ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 37 e  43,
commi 1, 6 e 9, della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  13
maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per  le  famiglie,  i
lavoratori   e   i   settori   economici    connesse    all'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione  al  bilancio  di
previsione della  Provincia  autonoma  di  Trento  per  gli  esercizi
finanziari 2020-2022), promosso  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 13-17 luglio 2020,  depositato  in
cancelleria il 17 luglio 2020, iscritto al n. 59 del registro ricorsi
2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  36,
prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    uditi nell'udienza  pubblica  del  9  novembre  2021  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi l'avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per il Presidente
del  Consiglio  dei   ministri   e   l'avvocato   Sabrina   Azzolini,
quest'ultima in collegamento da remoto, ai sensi  del  punto  1)  del
decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'11 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 17 luglio 2020 e iscritto al n.  59
del registro ricorsi 2020, il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita'  costituzionale,  tra  gli  altri,
degli artt. 37 e 43, commi 1, 6 e  9,  della  legge  della  Provincia
autonoma di Trento 13 maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno
per  le  famiglie,  i  lavoratori  e  i  settori  economici  connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione  al
bilancio di previsione della Provincia autonoma  di  Trento  per  gli
esercizi finanziari 2020-2022). 
    2.- Con il primo motivo di ricorso il  Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha impugnato l'art. 37 della legge prov. Trento n. 3 del
2020, che modifica l'art. 22-bis della legge della Provincia autonoma
di Trento  3  aprile  1997,  n.  7  (Revisione  dell'ordinamento  del
personale della Provincia autonoma di Trento),  stabilendo  che,  nei
concorsi pubblici per esami e titoli per l'accesso alla dirigenza  di
ruolo della Provincia autonoma, il percorso formativo e  la  verifica
finale dei candidati siano solo eventuali. 
    2.1.- Tale disposizione, ad avviso del ricorrente, si porrebbe in
palese contrasto con l'art. 97 della Costituzione, di cui costituisce
attuazione il decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), il cui art. l, comma  3,  stabilisce  che
«[l]e  disposizioni  del  presente  decreto  costituiscono   principi
fondamentali  ai  sensi  dell'articolo  117  della  Costituzione.  Le
Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto  delle
peculiarita'  dei  rispettivi  ordinamenti.  I  principi   desumibili
dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421,  e  successive
modificazioni, e dall'articolo 11, comma  4,  della  legge  15  marzo
1997,  n.   59,   e   successive   modificazioni   ed   integrazioni,
costituiscono altresi', per le Regioni a statuto speciale  e  per  le
province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  norme  fondamentali  di
riforma economico-sociale della Repubblica». 
    2.2.- Il ricorrente evidenzia, in particolare, che tra i principi
di cui all'art. 2 della legge 23 ottobre  1992,  n.  421  (Delega  al
Governo per la razionalizzazione e la revisione delle  discipline  in
materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e  di  finanza
territoriale), richiamati dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 165 del
2001, vi e' quello che impone di «prevedere una  disciplina  uniforme
per i procedimenti di accesso alle qualifiche dirigenziali  di  primo
livello» (art. 2, comma l, lettera f, della legge n. 421  del  1992),
che la Provincia autonoma di  Trento  sarebbe  tenuta  a  rispettare,
perche', pur avendo, ai sensi dell'art. 8, numero 1), del decreto del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del
testo  unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo   statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige), potesta'  legislativa  primaria
in materia di «ordinamento degli uffici provinciali e  del  personale
ad essi addetto», la dovrebbe comunque esercitare, ai sensi dell'art.
4 dello stesso statuto, nel rispetto «delle norme fondamentali  delle
riforme economico-sociali della Repubblica». 
    3.- Con il secondo motivo di ricorso il Presidente del  Consiglio
dei ministri impugna l'art. 43, commi 1, 6 e  9,  della  legge  prov.
Trento n. 3 del 2020, che introduce una  procedura  semplificata  per
l'installazione di plateatici e di altre strutture leggere  da  parte
degli  esercizi  pubblici,  prevedendo  sino  al  31  dicembre   2021
l'esonero dalle autorizzazioni richieste dagli artt.  21  e  106  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137), ovvero la sostituzione del  procedimento  di  autorizzazione
con un procedimento di controllo successivo, effettuato a campione. 
    3.1.- Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, le  disposizioni
impugnate violerebbero gli artt. 9 e 117, secondo comma,  lettere  s)
ed m), Cost. e gli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino
Alto-Adige, in relazione all'art.  181  (recte:  181,  comma  3)  del
decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure  urgenti  in  materia  di
salute, sostegno al  lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche
sociali   connesse   all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77,  ai
sensi del quale, «comunque non oltre il 31 ottobre 2020», «la posa in
opera temporanea su vie, piazze,  strade  e  altri  spazi  aperti  di
interesse culturale o paesaggistico, da parte dei soggetti di cui  al
comma 1, di strutture amovibili, quali  dehors,  elementi  di  arredo
urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni,  purche'
funzionali all'attivita' di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del
1991, non e' subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli  21
e 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». 
    4.- Con atto depositato il 24 agosto 2021, si  e'  costituita  in
giudizio la Provincia autonoma di Trento, chiedendo che le  questioni
siano dichiarate inammissibili e, comunque, non fondate. 
    5.- La prima questione, relativa all'art. 37  della  legge  prov.
Trento n. 3 del 2020, sarebbe inammissibile, in primo luogo,  perche'
totalmente  priva  di  motivazione,   in   quanto   l'Avvocatura   si
limiterebbe ad evocare un  generico  contrasto  tra  la  disposizione
impugnata e la normativa statale,  ritenuta  attuativa  dell'art.  97
Cost., senza pero' procedere  alla  complessiva  ricostruzione  della
disciplina di accesso agli incarichi dirigenziali, indispensabile per
poter individuare gli esatti termini del contrasto con  il  parametro
costituzionale evocato. 
    La  ormai  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,   invece,
richiederebbe  che  i  termini  delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale  siano  ben  identificati,   dovendo   il   ricorrente
individuare le disposizioni  impugnate,  i  parametri  evocati  e  le
ragioni delle violazioni prospettate (sono  richiamate  dalla  difesa
provinciale, ex plurimis, le sentenze n. 143 e n. 106  del  2020,  n.
232 del 2019, n. 152 del 2018 e n. 107 del 2017). 
    5.1.- Ulteriore ragione d'inammissibilita' deriverebbe dal  fatto
che  il  motivo   d'impugnazione   risulterebbe   contraddittorio   e
perplesso,  in  quanto  pur  essendo  apparentemente  fondato   sulla
violazione dell'art. 97 Cost., muterebbe poi contenuto per  diventare
censura  di  violazione  di  una  norma   fondamentale   di   riforma
economico-sociale,  consistente  nel  principio  di  uniformita'  dei
criteri di accesso alle qualifiche dirigenziali  posto  dall'art.  2,
comma l, lettera f), della legge n. 421  del  1992,  per  poi  essere
dedotto, nuovamente, come violazione dell'art. 97 Cost. 
    5.2.- La questione sarebbe, in ogni caso, non  fondata,  perche',
ad avviso della difesa provinciale,  la  disposizione  impugnata  non
violerebbe l'art. 97 Cost., ponendosi in contrasto con la  disciplina
dettata dal d.lgs. n. 165 del 2001  e  con  il  citato  principio  di
uniformita'  per  l'accesso  alle  qualifiche  dirigenziali  di   cui
all'indicato art. 2, comma 1, lettera f),  in  quanto  le  previsioni
degli artt. 28 e 28-bis del menzionato d.lgs. n. 165  del  2001,  che
regolamentano l'accesso alla qualifica di  dirigente  della  prima  e
della seconda fascia, si applicherebbero  solo  alle  amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e agli enti pubblici  non
economici, mentre la disciplina delle modalita' di accesso al  lavoro
pubblico  provinciale,   in   quanto   riconducibile   alla   materia
dell'organizzazione  amministrativa  delle  Regioni  e   degli   enti
pubblici regionali, spetterebbe alla competenza legislativa  primaria
della Provincia autonoma di Trento. 
    Inoltre, la modifica introdotta, considerato che  lo  svolgimento
del percorso formativo comporta un notevole investimento  di  risorse
umane  e  strumentali,  con  relativa   sottrazione   dei   dirigenti
all'espletamento delle loro funzioni, sarebbe, ad avviso della difesa
provinciale,  perfettamente  coerente  con  il  principio   di   buon
andamento dell'amministrazione di cui all'art. 97  Cost.,  in  quanto
solo cosi' la Giunta provinciale avrebbe la possibilita' di  valutare
se l'incarico da affidare richieda competenze ed abilita'  senz'altro
esigibili dai candidati, ovvero  se  queste  siano  acquisibili  solo
avviando uno specifico percorso formativo e all'esito di una adeguata
verifica finale. 
    La difesa provinciale  afferma,  inoltre,  che  non  puo'  essere
considerata   espressione   del   principio   di    buon    andamento
dell'amministrazione di cui all'art. 97 Cost.  l'adozione  pedissequa
della  disciplina  dello  Stato  in  relazione  alle   procedure   di
reclutamento della dirigenza negli enti ad  autonomia  differenziata,
in  quanto  cio'   determinerebbe   lo   svuotamento   dell'autonomia
organizzativa ad essi riconosciuta, contraddicendo il contenuto dello
stesso principio, che esige che la disciplina dell'organizzazione  di
un  ente   tenga   conto   delle   sue   specifiche   caratteristiche
dimensionali, strutturali e funzionali. 
    6.- Anche riguardo alla seconda questione, relativa all'art.  43,
commi 1, 6 e 9, della legge prov. Trento n. 3  del  2020,  la  difesa
della Provincia autonoma di Trento ne asserisce l'inammissibilita'  e
la non fondatezza. 
    6.1.- Preliminarmente, la  questione  sarebbe  inammissibile  per
genericita' e difetto di motivazione,  poiche'  la  parte  ricorrente
avrebbe  sostenuto  il  contrasto  delle  norme  impugnate   con   la
disposizione dell'art. 181, comma 3, del d.l. n. 34  del  2020,  come
convertito,  senza  individuare  esattamente  la  norma  statale  che
prevede il termine di rimozione delle opere amovibili ed  affermando,
comunque, in modo del tutto  apodittico,  la  riconducibilita'  delle
misure di semplificazione previste dall'art.  43  della  legge  prov.
Trento n. 3 del 2020 a quelle stabilite dal citato art. 181, comma 3,
del d.l. n. 34 del 2020. 
    6.2.- La questione sarebbe, in ogni caso, non fondata, in quanto,
ad  avviso  della  difesa  provinciale,  le  disposizioni  in   esame
sarebbero state impugnate dal Presidente del Consiglio  dei  ministri
sull'erroneo presupposto che il termine del 31 dicembre 2021, fissato
dal comma 1 dall'art. 43 della legge prov. Trento n. 3 del  2020,  si
ponga in contrasto con quello del 31 ottobre 2020,  stabilito  invece
dall'art. 181, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020, come convertito. 
    La disposizione impugnata non stabilirebbe,  infatti,  misure  di
semplificazione  riguardanti  la  disciplina  di  tutela   dei   beni
culturali, limitandosi a derogare alle  previsioni  urbanistiche,  al
regolamento urbanistico-edilizio provinciale e ai regolamenti edilizi
comunali,  espressione  della  potesta'  legislativa  primaria  della
Provincia autonoma in materia di «urbanistica e piani regolatori»  ai
sensi dell'art. 8, numero 5), dello statuto speciale. 
    6.2.1.- Con riferimento, invece, alle censure relative al comma 6
dello stesso art. 43, la Provincia autonoma di Trento  eccepisce  che
la  disposizione  impugnata  si   limiterebbe   ad   introdurre   una
valutazione  legislativa  di  non  necessita'  delle   autorizzazioni
previste dagli artt. 21 e 106, comma 2-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004
in un arco temporale definito (dall'entrata  in  vigore  della  legge
fino al 31 dicembre 2021), nell'ambito di uno specifico  procedimento
(il procedimento semplificato di autorizzazione  per  l'installazione
di plateatici e strutture leggere)  e  in  favore  di  predeterminate
tipologie di attivita'. 
    Conseguentemente, le censure non sarebbero fondate in  quanto  la
norma provinciale impugnata non comporterebbe una  diminuzione  della
tutela dei beni culturali, limitandosi ad introdurre una  valutazione
generale  e  astratta  di  compatibilita'  con  la  tutela  dei  beni
culturali  relativa  a  specifiche  fattispecie  e   per   un   tempo
predeterminato. 
    6.2.2.- Con riferimento, invece,  alla  disposizione  di  cui  al
comma 9 dell'art. 43 della legge prov.  Trento  n.  3  del  2020,  la
resistente  afferma  che  essa  ha  previsto  un'ulteriore  forma  di
semplificazione della procedura, in virtu' della quale, nei  casi  in
esame, l'autorizzazione preventiva prevista dagli artt. 21 e 106  del
d.lgs. n. 42 del 2004 e' sostituita  da  un  controllo  successivo  a
campione sulla compatibilita' dell'installazione e della destinazione
d'uso con la tutela dei beni culturali. 
    La valutazione di compatibilita' con la tutela dei beni culturali
che l'art. 21 del d.lgs. n. 42 del 2004 rimette ad  una  valutazione,
caso  per  caso,  dell'autorita'   amministrativa,   sarebbe   stata,
pertanto,  esercitata  senz'altro  dal  legislatore  provinciale,  in
ragione delle caratteristiche strutturali dei  manufatti,  rimettendo
all'amministrazione il compito di svolgere un controllo successivo  a
campione. 
    6.2.3.- La difesa provinciale sostiene, poi,  la  non  fondatezza
delle  censure  formulate  dal  ricorrente  anche  alla  luce   delle
competenze spettanti alla Provincia autonoma di Trento in materia  di
tutela  dei  beni  culturali,  quale  risultanti,   in   particolare,
dall'art. 8, numero 3), dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige in materia di «tutela e conservazione del  patrimonio  storico,
artistico e popolare». 
    In  questa  prospettiva,  la   parte   resistente   richiama   la
giurisprudenza  di  questa  Corte  secondo  cui,  in  relazione  alle
autonomie speciali, le quali  vantano  propri  titoli  di  competenza
legislativa di derivazione statutaria, la competenza esclusiva  dello
Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  non  si
impone all'esercizio della loro potesta' legislativa,  salvo  per  la
parte in cui la  legge  dello  Stato  reca  disposizioni  costituenti
limiti ai sensi dei rispettivi  statuti  di  autonomia  speciale  (ex
plurimis, sentenze n. 226 e n. 164 del 2009, n. 378 del 2007). 
    Inoltre, la difesa provinciale sostiene che, nella materia  della
tutela  dei  beni  culturali,  non  potrebbero   trovare   senz'altro
applicazione i criteri  di  riparto  stabiliti  nella  materia  della
tutela  dell'ambiente,  rispetto   alla   quale   questa   Corte   ha
riconosciuto che lo statuto speciale  di  autonomia  non  attribuisce
alle Province autonome uno specifico  titolo  di  competenza,  bensi'
solo alcuni segmenti della tutela ambientale, e che  le  disposizioni
impugnate, in quanto volte  a  garantire  il  distanziamento  sociale
nella frequentazione degli esercizi pubblici  indicati  nell'art.  43
della legge prov. Trento n. 3 del 2020, concorrerebbero  a  garantire
la tutela del fondamentale diritto alla salute, e pertanto  sarebbero
espressione  anche  della  competenza  legislativa  della   Provincia
autonoma in materia. 
    Con   riferimento,   invece,   allo   specifico   profilo   della
introduzione da parte delle norme impugnate di un termine  successivo
a quello stabilito dal legislatore statale nell'art. 181 del d.l.  n.
34 del 2020, come convertito, la  Provincia  autonoma  sostiene  che,
alla  luce  dell'interpretazione  letterale   e   sistematica   della
disposizione, si dovrebbe ritenere che la data del  31  ottobre  2020
prevista dal legislatore statale costituisca il termine per  la  posa
in opera dei manufatti ivi indicati e non un termine per la rimozione
degli stessi. 
    7.- Il 19  ottobre  2021  la  Provincia  autonoma  di  Trento  ha
depositato memoria  integrativa,  ribadendo  le  argomentazioni  gia'
illustrate nell'atto di costituzione in  giudizio  e  insistendo  per
l'accoglimento delle conclusioni ivi formulate. 
    In particolare, la difesa provinciale evidenzia, con  riferimento
all'impugnativa avente ad oggetto l'art. 37 della legge prov.  Trento
n.  3  del  2020,  che,  successivamente  alla  sua  costituzione  in
giudizio,  l'articolo  impugnato  e'  stato  parzialmente  modificato
dall'art. 2, comma 3, della legge della Provincia autonoma di  Trento
28 dicembre 2020, n. 15 (Legge collegata  alla  manovra  di  bilancio
provinciale 2021), che ha soppresso la specificazione  del  carattere
eventuale della verifica finale del percorso  formativo  e  precisato
che questa deve svolgersi nella forma di una prova orale (e non nella
forma di un colloquio, come in precedenza previsto). 
    Con riferimento, invece, alle censure aventi  ad  oggetto  l'art.
43, commi l, 6 e 9, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, la  parte
resistente sottolinea che, medio tempore, l'art. 181,  comma  3,  del
d.l. n. 34 del 2020, recante  il  parametro  temporale  invocato  dal
ricorrente come  norma  interposta,  e'  stato  oggetto  di  numerosi
interventi   da   parte   del   legislatore   statale    che    hanno
progressivamente modificato, estendendolo sino al 31  dicembre  2021,
l'originario termine del 31 ottobre 2020. 
    8.- Con  memoria  integrativa  depositata  il  19  ottobre  2021,
l'Avvocatura generale dello Stato ha ribadito le censure gia'  svolte
nel ricorso e  contestato  le  difese  della  Provincia  autonoma  di
Trento. 
    In  particolare,  con  riferimento  alle  censure  formulate  nei
confronti dell'art. 37 della legge prov. Trento n.  3  del  2020,  il
ricorrente ha ribadito che la previsione  da  parte  del  legislatore
provinciale di un percorso di reclutamento dei dirigenti differente e
meno selettivo rispetto a quello previsto  dalla  disciplina  statale
non puo' non integrare la violazione denunciata. 
    In relazione, invece, alle censure aventi ad oggetto  l'art.  43,
commi l, 6 e 9, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, il Presidente
del Consiglio dei ministri sottolinea che,  ai  fini  della  proposta
impugnazione, non possono  essere  ritenute  rilevanti  le  modifiche
intervenute sul termine originariamente previsto dall'art. 181, comma
3, del d.l. n. 34 del 2020, in quanto la legittimita'  costituzionale
delle disposizioni impugnate deve essere scrutinata in  relazione  al
quadro normativo vigente al tempo della loro entrata in vigore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  59  del
2020), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello  Stato,  ha  promosso,  tra  le
altre, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 37 e  43,
commi 1, 6 e 9, della legge della Provincia  autonoma  di  Trento  13
maggio 2020, n. 3 (Ulteriori misure di sostegno per  le  famiglie,  i
lavoratori   e   i   settori   economici    connesse    all'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e conseguente variazione  al  bilancio  di
previsione della  Provincia  autonoma  di  Trento  per  gli  esercizi
finanziari 2020-2022). 
    2.- Resta riservata  a  separata  pronuncia  la  decisione  delle
ulteriori  questioni  di  legittimita'  costituzionale  promosse  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con lo stesso ricorso. 
    3.-  Con  il  primo  motivo  di  censura  viene   impugnato,   in
riferimento all'art. 97 della Costituzione e agli artt.  4  e  8  del
d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del  testo  unico  delle
leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto   speciale   per   il
Trentino-Alto Adige), l'art. 37 della legge prov.  Trento  n.  3  del
2020, che modifica la legge della  Provincia  autonoma  di  Trento  3
aprile 1997, n. 7 (Revisione  dell'ordinamento  del  personale  della
Provincia autonoma di Trento). 
    Il  ricorrente  rileva  che  le  disposizioni   impugnate,   «nel
modificare l'articolo 22-bis della citata legge  n.  7  del  1997  in
materia di concorsi pubblici per l'accesso alla  dirigenza  di  ruolo
della Provincia,  rendono,  nell'ambito  dei  concorsi  per  esami  e
titoli, solo eventuale il percorso formativo e altrettanto  eventuale
la  conseguente  verifica  finale,  che,  viceversa,  in  base   alla
disciplina previgente, erano obbligatori». 
    Tale  modifica,  ad  avviso  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  contrasterebbe  con  l'art.  97  Cost.,  di  cui   sarebbe
attuazione il decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme
generali  sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze   delle
amministrazioni pubbliche), il cui art. l, comma  3,  stabilisce  che
«[l]e  disposizioni  del  presente  decreto  costituiscono   principi
fondamentali  ai  sensi  dell'articolo  117  della  Costituzione.  Le
Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto  delle
peculiarita'  dei  rispettivi  ordinamenti.  I  principi   desumibili
dall'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992,  n.  421,  e  successive
modificazioni, e dall'articolo 11, comma  4,  della  legge  15  marzo
1997,  n.   59,   e   successive   modificazioni   ed   integrazioni,
costituiscono altresi', per le Regioni a statuto speciale  e  per  le
province autonome di Trento  e  di  Bolzano,  norme  fondamentali  di
riforma economico-sociale della Repubblica». 
    In particolare, il ricorrente evidenzia che tra i principi di cui
all'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per
la razionalizzazione e la revisione delle discipline  in  materia  di
sanita',  di  pubblico  impiego,   di   previdenza   e   di   finanza
territoriale), richiamati dall'art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 165 del
2001, vi e' quello che impone di «prevedere una  disciplina  uniforme
per i procedimenti di accesso alle qualifiche dirigenziali  di  primo
livello» (art. 2, comma l, lettera f, della legge n. 421  del  1992),
che la Provincia autonoma  di  Trento  sarebbe  tenuta  a  rispettare
perche', pur avendo, ai sensi dell'art. 8, numero 1),  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige, potesta' legislativa primaria in
materia di «ordinamento degli uffici provinciali e del  personale  ad
essi addetto», essa incontra,  ai  sensi  dell'art.  4  dello  stesso
statuto,  il  limite   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica. 
    3.1.- La Provincia autonoma di Trento, regolarmente  costituitasi
in  giudizio,  ha  preliminarmente  eccepito  l'inammissibilita'  per
genericita' e difetto di motivazione della questione. 
    3.2.- L'eccezione e' fondata. 
    3.3.-   Per   costante    orientamento    della    giurisprudenza
costituzionale, l'esigenza di un'adeguata  motivazione  a  fondamento
della richiesta declaratoria d'illegittimita' costituzionale si pone,
in particolare, nei giudizi proposti in via principale (ex  plurimis,
sentenza n. 115 del 2021). 
    Nel caso di specie, il ricorrente non ha chiarito le ragioni  del
contrasto tra la norma impugnata e la disciplina statale dettata  dal
d.lgs.  n.  165  del  2001,  che  avrebbe   implicato   quanto   meno
l'individuazione degli elementi fondamentali del sistema  statale  di
reclutamento  dei  dirigenti,  limitandosi   a   dedurre,   in   modo
sostanzialmente  apodittico,   la   violazione   del   principio   di
uniformita' dei procedimenti di accesso alle qualifiche  dirigenziali
di primo livello stabilito dall'art. 2, comma l,  lettera  f),  della
legge n. 421 del 1992, come richiamato  dall'art.  l,  comma  3,  del
d.lgs. n. 165 del 2001. 
    La  genericita'  delle  doglianze,  sprovviste  di  una  adeguata
argomentazione a sostegno del contrasto  con  i  parametri  indicati,
determina, dunque, l'inammissibilita' della questione  (ex  plurimis,
sentenza n. 25 del 2021). 
    4.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna,  con  il
secondo motivo di ricorso, l'art. 43, commi 1, 6  e  9,  della  legge
prov. Trento n. 3 del 2020,  deducendo  che  dette  disposizioni  che
semplificano i procedimenti per l'installazione di  plateatici  e  di
altre strutture leggere, esentando  sino  al  31  dicembre  2021  gli
esercizi pubblici dalle autorizzazioni previste dagli artt. 21 e  106
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio 2002, n. 137), ovvero sostituendo, con  riferimento  a  talune
tipologie di installazioni, il procedimento di autorizzazione con  un
procedimento di  controllo  successivo,  effettuato  a  campione,  si
porrebbero in contrasto con quanto  previsto  dall'art.  181  (recte:
181, comma 3) del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti
in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia,  nonche'  di
politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77. 
    La norma statale, infatti,  stabilendo  che  «la  posa  in  opera
temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti  di  interesse
culturale o paesaggistico, da parte dei soggetti di cui al  comma  1,
di strutture amovibili, quali  dehors,  elementi  di  arredo  urbano,
attrezzature,  pedane,  tavolini,  sedute   e   ombrelloni,   purche'
funzionali all'attivita' di cui all'articolo 5 della legge n. 287 del
1991, non e' subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli  21
e 146 del decreto legislativo», avrebbe consentito tali procedure  in
deroga non oltre il 31 ottobre 2020. 
    Tale  contrasto  comporterebbe,  ad  avviso  del  ricorrente,  la
violazione degli artt. 9 e 117, secondo  comma,  lettere  s)  ed  m),
Cost., e quella dei limiti  della  potesta'  legislativa  provinciale
stabiliti dal combinato disposto degli artt.  4  e  8  dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige. 
    4.1.-  La  difesa  provinciale,  preliminarmente,   ha   eccepito
l'inammissibilita' per genericita' e  difetto  di  motivazione  delle
censure, in quanto il ricorrente,  da  un  lato,  avrebbe  omesso  di
chiarire i rapporti tra la portata applicativa  della  norma  statale
richiamata come norma interposta e la disposizione impugnata, mentre,
dall'altro, non avrebbe esposto le ragioni in forza  delle  quali  il
termine fissato dall'art. 181, comma 3, del d.l. n. 34 del 2020, come
convertito, debba essere inteso come termine di rimozione, nonostante
l'inequivoco dettato letterale che fa espresso riferimento alla «posa
in opera temporanea» dei manufatti. 
    4.2.- L'eccezione non e' fondata. 
    4.3.- Secondo il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  «il
ricorrente ha l'onere di individuare le disposizioni  impugnate  e  i
parametri  costituzionali  dei  quali  lamenta  la  violazione  e  di
svolgere una motivazione che non sia meramente assertiva»,  indicando
le «ragioni per le quali vi sarebbe  il  contrasto  con  i  parametri
evocati» (da ultimo, sentenza n. 194 del 2020). 
    Tuttavia,  allorquando  l'atto  introduttivo,   pur   nella   sua
sintetica formulazione,  consenta  di  individuare  «con  sufficiente
chiarezza il parametro asseritamente violato [...]  e  la  ratio  del
prospettato contrasto della disposizione denunciata con il  parametro
stesso»  (sentenza  n.  187  del  2020),  l'impugnativa  proposta  e'
ammissibile. 
    Nella specie, tali requisiti sono soddisfatti. 
    Il ricorso, infatti, rende «ben identificabili  i  termini  delle
questioni  proposte,  individuando  le  disposizioni   impugnate,   i
parametri  evocati  e  le   ragioni   dei   dubbi   di   legittimita'
costituzionale (sentenza n. 241  del  2012)»  (sentenza  n.  176  del
2015). 
    In particolare, le ragioni del contrasto tra le norme impugnate e
la disciplina statale posta dall'art. 181, comma 3, del  d.l.  n.  34
del 2020, come convertito, sono esposte dal ricorrente in modo chiaro
e particolarmente articolato. 
    4.4.- Sempre preliminarmente,  va  chiarito  che,  nonostante  il
ricorrente denunci i commi 1, 6 e 9 dell'art. 43  della  legge  prov.
Trento n. 3 del 2020, le censure formulate nel ricorso  si  appuntano
sulle previsioni contenute nei commi 6 e 9 di tale disposizione,  che
implicitamente richiamano il termine del 31 dicembre  2021,  indicato
ad altri fini nel comma 1 del detto art. 43. 
    Risultano,   invece,   estranee    all'impugnativa    le    altre
disposizioni, contenute nel citato comma 1 dell'art. 43  della  legge
prov. Trento n. 3  del  2020,  che  si  riferiscono  alle  previsioni
urbanistiche, al regolamento urbanistico-edilizio  provinciale  e  ai
regolamenti edilizi comunali, dettando una espressa disciplina ad hoc
sino al 31 dicembre 2021. 
    4.5.-  Cosi'  precisati   il   thema   decidendum   e   l'oggetto
dell'impugnazione, la questione e' fondata  in  riferimento  all'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.6.-  La  tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei   beni
culturali, oggetto di  detto  parametro  costituzionale,  secondo  la
costante giurisprudenza di questa Corte non costituisce  una  materia
in senso tecnico, «dal momento  che  non  sembra  configurabile  come
sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e  delimitata,
giacche', al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente
con altri interessi e competenze» (sentenza n. 407 del 2002). 
    Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare che, a seguito della
riforma del Titolo V  della  Parte  seconda  della  Costituzione,  il
legislatore statale conserva «il  potere  di  vincolare  la  potesta'
legislativa primaria della  Regione  a  statuto  speciale  attraverso
l'emanazione di leggi qualificabili come "riforme economico-sociali":
e cio' anche sulla base [...] del titolo  di  competenza  legislativa
nella materia  "tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali", di cui all'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  della
Costituzione, comprensiva tanto della  tutela  del  paesaggio  quanto
della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza  che
le  norme  fondamentali  contenute  negli  atti  legislativi  statali
emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al  necessario
rispetto» degli enti ad autonomia differenziata nell'esercizio  delle
proprie competenze (sentenza n. 51  del  2006;  nello  stesso  senso,
sentenza n. 536 del 2002). 
    In particolare, questa Corte ha  espressamente  qualificato  come
norme di grande riforma economico-sociale, idonee a  vincolare  anche
le Regioni a statuto speciale e le Provincie autonome di Trento e  di
Bolzano,  le  disposizioni  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio che disciplinano la gestione dei beni soggetti a tutela (ex
plurimis,  sentenza  n.  160  del   2021),   tra   i   quali   vanno,
indubbiamente,  annoverati  anche   gli   artt.   21   e   106   che,
rispettivamente,  individuano  gli  interventi  sui  beni   culturali
soggetti ad autorizzazione e ne regolamentano l'uso individuale. 
    4.7.- Alla luce di cio', non assume rilievo il fatto  che  l'art.
181, comma 3, del d.l. n. 34 del  2020,  come  convertito,  cioe'  la
norma interposta evocata dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  sia
stata oggetto, successivamente  alla  proposizione  del  ricorso,  di
numerosi interventi  da  parte  del  legislatore  statale  che  hanno
progressivamente modificato, estendendolo sino al 31  dicembre  2021,
l'originario termine del 31 ottobre 2020. 
    Si tratta, infatti, di norme statali sopravvenute  rispetto  alle
disposizioni impugnate, la cui illegittimita' costituzionale non puo'
essere sanata per il periodo precedente a tali  interventi,  dovendo,
invece, essere scrutinata in relazione al quadro normativo vigente al
tempo della loro entrata in vigore. 
    4.8.- Il termine introdotto dall'art. 181, comma 3, del  d.l.  n.
34 del 2020, come convertito, in particolare, risulta  funzionale  ad
una significativa, ma del tutto eccezionale (in  quanto  limitata  al
periodo  di  emergenza  epidemiologica  da   COVID-19),   misura   di
semplificazione volta ad esentare  dalle  autorizzazioni,  altrimenti
richieste ai sensi degli artt. 21 e 146 del codice dei beni culturali
e del paesaggio, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e
altri  spazi  aperti  di  interesse  culturale  o  paesaggistico,  di
strutture  amovibili,  quali  dehors,  elementi  di  arredo   urbano,
attrezzature, pedane, tavolini, sedute e  ombrelloni,  connesse  alle
attivita' di pubblico esercizio per la somministrazione di alimenti e
di bevande previste dall'art. 5 della legge 25 agosto  1991,  n.  287
(Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attivita' dei
pubblici esercizi). 
    La  norma  statale  introduce,  cioe',   una   disciplina   volta
specificamente ad assicurare, in modo uniforme sull'intero territorio
nazionale,  il  contemperamento  dell'interesse   alla   tutela   del
patrimonio  culturale  con  quello  attinente  alla   ripresa   delle
attivita'  economiche,  nel  rispetto  delle   doverose   misure   di
distanziamento interpersonale per  il  contenimento  della  pandemia,
derogando, per un periodo  predeterminato  dallo  stesso  legislatore
statale, ai vincoli imposti a tutela del patrimonio culturale. 
    Le disposizioni provinciali impugnate prevedono, invece, rispetto
alla  normativa  statale  invocata  dal  ricorrente  come   parametro
interposto, un diverso termine (il 31 dicembre 2021 invece che il  31
ottobre 2020) entro il quale gli  esercizi  pubblici  sono  esonerati
dalle autorizzazioni di cui agli artt. 21 e  106,  comma  2-bis,  del
d.lgs. n. 42 del 2004, ai fini  dell'«installazione  di  basamenti  o
pedane non cementizie semplicemente  in  appoggio,  di  delimitazioni
perimetrali costituite da elementi a verde con carattere  ornamentale
nonche' per la collocazione di sedie, tavolini e  ombrelloni»  (cosi'
art. 43, commi 1 e 6, della legge prov. Trento n. 3 del 2020). 
    La disposizione contenuta, poi, nel comma 9  dell'art.  43  della
legge prov. Trento n. 3 del 2020 stabilisce, con  una  deroga  ancora
piu' significativa  rispetto  alla  disciplina  statale,  che,  «[i]n
considerazione della valorizzazione delle specifiche  caratteristiche
territoriali, il Consiglio  delle  autonomie  locali  puo'  elaborare
linee guida per ambiti territoriali comprensivi di due o piu' comuni.
Per agevolare il rilascio delle autorizzazioni previste dal comma  5,
la Provincia, d'intesa con il Consiglio delle autonomie locali,  puo'
definire linee guida necessarie per l'installazione  delle  strutture
previste  dal  comma  1,  che  consentono  di   non   richiedere   le
autorizzazioni della struttura competente  per  la  tutela  dei  beni
culturali previste dagli articoli 21 e 106 del decreto legislativo n.
42 del  2004.  Il  protocollo  prevede  l'impegno  per  i  comuni  di
trasmettere alla soprintendenza le  autorizzazioni  concesse  per  il
successivo controllo a campione». 
    4.9.- Pertanto, e' indubbio  che  le  disposizioni  impugnate  si
ingeriscano in un ambito di competenza riservato esclusivamente  allo
Stato, trattandosi, nella specie, di parametri interposti  espressivi
di norme di grande riforma economico-sociale. 
    Dall'art. 21 cod. beni culturali - che al comma  4  prevede  che,
anche fuori dalle ipotesi espressamente previste dai commi precedenti
di interventi soggetti ad autorizzazione,  l'esecuzione  di  opere  e
lavori di qualunque  genere  su  beni  culturali  e'  subordinata  ad
autorizzazione della soprintendenza -  e',  infatti,  enucleabile  il
principio  di  grande  riforma  economico-sociale  secondo  cui  ogni
intervento su beni  culturali  deve  essere  autorizzato,  in  quanto
qualunque tipologia di manufatto e'  potenzialmente  suscettibile  di
incidere sul significato e la portata culturale del bene interessato. 
    Sotto questo profilo, le norme provinciali impugnate prefigurano,
invece, un meccanismo di  semplificazione  della  gestione  dei  beni
culturali,  connesso  all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19,
significativamente   difforme,   non   solo    sotto    il    profilo
dell'estensione temporale delle deroghe, da quello statale. 
    Se, infatti, per le opere contemplate dal comma  6  dell'art.  43
della legge prov. Trento n. 3 del  2020,  le  disposizioni  impugnate
prevedono l'esenzione dalle «autorizzazioni della soprintendenza  per
i beni culturali di cui agli articoli 21  e  106,  comma  2-bis,  del
decreto legislativo n. 42 del 2004»  sino  al  31  dicembre  2021,  a
fronte della data del 31 ottobre 2020 fissata dall'art. 181, comma 3,
del d.l. n. 34 del  2020,  nel  comma  9  dello  stesso  art.  43,  i
procedimenti di autorizzazione preventiva previsti  dalla  disciplina
statale, per  lo  stesso  periodo  di  tempo,  risultano  addirittura
sostituiti con procedimenti di  controllo  successivo,  effettuati  a
campione. 
    La  Provincia  autonoma  di  Trento,  estendendo  con  le   norme
impugnate il termine previsto dall'art. 181, comma 3, del d.l. n.  34
del 2020, come convertito, e regolamentando autonomamente la materia,
ha, pertanto,  violato  una  norma  fondamentale  di  grande  riforma
economico-sociale della  legislazione  statale,  eccedendo  cosi'  il
limite posto in materia di «tutela  e  conservazione  del  patrimonio
storico, artistico e popolare» dall'art. 8, numero 3),  dello  stesso
statuto, determinando cosi' il  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. 
    Si  deve,  dunque,  dichiarare  l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 43, commi 1 - limitatamente al termine come  riferito  alle
disposizioni dei commi 6 e 9 -, 6 e 9, della legge Prov. Trento n.  3
del 2020. 
    5.-  Restano  assorbite  le  residue  doglianze   formulate   dal
ricorrente.