ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della
legge della Regione Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in
materia di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del
servizio idrico integrato e in materia di geotermia), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28
settembre e il 1° ottobre 2020, depositato in cancelleria il 5
ottobre 2020, iscritto al n. 90 del registro ricorsi 2020 e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima
serie speciale, dell'anno 2020.
Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nell'udienza pubblica del 23 novembre 2021 il Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio;
uditi l'avvocato dello Stato Maria Luisa Spina per il Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Marcello Cecchetti per la
Regione Toscana;
deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso iscritto al n. 90 del reg. ric. del 2020, il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione
Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in materia di occupazioni
del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato
e in materia di geotermia), in riferimento agli artt. 3, 9, 11, 97 e
117, commi primo e secondo, lettera s), e terzo comma, della
Costituzione, nonche' al principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata, rubricata «Applicazione della
disciplina delle aree non idonee», stabilisce quanto segue:
«L'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata
mediante la delibera del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41
(Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini
della definizione delle aree non idonee per l'installazione di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, Adozione ai
sensi dell'articolo 19 della l.r. 65/2014) e' immediatamente efficace
e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge».
L'impugnazione del Governo - come si legge nelle premesse del
ricorso - muove dalla tesi che, «con tale disposizione, la Regione
Toscana abbia travalicato i limiti fissati dalla Costituzione alla
propria competenza legislativa» e viene articolata in cinque motivi.
1.1.- Con il primo motivo e' dedotta la violazione degli artt. 3,
9, 11, 97 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., in
relazione agli artt. 135, 142, comma 1, lettera m), 143 e 145 del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137).
La previsione dell'immediata efficacia della deliberazione del
Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41, recante «Modifica del Piano
ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione
delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione
di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo 19
della l.r. 65/2014», anche rispetto ai procedimenti in corso,
renderebbe sin da subito operativa la modifica del Piano ambientale
ed energetico (PAER) ivi disposta. Tale modifica, tuttavia, non
potrebbe ancora considerarsi definitiva: essa, come precisa il
ricorrente, «risulta ancora in fase istruttoria», in quanto e' ancora
pendente il termine di sessanta giorni, decorrente dalla
pubblicazione dell'avviso di adozione della modifica al PAER, entro
il quale qualunque interessato puo' presentare osservazioni. Inoltre,
aggiunge il ricorrente, e' in corso di parallelo svolgimento anche la
procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), «tuttora
aperta».
Rispetto alla modifica del PAER cosi' adottata, peraltro, le
richieste gia' formulate in fase preliminare dal Ministero per i beni
e le attivita' culturali e per il turismo (oggi: Ministero della
cultura) risulterebbero «in larga parte disattese dalla Regione».
La predetta delibera, nell'individuare le aree «non idonee»
all'installazione degli impianti geotermici, avrebbe l'effetto -
immediatamente operativo, proprio a causa della previsione in questa
sede impugnata - non gia' di incrementare la tutela ambientale per le
aree che vengono escluse dall'installazione di impianti geotermici,
quanto piuttosto di far risultare, sin da subito, come idonee («e,
quindi, come ambiti potenzialmente atti alla localizzazione di
impianti geotermici») anche «aree di pregio e di interesse
culturale», senza che sul punto - lamenta il ricorrente - si sia
svolto alcun confronto con gli uffici statali preposti. Anzi, per
alcuni procedimenti riguardanti singoli impianti, in corso di
svolgimento, i competenti uffici ministeriali avrebbero espresso,
quanto ai valori paesaggistici, una «valutazione negativa di
compatibilita'» proprio «con riferimento ad aree che risulterebbero
idonee in applicazione della delibera regionale n. 41 del 2020».
Con la menzionata delibera, in particolare, la Regione avrebbe
ritenuto «idonee», ai fini dell'installazione di impianti geotermici
con potenza superiore a 20 MWe, «le zone all'interno di coni
visuali», disattendendo in tal modo una specifica richiesta di
esclusione formulata dalle competenti soprintendenze. Cio', peraltro,
sarebbe in contrasto anche con le prescrizioni dettate dal piano di
indirizzo territoriale (PIT), avente valenza di piano paesaggistico,
che avrebbe dettato disposizioni a tutela delle «visuali panoramiche»
e della «percezione visiva degli insiemi di valore
storico-testimoniale, ivi compreso il loro intorno territoriale,
anche in riferimento alle eventuali installazioni tecnologiche,
inclusi gli impianti per la produzione di energie rinnovabili».
Ne conseguirebbe un impedimento di fatto, per i preposti organi
statali, alla partecipazione al processo decisionale, posto che il
PIT e' elaborato congiuntamente con il Ministero per i beni e le
attivita' culturali e per il turismo.
Ancora, secondo il ricorrente, altre e «svariate» previsioni
della delibera consiliare n. 41 del 2020 si troverebbero in contrasto
con le norme del codice dei beni culturali e con le richieste
avanzate dagli organi competenti del Ministero in fase preliminare di
VAS. In particolare, tale contrasto riguarderebbe le previsioni di
cui all'Allegato A.1 della deliberazione consiliare, che classifica
come idonee sia «le aree sottoposte a tutela», ai sensi dell'art. 136
(immobili ed aree di notevole interesse pubblico) e dell'art. 142,
comma 1, lettera f), cod. beni culturali (parchi e riserve naturali
nazionali o regionali), consentendovi l'installazione di impianti
geotermici di potenza inferiore o pari a 20 MWe, sia le aree
sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m), cod.
beni culturali (zone di interesse archeologico), presso le quali si
consente l'installazione di impianti di potenza superiore a 20 MWe.
La previsione impugnata, che mira ad anticipare gli effetti della
delibera consiliare n. 41 del 2020, rendendola applicabile anche ai
procedimenti pendenti, violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto
risultera' «assai arduo negare l'autorizzazione alla localizzazione
di impianti geotermici nelle aree, pur sottoposte a vincolo
paesaggistico, ma non incluse tra le aree non idonee». Peraltro, pur
laddove le predette aree dovessero risultare incluse tra quelle non
idonee, all'esito dell'approvazione della modifica del PAER, il
ricorrente paventa «l'impossibilita' di eliminare gli effetti
prodotti dalle autorizzazioni gia' legittimamente rilasciate sulla
base della legge regionale censurata». Ne deriverebbe una disparita'
di trattamento tra gli operatori economici, «in quanto potrebbe
verificarsi un trattamento di favore limitato ai soli procedimenti
pendenti nell'attuale fase transitoria».
Sarebbe, inoltre, violato l'art. 11 Cost., per contrasto con gli
obblighi derivanti all'Italia dall'appartenenza all'Unione europea.
Il ricorso considera violate le norme della direttiva 2001/42/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente
la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi
sull'ambiente. Costituirebbero parametri interposti le previsioni
degli artt. 4 e 11 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
(Norme in materia ambientale). Risulterebbero violati, inoltre,
l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che riserva alla
competenza statale la materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema
e dei beni culturali», e l'art. 9 Cost., che attribuisce allo Stato
la «tutela del paesaggio».
1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione
degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., nuovamente per contrasto
con gli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione
europea, in relazione agli artt. 4 e 8 della direttiva 2001/42/CE, ed
agli artt. 4, comma 1, 11, commi 3 e 5, 13, 14 e 15 cod. ambiente.
Le richiamate disposizioni stabiliscono che il procedimento
relativo alla VAS accompagni l'iter del piano paesaggistico e si
concluda prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo. La previsione
regionale impugnata, invece, anticiperebbe gli effetti della modifica
del PAER ad un momento procedimentale, quando ancora non e' conclusa
la procedura di VAS, e senza che tale anticipata efficacia risulti
funzionale ad un livello di maggior tutela ambientale. Verrebbe,
anzi, «vanificata la finalita' stessa della procedura di VAS, in
quanto si attribuisce efficacia a previsioni per le quali la verifica
e' ancora in corso».
1.3.- Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., e dei «parametri interposti»
costituiti dagli artt. 135, comma 4, 143, commi 1 e 9, e 145, comma
3, cod. beni culturali.
Dalle richiamate norme primarie discenderebbe il principio,
«coessenziale all'impianto della tutela del paesaggio», dell'obbligo
di pianificazione congiunta tra Stato e Regione dei beni
paesaggistici. Pertanto, gli ambiti riservati al piano paesaggistico
non potrebbero «essere surrogati da una disciplina dettata
unilateralmente dalla Regione», ne', tantomeno, sarebbe «consentito
ad alcuno strumento pianificatorio di derogare alle previsioni del
piano paesaggistico», posto in «posizione di assoluta preminenza, nel
contesto della pianificazione territoriale».
Il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale in tema
di «obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione
statale, di elaborazione congiunta del piano paesaggistico, con
riferimento ai beni vincolati» (in particolare, sono citate le
sentenze n. 86 del 2019, n. 272 del 2009, n. 180 del 2008 e n. 182
del 2006).
Nel caso di specie, la norma regionale censurata, nell'includere
tra le aree potenzialmente idonee ad ospitare impianti geotermici
anche alcuni ambiti vincolati, inciderebbe sulle prescrizioni d'uso
(co-pianificate) dei vincoli paesaggistici, senza alcun
coinvolgimento preventivo del Ministero, cosi' violando - oltre alle
norme costituzionali gia' indicate - anche l'art. 9 Cost., alla
stregua del quale il paesaggio assurge a valore primario e assoluto
(e' richiamata la sentenza n. 367 del 2007).
1.4.- Con il quarto motivo viene dedotta la violazione del
principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni e dell'art.
117, terzo comma, Cost.
La norma impugnata costituirebbe «il frutto di una scelta assunta
unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con
lo Stato che ha condotto all'adozione del PIT».
Viene richiamata la giurisprudenza costituzionale secondo cui il
principio di leale collaborazione, che e' volto ad attenuare i
dualismi e ad evitare eccessivi irrigidimenti, impone alle parti che
sottoscrivono un accordo ufficiale, in una sede istituzionale, di
tener fede all'impegno assunto (sentenza n. 31 del 2006).
1.5.- Infine, con il quinto motivo di ricorso, si lamenta la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in relazione all'art.
1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22
(Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle
risorse geotermiche, a norma dell'articolo 27, comma 28, della legge
23 luglio 2009, n. 99).
La disposizione regionale impugnata non escluderebbe dal proprio
ambito di applicazione gli «impianti geotermici pilota», la cui
disciplina risulterebbe riservata alla competenza esclusiva statale
ai sensi della norma interposta evocata. Si tratta di quegli impianti
che il legislatore statale ha fatto oggetto di apposita
sperimentazione, al fine di promuovere la ricerca e lo sviluppo di
nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale.
L'esclusione di simili impianti dall'ambito di applicazione della
norma regionale - precisa il ricorrente - non potrebbe peraltro
considerarsi implicita, atteso che il PAER espressamente specifica
che «Le aree non idonee sopra riportate non si applicano alle
"piccole utilizzazioni locali" ex art. 10 del D.Lgs. 22/2010».
Ne deriverebbe il contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.,
con riferimento alla materia (di legislazione concorrente) della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo
che il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sia
dichiarato inammissibile o non fondato.
Preliminarmente, in fatto, la resistente riferisce della genesi
della delibera consiliare n. 41 del 2020, preceduta da «uno studio
approfondito sulle risorse geotermiche presenti in Toscana»,
approvato con delibera della Giunta regionale 15 dicembre 2015, n.
1229 (Deliberazione della Giunta regionale relativa all'approvazione
dei documenti di attuazione dell'articolo 1 della "legge regionale 16
febbraio 2015, n. 17 - Disposizioni urgenti in materia di
geotermia"). Al fine di attuare quanto prescritto dall'art. 12 del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricita'), nonche' dalla fonte regolamentare di riferimento
(paragrafo n. 17 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10
settembre 2010, recante «Linee guida per l'autorizzazione degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili»), la Regione avrebbe
compiuto «un'analisi attenta di conformita' a quanto previsto dal
PIT, avente valenza di piano paesaggistico regionale», ed avrebbe
altresi' valutato le «esigenze delle comunita' locali».
Cio' premesso in punto di fatto, la Regione resistente eccepisce
l'inammissibilita' del ricorso in quanto diretto «surrettiziamente» a
contestare la legittimita' della delibera consiliare n. 41 del 2020
(«peraltro non impugnat[a] nelle dovute sedi giurisdizionali»),
piuttosto che la legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
reg. Toscana n. 73 del 2020.
Sotto altro profilo, il ricorso sarebbe altresi' inammissibile
per la natura ipotetica della questione promossa. Laddove, infatti,
il ricorrente lamenta che l'introduzione della norma censurata
«rendera' particolarmente arduo negare l'autorizzazione nei confronti
di impianti ricadenti in aree di pregio che non risultano incluse nel
novero di quelle "non idonee"», verrebbe prospettata «una mera
eventualita' sulla base di considerazioni generiche e
probabilistiche».
Le censure, comunque, sarebbero nel merito infondate, alla luce
delle seguenti considerazioni.
2.1.- Quanto al primo motivo del ricorso, la resistente osserva
che la norma impugnata «costituisce una misura di salvaguardia» del
paesaggio e dell'ambiente. La delibera consiliare n. 41 del 2020,
infatti, ha ad oggetto la previsione delle aree che non sono idonee
all'installazione degli impianti geotermici: l'immediata sua
efficacia, pertanto, sarebbe volta a realizzare gli obiettivi di
tutela «sin da subito, senza attendere la conclusione del
procedimento di approvazione, per assicurare e garantire la futura
efficacia della delibera di approvazione del PAER».
Le aree non inserite tra quelle «non idonee» non sarebbero, per
cio' solo, atte alla localizzazione degli impianti: la
soprintendenza, in sede di autorizzazione, potrebbe infatti pur
sempre esprimere il proprio dissenso motivato che e' «obbligatorio e
vincolante» per la realizzazione di opere ed impianti in aree
sottoposte a tutela paesaggistica (art. 146, comma 5, cod. beni
culturali).
Inoltre, secondo la Regione, la disposizione impugnata «non
incide sulla competenza statale a valutare gli effetti dei piani e
programmi per la tutela dei beni culturali»: nel caso di specie, VAS,
in linea con quanto stabilisce l'art. 7 cod. ambiente, «e' di
competenza della Regione» e le osservazioni presentate dalla
Soprintendenza verranno considerate e valutate nel procedimento.
2.2.- Per analoghe ragioni, anche il secondo motivo non sarebbe
fondato.
Osserva la Regione che la deliberazione consiliare n. 41 del
2020, proprio perche' individua le aree non idonee all'installazione
di impianti geotermici, «persegue una tutela piu' elevata di quella
che vi sarebbe in assenza di una disciplina».
2.3.- Con riferimento al terzo motivo di ricorso, la resistente
sostiene che il PAER non derogherebbe al principio di prevalenza
gerarchica del piano paesaggistico rispetto agli altri piani di
governo del territorio.
La delibera consiliare n. 41 del 2020, del resto, da'
espressamente atto, nelle premesse, che i contenuti della modifica al
PAER sono conformi alle previsioni del Piano di indirizzo
territoriale (PIT) avente valenza di piano paesaggistico.
2.4.- Non fondato, per le stesse ragioni, sarebbe anche il quarto
motivo. Cio', in quanto il PIT non risulterebbe inciso dalla modifica
del PAER approvata con la delibera consiliare, e quindi nemmeno dalla
norma della legge regionale impugnata.
2.5.- Quanto, infine, al quinto motivo di ricorso, la resistente
osserva che, nel caso degli impianti pilota di cui all'art. 1, comma
3-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010, «la presenza delle Aree non Idonee
non ha mai una incidenza diretta, essendo tenuta in considerazione
non nella fase autorizzativa dell'impianto, ma esclusivamente ai fini
del rilascio dell'intesa fra Regione interessata e Ministero
procedente, ai sensi dell'articolo 3 comma 2 bis, del D.Lgs.
22/2010».
In tal caso, comunque, l'assenso della Regione - precisa la
resistente - «non e' vincolante per l'autorita' statale competente al
rilascio delle autorizzazioni alla realizzazione degli impianti
pilota».
3.- Con memoria depositata il 2 novembre 2021 il Presidente del
Consiglio dei ministri ha replicato alle deduzioni difensive della
Regione Toscana.
Il ricorrente, richiamando il primo motivo di impugnazione di cui
all'atto introduttivo del giudizio, sostiene che, mediante la
previsione contestata, che ha stabilito l'immediata efficacia della
modifica al PAER, verrebbe precluso ai competenti organi statali «di
esprimere le proprie valutazioni sul piano, cosi' contravvenendo al
principio di cooperazione imposta dalla disciplina di settore». Come
prescritto dal paragrafo 17.2 del d.m. 10 settembre 2010,
l'individuazione delle aree «non idonee» non potrebbe non tenere
conto del contenuto del piano paesaggistico; proprio in cio' -
precisa il ricorrente - risiederebbe «il fulcro di tutto il ricorso»,
con il quale si e' rimproverato «alla Regione di aver
surrettiziamente [...] invaso la competenza statale, esistente in
materia ambientale e paesaggistica», per aver individuato le zone non
idonee «del tutto autonomamente [...], senza attendere l'espressione
delle determinazioni delle competenti autorita' statali coinvolte,
violando il principio di leale collaborazione che vede nella sola
cooperazione congiunta tra Regione e Stato la possibilita' di
incidere sul piano paesaggistico».
Del resto, soggiunge il ricorrente, «l'individuazione delle aree
non idonee, a contrario individua anche quelle idonee, cio' avvenendo
senza cooperazione effettiva dello Stato». Ed anche se i competenti
organi statali potranno «sicuramente esprimere il proprio diniego»,
pur se solo in un momento successivo, cio' finirebbe comunque per
determinare conseguenze pregiudizievoli per l'ambiente, in quanto
quel diniego «avrebbe scarse probabilita' di essere confermato nella
sua legittimita'». La ragione della contestata violazione
riposerebbe, dunque, «nel non aver coinvolto lo Stato proprio nella
fase preliminare, cioe' al momento di individuare quali aree fossero
o meno idonee, dal punto di vista ambientale e paesaggistico, ad
ospitare gli impianti».
Quanto al secondo motivo, a parere del ricorrente la Regione,
nelle sue difese, avrebbe riconosciuto «che la modifica del PAER e'
stata effettuata prima della conclusione del procedimento di VAS», il
che sarebbe di per se' sufficiente a dimostrare la fondatezza della
censura.
Sul terzo motivo, il ricorrente osserva, poi, che l'affermazione
della Regione - secondo cui la modifica del PAER sarebbe conforme
alle previsioni del PIT - costituirebbe una mera «dichiarazione di
conformita'», della quale non sarebbe possibile apprezzare la
veridicita' allo stato, proprio perche' mancano ancora gli assensi
delle autorita' competenti (quelle statali) circa l'idoneita'
dell'individuazione delle aree.
Infine, sul quinto motivo del ricorso, il ricorrente ribadisce
che la Regione Toscana, nell'aver individuato le aree non idonee alla
localizzazione degli impianti geotermici, «ha evidentemente
ricompreso in esse (senza quindi farle salve) anche quelle relative
agli impianti geotermici pilota», peraltro mai nominati nel paragrafo
numero 3 dell'Allegato numero 7 della modifica al PAER, con
conseguente invasione della competenza esclusiva dello Stato.
Considerato in diritto
1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
della Regione Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in materia
di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori del servizio
idrico integrato e in materia di geotermia), lamentando, sotto
diversi profili, la violazione degli artt. 3, 9, 11, 97 e 117, commi
primo e secondo, lettera s), e terzo comma, della Costituzione,
nonche' del principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata, sotto la rubrica «Applicazione della
disciplina delle aree non idonee», stabilisce quanto segue:
«L'individuazione delle aree non idonee per l'installazione di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana effettuata
mediante la delibera del Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41
(Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini
della definizione delle aree non idonee per l'installazione di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana. Adozione ai
sensi dell'articolo 19 della l.r. 65/2014) e' immediatamente efficace
e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge».
Le censure sollevate si incentrano, in particolare, sulla
prescrizione della immediata efficacia della delibera consiliare
richiamata dalla disposizione impugnata. Riferisce il ricorrente che
il procedimento relativo alla modifica del Piano ambientale ed
energetico regionale (PAER), volta per l'appunto all'individuazione
delle aree non idonee all'installazione degli impianti geotermici, si
trova ancora nella fase istruttoria: risulta pendente, infatti, il
termine di sessanta giorni fissato dalla legge per la presentazione
delle osservazioni da parte degli interessati, e non sarebbe ancora
conclusa la parallela procedura di valutazione ambientale strategica
(VAS) in conformita' a quanto previsto dal decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Proprio nel corso
dell'istruttoria, peraltro, le richieste formulate «in fase
preliminare» dagli organi ministeriali sarebbero state «in larga
parte disattese» dalla Regione, mentre per alcuni procedimenti di
valutazione di impatto ambientale in corso (relativi a singoli
impianti geotermici) i competenti uffici ministeriali (VIA) avrebbero
gia' reso una «valutazione negativa di compatibilita'» con
riferimento ad aree le quali, in applicazione della delibera
consiliare de qua, viceversa «risulterebbero idonee». Ne verrebbe «di
fatto» impedita la partecipazione dei preposti organi statali al
processo decisionale, e cio' nonostante la vigenza del Piano di
indirizzo territoriale (PIT), avente valenza di piano paesaggistico,
che e' stato elaborato dalla Regione congiuntamente con il Ministero
per i beni e le attivita' culturali e per il turismo (oggi: Ministero
della cultura), e le cui previsioni finirebbero per essere
pregiudicate proprio dall'individuazione, immediatamente efficace,
delle aree non idonee.
In tale complessivo quadro, il primo motivo del ricorso censura
la violazione degli artt. 3, 9, 11, 97 e 117, primo e secondo comma,
lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 142, comma 1, lettera
m), 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della
legge 6 luglio 2002, n. 137). La disposizione impugnata anticiperebbe
la conclusione del procedimento volto all'individuazione delle aree
non idonee, cristallizzandone un esito non conforme a plurime
indicazioni promananti dagli organi statali competenti, ai quali
sarebbe pertanto preclusa una fattiva collaborazione procedimentale.
La descritta «entrata in vigore anticipata», inoltre, risulterebbe
«irragionevole e contraria al principio del buon andamento
dell'amministrazione», recando conseguenze anche sui pendenti
procedimenti di autorizzazione di singoli impianti geotermici.
L'effetto che si produrrebbe, quindi, non sarebbe quello di
incrementare la tutela ambientale per le aree non idonee, ma, al
contrario, quello «di qualificare, sin da subito, come aree non
classificate come "non idonee" - e, quindi, come ambiti
potenzialmente atti alla localizzazione di impianti geotermici -
anche aree di pregio e di interesse culturale».
Con il secondo motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 11
e 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 4 e 8 della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/42/CE, del 27
giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati
piani e programmi sull'ambiente, nonche' agli artt. 4, comma 1, 11,
commi 3 e 5, 13, 14 e 15 cod. ambiente. Nel ribadire che la
previsione regionale censurata anticipa gli effetti della modifica
del PAER non ancora approvata, viene qui censurata la violazione
delle invocate norme interposte che scandiscono il procedimento
relativo alla VAS, la cui finalita' finirebbe, in sostanza, con
l'esser vanificata.
Si lamenta poi, con il terzo motivo, la violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., insieme ai «parametri interposti»
costituiti dagli artt. 135, comma 4, 143, commi 1 e 9, e 145, comma
3, cod. beni culturali, dai quali discenderebbe il principio,
«coessenziale all'impianto della tutela del paesaggio», dell'obbligo
di pianificazione congiunta tra Stato e Regione. La disposizione
impugnata recherebbe una valutazione unilaterale incidente sulle
prescrizioni d'uso (co-pianificate) dei vincoli paesaggistici, pur in
presenza di uno strumento territoriale, a valenza paesaggistica,
frutto di co-pianificazione.
Ancora, con il quarto motivo, e' dedotta la violazione del
principio di leale collaborazione tra Regione e Stato e dell'art.
117, terzo comma, Cost., proprio in quanto la norma censurata si
porrebbe «al di fuori del percorso condiviso con lo Stato che ha
condotto all'adozione del PIT».
Infine, con il quinto motivo del ricorso, e' ancora censurata -
sotto diverso profilo - la violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost., in relazione all'art. 1, comma 3-bis, del decreto legislativo
11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto della normativa in materia di
ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche, a norma
dell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99), che
si riferisce ai cosiddetti impianti geotermici pilota, oggetto di
apposita sperimentazione a livello nazionale. La mancata esclusione
di tali impianti dal raggio di applicazione della disposizione
censurata determinerebbe un'ulteriore invasione della competenza
legislativa dello Stato, da considerarsi «esclusiva» proprio ai sensi
della normativa interposta citata. Ne deriverebbe il contrasto con
l'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia».
2.- Deve preliminarmente darsi conto di una circostanza
sopravvenuta al deposito del ricorso.
Nelle more del giudizio, la delibera del Consiglio regionale
della Toscana 7 luglio 2020, n. 41, recante «Modifica del Piano
ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione
delle aree non idonee per l'installazione di impianti di produzione
di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo 19
della l.r. 65/2014», e' stata oggetto di una successiva delibera del
medesimo organo che la ha espressamente revocata.
Come si legge nella delibera del Consiglio regionale della
Toscana 13 aprile 2021, n. 39, recante «Modifica del piano ambientale
ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione delle aree
non idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia
geotermica in Toscana. Revoca della deliberazione del Consiglio
regionale 7 luglio 2020, n. 41. Nuova adozione ai sensi dell'articolo
19 della l.r. 65/2014» (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della
Regione Toscana del 12 maggio 2021, parte seconda, n. 19), l'organo
consiliare ha stabilito «di revocare, per quanto illustrato in
narrativa, la deliberazione 7 luglio 2020, n. 41». Cio' in quanto,
«per mero errore materiale», erano stati allegati a quest'ultima due
elaborati, relativi alla procedura di VAS (il «Rapporto ambientale» e
la relativa «sintesi non tecnica»), redatti «in una versione non
definitiva». Al «fine di garantire il corretto svolgimento del
procedimento» si rendeva, pertanto, necessaria una nuova delibera di
adozione della modifica del PAER.
Tale circostanza non determina, tuttavia, alcuna ricaduta sul
presente giudizio avente ad oggetto la disposizione impugnata dal
Presidente del Consiglio dei ministri. L'individuazione delle aree
non idonee che, secondo la volonta' del legislatore regionale, assume
efficacia immediata e' e rimane quella operata dalla delibera di
adozione n. 41 del 2020, il cui contenuto non risulta modificato
dalla successiva delibera n. 39 del 2021. Quest'ultima si e' limitata
a correggere un errore materiale contenuto nella precedente,
sostituendo i due elaborati che erano stati allegati in versione non
definitiva, ma non ha emendato l'individuazione delle aree non
idonee, ne' sostituito, rispetto alla precedente versione, gli
elaborati recanti detta individuazione (in particolare, non e' stato
sostituito l'elaborato «A1», recante «Obiettivo A.3 Aumentare la
percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili - A.3
Allegato 7 - Aree non idonee Impianti di produzione di energia
elettrica da fonte geotermica»).
Va quindi ribadito che l'effetto della disposizione impugnata -
consistente nel rendere immediatamente operativa, anche riguardo ai
procedimenti in corso, l'individuazione delle aree non idonee quale
effettuata con la prima delibera consiliare di adozione della
modifica del PAER - non e' in alcun modo venuto meno con la revoca
della delibera n. 41 del 2020.
3.- Ancora in via preliminare, devono essere esaminate le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla difesa regionale.
Esse non sono fondate.
Per un verso, non e' esatto che il ricorso sia diretto a
contestare la delibera consiliare n. 41 del 2020, piuttosto che la
legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge reg. Toscana n.
73 del 2020 che la richiama. Ciascuna delle censure sollevate dal
Presidente del Consiglio dei ministri investe, nello specifico,
proprio la scelta del legislatore regionale di riconnettere immediata
efficacia a quella delibera: alla radice vi e', invero, la
contestazione afferente al riparto di competenze legislative fra lo
Stato e la Regione, revocandosi in dubbio - sotto diversi profili -
che una legge regionale, nell'anticipare gli effetti di un atto
amministrativo di adozione di piano, possa incidere sulla conclusione
del relativo procedimento di formazione e abbassare, in tal modo, il
livello di tutela ambientale stabilito dal vigente piano
territoriale, avente valenza paesaggistica.
Per altro verso, la riportata affermazione del ricorrente secondo
la quale, per effetto dell'anticipata efficacia riconnessa
all'individuazione delle aree non idonee, diventera' in futuro «assai
arduo negare l'autorizzazione alla localizzazione di impianti
geotermici nelle aree, pur sottoposte a vincolo paesaggistico, ma non
incluse tra le aree non idonee», non e' tale da rendere "ipotetiche"
le censure sviluppate nel ricorso, come sostenuto dalla resistente.
Quell'affermazione, in realta', risulta solo diretta a delineare un
possibile effetto della disposizione impugnata, a riprova della
sussistenza dei lamentati vizi di legittimita' costituzionale,
venendo pertanto in considerazione un profilo attinente al merito
(analogamente, sentenza n. 20 del 2021, punto 3.1.1. del Considerato
in diritto).
4.- Nel merito, le questioni promosse con i primi quattro motivi
del ricorso - che, stante l'oggettiva comunanza di argomenti, possono
essere trattati congiuntamente - non sono fondate.
4.1.- Giova anzitutto precisare il contesto in cui e' maturata la
disposizione impugnata.
La Regione Toscana, nel procedimento volto all'individuazione
delle aree non idonee alla localizzazione di impianti geotermici, ha
applicato la disciplina tracciata, a livello nazionale, dal decreto
del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, recante
«Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili».
Tali linee guida, adottate a norma dell'art. 12, comma 10, del
decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica
prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno
dell'elettricita'), hanno disciplinato il procedimento per
l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti di
produzione di elettricita' da fonti rinnovabili, con l'obiettivo di
assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio. Per
quanto in questa sede interessa, esse, al paragrafo numero 17, hanno
delineato un apposito procedimento istruttorio che le Regioni sono
chiamate a seguire per addivenire all'individuazione delle aree «non
idonee» all'installazione degli impianti, in modo da rendere
compatibile la selezione delle aree con la tutela paesaggistica.
Questa Corte, anche di recente, ha avuto occasione di esaminare
la disciplina recata dal menzionato paragrafo numero 17, evidenziando
che la Regione e' chiamata a compiere «un'apposita istruttoria,
avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla
tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e
artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della
biodiversita' e del paesaggio rurale (paragrafo 17.1)». All'esito di
tale istruttoria, la Regione indica, nell'atto di pianificazione, la
non idoneita' di ciascuna area in relazione a specifiche tipologie
e/o dimensioni di impianti, motivando le riscontrate incompatibilita'
con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti. Le aree
individuate come non idonee sono destinate a confluire nell'atto di
pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome «conciliano
le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio con quelle di
sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di
quanto eventualmente gia' previsto dal piano paesaggistico e del
necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da
fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing) (paragrafo 17.2)»
(cosi', da ultimo, sentenza n. 177 del 2021).
Sulla scorta delle conclusioni cui e' giunta la giurisprudenza
amministrativa, questa Corte ha anche precisato che, dall'iter
procedimentale cosi' tratteggiato, derivano «talune rilevanti
implicazioni sostanziali», consistenti sia nel legame che deve
avvincere la segnalazione di «non idoneita'» di un'area rispetto «a
specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti» (spettando all'atto
di pianificazione individuare le incompatibilita' legate al tipo,
alle dimensioni e alla potenza degli impianti), sia negli effetti che
derivano da tale segnalazione. A tal proposito, si e' evidenziato che
«l'atto di pianificazione della Regione, nell'individuare le aree non
idonee, non comporta un divieto assoluto, bensi' - come si evince
sempre dalle linee guida - vale a segnalare "una elevata probabilita'
di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione" e,
dunque, ha la funzione di "accelerare" la procedura (paragrafo 17.1)»
(sentenza n. 177 del 2021). Di conseguenza, quella di non idoneita'
costituisce solo una «valutazione di "primo livello"», che impone poi
di verificare, in sede di autorizzazione, «se l'impianto cosi' come
effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti
sull'area, possa essere realizzabile» (cosi', ancora, sentenza n. 177
del 2021).
4.2.- Nel caso di specie, come emerge dalle premesse della
delibera consiliare n. 41 del 2020, la modifica del PAER effettuata
con la delibera medesima, recante l'individuazione delle aree non
idonee all'installazione di impianti di produzione di energia
geotermoelettrica, costituisce «una specifica e puntuale integrazione
del PAER vigente». Essa si basa su un apposito «studio conoscitivo»,
approvato dalla Giunta regionale della Toscana con deliberazione 15
dicembre 2015, n. 1229, recante «Deliberazione della Giunta regionale
relativa all'approvazione dei documenti di attuazione dell'articolo 1
della "Legge regionale 16 febbraio 2015, n. 17 - Disposizioni urgenti
in materia di geotermia"» (pubblicato nel BURT del 30 dicembre 2015,
supplemento al n. 52). Alla delibera consiliare di adozione e'
allegato - ed e' stato depositato in giudizio dalla Regione
resistente - l'elaborato denominato «A1», recante «Obiettivo A.3
Aumentare la percentuale di energia proveniente da fonti rinnovabili
- A.3 Allegato 7 - Aree non idonee Impianti di produzione di energia
elettrica da fonte geotermica». In tale elaborato sono elencati, al
paragrafo numero 2, i siti e le aree che non consentono la
localizzazione degli impianti geotermici, in relazione alla tipologia
dei singoli impianti considerati (con riguardo alla potenza
energetica), con la specificazione che quanto cosi' previsto
costituisce «un riferimento vincolistico non assoluto ma
riconducibile alle specifiche limitazioni o raccomandazioni»: viene
espressamente precisato che «con l'individuazione delle aree non
idonee non viene esclusa in maniera assoluta la possibilita' di
agire, salvo segnalare che in quelle aree sara' relativamente piu'
difficile ottenere le necessarie autorizzazioni» (paragrafo numero
4). Nello specifico, al paragrafo numero 5 sono fornite le
motivazioni della «non idoneita' delle aree di cui al paragrafo 2»,
con riferimento alla tipologia delle singole aree considerate (ad
esempio, tra quelle ricordate dal ricorso: aree e beni immobili
qualificati come «di notevole interesse culturale», con richiamo agli
artt. 10 e 11 cod. beni culturali; immobili e aree «dichiarati di
notevole interesse pubblico», con richiamo all'art. 136 cod. beni
culturali; zone «di interesse archeologico», con richiamo all'art.
142, comma 1, lettera m, cod. beni culturali) e agli «obiettivi di
protezione» che le caratterizzano.
Risulta quindi confermato che, in sede procedimentale, la Regione
Toscana ha agito secondo le indicazioni provenienti dalle linee guida
nazionali. L'individuazione delle aree non idonee e' stata preceduta
da un'apposita istruttoria che ha condotto alle valutazioni finali,
confluite nell'apposito elaborato allegato all'atto di adozione
consiliare, rapportate alla tipologia, alle dimensioni e alla potenza
degli impianti. Le conseguenti segnalazioni di non idoneita',
conformemente alle linee guida nazionali, costituiranno - una volta
intervenuta l'approvazione della modifica di piano - una valutazione
di "primo livello", tale da non pregiudicare definitivamente la
localizzazione degli impianti geotermici, ma atta solo a orientare i
futuri progetti di installazione che dovranno essere assentiti
all'esito della procedura di autorizzazione unica, ai sensi dell'art.
12 del d.lgs. n. 387 del 2003.
L'intervento del legislatore regionale, in questa sede censurato,
si pone a valle del richiamato procedimento istruttorio e anticipa
gli effetti appena descritti ad una fase procedimentale, quella cioe'
che si colloca temporalmente tra l'adozione e l'approvazione della
modifica di piano. Come emerge dai lavori preparatori (e come
sostenuto in giudizio dalla Regione resistente), l'obiettivo cosi'
perseguito e' quello di preservare, nelle more della conclusione del
procedimento di modifica del PAER, quegli stessi valori ambientali
che sono alla base delle segnalazioni di «non idoneita'», non ancora
operative, mancando la definitiva approvazione della modifica di
piano.
La disposizione impugnata costituisce, dunque, una norma di
salvaguardia ambientale, volta a regolare il periodo che va
dall'adozione della modifica del PAER alla sua approvazione. In tale
contesto, la finalita' perseguita dal legislatore regionale e' quella
di evitare che la non ancora intervenuta conclusione del procedimento
amministrativo concernente l'individuazione delle aree «non idonee»
possa consentire ai proprietari dei luoghi interessati di realizzare
nuove installazioni di impianti, in tal modo eludendo, nelle more
della conclusione del procedimento di approvazione, la stessa
individuazione di quelle aree in via amministrativa. Quella impugnata
assume, quindi, i contorni di una norma transitoria con finalita'
cautelare: essa punta esclusivamente a preservare le aree in
questione, impedendo - secondo le finalita' proprie delle misure di
salvaguardia, come enucleate dalla giurisprudenza di questa Corte -
«quei cambiamenti degli assetti urbanistici ed edilizi, che
potrebbero contrastare con le nuove previsioni pianificatorie, in
pendenza della loro approvazione» (sentenza n. 102 del 2013;
analogamente, anche sentenze n. 84 del 2017, n. 232 del 2009, n. 379
del 1994, n. 617 del 1987 e n. 83 del 1982).
Conformemente alla sua natura di misura di salvaguardia
ambientale, la disposizione di cui si tratta e' peraltro destinata ad
esaurire la sua efficacia una volta che all'adozione della modifica
di piano sara' seguita la sua approvazione, con la definitiva
individuazione delle aree «non idonee», a quel punto ex se produttiva
di effetti.
In base a quanto precede, risulta smentito l'assunto del
ricorrente secondo cui la disposizione impugnata inciderebbe sui
procedimenti amministrativi ancora in corso (modifica al PAER e VAS),
pregiudicandone l'esito. Al contrario, come appena visto, essa tende
a preservarne lo svolgimento e la conclusione, cristallizzando la
situazione di fatto esistente ed evitando temporaneamente il rilascio
di nuove autorizzazioni con riferimento alle aree che, al momento,
sono state selezionate come «non idonee» ad ospitare quegli impianti.
Nel frattempo, il procedimento di modifica del piano potra'
proseguire con le modalita' ordinarie, senza subire alcun
condizionamento da parte della disposizione in questione, la quale,
come gia' anticipato, e' destinata ad esaurire la propria efficacia
al momento dell'approvazione della modifica di piano.
Ne', del resto, e' riscontrabile alcuna frizione con le
prescrizioni paesaggistiche del vigente PIT, frutto di
co-pianificazione con le autorita' statali. La disposizione
impugnata, infatti, si limita a rendere immediatamente efficace la
valutazione negativa di "primo livello" per le sole aree «non
idonee», mentre nulla prescrive ne' pregiudica per tutte le altre
possibili localizzazioni. Del resto, se e' vero - conformemente alle
caratteristiche sostanziali dell'iter procedimentale prima descritte
- che l'individuazione delle aree di cui si tratta non determina
conseguenze definitive per le medesime, a maggior ragione essa non
produce alcun effetto immediato per le altre (quelle potenzialmente
idonee, come il ricorrente le definisce), rispetto alle quali rimane
del tutto impregiudicata la successiva valutazione, anche ambientale,
che le autorita' competenti saranno chiamate a rendere in sede di
procedimento autorizzativo.
In definitiva, solo con la conclusione dei pendenti procedimenti
amministrativi (modifica del PAER e parallela VAS), e alla luce dei
vari apporti che le autorita' coinvolte (eventualmente, anche quelle
statali) potranno far confluire nell'iter decisionale, sara'
possibile conoscere la sorte delle aree che, al momento, la Regione
Toscana non ha incluso tra quelle segnalate come «non idonee» e
rispetto alle quali il ricorrente ha avanzato dubbi di conformita'
con le vigenti prescrizioni paesaggistiche. Non puo', pertanto,
apprezzarsi, allo stato, alcuna violazione ne' della leale
collaborazione ne', tantomeno, del principio di prevalenza del piano
paesaggistico, posto che la modifica del PAER adottata -
immediatamente efficace, per volonta' del legislatore regionale -
mira, piuttosto, a preservare i valori ambientali delle aree che sono
segnalate come «non idonee», assicurandone una tutela piu' intensa (e
non certo a pregiudicare i valori ambientali delle rimanenti).
Deve conclusivamente affermarsi che, la disposizione impugnata,
in quanto misura di salvaguardia ambientale, non produce l'effetto,
paventato dal ricorrente, «di qualificare, sin da subito, come [...]
ambiti potenzialmente atti alla localizzazione degli impianti
geotermici - anche aree di pregio e di interesse culturale"». Al
contrario, come appena chiarito, quelle aree non formano oggetto
della disciplina dettata dal legislatore regionale, rimanendo
impregiudicate le valutazioni, anche ambientali, che su di esse
dovranno essere compiute dalle amministrazioni competenti.
5.- Del pari non fondata e' la questione promossa con il quinto
motivo di ricorso.
Essa si riferisce agli impianti geotermici cosiddetti "pilota",
la cui disciplina e' dettata, a livello nazionale, dall'art. 1, comma
3-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010 (come modificato, da ultimo,
dall'art. 41, comma 7-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69,
recante (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia),
convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98). Si
tratta delle «centrali geotermoelettriche a ridotto impatto
ambientale» che sfruttano, a fini di sperimentazione, «i fluidi
geotermici a media ed alta entalpia [...] con reiniezione del fluido
geotermico nelle stesse formazioni di provenienza, e comunque con
emissioni di processo nulle, con potenza nominale installata non
superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per un impegno complessivo
autorizzabile non superiore ai 50 MW» (cosi' l'art. 1. comma 3-bis,
citato). La legge dello Stato ha definito «di interesse nazionale» i
fluidi geotermici cosi' utilizzati e ha stabilito la «competenza
statale» per gli impianti geotermici pilota. Nello specifico, l'art.
3, comma 2-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010 (come inserito dall'art. 9,
comma 1, lettera b, numero 1, del decreto legislativo 3 marzo 2011,
n. 28, recante «Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla
promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante
modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e
2003/30/CE») ha stabilito che, nel caso di sperimentazione degli
impianti geotermici pilota, «l'autorita' competente e' il Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa
con la regione interessata; all'atto del rilascio del permesso di
ricerca, l'autorita' competente stabilisce le condizioni e le
modalita' con le quali e' fatto obbligo al concessionario di
procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in caso di esito
della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di permesso
di ricerca».
Questa Corte si e' gia' occupata della disciplina dettata per gli
impianti geotermici pilota, con riferimento al procedimento
preordinato al rilascio dei permessi di ricerca (sentenza n. 156 del
2016). In quella occasione era stato impugnato, in via principale,
l'art. 1, comma 2, della legge della Regione Toscana 16 febbraio
2015, n. 17, recante «Disposizioni urgenti in materia di geotermia»,
che prevede la sospensione temporanea dei procedimenti per il
rilascio dei permessi di ricerca e delle relative proroghe, degli
atti di assenso per la realizzazione di pozzi esplorativi, nonche'
degli atti ad essi preordinati relativi all'alta e alla media
entalpia. Le censure allora sollevate dal Presidente del Consiglio
dei ministri lamentavano che tale disposizione si riferisse anche «al
rilascio dell'intesa regionale» di cui all'art. 3, comma 2-bis, del
d.lgs. n. 22 del 2010, prevista per i permessi di ricerca per gli
impianti pilota, con conseguente violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali dettati nella
materia concorrente della «produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia», nonche' del principio di leale
collaborazione, in quanto si sarebbe determinata l'automatica (seppur
temporanea) inibizione dell'intesa medesima.
La questione e' stata dichiarata non fondata per erroneo
presupposto interpretativo in quanto - ha affermato nell'occasione
questa Corte - «il riferimento della disposizione impugnata agli atti
di assenso per pozzi esplorativi e agli atti preordinati va letto
come richiamo, non gia' agli atti di assenso necessari per la
realizzazione degli impianti pilota di competenza statale, ma a
quelli che devono essere richiesti dai titolari dei permessi di
ricerca di competenza regionale» (sentenza n. 156 del 2016, punto
4.2. del Considerato in diritto).
Analogo ragionamento va condotto con riguardo alla questione oggi
all'esame, pur se riferita non al rilascio dei permessi di ricerca ma
agli atti di assenso per l'installazione degli impianti sul
territorio. L'art. 2 della legge reg. Toscana n. 73 del 2020, deve
essere letto nel quadro normativo di riferimento, quindi nel senso
che esso - nel recepire l'atto consiliare che ha adottato la
classificazione delle aree «non idonee» per l'installazione degli
impianti geotermici, ai fini del rilascio della successiva
autorizzazione - si riferisce solo agli impianti che rientrano nella
competenza regionale, e non anche a quelli "pilota" che, a norma
della legge statale, per effetto del «ridotto impatto ambientale» e
delle connesse esigenze di sperimentazione che li caratterizzano,
sono considerati, al pari dei fluidi geotermici impiegati, di
interesse nazionale. Del resto, come riconosce lo stesso ricorrente,
la modifica del PAER gia' adottata non contiene alcun riferimento
agli impianti geotermici pilota.
Ne' giova a modificare tale conclusione l'osservazione del
ricorrente, che sottolinea come il PAER della Regione Toscana abbia
espressamente specificato (al paragrafo numero 3 dell'Allegato A1)
che l'individuazione delle aree non idonee non si applica «alle
"piccole utilizzazioni locali" ex art. 10 del D.Lgs. 22/2010». Il
riferimento e' a quanto previsto dall'art. 10, comma 1, del d.lgs. n.
22 del 2010, a norma del quale sono definite piccole utilizzazioni
locali «quelle per le quali sono soddisfatte congiuntamente le
seguenti condizioni: a) consentono la realizzazione di impianti di
potenza inferiore a 2 MW termici, ottenibili dal fluido geotermico
alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi; b)
ottenute mediante l'esecuzione di pozzi di profondita' fino a 400
metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di fluidi geotermici o
acque calde, comprese quelle sgorganti da sorgenti per potenza
termica complessiva non superiore a 2.000 kW termici, anche per
eventuale produzione di energia elettrica con impianti a ciclo
binario ad emissione nulla». Il comma 2 dell'art. 10, inoltre, fa
rientrare in questa nozione anche «quelle effettuate tramite
l'installazione di sonde geotermiche che scambiano calore con il
sottosuolo senza effettuare il prelievo e la reimmissione nel
sottosuolo di acque calde o fluidi geotermici». Tuttavia, non puo'
ritenersi che l'omessa previsione di un'esplicita eccezione (come
quella disposta per le piccole utilizzazioni locali, precisazione che
peraltro si ritrova nel solo PAER e non anche nella legge regionale
impugnata) possa avere il significato di estendere l'operativita'
della disciplina del PAER anche agli impianti pilota, pur se di
interesse nazionale. L'omesso richiamo della normativa statale non
consente, infatti, di far presumere la volonta' del legislatore
regionale di non rispettare le prerogative dello Stato nella materia
che viene disciplinata (da ultimo, seppure in altro ambito, sentenza
n. 161 del 2021, punto 2.7. del Considerato in diritto).
In definitiva, assumono in questa sede rilievo l'art. 1, comma
3-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010 - che definisce di interesse
nazionale i fluidi geotermici, a media e alta entalpia, che
alimentano gli impianti pilota, e rimette questi impianti alla
competenza dello Stato - nonche' il successivo art. 3, comma 2-bis,
il quale conferma la competenza statale per quanto riguarda il
rilascio dei permessi di ricerca.
E' alla luce di tali norme che va letta la disposizione regionale
impugnata la quale, proprio perche' omette qualsivoglia indicazione
sulla sorte di simili impianti, va intesa nel senso che essi sono
sottratti alla disciplina regionale delle aree «non idonee».