ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  4  della
legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n.  8  (Esternalizzazione
del servizio gestione degli  archivi  dei  Geni  Civili  regionali  e
ulteriori disposizioni), promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il  22  giugno  2021,  depositato  in
cancelleria il 23 giugno 2021, iscritto al n. 32 del registro ricorsi
2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  31,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Udita nell'udienza  pubblica  dell'8  febbraio  2022  la  Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 febbraio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 23 giugno 2021, e iscritto al n. 32
del relativo registro 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  4  della
legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n.  8  (Esternalizzazione
del servizio gestione degli  archivi  dei  Geni  Civili  regionali  e
ulteriori disposizioni), per violazione degli artt. 117, commi  primo
e terzo, della Costituzione -  in  relazione,  rispettivamente,  alla
direttiva (UE) 2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
dell'11 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da
fonti rinnovabili (rifusione) e all'art. 12 del  decreto  legislativo
29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'),  come
modificato dall'art. 5 del decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE -  nonche'  degli
artt. 41 e 97 Cost. 
    2.- L'impugnato art. 4 dispone, al comma 1,  che:  «[n]elle  more
dell'individuazione in via  amministrativa  delle  aree  e  dei  siti
inidonei   all'installazione   di   specifici   impianti   da   fonti
rinnovabili,  cosi'  come  previsto  dal  decreto   ministeriale   10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti Rinnovabili), sono sospese le  installazioni  non
ancora autorizzate di impianti di produzione  di  energia  eolica  di
ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera, nelle zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agro-alimentari  di  qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere  o  interferire
negativamente con la valorizzazione delle  tradizioni  agroalimentari
locali e del paesaggio rurale». Il comma 2 del medesimo art. 4  fissa
al 31 dicembre 2021 il termine entro il quale la Giunta regionale  e'
tenuta  a  proporre  al   Consiglio   regionale   lo   strumento   di
pianificazione contemplato nel precedente  comma  1.  E,  infine,  il
comma 3 prevede la cessazione dell'effetto  sospensivo  disposto  dal
comma 1, qualora la Giunta non adempia entro il termine indicato  dal
comma 2 a quanto ivi stabilito. 
    3.-   Il   ricorrente   riferisce   che   le   norme    impugnate
introdurrebbero una «moratoria» volta  a  sospendere  i  procedimenti
autorizzativi  per  la  costruzione  e  l'esercizio  di  impianti  di
produzione dell'energia alimentati da fonti rinnovabili e di impianti
per  il  trattamento  dei  rifiuti,  in  attesa  dell'adozione  dello
strumento di pianificazione previsto dal decreto del  Ministro  dello
sviluppo   economico   10   settembre   2010   (Linee    guida    per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti  rinnovabili),  e
comunque non oltre il 31 dicembre 2021. 
    4.- Ad  avviso  dell'Avvocatura  generale,  la  citata  moratoria
contrasterebbe con i principi fondamentali stabiliti dal  legislatore
statale  nella   materia   concorrente   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia», cui  la  disciplina  regionale
sarebbe ascrivibile. 
    In particolare, sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte
(sentenze n. 166 del 2014 e n. 298 del 2013), vengono indicati  quali
principi fondamentali della materia quelli  desumibili  dall'art.  12
del d.lgs. n. 387 del 2003, comprese le linee guida emanate, ai sensi
del comma 10 del medesimo articolo, con il citato d.m.  10  settembre
2010, che costituirebbe  «necessaria  integrazione  delle  previsioni
contenute nell'art. 12» del d.lgs. n. 387 del 2003 (viene richiamata,
in proposito, la sentenza n. 275 del 2012). 
    4.1.- Cosi' individuati i principi fondamentali della materia, il
ricorrente ravvisa un contrasto con l'art. 12, comma 4, del d.lgs. n.
387 del 2003, il quale prevede che l'autorizzazione alla  costruzione
e all'esercizio degli impianti di produzione di energia alimentati da
fonti rinnovabili sia rilasciata all'esito di un  procedimento  unico
cui partecipano tutte  le  amministrazioni  interessate,  svolto  nel
rispetto dei principi di semplificazione e che deve concludersi entro
il termine massimo di «novanta giorni, al netto  dei  tempi  previsti
dall'art. 26 del  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  e
successive modificazioni, per  il  provvedimento  di  valutazione  di
impatto ambientale». 
    La previsione  a  livello  statale  di  un  procedimento  che  si
conclude con il rilascio di un'autorizzazione unica sarebbe «ispirata
a canoni di semplificazione» e all'esigenza di «rendere  piu'  rapida
la costruzione degli impianti» (e' richiamata la sentenza n. 344  del
2010), principi vincolanti per le Regioni (sono altresi'  evocate  le
sentenze n. 224 del 2012, n. 192 del 2011, n. 124 del 2010 e  n.  282
del 2009). In particolare, l'indicazione  tassativa  del  termine  di
conclusione del procedimento autorizzativo assurgerebbe  a  principio
fondamentale  della  materia,  dettato  dal  legislatore  statale   a
salvaguardia delle esigenze  di  celerita'  e  di  omogeneita'  della
disciplina sull'intero  territorio  nazionale  (viene  richiamata  la
sentenza n. 189 del 2014). 
    Di conseguenza, secondo  il  ricorrente,  l'art.  4  della  legge
regionale impugnata,  «nell'implicare  la  sospensione  del  rilascio
delle  autorizzazioni  degli  impianti  a   fonti   rinnovabili   nel
territorio regionale», comporterebbe «un effetto di  procrastinazione
che contravviene al principio fondamentale  espresso»  dall'art.  12,
comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003 (e' richiamata, in tal senso,  la
sentenza n. 364 del 2006). 
    4.2.-  Secondo  il  ricorrente,  la  moratoria  introdotta  dalle
disposizioni impugnate non si potrebbe, d'altro  canto,  giustificare
«in considerazione della circostanza che siffatti impianti  siano  da
ubicarsi   in   zone   agricole    caratterizzate    da    produzioni
agro-alimentari  di  qualita'  (produzioni   biologiche,   produzioni
D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni  tradizionali)
e/o    di     particolare     pregio     rispetto     al     contesto
paesaggistico-culturale».   L'Avvocatura   generale    osserva,    in
proposito, che la destinazione agricola di un'area  non  costituisce,
in linea generale e a priori, elemento ostativo all'installazione  di
impianti da fonti rinnovabili. Deporrebbe in tal senso la  previsione
dell'art. 12, comma 7, dello stesso d.lgs. n. 387 del  2003,  secondo
cui «[g]li impianti  di  produzione  di  energia  elettrica,  di  cui
all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in
zone   classificate   agricole   dai   vigenti   piani   urbanistici.
Nell'ubicazione si dovra' tenere conto delle disposizioni in  materia
di sostegno nel settore agricolo, con  particolare  riferimento  alla
valorizzazione delle tradizioni agroalimentari  locali,  alla  tutela
della biodiversita',  cosi'  come  del  patrimonio  culturale  e  del
paesaggio rurale». Una ulteriore conferma  verrebbe  poi  dalle  gia'
menzionate linee guida, secondo le quali le  Regioni  o  le  Province
autonome, nell'individuare «aree e siti non idonei alla installazione
di specifiche tipologie di impianti», devono attenersi ai criteri  di
cui all'Allegato 3 (Criteri per l'individuazione di aree non  idonee)
che, alla lettera c), dispone quanto  segue:  «le  zone  classificate
agricole  dai  vigenti   piani   urbanistici   non   possono   essere
genericamente considerate aree e siti non idonei». 
    5.- In aggiunta alla violazione dell'art. 12 del  d.lgs.  n.  387
del 2003,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ravvisa  un
contrasto anche con l'art. 15 della direttiva  2018/2001/UE  «e,  suo
tramite, con l'art. 117, primo comma, della Costituzione  che  impone
alle regioni di esercitare la potesta' legislativa anche nel rispetto
dei vincoli comunitari». 
    Le  disposizioni  impugnate  sospenderebbero  le   autorizzazioni
relative  ad  attivita'  non  solo  consentite,  ma,  a  ben  vedere,
incentivate   e   promosse   anche   a   livello   internazionale   e
sovranazionale. Il ricorrente, nell'evocare la sentenza  n.  177  del
2018  di  questa  Corte,  ravvisa  una  evidente   dissonanza   della
disciplina  regionale  rispetto   al   quadro   normativo   delineato
dall'Unione europea, che  promuove  la  riduzione  di  emissioni  nel
«rispetto del protocollo di  Kyoto  della  convenzione  quadro  delle
Nazioni unite  sui  cambiamenti  climatici,  in  una  prospettiva  di
modifica radicale della politica energetica dell'Unione». 
    La moratoria introdotta dalla normativa  impugnata  colliderebbe,
pertanto,  non  solo  con  i  principi  fondamentali  previsti  dalla
normativa  statale,  ma  anche  con  quelli  affermati  dalle   fonti
sovranazionali, e di conseguenza contrasterebbe con l'art. 117, primo
comma, Cost. 
    5.1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ravvisa,  inoltre,
una violazione dell'art. 97 Cost., in quanto la disciplina  impugnata
andrebbe ad alterare il contesto normativo esistente al momento della
presentazione della richiesta di autorizzazione unica. Verrebbe  leso
l'interesse del richiedente a un  tempestivo  «esame  dell'istanza  a
legislazione vigente», che deve essere effettuato nella «sede in  cui
tutti gli interessi coinvolti debbono confluire per trovare  adeguato
contemperamento  onde  garantire  il   buon   andamento   dell'azione
amministrativa». 
    6.- Da ultimo, il ricorrente denuncia la violazione dell'art.  41
Cost.,  in  quanto  la  moratoria  sacrificherebbe  «l'interesse  del
richiedente alla tempestiva disamina  dell'istanza,  che  concorre  a
influenzare la scelta di sfruttamento imprenditoriale». L'Avvocatura,
pur riconoscendo «che la posizione del richiedente non consiste in un
diritto al rilascio dell'autorizzazione», ritiene nondimeno che  esso
raffiguri  «un  interesse  qualificato   all'esame   dell'istanza   a
legislazione vigente,  secondo  il  procedimento»  di  autorizzazione
unica, la cui sospensione finirebbe per penalizzare, attraverso  «non
ordinati "schemi burocratici" le strategie  industriali  di  settore,
che non possono prescindere dal fattore  tempo»  (e'  richiamata,  in
proposito, la sentenza n. 267 del 2016 di questa Corte). 
    7.-  All'udienza  pubblica  del  9  febbraio  2022   l'Avvocatura
generale  dello  Stato  ha   insistito   per   l'accoglimento   delle
conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.  In  quella  sede  ha
anche rappresentato che la Regione resistente ha approvato  la  legge
della Regione Abruzzo 11 gennaio  2022,  n.  1  (Proroga  di  termini
previsti  da  disposizioni  legislative  e   ulteriori   disposizioni
urgenti), la quale, con l'art. 16, comma 1, ha disposto una ulteriore
proroga del termine di sospensione, modificando l'impugnato  art.  4,
comma 2, che aveva fissato al 31 dicembre  2021  detto  termine,  ora
indicato nel 30 giugno 2022. Ha sottolineato, pertanto, come il nuovo
intervento   amplificherebbe   le   gia'   denunciate   ragioni    di
illegittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 23 giugno 2021, e iscritto al n. 32
del relativo registro 2021, il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  4  della
legge della Regione Abruzzo 23 aprile 2021, n.  8  (Esternalizzazione
del servizio gestione degli  archivi  dei  Geni  Civili  regionali  e
ulteriori disposizioni), per violazione degli artt. 117, commi  primo
e terzo, della Costituzione -  in  relazione,  rispettivamente,  alla
direttiva (UE) 2018/2001  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
dell'11 dicembre 2018,  sulla  promozione  dell'uso  dell'energia  da
fonti rinnovabili (rifusione) e all'art. 12 del  decreto  legislativo
29 dicembre 2003,  n.  387  (Attuazione  della  direttiva  2001/77/CE
relativa alla promozione dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti
energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'),  come
modificato dall'art. 5 del decreto legislativo 3 marzo  2011,  n.  28
(Attuazione della  direttiva  2009/28/CE  sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili,  recante  modifica  e  successiva
abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE -  nonche'  degli
artt. 41 e 97 Cost. 
    1.1.- L'articolo impugnato dispone quanto segue. 
    «1. Nelle more dell'individuazione in  via  amministrativa  delle
aree e dei siti inidonei all'installazione di specifici  impianti  da
fonti rinnovabili, cosi' come previsto dal  decreto  ministeriale  10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti Rinnovabili), sono sospese le  installazioni  non
ancora autorizzate di impianti di produzione  di  energia  eolica  di
ogni tipologia, le grandi installazioni di fotovoltaico posizionato a
terra e di impianti per il trattamento dei  rifiuti,  inclusi  quelli
soggetti ad edilizia libera, nelle zone  agricole  caratterizzate  da
produzioni  agro-alimentari  di  qualita'   (produzioni   biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, al fine di non compromettere  o  interferire
negativamente con la valorizzazione delle  tradizioni  agroalimentari
locali e del paesaggio rurale. 2. La Giunta  regionale  e'  tenuta  a
proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione di cui
al comma 1, ai sensi  del  decreto  ministeriale  10  settembre  2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da  fonti
Rinnovabili), entro e non oltre il 31 dicembre 2021.  3.  Qualora  la
Giunta non adempia  a  quanto  stabilito  dal  comma  2,  cessano  le
sospensioni di cui al comma 1». 
    2.-  Il  ricorrente  ha  sollevato  questioni   di   legittimita'
costituzionale con riferimento a una pluralita' di parametri. 
    2.1.- Le disposizioni  regionali  violerebbero,  innanzitutto,  i
principi fondamentali stabiliti dal legislatore statale nella materia
concorrente  «produzione,   trasporto   e   distribuzione   nazionale
dell'energia», cui la disciplina sarebbe ascrivibile. 
    In particolare, contrasterebbero con  quanto  disposto  dall'art.
12, comma 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, e dalle linee guida emanate,
ai sensi del comma 10 del  medesimo  art.  12,  con  il  decreto  del
Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 (Linee guida  per
l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili). 
    L'articolo  impugnato  sospende,  infatti,  il  termine  per   il
rilascio delle autorizzazioni relative agli impianti di produzione di
energie da fonti rinnovabili, relativamente a talune  zone  agricole.
In tal modo, la disciplina regionale contrasterebbe con  le  esigenze
di semplificazione e di celerita' racchiuse nella  normativa  statale
sul procedimento di autorizzazione unica,  che  assurge  a  principio
fondamentale della materia. 
    Al contempo, sarebbe temporaneamente impedita l'autorizzazione di
impianti  in  talune  zone  agricole,  individuate  in  via  generale
mediante lo strumento legislativo, la' dove finanche ai provvedimenti
amministrativi con cui e' consentito alle  Regioni  e  alle  Province
autonome di indicare aree e siti non  idonei  alla  installazione  di
specifiche tipologie di  impianti  sarebbe  precluso  il  riferimento
generico alle zone agricole. 
    2.2.-  Le  norme  impugnate  contrasterebbero,  ad   avviso   del
ricorrente, anche con l'art. 117, primo comma,  Cost.,  in  relazione
all'art. 15 della direttiva 2018/2001/UE. 
    La disciplina disegnata dall'Unione europea  sarebbe  espressione
del  generale  favor  per  le  fonti  rinnovabili  e,  a  tal   fine,
disporrebbe che i procedimenti autorizzativi si ispirino  a  principi
di semplificazione e speditezza. 
    2.3.- Il ricorso denuncia, inoltre, una violazione  dell'art.  97
Cost., poiche' la normativa impugnata inciderebbe  negativamente  sui
procedimenti di autorizzazione, danneggiando la «stessa sede  in  cui
tutti gli interessi coinvolti debbono confluire per trovare  adeguato
contemperamento  onde  garantire  il   buon   andamento   dell'azione
amministrativa». 
    2.4.- Infine, il ricorrente ravvisa un contrasto  con  l'art.  41
Cost.,  in   quanto   la   sospensione   introdotta   sacrificherebbe
«l'interesse del richiedente alla tempestiva  disamina  dell'istanza,
che   concorre   a   influenzare   la    scelta    di    sfruttamento
imprenditoriale». 
    3.-  La  questione  relativa   alla   violazione   dei   principi
fondamentali della materia  «produzione,  trasporto  e  distribuzione
nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost.,  va
esaminata preliminarmente. Il riparto interno di competenze tra Stato
e Regioni assume, infatti, carattere prioritario,  sotto  il  profilo
giuridico, rispetto  ai  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  che
investono  il  contenuto  della  scelta  legislativa  (ex   plurimis,
sentenze n. 4 del 2022, n. 38 del 2021 e n. 114 del 2017). 
    4.- La questione e' fondata. 
    4.1.- Le disposizioni impugnate attengono al  regime  abilitativo
degli  impianti  di  energia  da  fonti  rinnovabili   e,   pertanto,
coinvolgono  la  materia  «produzione,  trasporto   e   distribuzione
nazionale dell'energia», che l'art. 117, terzo  comma,  Cost.  affida
alla legislazione concorrente di Stato e Regioni. 
    In tale ambito - per costante giurisprudenza di questa Corte - le
Regioni sono tenute a rispettare i principi fondamentali  contemplati
dal legislatore statale e in buona parte racchiusi nel d.lgs. n.  387
del 2003 (ex multis sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106
del 2020). 
    Per quanto interessa l'odierna questione,  occorre  primariamente
riferirsi all'art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, che, «attraverso la
disciplina delle procedure per  l'autorizzazione  degli  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabili,  ha  introdotto  principi
che [...] non tollerano eccezioni sull'intero  territorio  nazionale»
(sentenze n. 286 del 2019, n. 69 del 2018 e n.  99  del  2012;  nello
stesso senso, sentenza n. 177 del 2021). 
    4.1.1.- I tratti essenziali della disciplina disegnata  dall'art.
12 del d.lgs. n. 387 del 2003 si compendiano nell'obiettivo, riflesso
nella stessa rubrica dell'articolo citato,  di  razionalizzare  e  di
semplificare le procedure autorizzative  per  la  costruzione  e  per
l'esercizio (nonche' per le modifiche  e  per  gli  altri  interventi
definiti  dalla  legge)  degli  impianti  di  produzione  di  energia
alimentati da fonti rinnovabili. 
    Di regola, si prevede il rilascio di un'autorizzazione  unica  da
parte della Regione o delle Province delegate da quest'ultima o,  nel
caso di impianti di potenza particolarmente  elevata,  del  Ministero
dello sviluppo economico. 
    Il comma 4 stabilisce, in particolare, che  l'autorizzazione  sia
«rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale  partecipano
tutte  le  Amministrazioni  interessate,  svolto  nel  rispetto   dei
principi di semplificazione e con le modalita' stabilite dalla  legge
7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni». 
    Il comma 7 precisa, poi, che gli impianti  in  questione  possano
«essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani
urbanistici» e che, in tal caso, «[n]ell'ubicazione si dovra'  tenere
conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo,
con particolare  riferimento  alla  valorizzazione  delle  tradizioni
agroalimentari locali, alla tutela della  biodiversita',  cosi'  come
del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla  legge  5
marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonche' del decreto legislativo 18
maggio 2001, n. 228, articolo 14». 
    Il comma 10, infine, prevede che  «in  Conferenza  unificata,  su
proposta del Ministro delle attivita' produttive, di concerto con  il
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  Ministro
per i beni e le attivita' culturali, si approvano le linee guida  per
lo svolgimento del procedimento». 
    4.1.2.- Anche le  citate  linee  guida,  approvate  con  il  gia'
richiamato  d.m.  10  settembre   2010,   sono   annoverate   -   per
giurisprudenza costante di questa Corte - tra i principi fondamentali
della materia, vincolanti  nei  confronti  delle  Regioni  in  quanto
«"costituiscono, in settori squisitamente tecnici,  il  completamento
della normativa primaria" (sentenza n. 86  del  2019).  Nell'indicare
puntuali modalita' attuative della  legge  statale,  le  Linee  guida
hanno "natura inderogabile e devono essere applicate in modo uniforme
in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86  del  2019,
n. 69 del 2018)" (sentenza n. 106 del 2020)»  (sentenza  n.  177  del
2021 e, in senso analogo, sentenze n. 11 del 2022 e n. 46 del 2021). 
    In particolare, il punto 17.1 delle linee guida  stabilisce  che,
al  precipuo  «fine  di  accelerare  l'iter  di  autorizzazione  alla
costruzione  e  all'esercizio  degli  impianti  alimentati  da  fonti
rinnovabili, in attuazione delle disposizioni  delle  presenti  linee
guida, le Regioni e  le  Province  autonome  possono  procedere  alla
indicazione  di  aree  e  siti  non  idonei  alla  installazione   di
specifiche tipologie di impianti  secondo  le  modalita'  di  cui  al
presente punto e sulla base dei criteri di cui  all'allegato  3».  In
sostanza, le Regioni, «attraverso un'apposita istruttoria  avente  ad
oggetto  la  ricognizione  delle  disposizioni  volte   alla   tutela
dell'ambiente, del paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali,  della  biodiversita'  e  del
paesaggio  rurale  che  identificano  obiettivi  di  protezione   non
compatibili con l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche
tipologie e/o dimensioni di impianti», individuano le aree e le  zone
reputate non idonee, al fine di segnalare - proprio nella prospettiva
dell'accelerazione - «una  elevata  probabilita'  di  esito  negativo
delle valutazioni, in sede di autorizzazione», fermo restando che  in
questa sede deve effettuarsi la valutazione  definitiva  e  decisiva.
L'individuazione di aree o zone non idonee opera,  dunque,  solo  una
«valutazione  di  "primo  livello"»,  con  finalita'   acceleratorie,
spettando  poi  al  procedimento  di  autorizzazione  il  compito  di
verificare «"se  l'impianto  cosi'  come  effettivamente  progettato,
considerati   i   vincoli   insistenti   sull'area,   possa    essere
realizzabile" (cosi' [...] sentenza n. 177 del 2021)» (sentenza n. 11
del 2022). 
    Deve, peraltro, evidenziarsi che, nella individuazione delle aree
non idonee, destinate a confluire  nell'atto  di  pianificazione,  le
Regioni e le Province autonome sono tenute a conciliare «le politiche
di tutela dell'ambiente e del paesaggio  con  quelle  di  sviluppo  e
valorizzazione delle energie rinnovabili,  tenendo  conto  di  quanto
eventualmente gia' previsto dal piano paesaggistico e del  necessario
rispetto della  quota  minima  di  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili loro assegnata (burden sharing) (paragrafo 17.2)  (cosi',
da ultimo, sentenza n. 177 del 2021)"» (sentenza n. 11 del 2022). 
    4.1.3.- Ebbene, a fronte del richiamato  quadro  normativo,  come
ricostruito dalla costante giurisprudenza di questa  Corte,  si  deve
rilevare che il legislatore abruzzese ha  indebitamente  sospeso,  in
violazione  dei  principi  fondamentali  della  materia  «produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»,  le  procedure  di
autorizzazione relative  agli  «impianti  di  produzione  di  energia
eolica di ogni tipologia, [al]le grandi installazioni di fotovoltaico
posizionato a terra e [agli] impianti per il trattamento dei rifiuti,
inclusi quelli soggetti ad edilizia libera» (cosi', l'impugnato  art.
4). 
    Le procedure, che - in base ai principi  fondamentali  dettati  a
livello statale - devono essere semplificate e  accelerate,  vengono,
invece,   sospese   nel    complessivo    territorio    dell'Abruzzo,
relativamente a tutte le  zone  agricole  che  abbiano  le  generiche
caratteristiche indicate dalla normativa impugnata. 
    In particolare, dove  l'art.  12  del  d.lgs.  n.  387  del  2003
individua un termine massimo  per  la  conclusione  del  procedimento
unico (che non puo' essere superiore a novanta giorni, al  netto  dei
tempi  previsti  per  la  valutazione  di  impatto  ambientale),   il
legislatore  regionale,  viceversa,  sospende  e,  dunque,  di  fatto
prolunga il medesimo termine. Parimenti, la normativa impugnata ha un
sicuro impatto  negativo  sui  tempi  per  il  rilascio  delle  altre
tipologie di autorizzazioni, le cui procedure  risultino  ancor  piu'
accelerate dalla legislazione statale  rispetto  al  procedimento  di
autorizzazione unica (si pensi ai casi in cui trovano applicazione la
procedura abilitativa semplificata o la comunicazione  relativa  alle
attivita' di edilizia libera). 
    4.1.4.- Ne' puo' ritenersi che la dilazione dei termini trovi una
giustificazione nella funzione che  la  stessa  legislazione  statale
assegna  all'istruttoria  affidata  alle  Regioni  e  alle   Province
autonome in merito alla individuazione delle  aree  e  dei  siti  non
idonei. 
    Al contrario, la  sospensione  delle  procedure,  in  attesa  del
compimento   della   citata   istruttoria   che   confluisce    nella
pianificazione regionale, contraddice la ratio di tale strumento. 
    Mentre l'individuazione delle aree e dei siti non idonei serve  -
nel disegno statale - a semplificare e ad accelerare  la  valutazione
che  deve  poi,  in  via  definitiva,   compiersi   nell'ambito   del
procedimento di autorizzazione, per  converso,  nella  prospettazione
che emerge dall'art. 4 della  legge  reg.  Abruzzo  n.  8  del  2021,
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei viene indebitamente
a trasformarsi in elemento ostativo  delle  procedure  autorizzative,
che comporta una dilazione dei termini. 
    Diverso, invece, e'  il  caso  in  cui  l'intervento  legislativo
regionale, come in una questione di recente esaminata da questa Corte
(con la sentenza n. 11 del 2022), abbia la finalita'  di  anticipare,
sul piano temporale, l'efficacia dell'atto che individua i  siti  non
idonei; tale anticipazione dell'efficacia si pone, infatti, in  linea
di continuita' con le esigenze di celerita' e non incide sulla natura
dell'atto amministrativo di programmazione,  il  quale  non  preclude
eventuali differenti valutazioni effettuate in  concreto  nell'ambito
del procedimento autorizzativo. 
    Al contrario, il ritardo nel completamento  dell'istruttoria  non
giustifica una sospensione disposta con legge regionale di  procedure
autorizzative, alle quali spetta - secondo i principi  statali  -  il
precipuo compito di valutare e contemperare  in  concreto  tutti  gli
interessi  coinvolti,  compresi  quelli  evocati  dalla  disposizione
regionale  impugnata,  vale  a  dire  la  tutela   delle   produzioni
alimentari di qualita' e di particolare pregio rispetto  al  contesto
paesaggistico-culturale. 
    La mancanza  della  previa  istruttoria  effettuata  in  sede  di
pianificazione non comporta  -  come  invece  testualmente  si  legge
nell'articolo impugnato  della  legge  della  Regione  Abruzzo  -  il
rischio  di  «compromettere  o  interferire  negativamente   con   la
valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali e del paesaggio
rurale».  Tutti  gli  interessi  coinvolti,  compresi  quelli   sopra
menzionati, vengono infatti ponderati nella sede del procedimento  di
autorizzazione e  la  mancanza  della  previa  istruttoria  regionale
implica solo l'insussistenza di una valutazione di primo livello, che
avrebbe reso piu' agevole e celere il giudizio da operare in concreto
nel procedimento autorizzativo. 
    4.1.5.- In  definitiva,  la  moratoria  imposta  dal  legislatore
regionale dell'Abruzzo  con  l'art.  4  impugnato  viola  i  principi
fondamentali  della  materia,  che  affidano   a   celeri   procedure
amministrative il compito  di  valutare  in  concreto  gli  interessi
coinvolti nell'installazione di impianti di  produzione  dell'energia
da fonti rinnovabili. Tali  valutazioni  amministrative  non  possono
essere  condizionate  e  limitate  da   criteri   cristallizzati   in
disposizioni legislative regionali (sentenze n. 177 del 2021, n.  106
del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44  del  2011),  ne'  a
fortiori  possono  essere  impedite  e,  sia  pure   temporaneamente,
ostacolate da fonti legislative regionali. 
    L'art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021 si pone,  dunque,
in aperto contrasto con i  principi  fondamentali  della  materia  di
celere conclusione delle procedure di  autorizzazione  e  di  massima
diffusione degli impianti da fonti di energia  rinnovabili,  principi
che sono al contempo attuativi di  direttive  dell'Unione  europea  e
riflettono anche impegni internazionali volti  a  favorire  l'energia
prodotta da fonti rinnovabili (sentenza n.  286  del  2019),  risorse
irrinunciabili al fine di contrastare i cambiamenti climatici. 
    5.- Si deve, pertanto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 4 della legge reg. Abruzzo n. 8 del 2021. Restano assorbite
le ulteriori censure formulate nel ricorso.