Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, (codice fiscale 80188230587) rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12 - contro; la Regione Siciliana (codice fiscale 80012000826) in persona del Presidente della giunta regionale pro tempore; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 5 e dell'art. 3, commi 3 e 4, della legge Regionale Siciliana n. 35 del 27 dicembre 2021 recante «Variazioni al bilancio della regione per il triennio 2021-2023», come da delibera del Consiglio dei ministri del 24 febbraio 2022. Sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 60 del 29 dicembre 2021, e' stata pubblicata la legge regionale n. 35 del 27 dicembre 2021 recante «Variazioni al bilancio della regione per il triennio 2021-2023». Talune disposizioni della predetta legge violano norme e principi costituzionali direttamente applicabili anche alle autonomie speciali eccedendo comunque dalle competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo statuto speciale di autonomia approvato con il r.d.l. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Segnatamente: 1) l'art. 2, comma 5 della predetta legge regionale, il quale recita: «per le finalita' di cui all'art. 36 della legge regionale n. 9/2021 e successive modifiche, l'autorizzazione di spesa di cui al comma 7 della medesima legge e' ridotta per l'esercizio finanziario 2021 di 1.000 migliaia di euro ed e' incrementata per gli esercizi finanziari 2022 e 2023 rispettivamente di euro 27.798.369,88 e di euro 10.412.140,55 (Missione 20, Programma 3 capitolo 215785)»; 2) l'art. 3, commi 3 e 4, della predetta legge regionale, il quale dispone: «3. I contratti di lavoro a tempo determinato del personale precario di cui al comma 9 dell'art. 30 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni inseriti nell'elenco di cui al medesimo articolo sono prorogati al 31 dicembre 2023. 4. Agli oneri discendenti dal comma 3 si provvede nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 21 dell'art. 3 della legge regionale n. 27/2016 e successive modificazioni (Missione 20, programma 3, capitolo 215754)». Il Presidente del Consiglio ritiene che le suddette disposizioni siano incostituzionali, oltre che con gli articoli 14 e 17 dello statuto speciale di autonomia, rispettivamente, quanto all'art. 2 comma 5, per contrasto con l'art. 81, terzo comma, l'art. 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione e con l'art. 3 della Costituzione, e quanto all'art. 3, comma 3, per contrasto con l'art. 81 della Costituzione, e, pertanto, vengono impugnate ai sensi dell'art. 127 della Costituzione per i seguenti Motivi 1) Illegittimita' dell'art. 2, comma 5, della legge regionale Siciliana n. 35/2021 per contrasto con gli articoli 81, terzo comma, 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, e 3 della Costituzione, nonche' con gli articoli 14 e 17 dello statuto speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. Con il citato art. 2, comma 5, della legge regionale Siciliana n. 35/2021 si dispone che, per le finalita' di cui all'art. 36 della legge regionale n. 9/2021 (Legge di stabilita' regionale 2021), concernente norme in materia di stabilizzazione e fuoriuscita del personale ASU, sono apportate modifiche all'autorizzazione di spesa di cui al comma 7 del medesimo art. 36. Con tale disposizione si procede di fatto ad una riduzione delle risorse stanziate, per l'esercizio finanziario 2021, nel Fondo per la stabilizzazione e fuoriuscita del personale ASU. Contestualmente, la medesima disposizione prevede un incremento delle relative risorse, per gli esercizi finanziari 2022 e 2023, a copertura degli oneri conseguenti alla proroga, fino al 31 dicembre 2023, dell'utilizzazione del personale rientrante nella previsione di cui al successivo art. 3, comma 1, della legge regionale in esame. Al riguardo, si precisa che in data 17 giugno 2021 il Consiglio dei ministri ha deliberato di promuovere l'impugnativa dinanzi la Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 127 della Costituzione della legge regionale Siciliana n. 9/2021, recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2021. Legge di stabilita' regionale», ritenuta esorbitante dalle competenze affidate alla regione dallo statuto speciale di autonomia e in contrasto con alcuni articoli della Costituzione. E' stato, cosi' presentato ricorso ex art. 127 della Costituzione, rubricato al r.o. n. 33/2021, con udienza pubblica fissata al prossimo 7 giugno 2022. In particolare, tra le disposizioni impugnate e' ricompreso anche l'art. 36 (si richiamano al riguardo le pagine da 14 a 24 del ricorso di cui al r.o. n. 33/2021), in relazione al quale si e' rilevato nel ricorso che, per la maggiore spesa a carico del bilancio regionale, derivante da spese di natura obbligatoria afferenti al trattamento economico del personale ASU, il comma 7 ha provveduto alla relativa copertura solo fino all'anno 2023, mentre, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, la stessa disposizione ha richiamato per la copertura finanziaria quanto previsto dall'art. 38, comma 1, del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. A tal proposito, si rammenta che tale articolo prevede che «Le leggi regionali che prevedono spese a carattere continuativo quantificano l'onere annuale previsto per ciascuno degli esercizi compresi nel bilancio di previsione e indicano l'onere a regime, ovvero, nel caso in cui non si tratti di spese obbligatorie, possono rinviare la dell'onere annuo alla legge di bilancio». Tuttavia, trattandosi di spese obbligatorie aventi carattere strutturale e permanente nel tempo, che necessitano quindi di una copertura finanziaria certa e consolidata, il richiamo all'art. 38 del decreto legislativo n. 118/2011 non e' stato ritenuto idoneo per la copertura degli oneri a regime, in quanto non supportato dalla quantificazione dell'onere per gli anni successivi al triennio considerato nel bilancio di previsione. Sul punto, si richiama anche la recente sentenza n. 226/2021 con la quale la Corte ha dichiarato l'illegittimita' per violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione, degli articoli 1, comma 1, e 2, comma 1, della legge regionale Siciliana n. 29/2020 (Norme per il funzionamento del Corpo forestale della Regione Siciliana) in materia di assunzioni di personale a tempo indeterminato, nella quale si precisa che: «Va innanzitutto ricordato che l'art. 17 della legge n. 196 del 2009, al comma 1, prevede quali esclusive modalita' di copertura finanziaria delle spese l'utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali; la riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa; le modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate. Inoltre, il successivo comma 3 stabilisce che le norme che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredate da una relazione tecnica predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonche' delle relative coperture. Infine, il comma 7 precisa che "per le disposizioni legislative in materia pensionistica e di pubblico impiego, la relazione di cui al comma 3 contiene un quadro analitico di proiezioni finanziarie, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari e al comparto di riferimento». Orbene, le violazioni dedotte nei confronti dell'art. 36, comma 7, della legge regionale n. 9/2021, sono valide anche per la disposizione in esame la quale, modificando in aumento e diminuzione la relativa autorizzazione di spesa per gli esercizi finanziari 2021, 2022 e 2023, anch'essa eccede la competenza legislativa riservata alla regione, anche considerando la specificita' riconosciuta alla medesima dal proprio statuto speciale, in quanto interviene, in via generale, in materia di enti locali (i quali sono soggetti alla disciplina normativa statale di cui al decreto legislativo n. 267/2000), nonche' in materia di personale non regionale (lavoratori del bacino ASU), prevedendone la stabilizzazione e le relative assunzioni a tempo indeterminato nell'ambito degli organici degli enti locali, la cui competenza rientra nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato ed e' regolamentata, rispettivamente, dal decreto legislativo n. 165/2001, dal decreto legislativo n. 75/2017 (art. 20), e dal decreto-legge n. 34/2019 (art. 33, comma 2), convertito con legge n. 58/2019, con conseguente contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione. Si rammenta, infatti, che la finalita' della norma di cui al citato art. 36 - come detto, gia' oggetto di impugnazione - e' quella di estendere il regime di assunzioni a tempo indeterminato disposto in favore degli LSU del c.d. bacino storico, ai sensi dell'art. 1, commi da 292 a 296, della legge n. 178/2020, in favore dei lavoratori inseriti nell'elenco di cui all'art. 30, comma 1, della legge regionale n. 5/2014 (lavoratori del c.d. bacino ASU). Sul punto, si ribadisce che la normativa statale di cui all'art. 1, commi da 292 a 296, della legge n. 178/2020 prevede le assunzioni a tempo indeterminato di soggetti (LSU del cd. bacino storico) che hanno gia' rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale o contratti di collaborazione coordinata continuativa (forma di lavoro flessibile), instaurati direttamente con i comuni che possono procedere alla loro stabilizzazione. Nel caso, invece, dei lavoratori del c.d. bacino ASU, si tratta di soggetti che non hanno forme di lavoro dirette con i comuni, sono utilizzati dagli stessi in virtu' di protocolli o convenzioni con la regione, percependo una indennita' mensile che assume natura di «sostegno al reddito» e che, anche per tale motivo, non li rende assimilabili e comparabili agli LSU del c.d. bacino storico. Peraltro, si evidenzia che il predetto art. 36 della legge regionale n. 9/2021, al comma 2, dispone in via imperativa che tali soggetti possono essere stabilizzati anche con contratti a tempo parziale, secondo i parametri contrattuali minimi previsti dalla legge e dal CCNL di riferimento, concorrendo alla copertura di tali oneri con risorse proprie della regione, implementate entro determinati limiti di spesa. Anche su tale aspetto la disposizione sconfina nella riserva di legge assoluta statale, in quanto le predette assunzioni a tempo indeterminato comportano per i comuni il consolidamento strutturale e permanente delle corrispondenti spese di personale, cui tuttavia non e' correlata alcuna certezza in ordine alla integrale copertura con le risorse regionali. In merito, si evidenzia, infatti, che la stabilizzazione in ruolo determina un incremento degli oneri complessivi da sostenere per tali soggetti, che attualmente beneficiano dell'assegno di sostegno al reddito erogato per dodici mensilita', mentre lo status di lavoratore dipendente comporta la corresponsione del trattamento economico fondamentale (ivi compresa la 13° mensilita') e di quello accessorio contrattualmente previsto, cui si aggiungono gli oneri riflessi a carico del datore di lavoro. Ne discende, pertanto, che la norma regionale determina anche l'insorgenza di criticita' in ordine al conseguimento degli equilibri di bilancio, cui i comuni sono tenuti nel rispetto della vigente legislazione statale in materia di finanza pubblica, con l'ulteriore violazione dell'art. 81, terzo comma, della Costituzione. Inoltre, l'art. 36 comma 7 della legge regionale n. 9/2021, relativamente alla copertura degli oneri a regime, fa riferimento a quanto previsto dall'art. 38, comma 1, del decreto legislativo n. 118/2011. Sul punto, si richiama il precedente ricorso r.o. 33/2021, nel quale si e' evidenziata la non idoneita' del richiamo alla citata disposizione di cui al decreto legislativo n. 118/2011, trattandosi, nella fattispecie, di spese di natura obbligatoria che, in quanto afferenti al trattamento economico del personale ASU, hanno carattere strutturale e permanente nel tempo e che necessitano, quindi, di una copertura finanziaria certa e consolidata. La norma regionale in questione viola quindi anche l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e terzo comma, in materia di coordinamento della finanza pubblica, per contrasto con la norma interposta di cui all'art. 38 del decreto legislativo n. 118/2011 il quale, per tali fattispecie, stabilisce che l'onere annuale deve essere indicato a regime. Infine, la disposizione regionale in argomento si pone in contrasto anche con quanto previsto dall'art. 3 della Costituzione, in materia di uguaglianza e parita' di trattamento, in quanto determina evidenti disparita' rispetto ad altri soggetti, sia personale precario sia destinatari di altre analoghe forme di sostegno al reddito, che non possono essere assunti con tale procedura agevolata in quanto destinatari della normativa statale di natura ordinaria finalizzata al superamento del precariato nelle pubbliche amministrazioni (art. 20 del decreto legislativo n. 75/2017). In conclusione, con riferimento all'art. 36 della legge regionale n. 9/2021, nel ricorso r.o. 33/2021 e' stato riscontrato il contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione in materia di equilibrio di bilancio, con l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, nonche' con l'art. 3 della Costituzione in materia di parita' di trattamento. Conseguentemente, anche per l'art. 2, comma 5, della legge regionale in esame, che interviene a modificare gli importi indicati al menzionato art. 36 comma 7 della legge regionale n. 9/2021, si ravvisa un contrasto con l'art. 81, terzo comma, con l'art. 117, secondo comma, lettera e), e terzo comma, della Costituzione, nonche' con l'art. 3 della Costituzione ed, infine, con gli articoli 14 e 17 dello statuto speciale di autonomia, di cui al R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (che disciplinano la potesta' legislativa della Regione Siciliana), con diretto riferimento alla materia dell'equilibrio di bilancio dei conti pubblici (art. 81 della Costituzione), dell'armonizzazione dei bilanci pubblici (art. 117, comma 2, lettera e) della Costituzione), del coordinamento della finanza pubblica (art. 117, comma 3, della Costituzione), nonche' dei principi di uguaglianza e parita' di trattamento, di cui all'art. 3 della Costituzione, che sono chiaramente lesi (anche) dalla norma impugnata. Per completezza si precisa che analoga disposizione contenuta nell'art. 4 della legge regionale Siciliana n. 29/2021, e' stata oggetto anch'essa di un ricorso ex art. 127 della Costituzione, tutt'ora pendente davanti alla Corte con il n. di r.o. 8/2022. 2) Illegittimita' dell'art. 3, commi 3 e 4, della legge regionale Siciliana n. 35/2021 per contrasto con l'art. 81 della Costituzione, nonche' con gli articoli 14 e 17 dello statuto speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. L'art. 3, comma 3, della legge regionale impugnata, proroga fino al 31 dicembre 2023 la possibilita' di utilizzare il personale, non meglio individuato, titolare di contratto a tempo determinato o utilizzati in attivita' socialmente utili e al comma 4 prevede la relativa copertura finanziaria. La norma non indica con precisione il personale al quale e' destinata la proroga dei contratti a tempo determinato e conseguentemente non rende possibile verificare la congruita' degli oneri e la relativa copertura finanziaria, posto che, come ricordato dalla Corte «ogni disposizione che comporti conseguenze finanziarie, positive o negative, deve essere corredata da un'apposita istruttoria in merito agli effetti previsti e alla loro compatibilita' con le risorse disponibili» (sentenze n. 133 del 2016, n. 70 del 2015, n. 190 del 2014 e n. 26 del 2013). La disposizione prevede infatti che la proroga si applichi ai «contratti di lavoro a tempo determinato del personale precario di cui al comma 9 dell'art. 30 della legge regionale n. 5/2014 e successive modificazioni». Tuttavia il richiamato art. 30 della legge regionale n. 5/2014, al comma 9 non contiene alcun riferimento a «contratti di lavoro a tempo determinato del personale precario»; infatti la disposizione cosi' recita: «9. Le disposizioni del presente comma si applicano con effetto dall'entrata in vigore della legge regionale 28 gennaio 2014, n. 5. Per compensare gli effetti degli squilibri finanziari sul complesso delle spese del personale delle pubbliche amministrazioni, ivi comprese le aziende pubbliche del Servizio sanitario regionale, con esclusione delle autonomie locali, derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma 6, e' istituito, presso il Dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attivita' formative, un Fondo straordinario da ripartire sulla base dei criteri stabiliti con decreto dell'assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e il lavoro, previa delibera della giunta regionale, tenendo anche conto, fermo restando la dotazione complessiva delle risorse, del contributo gia' concesso per ogni singolo lavoratore alla data del 31 dicembre 2013». Come si vede il comma 9 prevede la istituzione di un Fondo straordinario, per cui non e' dato comprendere la portata dell'art. 3 comma 3 della legge regionale impugnata. Di conseguenza, non presentando elementi idonei a verificare la correttezza della copertura finanziaria, contrasta con l'art. 81 della Costituzione, nonche' con gli articoli 14 e 17 dello statuto speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 (che disciplinano la potesta' legislativa della Regione Siciliana), con diretto riferimento alla materia dell'equilibrio di bilancio dei conti pubblici, di cui all'art. 81 della Costituzione, che viene chiaramente leso dalla norma impugnata.