali  attuativi  potranno  discernere,
momento per momento e luogo per  luogo,  quelle  di  cui  si  ritenga
esservi concretamente maggiore bisogno per fronteggiare nel modo piu'
efficace l'emergenza stessa». 
    In effetti, l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020 stabilisce
che, «[p]er contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla
diffusione del virus COVID-19, su  specifiche  parti  del  territorio
nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalita' di esso, possono essere
adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto,  una  o  piu'
misure tra quelle di cui al comma 2»; e il comma 2 precisa,  appunto,
che, «[a]i sensi e per le finalita' di cui al comma 1, possono essere
adottate, secondo  principi  di  adeguatezza  e  proporzionalita'  al
rischio effettivamente presente su specifiche  parti  del  territorio
nazionale ovvero sulla totalita' di esso», una o piu' tra  le  misure
ivi elencate, da  intendersi  come  tipiche,  per  l'assenza  di  una
clausola di apertura verso indefinite «ulteriori misure»,  analoga  a
quella contenuta nell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 6 del 2020. 
    6.1.- La tipizzazione delle misure di contenimento - coerente con
l'esigenza di assicurare il corretto rapporto tra  fonti  primarie  e
fonti secondarie, soprattutto in relazione alla natura delle  censure
proposte dal rimettente - e'  stata  accompagnata  nell'economia  del
d.l. n. 19 del 2020 da ulteriori garanzie,  sia  per  quanto  attiene
alla responsabilita' del Governo nei confronti  del  Parlamento,  sia
sul versante della certezza dei diritti dei cittadini. 
    Il d.l. n. 19 del 2020 ha invero disposto la temporaneita'  delle
misure restrittive, adottabili solo «per periodi  predeterminati»,  e
reiterabili non oltre il termine  finale  dello  stato  di  emergenza
(art. 1, comma 1); ha  quindi  stabilito  che  «[i]l  Presidente  del
Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato  riferisce  ogni
quindici giorni alle  Camere  sulle  misure  adottate  ai  sensi  del
presente decreto» (art. 2, comma 5), previsione, questa,  alla  quale
si e' anteposto in sede di conversione che, salve ragioni di urgenza,
«[i]l Presidente del Consiglio dei ministri  o  un  Ministro  da  lui
delegato  illustra  preventivamente  alle  Camere  il  contenuto  dei
provvedimenti da adottare ai sensi del presente  comma,  al  fine  di
tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati»  (art.
2, comma 1); ha infine prescritto la pubblicazione dei d.P.C.m. nella
Gazzetta Ufficiale e la comunicazione alle  Camere  entro  il  giorno
successivo alla pubblicazione (art. 2, comma 5). 
    6.2.- La tipizzazione delle misure di  contenimento  operata  dal
d.l. n. 19  del  2020  e'  stata  corredata  dall'indicazione  di  un
criterio che orienta l'esercizio della discrezionalita' attraverso  i
«principi di adeguatezza e proporzionalita' al rischio effettivamente
presente su specifiche parti del territorio  nazionale  ovvero  sulla
totalita' di esso» (art. 1, comma 2). 
    In tal  senso  assume  rilievo  -  giacche'  supporta  sul  piano
istruttorio la messa in atto della  disciplina  primaria,  rendendone
piu' concreta ed effettiva la verifica giudiziale - quanto  stabilito
dall'ultimo periodo dell'art. 2, comma 1, dello stesso d.l. n. 19 del
2020,  cioe'  che,  «[p]er  i  profili   tecnico-scientifici   e   le
valutazioni di adeguatezza e proporzionalita', i provvedimenti di cui
al presente comma  sono  adottati  sentito,  di  norma,  il  Comitato
tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del  Capo  del  dipartimento
della Protezione civile 3 febbraio 2020,  n.  630,  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale n. 32 dell'8 febbraio 2020». 
    La fonte primaria, pertanto, non soltanto ha tipizzato le  misure
adottabili dal Presidente del Consiglio dei  ministri,  in  tal  modo
precludendo all'autorita' di Governo  l'assunzione  di  provvedimenti
extra ordinem, ma ha anche imposto un criterio  tipico  di  esercizio
della discrezionalita' amministrativa, che e' di per  se'  del  tutto
incompatibile con l'attribuzione di potesta' legislativa ed e'  molto
piu' coerente con  la  previsione  di  una  potesta'  amministrativa,
ancorche' ad efficacia generale. 
    6.3.- In sostanza, il d.l. n. 19 del 2020, lungi dal dare luogo a
un conferimento di potesta' legislativa al Presidente  del  Consiglio
dei ministri in violazione degli artt. 76 e 77 Cost.,  si  limita  ad
autorizzarlo a dare esecuzione alle misure tipiche previste. 
    7.- La tipizzazione operata dal d.l. n. 19 del 2020 rivela la sua
importanza sul piano del sistema delle fonti  proprio  riguardo  alla
misura di contenimento la cui violazione e' oggetto  del  giudizio  a
quo,  cioe'  il  divieto  di  allontanamento  dall'abitazione   senza
giustificato motivo. 
    7.1.- Il d.l. n. 19 del 2020, a differenza  del  d.l.  n.  6  del
2020, ha infatti specificamente previsto quali misure di contenimento
le «limitazioni  alla  possibilita'  di  allontanarsi  dalla  propria
residenza, domicilio o dimora  se  non  per  spostamenti  individuali
limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze  lavorative,
da situazioni di necessita' o urgenza, da motivi di salute o da altre
specifiche ragioni» (art. 1, comma 2, lettera a). 
    Il d.P.C.m. 10 aprile 2020, nel prevedere, all'art. 1,  comma  1,
lettera a), che «sono consentiti solo  gli  spostamenti  motivati  da
comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita' ovvero  per
motivi di salute», e nello stabilire, all'art. 8, comma 1, che  tutte
le disposizioni in esso contenute «producono effetto dalla  data  del
14 aprile 2020 e sono efficaci fino al 3 maggio 2020», si  e'  dunque
limitato ad adattare all'andamento della pandemia quanto stabilito in
via generale dalla fonte primaria. 
    Il contenuto tipizzato del decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri smentisce l'ipotesi del rimettente circa il conferimento
di potesta' legislativa da parte del decreto-legge.  Risulta  in  tal
modo  rispettato  quanto  da  questa  Corte  affermato  a   proposito
dell'individuazione  delle  fonti  primarie,   e   cioe'   che,   «in
considerazione della particolare efficacia delle  fonti  legislative,
delle rilevanti materie ad esse riservate, della  loro  incidenza  su
molteplici situazioni soggettive, nonche' del loro  raccordo  con  il
sistema rappresentativo,  una  siffatta  individuazione  puo'  essere
disposta solo da fonti di livello costituzionale»  (sentenza  n.  361
del 2010). 
    8.- Al riguardo, non puo' non ricordarsi che, nel dichiarare  non
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20  del
regio decreto 3 marzo 1934, n.  383  (Approvazione  del  testo  unico
della legge comunale e provinciale), sollevata in riferimento  -  tra
gli altri - agli artt. 76 e 77 Cost.,  a  proposito  delle  ordinanze
prefettizie contingibili e urgenti, questa Corte  ha  fatto  richiamo
alla distinzione corrente tra  «"atti"  necessitati»  e  «"ordinanze"
necessitate», aventi entrambi come presupposto  l'urgente  necessita'
del  provvedere,  «ma  i  primi,  emessi  in  attuazione   di   norme
legislative   che   ne   prefissano   il   contenuto;    le    altre,
nell'esplicazione di poteri soltanto genericamente prefigurati  dalle
norme che li attribuiscono e percio' suscettibili di  assumere  vario
contenuto,  per  adeguarsi  duttilmente  alle  mutevoli   situazioni»
(sentenza n. 4 del 1977). 
    Ebbene, la tassativita'  delle  misure  urgenti  di  contenimento
acquisita dal d.l. n. 19 del 2020 induce ad accostare le stesse,  per
certi  versi,  agli  «"atti"  necessitati»,  in  quanto  «emessi   in
attuazione di norme legislative  che  ne  prefissano  il  contenuto»,
sicche' non e' dato riscontrare quella delega impropria  di  funzione
legislativa dal Parlamento al Governo che il rimettente ipotizza  nel
denunciare la violazione degli artt. 76 e 77 Cost. 
    8.1.- Quali atti a contenuto tipizzato, le misure  attuative  del
d.l. n. 19 del 2020 si distaccano concettualmente dal  modello  delle
ordinanze contingibili e  urgenti,  che  viceversa  rappresentano  il
paradigma delle "ordinanze necessitate" (a contenuto libero), seguito
dal codice della protezione civile. 
    Malgrado   il   punto   di   intersezione   rappresentato   dalla
dichiarazione dello stato di emergenza, le misure attuative del  d.l.
n.  19  del  2020  non  coincidono,  infatti,  con  le  ordinanze  di
protezione  civile,  l'emanazione  delle  quali   compete   pure   al
Presidente del Consiglio dei ministri, a norma degli artt. 5 e 25 del
d.lgs. n. 1 del 2018. 
    Lo stesso d.P.C.m.  10  aprile  2020,  applicabile  nel  caso  di
specie, pur richiamando nella premessa la dichiarazione  dello  stato
di emergenza,  fin  dal  titolo  definisce  le  proprie  disposizioni
«attuative» del  d.l.  n.  19  del  2020,  e  non  del  codice  della
protezione civile. 
    8.1.1.- L'alternativita' dei modelli di regolazione  non  solleva
tuttavia un problema di legittimita' costituzionale. 
    Invero, nel riconoscere che  la  competenza  legislativa  per  il
contenimento della pandemia spetta in esclusiva allo  Stato  giacche'
attinente alla  «profilassi  internazionale»  ex  art.  117,  secondo
comma, lettera q), Cost., questa Corte ha osservato  che  il  modello
tradizionale di gestione  delle  emergenze  affidato  alle  ordinanze
contingibili e urgenti, culminato nell'emanazione  del  codice  della
protezione  civile,  «se  da  un  lato  appare  conforme  al  disegno
costituzionale, dall'altro  non  ne  costituisce  l'unica  attuazione
possibile», essendo «ipotizzabile  che  il  legislatore  statale,  se
posto a confronto con un'emergenza sanitaria  dai  tratti  del  tutto
peculiari,  scelga  di  introdurre   nuove   risposte   normative   e
provvedimentali tarate su quest'ultima»,  come  appunto  accaduto  «a
seguito della diffusione  del  COVID-19,  il  quale,  a  causa  della
rapidita' e della imprevedibilita' con cui il contagio si spande,  ha
imposto l'impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una
situazione di crisi in costante divenire» (sentenza n. 37 del 2021). 
    8.1.2.- D'altronde, come rilevato anche dal Consiglio di Stato in
sede  consultiva  su  ricorso  straordinario  al   Presidente   della
Repubblica per l'annullamento di alcuni d.P.C.m. attuativi  del  d.l.
n. 19 del 2020 (parere 13 maggio 2021, n. 850), la legislazione sulle
ordinanze contingibili e urgenti e lo stesso codice della  protezione
civile non assurgono al  rango  di  leggi  "rinforzate",  sicche'  il
Parlamento ben ha  potuto  coniare  un  modello  alternativo  per  il
tramite  della  conversione  in  legge  di  decreti-legge  che  hanno
rinviato la propria esecuzione ad atti amministrativi tipizzati. 
    9.- Per  tutto  quanto  esposto,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli artt. l, 2 e 4 del d.l. n.  19  del  2020  vanno
dichiarate non fondate, poiche' le disposizioni  oggetto  di  censura
non hanno conferito al Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  una
funzione legislativa in violazione degli artt. 76  e  77  Cost.,  ne'
tantomeno poteri  straordinari  da  stato  di  guerra  in  violazione
dell'art. 78 Cost., ma hanno ad esso attribuito unicamente il compito
di dare esecuzione alla norma primaria mediante  atti  amministrativi
sufficientemente tipizzati.