ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 105 e 146
del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice  dei  contratti
pubblici), promosso dal Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Molise nel procedimento vertente tra la C.  A.  M.  di  A.  D.  I.  e
l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo
d'impresa spa e altri, con ordinanza del 17 ottobre 2020, iscritta al
n. 195 del  registro  ordinanze  2020  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  3,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2021. 
    Visti gli atti di costituzione della  C.  A.  M.  di  A.  D.  I.,
dell'Agenzia nazionale  per  l'attrazione  degli  investimenti  e  lo
sviluppo d'impresa spa e, fuori termine, della Se. spa, in proprio  e
quale mandataria dell'associazione temporanea di  imprese  (ATI)  Se.
spa e C. I. Al. srl, nonche' l'atto di intervento del Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udita  nell'udienza  pubblica  dell'8  marzo  2022   la   Giudice
relatrice Emanuela Navarretta; 
    uditi gli avvocati Giuliano Di Pardo per la C. A. M. di A. D. I.,
Stefano  Vinti  e  Manuela  Teoli   per   l'Agenzia   nazionale   per
l'attrazione  degli  investimenti  e  lo  sviluppo  d'impresa  spa  e
l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente del  Consiglio
dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al numero 195 del reg. ord.  2020,  il
Tribunale amministrativo regionale per il Molise, sezione  prima,  ha
sollevato, in riferimento  agli  artt.  3  e  9  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 105  e  146  del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici), nella parte in cui non prevedono un divieto di  subappalto
nel settore dei beni culturali. 
    2.- In punto di fatto, il giudice rimettente riferisce di doversi
pronunciare sulle domande  di  annullamento  di  una  serie  di  atti
concernenti l'affidamento dei «[l]avori di adeguamento degli impianti
delle sedi del Polo Museale  del  Molise»,  a  seguito  di  procedura
aperta indetta, ai sensi degli artt. 36, comma 2, lettera  d),  60  e
145 e seguenti del d.lgs. n.  50  del  2016  (d'ora  in  avanti  cod.
contratti pubblici), dall'Agenzia nazionale  per  l'attrazione  degli
investimenti e lo sviluppo d'impresa  spa  -  Invitalia,  nonche'  di
«risarcimento danni in forma specifica con conseguimento dell'appalto
e subentro nel relativo contratto da parte della ricorrente». 
    2.1.- Nell'ordinanza, il giudice  a  quo  espone  che  alla  gara
avevano partecipato - tra gli altri -  l'associazione  temporanea  di
imprese (ATI) Se. spa e C. I. Al. srl, la Si. spa e la C. A. M.,  che
si erano classificate, rispettivamente,  nelle  prime  tre  posizioni
della graduatoria. 
    Il rimettente riferisce che la terza  classificata  chiedeva  sia
l'annullamento degli atti, con i quali non erano state esclude  dalla
gara le imprese controinteressate, erano state valutate positivamente
le relative offerte e, infine, era stato aggiudicato  l'appalto  alla
ATI Se. spa e C. I. Al. srl., sia il risarcimento del danno in  forma
specifica. 
    2.2.- Il giudice a quo  riporta,  in  via  preliminare,  di  aver
rigettato  le  eccezioni  sollevate  da  Invitalia  e  da  Si.   spa,
rispettivamente, parte resistente e controinteressata. 
    In  particolare,  precisa  di  aver   respinto   l'eccezione   di
incompetenza territoriale, ritenendo che  «gli  effetti  diretti  dei
provvedimenti gravati  siano  limitati  all'ambito  territoriale  del
Molise».  A  tal  proposito,  richiama   il   costante   orientamento
giurisprudenziale secondo cui la competenza si determina in relazione
al luogo di esecuzione dei lavori o dei servizi, a prescindere  dalla
sede della  stazione  appaltante,  dal  luogo  di  svolgimento  delle
operazioni di gara o dalla sede dei partecipanti alla stessa. 
    Chiarisce, inoltre, di aver respinto anche  l'eccezione  relativa
al difetto di interesse della ricorrente a contestare la  valutazione
e i punteggi attribuiti dalla commissione all'offerta  tecnica  della
Si.  spa,  in  quanto,  benche'  la  ricorrente  avesse  ottenuto  un
punteggio superiore, «e' evidente che una diminuzione  del  punteggio
tecnico attribuito» alla stessa  Si.  spa  avrebbe  potuto  «comunque
incidere sulla graduatoria finale  in  senso  favorevole  all'odierna
ricorrente». 
    3.- Di seguito, il TAR Molise riferisce di non  aver  accolto  il
secondo e il terzo motivo di ricorso e di essere passato ad esaminare
il primo motivo, concernente l'ammissione alla  gara  delle  societa'
ATI Se. spa e C. I. Al. srl e Si.  spa,  ammissione  contestata  «per
aver  le  stesse   supplito   alla   carenza   del   possesso   della
qualificazione SOA OG2 attraverso il ricorso al subappalto». 
    In particolare, ritiene che la decisione su tale  motivo  dipenda
dall'applicazione   delle   disposizioni,   delle   quali    sospetta
l'illegittimita' costituzionale, nella parte in cui non prevedono  un
divieto di subappalto nel settore dei beni culturali:  vale  a  dire,
l'art. 105 cod. contratti pubblici, che disciplina il  subappalto,  e
l'art. 146 cod. contratti pubblici, che  dispone  il  citato  divieto
solo per l'avvalimento. 
    Il rimettente precisa, inoltre, che quest'ultima disposizione non
potrebbe includere un divieto riferito al subappalto, stante  il  suo
chiaro  tenore  letterale,  e  che,  d'altro  canto,   non   potrebbe
consentire un'interpretazione costituzionalmente orientata,  data  la
natura eccezionale del divieto, che impedirebbe il ricorso al  canone
dell'interpretazione analogica. 
    Infine, secondo il giudice a  quo,  risulterebbe  priva  di  ogni
fondamento la tesi secondo cui troverebbe  applicazione  l'art.  105,
comma 5, cod. contratti pubblici, che limita al trenta per  cento  il
ricorso al subappalto per le categorie superspecializzate, in  quanto
queste sono distinte da quelle in esame. 
    In definitiva,  il  Collegio  conclude  per  la  rilevanza  delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate. 
    4.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il  rimettente  fonda
la sua motivazione sulla ratio del  divieto  di  avvalimento  di  cui
all'art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici, ovvero  sull'esigenza
che siano  protetti  i  beni  culturali,  assicurando  che  i  lavori
affidati in quel settore vengano eseguiti da  soggetti  muniti  delle
qualificazioni specialistiche, onde «preservare e ridurre al minimo i
rischi di perdita o deterioramento» di tali beni. 
    4.1.-  In  particolare,  secondo  il  rimettente,   l'avvalimento
offrirebbe maggiori garanzie di tutela rispetto al subappalto, con la
conseguenza che, se per il primo e' contemplato un divieto  a  tutela
dei beni culturali, a fortiori andrebbe previsto un  analogo  divieto
per il subappalto. 
    Nel caso dell'avvalimento, sin dalla  partecipazione  alla  gara,
l'ausiliario e  l'offerente  stipulerebbero  un  contratto  idoneo  a
individuare in modo chiaro e preciso l'impegno assunto dal primo,  la
sua natura e l'effettiva disponibilita' dei  mezzi  e  delle  risorse
necessarie.  L'ausiliario,  inoltre,  risponderebbe  in  solido   con
l'impresa concorrente dell'esecuzione dell'appalto. 
    Per  converso,  il  subappaltatore  non  sarebbe  individuato  ab
origine e l'istituto  si  presterebbe  a  eludere  nella  sostanza  i
principi di aggiudicazione  mediante  gara  e  di  incedibilita'  del
contratto, specie nelle ipotesi di subappalto necessario. Inoltre, il
subappalto costituirebbe un mezzo  di  possibile  infiltrazione,  nei
contratti pubblici, della criminalita' organizzata. Il giudice a  quo
ritiene, di seguito,  che  l'appaltatore  tenderebbe  a  ricavare  il
maggior    lucro    possibile    dall'esecuzione    effettuata    dal
subappaltatore, con  inevitabili  riflessi  negativi  sulla  corretta
esecuzione delle prestazioni, sulla  loro  qualita'  e  sul  rispetto
della normativa imperativa in materia di diritto ambientale,  sociale
e del lavoro. In aggiunta, il subappaltatore non sarebbe responsabile
in solido con l'appaltatore. 
    Da ultimo, il rimettente  non  condivide  le  considerazioni  dei
controinteressati, che giustificano il divieto del  solo  avvalimento
«per la ragione che nel subappalto le lavorazioni sono  eseguite  dal
subappaltatore e quindi da  soggetto  qualificato,  mentre  nel  caso
dell'avvalimento le prestazioni sono eseguite all'ausiliato (privo di
alcuna esperienza nel settore), limitandosi l'ausiliario a "prestare"
la SOA senza concorrere in alcun modo alla  esecuzione  dei  lavori».
Secondo   il   Collegio,   anche   la   disciplina   dell'avvalimento
valorizzerebbe  il  ruolo  dell'ausiliario  nella   fase   esecutiva,
«rendendo l'impresa ausiliaria co-partecipe e  corresponsabile  [...]
in tutto quanto sia necessario ad assicurare una corretta  esecuzione
della prestazione». 
    In definitiva, la mancata previsione di un divieto di  subappalto
nel settore dei beni culturali, presente  invece  per  l'avvalimento,
paleserebbe una irragionevolezza della disciplina ed esporrebbe  tali
beni al rischio di  subire  pregiudizi,  con  conseguente  violazione
degli artt. 3 e 9 Cost. 
    4.2.- Da ultimo, il giudice a quo precisa che la norma  richiesta
in via additiva non contrasterebbe con gli  artt.  11  e  117,  primo
comma, Cost. 
    Se  e'   vero   che   il   diritto   dell'Unione   europea   osta
all'introduzione di limiti generali  e  astratti  al  subappalto,  vi
sarebbe invece compatibilita'  -  secondo  il  rimettente  -  con  la
previsione di un divieto riferito a specifiche tipologie di appalti. 
    5.- Si e' costituita in giudizio la  ricorrente  nel  processo  a
quo, che ha ripercorso e condiviso le ragioni di censura  gia'  poste
in luce dall'ordinanza di rimessione,  concludendo  nel  senso  della
fondatezza delle questioni sollevate. 
    In particolare, la  parte  rileva  che,  nella  disciplina  della
contrattualistica pubblica, il legislatore nazionale non  e'  rimasto
«insensibile di fronte alla particolare pregnanza del bene  giuridico
protetto,  meritevole  in  quanto  tale   di   una   regolamentazione
differenziata». Pertanto, la possibilita' di utilizzare il cosiddetto
subappalto  necessario,  che  finirebbe  per  posticipare  alla  fase
esecutiva  la  verifica  dei  requisiti  richiesti  per  l'esecuzione
dell'appalto,  sarebbe  «in   evidente   contrasto   con   la   Carta
Costituzionale». 
    La ricorrente nel  giudizio  a  quo  aggiunge,  inoltre,  che  la
possibilita' di fare ricorso  al  subappalto  nel  settore  dei  beni
culturali pregiudicherebbe non solo «le  esigenze  costituzionalmente
incorporate all'art. 9 Cost.», ma anche «il confronto  concorrenziale
tra  imprese»,  che  sarebbe,  viceversa,  preservato   dall'istituto
dell'avvalimento o dalla possibilita' di  ricorrere  ad  associazioni
temporanee tra imprese o a consorzi ordinari. 
    La C. A. M.  deduce,  dunque,  l'irragionevole  e  ingiustificato
discrimen  fra  il  divieto  di  avvalimento  nel  settore  dei  beni
culturali e  l'assenza  di  un  analogo  divieto  per  il  subappalto
necessario, essendo tale  istituto,  «non  tipizzato  [e]  sorto  per
finalita'   differenti»,   meno    idoneo    a    offrire    garanzie
all'amministrazione. 
    5.1.- La ricorrente nel  giudizio  a  quo  solleva,  inoltre,  un
ulteriore profilo di  illegittimita'  costituzionale,  relativo  alla
«irragionevole disparita' di trattamento prevista per  un  verso  con
riferimento ai lavori oggetto della categoria OG2,  per  altro  verso
con   riferimento   ai   lavori   oggetto   delle   categorie   super
specialistiche (c.d. SIOS)». Solo per queste ultime,  il  divieto  di
avvalimento sarebbe associato a una limitazione della quota di lavori
subappaltabile, pari al 30 per cento. 
    5.2.- Infine,  sempre  la  medesima  parte  ritiene  violati,  in
contrasto con l'art. 76  Cost.,  anche  i  principi  contenuti  nella
delega di cui alla legge 28 gennaio 2016 n. 11  (Deleghe  al  Governo
per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e  2014/25/UE
del Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  26  febbraio  2014,
sull'aggiudicazione  dei  contratti  di  concessione,  sugli  appalti
pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori
dell'acqua,  dell'energia,  dei  trasporti  e  dei  servizi  postali,
nonche' per il  riordino  della  disciplina  vigente  in  materia  di
contratti pubblici  relativi  a  lavori,  servizi  e  forniture).  La
disciplina   relativa   ai   beni   culturali    sarebbe,    infatti,
«irrazionalmente identica a quella [...] riservata per un  subappalto
di  una  qualsiasi  altra  lavorazione  su  beni  non   tutelati   ed
addirittura deteriore rispetto ad un  subappalto  concernente  lavori
rientranti  nelle  SIOS».  Le   disposizioni   censurate   avrebbero,
pertanto, riservato  una  tutela  inappropriata  ai  beni  culturali,
disattendendo il criterio direttivo contenuto nella legge delega. 
    6.- Si e' costituita in giudizio Invitalia, che ha insistito  per
l'inammissibilita'  delle  questioni  e  comunque  per  la  loro  non
fondatezza. 
    6.1.- In rito, eccepisce l'incompleta  ricostruzione  del  quadro
normativo «in tema di qualificazione degli operatori nel settore  dei
lavori pubblici», nonche' un approccio ermeneutico  divergente  dagli
orientamenti giurisprudenziali a livello «sia nazionale che europe[o]
in tema di avvalimento e subappalto». Una corretta  ricostruzione  di
questi  ultimi  avrebbe  condotto  -  secondo  Invitalia  -   a   una
interpretazione conforme a Costituzione delle disposizioni censurate,
nel senso del  riconoscimento  che  «[l]'assenza  di  limitazioni  al
subappalto   [...]   rispetta   pienamente   le   indicazioni   della
giurisprudenza e  del  diritto  dell'unione  europea  nell'ottica  di
favorire l'effettiva concorrenza negli appalti pubblici la cui tutela
costituisce anche un obiettivo costituzionalmente garantito». 
    6.2.- Nel merito, Invitalia  sostiene  la  non  fondatezza  delle
questioni sollevate. 
    Il subappalto obbligatorio garantirebbe  la  corretta  esecuzione
delle opere da parte di un soggetto munito della relativa qualifica e
percio' la mancata previsione del divieto non solo non contrasterebbe
con i parametri evocati, ma realizzerebbe un  giusto  equilibrio  tra
l'esigenza di assicurare la massima  partecipazione  degli  operatori
nelle gare inerenti il settore in questione  e  la  tutela  dei  beni
culturali e del patrimonio artistico. 
    Non sussisterebbero, dunque, secondo la resistente nel giudizio a
quo, profili di irragionevolezza  e  di  disparita'  di  trattamento,
tenuto  conto  delle  diversita'  ontologiche   e   strutturali   tra
l'istituto dell'avvalimento e quello del subappalto. 
    Ne' avrebbe alcun rilievo il differente regime di responsabilita'
proprio dei due diversi istituti. La  responsabilita'  solidale,  che
opera nell'avvalimento, sarebbe semplicemente la naturale conseguenza
della  mancanza  in  capo  al  concorrente  dei  requisiti   per   la
partecipazione alla gara. Viceversa,  nel  caso  del  subappalto,  vi
sarebbe «una  mera  sostituzione  nell'esecuzione  della  prestazione
contrattuale, costituendo [tale istituto] una forma di organizzazione
dell'impresa dell'appaltatore, il quale rimane  responsabile  in  via
esclusiva nei confronti della stazione appaltante». Del resto,  anche
nell'ipotesi  del  subappalto   necessario,   l'impresa   concorrente
dovrebbe essere, comunque, in possesso della qualificazione  relativa
alla categoria prevalente necessaria per la partecipazione alla gara,
cio' che non e' richiesto per l'avvalimento. 
    Invitalia contesta, infine, quanto affermato dalla ricorrente nel
giudizio a quo, e cioe' che la pubblica amministrazione  non  sarebbe
in condizione di conoscere, gia' in sede di gara, il nominativo e  la
qualifica del subappaltatore. 
    7.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto di dichiarare non fondate le questioni. 
    La ratio della norma, che vieta il solo avvalimento  nel  settore
dei beni culturali, sarebbe quella di «imporre che le lavorazioni sui
beni culturali per le quali e' necessaria una qualificazione  ad  hoc
(la OG 2) siano eseguite in proprio da soggetto che ha  i  prescritti
requisiti». L'avvalimento, infatti, non esigerebbe che la prestazione
sia eseguita direttamente dall'impresa  ausiliaria,  «almeno  fino  a
quando essa non diventi subappaltatrice, e quindi esecutrice  diretta
della specifica lavorazione». 
    Per converso, la  disciplina  relativa  al  subappalto,  nel  suo
coordinamento sistematico con quella sugli appalti in materia di beni
culturali, offrirebbe una precisa garanzia di tutela dei citati beni,
in  quanto  le  prestazioni  sarebbero  eseguite   in   proprio   dal
subappaltatore  qualificato  e,  dell'esecuzione   di   quest'ultimo,
risponderebbe in via diretta lo stesso appaltatore. 
    8.- Con atto depositato fuori termine, il 17 febbraio 2021, si e'
costituita in giudizio la Se. spa,  in  proprio  e  quale  mandataria
dell'ATI Se. spa e C. I. Al. srl. 
    9.- In prossimita'  dell'udienza,  Invitalia  ha  depositato  una
memoria, con cui ha ribadito i profili di inammissibilita' e  di  non
fondatezza delle questioni. 
    9.1.- L'inadeguata ricostruzione del quadro normativo  effettuata
dal rimettente, con riferimento alle altre disposizioni relative alle
qualificazioni richieste  per  le  varie  categorie  di  lavorazioni,
avrebbe   impedito   al   rimettente   di   cogliere   il   carattere
intrinsecamente  contraddittorio  della  norma,   che   discenderebbe
dall'eventuale   accoglimento   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate. Si determinerebbe una  «palese  distonia  e
disparita'  rispetto  al  sistema  di  qualificazione  nelle  diverse
categorie di lavorazioni». 
    Inoltre, il «quadro normativo di  riferimento  e  la  conseguente
possibilita' di ricorrere al subappalto obbligatorio nei confronti di
soggetti muniti di specifiche attestazioni SOA per le lavorazioni  in
esame (OG2) a garanzia della corretta esecuzione del contratto  anche
nel settore dei beni culturali» consentirebbero al giudice a  quo  di
decidere il caso concreto attraverso il «tentativo di interpretazione
conforme a Costituzione, sul presupposto della diversita'  ontologica
tra l'avvalimento ed il subappalto [...] e  dell'esistenza  solo  nei
confronti del primo di una norma primaria impositiva  di  un  divieto
(discutibile)». 
    9.2.- Nel merito, Invitalia  sottolinea  che  il  giudice  a  quo
avrebbe  erroneamente  assunto,  quale  tertium  comparationis,   una
disposizione (l'art. 146, comma 3, cod. contratti pubblici),  che  e'
da considerare di strettissima applicazione per la sua specialita' ed
eccezionalita', in quanto  derogatoria  di  disposizioni  e  principi
europei che vietano  limitazioni  all'avvalimento  e  al  subappalto.
Sarebbe, pertanto, non idonea a fungere da parametro di  riferimento,
dovendosi  il  tertium   comparationis   «colloca[re]   armonicamente
nell'ordinamento giuridico multilivello». In ogni caso,  l'estensione
del divieto comprimerebbe in modo non proporzionato la  tutela  della
concorrenza e limiterebbe irragionevolmente il favor  partecipationis
delle piccole e medie imprese. 
    10.- Anche la C. A. M. ha depositato una memoria  in  prossimita'
dell'udienza, con cui ha  ribadito  i  profili  di  fondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale gia' articolati nell'atto di
costituzione. 
    11.- Nell'udienza dell'8 marzo 2022 sono intervenute le  parti  e
l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  hanno  insistito  per  le
conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza iscritta al numero 195 del reg. ord.  2020,  il
Tribunale amministrativo regionale per il Molise, sezione  prima,  ha
sollevato, in riferimento  agli  artt.  3  e  9  della  Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 105  e  146  del
decreto legislativo 18 aprile  2016,  n.  50  (Codice  dei  contratti
pubblici), nella parte in cui non prevedono un divieto di  subappalto
nel settore dei beni culturali. 
    2.- Il giudice rimettente riferisce di doversi pronunciare  sulle
domande  di  annullamento  di   una   serie   di   atti   concernenti
l'affidamento dei «[l]avori di adeguamento degli impianti delle  sedi
del  Polo  Museale  del  Molise»,  a  seguito  di  procedura  indetta
dall'Agenzia nazionale  per  l'attrazione  degli  investimenti  e  lo
sviluppo d'impresa spa - Invitalia, nonche' di «risarcimento danni in
forma specifica con il  conseguimento  dell'appalto  e  subentro  nel
relativo contratto da parte della ricorrente». 
    2.1.- In particolare, precisa che alla gara avevano partecipato -
tra gli altri - l'associazione temporanea di imprese (ATI) Se. spa  e
C. I. Al. srl, la Si. spa e la C. A. M., che si  erano  classificate,
rispettivamente, nelle prime tre posizioni della graduatoria. 
    Espone,  inoltre,  che  la  terza   classificata   chiedeva   sia
l'annullamento degli atti, con i quali le imprese  contro-interessate
non erano state esclude dalla gara, le relative offerte  erano  state
valutate positivamente e l'appalto era stato aggiudicato alla ATI Se.
spa e C.  I.  Al.  srl,  sia  il  risarcimento  del  danno  in  forma
specifica. 
    2.2.- Il giudice a quo, dopo aver respinto le eccezioni sollevate
dalla resistente Invitalia e dalla controinteressata Si. spa, nonche'
il secondo e il terzo motivo di ricorso, ravvisa la  rilevanza  delle
questioni di legittimita' costituzionale in relazione al primo motivo
di ricorso, concernente l'ammissione alla gara della ATI Se. spa e C.
I. Al. srl e della Si. spa «per aver le stesse supplito alla  carenza
del possesso della qualificazione SOA OG2 attraverso  il  ricorso  al
subappalto». 
    Rileva, inoltre, che il divieto di avvalimento  nel  settore  dei
beni culturali e' da ritenersi norma eccezionale, non suscettibile di
interpretazione analogica. Di conseguenza, esclude  che  i  dubbi  di
legittimita'   costituzionale    possano    essere    superati    con
un'interpretazione conforme e ravvisa la  rilevanza  delle  questioni
sollevate. 
    2.3.- Nel merito, il Collegio rimettente individua la  ratio  del
divieto di avvalimento, di cui all'art. 146, comma 3, del  d.lgs.  n.
50 del 2016 (d'ora in avanti cod. contratti pubblici),  nell'esigenza
di affidare l'esecuzione dei lavori che riguardano i beni culturali a
soggetti  muniti  di  qualificazioni  specialistiche,  al   fine   di
assicurare a tali beni un'adeguata tutela. 
    A fronte di simile divieto e della giustificazione che  sottende,
si paleserebbe - secondo il giudice  a  quo  -  una  irragionevolezza
nella mancata estensione di un analogo divieto al  subappalto,  posto
che tale istituto, nel confronto con l'avvalimento,  offrirebbe  meno
garanzie di tutela. 
    In particolare, il  rimettente  ravvisa  nel  subappalto,  specie
quello necessario, l'attitudine a  divenire  mezzo  di  elusione  dei
principi di aggiudicazione mediante gara, nonche' possibile canale di
infiltrazione della criminalita' organizzata negli appalti  pubblici.
Inoltre - sempre in base  all'ordinanza  -  l'istituto  darebbe  meno
garanzie di qualita' nell'esecuzione della prestazione, per  di  piu'
in difetto di una responsabilita' solidale del subappaltatore. 
    La mancata previsione di un divieto di subappalto  nella  materia
dei beni culturali apparirebbe,  pertanto,  irragionevole  alla  luce
della diversa disciplina dell'avvalimento,  manifestando  profili  di
illegittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost. 
    3.-  Quanto  alle  ulteriori  censure  formulate   nell'atto   di
costituzione in giudizio dalla C. A. M., esse sono inammissibili  per
la loro estraneita' al perimetro del thema decidendum, quale  segnato
dall'ordinanza di rimessione (ex plurimis, sentenze n. 252 del  2021,
n. 150 e n. 26 del 2020). 
    4.- Inoltre, deve essere dichiarata inammissibile la costituzione
in giudizio di Se. Spa in proprio e quale mandataria  della  ATI  Se.
spa e C. I. Al. srl, ai sensi dell'art. 3 delle Norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte costituzionale (ex plurimis, sentenze n.
75 del 2022, n. 75 e n. 57  del  2021).  L'atto  di  costituzione  e'
stato, infatti, depositato il 17 febbraio 2021 e, dunque, e'  tardivo
rispetto al termine perentorio di venti  giorni  dalla  pubblicazione
dell'ordinanza di rimessione nella Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 20
gennaio 2021. 
    5.- Ancora in via preliminare, occorre  analizzare  le  eccezioni
sollevate in rito da Invitalia. 
    La parte resistente nel giudizio  a  quo  ravvisa  nell'ordinanza
un'incompleta  ricostruzione  del  quadro  normativo  «in   tema   di
qualificazione degli operatori  nel  settore  dei  lavori  pubblici»,
nonche'  un  approccio  ermeneutico  divergente  dagli   orientamenti
giurisprudenziali a livello «sia nazionale che europe[o] in  tema  di
avvalimento e  subappalto».  Una  corretta  ricostruzione  di  questi
ultimi avrebbe condotto - secondo Invitalia - a  una  interpretazione
conforme a Costituzione delle disposizioni censurate, nel  senso  del
riconoscimento che «[l]'assenza di limitazioni  al  subappalto  [...]
rispetta pienamente le indicazioni della giurisprudenza e del diritto
dell'unione europea nell'ottica di favorire  l'effettiva  concorrenza
negli appalti pubblici la cui tutela costituisce anche  un  obiettivo
costituzionalmente garantito». 
    6.- Le eccezioni non sono fondate. 
    L'atto  introduttivo  non  evidenzia,  sotto  il  profilo   della
ricostruzione normativa  e  giurisprudenziale,  un'incompletezza  che
infici  «l'iter  logico  argomentativo  posto  a   fondamento   delle
valutazioni  del  rimettente  sia  sulla  rilevanza,  sia  sulla  non
manifesta infondatezza (ex multis, sentenze n. 61 del  2021,  n.  136
del 2020, n. 150 del 2019 e n. 27 del  2015;  ordinanze  n.  108  del
2020, n. 136 e n. 30 del 2018 e n. 88 del 2017)» (sentenza n. 194 del
2021). 
    Di conseguenza, la valutazione delle motivazioni esposte  attiene
unicamente al merito. 
    A una medesima conclusione si deve, d'altro canto, giungere anche
con riferimento all'eccezione concernente il mancato esperimento  del
tentativo  di   interpretazione   conforme   a   Costituzione   delle
disposizioni censurate. 
    Invitalia contesta che il giudice a quo non sarebbe addivenuto ad
una interpretazione adeguatrice, intesa  quale  riconoscimento  della
conformita' a Costituzione  dell'omessa  previsione  del  divieto  di
subappalto. 
    Sennonche' un  simile  argomento  -  orientato  a  comprovare  la
coerenza con i principi  costituzionali  di  quanto  le  disposizioni
censurate testualmente prevedono  -  depone  semplicemente  a  favore
della non fondatezza delle questioni di  legittimita'  costituzionale
sollevate. 
    Quanto, invece, a un'interpretazione conforme alla  Costituzione,
che segua il verso delle  censure  mosse  dal  rimettente,  il  quale
invoca un'estensione del  divieto  anche  al  subappalto,  si  tratta
invero di un tentativo espressamente esperito dal giudice a quo e dal
medesimo  escluso.  L'ipotesi  di  ampliare  in  via  ermeneutica  la
disciplina prevista dall'art. 146, comma 3, cod.  contratti  pubblici
anche  al  subappalto  viene,  infatti,  rigettata  con  una  congrua
motivazione relativa al divieto di analogia  operante  per  le  norme
eccezionali. 
    Secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  ove  il
rimettente  abbia,  come  nel  caso   di   specie,   considerato   la
possibilita' di una interpretazione idonea a eliminare il  dubbio  di
legittimita' costituzionale, ma  l'abbia  motivatamente  esclusa,  la
valutazione  sulla  correttezza  o  meno   dell'opzione   ermeneutica
riguarda non gia' l'ammissibilita' delle questioni sollevate,  bensi'
- come gia' anticipato - il merito (da ultimo, ex plurimis,  sentenze
n. 64 del 2021, n. 168, n. 158, n. 118, n. 50 e n. 11 del 2020). 
    7.-  Sempre  in  via  preliminare,  si  deve   dar   conto   che,
successivamente  al  deposito  dell'ordinanza  di  rimessione,   sono
intervenute  alcune  novita'  legislative   riguardanti   una   delle
disposizioni censurate. L'art. 105 cod. contratti pubblici e'  stato,
infatti, modificato dall'art. 49 del decreto-legge 31 maggio 2021, n.
77 (Governance del Piano nazionale di ripresa e  resilienza  e  prime
misure  di  rafforzamento  delle  strutture   amministrative   e   di
accelerazione  e  snellimento  delle  procedure),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 29 luglio 2021, n. 108, nonche'  dall'art.
10  della  legge  23  dicembre  2021,  n.   238   (Disposizioni   per
l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza  dell'Italia
all'Unione europea - Legge europea 2019-2020). 
    Sennonche',  le  citate  modifiche  non  incidono  sulla  vicenda
oggetto del giudizio a quo, poiche' la nuova disciplina,  in  assenza
di specifiche indicazioni del legislatore, non trova  applicazione  -
in conformita' al principio tempus regit actum  -  ai  bandi  e  agli
inviti pubblicati prima dell'entrata in vigore della riforma. 
    8.- Nel merito, le questioni sollevate dal TAR  Molise  non  sono
fondate. 
    In via preliminare, onde valutare le censure mosse in riferimento
agli  artt.  3  e  9   Cost.,   occorre   esaminare   la   disciplina
dell'avvalimento,   che   funge   da   tertium   comparationis,    e,
specificamente, la ratio della norma che dispone il divieto  di  fare
ricorso a tale istituto nel settore dei beni culturali. 
    8.1.-  L'avvalimento   e'   stato   introdotto   nell'ordinamento
italiano, sul modello di discipline europee (tra  le  prime  pronunce
che si  sono  occupate  del  tema,  Corte  di  Giustizia  dell'Unione
europea, sentenze 2 dicembre 1999, in causa C-176/98,  Holst  Italia,
nonche' 14 aprile 1994, in causa C-389/92, Ballast Nedam Groep I), al
fine di agevolare - come emerge dall'art. 89 cod. contratti  pubblici
- la partecipazione alle gare d'appalto. 
    In particolare, esso consente  a  un  soggetto  privo  di  taluni
requisiti prescritti per la partecipazione a una gara,  di  avvalersi
di quelli posseduti da un altro operatore (l'ausiliario), il quale  -
tramite  contratto  -  li  mette  a  disposizione   del   concorrente
(l'avvalente) per tutta la durata dell'appalto. 
    L'avvalimento, dunque, non e'  in  se'  un  tipo  normativo,  ne'
impone il ricorso a uno specifico schema contrattuale, ma  identifica
un effetto giuridico, che, a  seconda  delle  risorse  offerte,  puo'
essere variamente conseguito attraverso il  «i)  mandato  [...],  ii)
[...] [l']appalto di servizi, nonche'  iii)  [la]  garanzia  atipica»
(Consiglio di Stato, adunanza plenaria, sentenza 4 novembre 2016,  n.
23) o altro contratto tipico o atipico. 
    L'importante e' che  l'avvalimento  permetta  temporaneamente  di
operare un'integrazione dell'azienda aggiudicatrice con  i  mezzi,  i
beni   o   le   competenze   professionali   messi   a   disposizione
dall'ausiliario, che sono indispensabili alla  stessa  partecipazione
alla gara.  Per  queste  ragioni,  il  contratto  deve  indicare  con
precisione i requisiti prestati (sul  punto,  si  veda  Consiglio  di
Stato, sezione quinta, sentenza 10 gennaio 2022, n. 169, che richiama
Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 4 ottobre 2021, n. 6619,
21 luglio 2021, n. 5485 e 12 febbraio 2020, n. 1120)  e  deve  essere
accompagnato da una dichiarazione sottoscritta da parte  dell'impresa
ausiliaria, con cui essa attesta, oltre al  possesso  dei  requisiti,
anche il suo impegno, nei confronti non soltanto del concorrente,  ma
della stessa stazione appaltante, a fornire  le  risorse  di  cui  il
primo e' carente. 
    Una  tale  integrazione  ab  initio   dell'impresa   concorrente,
altrimenti priva dei  requisiti  per  la  partecipazione  alla  gara,
spiega la responsabilita' solidale dell'impresa  ausiliaria,  insieme
con la concorrente, nei confronti della stazione appaltante. 
    Quanto alla fase esecutiva dell'appalto, il codice dei  contratti
pubblici, per un verso,  cerca  di  assicurare  l'effettiva  messa  a
disposizione, nonche' il concreto impiego dei mezzi e  delle  risorse
prestate al concorrente, prevedendo che la stazione appaltante svolga
opportune verifiche al riguardo. 
    Per un altro verso, tuttavia, non prescrive, almeno in  generale,
che la prestazione da eseguire con le risorse offerte dall'ausiliario
debba  essere  necessariamente  effettuata  da  quest'ultimo,   ferma
restando   la   facolta'   dell'aggiudicatario   di   stipulare   con
l'ausiliario anche un contratto di subappalto. 
    In sostanza, viene  accertata  l'effettivita'  del  prestito  dei
requisiti (ex plurimis, Consiglio di Stato, sezione quinta,  sentenze
3 settembre 2021, n. 6212 e 17 maggio 2018, n. 2953),  ma  non  viene
assicurata l'esecuzione diretta dei lavori ad opera dell'ausiliario. 
    L'art. 89, comma 8, cod.  contratti  pubblici  dispone,  infatti,
quale regola generale, che  l'esecuzione  spetta  all'aggiudicatario,
che deve integrare al proprio interno le risorse dell'ausiliario. 
    Una deroga a simile criterio si rinviene unicamente nelle ipotesi
in cui l'ausiliario  metta  a  disposizione  i  titoli  di  studio  o
professionali «di cui  all'allegato  XVII,  parte  II,  lettera  f)».
Soltanto con riferimento  alla  menzionata  fattispecie,  l'art.  89,
comma 1, cod. contratti  pubblici  prevede  che  la  possibilita'  di
avvalersi dei  requisiti  di  altri  soggetti  sia  subordinata  alla
condizione che questi ultimi  eseguano  direttamente  i  lavori  o  i
servizi, per i quali i titoli prestati siano richiesti. 
    In definitiva,  in  difetto  di  una  generalizzata  garanzia  di
esecuzione della prestazione  da  parte  dell'ausiliario,  emerge  la
ragione del divieto previsto all'art. 146, comma  3,  cod.  contratti
pubblici ad avvalersi  del  citato  istituto  nel  settore  dei  beni
culturali. L'intenzione  della  norma  e'  assicurare  che  i  lavori
vengano   direttamente   eseguiti   da   chi   abbia   la   specifica
qualificazione  richiesta,  nonche'  mezzi  e  risorse  necessari   a
preservare una tale categoria di beni. 
    La finalita' del divieto e',  dunque,  quella  di  rafforzare  la
tutela dei beni culturali oggetto dei  contratti  regolati  dal  Capo
III, Titolo VI, Parte II del codice dei contratti pubblici. 
    8.2.- Evocati i principali tratti normativi dell'avvalimento,  ai
quali si lega la ratio della disposizione che vieta il ricorso a tale
istituto nel settore dei  beni  culturali,  non  si  rinviene,  nella
disciplina relativa al subappalto, una analoga motivazione  idonea  a
supportare la similitudine con l'art. 146, comma  3,  cod.  contratti
pubblici e, di riflesso, a palesare una irragionevole  disparita'  di
trattamento. 
    Il  subappalto,  pur  condividendo   con   l'avvalimento   taluni
caratteri e  finalita',  a  partire  dal  favor  partecipationis,  si
connota per  una  disciplina,  che  garantisce  la  tutela  dei  beni
culturali, ove siano oggetto del contratto. 
    E' quanto si inferisce da due aspetti della regolamentazione  del
subappalto che lo distinguono dall'avvalimento. 
    8.2.1.- Innanzitutto, il  subappalto,  quando  non  sia  affidato
all'ausiliario  e,  dunque,   non   risulti   abbinato   all'istituto
dell'avvalimento, presuppone che  l'impresa  abbia  i  requisiti  per
partecipare alla gara. 
    Questo implica che, nei contratti  di  lavori,  l'impresa,  anche
qualora non disponga di tutte  le  qualificazioni  richieste  per  le
singole  lavorazioni  oggetto  dell'appalto,  abbia,   quanto   meno,
l'attestazione SOA relativa alla categoria prevalente  per  l'importo
totale dei lavori oggetto del contratto. Tale  disciplina  si  desume
sia dall'art. 12, comma 2, del decreto-legge 28  marzo  2014,  n.  47
(Misure urgenti per  l'emergenza  abitativa,  per  il  mercato  delle
costruzioni e per Expo 2015), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 23 maggio 2014, n. 80, che - come  conferma  la  giurisprudenza
del Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 20 luglio  2021,  n.
5447 e 15 febbraio 2021, n. 1308, nonche' Consiglio di Stato, sezione
terza, ordinanza 10 giugno 2020, n. 3702  -  e'  tuttora  in  vigore,
avendo l'art. 217, comma 1,  lettera  nn),  cod.  contratti  pubblici
abrogato i soli «commi 3, 5, 8, 9 e  11»  del  citato  art.  12,  sia
dall'art. 92 del decreto del Presidente della  Repubblica  5  ottobre
2010, n. 207 (Regolamento di esecuzione  ed  attuazione  del  decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163,  recante  «Codice  dei  contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in  attuazione  delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE»), anch'esso tuttora vigente,  come
rileva la gia' richiamata sentenza del Consiglio di Stato n. 1308 del
2021. 
    Le garanzie offerte, in sede di gara, dal possesso dei  requisiti
relativi alla categoria prevalente non implicano, d'altro canto,  una
fungibilita', in sede esecutiva, tra le varie qualifiche richieste. 
    Solo nel caso delle categorie a qualificazione  non  obbligatoria
l'aggiudicatario  puo'  eseguire  anche  in   proprio   le   relative
lavorazioni, sfruttando l'attestazione SOA posseduta nella  categoria
prevalente (art. 12, comma 2, lettera a, del d.l.  n.  47  del  2014,
come convertito). 
    Viceversa,  per  le  categorie  a   qualificazione   obbligatoria
l'ordinamento impone che l'esecutore dei lavori abbia tale  specifica
qualificazione. Di conseguenza, il concorrente,  pur  se  dotato  dei
requisiti prescritti ai fini della partecipazione alla gara -  grazie
all'attestazione SOA posseduta  nella  categoria  prevalente  -,  non
puo', tuttavia, eseguire le lavorazioni  inerenti  alle  categorie  a
qualificazione obbligatoria, sicche' si rende necessario  il  ricorso
al subappalto. 
    Al contrario, nel caso dell'avvalimento, il concorrente  da  solo
non dispone delle qualifiche per partecipare alla gara, ma, una volta
integrate nell'azienda le risorse e le competenze necessarie, tramite
l'avvalimento, esegue in proprio le relative  prestazioni,  salva  la
previsione di cui all'art. 89, comma 1,  cod.  contratti  pubblici  e
ferma  restando  la  facolta'  di  fare  eventualmente   ricorso   al
subappalto. 
    8.2.2.- Emerge, a questo punto, la seconda e decisiva  differenza
del subappalto rispetto all'avvalimento. 
    Il tipo contrattuale del subappalto  -  un  subcontratto  che  si
dirama  dal  modello  dell'appalto  -  presenta,  quali  obbligazioni
tipiche, il compimento «con organizzazione dei mezzi necessari e  con
gestione a proprio rischio» di un'opera o di un  servizio  «verso  un
corrispettivo in denaro» (art. 1655 del codice civile). 
    In sostanza, l'esecuzione dei lavori in  proprio,  effettuata  in
maniera  autonoma  rispetto  al  subcommittente,   rientra   tra   le
obbligazioni tipiche del subappalto, cui, viceversa, risulta in  toto
estranea l'obbligazione a prestare unicamente requisiti. 
    Di  riflesso,  sia   che   l'aggiudicatario   possa   partecipare
all'appalto, ma non abbia  la  qualificazione  specialistica  per  le
lavorazioni relative ai beni culturali (cio' che rende necessario  il
subappalto), sia che  abbia  tale  qualificazione  specialistica,  ma
decida,  nel  rispetto  del  bando  di  gara,  di  avvalersi  in  via
facoltativa del subappalto, in ogni caso,  il  tipo  contrattuale  in
esame garantisce che l'esecuzione della prestazione sia effettuata in
proprio e in via diretta dal subappaltatore. 
    Al contempo, la lettera dell'art. 148, comma  4,  cod.  contratti
pubblici, secondo cui «[i] soggetti esecutori dei lavori  di  cui  al
comma 1 [riferito ai beni culturali e del paesaggio] devono  in  ogni
caso essere in possesso dei requisiti di qualificazione stabiliti dal
presente capo», assicura che il subappaltatore esecutore  dei  lavori
disponga delle necessarie qualificazioni specialistiche. 
    Risulta, a questo punto, naturale che il subappaltatore  risponda
della  sua  esecuzione  nei  confronti  del   subappaltante   e   che
quest'ultimo sia responsabile  verso  il  committente.  Peraltro,  va
incidentalmente   precisato   che   l'evoluzione   normativa,   sopra
richiamata e non riferibile al giudizio a quo (si veda il  punto  7),
ha  oramai  previsto   anche   una   responsabilita'   solidale   del
subappaltatore e dell'appaltatore verso il committente. E  se  questo
ovviamente non incide sul presente giudizio, in ogni caso e' il segno
di una tendenza a potenziare ulteriormente le garanzie offerte con il
subappalto. 
    Tornando  ora  a  volgere  lo  sguardo  al   contesto   normativo
applicabile al processo a quo, l'elemento, comunque, decisivo e'  che
- in base alla disciplina del subappalto relativo ai beni culturali -
soltanto l'operatore dotato di una qualificazione specialistica  puo'
eseguire i lavori relativi a tali beni, e questo di per se'  assicura
loro una effettiva e adeguata tutela. 
    Si dissolve, in tal modo, la censura di irragionevolezza, poiche'
il subappalto non condivide con l'avvalimento la  ratio  della  norma
censurata, riferibile, per l'appunto, all'esigenza di tutelare i beni
culturali, il che  smentisce  la  similitudine  rispetto  al  tertium
comparationis. 
    Senza  una  giustificazione  riconducibile  alla  protezione  dei
citati beni, non soltanto la mancanza del divieto di  subappalto  non
contrasta con gli artt. 3 e 9 Cost., ma,  al  contrario,  l'eventuale
previsione del divieto di subappalto - come richiesto dal  rimettente
-  potrebbe  tradursi  in  una  compressione  del   principio   della
concorrenza (si veda, in proposito, Corte di Giustizia,  sentenze  27
novembre 2019, C-402/18,  Tedeschi  e  26  settembre  2019,  C-63/18,
Vitali), oltre che dell'autonomia privata, non priva di criticita'. 
    9.- In conclusione, nel solco della  costante  giurisprudenza  di
questa Corte,  che  non  ravvisa  una  violazione  del  principio  di
eguaglianza  quando  «alla  diversita'  di  disciplina  corrispondano
situazioni non assimilabili (ex plurimis, sentenza n. 85  del  2020)»
(sentenza  n.  71   del   2021),   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale, sollevate in riferimento agli artt. 3 e 9 Cost.,  non
sono fondate.