ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 5,  comma
3, 7, 10, comma 2, 18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25, comma
2, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29,  recante
«Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme  per  la
conservazione, tutela, trasformazione del  territorio  della  Regione
Abruzzo), misure urgenti e temporanee di semplificazione e  ulteriori
disposizioni  in  materia  urbanistica  ed  edilizia»,  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  14
dicembre  2020,  depositato  in  cancelleria  il  21  dicembre  2020,
iscritto al n. 102 del  registro  ricorsi  2020  e  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  1,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 2022 il Giudice relatore
Silvana Sciarra; 
    uditi l'avvocato dello Stato Federico Basilica per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefania Valeri, quest'ultima
in collegamento da remoto, ai sensi del  punto  1)  del  decreto  del
Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 marzo 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 14 dicembre 2020, depositato il  21
dicembre 2020 e iscritto al n. 102  del  registro  ricorsi  2020,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questioni  di
legittimita' costituzionale degli artt. 5, comma 3, 7, 10,  comma  2,
18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25,  comma  2,  della  legge
della Regione Abruzzo 13 ottobre 2020, n. 29, recante «Modifiche alla
legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme  per  la  conservazione,
tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo),  misure
urgenti e temporanee di semplificazione e ulteriori  disposizioni  in
materia urbanistica ed  edilizia»,  in  riferimento  complessivamente
agli artt. 3, 9, 97 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo,  della
Costituzione. 
    1.1.- E' impugnato l'art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n.
29 del 2020, nella  parte  in  cui  dispone  che  i  piani  attuativi
conformi allo strumento urbanistico generale vigente siano  approvati
dalla Giunta comunale, ai sensi dell'art. 5, comma  13,  lettera  b),
del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70  (Semestre  Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
nella legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    Il ricorrente assume che l'art. 5, comma 13, lettera b), del d.l.
n. 70 del 2011 si limiti ad affidare alla Giunta regionale il compito
di approvare piani attuativi conformi al piano urbanistico  generale,
senza alterare «la distinzione tra la fase di adozione  e  quella  di
approvazione», che  mira  a  «consentire  la  fase  indefettibile  di
partecipazione degli interessati». 
    Per contro, l'impugnato art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo
n. 29 del 2020 eliminerebbe  per  i  piani  attuativi  conformi  allo
strumento generale le «fasi di pubblicazione del piano  adottato,  di
presentazione delle osservazioni da  parte  degli  interessati  e  di
controdeduzione alle medesime osservazioni» e l'obbligo di sottoporre
il piano all'approvazione della Soprintendenza (art. 16, terzo comma,
della legge 17 agosto 1942, n. 1150,  recante  «Legge  urbanistica»).
Tali fasi sarebbero necessarie anche quando  il  piano  attuativo  si
uniformi al piano sovraordinato. 
    La  disposizione  impugnata  sarebbe  lesiva,  in  primo   luogo,
dell'art. 117, terzo comma, Cost., in quanto violerebbe  «i  principi
fondamentali  della  legislazione  statale  concernenti   l'iter   di
formazione dei piani - principi vincolanti in materia di governo  del
territorio», che prescrivono le  fasi  «di  pubblicazione  del  piano
adottato,  di  presentazione  delle  osservazioni  da   parte   degli
interessati e di controdeduzione alle  medesime  osservazioni»,  allo
scopo di  consentire  la  «partecipazione  al  procedimento  sia  dei
cittadini interessati che da parte delle Amministrazioni che hanno il
compito di curare interessi pubblici diversi da quelli  rimessi  alla
tutela dei Comuni». 
    Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost., in  quanto  la  disposizione  impugnata  prescinderebbe  dalla
«preventiva sottoposizione del piano alla Soprintendenza», prescritta
dall'art. 16, terzo comma, della legge n. 1150 del  1942,  previsione
che lo Stato ha dettato «nell'esercizio della potesta'  esclusiva  in
materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio». 
    1.2.- Il ricorrente impugna, altresi', l'art. 7 della legge  reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, che sostituisce l'art.  23,  comma  3,  della
legge della Regione Abruzzo 12 aprile  1983,  n.  18  (Norme  per  la
conservazione, tutela, trasformazione del  territorio  della  Regione
Abruzzo). 
    La disposizione impugnata violerebbe  l'art.  117,  terzo  comma,
Cost., in quanto si porrebbe in  contrasto  con  l'art.  28,  secondo
comma, della legge n. 1150 del 1942,  espressione  di  «un  principio
fondamentale in materia [di] governo del territorio», che sottopone i
piani di lottizzazione al previo parere della  Soprintendenza,  anche
quando riguardino parti di territorio non tutelate  e  a  prescindere
dalla conformita' dello strumento alla pianificazione vigente. 
    La disposizione impugnata, inoltre, si porrebbe in contrasto  con
gli artt. 117, secondo comma,  lettera  s),  e  9  Cost.,  in  quanto
invaderebbe la «potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia
di tutela dei beni culturali  e  del  paesaggio»  e  abbasserebbe  il
«livello  della  tutela  dei   predetti   interessi».   Difatti,   si
sottrarrebbero i  piani  di  lottizzazione  al  previo  parere  della
Soprintendenza e si riscontrerebbe una significativa compressione dei
termini per l'adozione dei piani di  lottizzazione  privata,  ridotti
dagli  originari  centoventi  a  venti  giorni,  e  dei  termini  per
l'adozione della delibera in via sostitutiva, che passano da sessanta
a trenta giorni, in contrasto con «l'esigenza di attenta  valutazione
connessa alla pianificazione di intere porzioni di territorio» e  con
la previsione di  un  termine  inderogabile  di  novanta  giorni  per
consentire allo Stato  di  esprimere  le  determinazioni  di  propria
competenza nello «svolgimento  delle  funzioni  di  tutela  dei  beni
culturali e del paesaggio» (artt.  14-bis,  comma  2,  lettera  c,  e
17-bis, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n.  241,  recante  «Nuove
norme in materia di  procedimento  amministrativo  e  di  diritto  di
accesso ai documenti amministrativi»). 
    Il ricorrente denuncia, infine, la violazione degli artt. 3 e  97
Cost., sul presupposto che «la  previsione  di  un  termine  di  soli
trenta giorni per l'esame e la  deliberazione  di  uno  strumento  di
pianificazione a iniziativa privata» sia «manifestamente arbitraria e
irragionevole»   e    pregiudichi    anche    il    buon    andamento
dell'amministrazione. 
    1.3.- E' impugnato anche l'art. 10, comma  2,  della  legge  reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, che sostituisce l'art. 33  della  legge  reg.
Abruzzo n.  18  del  1983  in  tema  di  variazione  degli  strumenti
urbanistici. 
    In particolare, tale disposizione, nel definire le  modificazioni
ai piani che non costituiscono varianti urbanistiche e  sono  assunte
mediante mera deliberazione consiliare, le sottoporrebbe «a  un  iter
procedurale piu'  snello»  e  le  sottrarrebbe  arbitrariamente  alla
verifica della conformita' della delibera consiliare alla  disciplina
d'uso dettata dal piano paesaggistico, in contrasto  con  l'art.  145
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10  della  legge  6
luglio 2002, n. 137). 
    Sarebbe dunque violata la competenza legislativa esclusiva  dello
Stato di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., rispetto
alla quale il citato art. 145 del d.lgs. n. 42 del  2004  costituisce
«norma interposta». 
    Il ricorrente prospetta, infine, il contrasto con l'art. 9 Cost.,
in quanto si riscontrerebbe un «abbassamento del livello della tutela
del paesaggio, costituente interesse primario e assoluto». 
    1.4.- E' impugnato anche l'art. 18, comma  2,  della  legge  reg.
Abruzzo  n.  29  del  2020,  che  estende  agli   immobili   pubblici
l'applicazione della legge della Regione Abruzzo 15 ottobre 2012,  n.
49, recante «Norme per  l'attuazione  dell'articolo  5  del  D.L.  13
maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo - Prime disposizioni urgenti per
l'economia) convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  12  luglio
2011, n. 106  e  modifica  dell'articolo  85  della  legge  regionale
15/2004 "Disposizioni  finanziarie  per  la  redazione  del  bilancio
annuale 2004 e pluriennale 2004-2006  della  Regione  Abruzzo  (Legge
finanziaria regionale 2004)"»,  e  consente  in  ogni  caso  per  gli
immobili pubblici oggetto di alienazione  il  passaggio  tra  diverse
destinazioni d'uso. 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata  si  porrebbe
in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost.  e,  in  particolare,
con i principi fondamentali dettati dalla legislazione statale  nella
materia «governo del territorio», in  quanto  consentirebbe  in  ogni
caso «per gli immobili pubblici oggetto di alienazione»  i  mutamenti
di destinazione d'uso «anche a  prescindere  dalle  previsioni  degli
strumenti  urbanistici»,  senza  richiedere  l'osservanza   dell'art.
23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,  n.
380,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia edilizia (Testo A)». 
    La disciplina impugnata confliggerebbe, inoltre, con l'art.  117,
secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  e  invaderebbe   «la   potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia   di   tutela   del
paesaggio», in  quanto,  in  spregio  all'obbligo  di  pianificazione
congiunta prescritta per i beni  vincolati  e  all'impronta  unitaria
della  pianificazione  paesaggistica,   detterebbe   una   disciplina
generale  e  compiuta  della   «"riqualificazione"   degli   immobili
pubblici». Tale disciplina si sostituirebbe alle prescrizioni  d'uso,
rimesse - con riguardo alla definizione delle trasformazioni  vietate
e di quelle compatibili - al  piano  paesaggistico,  dotato  di  «una
posizione di assoluta preminenza nel  contesto  della  pianificazione
territoriale» e «da approvare previa intesa con lo  Stato,  ai  sensi
degli artt. 135, 143 e 145  del  Codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio». 
    Ne' rileverebbe, in senso contrario, la necessita' di  richiedere
l'autorizzazione paesaggistica per gli interventi sui beni  tutelati,
in  quanto  la  disciplina  regionale,   nell'intervenire   in   modo
unilaterale, «senza il necessario coinvolgimento del Ministero per  i
beni e le attivita' culturali», consentirebbe  «ampie  trasformazioni
degli  immobili»  in  deroga  alle   prescrizioni   degli   strumenti
urbanistici  e  pregiudicherebbe  conservazione  e   integrita'   del
contesto tutelato. 
    Sarebbe violato, infine, l'art. 9 Cost., in quanto una disciplina
siffatta determinerebbe «un abbassamento dei livelli di  tutela»  del
paesaggio, che rappresenterebbe «valore primario e assoluto». 
    1.5.- E' impugnato, inoltre, l'art. 19, comma 1, della legge reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, in quanto consentirebbe ai Comuni in  termini
generalizzati e  «senza  limiti  di  tempo  in  relazione  all'intero
territorio regionale» di «ricorrere alle misure incentivanti su tutto
il territorio comunale, senza  che  tali  facolta'  siano  ricondotte
nell'alveo del piano paesaggistico regionale». 
    L'assunto  del  ricorrente  e'  che  la  disposizione   impugnata
consenta  «interventi   di   ristrutturazione,   ampliamento   e   di
demolizione e/o ricostruzione con aumenti di volumetria  anche  sugli
immobili  sottoposti  a  vincolo  paesaggistico»  e  conduca   a   un
«sostanziale   svuotamento   della   funzione   propria   del   piano
paesaggistico», senza prevedere «una specifica clausola in favore del
piano  paesaggistico»  e  senza  subordinare   l'operativita'   della
normativa «alla previa introduzione di un'apposita  disciplina  d'uso
dei beni paesaggistici tutelati, elaborata d'intesa con il  Ministero
di settore». 
    La  disciplina  impugnata,  pertanto,  invaderebbe  «la  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia   di   tutela   del
paesaggio», in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., «rispetto al quale costituiscono norme  interposte  gli  artt.
135, 143 e 145 del Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»,  e
sarebbe  lesiva  dell'art.  9  Cost.,  in  quanto  implicherebbe  «un
abbassamento dei livelli di tutela» del paesaggio, «valore primario e
assoluto». 
    1.6.- Oggetto di impugnazione e' anche l'art. 23, comma 1,  della
legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020, che consentirebbe  ai  Comuni  dei
crateri sismici del 2009 e  del  2016  «di  approvare  varianti  agli
strumenti  urbanistici  [...]  anche   in   deroga   al   limite   di
dimensionamento dei  piani»,  allo  scopo  di  includere  nelle  aree
edificabili «i lotti interessati da strutture e manufatti  temporanei
realizzati a seguito degli eventi sismici», purche'  siano  «conformi
ai titoli autorizzativi e/o comunicazioni, previsti  dalla  normativa
emergenziale emanata a seguito degli eventi sismici». 
    Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 9 e  117,  secondo
comma,  lettera  s),  Cost.,  in  quanto  la  disposizione  impugnata
consentirebbe «la trasformazione  indiscriminata  e  in  deroga  alle
norme urbanistiche sul dimensionamento dei piani di  intere  porzioni
di territorio sottoposto a tutela» e,  pertanto,  vanificherebbe  «il
ruolo stesso della pianificazione paesaggistica». 
    Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  sotto
due distinti profili. 
    In primo luogo, la  disposizione  impugnata,  nello  stabilizzare
strutture  che  la  normativa  statale  impone   siano   provvisorie,
contrasterebbe con i principi fondamentali nella materia del  governo
del territorio  sanciti  dall'art.  4-quater  del  decreto  legge  17
ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle  popolazioni
colpite dal sisma del 24 agosto 2016), convertito, con modificazioni,
nella legge 15 dicembre 2016, n. 229, che consente eccezionalmente di
collocare strutture temporanee amovibili per soddisfare  le  esigenze
abitative delle popolazioni danneggiate e,  nondimeno,  ne  prescrive
inderogabilmente la rimozione  con  il  ripristino  dello  stato  dei
luoghi una volta che sia stata  ottenuta  l'agibilita'  dell'immobile
distrutto o danneggiato. 
    La disposizione regionale, in secondo luogo,  nel  consentire  le
deroghe ai limiti di dimensionamento, si porrebbe in contrasto con il
principio fondamentale enunciato dall'art. 3 della  legge  18  aprile
1962, n.  167  (Disposizioni  per  favorire  l'acquisizione  di  aree
fabbricabili per l'edilizia economica  e  popolare),  che  imporrebbe
«puntuali calcoli di fabbisogno  abitativo»  per  gli  interventi  di
trasformazione  del  territorio  con  la   realizzazione   di   nuovi
insediamenti. 
    1.7.- E' impugnato, infine, l'art. 25, comma 2, della legge  reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, che  consentirebbe  l'installazione  su  aree
private di  manufatti  leggeri,  in  deroga  -  per  un  periodo  non
superiore a due anni - alla disciplina del t.u. edilizia. 
    Il ricorrente ravvisa il contrasto con l'art. 117,  terzo  comma,
Cost., in quanto  la  disposizione  impugnata  si  discosterebbe  dai
principi  fondamentali  enunciati  dall'art.  6  t.u.  edilizia,  che
includerebbe tra le attivita'  libere  soltanto  quelle  a  carattere
temporaneo.  Circostanza  confermata  dall'obbligo  di  rimuovere   i
manufatti in questione entro un termine non superiore  a  centottanta
giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio. 
    A sostegno dell'impugnativa,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri osserva che  sarebbe  consentito  al  legislatore  regionale
enucleare interventi tipici sottratti al permesso di costruire o alla
segnalazione  certificata  di  inizio  attivita',  senza,   tuttavia,
sovvertire le definizioni di «nuova costruzione» di  cui  all'art.  3
t.u. edilizia. Il legislatore  statale  non  avrebbe  «reso  cedevole
l'intera disciplina dei titoli edilizi» e  non  avrebbe  abdicato  al
compito di definire le trasformazioni del territorio  assoggettate  a
permesso di costruire. Il  legislatore  regionale  potrebbe  soltanto
estendere le ipotesi di edilizia libera a ipotesi ulteriori,  purche'
siano «coerenti e logicamente assimilabili» a quelle  gia'  tipizzate
dal legislatore statale. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Abruzzo e ha  chiesto
di dichiarare la cessazione della materia del contendere  e  comunque
di rigettare le questioni di legittimita' costituzionale,  alla  luce
delle modifiche normative sopravvenute. 
    2.1.- Quanto all'art. 5, comma 3, della legge reg. Abruzzo n.  29
del 2020, il motivo di ricorso non sarebbe fondato. 
    L'art. 5, comma 13, lettera b),  del  d.l.  n.  70  del  2011  si
prefiggerebbe  di  semplificare  «l'iter  di  formazione  dei   piani
attuativi compatibili con lo strumento urbanistico generale». Le fasi
di pubblicazione del piano, di presentazione  delle  osservazioni  da
parte degli interessati e di controdeduzione sarebbero indispensabili
solo quando i piani  attuativi  non  siano  conformi  allo  strumento
urbanistico generale. 
    La disposizione impugnata non abolirebbe l'obbligo di acquisire i
nulla-osta,   i   pareri    o    le    autorizzazioni    propedeutici
all'approvazione dei piani attuativi. La Giunta  regionale  dovrebbe,
inoltre, comunicare l'avvio del procedimento agli interessati e  tale
comunicazione varrebbe a garantire il diritto di partecipazione. 
    Per tutti i piani  attuativi,  sia  quelli  particolareggiati  di
iniziativa pubblica che quelli  di  lottizzazione,  pur  conformi  al
piano  regolatore  generale,   il   legislatore   regionale   avrebbe
confermato l'obbligo di rispettare  la  disciplina  statale  posta  a
tutela del paesaggio. Cosi'  disporrebbe  la  normativa  sopravvenuta
dell'art. 19, comma 8, lettera c), della legge della Regione  Abruzzo
20 gennaio 2021, n.  1,  recante  «Disposizioni  finanziarie  per  la
redazione del Bilancio  di  previsione  finanziario  2021-2023  della
Regione Abruzzo (Legge di stabilita' regionale 2021)». 
    2.2.- Non sarebbero  fondate  neppure  le  censure  proposte  con
riguardo all'art. 7 della legge reg. Abruzzo n.  29  del  2020.  Esse
poggerebbero   sull'erroneo   presupposto   interpretativo   che    i
provvedimenti  deliberativi  debbano  intendersi  come  delibera   di
approvazione e non gia' come un mero atto di avvio del procedimento. 
    Allo scopo di fugare ogni dubbio, l'art. 19, comma 8, lettera b),
della legge reg.  Abruzzo  n.  1  del  2021  avrebbe  inserito,  dopo
«provvedimenti deliberativi», le parole «di avvio del procedimento». 
    2.3.- Quanto all'art. 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29
del 2020, che elenca i  casi  che  non  costituiscono  variante  agli
strumenti urbanistici generali e attuativi, perseguirebbe l'obiettivo
di snellire l'iter procedimentale. Il controllo  sulle  deliberazioni
consiliari che hanno approvato tali  modificazioni  sarebbe  comunque
consentito sia alla Provincia, cui le deliberazioni  sono  trasmesse,
sia a qualunque interessato, legittimato a proporre motivato  ricorso
al Presidente della Giunta regionale. 
    Le doglianze non sarebbero fondate,  in  quanto  non  sarebbe  in
alcun modo  esclusa  la  verifica  della  conformita'  con  il  piano
paesaggistico e troverebbero comunque  applicazione  le  disposizioni
statali poste a tutela dell'ambiente. 
    Ad ogni modo, con l'art. 19, comma 8,  lettera  d),  della  legge
reg. Abruzzo n. 1 del 2021, e' stato aggiunto all'art. 33 della legge
reg. Abruzzo n. 18 del 1983 un comma 3-bis, che impone il  preventivo
parere paesaggistico dell'amministrazione preposta  alla  tutela  del
vincolo nel  caso  di  aree  ricadenti  anche  parzialmente  in  zone
tutelate o vincolate in base al d.lgs. n. 42 del 2004. 
    2.4.-  Non  sarebbe  fondato  neppure  il   motivo   di   ricorso
concernente l'art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo  n.  29  del
2020. 
    L'art. 5, comma 13, del d.l. n.  70  del  2011  si  applicherebbe
anche al patrimonio pubblico. 
    Peraltro, sarebbe la stessa legge reg. Abruzzo  n.  49  del  2012
(art. 2, comma 8) a prevedere che la disciplina sugli  interventi  di
riqualificazione non opera per gli edifici  eseguiti  in  assenza  di
titolo  abilitativo  o  in  totale  difformita'  o   con   variazioni
essenziali, per gli edifici collocati all'interno dei centri  storici
o nuclei antichi, per gli edifici e i  tessuti  edilizi  definiti  di
valore storico, culturale e architettonico riconosciuti di pregio per
il loro  valore  architettonico,  tipologico  e  culturale,  per  gli
edifici situati  in  aree  soggette  a  vincoli  di  inedificabilita'
assoluta o comunque ricadenti in aree  a  pericolosita'  geologica  o
idraulica in cui i piani di bacino e  di  assetto  idrogeologico  non
consentono la realizzazione di interventi di ampliamento, per i  beni
che ricadono nella zona A del vigente piano  regionale  paesistico  e
per gli edifici vincolati ai sensi della Parte Seconda del Codice dei
beni culturali e del paesaggio. 
    Anche a prescindere da un espresso rinvio, si imporrebbe in  ogni
caso l'osservanza delle prescrizioni di tutela del d.lgs. n.  42  del
2004. 
    Anche  per  i  mutamenti  di  destinazione  d'uso   si   dovrebbe
rispettare la normativa statale del t.u. edilizia e comunque  sarebbe
consentito il solo mutamento tra destinazioni tra loro compatibili  o
complementari in base all'art. 5 della legge reg. Abruzzo n.  49  del
2012. 
    Ne' si puo' ritenere che - in mancanza di un piano paesaggistico,
«ancora in fase  di  approvazione»  nella  Regione  Abruzzo  -  siano
preclusi all'ente territoriale gli interventi di  valorizzazione  del
proprio patrimonio immobiliare. 
    Con l'art. 19, comma 7, lettera a), della legge reg. Abruzzo n. 1
del 2021, si e' soppresso l'avverbio  «sempre»,  che  avrebbe  potuto
ingenerare equivoci, e si  e'  richiesto  espressamente  il  rispetto
dell'art. 23-ter t.u. edilizia. 
    2.5.- La parte resistente  contesta  la  fondatezza  anche  delle
censure che vertono sull'art. 19, comma 1, della legge  reg.  Abruzzo
n. 29 del 2020. 
    Tale   disciplina   perseguirebbe   l'obiettivo   di   preservare
l'autonomia  dei  Comuni  «in  ordine  alle  scelte  urbanistiche  ed
edilizie» e consentirebbe all'ente territoriale  di  «modificare  una
sua precedente  deliberazione»  sulle  misure  incentivanti  previste
dalla legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012,  alla  luce  di  «specifiche
valutazioni   o   ragioni   di   carattere   urbanistico,   edilizio,
paesaggistico, ambientale, in relazione alle caratteristiche  proprie
delle singole zone ed al loro diverso grado di saturazione edilizia e
della previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi». 
    Ad ogni modo, in virtu' dell'art. 1,  comma  2-ter,  della  legge
reg. Abruzzo n. 49 del  2012  si  imporrebbe  sull'intero  territorio
regionale l'applicazione delle misure stabilite dall'art. 5 del  d.l.
n. 70 del 2011. 
    2.6.- Quanto all'art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29
del  2020,  esso  non  presenterebbe   i   vizi   di   illegittimita'
costituzionale dedotti dal ricorrente. 
    La previsione impugnata non si prefiggerebbe di «sanare»,  ma  di
«stabilizzare» manufatti «legittimamente realizzati», allo  scopo  di
«dare certezza e stabilita' ai nuclei familiari che vi abitano e  che
presumibilmente  non  riusciranno  a   rientrare   nelle   rispettive
abitazioni  originarie».  Si  consentirebbe  inoltre  ai  Comuni   di
riscuotere oneri di costruzione  e  di  urbanizzazione  ed  eventuali
imposte. 
    Peraltro, la disposizione regionale si limiterebbe ad  attribuire
ai Comuni una facolta' e, nel  consentire  la  deroga  al  limite  di
dimensionamento   dei   piani,   perseguirebbe   una   finalita'   di
agevolazione. La disciplina in esame, lungi  dal  determinare  «nuovo
consumo  di  suolo  ai  fini  edificatori»  e   dal   consentire   la
realizzazione di nuovi insediamenti,  riconoscerebbe  «uno  stato  di
fatto oramai consolidato da tempo» e tutelerebbe «le legittime attese
edificatorie dei proprietari delle  aree  gia'  individuate  dai  PRG
vigenti». 
    Ne' i manufatti in questione sorgerebbero  in  aree  vincolate  o
sottoposte a tutela dal punto di vista  ambientale,  idrogeologico  o
paesaggistico. La sovraordinata pianificazione paesaggistica  sarebbe
comunque inderogabile per i Comuni  e  l'art.  2  della  legge  della
Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (Disposizioni regionali per  il
coordinamento  della  pianificazione  paesaggistica  con  gli   altri
strumenti  di  pianificazione),  nel   definire   la   procedura   di
approvazione   delle   varianti   al   piano   regolatore   generale,
prescriverebbe  il  parere  vincolante  dei  competenti  organi   del
Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo. 
    Quanto  al  d.l.  n.  189  del  2016,  richiamato   dalla   parte
ricorrente, riguarderebbe unicamente il cratere sismico 2016, laddove
la  disciplina  del  cratere  sismico  2009  sarebbe  dettata   dalla
deliberazione del Consiglio comunale dell'Aquila n. 58 del 2009. 
    Con le modifiche apportate dall'art. 19,  comma  7,  lettera  b),
della  legge  reg.  Abruzzo  n.  1  del  2021,  si  sarebbe  limitata
l'applicazione della normativa ai soli  Comuni  del  cratere  sismico
2009 e si sarebbe imposto il rispetto del d.lgs. n. 42 del 2004 e del
decreto del Ministro dei lavori  pubblici  2  aprile  1968,  n.  1444
(Limiti inderogabili di densita' edilizia, di  altezza,  di  distanza
fra  i  fabbricati  e  rapporti  massimi  tra  spazi  destinati  agli
insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici  o  riservati
alle attivita'  collettive,  al  verde  pubblico  o  a  parcheggi  da
osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici  o
della revisione di quelli esistenti,  ai  sensi  dell'art.  17  della
legge 6 agosto 1967, n. 765). 
    2.7.- L'art. 25, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020
riguarderebbe  manufatti  agevolmente  rimovibili  e  la   previsione
dell'installazione di tali manufatti per un periodo non  superiore  a
due anni, in deroga  alla  durata  sancita  dal  legislatore  statale
all'art.  6,   comma   1,   lettera   e-bis),   t.u.   edilizia,   si
giustificherebbe con la durata biennale dell'emergenza epidemiologica
da COVID-19, stimata dal legislatore regionale. 
    Si tratterebbe di interventi a «carattere straordinario», volti a
«soddisfare esigenze contingenti e temporanee». 
    Anche in tale ipotesi, sarebbe intervenuto l'art.  19,  comma  7,
lettera c), della legge reg. Abruzzo  n.  1  del  2021,  che  avrebbe
consentito  l'installazione  dei  manufatti   per   un   periodo   di
centottanta  giorni  e  comunque  fino  al   termine   dell'emergenza
pandemica,  e  avrebbe  fatto   salva   l'acquisizione   del   titolo
abilitativo nel rispetto del t.u. edilizia. 
    3.- In conformita' alla delibera del Consiglio dei  ministri  del
25 marzo 2021, il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  con  atto
depositato  il  30  marzo  2021,   ha   rinunciato   all'impugnativa,
limitatamente agli artt. 5, comma 3, 7 e 10 della legge reg.  Abruzzo
n. 29 del 2020, in ragione delle modificazioni  recate  dall'art.  19
della legge reg. Abruzzo n. 1 del 2021. 
    In conformita' alla delibera del Consiglio dei  ministri  del  31
gennaio 2022, il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  con  atto
depositato il successivo 4 febbraio,  ha  rinunciato  all'impugnativa
anche con riferimento all'art. 23, comma 1, della legge reg.  Abruzzo
n. 29 del 2020, alla luce delle modificazioni introdotte dall'art.  6
della  legge  della  Regione   Abruzzo   23   aprile   2021,   n.   8
(Esternalizzazione del  servizio  gestione  degli  archivi  dei  Geni
Civili regionali e ulteriori disposizioni). 
    Con il medesimo atto, il Presidente del Consiglio  ha  dichiarato
di insistere nell'impugnazione degli artt. 18, 19 e  25  della  legge
reg. Abruzzo n. 29 del  2020,  previsioni  che  non  sarebbero  state
modificate in senso satisfattivo. 
    4.- La Regione resistente, con delibera di Giunta del 10 febbraio
2022, depositata il 14 febbraio 2022, ha dichiarato di  accettare  la
rinuncia. 
    5.- Il 14 febbraio 2022, la parte resistente  ha  depositato  una
memoria illustrativa, allo  scopo  di  chiedere  la  declaratoria  di
cessazione della materia del contendere e,  nel  merito,  il  rigetto
delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto   non
fondate. 
    5.1.- Quanto all'art. 18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29
del 2020, disposizione volta  a  valorizzare  e  a  riqualificare  il
patrimonio edilizio pubblico, le modificazioni apportate dalla  legge
reg. Abruzzo n. 1 del 2021 avrebbero precisato che  il  mutamento  di
destinazione d'uso  deve  essere  rispettoso  dell'art.  23-ter  t.u.
edilizia, oltre che dell'art. 5 della legge reg. Abruzzo  n.  49  del
2012. 
    Non  sussisterebbe,  dunque,  alcuna  violazione   dei   principi
fondamentali  sanciti  dalla  normativa  statale  nella  materia  del
governo del territorio. 
    Neppure si riscontrerebbe la dedotta violazione degli artt.  9  e
117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in  quanto  la  legge  reg.
Abruzzo n. 49 del  2012  non  si  applicherebbe,  fra  l'altro,  agli
edifici collocati all'interno dei centri storici  o  nuclei  antichi,
agli edifici  e  ai  tessuti  edilizi  definiti  di  valore  storico,
culturale e architettonico, ai  beni  che  ricadono  in  zona  A  del
vigente piano regionale paesistico. 
    Gli interventi di riqualificazione del patrimonio immobiliare  da
parte delle amministrazioni pubbliche sarebbero  dunque  esclusi  nei
casi indicati e sui beni tutelati o vincolati ai  sensi  della  Parte
Seconda del Codice dei beni culturali e del paesaggio. 
    Ben   sarebbe   praticabile,   pertanto,   una    interpretazione
compatibile con il dettato costituzionale (si richiama la sentenza di
questa Corte n. 124 del 2021). 
    5.2.-  L'art.  19  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  29  del  2020
salvaguarderebbe l'applicazione delle misure  stabilite  dall'art.  5
del d.l. n. 70 del  2011  e  rispetterebbe  l'autonomia  dei  Comuni,
consentendo loro di modificare le  deliberazioni  assunte  in  merito
alle scelte edilizie e urbanistiche. 
    La parte resistente esclude, pertanto, il  contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, Cost. 
    La disciplina regionale garantirebbe,  inoltre,  la  salvaguardia
dei valori paesaggistici, in armonia con il d.lgs. n. 42 del  2004  e
con le ipotesi di esclusione  degli  interventi  di  riqualificazione
tipizzate dall'art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012.  Essa,
pertanto, sarebbe conforme agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera
s), Cost. 
    5.3.-  L'art.  25  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  29  del  2020
contemplerebbe  interventi   di   edilizia   libera   con   carattere
straordinario, volti a soddisfare esigenze contingenti e  temporanee.
Sarebbe previsto l'obbligo di rimozione al  termine  del  periodo  di
emergenza pandemica. 
    Le  previsioni  dell'art.  6,  comma  1,  lettera  e-bis),   t.u.
edilizia,  nell'indicare  un  termine  di  centottanta  giorni,   ben
potrebbero «subire dei contemperamenti in  circostanze  eccezionali»,
valutate  anche  dal  legislatore  statale,  proprio   con   riguardo
all'emergenza legata al COVID-19, dall'art. 181 del decreto-legge  19
maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno  al
lavoro  e  all'economia,  nonche'  di  politiche   sociali   connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19),   convertito,    con
modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, e  dall'art.  9-ter
del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori  misure  urgenti
in materia di tutela della salute,  sostegno  ai  lavoratori  e  alle
imprese, giustizia e sicurezza, connesse all'emergenza epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 18  dicembre
2020, n. 176. 
    La formulazione dell'art. 25, comma 2, della legge  reg.  Abruzzo
n. 29 del 2020, rimasta in vigore dal 17 ottobre 2020 al 31  dicembre
2020, non avrebbe  prodotto  la  dedotta  lesione  «della  competenza
legislativa statale in relazione al termine di  180  giorni»  di  cui
all'art. 6, comma 1, lettera e-bis), t.u. edilizia. 
    Le  modifiche  apportate  dal  legislatore  regionale  dovrebbero
condurre a dichiarare la cessazione della materia del contendere. 
    6.- All'udienza dell'8 marzo 2022, le parti hanno  insistito  per
l'accoglimento delle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe, iscritto al n.  102  del
registro ricorsi 2020, il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.  5,
comma 3, 7, 10, comma 2, 18, comma 2, 19, comma 1, 23, comma 1, e 25,
comma 2, della legge della Regione Abruzzo 13 ottobre  2020,  n.  29,
recante «Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18  (Norme
per la conservazione, tutela,  trasformazione  del  territorio  della
Regione Abruzzo), misure urgenti e temporanee  di  semplificazione  e
ulteriori disposizioni  in  materia  urbanistica  ed  edilizia»,  per
violazione - nel loro complesso - degli artt. 3, 9, 97 e  117,  commi
secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione. 
    Le disposizioni impugnate invaderebbero la «potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali  e  del
paesaggio»  (art.  117,  secondo   comma,   lettera   s,   Cost.)   e
inciderebbero  in  peius  sul  «livello  della  tutela  dei  predetti
interessi», in contrasto con l'art. 9 Cost. 
    Il ricorrente ravvisa,  inoltre,  la  violazione  dell'art.  117,
terzo comma, Cost., per contrasto con «norme di principio in  materia
di governo del territorio». 
    2.- Si deve rilevare, preliminarmente, che, con  atto  notificato
il 29 marzo 2021  mediante  posta  elettronica  certificata  (PEC)  e
pervenuto  in  cancelleria  il  30  marzo  2021,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, previa conforme delibera  del  Consiglio  dei
ministri del 25 marzo 2021, ha rinunciato all'impugnativa degli artt.
5, comma 3, 7 e 10, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020. 
    Con atto notificato mediante PEC e pervenuto in cancelleria il  4
febbraio  2022,  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   in
conformita' alla delibera del Consiglio dei ministri del  31  gennaio
2022, ha dichiarato di rinunciare all'impugnativa anche con  riguardo
all'art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020. 
    Quanto agli artt. 5, comma 3, 7 e 10, comma 2, della  legge  reg.
Abruzzo  n.  29  del  2020,  la  ragione   della   rinuncia   risiede
nell'approvazione dell'art. 19 della legge della Regione  Abruzzo  20
gennaio  2021,  n.  1,  recante  «Disposizioni  finanziarie  per   la
redazione del Bilancio  di  previsione  finanziario  2021-2023  della
Regione  Abruzzo  (Legge  di  stabilita'  regionale  2021)»,  che  il
ricorrente ritiene abbia posto rimedio  ai  vizi  denunciati  con  il
ricorso. 
    Con riferimento all'art. 23, comma 1, della legge reg. Abruzzo n.
29 del 2020, il ricorrente ha ritenuto satisfattive le  modificazioni
introdotte dall'art. 6 della legge della Regione  Abruzzo  23  aprile
2021, n. 8 (Esternalizzazione del servizio gestione degli archivi dei
Geni Civili regionali e ulteriori disposizioni). 
    In conformita' alla delibera di Giunta regionale del 10  febbraio
2022, la parte resistente  ha  dichiarato  di  accettare  le  rinunce
parziali, con atto depositato il 14 febbraio 2022. 
    2.1.- Il processo, pertanto,  va  dichiarato  estinto,  ai  sensi
dell'art. 23 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, limitatamente alle questioni inerenti agli  artt.  5,
comma 3, 7, 10, comma 2, e 23, comma 1, della legge reg.  Abruzzo  n.
29 del 2020. 
    3.- Con atto depositato il 14 febbraio  2022,  il  ricorrente  ha
affermato che sono «ancora validi gli ulteriori motivi di impugnativa
di cui alla  delibera  del  Consiglio  dei  ministri  del  10/12/2020
riferiti agli articoli 18, 19  e  25  non  modificati  dalla  Regione
Abruzzo nel senso richiesto dalle amministrazioni competenti». 
    Su tali disposizioni si dovra' dunque svolgere  lo  scrutinio  di
questa Corte. 
    4.- E' impugnato, per violazione  degli  artt.  9  e  117,  commi
secondo, lettera s), e terzo, Cost., l'art. 18, comma 2, della  legge
reg. Abruzzo n. 29 del 2020. 
    4.1.-  La  disposizione  in  esame,  al  comma  1,  concede  alle
amministrazioni pubbliche, «[a]l fine di valorizzare e  riqualificare
il patrimonio edilizio pubblico esistente», la facolta' di  avvalersi
delle misure previste dalla legge della Regione  Abruzzo  15  ottobre
2012, n. 49, recante «Norme per l'attuazione dell'articolo 5 del D.L.
13 maggio 2011, n. 70 (Semestre europeo - Prime disposizioni  urgenti
per l'economia) convertito, con modificazioni, dalla legge 12  luglio
2011, n. 106  e  modifica  dell'articolo  85  della  legge  regionale
15/2004 "Disposizioni  finanziarie  per  la  redazione  del  bilancio
annuale 2004 e pluriennale 2004-2006  della  Regione  Abruzzo  (Legge
finanziaria regionale 2004)"». 
    Nella formulazione  originaria,  la  disposizione  impugnata,  al
comma  2,  «[a]l  fine  di  valorizzare  il   patrimonio   pubblico»,
consentiva «sempre», con riguardo agli «immobili pubblici oggetto  di
alienazione», «il passaggio tra  diverse  destinazioni  d'uso»  e  si
limitava a richiedere il rispetto  delle  prescrizioni  dell'art.  5,
comma 3, della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, senza far  menzione
della normativa  statale  di  principio  in  materia  di  edilizia  e
urbanistica. 
    Le censure del ricorrente vertono sulla  facolta'  indiscriminata
di realizzare il passaggio tra diverse destinazioni d'uso. 
    4.2.-  Ad  avviso  del  ricorrente,  la  disposizione   impugnata
contrasterebbe con l'art. 117, terzo  comma,  Cost.,  in  quanto  non
imporrebbe il rispetto dei principi  fondamentali  sanciti  dall'art.
23-ter del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001,  n.
380,  recante  «Testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia edilizia (Testo A)». 
    La normativa statale assoggetterebbe «di regola»  a  permesso  di
costruire i mutamenti di  destinazione  d'uso  e  non  consentirebbe,
nell'ipotesi di mutamenti urbanisticamente rilevanti, il rilascio del
titolo «in deroga agli strumenti urbanistici». 
    Spetterebbe  allo  Stato  dettare  una  disciplina  di  principio
vincolante per l'autonomia regionale, allo scopo di  classificare  le
categorie  degli  interventi  edilizi  e   il   regime   dei   titoli
abilitativi, con i relativi procedimenti, oneri e sanzioni. 
    Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, secondo comma, lettera  s),
Cost.,  in  quanto  la  disciplina  regionale  sarebbe  lesiva  della
«potesta' legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela  del
paesaggio». 
    Nel consentire «possibili ampie trasformazioni degli  immobili  e
quindi del contesto tutelato, a scapito della sua  "conservazione"  e
"integrita'", in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici»,
la disposizione impugnata si sostituirebbe alla «disciplina d'uso dei
beni  paesaggistici»,  affidata  al  piano  paesaggistico  regionale,
prevalente «su ogni altro atto della  pianificazione  territoriale  e
urbanistica» e assoggettato all'obbligo di elaborazione congiunta con
lo Stato con riguardo ai beni vincolati, in  armonia  con  l'impronta
necessariamente unitaria della pianificazione paesaggistica. 
    La disposizione in esame lederebbe, infine, l'art.  9  Cost.,  in
quanto determinerebbe «un abbassamento dei  livelli  di  tutela»  del
paesaggio,  che  rappresenterebbe  -  nel  disegno  costituzionale  -
«valore primario e assoluto». 
    4.3.-  Occorre  dare  atto,  in  linea  preliminare,  dello   ius
superveniens dell'art. 19, comma 7,  lettera  a),  della  legge  reg.
Abruzzo n. 1 del 2021. 
    Allo scopo di porre rimedio ai profili  di  criticita'  segnalati
dallo Stato, il legislatore regionale ha modificato l'art. 18,  comma
2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020 con precipuo riguardo alla
disciplina dei mutamenti di destinazione d'uso.  In  particolare,  la
normativa sopravvenuta ha eliminato l'avverbio «sempre» e ha inserito
il requisito del rispetto delle prescrizioni  dell'art.  23-ter  t.u.
edilizia. 
    In virtu' dell'art. 21, comma 1, della legge reg.  Abruzzo  n.  1
del 2021, tali previsioni si applicano a  decorrere  dal  1°  gennaio
2021. 
    4.4.-  Per  costante  giurisprudenza   di   questa   Corte,   una
modificazione della disposizione impugnata  in  un  giudizio  in  via
principale determina  la  cessazione  della  materia  del  contendere
quando  ricorrano,  in  pari  tempo,  due  condizioni:  il  carattere
satisfattivo delle pretese avanzate  con  il  ricorso  e  la  mancata
applicazione della previsione in esame (fra le molte, sentenza n.  42
del 2021). 
    Nel caso di specie, si ravvisano entrambi i presupposti. 
    4.4.1.- Anzitutto, le  modificazioni  apportate  dal  legislatore
regionale sono satisfattive delle pretese del ricorrente. 
    Le censure, formulate in riferimento agli artt. 9  e  117,  commi
secondo, lettera s), e  terzo,  Cost.  si  appuntano  sulla  facolta'
generalizzata  di  attuare  mutamenti   di   destinazione   d'uso   e
sull'omesso richiamo all'osservanza delle previsioni dell'art. 23-ter
t.u.  edilizia.  La  normativa  statale  richiamata  dal   ricorrente
definisce la nozione di mutamento rilevante della destinazione  d'uso
in base all'assegnazione dell'immobile o  dell'unita'  immobiliare  a
una diversa categoria funzionale (comma 1) e consente il mutamento di
destinazione d'uso  all'interno  della  stessa  categoria  funzionale
«[s]alva diversa previsione da parte delle leggi  regionali  e  degli
strumenti urbanistici comunali» (comma 3, terzo periodo). 
    Nella    prospettiva    del    ricorrente,    sarebbe     proprio
l'indiscriminata facolta' di  realizzare  mutamenti  di  destinazione
d'uso,  a  prescindere  dal  rispetto  delle  prescrizioni  del  t.u.
edilizia, a recare un vulnus ai principi fondamentali  dettati  dalla
legislazione statale nella materia del governo  del  territorio  e  a
violare la sfera di  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato
nella materia  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e  dei  beni
culturali», con la conseguente lesione della tutela del paesaggio. 
    Le modificazioni medio tempore intervenute hanno specificato  che
i mutamenti di destinazione d'uso  non  soltanto  non  sono  «sempre»
consentiti, ma  che  sono  altresi'  subordinati  al  rispetto  delle
pertinenti prescrizioni dell'art. 23-ter t.u. edilizia. 
    Alla luce di tali sopravvenienze, si devono intendere superate le
ragioni di doglianza espresse dallo Stato. 
    4.4.2.- Si deve rilevare, in secondo luogo, che  la  disposizione
in esame, nella formulazione  oggetto  dell'impugnativa  statale,  ha
trovato applicazione per un arco temporale limitato, dal  17  ottobre
2020 al 31 dicembre 2020. 
    La valenza significativa del dato cronologico, come  elemento  di
conferma della mancata applicazione, e' stata posta in risalto  dalla
parte resistente nella memoria illustrativa  e  nelle  argomentazioni
esposte all'udienza pubblica e non e' stata specificamente contestata
dal ricorrente. All'esiguo periodo di applicazione si affianca poi il
rilievo che  la  disposizione  concerne  un  novero  circoscritto  di
fattispecie, inerenti agli immobili pubblici oggetto di alienazione e
ai relativi mutamenti di destinazione d'uso, che richiedono  peraltro
un'attivita' preparatoria ed esecutiva destinata a protrarsi  per  un
tempo apprezzabile. 
    La difesa regionale  ha  poi  argomentato  che  le  modificazioni
introdotte dalla legge reg. Abruzzo n.  1  del  2021  chiariscono  la
portata precettiva della disposizione previgente,  interpretabile  in
termini compatibili con la normativa statale, e allontanano il dubbio
ermeneutico che ha dato origine all'impugnazione dello Stato. 
    La difesa dello Stato non ha articolato su tale aspetto  repliche
mirate,  che  avvalorino  -  nel  breve  periodo  di  vigenza   della
previsione impugnata - una sua concreta applicazione da  parte  degli
organi competenti in contrasto con i principi fondamentali  del  t.u.
edilizia e con la disciplina di tutela del paesaggio. 
    Il  ristretto  periodo   di   operativita'   della   disposizione
impugnata, le puntuali allegazioni della parte resistente  in  ordine
alla  mancata  applicazione  e  alla  portata  chiarificatrice  della
normativa sopravvenuta, la carenza di  specifiche  contestazioni  del
ricorrente sui profili indicati, convergono nell'escludere che l'art.
18, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del  2020,  nel  limitato
tempo della sua vigenza, abbia prodotto gli effetti lesivi  paventati
dalla difesa statale, in contrasto con la normativa statale  posta  a
tutela del paesaggio e con  i  principi  fondamentali  dettati  nella
materia del governo del territorio, di competenza concorrente. 
    Deve pertanto essere dichiarata cessata la materia del contendere
in ordine alle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18,
comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020. 
    5.- La declaratoria di cessazione della materia del contendere si
impone anche per la questione relativa all'art. 25 della  legge  reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, impugnato per violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost. 
    5.1.- Tale previsione,  al  comma  1,  consente  «l'installazione
sulle aree private di manufatti leggeri, quali pensiline,  pergolati,
gazebo, dehors, o altre strutture facilmente rimovibili, al  servizio
di  attivita'  commerciali,  di  ristorazione,  ricettive,  sportive,
ricreative,  sociali  e  culturali»,  allo  scopo  di  garantire  «il
rispetto dei protocolli di  sicurezza  a  seguito  dell'emergenza  da
Covid-19». 
    Le censure del ricorrente si incentrano sul comma 2. 
    Nella   formulazione   originaria,   vigente   al   tempo   della
proposizione    del    ricorso,    tale    disposizione    consentiva
l'installazione dei manufatti citati «per un periodo non superiore  a
due anni a partire dalla comunicazione di inizio lavori (CIL)». 
    Era ed e' tuttora fatto salvo il «rispetto dei requisiti igienico
sanitari, ambientali e di sicurezza». 
    L'installazione - specifica il  legislatore  regionale,  con  una
previsione che e' rimasta inalterata - puo' avvenire «anche in deroga
ai vigenti regolamenti edilizi e strumenti urbanistici comunali». 
    5.2.- Il ricorrente sostiene che la disposizione  regionale,  nel
derogare per un periodo non superiore a due anni alla disciplina  del
t.u.  edilizia,  contrasti  con  i  principi   fondamentali   sanciti
dall'art. 6, comma 1, lettera e-bis), di tale corpus  normativo,  che
prescrive la  rimozione  delle  opere  a  carattere  temporaneo  alla
cessazione dell'esigenza e comunque entro un termine non superiore  a
centottanta giorni,  comprensivo  dei  tempi  di  allestimento  e  di
smontaggio del manufatto. 
    Il  legislatore  regionale   potrebbe   soltanto   estendere   le
fattispecie di edilizia libera a ipotesi ulteriori, a condizione  che
queste  ultime  siano  «coerenti  e  logicamente  assimilabili»  agli
interventi di cui all'art. 6 t.u. edilizia, contraddistinti  da  quel
«carattere cogente della temporaneita'» che  non  si  rinviene  nelle
opere disciplinate dalla disposizione impugnata. 
    5.3.- Per effetto dell'art. 19, comma 7, lettera c), della  legge
reg. Abruzzo n. 1 del 2021, a  far  data  dal  1°  gennaio  2021,  la
disposizione in esame e' stata modificata. 
    L'installazione  dei  manufatti  temporanei  e'  oggi  consentita
soltanto «per un periodo di 180 giorni e  comunque  fino  al  termine
dello stato  di  emergenza  connesso  alla  diffusione  pandemica  da
Covid-19, decorso il quale i manufatti sono rimossi,  e  fatta  salva
l'acquisizione del  relativo  titolo  abilitativo  nel  rispetto  del
D.P.R. 380/2001  a  partire  dalla  comunicazione  di  inizio  lavori
(CIL)». 
    5.4.- Tali modificazioni inducono a dichiarare cessata la materia
del contendere. 
    5.4.1.- In primo luogo, si deve osservare che  le  doglianze  del
ricorrente fanno leva sulla discrasia tra il periodo  originariamente
previsto per l'installazione dei manufatti, non superiore a due anni,
e la normativa statale di principio racchiusa nell'art. 6,  comma  1,
lettera e-bis), del d.P.R. n. 380 del  2001,  aggiunto  dall'art.  3,
comma 1, lettera b), numero 3), del decreto legislativo  25  novembre
2016,   n.   222   (Individuazione   di   procedimenti   oggetto   di
autorizzazione, segnalazione certificata di  inizio  di  attivita'  -
SCIA, silenzio assenso e comunicazione e di  definizione  dei  regimi
amministrativi applicabili a determinate attivita' e procedimenti, ai
sensi dell'articolo 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124) e sostituito
dall'art. 10, comma 1, lettera c), del decreto-legge 16 luglio  2020,
n.  76  (Misure  urgenti  per  la  semplificazione  e   l'innovazione
digitale), convertito, con modificazioni, nella  legge  11  settembre
2020, n. 120. 
    La normativa citata, che il ricorrente reputa vincolante  per  la
legislazione regionale di dettaglio,  consente  di  realizzare  senza
titolo abilitativo «le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare
obiettive esigenze, contingenti e temporanee,  purche'  destinate  ad
essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea  necessita'
e, comunque, entro un termine  non  superiore  a  centottanta  giorni
comprensivo dei tempi di allestimento  e  smontaggio  del  manufatto,
previa  comunicazione  di  avvio   dei   lavori   all'amministrazione
comunale». 
    Nel ridurre a  centottanta  giorni  il  tempo  di  permanenza  di
manufatti finalizzati a consentire il rispetto delle prescrizioni  di
sicurezza  dettate  per  l'emergenza  da  COVID-19,  il   legislatore
regionale ha allineato  l'originaria  disciplina  di  dettaglio,  che
contemplava il piu' ampio  termine  non  superiore  a  due  anni,  ai
principi fondamentali dettati dal legislatore statale  per  le  opere
temporanee con riguardo alla durata massima  di  permanenza,  pari  a
centottanta giorni. E' stata cosi' superata la discrepanza  censurata
dal ricorrente; ne' la difesa  statale  ha  contestato  il  carattere
satisfattivo delle modifiche apportate. 
    Inoltre, la disposizione regionale, in quanto ancorata al termine
dello stato  di  emergenza  connesso  alla  diffusione  pandemica  da
COVID-19, e' coerente con la coeva disciplina  statale,  che  a  tale
stato di emergenza ha conferito specifico rilievo con  riguardo  alla
«posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti
di interesse culturale e paesaggistico [...] di strutture  amovibili»
funzionali ad assicurare il rispetto delle misure  di  distanziamento
connesse all'emergenza da COVID-19. 
    Per la posa in opera delle citate strutture amovibili,  e'  stato
disapplicato a piu' riprese il termine previsto dal t.u. edilizia. 
    La disapplicazione e' stata disposta dapprima dal 1° maggio  2020
al 31 dicembre 2020 (art. 181, comma 4, del decreto-legge  19  maggio
2020, n. 34, recante «Misure urgenti in materia di  salute,  sostegno
al lavoro e  all'economia,  nonche'  di  politiche  sociali  connesse
all'emergenza   epidemiologica   da   COVID-19»,   convertito,    con
modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77). 
    La disapplicazione e' stata poi prorogata dal 1° gennaio 2021  al
31  marzo  2021  (art.  9-ter,  comma   5,   secondo   periodo,   del
decreto-legge 28 ottobre 2020,  n.  137,  recante  «Ulteriori  misure
urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai  lavoratori  e
alle  imprese,  giustizia   e   sicurezza,   connesse   all'emergenza
epidemiologica da COVID-19»,  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 18 dicembre 2020, n. 176). 
    Il termine del 31 marzo 2021 e' stato quindi differito fino al 31
dicembre 2021 (art. 30, comma 1,  lettera  b,  del  decreto-legge  22
marzo 2021, n. 41, recante «Misure urgenti  in  materia  di  sostegno
alle imprese e agli operatori economici, di lavoro, salute e  servizi
territoriali, connesse all'emergenza da  COVID-19»,  convertito,  con
modificazioni, nella legge 21 maggio 2021, n. 69) e, da ultimo,  fino
al 30 giugno 2022 (art. 3-quinquies  del  decreto-legge  30  dicembre
2021, n. 228, recante «Disposizioni urgenti  in  materia  di  termini
legislativi», inserito dalla legge di conversione 25  febbraio  2022,
n. 15, che amplia la proroga originariamente  stabilita  fino  al  31
marzo 2022 dall'art. 1, comma 706, della legge 30 dicembre  2021,  n.
234,  recante  «Bilancio  di  previsione  dello  Stato   per   l'anno
finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024»). 
    5.4.2.- In secondo luogo, si deve evidenziare che la disposizione
impugnata, nella versione originaria che sanciva un  termine  di  due
anni, e' rimasta in vigore dal 17 ottobre 2020 al 31 dicembre 2020. 
    In virtu' di tale ridotto periodo di vigenza, non si e'  prodotto
l'effetto lesivo adombrato nel ricorso e incentrato sulla  permanenza
delle opere per il piu' lungo periodo di due anni. 
    Nell'arco temporale di operativita' della disposizione impugnata,
di poco superiore ai due mesi, non e' stato travalicato il termine di
centottanta giorni sancito dalla normativa statale, termine  peraltro
nel frattempo disapplicato - fino al 30 giugno 2022 - per effetto del
concatenarsi di previsioni di proroga. 
    Deve pertanto essere dichiarata cessata la materia del contendere
in ordine alle questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 25,
comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 29 del 2020. 
    6.- Rimane da scrutinare l'art. 19, comma  1,  della  legge  reg.
Abruzzo n. 29 del 2020, che non e' stato modificato  dalla  normativa
sopravvenuta. 
    6.1.- La previsione censurata ha modificato l'art.  1,  comma  2,
della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012, che oggi cosi' dispone: «Con
deliberazione di Consiglio comunale i Comuni possono decidere,  sulla
base di specifiche valutazioni o ragioni  di  carattere  urbanistico,
edilizio,    paesaggistico,    ambientale,    in    relazione    alle
caratteristiche proprie delle singole zone ed al loro  diverso  grado
di  saturazione  edilizia  e   della   previsione   negli   strumenti
urbanistici dei piani attuativi, di avvalersi, su tutto il territorio
comunale  o  parti  di  esso,  delle  misure  incentivanti   previste
dall'articolo 3, commi 2 e 4 e dall'articolo 4, commi 2, 4 e 5  della
presente legge. Il provvedimento comunale, di cui al presente  comma,
non riveste carattere di pianificazione o programmazione  urbanistica
comunque denominata». 
    L'originaria formulazione prevedeva che la delibera del Consiglio
comunale dovesse essere adottata entro novanta giorni dalla  data  di
entrata in vigore della legge reg. Abruzzo n. 49 del 2012. 
    La modificazione impugnata cancella  il  riferimento  al  termine
stabilito per l'adozione della delibera del Consiglio comunale. 
    Su questo profilo si appuntano  le  censure  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, che prospetta, a  fondamento  del  motivo  di
ricorso, l'estensione  sine  die  della  possibilita'  di  realizzare
interventi di considerevole impatto sul territorio. 
    Quanto alle misure incentivanti che il Comune puo' adottare senza
limiti  di  tempo  con  specifica  e  motivata  delibera,   esse   si
configurano come  misure  premiali  per  la  riqualificazione  urbana
realizzata attraverso interventi di ristrutturazione,  ampliamento  e
di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali (art. 3, commi
2 e 4, della legge reg. Abruzzo n. 49 del  2012)  e  di  edifici  non
residenziali (art. 4, commi 2, 4 e 5 della medesima legge regionale). 
    6.2.- La disposizione in esame e' impugnata in  riferimento  agli
artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., sul presupposto  che
consenta ai Comuni in termini generalizzati e «senza limiti di  tempo
in relazione all'intero  territorio  regionale»  di  «ricorrere  alle
misure incentivanti su tutto il territorio comunale, senza  che  tali
facolta'  siano  ricondotte  nell'alveo   del   piano   paesaggistico
regionale». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata consentirebbe
«interventi di ristrutturazione, ampliamento  e  di  demolizione  e/o
ricostruzione  con  aumenti  di  volumetria  anche   sugli   immobili
sottoposti a vincolo paesaggistico» e condurrebbe a  un  «sostanziale
svuotamento della funzione propria del piano paesaggistico». 
    Il legislatore regionale  non  avrebbe  previsto  «una  specifica
clausola in favore del piano paesaggistico» e non avrebbe subordinato
l'operativita'  della  normativa   «alla   previa   introduzione   di
un'apposita  disciplina  d'uso  dei  beni   paesaggistici   tutelati,
elaborata d'intesa con il Ministero di settore». 
    La  disciplina  in  esame,  pertanto,  invaderebbe  «la  potesta'
legislativa  esclusiva  dello  Stato  in  materia   di   tutela   del
paesaggio», in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  s),
Cost., «rispetto al quale costituiscono norme  interposte  gli  artt.
135, 143 e 145 del Codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio»,  e
sarebbe lesiva, per le medesime ragioni, dell'art. 9 Cost., in quanto
implicherebbe «un abbassamento dei livelli di tutela» del  paesaggio,
che costituirebbe «valore primario e assoluto». 
    6.3.- Le questioni non  sono  fondate,  nei  termini  di  seguito
precisati. 
    6.3.1.- Le censure  muovono  dal  presupposto  che  la  normativa
regionale non richieda ex professo  l'osservanza  delle  prescrizioni
del piano paesaggistico e percio' risulti pregiudizievole per i  beni
posti in contesti vincolati. 
    Tale presupposto non e' fondato. 
    La  disciplina   regionale,   inquadrata   in   una   prospettiva
sistematica, puo'  e  deve  essere  interpretata  in  armonia  con  i
precetti costituzionali che il ricorrente ha evocato. 
    A favore di questa interpretazione depongono i dati testuali  che
la parte resistente ha valorizzato sia negli  scritti  difensivi  sia
all'udienza pubblica, con argomenti che il ricorrente non ha in alcun
modo confutato. 
    6.3.2.- Le modificazioni specificamente  impugnate  si  iscrivono
nella legge reg. Abruzzo n. 49  del  2012,  che,  all'art.  1,  comma
2-ter, impone l'osservanza delle prescrizioni di cui all'art.  5  del
d.l. n. 70 del 2011, che, al comma 11, richiede  «il  rispetto  degli
standard  urbanistici,  delle  altre  normative  di  settore   aventi
incidenza sulla disciplina dell'attivita' edilizia e  in  particolare
delle    norme    antisismiche,    di     sicurezza,     antincendio,
igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica,  di
quelle relative alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema,  nonche'
delle disposizioni contenute nel codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». 
    L'art. 2, comma 8, della legge reg. Abruzzo n. 49 del  2012,  nel
definire le condizioni comuni sugli  interventi  di  riqualificazione
urbana realizzati attraverso la ristrutturazione, l'ampliamento e  la
demolizione  e  ricostruzione,  non  solo  ribadisce   l'inderogabile
esigenza  di  rispettare  le   prescrizioni   in   tema   di   tutela
dell'ambiente e dell'ecosistema, ma esclude  dall'ambito  applicativo
di tali interventi: «b) gli edifici collocati all'interno dei  centri
storici o nuclei antichi come definiti dall'art. 9, comma 3,  lettera
o) della L.R. n. 18/1983; c) gli edifici e i tessuti edilizi definiti
di valore storico, culturale ed architettonico riconosciuti di pregio
per il loro valore architettonico, tipologico e culturale dagli  atti
di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali;  d)
gli edifici situati in aree soggette a  vincoli  di  inedificabilita'
assoluta  dagli  atti  di  pianificazione  territoriale  o   comunque
ricadenti in aree a pericolosita' geologica  o  idraulica  in  cui  i
piani di bacino e i piani di assetto idrogeologico non  ammettono  la
realizzazione di interventi di ampliamento; e) i  beni  ricadenti  in
zona A del vigente Piano regionale Paesistico, ad eccezione dell'art.
18 delle N.T.A. del P.R.P. medesimo;  f)  gli  edifici  vincolati  ai
sensi della parte II del Codice dei beni culturali e del paesaggio». 
    Le previsioni richiamate mirano a salvaguardare la compatibilita'
degli interventi di riqualificazione  con  le  prescrizioni  poste  a
tutela del paesaggio e dei beni culturali. 
    6.3.3.- Si tratta di prescrizioni dotate, peraltro, di  immediata
forza cogente, che si  applicano  indipendentemente  da  un  espresso
richiamo nelle previsioni regionali impugnate. 
    Ne' l'omesso  richiamo  puo'  rivestire  il  significato  di  una
deroga, «in difetto di  esplicite  indicazioni  di  segno  contrario,
tanto piu' necessarie in ragione di fondamentali esigenze di certezza
e del rango primario degli interessi coinvolti» (sentenza n. 124  del
2021, punto 5.4.3.2. del Considerato in diritto). 
    Nella disposizione impugnata e nella sua collocazione sistematica
sono univoche e particolareggiate  le  previsioni  che  impongono  il
rispetto della normativa di tutela del paesaggio. 
    6.3.4.- Si  deve  rilevare,  inoltre,  che  l'applicazione  delle
misure incentivanti, lungi dall'essere generalizzata e indistinta, e'
mediata da una delibera del  Consiglio  comunale,  che,  con  congrua
motivazione, deve tener conto, come recita l'art. 1  comma  2,  della
legge reg. Abbruzzo n. 49 del  2012,  di  «specifiche  valutazioni  o
ragioni   di   carattere   urbanistico,   edilizio,    paesaggistico,
ambientale, in relazione alle caratteristiche proprie  delle  singole
zone ed al  loro  diverso  grado  di  saturazione  edilizia  e  della
previsione negli strumenti urbanistici dei piani attuativi». 
    Tale delibera, peraltro, potrebbe anche circoscrivere,  entro  un
termine che non e' piu' vincolato al rispetto di quello originario di
novanta giorni, l'ambito di applicazione delle misure incentivanti. 
    6.3.5.- Cosi' intesa, la normativa in  esame  non  incorre  nelle
censure formulate nel ricorso.