CORTE DEI CONTI 
            Sezione regionale di controllo per il Molise 
 
    Nella camera di consiglio del  12  novembre  2021,  composta  dai
magistrati: 
        Lucilla Valente, Presidente; 
        Domenico Cerqua, referendario; 
        Ruben D'Addio, referendario, estensore; 
ha pronunciato la seguente ordinanza nel  giudizio  di  parificazione
del rendiconto della  Regione  Molise,  per  l'esercizio  finanziario
2020. 
    Visti gli articoli 81,  97,  100,  103,  117,  119  e  134  della
Costituzione, nonche' gli articoli 1  della  legge  costituzionale  9
febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato
con  il  regio  decreto  12  luglio  1934,  n.  1214,  e   successive
modificazioni; 
    Visto il  regolamento  per  l'organizzazione  delle  funzioni  di
controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni Riunite  con
la deliberazione 16 giugno 2000, n. 14, e successive modificazioni; 
    Visto  il  decreto-legge  10  ottobre  2012,  n.   174,   recante
«Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone terremotate nel maggio 2012», convertito dalla legge 7  dicembre
2012, n. 213; 
    Vista la legge regionale Molise 7 maggio 2002, n. 4,  in  materia
di programmazione finanziaria e di contabilita' regionale; 
    Visto il rendiconto generale per l'esercizio 2020  della  Regione
Molise, di cui alla proposta di legge approvata dalla Giunta  Regione
Molise con delibera 4 agosto 2021, n. 256 (assunta al  protocollo  di
questa Sezione l'11 agosto 2021 al n. 2400); 
    Visto l'art. 29-bis della legge regionale Molise 8  aprile  1997,
n. 7, introdotto dall'art. 11 della legge regionale Molise 28  maggio
2002, n. 6 e novellato dagli articoli 1 e  2  della  legge  regionale
Molise 26 settembre 2005, n. 30, art. 1 della legge regionale  Molise
29 agosto 2006, n. 22 e articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 2
ottobre 2006, n. 33; 
    Vista l'ordinanza n. 35/PRES/2021 del  3  novembre  2021  con  la
quale il Presidente di questa Sezione ha fissato in data  odierna  il
giudizio di  parificazione  del  rendiconto  generale  della  Regione
Molise per l'esercizio finanziario 2020; 
    Uditi nella pubblica udienza del 12 novembre 2021  il  Presidente
della Sezione regionale  Lucilla  Valente,  i  relatori  referendario
Domenico Cerqua e referendario Ruben D'Addio, il pubblico  ministero,
nella  persona  del  procuratore  regionale,   Presidente   Salvatore
Nicolella e, per  la  Regione  Molise,  il  Presidente  della  Giunta
regionale, dott. Donato Toma; 
    Vista la decisione n. 80/PAR/2021 di pari data con  la  quale  il
Collegio disponendo la  separazione  del  giudizio  di  parificazione
limitatamente  al  capitolo  n.  4007  («Indennita'   per   personale
incaricato  di  funzioni  amministrative  -  Risorsa   libera»),   ha
parificato il rendiconto generale per l'esercizio 2020 della  Regione
Molise, di cui alla proposta di legge approvata dalla Giunta  Regione
Molise con delibera 4 agosto 2021, n. 256, con alcune eccezioni; 
 
                              In fatto 
 
    1. L'art. 1, comma 5, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n.  174,
convertito con modificazioni nella legge 7  dicembre  2012,  n.  213,
dispone che «il rendiconto generale della regione e' parificato dalla
sezione regionale di controllo della Corte dei conti ai  sensi  degli
articoli 39, 40 e 41 del testo unico  di  cui  al  regio  decreto  12
luglio 1934, n. 1214. Alla decisione  di  parifica  e'  allegata  una
relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue  osservazioni
in merito alla legittimita' ed  alla  regolarita'  della  gestione  e
propone le misure di correzione  e  gli  interventi  di  riforma  che
ritiene necessari al fine, in particolare, di assicurare l'equilibrio
del bilancio e di migliorare l'efficacia e l'efficienza della  spesa.
La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al  presidente
della giunta regionale e al consiglio regionale». 
    Gli articoli del testo unico delle leggi sulla  Corte  dei  conti
sopra richiamati si riferiscono alla parifica del rendiconto generale
dello Stato ed alla procedura del  giudizio  di  parificazione  (art.
40), col profilo contenutistico (art. 39) e  la  previsione,  in  uno
all'attivita' di parifica, di una relazione sul rendiconto (art. 41). 
    L'estensione del giudizio di parifica alle Sezioni  regionali  di
controllo della Corte dei conti e' coerente  col  ruolo  di  «garante
imparziale   dell'equilibrio   economico-finanziario   del    settore
pubblico» che  il  legislatore  attribuisce  alla  Corte  dei  conti,
confermato dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  60/2013,
ove, richiamando precedenti arresti, si afferma che «alla  Corte  dei
conti     e'     attribuito     il     controllo      sull'equilibrio
economico-finanziario del complesso delle amministrazioni pubbliche a
tutela dell'unita'  economica  della  Repubblica,  in  riferimento  a
parametri costituzionali (articoli 81, 119 e 120 della  Costituzione)
e  ai  vincoli  derivanti  dall'appartenenza  dell'Italia  all'Unione
europea (articoli  11  e  117,  primo  comma,  della  Costituzione)».
Infatti, il giudizio  di  parificazione  per  le  regioni  a  statuto
ordinario e'  stato  introdotto,  ex  art.  1,  comma  1  del  citato
decreto-legge  n.  174/2012,  proprio  «al  fine  di  rafforzare   il
coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di
governo statale e regionale, e di garantire il rispetto  dei  vincoli
finanziari   derivanti   dall'appartenenza   dell'Italia   all'Unione
europea»; pertanto, le disposizioni del predetto art. 1  «sono  volte
ad adeguare, ai sensi degli articoli 28, 81,  97,  100  e  119  della
Costituzione, il controllo  della  Corte  dei  conti  sulla  gestione
finanziaria delle regioni di cui all'art. 3, comma 5, della legge  14
gennaio 1994, n. 20, e all'art. 7, comma  7,  della  legge  5  giugno
2003, n. 131, e successive modificazioni». 
    Con deliberazione n. 256 del 4 agosto 2021, la  Giunta  regionale
del Molise ha adottato la proposta di  legge  avente  ad  oggetto  il
rendiconto generale della Regione Molise  per  l'esercizio  2020.  Il
provvedimento, ai  fini  del  giudizio  di  parificazione,  e'  stato
trasmesso a mezzo P.E.C.  con  nota  del  servizio  segreteria  della
Giunta reg. n. 131873 del 10 agosto 2021 (acquisito al protocollo  di
questa Sezione di controllo l'11 agosto 2021 al n. 2400). 
    In sede di valutazione complessiva dell'affidabilita' dei conti e
della regolarita' della gestione, su capitoli  di  spesa  selezionati
mediante  l'utilizzo  di  un  campionamento  statistico  numerico   e
monetario, la Sezione ha analizzato il capitolo di spesa del bilancio
regionale n. 4007 («Indennita' per personale incaricato  di  funzioni
amministrative - Risorsa libera»), verificando la spesa del personale
riferita alla «area quadri». 
    Il capitolo de quo accoglie le indennita' versate  dalla  Regione
per il personale appartenente a detta area, regolata dall'art. 29-bis
della legge regionale Molise  8  aprile  1997,  n.  7,  a  sua  volta
introdotto dall'art. 11 della legge regionale Molise 28 maggio  2002,
n. 6 e novellato dagli articoli 1 e 2 della legge regionale Molise 26
settembre 2005, n. 30, art. 1 della legge regionale Molise 29  agosto
2006, n. 22 e articoli 1 e 2 della legge regionale Molise  2  ottobre
2006, n. 33. 
    La Regione ha rappresentato, in sede istruttoria, che «il  numero
complessivo di dipendenti che beneficiano  della  indennita'  di  cui
trattasi  e'   di   complessive   duecentoundici   unita',   di   cui
centoventisette gia' inquadrati nella categoria D3  e  ottantaquattro
gia' inquadrati nella categoria D1, mentre il numero complessivo  dei
beneficiari della quota di "risultato" prevista dalla legge regionale
n. 33/2006 e'  pari  a  duecentotrentasette  ed  e'  comprensivo  del
personale cessato  nell'anno  2019»  (cfr.  nota  del  direttore  del
Dipartimento terzo - servizio risorse umane della Regione  Molise  n.
153187 del 17 settembre 2021, acquisita al protocollo  della  Sezione
n. 2692 del 20 settembre 2021). 
    L'esame condotto dalla Sezione nell'ambito del  campionamento  ha
permesso di accertare che sul capitolo  in  parola,  per  l'esercizio
finanziario 2020, sono stati registrati impegni  di  spesa  per  euro
2.193.577,78 e disposti pagamenti per un pari importo,  a  fronte  di
stanziamenti definitivi per euro 2.738.437,01 [previsti  inizialmente
dalla legge della Regione Molise 30 aprile 2020, n.  2  (bilancio  di
previsione pluriennale per  il  triennio  2020-2022)  ed  oggetto  di
variazione con DD.G.R. Molise 2 luglio  2020,  n.  216,  23  novembre
2020, n. 443 e 1° luglio 2021, n. 207],  confluiti  in  economie  per
euro 544.859,23. 
    Per quanto qui interessa,  all'attualita'  l'art.  29-bis  citato
sinteticamente recita al primo comma: «e' istituita un'apposita "Area
Quadri"»; i commi successivi dettagliano, invece, le funzioni  (commi
2-4),  le  modalita'  di  accesso  all'area  (commi  11-12)   ed   il
trattamento economico (commi 5-10 e 13) spettanti ai  c.d.  «quadri»,
evidentemente a carico del bilancio regionale. In  particolare,  tale
area concorre alla rimodulazione e all'armonizzazione delle  funzioni
amministrative assegnate al personale che richiedono professionalita'
lavorative  qualificate  e  che  comportano  un  elevato   grado   di
responsabilita' ed autonomia operativa ed organizzativa (comma 2); vi
accede il personale di ruolo o comandato inquadrato  nella  categoria
D, al maturare di un anno  di  servizio  nella  categoria  e  profilo
professionale «D1» e «D3» nei limiti dei contingenti di posti pari  a
centonovantacinque (categoria  D1)  e  trecentoventi  (categoria  B3)
(comma 11); al personale dell'area e' riconosciuta,  in  aggiunta  al
trattamento   economico   in   godimento,    un'indennita'    annuale
pensionabile, parte integrante della retribuzione (comma 5), dovuta a
prescindere dagli incarichi ricoperti e  non  cumulabile  con  quella
riconosciuta  ai  dipendenti  incaricati  della  responsabilita'   di
posizione organizzativa (comma 6)  o  con  gli  emolumenti  accessori
relativi alla produttivita' e ad indennita'  di  responsabilita'  non
rapportate ad incarichi di unita' operative organiche (uffici);  essa
e', invece, cumulabile con le indennita' che derivano da risorse  che
specifiche disposizioni  di  legge  finalizzano  alla  incentivazione
delle prestazioni (comma  6-bis);  sono  disciplinate  (comma  7)  le
modalita' di calcolo dell'indennita', commisurata all'importo massimo
della retribuzione di posizione stabilita all'articolo  10,  comma  4
del C.C.N.L. 22 gennaio 2004 del comparto regioni secondo la seguente
percentuale: personale di categoria D, profilo  D1  -  50  per  cento
dell'importo massimo della retribuzione di  posizione;  personale  di
categoria D, profilo D3 - 80 per  cento  dell'importo  massimo  della
retribuzione di posizione; al fine  del  raggiungimento  di  maggiori
indici di efficienza, il 20 per  cento  dell'indennita'  in  discorso
viene erogata al dipendente a seguito della valutazione positiva  del
rendimento (comma 10). 
    1.2. L'onor del vero impone di ricordare che  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri aveva proposto ricorso alla  Consulta  (n.  55
del 6 aprile 2010) avverso numerosi commi dell'art.  18  della  legge
regionale Molise 22 gennaio 2010, n. 3, fra i quali, il comma 7  che,
nel sostituire l'art. 3, comma 6, della  legge  regionale  Molise  13
gennaio  2009,  n.  1  (il   quale   rideterminava   le   percentuali
indennitarie della «area quadri» ed e' stato, poi, abrogato  ex  art.
1, comma 1, della legge regionale Molise n. 14/2010),  disponeva  che
«nelle more della  revisione  dei  sistemi  di  incentivazione  delle
qualita' delle prestazioni lavorative  di  cui  al  decreto-legge  n.
150/2009, con effetto dal 1° gennaio 2010 e fino al  30  giugno  2010
sono   ripristinate   le   misure   percentuali   delle    indennita'
dell'istituto di cui all'art.  29-bis  della  legge  regionale  n.  7
dell'8 aprile 2017, cosi' come rideterminate dall'art. 1 della  legge
regionale n. 33 del 2  ottobre  2006»;  in  quella  sede,  era  stato
oggetto di censure anche il comma 4 del medesimo art. 18  (disciplina
regionale dei buoni pasto per i dipendenti). Entrambe le disposizioni
erano state denunciate della medesima violazione dell'articolo  «117,
secondo comma,  lettera  l)  della  Costituzione,  che  riserva  alla
competenza esclusiva dello Stato la materia  dell'ordinamento  civile
e, quindi, sia i rapporti di diritto privato  regolabili  dal  codice
civile, tra i quali rientra il rapporto di impiego privatizzato,  sia
i  contratti  collettivi»;  quanto   al   comma   7   (che   incideva
temporaneamente sulla misura dell'indennita' ex art. 29-bis  citato),
il ricorrente prospettava il  contrasto  con  la  Costituzione  anche
«ipotizzando che la disciplina  delle  procedure  e  delle  modalita'
della contrattazione collettiva  sia  riservata  all'autonomia  degli
enti  direttamente  interessati.  Infatti,  nella   fattispecie,   il
legislatore regionale non ha disciplinato  il  regime  procedimentale
della contrattazione, ma ha inciso  sulla  misura  percentuale  delle
indennita'  da  corrispondere  ad  una   determinata   categoria   di
personale,  aspetto   che   deve   invece   essere   regolato   dalla
contrattazione collettiva». 
    Tuttavia,  all'esito  del   giudizio,   l'arresto   della   Corte
costituzionale 11 marzo 2011, n. 77, ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo solo il comma 4; si e', invece, estinto il  giudizio  del
comma 7 (che influiva sulla misura  dell'indennita'  ex  art.  29-bis
citato) «avendo il Presidente del Consiglio dei  ministri  rinunciato
alla sua impugnazione nelle more del giudizio di  costituzionalita'».
La rinuncia pare trovare ragione  nell'abrogazione  del  comma  7  in
questione, intervenuta medio tempore ad opera dell'art. 1,  comma  1,
della  legge  regionale  Molise  21  luglio  2010,  n.  14,   insieme
all'abrogazione dell'art. 3, comma 6, della legge regionale Molise 13
gennaio 2009, n. 1, su cui il primo incideva. 
    Se  la  rinuncia  ha  determinato   il   pendente   giudizio   di
costituzionalita', non ha,  tuttavia,  consentito  di  affrontare  il
merito  della   questione   controversa,   ovvero   la   legittimita'
costituzionale  dell'istituzione  e  del  finanziamento  della  «area
Quadri» di cui al richiamato art. 29-bis, che  vigono  intatti  anche
all'esito  dell'abrogazione   delle   mere   modifiche   quantitative
intervenute a partire dalla legge regionale del 13 gennaio  2009,  n.
1. 
    1.3. Orbene, questa Sezione, scevra per costituzione di qualunque
considerazione che non sia di puro diritto  oggettivo,  dubita  della
legittimita' costituzionale, per contrasto con  l'attuale  art.  117,
comma 2,  lettera  l),  nonche'  con  gli  articoli  81  e  97  della
Costituzione, del vigente art. 29-bis della legge regionale Molise  8
aprile 1997, n. 7, che  istituisce  l'area  dei  pubblici  dipendenti
regionali   denominata   «quadri»,   alla   luce    della    clausola
costituzionale che assegna, in materia di «ordinamento civile»,  alla
legislazione esclusiva dello Stato - a monte - ed alla contrattazione
collettiva - a valle -, la disciplina del  rapporto  di  lavoro  c.d.
«privatizzata» dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche,  cosi'
ledendo i beni-valori della  contabilita'  pubblica  nella  specifica
materia del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti. 
    La questione e'  stata  ritualmente  offerta  al  contraddittorio
delle parti da questo Giudice, sia nell'odierna udienza di  parifica,
sia nella precedente adunanza pubblica del 3 novembre 2021. 
    La Regione Molise non ha mosso argomentazioni  nel  merito  della
questione giuridica evidenziata ne' in sede istruttoria con  la  nota
n. 175085 del 29 ottobre 2021, ne' nella successiva adunanza pubblica
del 3 novembre 2021, rimettendosi  alle  valutazioni  della  Sezione;
nulla ha poi argomentato nell'odierna udienza di parificazione. 
    Il procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per il
Molise, con memoria dell'11 novembre 2021, ha, fra  l'altro,  chiesto
alla scrivente Sezione di «sollevare questione  di  costituzionalita'
dell'art. 29-bis della legge della Regione Molise 8 aprile  1997,  n.
7, introdotto dall'art. 11 della legge della Regione Molise 28 maggio
2002, n. 6, poi modificato/integrato dalla legge della Regione Molise
6 settembre 2005, n. 30 e dalla legge della Regione Molise 2  ottobre
2006, n. 33 [per contrasto: a) con  l'art.  117  della  Costituzione,
stante la violazione della riserva di competenza esclusiva  assegnata
in materia al legislatore statale; b) con gli articoli 81 e 97, primo
comma,    della    Costituzione,    stante    l'incidenza    negativa
sull'equilibrio  dei  bilanci  e  sulla  sostenibilita'  del   debito
pubblico], riservando all'esito la  pronuncia  in  tema  di  parifica
sulla spesa concernente la cd. "area quadri"»  (pp.  96  e  97),  con
particolare  riferimento  alla  «previsione  dell'art.  117,  secondo
comma,  della  Costituzione   ["g)   ordinamento   e   organizzazione
amministrativa dello Stato e degli  enti  pubblici  nazionali"]»  (p.
45),  rimarcando  espressamente  che  «la  Corte  costituzionale   ha
statuito uno stretto  binomio  tra  potesta'  legislativa  (copertura
giuridica) e potesta' finanziaria (copertura finanziaria): laddove la
Regione non disponga della potesta' legislativa [esempio  ordinamento
civile, vicedirigenza)] la stessa non ha neanche il potere  di  spesa
(nello stesso senso anche la sentenza della Corte  costituzionale  n.
146/2019)» (p. 45). 
    Il Collegio, con decisione n. 80/PAR/2021, ha disposto,  in  sede
di parifica, la separazione del giudizio limitatamente al capitolo n.
4007 («Indennita' per personale incaricato di funzioni amministrative
-  Risorsa  libera»)  e  alle  poste  ivi  iscritte,  parificando  il
rendiconto con alcune eccezioni. 
 
                             In diritto 
 
2. Sui precedenti in terminis 
    Un istituto simile a quello in parola era previsto  dall'art.  10
della legge regionale Liguria 28 aprile 2008, n. 10, istitutivo della
«vice-dirigenza regionale». E' storia che  la  Sezione  di  controllo
Liguria in sede di parificazione del rendiconto 2016,  esaminando  il
capitolo della spesa del personale, ha  dubitato  della  legittimita'
costituzionale sia di tale norma - ritenendo che la  materia  dovesse
essere regolata in maniera esclusiva dallo Stato ex art.  117,  comma
2, lettera l) della  Costituzione  -  sia  dell'art.  2  della  legge
regionale Liguria 24 novembre 2008, n. 42, di  incremento  del  Fondo
per  il  trattamento  accessorio  del  personale  e  destinazione  al
finanziamento della retribuzione di posizione e  di  risultato  della
vice-dirigenza  -  per   contrasto   con   quanto   stabilito   dalla
contrattazione collettiva nazionale e  di  comparto,  cui  rinvia  la
competente legislazione statale. Rimessa la  questione,  la  Consulta
(sentenza 9 novembre 2018, n.  196)  ha  riconosciuto  la  violazione
della competenza legislativa esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
ordinamento civile  da  parte  del  legislatore  ligure,  dichiarando
l'illegittimita' costituzionale delle predette disposizioni. 
    Analoga  questione,  puntualmente  riferita  all'istituzione  con
legge regionale campana di fondi (cosiddetti «Legge 20» e «Legge 25»)
per il finanziamento di un nuovo trattamento economico accessorio per
i dipendenti regionali,  e'  stata  sollevata  con  ordinanza  dell'8
ottobre 2018 della Sezione regionale di controllo per la Campania, in
occasione del  giudizio  di  parificazione  dei  rendiconti  generali
regionali per gli esercizi finanziari 2015  e  2016;  essa  e'  stata
definita dalla Consulta (sentenza 19 giugno 2019, n.  146)  con  pari
riconoscimento  di  violazione   dei   precetti   costituzionali   di
distribuzione della competenza  legislativa  e  di  tutela  del  bene
pubblico  di   bilancio,   nonche'   conseguente   dichiarazione   di
illegittimita' costituzionale. 
    La Sezione ritiene le situazioni appena descritte  sovrapponibili
a quella sussistente nell'ambito legislativo molisano, ove l'articolo
29-bis citato istituisce «l'Area  quadri»,  invadendo  la  competenza
esclusiva statale, e determina un illegittimo effetto espansivo della
spesa del personale,  aumentando  contra  Constitutionem  le  risorse
destinate alla retribuzione del personale dipendente regionale. 
3. Sulla questione di costituzionalita' in esame 
    Sulla scia di quanto si e' esposto e si esporra', dunque,  questo
Giudice  dubita  delle  predette  norme  di  legislazione   regionale
molisana, in rapporto al canone ex art.  117,  comma  2,  lettera  l)
della Costituzione combinato coi valori  di  cui  agli  articoli  81,
comma 4 (attuale comma 3) e 97, comma 1 della Costituzione. 
    Tale fondato dubbio di costituzionalita' preclude alla Sezione di
controllo scrivente, prima che sul punto si sia  pronunciata  in  via
definitiva la Corte costituzionale,  di  parificare  il  capitolo  di
spesa del bilancio  regionale  n.  4007  («Indennita'  per  personale
incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»), ove trovano
imputazione le spese per le  competenze  riconosciute  ai  dipendenti
collocati nella «area Quadri» in esame. 
    Nel   seguito   si   offrira'   puntuale   dimostrazione    della
legittimazione di questa Corte ad adire il Giudice delle leggi, della
rilevanza della  questione  nel  giudizio  in  corso,  nonche'  della
(scilicet, ben piu' che) non manifesta infondatezza di tali dubbi  di
costituzionalita', irrisolvibili in via meramente ermeneutica. 
4.  Sulla  legittimazione  della  remittente  Sezione  regionale   di
controllo 
    Valga riportarsi, circa la legittimazione di  questa  Sezione  di
controllo della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimita'
costituzionale in sede di  parificazione  del  rendiconto  regionale,
alle considerazioni svolte  in  proposito  dalle  altre  Sezioni  che
l'hanno preceduta in senso analogo (cfr. ordinanza n.  49/2017  della
Sezione regionale di controllo per la Liguria  di  questa  Corte  dei
conti,  con  la  quale  e'  stata  posta  questione  di  legittimita'
costituzionale di  disposizioni  vigenti  nella  ridetta  regione  in
materia  di  istituzione  della   vice-dirigenza   e   del   relativo
finanziamento ed ordinanza n. 115/2018  della  Sezione  regionale  di
controllo  per  la  Campania,  che  ha  sollevato  la  questione   di
legittimita' costituzionale di disposizioni vigenti in  tale  regione
circa   l'istituzione    e    l'alimentazione    dei    fondi    c.d.
etero-finanziati,  integrativi  rispetto  a  quello  unico   per   il
personale  di  «comparto»  e  per  la   «dirigenza»   del   Consiglio
regionale). 
    Per puro zelo si rivendica ancora una volta alla Corte dei  conti
la sostanza propria di un Giudice quando, come nel caso del  presente
giudizio di  parificazione,  e'  chiamata,  terza  ed  imparziale,  a
«raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare  alle  leggi
che li concernono»  (Corte  costituzionale,  sentenza  n.  226/1976),
derivandone puramente e sillogisticamente i precipitati, cio' che per
le parti sara' la regola del caso concreto in esame. 
    Infatti, il giudizio di parificazione si svolge con le formalita'
della  giurisdizione  contenziosa,  postula  la  partecipazione   del
procuratore  contabile  in  contraddittorio  con   i   rappresentanti
dell'amministrazione e si conclude  con  una  pronunzia  adottata  in
esito a pubblica udienza, sicche' la consolidata giurisprudenza della
Corte costituzionale (sentenze n. 165/1963, n. 121/1966, n. 142/1968,
n. 244/1995 e n. 213/2008) ha riconosciuto «alla Corte dei conti,  in
sede di giudizio di parificazione del bilancio, la  legittimazione  a
promuovere, in riferimento all'art. 81 della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale, avverso tutte quelle disposizioni  di
legge che determinino  effetti  modificativi  dell'articolazione  del
bilancio per il fatto stesso di incidere,  in  senso  globale,  sulle
unita' elementari, vale a  dire  sui  capitoli,  con  riflessi  sugli
equilibri  di  gestione,  disegnati  con  il  sistema  dei  risultati
differenziali» (sentenza n. 213/2008). 
    Alla giurisprudenza costituzionale formatasi  in  riferimento  al
giudizio di parifica del rendiconto dello Stato e  delle  regioni  ad
autonomia  speciale,  si  affianca  ormai  una   giurisprudenza   che
riconosce alle Sezioni di controllo  la  legittimazione  a  sollevare
questioni di legittimita' costituzionale  in  sede  di  parifica  dei
rendiconti regionali: «nella parifica del  rendiconto  regionale  "la
situazione e', dunque, analoga a quella in cui si trova un  qualsiasi
giudice (ordinario o speciale), allorche'  procede  a  raffrontare  i
fatti e  gli  atti  dei  quali  deve  giudicare  alle  leggi  che  li
concernono" (sentenza n. 226 del 1976). Pertanto, pur non essendo  un
procedimento giurisdizionale in  senso  stretto,  "ai  limitati  fini
dell'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 1948 e  dell'art.  23
della legge n. 87 del 1953, la [parifica della] Corte dei  conti  e',
sotto molteplici  aspetti,  analoga  alla  funzione  giurisdizionale,
piuttosto che assimilabile a quella amministrativa, risolvendosi  nel
valutare la conformita' degli atti che ne formano oggetto alle  norme
del diritto oggettivo, ad esclusione di qualsiasi  apprezzamento  che
non sia di ordine strettamente  giuridico.  Il  controllo  effettuato
dalla Corte dei conti e' un controllo esterno, rigorosamente neutrale
e disinteressato, volto unicamente a  garantire  la  legalita'  degli
atti ad essa sottoposti, e cioe' preordinato  a  tutela  del  diritto
oggettivo"  (sentenza  n.  181  del  2015)»  (Corte   costituzionale,
sentenza n. 89/2017). 
    Inoltre, e' avviso consolidato della Corte costituzionale che sia
lecito  individuare  parametri  costituzionali  di  riferimento   per
l'impugnazione  delle  norme  incidenti  sul  giudizio  di   parifica
ulteriori e diversi rispetto al tradizionale, per  questa  Corte  dei
conti, appiglio dell'art. 81  della  Costituzione:  si  conferma  «il
risalente e costante orientamento di questa  Corte,  secondo  cui  la
rimettente Corte dei conti, in sede di giudizio di parificazione  del
bilancio, e'  legittimata  a  promuovere  questione  di  legittimita'
costituzionale avverso le  disposizioni  di  legge  che  determinano,
nell'articolazione e nella gestione del bilancio stesso, effetti  non
consentiti   dai   principi   posti   a   tutela   degli    equilibri
economico-finanziari  e  dagli  altri  precetti  costituzionali,  che
custodiscono la sana gestione finanziaria (ex plurimis,  sentenze  n.
213 del 2008 e n. 244 del 1995). Fino all'entrata in vigore dell'art.
1 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,  della
legge 7 dicembre 2012, n. 213,  la  parificazione  del  bilancio  era
prevista solo per lo Stato e per le autonomie speciali.  Per  effetto
della richiamata disposizione, la stessa e' oggi estesa alle  regioni
a statuto ordinario, tra cui si  annovera  la  Regione  Piemonte.  In
definitiva, non v'e' dubbio che la novella del 2012 abbia esteso alle
regioni a statuto ordinario l'istituto della parifica del  rendiconto
e la conseguente disciplina di carattere processuale  e  sostanziale.
Dal che discende automaticamente l'ammissibilita' delle questioni  in
esame sotto il profilo della legittimazione dell'organo rimettente  a
sollevarle» (Corte costituzionale, sentenza n. 181/2015). Infatti, la
tenuta degli equilibri finanziari ed il  rispetto  dei  principi  che
regolano la gestione  delle  risorse  pubbliche,  oggetto  mediato  o
immediato di tutte le norme costituzionali che involgono  la  materia
della finanza pubblica ed apprestano tutela alle risorse pubbliche ed
alla loro corretta  utilizzazione,  non  e'  piu'  affidata  al  solo
precetto di cui all'art. 81 della Costituzione. 
    Nel caso di specie, la Regione  Molise  (cosi'  come  le  Regioni
Liguria e Campania, nei casi additati dalle ordinanze n. 49/2017 e n.
115/2018 che di seguito si citano testualmente), «legiferando in  una
materia riservata alla competenza legislativa esclusiva dello  Stato,
ha determinato un aumento sensibile della  spesa  del  personale  che
costituisce, per la  sua  importanza  strategica  ...  un  importante
aggregato  della  spesa  corrente,  con   la   conseguenza   che   le
disposizioni relative  al  suo  contenimento  assurgono  a  principio
fondamentale della legislazione statale (in tal senso, tra le  altre,
Corte costituzionale, sentenza n. 108/2011). In tal modo si  appresta
una  tutela  delle  risorse  pubbliche  piu'  ampia,  finalizzata  al
contenimento della spesa,  in  un  contesto  che  vede  l'Ordinamento
italiano impegnato a rispettare obiettivi di finanza pubblica interni
e comunitari. 
    Non solo, quindi, contenimento della spesa del personale mediante
il ricorso  ai  principi  di  coordinamento  della  finanza  pubblica
(materia  concorrente:  sul  punto  e'  copiosa   la   giurisprudenza
costituzionale), ma anche  mediante  il  ricorso  ad  altri  precetti
costituzionali, qualora  l'inosservanza  degli  stessi  determini  un
aumento della spesa che non  trova  giustificazione  nell'ordinamento
giuridico. E non solo in termini di tetti  di  spesa  e  limiti  alla
stessa, ma anche in termini di violazione di  procedure  mediante  le
quali si persegue, comunque, la corretta determinazione  della  spesa
del personale e delle dinamiche alla stessa legate». 
    Difatti, la procedura  individuata  dallo  Stato,  nell'esercizio
della  potesta'  legislativa  riservata  in  materia  di  ordinamento
civile,  ai  fini  dell'istituzione  delle  aree   contrattuali   dei
dipendenti pubblici e del loro finanziamento mediante il ricorso alla
contrattazione collettiva, ha l'evidente finalita' di verificare,  di
concerto con  i  soggetti  interessati,  la  sostenibilita'  di  tali
istituti in termini di risorse disponibili e la corretta attribuzione
dei compensi ai lavoratori, rispetto ai criteri  di  produttivita'  e
performance. 
    Di recente, la  Corte  costituzionale  (gia'  citata  sentenza  9
novembre  2018,  n.  196),   expressis   verbis,   «ha   riconosciuto
l'ammissibilita'  di   questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate dalle sezioni regionali di controllo della Corte dei  conti
in sede di giudizio di parificazione dei rendiconti  regionali.  Sono
state a questo proposito enucleate tutte le condizioni che presiedono
alla   legittimazione   a   sollevare   questioni   di   legittimita'
costituzionale:  a)   applicazione   di   parametri   normativi;   b)
giustiziabilita'  del  provvedimento  in   relazione   a   situazioni
soggettive dell'ente territoriale eventualmente coinvolte  (ai  sensi
dell'art. 1, comma  12,  del  decreto-legge  n.  174  del  2012),  in
considerazione  della  circostanza  che  l'interesse  alla  legalita'
finanziaria, perseguito dall'ente controllante, connesso a quello dei
contribuenti, e' distinto  e  divergente  dall'interesse  degli  enti
controllati, e potrebbe essere  illegittimamente  sacrificato,  senza
poter essere fatto valere, se il magistrato non potesse sollevare  la
questione  sulle  norme  che  si  trova  ad  applicare  e  della  cui
conformita' alla Costituzione dubita; c) pieno  contraddittorio,  sia
nell'ambito del giudizio di  parifica  esercitato  dalla  sezione  di
controllo della Corte  dei  conti,  sia  nell'eventuale  giudizio  ad
istanza  di  parte,  qualora  quest'ultimo  venga  avviato  dall'ente
territoriale  cui  si  rivolge  la  parifica,  garantito  anche   dal
coinvolgimento  del  pubblico  ministero,  a  tutela   dell'interesse
generale oggettivo alla  regolarita'  della  gestione  finanziaria  e
patrimoniale dell'ente territoriale (art. 243-quater,  comma  5,  del
decreto legislativo 18 agosto 2000,  n.  267,  recante  "Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali") (sentenza n. 89  del
2017). E' stato, inoltre, affermato che, nell'esercizio di  una  tale
ben  definita  funzione  giurisdizionale,  le  sezioni  regionali  di
controllo  della  Corte  dei  conti  sono  legittimate  a   sollevare
questione  di   legittimita'   costituzionale   avverso   tutte   "le
disposizioni di legge che  determinano,  nell'articolazione  e  nella
gestione del bilancio stesso, effetti  non  consentiti  dai  principi
posti a tutela degli equilibri economico-finanziari" e da  tutti  gli
"altri precetti costituzionali, che  custodiscono  la  sana  gestione
finanziaria (ex plurimis, sentenze n. 213  del  2008  e  n.  244  del
1995)" (sentenza n. 181 del 2015)». Da ultimo, valga citare ancora il
recente e conferente precedente del Giudice costituzionale,  per  cui
«occorre riconoscere la legittimazione della Corte dei conti, sezione
regionale di controllo, in sede  di  giudizio  di  parificazione  del
rendiconto  regionale,  a   sollevare   questioni   di   legittimita'
costituzionale in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera l)
della Costituzione, oltre che agli articoli  81  e  97,  primo  comma
della Costituzione ... la legislazione censurata, "che destina  nuove
risorse senza che ... siano  ravvisabili  diretti  controinteressati,
non potrebbe agevolmente essere  sottoposta  al  giudizio  di  questa
Corte per altra  via  che  non  sia  il  giudizio  di  parificazione"
(sentenza n. 196  del  2018,  2.1.2.  del  Considerato  in  diritto).
L'esigenza di fugare zone d'ombra nel controllo di costituzionalita',
affermata da questa Corte quale tratto  costitutivo  del  sistema  di
giustizia costituzionale, con particolare riguardo alla  specificita'
dei compiti assegnati alla Corte dei conti nel quadro  della  finanza
pubblica (sentenza n. 18 del 2019), e' tale da riflettersi, anche  ai
limitati fini del  caso  di  cui  qui  si  discute,  sui  criteri  di
valutazione  dei  requisiti  di   ammissibilita'   delle   questioni»
(sentenza n. 146/2019). 
    Pertanto, ritiene adesso  questa  Sezione  di  controllo  per  il
Molise «di essere legittimata a sollevare questioni  di  legittimita'
costituzionale,  non  solo  con   riferimento   all'art.   81   della
Costituzione, ma anche con riferimento all'art. 117, comma 2, lettera
l)», nonche' all'art. 97, comma 1 della Costituzione, stante la  gia'
evidenziata,  intrinseca  correlazione   teleologico-funzionale   dei
menzionati articoli 81, 117 e 97 della Costituzione. 
    La necessita'  di  assicurare  la  legittimazione  diretta  della
Sezione di controllo al  giudizio  incidentale  di  costituzionalita'
deriva  dalla  duplice  esigenza  di  «garantire  il   principio   di
costituzionalita'» ed «evitare che si venga a creare una zona  franca
del  sistema  di  giustizia  costituzionale»  (Corte  costituzionale,
sentenza  n.  1/2014)  rispetto  ad   interessi   alla   legittimita'
costituzionale di norme di spesa teoricamente adespoti e  che,  nella
loro potenziale espressione, si coagulano essenzialmente  intorno  al
«preminente interesse pubblico della  certezza  del  diritto»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 226/1976). 
    Per contro, ove non si ammettesse la legittimazione  della  Corte
dei conti, simile disciplina regionale del trattamento economico  del
personale  potrebbe  pericolosamente   sfuggire   al   sindacato   di
costituzionalita': 
        sia  per  la  «natura  particolare»  (Corte   costituzionale,
sentenza n. 1/2014) ed altamente tecnica delle  norme  in  questione,
suscettibili  per  elezione  di  essere  vagliate  solo  dal  giudice
contabile  parificante,  che  verifica  il   rispetto   dei   limiti,
legislativi e costituzionali, alla determinazione della spesa per  il
personale  pubblico,  nei  suoi  aspetti  competenziale   (i   limiti
costituzionali alla potesta' legislativa regionale) e finanziario (il
coordinamento della finanza pubblica e l'equilibrio  di  bilancio,  a
fronte di un'eventuale spesa illegittima); 
        sia per i ristretti termini decadenziali posti dall'art. 127,
comma 1 della Costituzione all'azione in via principale del  Governo,
che intenda impugnare la disciplina regionale tacciata di  esorbitare
la sua propria competenza. 
    Ebbene, anche la recentissima  giurisprudenza  costituzionale  ha
ricordato icasticamente che la legittimazione della Corte  dei  conti
«e' stata riconosciuta anche nei casi in cui la lesione dei  precetti
finanziari sia  la  conseguenza  della  violazione  di  parametri  di
competenza (sentenze n. 112 del 2020, n. 146 e n. 138 del 2019  e  n.
196 del 2018), allorquando la suddetta invasione sia  "funzionalmente
correlata" alla violazione degli articoli 81 e 97, primo comma  della
Costituzione, per aver determinato un incremento delle poste  passive
del bilancio in riferimento al costo del personale (sentenza  n.  112
del 2020)» (Corte costituzionale, sentenza 15 novembre 2021, n. 215),
come nel caso che ne occupa. 
5. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita' nel  presente
giudizio di parificazione 
    Tramite il giudizio di parifica, secondo il disposto dell'art. 39
del regio decreto n. 1214/1934 (testo unico delle leggi  sulla  Corte
dei conti), al quale fa rinvio l'art. 1, comma 5 del decreto-legge 10
ottobre 2012, n. 174, «la Corte verifica il rendiconto generale dello
Stato e ne confronta i risultati tanto per le entrate, quanto per  le
spese, ponendoli a riscontro  con  le  leggi  del  bilancio.  A  tale
effetto verifica se le entrate riscosse  e  versate  ed  i  resti  da
riscuotere e da versare risultanti dal rendiconto, siano conformi  ai
dati esposti nei conti periodici e nei riassunti  generali  trasmessi
alla Corte dai singoli ministeri;  se  le  spese  ordinate  e  pagate
durante l'esercizio concordino con le scritture tenute o  controllate
dalla Corte ed accerta i residui passivi in base  alle  dimostrazioni
allegate  ai  decreti  ministeriali  di  impegno  ed   alle   proprie
scritture. La Corte con eguali accertamenti  verifica  i  rendiconti,
allegati  al  rendiconto  generale,  delle   aziende,   gestioni   ed
amministrazioni statali con  ordinamento  autonomo  soggette  al  suo
riscontro». 
    Con sentenza n. 213/2008, la Corte costituzionale ha affermato la
legittimazione  della  Corte  dei  conti  parificante   a   sollevare
questione  di  legittimita'  costituzionale  «avverso  tutte   quelle
disposizioni  di   legge   che   determinino   effetti   modificativi
dell'articolazione del bilancio per il fatto stesso di  incidere,  in
senso globale, sulle unita' elementari, vale a dire sui capitoli, con
riflessi sugli equilibri di gestione, disegnati con  il  sistema  dei
risultati differenziali», con  cio'  implicitamente  riconoscendo  la
rilevanza di simili questioni  nel  giudizio  di  parificazione.  Con
sentenza n. 89/2017 la Consulta, nel riconoscere la  rilevanza  della
questione di legittimita'  costituzionale  prospettata  a  carico  di
norme regionali dalla Sezione regionale di controllo per l'Abruzzo in
sede di parificazione del rendiconto generale del bilancio  regionale
abruzzese, ha riconosciuto la correttezza della prospettazione  della
Sezione  regionale,  la   quale   «pur   dubitando   della   relativa
costituzionalita' [delle  norme  censurate]  dovrebbe  parificare  le
predette componenti del rendiconto  della  Regione  Abruzzo,  venendo
quindi meno alle finalita' per le quali e' stata intestata alla Corte
dei conti la funzione di parifica dei rendiconti regionali». 
    Orbene, in termini generali, la Sezione parificante e' chiamata a
verificare la «legittimita'» delle  poste  rendicontate  rispetto  al
loro  altrettanto  «legittimo»  parametro  normativo   di   bilancio,
attivita'  che  sostanzia  il  loro  «riscontro  con  le  leggi   del
bilancio». 
    Venendo al caso particolare,  risulta  dall'istruttoria  condotta
che la spesa in esame, applicativa  del  ridetto  art.  29-bis  della
legge regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7 e successive modificazioni
ed integrazioni e destinata al trattamento  economico  del  personale
dell'area  quadri  regionale  molisana,  e'  finanziata  tramite   il
capitolo di spesa del bilancio regionale  n.  4007  («Indennita'  per
personale incaricato di funzioni amministrative - Risorsa libera»). 
    Quest'ultima disposizione normativa, seppur risalente nel  tempo,
continua  ad  esplicare  la  propria  efficacia   anche   nel   corso
dell'esercizio finanziario 2020, incidendo sui  risultati  finanziari
finali e,  conseguentemente,  sul  rendiconto  regionale  oggetto  di
parifica. 
    Le norme qui sospette di illegittimita'  costituzionale  incidono
sull'an della spesa regionale e sul suo  quantum;  esse  istituiscono
una nuova area contrattuale  di  dipendenti  pubblici  della  Regione
Molise e ne prevedono il trattamento economico: in mancanza di  dette
norme, l'area o il suo trattamento  non  avrebbero  alcun  titolo  ad
essere riconosciuta o erogato. 
    Pertanto, ai fini della parifica del  rendiconto  generale  della
Regione Molise per l'esercizio 2020, tali poste  non  possono  essere
verificate nella loro legittimita' finche' non sia sciolto il  dubbio
di costituzionalita' che interessa le norme che ne  costituiscono  il
titolo legale di  spesa.  Allo  stato,  il  Collegio  non  puo'  fare
applicazione delle norme «sospette» di incostituzionalita', le quali,
tuttavia, rappresentano l'unico parametro  di  rango  legislativo  ai
fini  del  «riscontro»  della  spesa  rendicontata  nel  giudizio  di
parifica, pena il rischio di validare un risultato di amministrazione
contra ius, perche' verificato in  base  ad  un  parametro  normativo
passibile di declaratoria d'incostituzionalita'. 
    Nella predetta materia della «Area quadri» regionale molisana, il
contrasto che  frena  questo  Giudice  dall'applicare  l'unica  legge
conferente, ma apparentemente contra  Constitutionem,  ed  il  «corto
circuito»  dello  ius  dicere,  che  ne   conseguirebbe,   dimostrano
logicamente come il pendente «giudizio» di parificazione, quanto alla
spesa censurata, «non possa essere definito  indipendentemente  dalla
risoluzione della questione di legittimita' costituzionale» (art. 23,
comma 2 della legge 11  marzo  1953,  n.  87)  e  che,  quindi,  tale
questione e' rilevante in questa sede di parifica. 
    Orbene, l'unica via corretta in diritto e' la  sospensione  della
parifica delle specifiche poste di  spesa  afferenti  al  trattamento
economico dell'area «quadri» della Regione Molise,  nella  misura  in
cui esse costituiscono applicazione  di  leggi  regionali  di  dubbia
costituzionalita' ed in attesa della parola finale della Consulta. 
    In tal senso, con i due recenti precedenti in terminis, la  Corte
costituzionale  ha  gia'  riconosciuto  rilevanti  simili   questioni
perche', ove il Collegio a quo applicasse tali norme, si troverebbe a
validare - per la parte di  spesa  esaminata  (impegni  di  spesa  di
competenza  2020  per  euro   2.193.577,78)   -   un   risultato   di
amministrazione  non  corretto,  in  quanto  relativo  a  una   spesa
conseguente  all'illegittima  istituzione  della  «area  Quadri»   in
contrasto con la contrattazione collettiva nazionale di  comparto,  e
verrebbe  cosi'  meno  al  proprio  compito  di  accertare  eventuali
irregolarita' suscettibili di pregiudicare, anche in prospettiva, gli
equilibri  economico-finanziari  degli  enti   (si   richiamano,   in
proposito, i due recenti arresti della  Consulta  n.  196/2018  e  n.
146/2019). 
    Pertanto, la questione qui proposta si mostra  rilevante  per  il
giudizio di parifica in corso. 
6. Sulla non  manifesta  infondatezza  della  presente  questione  di
costituzionalita' 
    6.1. Come anticipato, il dubbio  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 29-bis della legge regionale Molise 8 aprile  1997,  n.  7,
attualmente vigente sorge avuto riguardo al contrasto con l'art. 117,
comma 2 della Costituzione, che elenca  le  materie  di  legislazione
esclusiva statale, e, in particolare,  con  la  sua  lettera  l)  che
indica la materia di «ordinamento civile» (e non  con  la  precedente
lettera «g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e
degli enti pubblici  nazionali»,  evocata  dal  pubblico  ministero),
nonche' con gli articoli 81, comma 4 (attuale comma 3), e 97, comma 1
della   Costituzione,   in   ragione   della   suesposta   intrinseca
correlazione teleologico-funzionale sussistente fra i tre  articolati
(v. supra); in dettaglio, la Sezione ritiene  che,  per  il  caso  di
specie, l'articolato costituzionale conferente in tema di  competenza
legislativa esclusiva statale vada identificato nella citata  lettera
l), dato che la materia del trattamento giuridico  ed  economico  del
personale  dipendente  degli  enti  regionali  e'   correttamente   e
pacificamente ricondotta  al  piu'  ampio  alveo  dello  «ordinamento
civile». 
    La disposizione censurata attualmente recita: 
        «1. E' istituita un'apposita "Area Quadri". 
        2.  L'istituto,  anche  in   relazione   ai   nuovi   assetti
organizzativi discendenti dalla applicazione  della  presente  legge,
concorre alla  rimodulazione  ed  all'armonizzazione  delle  funzioni
amministrative  assegnate  al  personale  dipendente  della   Regione
Molise, che richiedono professionalita' lavorative qualificate e  che
comportano  un  elevato  grado  di  responsabilita'  e  di  autonomia
operativa ed organizzativa. 
        3. Le funzioni di cui al comma 2 consistono  nelle  attivita'
di  collaborazione  con  il  personale   dirigente,   funzionali   al
raggiungimento degli obiettivi di risultato assegnati e, in generale,
all'efficacia   dell'azione   amministrativa   nelle   attivita'   di
organizzazione e gestione degli  uffici  regionali,  nelle  attivita'
connesse alla gestione di procedimenti  e  procedure  amministrative,
nelle attivita' di studio, di  ricerca  e  di  elaborazione  di  atti
complessi. 
        4. Le attivita' di cui al comma 3 sono proprie del  personale
di comparto inquadrato nel ruolo unico regionale nella categoria  "D"
prevista dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro del  31
marzo 1999, e successive modificazioni ed integrazioni,  nonche'  del
personale della categoria "D"  comandato  ai  sensi  della  legge  28
luglio 1999, n. 266. 
        5. Al personale indicato nel  comma  4  e'  riconosciuta,  in
aggiunta  al  trattamento  economico  in   godimento,   un'indennita'
annuale, pensionabile, che e' parte  integrante  della  retribuzione.
Tale  personale  conserva  la  posizione   giuridica   ed   economica
posseduta, o che andra' a  conseguire  per  effetto  di  progressioni
verticali di carriera o di progressioni orizzontali nella categoria. 
        6. L'indennita' di cui al comma 5  e'  dovuta  a  prescindere
dagli  incarichi  ricoperti.  Essa  non  e'  cumulabile  con   quella
riconosciuta  ai  dipendenti  incaricati  della  responsabilita'   di
posizione organizzativa di cui agli articoli 8, 9 e 10 del  contratto
collettivo nazionale di lavoro del 31  marzo  1999  e  del  contratto
decentrato integrativo. La sua corresponsione e' sospesa per tutto il
periodo  in  cui  i  dipendenti  interessati  sono  incaricati  della
responsabilita' di posizione organizzativa. 
        6-bis. L'indennita' prevista nel  comma  5  non  e'  altresi'
cumulabile con gli emolumenti accessori relativi alla produttivita' e
ad indennita' di  responsabilita'  non  rapportate  ad  incarichi  di
unita' operative organiche (uffici).  E'  invece  cumulabile  con  le
indennita' che derivano da risorse  che  specifiche  disposizioni  di
legge finalizzano alla incentivazione delle prestazioni. 
        7. L'indennita' di cui al comma 5 e' commisurata  all'importo
massimo  della  retribuzione  di  posizione  stabilita  dal  comma  4
dell'art. 10 del contratto collettivo  nazionale  di  lavoro  del  22
gennaio 2004 relativo al personale del comparto delle regioni e delle
autonomie locali per il quadriennio normativo 2002/2005 e il  biennio
economico 2002/2003, secondo le seguenti percentuali: 
a) personale inquadrato nella categoria  "D",  profili  professionali
"D1" = 50  per  cento  dell'importo  massimo  della  retribuzione  di
posizione stabilita dal comma 4 dell'art. 10 del contratto collettivo
nazionale di lavoro del 22 gennaio 2004  relativo  al  personale  del
comparto delle regioni e delle autonomie locali  per  il  quadriennio
normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003; 
b) personale inquadrato nella categoria  "D",  profili  professionali
"D3" = 80  per  cento  dell'importo  massimo  della  retribuzione  di
posizione stabilita dal comma 4 dell'art. 10 del contratto collettivo
nazionale di lavoro del 22 gennaio 2004  relativo  al  personale  del
comparto delle regioni e delle autonomie locali  per  il  quadriennio
normativo 2002/2005 e il biennio economico 2002/2003. 
        8. L'indennita' di cui al comma 5 e' corrisposta, a decorrere
dal 1° luglio 2005, al personale regionale inquadrato nella categoria
"D". Al personale regionale inquadrato nella categoria "D" in profili
professionali ascritti alla  posizione  giuridica  "D3",  essa  viene
corrisposta, per la prima annualita', in misura del 40 per cento  del
suo ammontare, per la seconda annualita' in misura dell'80 per  cento
del  suo  ammontare;  dalla  terza  annualita',  l'indennita'  verra'
corrisposta per  intero.  Al  personale  regionale  inquadrato  nella
categoria "D",  in  profili  professionali  ascritti  alla  posizione
giuridica "D1", essa viene corrisposta, per la prima  annualita',  in
misura del 40 per cento del suo ammontare, per la seconda  annualita'
in  misura  dell'80  per  cento  del  suo  ammontare;   dalla   terza
annualita', l'indennita' verra' corrisposta per intero. 
        9. Al fine di armonizzare l'erogazione dell'indennita' di cui
alla  presente  legge  con  quanto  disposto  nel  comma  6-bis,   la
corresponsione   degli   emolumenti   relativi   alla   produttivita'
individuale e' dovuta rispettivamente per le annualita' previste  dal
comma  8,  nelle  misure  del  60  per  cento  e  del  20  per  cento
dell'importo calcolato secondo le metodologie previste dai  contratti
decentrati integrativi. 
        10.  Al  fine  del  raggiungimento  di  maggiori  indici   di
efficienza, dalla terza annualita', il 20 per  cento  dell'indennita'
di cui al comma  7  viene  erogata  al  dipendente  a  seguito  della
valutazione positiva del rendimento. La valutazione viene  effettuata
dal dirigente responsabile della struttura a cui risulta assegnato il
dipendente, con cadenza annuale, e secondo i sistemi  di  valutazione
previsti  per  l'erogazione  della  produttivita'   individuale.   La
valutazione si intende positiva se al dipendente viene attribuito  un
punteggio non  inferiore  all'80  per  cento  del  punteggio  massimo
previsto dai sistemi predetti. 
        11. I dipendenti accedono all'indennita' di cui al comma 5 al
maturare  di  un  anno  di  servizio  nella   categoria   e   profilo
professionale "D1" e "D3" e nel limite dei contingenti di posti  pari
a: centonovantacinque della categoria e profilo professionale "D1"  e
trecentoventi della  categoria  e  profilo  professionale  "D3";  gli
aventi diritto vengono inseriti in un'apposita graduatoria  formulata
secondo i seguenti criteri di precedenza a parita'  di  possesso  del
requisito di accesso: 
maggiore  anzianita'  di  ruolo  nella  categoria  o  ex  livello  di
appartenenza; 
maggiore anzianita' di ruolo nella Regione Molise; 
maggiore eta' anagrafica. 
        Qualora il requisito venga maturato in un giorno diverso  dal
primo giorno del mese la decorrenza  dell'indennita'  e'  fissata  al
primo giorno del mese successivo. 
        11-bis. I  dipendenti  gia'  appartenenti  alla  categoria  e
profilo  professionale  "D1",  che  acquistano  il   possesso   della
categoria e profilo professionale "D3" prima della maturazione di  un
anno nella categoria di provenienza, accedono all'indennita'  di  cui
al comma 5 alla data di maturazione di un anno nella categoria "D". A
tale data gli aventi diritto vengono inseriti nella graduatoria della
categoria e profilo professionale "D1" fino alla  maturazione  di  un
anno  nella  categoria  e  profilo  professionale  "D3",  secondo  le
disposizioni di cui al comma 11. 
        12. L'erogazione delle indennita' secondo le  percentuali  di
cui al comma 8 avviene dal compimento rispettivamente del primo e del
secondo anno di anzianita' nella categoria e profilo professionale di
appartenenza. 
        13. Ai dipendenti  in  possesso  della  categoria  e  profilo
professionale "D1" ai quali viene  attribuito,  per  effetto  di  uno
sviluppo di carriera, il profilo  professionale  superiore  "D3",  se
l'importo dell'indennita' gia'  percepita  e'  superiore  all'importo
iniziale previsto per il primo anno  di  erogazione  dell'indennita',
l'indennita'  percepita  viene  confermata  fino   alla   maturazione
dell'importo successivo, previsto nel comma 8.» 
    Tali previsioni rappresentano evidente ed  indebita  interferenza
nella  materia  competenziale,  intestata  dall'art.  117,  comma  2,
lettera l)  della  Costituzione  in  via  esclusiva  allo  Stato,  di
«ordinamento  civile.  A  questa   materia,   secondo   la   costante
giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 175 e n.  72
del 2017; n. 257 del 2016; n. 180 del 2015; n. 269, n. 211  e  n.  17
del 2014), deve ricondursi la disciplina del trattamento giuridico ed
economico dei dipendenti pubblici e quindi  anche  regionali,  "retta
dalle  disposizioni  del  codice  civile   e   dalla   contrattazione
collettiva" nazionale, cui la legge dello Stato rinvia  (sentenza  n.
196 del 2018)» (Coste costituzionale, sentenza n. 146/2019). 
    Piu' in dettaglio,  intervenuta  la  c.d.  «privatizzazione»  del
rapporto di lavoro alle dipendenze  delle  pubbliche  amministrazioni
(fra cui expressis verbis le regioni stesse ex art. 1,  comma  2  del
decreto  legislativo  n.  165/2001),  la  materia  in  esame  rientra
nell'ambito dell'ordinamento civile, riservato allo  Stato  ai  sensi
dell'art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    Tale riserva statale e' stata  esercitata  mediante  il  suddetto
decreto legislativo n. 165/2001  che  rinvia,  per  gli  aspetti  qui
rilevanti, alla contrattazione collettiva,  come  e'  evidente  dalla
formulazione delle relative disposizioni conferenti: 
        «I rapporti di lavoro dei  dipendenti  delle  amministrazioni
pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II,
del libro V del codice civile e dalle leggi sui  rapporti  di  lavoro
subordinato  nell'impresa,  fatte  salve  le   diverse   disposizioni
contenute nel presente  decreto,  che  costituiscono  disposizioni  a
carattere imperativo. Eventuali disposizioni di legge, regolamento  o
statuto, che introducano o  che  abbiano  introdotto  discipline  dei
rapporti di lavoro la cui applicabilita' sia limitata  ai  dipendenti
delle amministrazioni pubbliche,  o  a  categorie  di  essi,  possono
essere derogate nelle materie affidate alla contrattazione collettiva
ai sensi dell'art. 40, comma 1, e nel rispetto dei principi stabiliti
dal presente decreto, da successivi contratti  o  accordi  collettivi
nazionali  e,  per  la  parte  derogata,   non   sono   ulteriormente
applicabili. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2  sono
regolati contrattualmente.  I  contratti  collettivi  sono  stipulati
secondo i criteri e le modalita' previste nel titolo III del presente
decreto; i contratti individuali devono conformarsi  ai  principi  di
cui all'art. 45, comma 2.  L'attribuzione  di  trattamenti  economici
puo' avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi e salvo  i
casi previsti dai commi 3-ter e 3-quater dell'art. 40 e le ipotesi di
tutela delle retribuzioni di cui all'art. 47-bis, o, alle  condizioni
previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni  di  legge,
regolamenti  o  atti  amministrativi  che  attribuiscono   incrementi
retributivi non previsti da contratti cessano di  avere  efficacia  a
far data dall'entrata in vigore dal relativo rinnovo contrattuale.  I
trattamenti economici piu' favorevoli in godimento  sono  riassorbiti
con le modalita' e nelle misure previste dai contratti collettivi e i
risparmi  di  spesa  che  ne  conseguono  incrementano   le   risorse
disponibili per la contrattazione collettiva» (art. 2, commi 2 e 3); 
        «La  contrattazione  collettiva  disciplina  il  rapporto  di
lavoro e le relazioni sindacali e si svolge con le modalita' previste
dal  presente  decreto.  Nelle   materie   relative   alle   sanzioni
disciplinari,  alla  valutazione  delle  prestazioni  ai  fini  della
corresponsione  del  trattamento  accessorio,  della  mobilita',   la
contrattazione collettiva e' consentita  nei  limiti  previsti  dalle
norme di legge ... 
        Tramite appositi  accordi  tra  l'ARAN  e  le  Confederazioni
rappresentative, secondo le procedure di cui agli articoli 41,  comma
5, e 47, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza  pubblica,  sono
definiti fino a un massimo  di  quattro  comparti  di  contrattazione
collettiva nazionale, cui corrispondono non piu' di quattro  separate
aree per la dirigenza ... Nell'ambito dei comparti di  contrattazione
possono  essere  costituite   apposite   sezioni   contrattuali   per
specifiche professionalita'. 
        La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza  con  il
settore privato, la struttura contrattuale, i rapporti tra i  diversi
livelli e la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi.
La durata viene stabilita in modo  che  vi  sia  coincidenza  fra  la
vigenza della disciplina giuridica e di quella economica»  (art.  40,
commi 1, 2 e 3); 
        «I contratti  collettivi  definiscono,  in  coerenza  con  le
disposizioni legislative  vigenti,  trattamenti  economici  accessori
collegati: 
a) alla performance individuale; 
b) alla performance organizzativa con riferimento all'amministrazione
nel  suo  complesso  e  alle   unita'   organizzative   o   aree   di
responsabilita' in cui si articola l'amministrazione; 
c) all'effettivo svolgimento di attivita'  particolarmente  disagiate
ovvero pericolose o dannose per la salute» (art. 45, comma 3). 
    Emerge  che  anche  il  trattamento  economico  e  giuridico  dei
dipendenti pubblici, ex art. 1, comma 2 del  decreto  legislativo  n.
165/2001, e' regolato dalla legge dello Stato e, in  virtu'  del  suo
rinvio, dalla contrattazione collettiva. 
    In generale, il  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165,
sottopone il  rapporto  di  lavoro  alle  dipendenze  della  pubblica
amministrazione alla disciplina giuslavoristica civile e riconosce la
categoria dei  dirigenti,  disciplinando  genericamente  il  restante
personale non dirigenziale, ferma la possibilita' di normare speciali
ipotesi contrattuali per le elevate professionalita': tali norme sono
specifica espressione della competenza legislativa esclusiva  statale
ex art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. 
    Quanto ad una «Area quadri» del  lavoro  pubblica,  la  Corte  di
Cassazione, pronunciatasi sulla questione, ha ritenuto che l'articolo
2095 del codice civile non trovi applicazione  nel  pubblico  impiego
dove,   invece,   esistono   altre   normative   a    tutela    delle
professionalita' apicali (Corte di Cassazione, Sez. Lav., sentenza  6
marzo 2008, n. 6063): infatti, come previsto dal comma 2 dell'art. 40
del decreto legislativo n. 165/2001,  «nell'ambito  dei  comparti  di
contrattazione   possono   essere   costituite    apposite    sezioni
contrattuali per specifiche professionalita'».  Ad  oggi,  una  «Area
quadri  pubblica»  non  risulta   introdotta   o   disciplinata   dal
legislatore  statale  ne'   dalla   contrattazione   collettiva:   in
particolare, essa non e' prevista dal  vigente  contratto  collettivo
nazionale del 21 maggio 2018 applicabile ai dipendenti regionali  non
dirigenziali di «comparto funzioni locali» (individuato ex art. 4 del
C.C.N.L. 2016-2018 del 13 luglio 2016), il quale  contempla  solo  la
diversa  figura  della  «posizione  organizzativa»  che  postula   un
conferimento d'incarico a termine ed esaurisce lo  spazio  lavorativo
fra funzionari e dirigenti. 
    In tale assetto, non pare ammissibile  che  la  legge  regionale,
introducendo una nuova  area,  incida  sull'aspetto  retributivo  del
rapporto di  lavoro  subordinato  pubblico  c.d.  «privatizzato»;  si
tratta di un  ambito  riservato  alla  contrattazione,  riconducibile
all'ordinamento civile, di competenza esclusiva  statale,  come  gia'
messo in luce dalla Corte costituzionale (sentenza 22 dicembre  2011,
n. 339 e sentenza 11 luglio 2017, n. 160). 
    Eppure, la disposizione legislativa  della  Regione  Molise,  qui
scrutinata, concerne un aspetto della retribuzione del suo  personale
dipendente e necessariamente incide  sulla  materia  dell'ordinamento
civile,  esclusa  dalla  sua  potesta'  legislativa   concorrente   o
generale: le predette  disposizioni  regionali  hanno  istituito  una
spesa a carico del  bilancio  della  Regione  Molise  per  remunerare
un'indennita' ai componenti dell'«area quadri», all'evidenza  tramite
risorse ulteriori e diverse rispetto a quelle tassativamente previste
dai contratti collettivi nazionali. 
    Cio', di per se', ne patenta l'illegittimita' costituzionale. 
    6.2.   La   Sezione   dubita,   altresi',   della    legittimita'
costituzionale  delle  su  riportate  disposizioni   regionali,   per
contrasto con l'art. 81: nel caso di  specie  la  Regione  Molise  ha
provveduto a disciplinare ed erogare  un  trattamento  accessorio  al
proprio  personale  dipendente,  al  di  fuori  della  contrattazione
collettiva  nazionale  di  comparto  e  senza   una   legge   statale
autorizzativa, da cui  l'illegittimita'  costituzionale  della  norma
anche  rispetto  al  citato  art.  81,  comma  4  della  Costituzione
previgente (attuale art. 81, comma 3). 
    Ora, la Sezione di controllo parificante, chiamata all'esame  dei
capitoli destinati al pagamento del trattamento economico  dell'«area
Quadri» e della relativa copertura legale,  ritiene  quest'ultima  in
contrasto  con  la  Carta  costituzionale.  Qualora  fosse  acclarata
l'illegittimita' costituzionale di tale norma rilevante ai  fini  del
bilancio regionale, le relative spese sostenute  sarebbero  prive  di
copertura sostanziale, in violazione del precetto costituzionale oggi
contenuto nell'art. 81, comma 3 (illo tempore, comma 4). 
    6.3.  Inoltre,  la  dimostrata  violazione  della   distribuzione
costituzionale di competenze legislative ridonda  in  una  violazione
della  competenza  concorrente  di   «coordinamento   della   finanza
pubblica» (art. 117, comma 3), incidendo sulla  corretta  costruzione
del bilancio e  dei  suoi  equilibri,  ex  articoli  97  e  81  della
Costituzione: infatti, si dispone una spesa regionale  che  eccede  i
limiti imposti dalla disciplina statale uniformemente sul  territorio
nazionale, ai fini di comuni obiettivi di finanza pubblica. 
    Conformemente,   si   soggiunge   che   i   due   precedenti   di
costituzionalita' hanno dichiarato l'illegittimita' costituzionale di
norme regionali consimili a quelle  qui  censurate,  proprio  perche'
«appare ... evidente l'illegittimita' dell'iniziativa del legislatore
ligure che ha disposto una spesa  priva  di  copertura  normativa,  e
quindi lesiva dell'art.  81,  quarto  comma  della  Costituzione,  in
quanto relativa a una voce,  quella  che  concerne  l'indennita'  dei
vice-dirigenti regionali, connessa all'istituzione di  un  ruolo  del
personale regionale, avvenuta senza il  necessario  fondamento  nella
contrattazione collettiva e in violazione  della  competenza  statale
esclusiva in materia di "ordinamento civile"» (sentenza n.  196/2018)
e «le norme regionali hanno introdotto  la  previsione  di  un  nuovo
trattamento economico accessorio per il personale regionale  che  ...
e' innanzi tutto in contrasto con la riserva di competenza  esclusiva
assegnata  al  legislatore  statale  dall'art.  117,  secondo  comma,
lettera l) della Costituzione in materia  di  ordinamento  civile.  A
questa materia, secondo la costante giurisprudenza  di  questa  Corte
..., deve ricondursi  la  disciplina  del  trattamento  giuridico  ed
economico dei dipendenti pubblici e quindi  anche  regionali,  "retta
dalle  disposizioni  del  codice  civile   e   dalla   contrattazione
collettiva" nazionale, cui la legge dello Stato rinvia  (sentenza  n.
196 del 2018).  ...  tale  spesa,  non  autorizzata  dal  legislatore
statale e dunque non divenuta oggetto di rinvio  alla  contrattazione
di comparto, non puo' trovare per  cio'  stesso  legittima  copertura
finanziaria. Essa incide negativamente sull'equilibrio dei bilanci  e
sulla  sostenibilita'  del  debito  pubblico,  in  violazione   degli
articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione. Il nesso funzionale
che connette la violazione della competenza  statale  in  materia  di
"ordinamento civile" con la tutela del  bilancio  inteso  quale  bene
pubblico  viene  in  rilievo  in  modo  netto  nello  specifico  caso
sottoposto al vaglio di questa Corte» (sentenza n. 146/2019). 
    Ebbene, al pari di  quelle  ligure  e  campana  ormai  dichiarate
incostituzionali (v. supra), la legislazione  regionale  molisana  in
esame, istitutiva dell'«area Quadri»,  viola,  in  primis,  le  norme
costituzionali che affidano  alla  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato la materia di «ordinamento civile» (art.  117,  comma  2,
lettera  l)   della   Costituzione),   espressamente   devoluta   dal
legislatore   statale   alla   contrattazione   collettiva,    quanto
all'istituzione e disciplina di nuove categorie  professionali  nella
pubblica amministrazione. 
    In secundis,  se  la  competenza  esclusiva  dello  Stato,  nella
materia di cui all'art. 117, comma 2, lettera l) della  Costituzione,
sottende intrinsecamente anche  la  funzione  giuscontabile,  propria
dello Stato medesimo, di regolatore della  relativa  spesa,  espressa
mediante la determinazione e l'assegnazione  delle  «giuste»  risorse
disponibili per il trattamento dei  dipendenti  pubblici  sull'intero
territorio nazionale, allora l'istituzione  da  parte  della  Regione
Molise di nuove aree para-dirigenziali, cui accede la  previsione  di
trattamenti  economici  aggiuntivi,  nel   valicare   la   competenza
legislativa esclusiva dello Stato in materia, ha innegabili  riflessi
negativi sugli equilibri complessivi della finanza pubblica  e  sulla
sostenibilita' del debito, di  cui  lo  Stato  stesso  e'  garante  e
custode in rapporto anche agli impegni unionali assunti dal medesimo,
ex  art.  97,  comma  1  della  Costituzione.   Piu'   in   generale,
l'attribuzione allo  Stato  della  competenza  legislativa  esclusiva
nelle  materie  di  cui  al  precitato  art.  117,  comma   2   della
Costituzione, quale soggetto «regolatore» della  relativa  spesa,  e'
teleologicamente volta anche alla  salvaguardia  dei  beni-valori  di
«sostenibilita'» e «sviluppo» economico del Paese nel suo  complesso,
ex art. 81 della Costituzione. In tal senso, le disposizioni di  tale
ultimo articolo giustificano trasversalmente la normazione statale di
coordinamento, sia  con  riferimento  agli  «interventi  complessi  e
coordinati» di normazione mediante «leggi di  bilancio»  (cfr.  Corte
costituzionale n. 61/2018, par. 2, in diritto), sia  con  riferimento
agli specifici  interventi  della  normazione  statale  «di  settore»
mediante  attribuzione  -  ratione  materiae   -   della   competenza
legislativa esclusiva, di cui al  citato  art.  117,  comma  2  della
Costituzione,  sia,  ancora,  tramite  la  normazione  dei  «principi
fondamentali» di «coordinamento della finanza pubblica»,  di  cui  al
successivo comma  3.  «Nel  suo  compito  di  custode  della  finanza
pubblica allargata lo Stato deve tenere  comportamenti  imparziali  e
coerenti, per evitare che eventuali patologie  nella  legislazione  e
nella gestione dei bilanci  da  parte  delle  autonomie  territoriali
possa riverberarsi in  senso  negativo  sugli  equilibri  complessivi
della finanza pubblica» (Corte costituzionale n. 107/2016, par. 3, in
diritto). Dal canto suo, «la forza espansiva dell'art. 81 [...] della
Costituzione, a presidio degli  equilibri  di  finanza  pubblica,  si
sostanzia in una vera e propria clausola generale in grado di colpire
tutti gli enunciati normativi, causa di effetti perturbanti  la  sana
gestione finanziaria e contabile» (Corte costituzionale, sentenze  n.
192/2012 e n. 184/2016). 
    Nel  contesto  dei  dubbi  di  costituzionalita'  rilevati  dalla
Sezione,  in  rapporto  all'art.  117,  comma  2,  lettera  l)  della
Costituzione ed al suo nesso con gli articoli 97, comma 1, e 81 della
Costituzione, si rimarca come lo stesso Giudice delle leggi (sentenze
n. 188/2014 e n. 146/2019)  abbia  gia'  avuto  modo  di  evidenziare
l'intima interconnessione tra il precitato art. 117, comma 2, lettera
l) della Costituzione e gli altri beni o  valori  della  contabilita'
pubblica. 
    6.4. In tertiis, va dato conto della  radicale  esclusione  della
possibilita' di conferire al testo legislativo regionale  de  quo  un
significato compatibile con i suddetti parametri costituzionali. 
    La sola esegesi possibile del  significante  normativo  regionale
palesa l'istituzione ed alimentazione illegittima,  per  contrarieta'
alle  regole  generali  di  riparto  legislativo  e  di  contabilita'
pubblica, di un'area para-dirigenziale del personale dipendente della
Regione Molise in regime c.d.  privatizzato:  la  norma  territoriale
contrasta con la riserva di legge statale in materia di  «ordinamento
civile»,  in  ragione  della  quale  quest'ultima  ha  rimesso   alla
contrattazione collettiva nazionale e di comparto di disciplinare «in
coerenza  con  il  settore  privato,  la  struttura  contrattuale,  i
rapporti tra i diversi livelli e la durata dei  contratti  collettivi
nazionali e integrativi». 
    Non esistono piu' interpretazioni viabili, ne' la possibilita' di
giungere ad un risultato ermeneutico costituzionalmente  compatibile;
la norma censurata e'  inequivoca,  sia  per  l'ambito  ordinamentale
civilistico in cui vige, sia  per  l'oggetto  di  disciplina,  ovvero
l'istituzione  finanziata  di  una   nuova   area   para-dirigenziale
regionale con mezzi esorbitanti dalle fonti normative prescritte  per
Costituzione. 
    Alla stregua di quanto sopra, questo Giudice  ritiene  dimostrata
l'assoluta  violazione,  da  parte  dell'art.  29-bis   della   legge
regionale Molise 8 aprile 1997, n. 7 e  successive  modificazioni  ed
integrazioni, dei canoni di cui agli articoli 117, comma  2,  lettera
l), 81, comma 4 (attuale comma 3) e 97, comma 1 della Costituzione.