ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  5  e  6
della legge della Regione Liguria 1° giugno 2020, n. 10  (Istituzione
del Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive
della liberta' personale), promosso dal Presidente del Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 6-11 agosto  2020,  depositato  in
cancelleria il 7 agosto 2020, iscritto al n. 66 del registro  ricorsi
2020 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,
prima serie speciale, dell'anno 2020. 
    Udito nella camera di consiglio del 12 gennaio  2022  il  Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio; 
    deliberato nella camera di consiglio del 12 gennaio 2022. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato il 7 agosto 2020 (reg.  ric.
n.  66  del  2020),  il  Presidente  del  Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere b),  h)
e l), della Costituzione, questioni  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 5 e 6 della legge della Regione Liguria 1°  giugno  2020,
n. 10 (Istituzione del Garante dei diritti delle persone sottoposte a
misure restrittive  della  liberta'  personale),  svolgendo  censure,
specificamente, nei confronti della lettera f) del comma 1  dell'art.
5 (a norma della quale,  nella  formulazione  all'epoca  vigente,  il
Garante «visita gli Istituti penitenziari, gli Istituti penali per  i
minorenni, i  Centri  di  permanenza  temporanea  per  stranieri,  le
strutture per il TSO, i posti di polizia, le caserme dei  carabinieri
e gli ospedali  psichiatrici  giudiziari  incontrando  liberamente  i
soggetti ivi reclusi») e nei confronti del comma  5  dell'art.  6  (a
norma del quale, nella formulazione all'epoca vigente, «[i]l Garante,
nel caso in cui ritenga  che  la  segnalazione  sia  fondata,  intima
all'ufficio competente  la  risoluzione  e,  comunque,  la  rimozione
dell'irregolarita' nel termine di quindici giorni»); 
    che, ad avviso della difesa statale, la formulazione dell'art. 5,
comma 1, lettera  f),  nel  consentire  al  Garante  istituito  nella
Regione Liguria di incontrare liberamente i  soggetti  detenuti,  non
contemplerebbe alcuna modalita' o limitazione per la  disciplina  del
suo accesso ai luoghi di detenzione, e cio' a  differenza  di  quanto
stabilisce, con riferimento alla figura  del  Garante  nazionale,  la
disciplina statale di settore, di cui all'art. 7 del decreto-legge 23
dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela  dei  diritti
fondamentali  dei  detenuti  e   di   riduzione   controllata   della
popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, in  legge  21
febbraio 2014, n. 10; 
    che, pertanto, sarebbe violato l'art. 117, secondo comma, lettere
b), h) e l), Cost. che riserva allo Stato la  competenza  legislativa
nelle materie  -  rispettivamente  -  dell'immigrazione,  dell'ordine
pubblico e sicurezza e dell'ordinamento penale; 
    che,  secondo  il  ricorrente,   la   materia   dell'immigrazione
«comprende evidentemente anche  gli  aspetti  del  trattamento  degli
stranieri in attesa dell'esecuzione dei provvedimenti di  espulsione,
nonche' la regolamentazione delle modalita' di loro trattenimento nei
centri e soprattutto le modalita' in presenza delle quali  i  Garanti
possono accedere a quei luoghi»; 
    che, inoltre, a giudizio del ricorrente,  la  disciplina  statale
regolante «le modalita' di accesso ai luoghi ove sono trattenuti  gli
stranieri», nel dettare  «disposizioni  necessariamente  limitative»,
sarebbe espressione anche della competenza legislativa in materia  di
ordine pubblico  e  sicurezza,  e  coinvolgerebbe  anche  la  materia
dell'ordinamento penale, avuto riguardo alle  «indagini  che  fossero
eventualmente in corso»; 
    che, quanto alla disposizione di cui all'art. 6, comma  5,  della
legge reg. Liguria n. 10 del 2020, la difesa statale - in riferimento
ai  medesimi  parametri  costituzionali  -  censura  la   conseguente
attribuzione al Garante regionale di  «super  poteri»  rispetto  alla
corrispondente figura nazionale, alla quale spetta, a norma dell'art.
7, comma 5, lettera f), del d.l. n. 146 del 2013, come convertito, il
solo potere di formulare, nell'ambito dell'ordinamento penitenziario,
«specifiche raccomandazioni all'amministrazione  interessata»  (fermo
restando,  peraltro,  che  l'amministrazione,  in  caso  di  diniego,
«comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni»); 
    che, a giudizio del ricorrente, il Garante regionale non potrebbe
«sovrapporsi autoritativamente» agli organi  competenti,  secondo  la
disciplina dello Stato, ad adottare provvedimenti volti  a  risolvere
le criticita'  nel  trattamento  dei  soggetti  sottoposti  a  misure
restrittive  della  liberta'  personale,  «[s]ia  che  si  tratti  di
immigrati  irregolari,  sia  che  si  tratti  di  normali  detenuti»,
dovendosene desumere che, se la disciplina statale non  prevede,  per
il Garante nazionale, il  potere  di  imprimere  ordini  agli  uffici
statali, «questo potere non  lo  deve  avere  certamente  il  Garante
regionale»; 
    che la Regione Liguria non si e' costituita in giudizio; 
    che, nel corso del  giudizio,  e'  sopravvenuta  la  legge  della
Regione Liguria 2 aprile 2021, n. 4, recante  «Modifiche  alla  legge
regionale 1° giugno 2020, n. 10 (Istituzione del Garante dei  diritti
delle  persone  sottoposte  a  misure  restrittive   della   liberta'
personale)», i cui artt. 3 e 4 hanno sostituito, rispettivamente,  la
lettera f) del comma 1 dell'art. 5 e il comma  5  dell'art.  6  della
legge reg. Liguria n. 10 del 2020, ossia proprio le due  disposizioni
che avevano formato specifico oggetto delle censure statali; 
    che il ricorrente, con atto depositato  il  12  luglio  2021,  ha
rinunciato al ricorso, in  conformita'  alla  delibera  adottata  dal
Consiglio dei ministri nella seduta del 17 giugno 2021. 
    Considerato che il Presidente del Consiglio dei ministri,  previa
conforme deliberazione del Consiglio dei ministri, ha  dichiarato  di
rinunciare al  ricorso,  osservando  che  le  sopravvenute  modifiche
legislative hanno eliminato i profili di legittimita'  costituzionale
sollevati e che «la legge impugnata risulta non aver  avuto  concreta
applicazione nel periodo di vigenza», venendo cosi' meno  l'interesse
alla declaratoria di illegittimita' costituzionale; 
    che, ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i  giudizi
davanti alla  Corte  costituzionale,  vigente  ratione  temporis,  la
rinuncia al ricorso, in mancanza della costituzione della resistente,
comporta l'estinzione del processo (ex plurimis, ordinanze n. 94,  n.
26 e n. 12 del 2021, n. 226 del 2020 e n. 193 del 2019). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, 9, comma 2, e 23 delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.