ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della
legge della Regione Toscana 27 luglio 2020, n.  73  (Disposizioni  in
materia di occupazioni del demanio idrico da parte  dei  gestori  del
servizio idrico integrato e in materia di  geotermia),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  28
settembre e il 1°  ottobre  2020,  depositato  in  cancelleria  il  5
ottobre  2020,  iscritto  al  n.  90  del  registro  ricorsi  2020  e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
serie speciale, dell'anno 2020. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Toscana; 
    udito nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2021  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maria Luisa Spina per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato  Marcello  Cecchetti  per  la
Regione Toscana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 novembre 2021. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso iscritto al n. 90 del  reg.  ric.  del  2020,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2  della  legge  della  Regione
Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in materia di occupazioni
del demanio idrico da parte dei gestori del servizio idrico integrato
e in materia di geotermia), in riferimento agli artt. 3, 9, 11, 97  e
117, commi  primo  e  secondo,  lettera  s),  e  terzo  comma,  della
Costituzione, nonche' al principio di leale collaborazione. 
    La  disposizione   impugnata,   rubricata   «Applicazione   della
disciplina  delle  aree  non  idonee»,   stabilisce   quanto   segue:
«L'individuazione  delle  aree  non  idonee  per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica  in  Toscana  effettuata
mediante la delibera del Consiglio regionale 7  luglio  2020,  n.  41
(Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini
della definizione  delle  aree  non  idonee  per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana, Adozione  ai
sensi dell'articolo 19 della l.r. 65/2014) e' immediatamente efficace
e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di  entrata  in
vigore della presente legge». 
    L'impugnazione del Governo - come si  legge  nelle  premesse  del
ricorso - muove dalla tesi che, «con tale  disposizione,  la  Regione
Toscana abbia travalicato i limiti fissati  dalla  Costituzione  alla
propria competenza legislativa» e viene articolata in cinque motivi. 
    1.1.- Con il primo motivo e' dedotta la violazione degli artt. 3,
9, 11, 97 e 117,  primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in
relazione agli artt. 135, 142, comma 1, lettera m),  143  e  145  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137). 
    La previsione dell'immediata efficacia  della  deliberazione  del
Consiglio regionale 7 luglio 2020, n. 41, recante «Modifica del Piano
ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini  della  definizione
delle aree non idonee per l'installazione di impianti  di  produzione
di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo  19
della  l.r.  65/2014»,  anche  rispetto  ai  procedimenti  in  corso,
renderebbe sin da subito operativa la modifica del  Piano  ambientale
ed energetico (PAER)  ivi  disposta.  Tale  modifica,  tuttavia,  non
potrebbe  ancora  considerarsi  definitiva:  essa,  come  precisa  il
ricorrente, «risulta ancora in fase istruttoria», in quanto e' ancora
pendente  il   termine   di   sessanta   giorni,   decorrente   dalla
pubblicazione dell'avviso di adozione della modifica al  PAER,  entro
il quale qualunque interessato puo' presentare osservazioni. Inoltre,
aggiunge il ricorrente, e' in corso di parallelo svolgimento anche la
procedura  di  valutazione  ambientale  strategica  (VAS),   «tuttora
aperta». 
    Rispetto alla modifica del  PAER  cosi'  adottata,  peraltro,  le
richieste gia' formulate in fase preliminare dal Ministero per i beni
e le attivita' culturali e per  il  turismo  (oggi:  Ministero  della
cultura) risulterebbero «in larga parte disattese dalla Regione». 
    La predetta  delibera,  nell'individuare  le  aree  «non  idonee»
all'installazione degli  impianti  geotermici,  avrebbe  l'effetto  -
immediatamente operativo, proprio a causa della previsione in  questa
sede impugnata - non gia' di incrementare la tutela ambientale per le
aree che vengono escluse dall'installazione di  impianti  geotermici,
quanto piuttosto di far risultare, sin da subito,  come  idonee  («e,
quindi,  come  ambiti  potenzialmente  atti  alla  localizzazione  di
impianti  geotermici»)  anche  «aree  di  pregio   e   di   interesse
culturale», senza che sul punto - lamenta  il  ricorrente  -  si  sia
svolto alcun confronto con gli uffici  statali  preposti.  Anzi,  per
alcuni  procedimenti  riguardanti  singoli  impianti,  in  corso   di
svolgimento, i competenti  uffici  ministeriali  avrebbero  espresso,
quanto  ai  valori  paesaggistici,  una  «valutazione   negativa   di
compatibilita'» proprio «con riferimento ad aree  che  risulterebbero
idonee in applicazione della delibera regionale n. 41 del 2020». 
    Con la menzionata delibera, in particolare,  la  Regione  avrebbe
ritenuto «idonee», ai fini dell'installazione di impianti  geotermici
con potenza  superiore  a  20  MWe,  «le  zone  all'interno  di  coni
visuali», disattendendo  in  tal  modo  una  specifica  richiesta  di
esclusione formulata dalle competenti soprintendenze. Cio', peraltro,
sarebbe in contrasto anche con le prescrizioni dettate dal  piano  di
indirizzo territoriale (PIT), avente valenza di piano  paesaggistico,
che avrebbe dettato disposizioni a tutela delle «visuali panoramiche»
e   della   «percezione    visiva    degli    insiemi    di    valore
storico-testimoniale, ivi  compreso  il  loro  intorno  territoriale,
anche  in  riferimento  alle  eventuali  installazioni  tecnologiche,
inclusi gli impianti per la produzione di energie rinnovabili». 
    Ne conseguirebbe un impedimento di fatto, per i  preposti  organi
statali, alla partecipazione al processo decisionale,  posto  che  il
PIT e' elaborato congiuntamente con il Ministero  per  i  beni  e  le
attivita' culturali e per il turismo. 
    Ancora, secondo il  ricorrente,  altre  e  «svariate»  previsioni
della delibera consiliare n. 41 del 2020 si troverebbero in contrasto
con le norme del  codice  dei  beni  culturali  e  con  le  richieste
avanzate dagli organi competenti del Ministero in fase preliminare di
VAS. In particolare, tale contrasto riguarderebbe  le  previsioni  di
cui all'Allegato A.1 della deliberazione consiliare,  che  classifica
come idonee sia «le aree sottoposte a tutela», ai sensi dell'art. 136
(immobili ed aree di notevole interesse pubblico)  e  dell'art.  142,
comma 1, lettera f), cod. beni culturali (parchi e  riserve  naturali
nazionali o regionali),  consentendovi  l'installazione  di  impianti
geotermici di potenza  inferiore  o  pari  a  20  MWe,  sia  le  aree
sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera m), cod.
beni culturali (zone di interesse archeologico), presso le  quali  si
consente l'installazione di impianti di potenza superiore a 20 MWe. 
    La previsione impugnata, che mira ad anticipare gli effetti della
delibera consiliare n. 41 del 2020, rendendola applicabile  anche  ai
procedimenti pendenti, violerebbe gli artt. 3 e 97 Cost.,  in  quanto
risultera' «assai arduo negare l'autorizzazione  alla  localizzazione
di  impianti  geotermici  nelle  aree,  pur  sottoposte   a   vincolo
paesaggistico, ma non incluse tra le aree non idonee». Peraltro,  pur
laddove le predette aree dovessero risultare incluse tra  quelle  non
idonee, all'esito  dell'approvazione  della  modifica  del  PAER,  il
ricorrente  paventa  «l'impossibilita'  di  eliminare   gli   effetti
prodotti dalle autorizzazioni gia'  legittimamente  rilasciate  sulla
base della legge regionale censurata». Ne deriverebbe una  disparita'
di trattamento tra  gli  operatori  economici,  «in  quanto  potrebbe
verificarsi un trattamento di favore limitato  ai  soli  procedimenti
pendenti nell'attuale fase transitoria». 
    Sarebbe, inoltre, violato l'art. 11 Cost., per contrasto con  gli
obblighi derivanti all'Italia dall'appartenenza  all'Unione  europea.
Il ricorso considera violate le norme della direttiva 2001/42/CE  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno  2001,  concernente
la  valutazione  degli  effetti  di  determinati  piani  e  programmi
sull'ambiente. Costituirebbero  parametri  interposti  le  previsioni
degli artt. 4 e 11 del decreto legislativo  3  aprile  2006,  n.  152
(Norme  in  materia  ambientale).  Risulterebbero  violati,  inoltre,
l'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  che  riserva  alla
competenza statale la materia «tutela dell'ambiente,  dell'ecosistema
e dei beni culturali», e l'art. 9 Cost., che attribuisce  allo  Stato
la «tutela del paesaggio». 
    1.2.- Con il secondo motivo, il ricorrente deduce  la  violazione
degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.,  nuovamente  per  contrasto
con gli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea, in relazione agli artt. 4 e 8 della direttiva 2001/42/CE, ed
agli artt. 4, comma 1, 11, commi 3 e 5, 13, 14 e 15 cod. ambiente. 
    Le  richiamate  disposizioni  stabiliscono  che  il  procedimento
relativo alla VAS accompagni l'iter  del  piano  paesaggistico  e  si
concluda prima dell'entrata in vigore di quest'ultimo. La  previsione
regionale impugnata, invece, anticiperebbe gli effetti della modifica
del PAER ad un momento procedimentale, quando ancora non e'  conclusa
la procedura di VAS, e senza che tale  anticipata  efficacia  risulti
funzionale ad un livello  di  maggior  tutela  ambientale.  Verrebbe,
anzi, «vanificata la finalita' stessa  della  procedura  di  VAS,  in
quanto si attribuisce efficacia a previsioni per le quali la verifica
e' ancora in corso». 
    1.3.- Con il terzo motivo si lamenta la violazione dell'art. 117,
secondo comma,  lettera  s),  Cost.,  e  dei  «parametri  interposti»
costituiti dagli artt. 135, comma 4, 143, commi 1 e 9, e  145,  comma
3, cod. beni culturali. 
    Dalle  richiamate  norme  primarie  discenderebbe  il  principio,
«coessenziale all'impianto della tutela del paesaggio»,  dell'obbligo
di  pianificazione  congiunta  tra   Stato   e   Regione   dei   beni
paesaggistici. Pertanto, gli ambiti riservati al piano  paesaggistico
non  potrebbero  «essere  surrogati   da   una   disciplina   dettata
unilateralmente dalla Regione», ne', tantomeno,  sarebbe  «consentito
ad alcuno strumento pianificatorio di derogare  alle  previsioni  del
piano paesaggistico», posto in «posizione di assoluta preminenza, nel
contesto della pianificazione territoriale». 
    Il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale  in  tema
di «obbligo, costituente un principio inderogabile della legislazione
statale, di  elaborazione  congiunta  del  piano  paesaggistico,  con
riferimento ai  beni  vincolati»  (in  particolare,  sono  citate  le
sentenze n. 86 del 2019, n. 272 del 2009, n. 180 del 2008  e  n.  182
del 2006). 
    Nel caso di specie, la norma regionale censurata,  nell'includere
tra le aree potenzialmente idonee  ad  ospitare  impianti  geotermici
anche alcuni ambiti vincolati, inciderebbe sulle  prescrizioni  d'uso
(co-pianificate)   dei    vincoli    paesaggistici,    senza    alcun
coinvolgimento preventivo del Ministero, cosi' violando - oltre  alle
norme costituzionali gia' indicate  -  anche  l'art.  9  Cost.,  alla
stregua del quale il paesaggio assurge a valore primario  e  assoluto
(e' richiamata la sentenza n. 367 del 2007). 
    1.4.- Con il  quarto  motivo  viene  dedotta  la  violazione  del
principio di leale collaborazione tra Stato  e  Regioni  e  dell'art.
117, terzo comma, Cost. 
    La norma impugnata costituirebbe «il frutto di una scelta assunta
unilateralmente dalla Regione, al di fuori del percorso condiviso con
lo Stato che ha condotto all'adozione del PIT». 
    Viene richiamata la giurisprudenza costituzionale secondo cui  il
principio di leale  collaborazione,  che  e'  volto  ad  attenuare  i
dualismi e ad evitare eccessivi irrigidimenti, impone alle parti  che
sottoscrivono un accordo ufficiale, in  una  sede  istituzionale,  di
tener fede all'impegno assunto (sentenza n. 31 del 2006). 
    1.5.- Infine, con il quinto motivo  di  ricorso,  si  lamenta  la
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., in  relazione  all'art.
1, comma 3-bis, del decreto  legislativo  11  febbraio  2010,  n.  22
(Riassetto della normativa in materia di ricerca e coltivazione delle
risorse geotermiche, a norma dell'articolo 27, comma 28, della  legge
23 luglio 2009, n. 99). 
    La disposizione regionale impugnata non escluderebbe dal  proprio
ambito di applicazione  gli  «impianti  geotermici  pilota»,  la  cui
disciplina risulterebbe riservata alla competenza  esclusiva  statale
ai sensi della norma interposta evocata. Si tratta di quegli impianti
che  il  legislatore   statale   ha   fatto   oggetto   di   apposita
sperimentazione, al fine di promuovere la ricerca e  lo  sviluppo  di
nuove centrali geotermoelettriche a ridotto impatto ambientale. 
    L'esclusione di simili impianti dall'ambito di applicazione della
norma regionale - precisa  il  ricorrente  -  non  potrebbe  peraltro
considerarsi implicita, atteso che il  PAER  espressamente  specifica
che «Le aree  non  idonee  sopra  riportate  non  si  applicano  alle
"piccole utilizzazioni locali" ex art. 10 del D.Lgs. 22/2010». 
    Ne deriverebbe il contrasto con l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,
con riferimento alla  materia  (di  legislazione  concorrente)  della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    2.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  Toscana,  chiedendo
che  il  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  sia
dichiarato inammissibile o non fondato. 
    Preliminarmente, in fatto, la resistente riferisce  della  genesi
della delibera consiliare n. 41 del 2020, preceduta  da  «uno  studio
approfondito  sulle  risorse  geotermiche   presenti   in   Toscana»,
approvato con delibera della Giunta regionale 15  dicembre  2015,  n.
1229 (Deliberazione della Giunta regionale relativa  all'approvazione
dei documenti di attuazione dell'articolo 1 della "legge regionale 16
febbraio  2015,  n.  17  -  Disposizioni  urgenti   in   materia   di
geotermia"). Al fine di attuare quanto prescritto  dall'art.  12  del
decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'), nonche' dalla fonte regolamentare di  riferimento
(paragrafo n. 17 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 10
settembre 2010,  recante  «Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli
impianti  alimentati  da  fonti  rinnovabili»),  la  Regione  avrebbe
compiuto «un'analisi attenta di conformita'  a  quanto  previsto  dal
PIT, avente valenza di piano  paesaggistico  regionale»,  ed  avrebbe
altresi' valutato le «esigenze delle comunita' locali». 
    Cio' premesso in punto di fatto, la Regione resistente  eccepisce
l'inammissibilita' del ricorso in quanto diretto «surrettiziamente» a
contestare la legittimita' della delibera consiliare n. 41  del  2020
(«peraltro  non  impugnat[a]  nelle  dovute  sedi  giurisdizionali»),
piuttosto che la legittimita' costituzionale dell'art. 2 della  legge
reg. Toscana n. 73 del 2020. 
    Sotto altro profilo, il ricorso  sarebbe  altresi'  inammissibile
per la natura ipotetica della questione promossa.  Laddove,  infatti,
il  ricorrente  lamenta  che  l'introduzione  della  norma  censurata
«rendera' particolarmente arduo negare l'autorizzazione nei confronti
di impianti ricadenti in aree di pregio che non risultano incluse nel
novero di  quelle  "non  idonee"»,  verrebbe  prospettata  «una  mera
eventualita'   sulla   base    di    considerazioni    generiche    e
probabilistiche». 
    Le censure, comunque, sarebbero nel merito infondate,  alla  luce
delle seguenti considerazioni. 
    2.1.- Quanto al primo motivo del ricorso, la  resistente  osserva
che la norma impugnata «costituisce una misura di  salvaguardia»  del
paesaggio e dell'ambiente. La delibera consiliare  n.  41  del  2020,
infatti, ha ad oggetto la previsione delle aree che non  sono  idonee
all'installazione  degli   impianti   geotermici:   l'immediata   sua
efficacia, pertanto, sarebbe volta  a  realizzare  gli  obiettivi  di
tutela  «sin  da  subito,  senza   attendere   la   conclusione   del
procedimento di approvazione, per assicurare e  garantire  la  futura
efficacia della delibera di approvazione del PAER». 
    Le aree non inserite tra quelle «non idonee» non  sarebbero,  per
cio'   solo,   atte   alla   localizzazione   degli   impianti:    la
soprintendenza, in  sede  di  autorizzazione,  potrebbe  infatti  pur
sempre esprimere il proprio dissenso motivato che e' «obbligatorio  e
vincolante» per  la  realizzazione  di  opere  ed  impianti  in  aree
sottoposte a tutela paesaggistica  (art.  146,  comma  5,  cod.  beni
culturali). 
    Inoltre, secondo  la  Regione,  la  disposizione  impugnata  «non
incide sulla competenza statale a valutare gli effetti  dei  piani  e
programmi per la tutela dei beni culturali»: nel caso di specie, VAS,
in linea con  quanto  stabilisce  l'art.  7  cod.  ambiente,  «e'  di
competenza  della  Regione»  e  le  osservazioni   presentate   dalla
Soprintendenza verranno considerate e valutate nel procedimento. 
    2.2.- Per analoghe ragioni, anche il secondo motivo  non  sarebbe
fondato. 
    Osserva la Regione che la  deliberazione  consiliare  n.  41  del
2020, proprio perche' individua le aree non idonee  all'installazione
di impianti geotermici, «persegue una tutela piu' elevata  di  quella
che vi sarebbe in assenza di una disciplina». 
    2.3.- Con riferimento al terzo motivo di ricorso,  la  resistente
sostiene che il PAER non  derogherebbe  al  principio  di  prevalenza
gerarchica del piano  paesaggistico  rispetto  agli  altri  piani  di
governo del territorio. 
    La  delibera  consiliare  n.  41  del  2020,   del   resto,   da'
espressamente atto, nelle premesse, che i contenuti della modifica al
PAER  sono  conformi  alle  previsioni   del   Piano   di   indirizzo
territoriale (PIT) avente valenza di piano paesaggistico. 
    2.4.- Non fondato, per le stesse ragioni, sarebbe anche il quarto
motivo. Cio', in quanto il PIT non risulterebbe inciso dalla modifica
del PAER approvata con la delibera consiliare, e quindi nemmeno dalla
norma della legge regionale impugnata. 
    2.5.- Quanto, infine, al quinto motivo di ricorso, la  resistente
osserva che, nel caso degli impianti pilota di cui all'art. 1,  comma
3-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010, «la presenza delle Aree non  Idonee
non ha mai una incidenza diretta, essendo  tenuta  in  considerazione
non nella fase autorizzativa dell'impianto, ma esclusivamente ai fini
del  rilascio  dell'intesa  fra  Regione  interessata   e   Ministero
procedente,  ai  sensi  dell'articolo  3  comma  2  bis,  del  D.Lgs.
22/2010». 
    In tal caso, comunque,  l'assenso  della  Regione  -  precisa  la
resistente - «non e' vincolante per l'autorita' statale competente al
rilascio  delle  autorizzazioni  alla  realizzazione  degli  impianti
pilota». 
    3.- Con memoria depositata il 2 novembre 2021 il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ha replicato alle  deduzioni  difensive  della
Regione Toscana. 
    Il ricorrente, richiamando il primo motivo di impugnazione di cui
all'atto  introduttivo  del  giudizio,  sostiene  che,  mediante   la
previsione contestata, che ha stabilito l'immediata  efficacia  della
modifica al PAER, verrebbe precluso ai competenti organi statali  «di
esprimere le proprie valutazioni sul piano, cosi'  contravvenendo  al
principio di cooperazione imposta dalla disciplina di settore».  Come
prescritto  dal  paragrafo  17.2  del   d.m.   10   settembre   2010,
l'individuazione delle aree «non  idonee»  non  potrebbe  non  tenere
conto del contenuto  del  piano  paesaggistico;  proprio  in  cio'  -
precisa il ricorrente - risiederebbe «il fulcro di tutto il ricorso»,
con  il  quale   si   e'   rimproverato   «alla   Regione   di   aver
surrettiziamente [...] invaso la  competenza  statale,  esistente  in
materia ambientale e paesaggistica», per aver individuato le zone non
idonee «del tutto autonomamente [...], senza attendere  l'espressione
delle determinazioni delle competenti  autorita'  statali  coinvolte,
violando il principio di leale collaborazione  che  vede  nella  sola
cooperazione  congiunta  tra  Regione  e  Stato  la  possibilita'  di
incidere sul piano paesaggistico». 
    Del resto, soggiunge il ricorrente, «l'individuazione delle  aree
non idonee, a contrario individua anche quelle idonee, cio' avvenendo
senza cooperazione effettiva dello Stato». Ed anche se  i  competenti
organi statali potranno «sicuramente esprimere il  proprio  diniego»,
pur se solo in un momento successivo,  cio'  finirebbe  comunque  per
determinare conseguenze pregiudizievoli  per  l'ambiente,  in  quanto
quel diniego «avrebbe scarse probabilita' di essere confermato  nella
sua   legittimita'».   La   ragione   della   contestata   violazione
riposerebbe, dunque, «nel non aver coinvolto lo Stato  proprio  nella
fase preliminare, cioe' al momento di individuare quali aree  fossero
o meno idonee, dal punto di  vista  ambientale  e  paesaggistico,  ad
ospitare gli impianti». 
    Quanto al secondo motivo, a parere  del  ricorrente  la  Regione,
nelle sue difese, avrebbe riconosciuto «che la modifica del  PAER  e'
stata effettuata prima della conclusione del procedimento di VAS», il
che sarebbe di per se' sufficiente a dimostrare la  fondatezza  della
censura. 
    Sul terzo motivo, il ricorrente osserva, poi, che  l'affermazione
della Regione - secondo cui la modifica  del  PAER  sarebbe  conforme
alle previsioni del PIT - costituirebbe una  mera  «dichiarazione  di
conformita'»,  della  quale  non  sarebbe  possibile  apprezzare   la
veridicita' allo stato, proprio perche' mancano  ancora  gli  assensi
delle  autorita'  competenti  (quelle  statali)   circa   l'idoneita'
dell'individuazione delle aree. 
    Infine, sul quinto motivo del ricorso,  il  ricorrente  ribadisce
che la Regione Toscana, nell'aver individuato le aree non idonee alla
localizzazione   degli   impianti   geotermici,   «ha   evidentemente
ricompreso in esse (senza quindi farle salve) anche  quelle  relative
agli impianti geotermici pilota», peraltro mai nominati nel paragrafo
numero  3  dell'Allegato  numero  7  della  modifica  al  PAER,   con
conseguente invasione della competenza esclusiva dello Stato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2  della  legge
della Regione Toscana 27 luglio 2020, n. 73 (Disposizioni in  materia
di occupazioni del demanio idrico da parte dei gestori  del  servizio
idrico integrato  e  in  materia  di  geotermia),  lamentando,  sotto
diversi profili, la violazione degli artt. 3, 9, 11, 97 e 117,  commi
primo e secondo, lettera  s),  e  terzo  comma,  della  Costituzione,
nonche' del principio di leale collaborazione. 
    La disposizione impugnata, sotto la rubrica  «Applicazione  della
disciplina  delle  aree  non  idonee»,   stabilisce   quanto   segue:
«L'individuazione  delle  aree  non  idonee  per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica  in  Toscana  effettuata
mediante la delibera del Consiglio regionale 7  luglio  2020,  n.  41
(Modifica del Piano ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini
della definizione  delle  aree  non  idonee  per  l'installazione  di
impianti di produzione di energia geotermica in Toscana. Adozione  ai
sensi dell'articolo 19 della l.r. 65/2014) e' immediatamente efficace
e si applica anche ai procedimenti in corso alla data di  entrata  in
vigore della presente legge». 
    Le  censure  sollevate  si  incentrano,  in  particolare,   sulla
prescrizione della  immediata  efficacia  della  delibera  consiliare
richiamata dalla disposizione impugnata. Riferisce il ricorrente  che
il procedimento  relativo  alla  modifica  del  Piano  ambientale  ed
energetico regionale (PAER), volta per  l'appunto  all'individuazione
delle aree non idonee all'installazione degli impianti geotermici, si
trova ancora nella fase istruttoria: risulta  pendente,  infatti,  il
termine di sessanta giorni fissato dalla legge per  la  presentazione
delle osservazioni da parte degli interessati, e non  sarebbe  ancora
conclusa la parallela procedura di valutazione ambientale  strategica
(VAS) in conformita' a quanto  previsto  dal  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale). Proprio nel  corso
dell'istruttoria,  peraltro,  le   richieste   formulate   «in   fase
preliminare» dagli organi  ministeriali  sarebbero  state  «in  larga
parte disattese» dalla Regione, mentre  per  alcuni  procedimenti  di
valutazione di  impatto  ambientale  in  corso  (relativi  a  singoli
impianti geotermici) i competenti uffici ministeriali (VIA) avrebbero
gia'  reso  una  «valutazione   negativa   di   compatibilita'»   con
riferimento  ad  aree  le  quali,  in  applicazione  della   delibera
consiliare de qua, viceversa «risulterebbero idonee». Ne verrebbe «di
fatto» impedita la partecipazione  dei  preposti  organi  statali  al
processo decisionale, e cio'  nonostante  la  vigenza  del  Piano  di
indirizzo territoriale (PIT), avente valenza di piano  paesaggistico,
che e' stato elaborato dalla Regione congiuntamente con il  Ministero
per i beni e le attivita' culturali e per il turismo (oggi: Ministero
della  cultura),  e  le  cui  previsioni   finirebbero   per   essere
pregiudicate proprio  dall'individuazione,  immediatamente  efficace,
delle aree non idonee. 
    In tale complessivo quadro, il primo motivo del  ricorso  censura
la violazione degli artt. 3, 9, 11, 97 e 117, primo e secondo  comma,
lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 142, comma 1, lettera
m), 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo  10  della
legge 6 luglio 2002, n. 137). La disposizione impugnata anticiperebbe
la conclusione del procedimento volto all'individuazione  delle  aree
non  idonee,  cristallizzandone  un  esito  non  conforme  a  plurime
indicazioni promananti dagli  organi  statali  competenti,  ai  quali
sarebbe pertanto preclusa una fattiva collaborazione  procedimentale.
La descritta «entrata in vigore  anticipata»,  inoltre,  risulterebbe
«irragionevole  e  contraria  al   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione»,  recando  conseguenze   anche   sui   pendenti
procedimenti  di  autorizzazione  di  singoli  impianti   geotermici.
L'effetto  che  si  produrrebbe,  quindi,  non  sarebbe   quello   di
incrementare la tutela ambientale per le  aree  non  idonee,  ma,  al
contrario, quello «di qualificare,  sin  da  subito,  come  aree  non
classificate  come  "non   idonee"   -   e,   quindi,   come   ambiti
potenzialmente atti alla  localizzazione  di  impianti  geotermici  -
anche aree di pregio e di interesse culturale». 
    Con il secondo motivo, viene dedotta la violazione degli artt. 11
e 117, primo comma, Cost., in  relazione  agli  artt.  4  e  8  della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2001/42/CE,  del  27
giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di  determinati
piani e programmi sull'ambiente, nonche' agli artt. 4, comma  1,  11,
commi 3 e 5,  13,  14  e  15  cod.  ambiente.  Nel  ribadire  che  la
previsione regionale censurata anticipa gli  effetti  della  modifica
del PAER non ancora approvata,  viene  qui  censurata  la  violazione
delle invocate  norme  interposte  che  scandiscono  il  procedimento
relativo alla VAS, la  cui  finalita'  finirebbe,  in  sostanza,  con
l'esser vanificata. 
    Si lamenta poi, con il terzo motivo, la violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., insieme ai  «parametri  interposti»
costituiti dagli artt. 135, comma 4, 143, commi 1 e 9, e  145,  comma
3,  cod.  beni  culturali,  dai  quali  discenderebbe  il  principio,
«coessenziale all'impianto della tutela del paesaggio»,  dell'obbligo
di pianificazione congiunta tra  Stato  e  Regione.  La  disposizione
impugnata recherebbe  una  valutazione  unilaterale  incidente  sulle
prescrizioni d'uso (co-pianificate) dei vincoli paesaggistici, pur in
presenza di uno  strumento  territoriale,  a  valenza  paesaggistica,
frutto di co-pianificazione. 
    Ancora, con il  quarto  motivo,  e'  dedotta  la  violazione  del
principio di leale collaborazione tra Regione  e  Stato  e  dell'art.
117, terzo comma, Cost., proprio in  quanto  la  norma  censurata  si
porrebbe «al di fuori del percorso condiviso  con  lo  Stato  che  ha
condotto all'adozione del PIT». 
    Infine, con il quinto motivo del ricorso, e' ancora  censurata  -
sotto diverso profilo - la violazione  dell'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 1, comma 3-bis, del decreto  legislativo
11 febbraio 2010, n. 22 (Riassetto  della  normativa  in  materia  di
ricerca  e  coltivazione   delle   risorse   geotermiche,   a   norma
dell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n.  99),  che
si riferisce ai cosiddetti impianti  geotermici  pilota,  oggetto  di
apposita sperimentazione a livello nazionale. La  mancata  esclusione
di tali  impianti  dal  raggio  di  applicazione  della  disposizione
censurata  determinerebbe  un'ulteriore  invasione  della  competenza
legislativa dello Stato, da considerarsi «esclusiva» proprio ai sensi
della normativa interposta citata. Ne deriverebbe  il  contrasto  con
l'art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento  alla  materia  della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    2.-  Deve  preliminarmente  darsi  conto   di   una   circostanza
sopravvenuta al deposito del ricorso. 
    Nelle more del giudizio,  la  delibera  del  Consiglio  regionale
della Toscana 7 luglio 2020,  n.  41,  recante  «Modifica  del  Piano
ambientale ed energetico regionale (PAER) ai fini  della  definizione
delle aree non idonee per l'installazione di impianti  di  produzione
di energia geotermica in Toscana. Adozione ai sensi dell'articolo  19
della l.r. 65/2014», e' stata oggetto di una successiva delibera  del
medesimo organo che la ha espressamente revocata. 
    Come si  legge  nella  delibera  del  Consiglio  regionale  della
Toscana 13 aprile 2021, n. 39, recante «Modifica del piano ambientale
ed energetico regionale (PAER) ai fini della definizione  delle  aree
non idonee per l'installazione di impianti di produzione  di  energia
geotermica in  Toscana.  Revoca  della  deliberazione  del  Consiglio
regionale 7 luglio 2020, n. 41. Nuova adozione ai sensi dell'articolo
19 della l.r. 65/2014» (pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della
Regione Toscana del 12 maggio 2021, parte seconda, n.  19),  l'organo
consiliare ha  stabilito  «di  revocare,  per  quanto  illustrato  in
narrativa, la deliberazione 7 luglio 2020, n. 41».  Cio'  in  quanto,
«per mero errore materiale», erano stati allegati a quest'ultima  due
elaborati, relativi alla procedura di VAS (il «Rapporto ambientale» e
la relativa «sintesi non tecnica»),  redatti  «in  una  versione  non
definitiva». Al  «fine  di  garantire  il  corretto  svolgimento  del
procedimento» si rendeva, pertanto, necessaria una nuova delibera  di
adozione della modifica del PAER. 
    Tale circostanza non determina,  tuttavia,  alcuna  ricaduta  sul
presente giudizio avente ad oggetto  la  disposizione  impugnata  dal
Presidente del Consiglio dei ministri.  L'individuazione  delle  aree
non idonee che, secondo la volonta' del legislatore regionale, assume
efficacia immediata e' e rimane  quella  operata  dalla  delibera  di
adozione n. 41 del 2020, il  cui  contenuto  non  risulta  modificato
dalla successiva delibera n. 39 del 2021. Quest'ultima si e' limitata
a  correggere  un  errore  materiale  contenuto   nella   precedente,
sostituendo i due elaborati che erano stati allegati in versione  non
definitiva, ma  non  ha  emendato  l'individuazione  delle  aree  non
idonee,  ne'  sostituito,  rispetto  alla  precedente  versione,  gli
elaborati recanti detta individuazione (in particolare, non e'  stato
sostituito l'elaborato «A1»,  recante  «Obiettivo  A.3  Aumentare  la
percentuale  di  energia  proveniente  da  fonti  rinnovabili  -  A.3
Allegato 7 - Aree  non  idonee  Impianti  di  produzione  di  energia
elettrica da fonte geotermica»). 
    Va quindi ribadito che l'effetto della disposizione  impugnata  -
consistente nel rendere immediatamente operativa, anche  riguardo  ai
procedimenti in corso, l'individuazione delle aree non  idonee  quale
effettuata  con  la  prima  delibera  consiliare  di  adozione  della
modifica del PAER - non e' in alcun modo venuto meno  con  la  revoca
della delibera n. 41 del 2020. 
    3.-  Ancora  in  via  preliminare,  devono  essere  esaminate  le
eccezioni di inammissibilita' sollevate dalla difesa regionale. 
    Esse non sono fondate. 
    Per un verso,  non  e'  esatto  che  il  ricorso  sia  diretto  a
contestare la delibera consiliare n. 41 del 2020,  piuttosto  che  la
legittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge reg.  Toscana  n.
73 del 2020 che la richiama. Ciascuna  delle  censure  sollevate  dal
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  investe,  nello  specifico,
proprio la scelta del legislatore regionale di riconnettere immediata
efficacia  a  quella  delibera:  alla  radice  vi  e',   invero,   la
contestazione afferente al riparto di competenze legislative  fra  lo
Stato e la Regione, revocandosi in dubbio - sotto diversi  profili  -
che una legge regionale,  nell'anticipare  gli  effetti  di  un  atto
amministrativo di adozione di piano, possa incidere sulla conclusione
del relativo procedimento di formazione e abbassare, in tal modo,  il
livello  di   tutela   ambientale   stabilito   dal   vigente   piano
territoriale, avente valenza paesaggistica. 
    Per altro verso, la riportata affermazione del ricorrente secondo
la  quale,   per   effetto   dell'anticipata   efficacia   riconnessa
all'individuazione delle aree non idonee, diventera' in futuro «assai
arduo  negare  l'autorizzazione  alla  localizzazione   di   impianti
geotermici nelle aree, pur sottoposte a vincolo paesaggistico, ma non
incluse tra le aree non idonee», non e' tale da rendere  "ipotetiche"
le censure sviluppate nel ricorso, come sostenuto  dalla  resistente.
Quell'affermazione, in realta', risulta solo diretta a  delineare  un
possibile effetto  della  disposizione  impugnata,  a  riprova  della
sussistenza  dei  lamentati  vizi  di  legittimita'   costituzionale,
venendo pertanto in considerazione un  profilo  attinente  al  merito
(analogamente, sentenza n. 20 del 2021, punto 3.1.1. del  Considerato
in diritto). 
    4.- Nel merito, le questioni promosse con i primi quattro  motivi
del ricorso - che, stante l'oggettiva comunanza di argomenti, possono
essere trattati congiuntamente - non sono fondate. 
    4.1.- Giova anzitutto precisare il contesto in cui e' maturata la
disposizione impugnata. 
    La Regione Toscana,  nel  procedimento  volto  all'individuazione
delle aree non idonee alla localizzazione di impianti geotermici,  ha
applicato la disciplina tracciata, a livello nazionale,  dal  decreto
del Ministro dello sviluppo  economico  10  settembre  2010,  recante
«Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
rinnovabili». 
    Tali linee guida, adottate a norma dell'art. 12,  comma  10,  del
decreto legislativo  29  dicembre  2003,  n.  387  (Attuazione  della
direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia  elettrica
prodotta  da  fonti  energetiche  rinnovabili  nel  mercato   interno
dell'elettricita'),   hanno   disciplinato   il   procedimento    per
l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli  impianti  di
produzione di elettricita' da fonti rinnovabili, con  l'obiettivo  di
assicurare un corretto inserimento degli impianti nel paesaggio.  Per
quanto in questa sede interessa, esse, al paragrafo numero 17,  hanno
delineato un apposito procedimento istruttorio che  le  Regioni  sono
chiamate a seguire per addivenire all'individuazione delle aree  «non
idonee»  all'installazione  degli  impianti,  in  modo   da   rendere
compatibile la selezione delle aree con la tutela paesaggistica. 
    Questa Corte, anche di recente, ha avuto occasione  di  esaminare
la disciplina recata dal menzionato paragrafo numero 17, evidenziando
che la Regione  e'  chiamata  a  compiere  «un'apposita  istruttoria,
avente ad oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte  alla
tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio,  del  patrimonio  storico   e
artistico,   delle   tradizioni    agroalimentari    locali,    della
biodiversita' e del paesaggio rurale (paragrafo 17.1)». All'esito  di
tale istruttoria, la Regione indica, nell'atto di pianificazione,  la
non idoneita' di ciascuna area in relazione  a  specifiche  tipologie
e/o dimensioni di impianti, motivando le riscontrate incompatibilita'
con riferimento agli obiettivi  di  protezione  perseguiti.  Le  aree
individuate come non idonee sono destinate a confluire  nell'atto  di
pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome  «conciliano
le politiche di tutela dell'ambiente e del paesaggio  con  quelle  di
sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di
quanto eventualmente gia' previsto  dal  piano  paesaggistico  e  del
necessario rispetto della quota minima di produzione  di  energia  da
fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing)  (paragrafo  17.2)»
(cosi', da ultimo, sentenza n. 177 del 2021). 
    Sulla scorta delle conclusioni cui e'  giunta  la  giurisprudenza
amministrativa,  questa  Corte  ha  anche  precisato  che,  dall'iter
procedimentale  cosi'  tratteggiato,   derivano   «talune   rilevanti
implicazioni  sostanziali»,  consistenti  sia  nel  legame  che  deve
avvincere la segnalazione di «non idoneita'» di un'area  rispetto  «a
specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti» (spettando  all'atto
di pianificazione individuare le  incompatibilita'  legate  al  tipo,
alle dimensioni e alla potenza degli impianti), sia negli effetti che
derivano da tale segnalazione. A tal proposito, si e' evidenziato che
«l'atto di pianificazione della Regione, nell'individuare le aree non
idonee, non comporta un divieto assoluto, bensi'  -  come  si  evince
sempre dalle linee guida - vale a segnalare "una elevata probabilita'
di esito negativo delle valutazioni, in sede  di  autorizzazione"  e,
dunque, ha la funzione di "accelerare" la procedura (paragrafo 17.1)»
(sentenza n. 177 del 2021). Di conseguenza, quella di  non  idoneita'
costituisce solo una «valutazione di "primo livello"», che impone poi
di verificare, in sede di autorizzazione, «se l'impianto  cosi'  come
effettivamente   progettato,   considerati   i   vincoli   insistenti
sull'area, possa essere realizzabile» (cosi', ancora, sentenza n. 177
del 2021). 
    4.2.- Nel caso  di  specie,  come  emerge  dalle  premesse  della
delibera consiliare n. 41 del 2020, la modifica del  PAER  effettuata
con la delibera medesima, recante  l'individuazione  delle  aree  non
idonee  all'installazione  di  impianti  di  produzione  di   energia
geotermoelettrica, costituisce «una specifica e puntuale integrazione
del PAER vigente». Essa si basa su un apposito «studio  conoscitivo»,
approvato dalla Giunta regionale della Toscana con  deliberazione  15
dicembre 2015, n. 1229, recante «Deliberazione della Giunta regionale
relativa all'approvazione dei documenti di attuazione dell'articolo 1
della "Legge regionale 16 febbraio 2015, n. 17 - Disposizioni urgenti
in materia di geotermia"» (pubblicato nel BURT del 30 dicembre  2015,
supplemento al n.  52).  Alla  delibera  consiliare  di  adozione  e'
allegato  -  ed  e'  stato  depositato  in  giudizio  dalla   Regione
resistente - l'elaborato  denominato  «A1»,  recante  «Obiettivo  A.3
Aumentare la percentuale di energia proveniente da fonti  rinnovabili
- A.3 Allegato 7 - Aree non idonee Impianti di produzione di  energia
elettrica da fonte geotermica». In tale elaborato sono  elencati,  al
paragrafo  numero  2,  i  siti  e  le  aree  che  non  consentono  la
localizzazione degli impianti geotermici, in relazione alla tipologia
dei  singoli  impianti  considerati  (con   riguardo   alla   potenza
energetica),  con  la  specificazione  che  quanto   cosi'   previsto
costituisce   «un   riferimento   vincolistico   non   assoluto    ma
riconducibile alle specifiche limitazioni o  raccomandazioni»:  viene
espressamente precisato che  «con  l'individuazione  delle  aree  non
idonee non viene esclusa  in  maniera  assoluta  la  possibilita'  di
agire, salvo segnalare che in quelle aree  sara'  relativamente  piu'
difficile ottenere le necessarie  autorizzazioni»  (paragrafo  numero
4).  Nello  specifico,  al  paragrafo  numero  5  sono   fornite   le
motivazioni della «non idoneita' delle aree di cui al  paragrafo  2»,
con riferimento alla tipologia delle  singole  aree  considerate  (ad
esempio, tra quelle ricordate  dal  ricorso:  aree  e  beni  immobili
qualificati come «di notevole interesse culturale», con richiamo agli
artt. 10 e 11 cod. beni culturali; immobili  e  aree  «dichiarati  di
notevole interesse pubblico», con richiamo  all'art.  136  cod.  beni
culturali; zone «di interesse archeologico»,  con  richiamo  all'art.
142, comma 1, lettera m, cod. beni culturali) e  agli  «obiettivi  di
protezione» che le caratterizzano. 
    Risulta quindi confermato che, in sede procedimentale, la Regione
Toscana ha agito secondo le indicazioni provenienti dalle linee guida
nazionali. L'individuazione delle aree non idonee e' stata  preceduta
da un'apposita istruttoria che ha condotto alle  valutazioni  finali,
confluite  nell'apposito  elaborato  allegato  all'atto  di  adozione
consiliare, rapportate alla tipologia, alle dimensioni e alla potenza
degli  impianti.  Le  conseguenti  segnalazioni  di  non   idoneita',
conformemente alle linee guida nazionali, costituiranno -  una  volta
intervenuta l'approvazione della modifica di piano - una  valutazione
di "primo livello",  tale  da  non  pregiudicare  definitivamente  la
localizzazione degli impianti geotermici, ma atta solo a orientare  i
futuri  progetti  di  installazione  che  dovranno  essere  assentiti
all'esito della procedura di autorizzazione unica, ai sensi dell'art.
12 del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    L'intervento del legislatore regionale, in questa sede censurato,
si pone a valle del richiamato procedimento  istruttorio  e  anticipa
gli effetti appena descritti ad una fase procedimentale, quella cioe'
che si colloca temporalmente tra l'adozione  e  l'approvazione  della
modifica di  piano.  Come  emerge  dai  lavori  preparatori  (e  come
sostenuto in giudizio dalla Regione  resistente),  l'obiettivo  cosi'
perseguito e' quello di preservare, nelle more della conclusione  del
procedimento di modifica del PAER, quegli  stessi  valori  ambientali
che sono alla base delle segnalazioni di «non idoneita'», non  ancora
operative, mancando la  definitiva  approvazione  della  modifica  di
piano. 
    La disposizione  impugnata  costituisce,  dunque,  una  norma  di
salvaguardia  ambientale,  volta  a  regolare  il  periodo   che   va
dall'adozione della modifica del PAER alla sua approvazione. In  tale
contesto, la finalita' perseguita dal legislatore regionale e' quella
di evitare che la non ancora intervenuta conclusione del procedimento
amministrativo concernente l'individuazione delle aree  «non  idonee»
possa consentire ai proprietari dei luoghi interessati di  realizzare
nuove installazioni di impianti, in tal  modo  eludendo,  nelle  more
della  conclusione  del  procedimento  di  approvazione,  la   stessa
individuazione di quelle aree in via amministrativa. Quella impugnata
assume, quindi, i contorni di una  norma  transitoria  con  finalita'
cautelare:  essa  punta  esclusivamente  a  preservare  le  aree   in
questione, impedendo - secondo le finalita' proprie delle  misure  di
salvaguardia, come enucleate dalla giurisprudenza di questa  Corte  -
«quei  cambiamenti  degli  assetti  urbanistici   ed   edilizi,   che
potrebbero contrastare con le  nuove  previsioni  pianificatorie,  in
pendenza  della  loro  approvazione»  (sentenza  n.  102  del   2013;
analogamente, anche sentenze n. 84 del 2017, n. 232 del 2009, n.  379
del 1994, n. 617 del 1987 e n. 83 del 1982). 
    Conformemente  alla  sua  natura  di   misura   di   salvaguardia
ambientale, la disposizione di cui si tratta e' peraltro destinata ad
esaurire la sua efficacia una volta che all'adozione  della  modifica
di piano  sara'  seguita  la  sua  approvazione,  con  la  definitiva
individuazione delle aree «non idonee», a quel punto ex se produttiva
di effetti. 
    In  base  a  quanto  precede,  risulta  smentito  l'assunto   del
ricorrente secondo cui  la  disposizione  impugnata  inciderebbe  sui
procedimenti amministrativi ancora in corso (modifica al PAER e VAS),
pregiudicandone l'esito. Al contrario, come appena visto, essa  tende
a preservarne lo svolgimento e  la  conclusione,  cristallizzando  la
situazione di fatto esistente ed evitando temporaneamente il rilascio
di nuove autorizzazioni con riferimento alle aree  che,  al  momento,
sono state selezionate come «non idonee» ad ospitare quegli impianti.
Nel  frattempo,  il  procedimento  di  modifica  del   piano   potra'
proseguire  con  le   modalita'   ordinarie,   senza   subire   alcun
condizionamento da parte della disposizione in questione,  la  quale,
come gia' anticipato, e' destinata ad esaurire la  propria  efficacia
al momento dell'approvazione della modifica di piano. 
    Ne',  del  resto,  e'  riscontrabile  alcuna  frizione   con   le
prescrizioni   paesaggistiche   del   vigente    PIT,    frutto    di
co-pianificazione  con  le   autorita'   statali.   La   disposizione
impugnata, infatti, si limita a rendere  immediatamente  efficace  la
valutazione negativa  di  "primo  livello"  per  le  sole  aree  «non
idonee», mentre nulla prescrive ne' pregiudica  per  tutte  le  altre
possibili localizzazioni. Del resto, se e' vero - conformemente  alle
caratteristiche sostanziali dell'iter procedimentale prima  descritte
- che l'individuazione delle aree di  cui  si  tratta  non  determina
conseguenze definitive per le medesime, a maggior  ragione  essa  non
produce alcun effetto immediato per le altre  (quelle  potenzialmente
idonee, come il ricorrente le definisce), rispetto alle quali  rimane
del tutto impregiudicata la successiva valutazione, anche ambientale,
che le autorita' competenti saranno chiamate a  rendere  in  sede  di
procedimento autorizzativo. 
    In definitiva, solo con la conclusione dei pendenti  procedimenti
amministrativi (modifica del PAER e parallela VAS), e alla  luce  dei
vari apporti che le autorita' coinvolte (eventualmente, anche  quelle
statali)  potranno  far  confluire   nell'iter   decisionale,   sara'
possibile conoscere la sorte delle aree che, al momento,  la  Regione
Toscana non ha incluso tra  quelle  segnalate  come  «non  idonee»  e
rispetto alle quali il ricorrente ha avanzato  dubbi  di  conformita'
con le  vigenti  prescrizioni  paesaggistiche.  Non  puo',  pertanto,
apprezzarsi,  allo  stato,  alcuna   violazione   ne'   della   leale
collaborazione ne', tantomeno, del principio di prevalenza del  piano
paesaggistico,  posto  che  la   modifica   del   PAER   adottata   -
immediatamente efficace, per volonta'  del  legislatore  regionale  -
mira, piuttosto, a preservare i valori ambientali delle aree che sono
segnalate come «non idonee», assicurandone una tutela piu' intensa (e
non certo a pregiudicare i valori ambientali delle rimanenti). 
    Deve conclusivamente affermarsi che, la  disposizione  impugnata,
in quanto misura di salvaguardia ambientale, non  produce  l'effetto,
paventato dal ricorrente, «di qualificare, sin da subito, come  [...]
ambiti  potenzialmente  atti  alla  localizzazione   degli   impianti
geotermici - anche aree di pregio  e  di  interesse  culturale"».  Al
contrario, come appena chiarito,  quelle  aree  non  formano  oggetto
della  disciplina  dettata  dal  legislatore   regionale,   rimanendo
impregiudicate le valutazioni,  anche  ambientali,  che  su  di  esse
dovranno essere compiute dalle amministrazioni competenti. 
    5.- Del pari non fondata e' la questione promossa con  il  quinto
motivo di ricorso. 
    Essa si riferisce agli impianti geotermici  cosiddetti  "pilota",
la cui disciplina e' dettata, a livello nazionale, dall'art. 1, comma
3-bis, del d.lgs.  n.  22  del  2010  (come  modificato,  da  ultimo,
dall'art. 41, comma 7-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013,  n.  69,
recante  (Disposizioni  urgenti  per  il   rilancio   dell'economia),
convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto  2013,  n.  98).  Si
tratta  delle  «centrali   geotermoelettriche   a   ridotto   impatto
ambientale» che sfruttano,  a  fini  di  sperimentazione,  «i  fluidi
geotermici a media ed alta entalpia [...] con reiniezione del  fluido
geotermico nelle stesse formazioni di  provenienza,  e  comunque  con
emissioni di processo nulle,  con  potenza  nominale  installata  non
superiore a 5 MW per ciascuna centrale, per  un  impegno  complessivo
autorizzabile non superiore ai 50 MW» (cosi' l'art. 1.  comma  3-bis,
citato). La legge dello Stato ha definito «di interesse nazionale»  i
fluidi geotermici cosi' utilizzati  e  ha  stabilito  la  «competenza
statale» per gli impianti geotermici pilota. Nello specifico,  l'art.
3, comma 2-bis, del d.lgs. n. 22 del 2010 (come inserito dall'art. 9,
comma 1, lettera b, numero 1, del decreto legislativo 3  marzo  2011,
n.  28,  recante  «Attuazione  della   direttiva   2009/28/CE   sulla
promozione  dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili,   recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE») ha stabilito che,  nel  caso  di  sperimentazione  degli
impianti geotermici pilota, «l'autorita' competente e'  il  Ministero
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero  dell'ambiente
e della tutela del territorio e del mare, che  acquisiscono  l'intesa
con la regione interessata; all'atto del  rilascio  del  permesso  di
ricerca,  l'autorita'  competente  stabilisce  le  condizioni  e   le
modalita'  con  le  quali  e'  fatto  obbligo  al  concessionario  di
procedere alla coltivazione dei fluidi geotermici in  caso  di  esito
della ricerca conforme a quanto indicato nella richiesta di  permesso
di ricerca». 
    Questa Corte si e' gia' occupata della disciplina dettata per gli
impianti  geotermici  pilota,   con   riferimento   al   procedimento
preordinato al rilascio dei permessi di ricerca (sentenza n. 156  del
2016). In quella occasione era stato impugnato,  in  via  principale,
l'art. 1, comma 2, della legge  della  Regione  Toscana  16  febbraio
2015, n. 17, recante «Disposizioni urgenti in materia di  geotermia»,
che  prevede  la  sospensione  temporanea  dei  procedimenti  per  il
rilascio dei permessi di ricerca e  delle  relative  proroghe,  degli
atti di assenso per la realizzazione di  pozzi  esplorativi,  nonche'
degli atti  ad  essi  preordinati  relativi  all'alta  e  alla  media
entalpia. Le censure allora sollevate dal  Presidente  del  Consiglio
dei ministri lamentavano che tale disposizione si riferisse anche «al
rilascio dell'intesa regionale» di cui all'art. 3, comma  2-bis,  del
d.lgs. n. 22 del 2010, prevista per i permessi  di  ricerca  per  gli
impianti pilota, con  conseguente  violazione  dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., in relazione ai  principi  fondamentali  dettati  nella
materia concorrente  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale   dell'energia»,   nonche'   del   principio    di    leale
collaborazione, in quanto si sarebbe determinata l'automatica (seppur
temporanea) inibizione dell'intesa medesima. 
    La  questione  e'  stata  dichiarata  non  fondata  per   erroneo
presupposto interpretativo in quanto -  ha  affermato  nell'occasione
questa Corte - «il riferimento della disposizione impugnata agli atti
di assenso per pozzi esplorativi e agli  atti  preordinati  va  letto
come richiamo, non  gia'  agli  atti  di  assenso  necessari  per  la
realizzazione degli impianti  pilota  di  competenza  statale,  ma  a
quelli che devono essere  richiesti  dai  titolari  dei  permessi  di
ricerca di competenza regionale» (sentenza n.  156  del  2016,  punto
4.2. del Considerato in diritto). 
    Analogo ragionamento va condotto con riguardo alla questione oggi
all'esame, pur se riferita non al rilascio dei permessi di ricerca ma
agli  atti  di  assenso  per  l'installazione  degli   impianti   sul
territorio. L'art. 2 della legge reg. Toscana n. 73  del  2020,  deve
essere letto nel quadro normativo di riferimento,  quindi  nel  senso
che esso  -  nel  recepire  l'atto  consiliare  che  ha  adottato  la
classificazione delle aree «non  idonee»  per  l'installazione  degli
impianti  geotermici,  ai  fini   del   rilascio   della   successiva
autorizzazione - si riferisce solo agli impianti che rientrano  nella
competenza regionale, e non anche a  quelli  "pilota"  che,  a  norma
della legge statale, per effetto del «ridotto impatto  ambientale»  e
delle connesse esigenze di  sperimentazione  che  li  caratterizzano,
sono  considerati,  al  pari  dei  fluidi  geotermici  impiegati,  di
interesse nazionale. Del resto, come riconosce lo stesso  ricorrente,
la modifica del PAER gia' adottata  non  contiene  alcun  riferimento
agli impianti geotermici pilota. 
    Ne'  giova  a  modificare  tale  conclusione  l'osservazione  del
ricorrente, che sottolinea come il PAER della Regione  Toscana  abbia
espressamente specificato (al paragrafo numero  3  dell'Allegato  A1)
che l'individuazione delle aree  non  idonee  non  si  applica  «alle
"piccole utilizzazioni locali" ex art. 10  del  D.Lgs.  22/2010».  Il
riferimento e' a quanto previsto dall'art. 10, comma 1, del d.lgs. n.
22 del 2010, a norma del quale sono  definite  piccole  utilizzazioni
locali «quelle  per  le  quali  sono  soddisfatte  congiuntamente  le
seguenti condizioni: a) consentono la realizzazione  di  impianti  di
potenza inferiore a 2 MW termici, ottenibili  dal  fluido  geotermico
alla temperatura convenzionale dei reflui di 15 gradi centigradi;  b)
ottenute mediante l'esecuzione di pozzi di  profondita'  fino  a  400
metri per ricerca, estrazione e utilizzazione di fluidi geotermici  o
acque calde,  comprese  quelle  sgorganti  da  sorgenti  per  potenza
termica complessiva non superiore  a  2.000  kW  termici,  anche  per
eventuale produzione  di  energia  elettrica  con  impianti  a  ciclo
binario ad emissione nulla». Il comma 2  dell'art.  10,  inoltre,  fa
rientrare  in  questa  nozione  anche  «quelle   effettuate   tramite
l'installazione di sonde geotermiche  che  scambiano  calore  con  il
sottosuolo  senza  effettuare  il  prelievo  e  la  reimmissione  nel
sottosuolo di acque calde o fluidi geotermici».  Tuttavia,  non  puo'
ritenersi che l'omessa previsione  di  un'esplicita  eccezione  (come
quella disposta per le piccole utilizzazioni locali, precisazione che
peraltro si ritrova nel solo PAER e non anche nella  legge  regionale
impugnata) possa avere il  significato  di  estendere  l'operativita'
della disciplina del PAER anche  agli  impianti  pilota,  pur  se  di
interesse nazionale. L'omesso richiamo della  normativa  statale  non
consente, infatti, di  far  presumere  la  volonta'  del  legislatore
regionale di non rispettare le prerogative dello Stato nella  materia
che viene disciplinata (da ultimo, seppure in altro ambito,  sentenza
n. 161 del 2021, punto 2.7. del Considerato in diritto). 
    In definitiva, assumono in questa sede rilievo  l'art.  1,  comma
3-bis, del d.lgs. n.  22  del  2010  -  che  definisce  di  interesse
nazionale  i  fluidi  geotermici,  a  media  e  alta  entalpia,   che
alimentano gli  impianti  pilota,  e  rimette  questi  impianti  alla
competenza dello Stato - nonche' il successivo art. 3,  comma  2-bis,
il quale conferma  la  competenza  statale  per  quanto  riguarda  il
rilascio dei permessi di ricerca. 
    E' alla luce di tali norme che va letta la disposizione regionale
impugnata la quale, proprio perche' omette  qualsivoglia  indicazione
sulla sorte di simili impianti, va intesa nel  senso  che  essi  sono
sottratti alla disciplina regionale delle aree «non idonee».