ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi per conflitto di  attribuzione  tra  poteri  sorti  a
seguito dell'iter di approvazione del disegno di legge di conversione
del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121 (Disposizioni urgenti  in
materia  di  investimenti  e  sicurezza  delle  infrastrutture,   dei
trasporti e della circolazione stradale,  per  la  funzionalita'  del
Ministero delle infrastrutture e  della  mobilita'  sostenibili,  del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale  per
la sicurezza delle infrastrutture  stradali  e  autostradali),  e  in
particolare dell'art.  7  del  predetto  decreto-legge,  promossi  da
Gregorio De Falco, nella qualita' di senatore, da Arianna Spessotto e
altri, e da Stefano Fassina, nella qualita' di deputati, con  ricorsi
depositati  in  cancelleria,  rispettivamente,  i  primi  due  il  27
gennaio, il terzo, il 1° febbraio 2022, iscritti, rispettivamente, ai
numeri 4, 5 e 6 del registro conflitti tra poteri dello  Stato  2022,
fase di ammissibilita'. 
    Udito nella camera di consiglio del 27  aprile  2022  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2022. 
    Ritenuto che, con ricorso depositato  in  data  27  gennaio  2022
(reg. confl. poteri n. 4 del 2022), il senatore Gregorio De Falco  ha
sollevato conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti «del  Governo,  anche  nella  persona  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in proprio nonche' quale  rappresentante  del
Governo, del Presidente della ottava Commissione  permanente  (Lavori
pubblici, comunicazioni), della Conferenza dei Presidenti dei  Gruppi
parlamentari,  del  Presidente  e  dell'Assemblea  del  Senato  della
Repubblica»; 
    che, con ricorsi depositati in data 27 gennaio 2022 (reg.  confl.
poteri n. 5 del 2022) e 1° febbraio 2022 (reg. confl. poteri n. 6 del
2022), rispettivamente, i deputati Arianna Spessotto, Michele Sodano,
Raphael Raduzzi, Alvise Maniero e il deputato Stefano  Fassina  hanno
sollevato conflitto  di  attribuzione  tra  poteri  dello  Stato  nei
confronti «del  Governo,  anche  nella  persona  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in proprio nonche' quale  rappresentante  del
Governo, e dell'Assemblea della Camera dei deputati»; 
    che  i  ricorrenti  lamentano  «la  menomazione  delle  [proprie]
attribuzioni rappresentate dagli  specifici  poteri  riconosciuti  al
singolo   parlamentare   direttamente   dalla   Costituzione,   quale
rappresentante della Nazione (art. 67 Cost.) nonche' partecipe  della
funzione legislativa delle Camere (artt. 71 e 72 Cost.)», menomazione
derivante anche dalla violazione  degli  artt.  3,  68,  77,  secondo
comma, e 94 della Costituzione; 
    che le asserite menomazioni deriverebbero dall'approvazione,  con
apposizione della questione di  fiducia,  del  disegno  di  legge  di
conversione del decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121 (Disposizioni
urgenti in materia di investimenti e sicurezza delle  infrastrutture,
dei trasporti e della circolazione stradale, per la funzionalita' del
Ministero delle infrastrutture e  della  mobilita'  sostenibili,  del
Consiglio superiore dei lavori pubblici e dell'Agenzia nazionale  per
la sicurezza delle infrastrutture  stradali  e  autostradali),  e  in
particolare dell'art.  7  del  predetto  decreto-legge,  in  mancanza
dell'acquisizione della decisione della Commissione europea  prevista
dall'art. 79 del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  (Misure  di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamata dal medesimo art. 7; 
    che, in punto di fatto, i ricorrenti ricordano che, a  norma  del
comma 2, lettera a), del citato art. 7, il quale sostituisce il comma
4 dell'art. 11-quater del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure
urgenti connesse  all'emergenza  da  COVID-19,  per  le  imprese,  il
lavoro, i giovani, la salute e i servizi  territoriali),  convertito,
con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106,  i  commissari
straordinari sono tenuti ad adeguare il programma della procedura  di
amministrazione straordinaria di Alitalia - Societa'  Aerea  Italiana
spa e  Alitalia  Cityliner  spa  (d'ora  in  poi:  Alitalia)  a  tale
decisione, con la quale la  Commissione  europea  si  e'  pronunciata
sugli aiuti di Stato, in riferimento  ai  finanziamenti  concessi  ad
Alitalia e ha ravvisato la «discontinuita' economica» tra la stessa e
Italia Trasporto Aereo spa (d'ora in  poi:  ITA),  collegandola  alla
sussistenza di condizioni in essa elencate; 
    che, in particolare,  i  ricorrenti  segnalano  che  la  predetta
decisione della Commissione europea e' stata pubblicata  con  omissis
in Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea solo il  24  gennaio  2022,
anticipata da un  mero  comunicato  stampa  del  10  settembre  2021,
pubblicato sul sito istituzionale della Commissione europea; 
    che, pur in assenza della  pubblicazione  della  decisione  della
Commissione europea e della sua trasmissione ad opera del Governo,  e
sebbene,  dunque,  i  parlamentari  fossero  all'oscuro  degli   atti
presupposti alla norma oggetto di approvazione, sia alla  Camera  dei
deputati sia al Senato della Repubblica si procedeva  alla  votazione
dell'articolo  unico  del  disegno  di  legge  di  conversione,   con
modificazioni, del d.l. n. 121 del 2021, sull'approvazione del  quale
il Governo poneva la questione di fiducia; 
    che, infatti, il predetto disegno di legge veniva approvato, alla
Camera, con 371 voti favorevoli e 47 contrari,  tra  cui  quelli  dei
deputati  ricorrenti  Michele  Sodano,  Arianna  Spessotto,   Raphael
Raduzzi (ric. iscritto al n. 5  del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2022), con  astensione  dei  deputati  ricorrenti  Alvise
Maniero (ric. iscritto al n. 5  del  registro  conflitti  tra  poteri
dello Stato 2022) e Stefano  Fassina  (ric.  iscritto  al  n.  6  del
registro conflitti  tra  poteri  dello  Stato  2022),  e  veniva  poi
approvato al Senato (nel testo approvato dalla Camera  dei  deputati)
con 190 voti favorevoli e 34 contrari, tra cui  quello  del  senatore
Gregorio De Falco (ric. iscritto al n. 4 del registro  conflitti  tra
poteri dello Stato 2022); 
    che i ricorrenti si dolgono dunque del fatto che si e' deliberato
«autorizzando  l'adeguamento  del  programma   della   procedura   di
amministrazione straordinaria alla decisione della Commissione UE  di
cui non si conoscono i contenuti»; 
    che tale criticita' - proseguono i  ricorrenti  -  comporterebbe,
altresi', una violazione  dell'art.  14,  comma  3,  della  legge  24
dicembre  2012,  n.  234   (Norme   generali   sulla   partecipazione
dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e  delle
politiche dell'Unione europea),  il  quale  disciplina  gli  obblighi
informativi a carico del Governo  nei  confronti  del  Parlamento  su
procedure giurisdizionali e di precontenzioso riguardanti l'Italia  e
su tutti i documenti relativi a tali procedure che siano  posti  alla
base di un disegno di legge, di un decreto-legge o di uno  schema  di
decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare; 
    che,  in  punto  di  ammissibilita',  i  ricorrenti,  dopo   aver
ripercorso i precedenti di questa Corte, e in particolare l'ordinanza
n.  17  del  2019,  lamentano  «la  menomazione  delle   attribuzioni
costituzionalmente garantite al singolo parlamentare, nella misura in
cui e' stato imposto all'Assemblea di votare con un  decreto  omnibus
sottoposto a questione di fiducia  la  conversione  in  legge  di  un
provvedimento senza poterne conoscere tutti i contenuti», e cioe', in
sostanza,  «lamenta[no]  il  richiamo  all'interno  dell'art.  7  del
decreto-legge de quo ad un documento della Commissione europea il cui
esame, pure imprescindibile ai  fini  della  comprensione  del  testo
oggetto di approvazione, e' stato  reso  impossibile  a  causa  della
secretazione  del  medesimo,  cosi'  realizzandosi  una   sostanziale
negazione   ed    una    evidente    menomazione    della    funzione
costituzionalmente attribuita [al singolo parlamentare], il quale non
ha  potuto  esaminare  il  progetto  di  legge,  formare  il  proprio
convincimento, presentare emendamenti e votare secondo coscienza»; 
    che  i  ricorrenti,  sviluppando  argomentazioni  sostanzialmente
identiche, assumono  che  la  peculiarita'  dei  conflitti  in  esame
risiede nel fatto che l'azione da essi intrapresa non e' volta,  come
in casi  precedentemente  esaminati  da  questa  Corte,  a  sindacare
l'estremizzazione  della  prassi  del   decreto   omnibus   approvato
attraverso il voto della questione di  fiducia,  ma  l'impossibilita'
per i  parlamentari  di  visionare  la  decisione  della  Commissione
europea e quindi di conoscere il testo della disposizione  nella  sua
interezza ed esprimere un voto consapevole; 
    che, infatti, dalla mancata trasmissione della predetta decisione
(anche in quanto combinata con la  prassi  del  maxi-emendamento  con
apposizione   della   questione   di   fiducia)    deriverebbe    una
compromissione   dell'istruttoria   legislativa   cui   il    singolo
parlamentare ha diritto e  un  abuso  del  procedimento  legislativo,
idonei a  determinare  quella  «violazione  "manifesta,  oggettiva  e
concreta"» delle prerogative del singolo  parlamentare  richiesta  da
questa  Corte  ai  fini  della  ammissibilita'   del   conflitto   di
attribuzione; 
    che viene dunque contestata la «violazione degli artt. 3, 67, 68,
71, 72 e 94 della  Costituzione»  oltre  che  dell'art.  77,  secondo
comma, Cost.; 
    che, deducendo in maniera unitaria  la  violazione  dei  suddetti
parametri costituzionali, i ricorrenti sostengono  che  le  lamentate
menomazioni «raggiungono quella soglia  di  evidenza  che  giustifica
l'invocato intervento della Corte per arginare l'abuso da parte delle
maggioranze a tutela delle attribuzioni  costituzionali  del  singolo
parlamentare»; 
    che tale  soglia  di  evidenza  sarebbe  evincibile,  rispetto  a
passate  vicende  sottoposte  all'esame  di   questa   Corte,   dalla
peculiarita' verificatasi nell'andamento dei lavori sia  alla  Camera
sia al Senato e «rappresentata dalla  contestuale  apposizione  della
questione di fiducia, dell'utilizzo del decreto omnibus, del  mancato
trasferimento degli atti presupposti e necessari per la  comprensione
del testo oggetto di approvazione»; 
    che da tale connubio di elementi deriverebbe dunque «un abuso del
procedimento  legislativo  tale   da   determinare   una   violazione
"manifesta,  oggettiva  e  concreta"  (cfr.   Corte   Costituzionale,
ordinanza n.  17  del  2019)  delle  prerogative  costituzionali  dei
parlamentari  e  in  particolare  del  potere   di   partecipare   al
procedimento legislativo, quale rappresentante della Nazione (art. 67
Cost.), tramite la presentazione di progetti di legge e  di  proposte
emendative (art. 71 Cost.) e tramite la partecipazione all'esame  dei
progetti di legge sia in commissione sia in  aula  (art.  72  Cost.);
facolta' necessarie all'esercizio  del  libero  mandato  parlamentare
(art. 67 Cost.) di partecipare alle discussioni e alle  deliberazioni
esprimendo "opinioni" e "voti"  (ai  quali  si  riferisce  l'art.  68
Cost.,  sia  pure  al  diverso  fine  di  individuare  l'area   della
insindacabilita'), che risultano menomate  nella  misura  in  cui  il
parlamentare  sia  chiamato  a  pronunciarsi  su  un  testo  il   cui
significato puo' essere compreso solamente previo esame  di  un  atto
esterno, presupposto e illegittimamente secretato»; 
    che, infine, i ricorrenti lamentano come la mancata  trasmissione
di  un  atto  presupposto  a  una  norma  oggetto  di   deliberazione
rileverebbe anche ai fini  della  partecipazione  del  Parlamento  al
processo di integrazione  del  diritto  nazionale  con  l'ordinamento
della Unione europea, improntato ai  principi  della  sussidiarieta',
della ragionevolezza e della leale collaborazione, alle  cui  logiche
risponde l'art. 14 della legge n. 234 del 2012; 
    che, in particolare, in considerazione della funzione  perseguita
dal citato  art.  14,  da  considerare  una  norma  sulla  produzione
giuridica, mentre l'art. 7 da cui e' scaturito l'odierno conflitto e'
una delle norme  la  cui  produzione  e'  regolata  dalla  prima,  la
violazione  della  prima  si   riverbererebbe   negativamente   sulla
validita' della seconda; 
    che, pertanto, la violazione perpetrata dal  Governo,  consistita
nella mancata trasmissione della decisione della Commissione europea,
nel  tradursi  nella  «violazione  del  procedimento  che  regola  la
partecipazione del Parlamento  italiano  all'attuazione  del  diritto
europeo   nell'ordinamento   nazionale»,   costituisce   «motivo   di
invalidita' della disposizione in tal modo approvata»; cio' rilevando
- a  parere  dei  ricorrenti  -  «anche  in  relazione  al  lamentato
conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  a  discapito  delle
funzioni  del  singolo  parlamentare»,   in   quanto   gli   obblighi
informativi previsti dalla norma de qua rappresenterebbero  non  solo
un "avamposto" del generale potere di  controllo  delle  Camere,  che
possono assumere al riguardo  tutte  le  opportune  deliberazioni  in
conformita' ai rispettivi Regolamenti,  ma  anche  una  garanzia  del
potere del singolo parlamentare di conoscere il contenuto degli  atti
sottoposti alla  propria  approvazione,  al  fine  di  esercitare  le
attribuzioni a lui conferite dalla Costituzione; 
    che,  quindi,  i  ricorrenti  chiedono  -  previa  decisione   di
ammissibilita' dei conflitti - che questa Corte verifichi  l'avvenuta
menomazione  delle  proprie  prerogative  costituzionali  e  annulli,
conseguentemente, la «conversione in parte qua» dell'art. 7 del  d.l.
n. 121 del 2021 «e, per l'effetto, di tutti gli atti conseguenti  che
diano esecuzione all'art. 1 della legge 9 novembre 2021, n. 156 nella
parte in  cui  dichiara  la  conversione  in  legge»  della  predetta
disposizione. 
    Considerato che, con ricorso n. 4 del 2022, il senatore  Gregorio
De Falco e, con ricorsi n. 5 e n.  6  del  2022,  rispettivamente,  i
deputati Arianna Spessotto, Michele Sodano, Raphael  Raduzzi,  Alvise
Maniero e il deputato Stefano Fassina hanno  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Governo («anche
nella persona» del Presidente del Consiglio dei ministri, in  proprio
nonche' quale rappresentante del Governo) e della propria  Camera  di
appartenenza; 
    che il  senatore  De  Falco  ha  sollevato  conflitto  anche  nei
confronti del Presidente della ottava Commissione  permanente,  della
Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari  e  del  Presidente
del Senato della Repubblica; 
    che tutti i ricorrenti lamentano «la menomazione delle  [proprie]
attribuzioni rappresentate dagli  specifici  poteri  riconosciuti  al
singolo   parlamentare   direttamente   dalla   Costituzione,   quale
rappresentante della Nazione (art. 67 Cost.) nonche' partecipe  della
funzione legislativa delle Camere (artt. 71 e 72 Cost.)», menomazione
derivante anche dalla violazione  degli  artt.  3,  68,  77,  secondo
comma, e 94 della Costituzione; 
    che le asserite menomazioni deriverebbero  dall'approvazione  del
disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 settembre  2021,
n. 121 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti  e  sicurezza
delle infrastrutture, dei trasporti e  della  circolazione  stradale,
per la funzionalita'  del  Ministero  delle  infrastrutture  e  della
mobilita' sostenibili, del Consiglio superiore dei lavori pubblici  e
dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle infrastrutture stradali
e autostradali), e in particolare dell'art. 7 di detto decreto-legge,
a seguito della presentazione presso la Camera dei  deputati,  di  un
maxi-emendamento sostitutivo dell'art. 1 del disegno di legge, su cui
e' stata posta la questione di  fiducia  dal  Governo,  poi  proposta
anche  in  Senato,  senza  aver  potuto  conoscere  la  decisione   -
richiamata dal medesimo art. 7 - della Commissione  europea  prevista
dall'art. 79 del decreto-legge  17  marzo  2020,  n.  18  (Misure  di
potenziamento  del  Servizio  sanitario  nazionale  e   di   sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese  connesse  all'emergenza
epidemiologica da COVID-19),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 24 aprile 2020, n. 27; 
    che, infatti, il Governo  non  ha  provveduto  a  trasmettere  la
decisione della Commissione europea (adottata il 10 settembre  2021),
decisione cui i commissari  straordinari  -  a  norma  del  comma  2,
lettera a), del citato art. 7, che sostituisce il comma  4  dell'art.
11-quater del decreto-legge 25 maggio 2021,  n.  73  (Misure  urgenti
connesse all'emergenza da COVID-19, per  le  imprese,  il  lavoro,  i
giovani,  la  salute  e  i  servizi  territoriali),  convertito,  con
modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106 -  sono  tenuti  ad
adeguare   il   programma   della   procedura   di    amministrazione
straordinaria di Alitalia - Societa' Aerea Italiana  spa  e  Alitalia
Cityliner spa (d'ora in poi: Alitalia); 
    che i ricorrenti sostengono che tale provvedimento - con il quale
la Commissione europea si e' pronunciata  sugli  aiuti  di  Stato  in
riferimento ai finanziamenti concessi ad Alitalia e ha  ravvisato  la
«discontinuita' economica» tra la stessa e Italia Trasporto Aereo spa
(d'ora in poi: ITA), subordinandola alla sussistenza  di  numerose  e
significative  condizioni  -  sia  stato  pubblicato  solo  in   data
successiva alla votazione per l'approvazione del predetto disegno  di
legge di conversione del d.l. n. 121 del 2021, risultando - alla data
della votazione, sia alla Camera dei deputati  sia  al  Senato  della
Repubblica - unicamente la pubblicazione sul sito istituzionale della
Commissione europea di un comunicato stampa del 10 settembre 2021; 
    che  i  ricorsi,   aventi   il   medesimo   oggetto,   presentano
argomentazioni quasi integralmente  sovrapponibili,  e,  pertanto,  i
relativi giudizi di ammissibilita' vanno riuniti per essere  trattati
congiuntamente e decisi con unica ordinanza; 
    che, in questa fase del giudizio,  questa  Corte  e'  chiamata  a
deliberare, in camera di consiglio  e  senza  contraddittorio,  sulla
sussistenza  dei  requisiti,  soggettivo  e   oggettivo,   prescritti
dall'art. 37, primo e terzo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.  87
(Norme  sulla  costituzione   e   sul   funzionamento   della   Corte
costituzionale), ossia a decidere se il conflitto insorga tra  organi
competenti a dichiarare definitivamente la volonta'  del  potere  cui
appartengono e per  la  delimitazione  della  sfera  di  attribuzioni
determinata per i vari poteri da norme costituzionali; 
    che  questa  Corte,  con  l'ordinanza  n.   17   del   2019,   ha
riconosciuto, quanto al profilo soggettivo, l'esistenza di una  sfera
di prerogative  che  spettano  al  singolo  parlamentare,  diverse  e
distinte da quelle  che  spettano  all'Assemblea  di  cui  fa  parte,
prerogative che - qualora risultino lese da altri organi parlamentari
- possono essere difese con lo strumento del ricorso per conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato; 
    che  tale  legittimazione  deve  essere  altresi'   rigorosamente
circoscritta quanto al  profilo  oggettivo,  ossia  alle  menomazioni
censurabili in sede di conflitto, dovendo  fondarsi  sull'allegazione
di  vizi  che  determinino  violazioni  manifeste  delle  prerogative
costituzionali dei parlamentari (cosi', ancora, ordinanza n.  17  del
2019; in senso analogo ordinanze n. 188, n. 67 e n. 66 del  2021,  n.
60 del 2020, n. 275 e n. 274 del 2019) e che tali  violazioni  devono
essere rilevabili nella  loro  evidenza  gia'  in  sede  di  sommaria
delibazione (ordinanze n. 80 del 2022 e n. 186 del 2021); 
    che, in primo luogo, questa Corte ha piu'  volte  specificato  la
necessita',  quanto  al  profilo  soggettivo,  che  sia   ravvisabile
l'esistenza di una sfera  di  prerogative  che  spettano  al  singolo
parlamentare in quanto tale (da ultimo, ordinanze n. 188 e n. 67  del
2021); 
    che, invece, con i conflitti in esame - indirizzati a  contestare
prevalentemente il modus operandi del Governo, non a caso individuato
come (ulteriore) legittimato  passivo  -  non  viene  rivendicata  la
lesione di una prerogativa dei singoli  parlamentari  ricorrenti,  in
quanto non e' ravvisabile in capo a questi ultimi una  posizione  che
sia, se non propriamente contrapposta, quantomeno distinta e autonoma
rispetto a quella facente capo alla Camera di appartenenza; 
    che, infatti, la circostanza contestata e  posta  alla  base  dei
conflitti -  ovverosia  la  mancata  trasmissione  e  la  conseguente
impossibilita' di conoscere la decisione della Commissione europea  -
e' una situazione che coinvolge l'intera  assemblea,  rispettivamente
del Senato e della Camera; 
    che, quindi, eventualmente, di fronte alla condotta omissiva  del
Governo, titolare della sfera di attribuzioni costituzionali  che  si
assumono  violate  e'  ciascuna  Camera  e,  conseguentemente,   solo
quest'ultima e' legittimata a sollevare il conflitto in difesa  della
dedotta lesione, e non il singolo parlamentare (ordinanze n.  67  del
2021 e n. 129 del 2020), la cui posizione e'  "assorbita"  da  quella
della propria Camera di appartenenza; 
    che, d'altronde, questa Corte ha sul punto anche chiarito che  il
singolo parlamentare  non  puo'  rappresentare  l'intero  organo  cui
appartiene  e  non  e'  ipotizzabile  alcuna   concorrenza   tra   la
legittimazione attiva del singolo parlamentare e quella della  Camera
di appartenenza (ordinanze n. 67 del 2021 e n. 163 del 2018); 
    che, a conferma  della  inerenza  delle  attribuzioni  di  cui  i
ricorsi lamentano la  menomazione  all'Assemblea  e  non  al  singolo
componente in quanto tale,  si  pone  l'intervenuta  attivazione  dei
canali istituzionali della Camera dei deputati a tutela delle proprie
prerogative:   come   ricostruito   dagli   stessi   ricorrenti,   la
trasmissione della decisione de  qua  veniva  sollecitata,  in  prima
battuta (con  una  lettera  del  24  settembre  2021  indirizzata  al
Ministro  dell'economia  e  delle  finanze)  dal   Presidente   della
Commissione trasporti  della  Camera  dei  deputati,  e,  in  seconda
battuta (in data 30 settembre e  20  ottobre  2021),  dal  Presidente
della Camera dei deputati, con una lettera  indirizzata  al  Ministro
dei rapporti con il Parlamento - il  quale  inoltrava  una  nota  del
Ministro dell'economia e della  finanze  con  cui  si  assicurava  la
trasmissione dell'atto richiamato "non appena ultimata  la  complessa
procedura prevista per la sua pubblicazione  a  livello  europeo"  -;
mentre successivamente, a votazione  ormai  avvenuta,  il  Presidente
della Camera dei deputati scriveva  una  lettera  al  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   con   la    quale    lamentava,    come
significativamente esposto dagli stessi ricorrenti, "la lesione delle
prerogative della Camera" che aveva  dovuto  deliberare  senza  avere
piena  conoscenza  delle  cruciali  prescrizioni  della   Commissione
europea; 
    che, d'altra parte, nelle  ipotesi  in  cui  -  diversamente  dai
conflitti in  esame  -  il  singolo  parlamentare  deduca  unicamente
violazioni dei Regolamenti della Camera e del Senato e delle relative
prassi, operano rimedi interni alle assemblee  parlamentari,  cui  e'
riservato il giudizio  relativo  all'interpretazione  e  applicazione
delle norme e delle prassi regolamentari (ordinanze n. 193 e  n.  186
del 2021); 
    che, in secondo luogo, quand'anche le lamentate  lesioni  fossero
riconducibili alla sfera di attribuzioni  del  singolo  parlamentare,
mancherebbe, sotto il profilo oggettivo, il  carattere  manifesto  ed
evidente della violazione; 
    che, infatti, dalla ricostruzione dell'iter  legislativo  offerta
dagli stessi ricorrenti e ricavabile dai lavori parlamentari  risulta
che, nel caso in esame,  essi  hanno  potuto  esercitare  appieno  le
proprie  prerogative  di  parlamentari,  non  solo  esprimendo   voto
contrario  o  astenendosi  e  presentando   emendamenti,   ma   anche
segnalando alla propria Camera di appartenenza le ritenute criticita'
legate alla possibile approvazione della disposizione in  assenza  di
una adeguata conoscenza della decisione della Commissione europea  in
essa richiamata; 
    che,  come  del  resto  segnalato  dagli  stessi  ricorrenti,  il
contenuto essenziale  di  quest'ultima  veniva  reso  noto  sul  sito
istituzionale della Commissione europea il giorno  stesso  della  sua
adozione, attraverso la  pubblicazione  di  tre  distinti  comunicati
stampa, l'ultimo dei quali, in particolare, chiariva che «sulla  base
del  piano  dell'Italia  relativo  alla  nuova  compagnia   e   delle
condizioni alle quali determinate  attivita'  saranno  trasferite  da
Alitalia a ITA, vi e' una discontinuita'  economica  tra  Alitalia  e
ITA», sicche' quest'ultima non e'  responsabile  del  rimborso  degli
aiuti di Stato ricevuti in passato dalla prima; 
    che, pertanto, la tempestiva e puntuale conoscenza del  contenuto
della decisione della  Commissione  europea  priva  di  fondamento  i
timori, espressi dagli stessi parlamentari, di una votazione senza la
conoscenza delle determinazioni assunte in sede sovranazionale cui  i
commissari  straordinari  sarebbero  stati  tenuti  ad  adeguare   il
programma  della  procedura  di  amministrazione   straordinaria   di
Alitalia, secondo quanto previsto dal comma 4 dell'art. 11-quater del
d.l. n. 73 del 2021, come sostituito dal gia' citato comma 2, lettera
a), dell'art. 7; 
    che, infine, quanto al profilo della legittimazione passiva,  con
riferimento al Governo, questa Corte ha sempre  escluso  che,  in  un
conflitto,  il  singolo  parlamentare  possa  rappresentare  l'intero
organo cui appartiene, in quanto non  e'  «titolare  di  attribuzioni
individuali costituzionalmente protette nei confronti dell'esecutivo»
(ordinanze n. 80 del 2022, n. 67 del 2021 e n. 181 del 2018); 
    che, per gli altri soggetti individuati nel conflitto  n.  4  del
2022, la prospettazione del ricorrente e' resa incerta dal  carattere
cumulativo e congiunto del ricorso e dalla circostanza che le censure
in  esso  contenute  sono  presentate  senza   considerazione   della
diversita' delle rispettive qualificazioni (ordinanze n. 181 del 2018
e n. 277 del 2017); 
    che,  pertanto,  in  conclusione,  i  ricorsi  devono   ritenersi
inammissibili.