Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex-lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. 80224030587 - pec per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 legalmente domicilia. Contro la Regione siciliana (c.f. 80012000826), in persona del Presidente pro tempore, con sede in Palermo, piazza Indipendenza n. 7 - cap 00145 per la declaratoria di illegittimita' costituzionale della legge della Regione siciliana 29 luglio 2021, n. 21, pubblicata nel BUR n. 34, del 6 agosto 2021, recante: «Disposizioni in materia di agroecologia, di tutela della biodiversita' e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura. Norme in materia di concessioni demaniali marittime», limitatamente agli articoli 3, commi 1 e 2; 4; 6; 18 come da delibera del Consiglio dei ministri del 29 settembre 2021. Sul BUR n. 34 del 6 agosto 2021, e' stata pubblicata la legge della Regione siciliana 29 luglio 2021 n. 21 recante «Disposizioni in materia di agroecologia, di tutela della biodiversita' e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura. Norme in materia di concessioni demaniali marittime». Il Governo ritiene che tale legge sia censurabile nelle disposizioni sopra indicate. Propone pertanto questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, Cost. per i seguenti Motivi 1. Premessa La legge regionale siciliana n. 21/21 detta disposizioni in materia di agroecologia, di tutela della biodiversita' e dei prodotti agricoli siciliani e di innovazione tecnologica in agricoltura, nonche' norme in materia di concessioni demaniali marittime. La stessa risulta sotto piu' profili illegittima per contrasto con l'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai vincoli posti dalle disposizioni eurounitarie nella materia, nonche' per contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione, risultando violate le competenze statali in materia sottoposta alla legislazione concorrente (tutela della salute), secondo quanto previsto dall'art. 17 dello Statuto della Regione Sicilia. Sul punto, prima di evidenziare nel dettaglio le disposizioni censurate, va osservato che gia' l'art. 1 della legge n. 21/21, recante le finalita' della legge regionale, dispone che la stessa legge, tra l'altro, promuove la tutela della salute umana nel rispetto dei principi della Costituzione e della normativa dell'Unione europea, in applicazione dell'art. 14, lettera a) dello Statuto della Regione (che attribuisce alla regione competenza esclusiva in materia di agricoltura), anche allo scopo di innalzare i livelli minimi di tutela della salute e di protezione ambientale previsti dalla normativa statale. In proposito, va osservato che, con ogni evidenza, la materia disciplinata dalla legge impugnata non ha nulla a che vedere con la tutela della salute e della sicurezza degli alimenti, non potendo la «agroecologia» costituire un veicolo per invadere competenze statali; cio' anche per l'ovvia considerazione che l'unica modalita' per innalzare i livelli minimi di tutela della salute e' costituita dalla piena applicazione dei controlli sanitari. Fin dalle premesse appare quindi chiaro che l'intento del legislatore regionale ha esorbitato dalle proprie competenze. 1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 1 e 2 della legge regionale siciliana n. 21/21. Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art. 117, comma 1, in relazione al Reg 2018/848/UE (art. 24) e 528/2012/UE (artt. 81 e 88). La legge n. 21/21 e' in primis censurabile relativamente alle disposizioni di cui all'art. 3 commi 1 e 2, in quanto violative dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario ex art. 117, primo comma, della Costituzione. Nel dettaglio. L'art. 3, ai commi 1 e 2, nel disciplinare i «biocidi» prevede testualmente che: «1. Al fine di garantire la tutela della salute e in applicazione del principio di precauzione e di protezione della salute umana, previsto dall'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e' vietato l'utilizzo di biocidi diversi da quelli consentiti in agricoltura biologica, sulla base del regolamento (CE) 30 maggio 2018, n. 2018/848/UE e dall'allegato 2 del decreto ministeriale 18 luglio 2018, n. 6793, negli ambiti territoriali di seguito specificati: nei parchi e nelle riserve naturali, nei parchi archeologici, nei geositi, nei geoparchi, nei monumenti naturali, a partire dal 1° gennaio 2023; nei siti della Rete Natura 2000, istituiti ai sensi delle direttive n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992 («Habitat») e n. 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009 («Uccelli»), che comprendono le Zone di Protezione speciale (ZPS), i siti di importanza p. 12/20 29 settembre 2021 comunitaria (SIC) e le Zone Speciali di Conservazione (ZSC), a partire dall'1° gennaio 2023; lungo i bordi di tutte le strade pubbliche e fungo i percorsi ferroviari; in qualsiasi altro luogo pubblico non destinato ad attivita' agricola. - 1. La violazione delle disposizioni di cui al comma 1, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 5.000». Le disposizioni sono illegittime. In primo luogo, infatti, va segnalato che la normativa europea fornisce una puntuale definizione di «prodotto biocida» (Reg. UE 528/2012, implementato a livello nazionale dall'art. 15 della legge 6 agosto 2013, n. 97, dal decreto ministeriale 1° ottobre 2017 in materia di controlli, dal decreto ministeriale 1° giugno 2016 in materia di tariffe: cui fara' seguito, a breve, un decreto legislativo in materia di sanzioni) e di «prodotto fitosanitario» (Reg. CE 1107/2009 e relativa normativa di implementazione a livello nazionale per i cui riferimenti si rinvia alla competente direzione generale). Spesso, tuttavia, si registra l'utilizzo atecnico di termini quali «biocidi», «fitosanitari» e «pesticidi» in maniera da sottintenderne l'equivalenza od alternativita'. Nel linguaggio comune, infatti, con il termine «biocidi» si indicano prodotti diversi quali i biocidi ed i fitosanitari, come definiti dai rispettivi regolamenti. Cio' premesso, la norma regionale in esame risulta contraddittoria, disciplinando le questioni con evidente confusione lessicale nei termini sopra descritti. Essendoci un testuale riferimento ai «biocidi», la norma deve ritenersi applicabile (prescindendo dall'interpretare i possibili intenti del legislatore regionale) ai prodotti di cui al regolamento (1.1E) 528/2012 e non ad altre tipologie di prodotti. Il citato art. 3 dispone il divieto dell'uso dei biocidi diversi da quelli consentiti in agricoltura biologica, a partire del 1° gennaio 2023 (relativamente agli ambiti territoriali individuati ai punti a) e b) dello stesso articolo). La norma e' illegittima. Preliminarmente va evidenziato che i biocidi non sono in nessun caso consentiti in agricoltura: per il trattamento delle avversita' delle piante e per il diserbo, in agricoltura o in aree extra-agricole, sono ammessi unicamente i prodotti fitosanitari autorizzati dal Ministero della salute ai sensi del regolamento CE n 1107/2009. L'uso dei prodotti fitosanitari negli ambiti territoriali individuati ai punti da a) a d), quali parchi e strade pubbliche ed altre aree frequentate dalla popolazione, strade e ferrovie, siti della Rete Natura 2000 ed altre aree protette, inoltre, deve avvenire secondo le istruzioni dell'etichetta del prodotto autorizzata con decreto dirigenziale, affinche' sia, garantita l'efficacia del prodotto e non siano indotti fenomeni di resistenza del patogeno combattuto, assicurando parallelamente un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Il piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari ha introdotto, poi, ulteriori misure volte al contenimento dei rischi e alla riduzione dell'uso dei prodotti fitosanitari, in attuazione delle disposizioni comunitarie per l'uso sostenibile dei pesticidi. Tali misure dovrebbero connotare anche l'utilizzo dei biocidi, ove consentito, ai fini della lotta contro gli organismi nocivi per la salute umana o animale. Orbene, l'art. 3 della legge in parola prevede il divieto di utilizzo di biocidi diversi da quelli consentiti in agricoltura biologica, sulla base del regolamento 2018/848/UE e dell'allegato 2 del decreto ministeriale 18 luglio 2918, n. 6793, in una serie di ambiti territoriali che di fatto ricomprendono il complesso del territorio pubblico siciliano. In merito, occorre evidenziare che il Reg. 2018/848/UE, ed in particolare l'art. 24 (nonche' l'allegato 2 del decreto ministeriale n. 6793/2018), disciplinano ambiti che presentano pochi e marginali punti di contatto con la materia dei biocidi (che nel medesimo art. 24, infatti, non vengono mai espressamente menzionati), con la conseguenza che devono ritenersi inesistenti o estremamente sporadici i biocidi consentiti in agricoltura biologica sulla base di tali fonti normative. In altri termini, laddove l'art. 3 della legge regionale n. 21/2021 consente negli spazi pubblici l'utilizzo dei soli biocidi il cui impiego e' consentito in agricoltura biologica sulla base delle citate norme, di fatto, cio' significa che il medesimo articolo vieta l'utilizzo pressoche' totale dei biocidi negli spazi pubblici. Il regolamento (UE) 528/2012 disciplina, tra l'altro, «la messa a disposizione e l'uso di biocidi all'interno di uno o piu' Stati membri» (art. 1, paragrafo 2, lettera d); a tal proposito, un intervento, come quello della norma de qua, essendo fortemente limitativo dell'utilizzo di biocidi su un territorio cosi' esteso dello Stato, si traduce inevitabilmente in una misura restrittiva del mercato, in contrasto con la normativa comunitaria. Peraltro, eventuali restrizioni potrebbero essere consentite esclusivamente nei casi previsti dall'art. 88 del medesimo regolamento, recante «Clausola di salvaguardia», il quale cosi' recita: «Qualora, sulla base di nuove prove, uno Stato membro abbia validi motivi per ritenere che un biocida, seppure autorizzato conformemente al presente regolamento, costituisca un grave rischio, immediato o nel lungo periodo, per la salute dell'uomo, in particolare dei gruppi vulnerabili, o degli animali o per l'ambiente, puo' adottare adeguate misure provvisorie. Lo Stato membro ne informa senza ritardo la Commissione e gli altri Stati membri, fornendo i motivi della propria decisione sulla base delle nuove prove. La commissione, mediante atti di esecuzione, autorizza la misura provvisoria per un periodo di tempo determinato nella decisione oppure chiede allo Stato membro di revocare la misura provvisoria. Tali atti di esecuzione, sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'art. 82, paragrafo 3». Ma nel caso di specie, dalla legge regionale de qua non si evince nessuno dei presupposti previsti dall'art. 88, ne' il rispetto delle relative procedure di adozione delle misure, con conseguente violazione della medesima disposizione. La norma e' quindi censurabile per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., in relazione alle disposizioni eurounitarie richiamate. Posto quanto precede, sotto altro profilo va ulteriormente sottolineato che il medesimo art. 88 conferisce il potere di adozione di misure restrittive allo «Stato membro». Atteso che l'art. 81 prevede che l'attuazione del regolamento spetti a livello nazionale all'Autorita' competente che deve essere formalmente designata, e considerato che l'art. 15, comma 2 della legge n. 97/2013 designa a tal fine il Ministero della salute, ne discende che esclusivamente quest'ultimo, in presenza dei necessari presupposti e nel rispetto delle previste procedure, avrebbe potuto esercitare la competenza ad adottare una misura quale quella prevista dall'art. 3 della legge in questione. La disposizione impugnata risulta quindi comunque illegittima. Si evidenzia, altresi', che le censurate illegittimita' del disposto di cui all'art. 3, comma 1, della legge regionale in esame determinano la conseguente illegittimita' del secondo comma del medesimo articolo, laddove sono previste sanzioni amministrative a tutela di quanto disposto dal primo comma. Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, la disposizione in esame e' censurabile per violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art. 117, comma 1 Cost., in relazione alle citate norme unionali. 2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, commi e 2, della legge regionale siciliana 21/21, per contrasto con l'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana, in relazione all'art. 15 della legge n. 97/2013, in applicazione dell'art. 117, comma 3 Cost. Quanto sopra evidenziato con riferimento alle competenze statali in materia di adozione di misure restrittive e di controlli, rileva anche ai fini dell'integrazione di un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale. In materia di tutela della salute, infatti, per espressa previsione dell'art. 17 dello Statuto speciale, la Regione siciliana e' vincolata, nella propria potesta' legislativa, ai principi fissati dalla normativa statale. L'articolo impugnato (commi 1 e 2) e' quindi ulteriormente illegittimo in quanto detta disposizioni in materia di tutela della salute, al di fuori dei principi (e delle competenze) fissati dallo Stato, che vincolano la potesta' legislativa della Regione siciliana ai sensi dell'art. 17, dello Statuto speciale di autonomia. Quest'ultimo cosi' recita: «Articolo 17 1. Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l'Assemblea regionale puo', al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi, anche relative all'organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la Regione: a) comunicazioni e trasporti regionali di qualsiasi genere; b) igiene e sanita' pubblica; c) assistenza sanitaria; [...]» Nel caso di specie, come detto, la legislazione statale (art. 15, legge 97/2013), in attuazione dell'art. 81 del regolamento UE 528/2012, ha individuato il Ministero della salute come competente per gli adempimenti previsti dal medesimo regolamento, nonche' per le procedure di controllo sui biocidi immessi sul mercato. Cosi' l'art. 15: «1. Il Ministero della salute provvede agli adempimenti previsti dal regolamento (UE) n. 528/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, sui biocidi, di seguito denominato «regolamento n. 528». 2. Il Ministero della salute e' designato quale «autorita' competente» ai sensi dell'art. 81 del regolamento n. 528. 3. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le tariffe di cui all'art. 80 del regolamento n. 528 e le relative modalita' di versamento. Le tariffe sono determinate in base al principio di copertura del costo effettivo del servizio e sono aggiornate ogni tre anni. 4. Con decreto del Ministro della salute sono stabilite le modalita' di effettuazione dei controlli sui biocidi immessi sul mercato, secondo quanto previsto dall'art. 65 del regolamento n. 528. 5. Con decreto del Ministro della salute e' disciplinato l'iter procedimentale ai fini dell'adozione dei provvedimenti autorizzativi da parte dell'autorita' competente previsti dal regolamento n. 528. Di conseguenza, le disposizioni censurate, nel prevedere una competenza regionale in materia, hanno comunque esorbitato dalla competenza delineata dallo Statuto speciale, come meramente concorrente in materia di igiene e sanita' pubblica, in quanto contrastante sul punto con la specifica normativa statale (resa anche in applicazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.). 3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge regionale siciliana n. 21/21. Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art. 117, comma 1, in relazione agli articoli 28-36 TFUE, ai Reg. UE 17/625, 2020/585 e 2021/601. Anche l'art. 6 della legge impugnata presenta evidenti profili di illegittimita' costituzionale. La norma prevede, infatti, il divieto di commercializzazione (oltre che di lavorazione, trasformazione o comunque vendita) di prodotti agricoli importati che non rispondano a determinate condizioni, ivi disciplinate. In particolare, i primi due commi prevedono che: «1. I prodotti agricoli di importazione da Paesi extraeuropei di I, II, III, IV e V gamma, inclusi gli alimenti destinati al consumo umano o animale, possono essere commercializzati, lavorati, trasformati o venduti nel territorio regionale se dotati di certificato di analisi agrarie e multiresiduali rilasciato in conformita' al successivo comma 2. Tale certificato attesta la presenza di prodotti chimici di sintesi e micotossine nei limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione (UE) n. 2020/585 della commissione del 27 aprile 2020 e dal regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/601 della Commissione del 13 aprile 2021. 2. Il certificato e' richiesto dall'impresa che importa o commercializza i prodotti agricoli e gli alimenti di cui al comma 1 ed e' rilasciato da un laboratorio ufficiale designato ai sensi dell'art. 37 del regolamento (UE) n. 2017/625 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017. L'elenco dei laboratori ufficiali designati ai sensi del periodo precedente e' pubblicato dall'Assessorato regionale della salute». I successivi commi del medesimo articolo dettano regole procedurali per la verifica del rispetto di tali condizioni, e le eventuali sanzioni. Le disposizioni sono illegittime. Il regolamento n. 625/2017 (UE), infatti, non contempla, in alcun modo, la tipologia di certificazione introdotta dalla disposizione censurata (art. 6, comma 2), ne' tantomeno tali controlli e certificazioni sono previsti dai regolamenti di esecuzioni (UE) 2020/585 e 2021/601 (tutti richiamati nella norma in esame), ne' da nessun'altra disposizione comunitaria. L'art. 6, pertanto, viola il principio della libera circolazione delle merci (artt. 28-36 TFUE). in quanto pone evidentemente dei vincoli alla circolazione dei prodotti agricoli, inserendo limiti non contemplati dalla normativa europea (cui pure dichiara di far riferimento). La norma merita quindi la declaratoria di incostituzionalita' per contrasto con l'art. 117, comma 1, Cost. 4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 6, della legge regionale siciliana n. 21/21, per contrasto con l'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana, in relazione all'art. l, del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 24, in applicazione dell'art. dell'art. 117, terzo comma, Cost. Posto quanto precede, l'art. 6, oltre a violare il principio della libera circolazione delle merci e la normativa europea citata, si pone anche in contrasto con la competenza dello Stato che ha attribuito al Ministero della salute la materia del controllo degli alimenti in importazione. Proprio adeguandosi alle disposizioni del reg. 625/17 UE (citato dalla stessa legge impugnata), infatti, il decreto legislativo n. 24, del 2 febbraio 2021, all'art. 1, ha espressamente affidato i controlli sulle importazioni nei settori di cui all'art. 1, paragrafo 2, lettera a), c), d) e) ed f) del medesimo regolamento UE, al Ministero della salute. L'art. 6, invece, prevedendo controlli differenti e specifici, con certificazione ad hoc non prevista da nessun'altra fonte, ha invaso la competenza dello Stato per quanto riguarda i controlli sugli alimenti di importazione. Si rileva, pertanto, l'ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale della disposizione in esame: oltre che per la gia' rilevata violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, anche ai sensi dell'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana per aver esorbitato dalle competenze statutarie e invaso competenze statali in materia di tutela della salute. Come gia' sopra evidenziato, infatti, i principi e le competenze fissate a livello statale in materia di «tutela della salute» (nel caso di specie il decreto legislativo n. 24/21 citato), vincolano la potesta' legislativa della Regione siciliana ai sensi dell'art. 17, dello Statuto speciale di autonomia. Da cui l'ulteriore illegittimita' costituzionale della norma impugnata. 5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge regionale siciliana n. 21/21. Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, ai sensi dell'art. 117, comma 1, in relazione agli articoli 28-36 TFUE, nonche' agli articoli 65 e 81 regolamento (UE) 528/2012. Deriva da quanto precede che anche l'art. 4 della legge regionale in esame, presenta profili di illegittimita' costituzionale, ancora una volta per violazione dei vincoli dell'ordinamento eurounitario, ponendosi quindi in contrasto con l'art. 117, comma 1 Cost. Questo il testo integrale dell'art. 4: «1. Per le materie di competenza fitosanitaria ed agroforestale previste dagli articoli 6 e 9, le funzioni di controllo sono attribuite al NORAS del Corpo forestale della Regione siciliana e al servizio fitosanitario del dipartimento regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea. 2. E' istituito un apposito capitolo nel bilancio della Regione ove confluiscono i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative previste dalla presente legge». La norma si premura, dunque, di prevedere e organizzare la funzione di vigilanza, con riferimento ai vincoli introdotti dal gia' censurato art. 6 e del quale sconta quindi la medesima illegittimita'. La stessa funzione di vigilanza, nonche' il sistema sanzionatorio, sono, infatti, ictu oculi strumentali all'applicazione dell'art 6, e ne condividono dunque l'illegittimita', in quanto violativi del principio di libera circolazione delle merci, e delle relative norme del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (artt. 28-36 TFUE). Inoltre, la rubrica della disposizione («Vigilanza sull'utilizzo di biocidi tossici e sanzioni»), fa riferimento a competenze specifiche che l'art. 65 del regolamento (UE) 528/2012, demanda allo Stato membro. Ai sensi dell'art. 65 Reg. cit. (rubricato «Osservanza dei requisiti»), infatti, «1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per il monitoraggio dei biocidi e degli articoli trattati immessi sul mercato al fine di accertarne la rispondenza ai requisiti del presente regolamento. Il regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 luglio 2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti si applica di conseguenza. 2. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari affinche' siano effettuati controlli ufficiali ai fini dell'osservanza del presente regolamento». Prevedendo una competenza regionale in materia di vigilanza, dunque, l'art. 4 (la rubrica richiama la «Vigilanza sull'utilizzo di biocidi tossici e sanzioni»), fa riferimento a competenze specifiche che l'art. 65 del Regolamento (UE) 528/2012, demanda in prima battuta allo Stato membro, ponendosi in contrasto con la predetta normativa eurounitaria, e con il disposto dell'art. 81 del medesimo Regolamento (vedi infra sub §6). 6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge regionale siciliana n. 21/21. Contrasto con l'art. 17 dello Statuto della Regione siciliana, in relazione all'art. 15, della legge n. 97/2013, in applicazione dell'art. 117 terzo comma Cost. Cosi' come l'art. 6, anche l'art. 4 oltre a porsi in contrasto con la normativa eurounitaria, contrasta anche con le competenze della Regione siciliana come delineati dal gia' citato art. 17 dello statuto, il quale colloca la materia della «igiene e sanita' pubblica» fra le competenze concorrenti. Ma nel caso di specie, l'art. 15 comma 2 della legge n. 97/2013, indica come Autorita' competente (agli effetti del citato art. 81 del Reg. 528/12 UE) il Ministero della salute: in particolare, e' quest'ultimo, ai sensi del comma 4 del medesimo art. 15, a dover stabilire con proprio decreto le modalita' di effettuazione dei controlli sui biocidi immessi sul mercato (modalita' gia' definite con decreto ministeriale 10 ottobre 2017 e relativo Accordo Stato Regioni 213/CSR del 6 dicembre 2017). E' evidente, quindi, come anche tale disposizione impugnata (art. 4) presenti oggettivi profili di incompetenza rispetto alle attribuzioni della Regione siciliana. L'illegittima invasione di competenze statali non viene meno anche laddove si consideri che il contenuto del medesimo articolo, contrariamente a quanto indicato in rubrica, piu' che al controllo sull'utilizzo dei biocidi tossici, attiene alla materia dei controlli nelle importazioni e produzioni di alimenti e prodotti agricoli, ed alle misure volte a contrastare l'introduzione di specie esotiche nel territorio regionale. Orbene, anche sotto tale profilo, come gia' detto, si tratterebbe di una previsione che comunque, disciplinando il controllo sui limiti indicati dall'art. 6 sopra impugnato, sconterebbe (in via evidentemente connessa e/o derivata) i medesimi profili di illegittimita' individuati nella censura sub § 4 per l'art. 6 della legge regionale siciliana n. 21/21, da intendersi qui richiamata, avendo invaso le competenze statali previste dall'art. 1, del decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 24 (resa anche in applicazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.). Anche il contenuto dell'art. 4, dunque risulta violativo dei principi fissati a livello statale in materia di «tutela della salute», che limitano la potesta' legislativa della Regione siciliana ai sensi dell'art. 17, dello Statuto speciale di autonomia. 7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge regionale siciliana n. 21/21. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l) Cost., in relazione all'art. 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge n. 126/2020. L'art. 18 della legge della Regione Sicilia impugnata, rubricato «norme per la riduzione del contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime», stabilisce che: «le disposizioni di cui ai commi 7, 9 e 10 dell'art. 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, si applicano nella Regione con riferimento alla determinazione dei canoni delle concessioni demaniali marittime prevista dalla normativa regionale. A tal fine i termini di cui al comma 8 del citato decreto-legge n. 104/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 126/2020, per la presentazione della domanda e per il versamento dell'importo dovuto sono fissati rispettivamente alla data del 31 agosto 2021 e del 31 ottobre 2021» I commi 7, 8, 9 e 10 dell'art. 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito dalla legge n. 126/2020, dispongono che: «7. Al fine di ridurre il contenzioso relativo alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, derivante dall'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni ai sensi dell'art. 03, comma 1, lettera b), numero 2.1), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, nel testo vigente fino alla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti giudiziari o amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, concernenti il pagamento dei relativi canoni, possono essere definiti, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario, mediante versamento: in un'unica soluzione, di un importo, pari al 30 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo; rateizzato fino a un massimo di sei annualita', di un importo pari al 60 per cento delle somme richieste dedotte le somme eventualmente gia' versate a tale titolo. La domanda per accedere alla definizione di cui al comma 7 e' presentata entro il 15 dicembre 2020 ed entro il 30 settembre 2021 sono versati l'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o la prima rata, se rateizzato. La liquidazione e il pagamento nei termini assegnati degli importi di cui alle lettere a) e b) del comma 7 costituisce a ogni effetto rideterminazione dei canoni dovuti per le annualita' considerate. La presentazione della domanda nel termine di cui al comma 8, sospende i procedimenti giudiziari o amministrativi di cui al comma 7, compresi quelli di riscossione coattiva nonche' i procedimenti di decadenza della concessione demaniale marittima per mancato pagamento del canone. La definizione dei procedimenti amministrativi o giudiziari si realizza con il pagamento dell'intero importo dovuto, se in un'unica soluzione, o dell'ultima rata, se rateizzato. Il mancato pagamento di una rata entro sessanta giorni dalla relativa scadenza comporta la decadenza dal beneficio.» Come emerge chiaramente dalla lettura della norma, la legge statale ha introdotto un meccanismo ad hoc di risoluzione delle controversie in materia di determinazione dei canoni per le concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative e per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, che si attua mediante il pagamento da parte del concessionario di una somma di denaro corrispondente al 30 per cento dell'importo richiesto (se versato in un'unica soluzione), o del 60 per cento (se corrisposto in forma rateizzata nel corso di massimo sei anni). A seguito del pagamento integrale di tali importi si realizza la definizione dei relativi procedimenti amministrativi o giudiziari. Tuttavia, la domanda per ottenere la definizione delle liti determina, come effetto ex-lege, la sospensione, oltre che dei procedimenti amministrativi, anche dei processi giurisdizionali pendenti. La norma regionale in esame, invece, ha differito la data entro la quale deve essere presentata la domanda dal 15 dicembre 2020 al 31 agosto 2021, parallelamente prorogando il termine ultimo per il versamento dell'intero importo o della prima rata dal 30 settembre 2021 al 31 ottobre 2021. Tale slittamento, pero', in virtu' dell'espresso richiamo della norma regionale al comma 10 dell'art. 100 della legge n. 104/2020, va ad incidere automaticamente anche sull'ambito temporale di operativita' del periodo di sospensione dei procedimenti giudiziari previsto dalla legge statale, di fatto prorogandolo. Ma un simile effetto processuale costituisce una chiara interferenza con la funzione giurisdizionale, la cui materia e' incontrovertibilmente riservata alla esclusiva competenza dello Stato, in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione. Anche tale disposizione, dunque, e' viziata da un'evidente illegittimita' costituzionale.