ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  22,  comma
2, lettera b), della legge della Regione Lazio 11 agosto 2008, n.  15
(Vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia), nel testo  anteriore
alle modifiche apportate dall'art. 2, comma 1, lettera c), numero 2),
della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1 (Misure per lo
sviluppo  economico,  l'attrattivita'   degli   investimenti   e   la
semplificazione), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per
il Lazio, sede di Roma, nel procedimento vertente tra R.D.  Trasporti
srl e il Comune di Civitavecchia, con ordinanza del  4  agosto  2021,
iscritta al n. 180 del registro ordinanze  2021  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  47,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2021. 
    Udito nella camera di consiglio del 25  maggio  2022  il  Giudice
relatore Filippo Patroni Griffi; 
    deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 4 agosto  2021,  iscritta  al  n.  180  del
registro ordinanze 2021, il Tribunale amministrativo regionale per il
Lazio ha sollevato, in riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  22,  comma  2,
lettera b), della legge della Regione Lazio 11  agosto  2008,  n.  15
(Vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia) nel testo  in  vigore
anteriormente alle modifiche apportate dall'art. 2, comma 1,  lettera
c), numero 2), della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1
(Misure per lo sviluppo economico, l'attrattivita' degli investimenti
e la semplificazione), nella parte in cui subordina il  rilascio  del
titolo abilitativo in sanatoria, per taluni  interventi  edilizi,  al
pagamento,  per   oblazione,   di   un   importo   pari   al   doppio
dell'incremento del valore di mercato dell'immobile conseguente  alla
esecuzione delle opere. 
    1.1.-  Il  rimettente  espone  che  la  societa'  di  costruzione
ricorrente ha impugnato, tra gli altri, il provvedimento  del  Comune
di Civitavecchia  con  cui  e'  stato  determinato  in  euro  185.675
l'importo dalla stessa  dovuto  a  titolo  di  oblazione,  a  seguito
dell'accoglimento dell'istanza di  accertamento  di  conformita',  ai
sensi dell'art. 36 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,  recante  «Testo
unico delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in  materia
edilizia. (Testo A)», per le  opere  eseguite  in  discostamento  dal
posseduto permesso di costruire, importo che e' pari  al  doppio  del
conseguenziale incremento del valore di mercato dell'immobile. 
    1.2.- Illustra, inoltre, che con  sentenza  non  definitiva  sono
state disattese le contestazioni  del  ricorso  sulla  qualificazione
giuridica della tipologia di abuso e sulla conseguente individuazione
della norma applicabile nella determinazione  di  quanto  dovuto.  Il
Collegio, infatti, ha ritenuto corretta la sussunzione,  operata  dal
provvedimento comunale, delle opere realizzate nella  fattispecie  di
abuso «per parziale difformita' dal titolo» di cui all'art. 18  della
legge reg. Lazio n. 15 del 2008, e conseguenzialmente esatta la somma
calcolata  dall'ente  locale  per  oblazione,  in  applicazione   del
predetto criterio, previsto per tali interventi dall'art.  22,  comma
2, lettera b), della stessa legge regionale,  nel  testo  vigente  al
tempo di adozione dell'atto impugnato. 
    1.3.- Il  giudice  a  quo  rileva,  ancora,  che  il  legislatore
regionale, con l'art. 2, comma 1, lettera c), numero 2), della  legge
reg. Lazio n. 1 del 2020, e' intervenuto modificando l'art. 22  della
legge reg. Lazio n. 15  del  2008,  per  adeguarsi  al  dictum  della
sentenza n. 2 del 2019 di questa Corte relativa a  diversa  tipologia
di  intervento  edilizio  (opere  realizzate  in  assenza  di  titolo
abilitativo o  in  totale  difformita'),  riducendo  anche  l'importo
dovuto a titolo di oblazione per la fattispecie al suo  esame  (opere
in difformita' parziale  dall'ottenuto  titolo  abilitativo)  a  «due
volte il contributo di costruzione». Il TAR Lazio esclude,  tuttavia,
l'applicabilita' di tale norma al  giudizio  a  quo,  in  quanto  non
avente efficacia retroattiva. 
    2.-   Il   rimettente   dubita,   quindi,   della    legittimita'
costituzionale dell'art. 22, comma 2, lettera b),  della  legge  reg.
Lazio n. 15 del 2008 nel testo previgente al 28 febbraio 2020. 
    2.1.- La questione di  legittimita'  costituzionale  della  norma
censurata sarebbe rilevante in quanto sulla sua applicazione si fonda
la quantificazione  provvedimentale  dell'oblazione  e  perche',  per
effetto del suo accoglimento, l'atto impugnato andrebbe annullato con
necessita' di rideterminazione da parte del Comune. 
    2.2.- In punto di  non  manifesta  infondatezza,  ad  avviso  del
giudice rimettente, la norma regionale applicabile  ratione  temporis
contrasterebbe con l'art. 3 Cost. in quanto stabilisce l'oblazione in
valore pari alla sanzione  pecuniaria  prevista  dall'art.  18  della
legge reg. Lazio n. 15 del 2008 per  gli  stessi  interventi  edilizi
(eseguiti in parziale difformita' dal titolo  abilitativo  posseduto)
ma non sanabili, e per  i  quali  l'amministrazione  escluda  di  dar
seguito alla demolizione a causa del rischio di pregiudizio derivante
alle ulteriori opere conformi al titolo. 
    In    particolare,    il    legislatore     regionale     avrebbe
irragionevolmente fissato il «"costo"» della sanatoria  di  un  abuso
solo «"formale"», perche' sanabile in virtu' della doppia conformita'
alla normativa edilizia  ed  urbanistica,  nello  stesso  quantum  di
quello  previsto   per   la   fattispecie   piu'   grave   dell'abuso
«"sostanziale"», perche' non  sanabile  per  sussistenti  difformita'
dalle prescrizioni urbanistiche ed  edilizie,  ma  non  materialmente
demolibile. 
    A comprova della non manifesta infondatezza della  questione,  il
TAR evidenzia che la  somma  dovuta  a  titolo  di  oblazione,  fatta
applicazione del criterio contestato (pari a due  volte  l'incremento
di  valore),  assurge  ad  euro  185.675,   mentre   l'illegittimita'
costituzionale  della  norma  censurata   porterebbe   all'ammontare,
notevolmente inferiore,  di  euro  3.670,84  (pari  a  due  volte  il
contributo di costruzione), e cio' in  virtu'  dell'applicazione  del
diverso criterio piu' favorevole stabilito dalla legge reg. Lazio  n.
1  del  2020,  corrispondente,  sul  punto,  a  quello  adottato  dal
legislatore statale all'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    L'ordinanza  di  rimessione  denuncia,  dunque,   l'irragionevole
equiparazione del trattamento economico delle  due  forme  di  abuso,
nonostante la loro differente natura e gravita'. 
    2.3.- Il TAR dubita, inoltre, della  legittimita'  costituzionale
della disposizione per un ulteriore profilo di irragionevolezza, gia'
riscontrato da questa Corte con la citata sentenza n. 2 del  2019  in
relazione alla lettera a) del medesimo comma  2  dell'art.  22  della
legge regionale e  che,  nel  caso  di  specie,  sarebbe  addirittura
amplificato. 
    La   norma    censurata    fisserebbe,    infatti,    l'ammontare
dell'oblazione per le opere in parziale difformita'  dal  titolo  nel
doppio della sanzione comminata per l'ipotesi di interventi  eseguiti
in base a titolo annullato di ufficio o in via giurisdizionale  (art.
20 della legge reg. Lazio n. 15  del  2008)  e  non  suscettibili  di
sanatoria («pari [...] all'incremento del  valore  di  mercato  dello
stesso conseguente all'esecuzione delle opere»): si avrebbe,  quindi,
un regime piu' favorevole per gli abusi sostanziali piu' gravi. 
    La previsione censurata, pertanto,  sarebbe  irragionevole  anche
perche' in contrasto con i principi  di  gradualita'  ed  adeguatezza
desumibili dagli artt. 34, 36 e 38 del d.P.R. n. 380 del 2001. 
    Il denunciato vizio sarebbe  poi  avvalorato  dalla  sopravvenuta
norma regionale che, come visto,  ha  rideterminato  l'oblazione  nei
termini corrispondenti alla previsione statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale  per  il  Lazio  dubita
della legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 2, lettera  b),
della legge della Regione Lazio 11  agosto  2008,  n.  15  (Vigilanza
sull'attivita'  urbanistico-edilizia)   -   nel   testo   in   vigore
anteriormente alle modifiche apportate dall'art. 2, comma 1,  lettera
c), numero 2), della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2020, n. 1
(Misure per lo sviluppo economico, l'attrattivita' degli investimenti
e la semplificazione) - nella parte in cui subordina il rilascio  del
titolo abilitativo in sanatoria, per taluni  interventi  edilizi,  al
pagamento,  per  oblazione,   di   un   «importo   pari   al   doppio
dell'incremento del valore di mercato dell'immobile conseguente  alla
esecuzione delle opere». 
    Il rimettente solleva la questione di legittimita' costituzionale
in riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  sotto  un  duplice
profilo. 
    In primo luogo, secondo il TAR rimettente, la norma violerebbe il
principio  di  uguaglianza  in  quanto  tratta  in   maniera   uguale
situazioni diverse: il costo dell'oblazione per  abuso  sanabile,  in
quanto conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia, e' stabilito
in  misura  pari  alla   sanzione   pecuniaria   («pari   al   doppio
dell'incremento del valore di mercato dell'immobile conseguente  alla
esecuzione delle opere» abusive) prevista dall'art.  18  della  legge
reg. Lazio n. 15 del 2008 per lo stesso intervento edilizio,  ma  non
sanabile e non tecnicamente demolibile. 
    In  secondo  luogo,  la  norma  censurata  sarebbe  irragionevole
perche',  fissando  l'ammontare  dell'oblazione  nel   doppio   della
sanzione comminata dall'art. 20, comma 1, della legge reg.  Lazio  n.
15 del 2008 per le ipotesi di interventi eseguiti in  base  a  titolo
annullato, di ufficio o in via  giurisdizionale,  e  non  abbattibili
(«sanzione pecuniaria pari [...] all'incremento del valore di mercato
dello stesso conseguente all'esecuzione delle opere»), regolerebbe in
maniera deteriore una fattispecie meno grave, con ulteriore contrasto
con i principi di gradualita' ed adeguatezza desumibili  dagli  artt.
34, 36 e 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380,  recante  «Testo  unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in  materia  edilizia.
(Testo A)». 
    2.- In via  preliminare,  deve  rilevarsi  che  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  attiene  al  testo  della  lettera   b)
dell'art. 22, comma  2,  della  legge  reg.  Lazio  n.  15  del  2008
abrogato, nel corso del giudizio a quo, ad opera dell'art.  2,  comma
1, lettera c), numero 2), della legge reg. Lazio n. 1 del  2020,  che
ha stabilito la piu' mite misura della pretesa  oblativa  nel  doppio
del contributo di costruzione. 
    Il TAR rimettente prende in considerazione l'intervenuta novella,
ma esclude che la  disposizione  sopravvenuta  sia  applicabile  alla
fattispecie al suo esame, in quanto successiva al tempo  di  adozione
dell'atto impugnato e non retroattiva. 
    L'ordinanza di rimessione fa, dunque, corretta  applicazione  del
principio -pacifico anche nella giurisprudenza amministrativa  -  del
tempus regit actum, secondo cui la legittimita' di  un  provvedimento
amministrativo deve essere valutata con riguardo alla  situazione  di
fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, salvo  il
caso, qui non ricorrente, di retroattivita' della  norma  regolatrice
della fattispecie. 
    3.- La disamina  nel  merito  delle  censure  richiede  un  breve
inquadramento della  disciplina  dei  lavori  edilizi  realizzati  in
difetto di, o in difformita'  dal,  permesso  di  costruire  o  dalla
denuncia di inizio di  attivita'  (ora  segnalazione  certificata  di
inizio di attivita'), contenuta nella legge  reg.  Lazio  n.  15  del
2008. 
    L'art. 22 di quest'ultima, dettata nell'esercizio della  potesta'
legislativa concorrente nella materia del «governo  del  territorio»,
stabilisce  la  misura  dell'oblazione  dovuta  per  il  rilascio  in
sanatoria di titolo abilitativo dell'opera che, pur eseguita  in  sua
originaria carenza  o  in  suo  discostamento,  sia  regolarizzabile,
perche' rispondente  alla  disciplina  urbanistico-edilizia  vigente,
tanto al momento  di  realizzazione  dell'opera,  quanto  al  momento
dell'istanza  di  «accertamento  di  conformita'»  (cosiddetto  abuso
formale, sanabile per doppia conformita'). 
    La  scelta  del  legislatore  regionale  e'   stata   quella   di
quantificare la somma dovuta, non in misura unica per tutti i tipi di
illecito sanabile e parametrata al contributo  di  costruzione,  come
stabilito dal legislatore statale (art. 36 t.u. edilizia) e da  altre
leggi regionali, bensi' in misura gradata a seconda  della  tipologia
dell'opera e correlata, nel testo applicabile  ratione  temporis,  al
(piu' elevato) valore del bene. 
    In particolare, la lettera b) dell'art. 22,  mediante  il  rinvio
operato ai precedenti artt. 16 e  18,  e'  dedicata  al  costo  della
fattispecie sanante in relazione agli interventi  edilizi  costituiti
da ristrutturazioni sine titulo o totalmente difformi  («[i]nterventi
di ristrutturazione edilizia e cambi di destinazione d'uso in assenza
di  titolo  abilitativo,  in  totale  difformita'  o  con  variazioni
essenziali», di cui all'art. 16) e da opere in  parziale  difformita'
dal  titolo  posseduto  («[i]nterventi  di  nuova  costruzione  e  di
ristrutturazione edilizia eseguiti in parziale difformita' dal titolo
abilitativo», di cui all'art. 18), definendolo, per  come  visto,  in
due volte l'ottenuto incremento di valore dell'immobile. 
    Per gli stessi lavori edilizi, se non sanabili per contrasto alla
disciplina  urbanistico-edilizia  e  per  i  quali  l'amministrazione
escluda  l'ordinaria  conseguenza  della  demolizione  per  materiale
impossibilita' (cosiddetti abusi sostanziali), la legge della Regione
Lazio stabilisce, inoltre, la sanzione  pecuniaria  pari  al  «doppio
dell'incremento del valore di mercato dell'immobile» derivante  dalla
realizzazione delle opere (ancora, artt. 16, comma 3, e 18, comma  3,
della legge reg. Lazio n. 15 del 2008, pressoche' corrispondenti alle
previsioni sanzionatorie degli artt. 33 e 34 t.u. edilizia). 
    Il legislatore regionale completa la disciplina occupandosi delle
conseguenze delle  opere  con  titolo  originariamente  ottenuto,  ma
successivamente annullato,  comminando  una  sanzione,  "alternativa"
all'impraticabile abbattimento, di entita'  pari  all'incremento  del
valore di mercato del bene per le opere  realizzate  (art.  20  della
legge reg. Lazio n. 15 del 2008 e art. 38 t.u.  edilizia,  cosiddetto
abuso sostanziale sopravvenuto), contenendone, dunque, l'ammontare in
considerazione    dell'affidamento     ingenerato     nel     privato
dall'ottenimento del provvedimento favorevole. 
    La ragione  dell'assimilazione  dei  due  interventi  edilizi  in
parola - sia nella censurata lettera b)  del  comma  2  dell'art.  22
della  legge  reg.  Lazio  n.  15  del  2008  ai  fini  del   quantum
dell'oblazione, sia nelle  conseguenze  pecuniarie  alternative  alla
impraticabile riduzione in pristino - si rinviene nella  loro  comune
sussumibilita' negli "abusi intermedi", in  quanto,  per  la  omologa
"dose" di scostamento dal titolo prescritto, il legislatore regionale
e  quello  statale  ne  prevedono,  da  un   lato,   un   trattamento
sanzionatorio piu' grave di quelli "lievi" («[i]nterventi eseguiti in
assenza o in difformita' dalla denuncia di inizio attivita'»  di  cui
all'art. 19 della citata legge regionale e art. 37 t.u.  edilizia)  e
"lievissimi"  (realizzati  in  assenza  di  comunicazione  asseverata
dell'inizio dei lavori di cui all'art. 6-bis del d.P.R.  n.  380  del
2001) e, dall'altro lato, inferiore a quelli  "gravi"  («[i]nterventi
di nuova costruzione eseguiti in assenza di  titolo  abilitativo,  in
totale difformita' o con variazioni essenziali» di  cui  all'art.  15
legge reg. Lazio n. 15 del 2008 e all'art. 31 t.u. edilizia). 
    Proprio in relazione alla entita' dell'oblazione per detti ultimi
interventi,  stabilita  dall'originario  testo   della   lettera   a)
dell'art. 22, comma 2, della legge reg.  Lazio  n.  15  del  2008  in
importo pari al «valore di mercato dell'intervento eseguito»,  questa
Corte e' intervenuta con la sentenza n.  2  del  2019,  constatandone
l'irragionevole  determinazione  in   misura   pari   alla   sanzione
pecuniaria fissata dall'art. 20 della stessa legge regionale  per  la
diversa ipotesi di illecito "sostanziale sopravvenuto", in virtu' del
differente  disvalore   dell'intervento   conforme   alla   normativa
urbanistico-edilizia rispetto a quello da essa difforme. 
    4.- Alla luce delle considerazioni fin qui  svolte,  puo'  quindi
procedersi alla disamina della doglianza di violazione del  principio
di uguaglianza  per  ingiustificata  equiparazione  del  costo  della
sanatoria per l'opera sanabile eseguita in parziale  difformita'  dal
titolo posseduto (art. 22, comma 2, lettera b, della legge reg. Lazio
n. 15 del 2008, applicabile ratione temporis) con  il  costo  fissato
per la medesima opera non sanabile, ma  non  tecnicamente  rimovibile
(art. 18, comma 3, della legge reg. Lazio n. 15 del 2008). 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    Corretta e', anzitutto, l'invocazione da parte dell'ordinanza  di
rimessione del tertium comparationis, atteso  che  il  «pagamento,  a
titolo di oblazione», assolve, per come gia' illustrato nella  citata
sentenza n. 2 del 2019, anche la finalita' sanzionatoria che  connota
l'obbligo  pecuniario  stabilito  per  gli   abusi   sostanziali   in
alternativa alla riduzione in pristino. 
    4.2.- Ebbene, l'identita' tra le conseguenze pecuniarie  poste  a
carico di chi abbia realizzato interventi in difformita'  dal  titolo
posseduto,    ma    doppiamente    rispettose    della     disciplina
urbanistico-edilizia (sia al momento dell'abuso che al momento  della
sanatoria), e come tali sanabili ("abuso formale"), e quelle poste  a
carico di chi abbia realizzato interventi in difformita' dal  titolo,
non sanabili per contrasto  con  la  disciplina  urbanistico-edilizia
("abuso sostanziale"), ma di cui non sia praticabile la  demolizione,
non risulta sorretta da alcuna ragione e da'  luogo  alla  violazione
del principio  di  uguaglianza  per  ingiustificata  omologazione  di
situazioni differenti (sentenze n. 185 e n. 143 del 2021, n. 274  del
2016, n. 264 e n. 144 del 2005, n. 5 del 2000). 
    Del  resto,  la   stessa   normativa   statale   disciplina   ben
differentemente le  due  fattispecie,  richiedendo,  rispettivamente,
quale corrispettivo per il titolo sanante, il doppio  del  contributo
di  costruzione  (art.  36  t.u.  edilizia)  e,  per  l'illecito  non
demolibile, il piu' cospicuo doppio del valore venale (art.  34  t.u.
edilizia). 
    5.- Il rimettente dubita, altresi',  della  ragionevolezza  della
norma in esame per avere il legislatore regionale stabilito la misura
dell'oblazione per lavori solo  formalmente  illegittimi  in  termini
deteriori  rispetto  alla   fattispecie   piu'   grave   dei   lavori
sostanzialmente illegittimi. 
    Tale ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale coinvolge
non solo gli interventi in parziale difformita' dal titolo, ma  anche
quelli di ristrutturazione sine  titulo  o  totalmente  difformi,  ai
primi accomunati dalla lettera b) del  comma  2  dell'art.  22  della
legge reg. Lazio n. 15 del 2008. 
    5.1.- Anche sotto questo profilo  la  questione  di  legittimita'
costituzionale e' fondata. 
    La misura dell'oblazione prevista dal censurato art. 22, comma 2,
lettera b), della legge reg. Lazio n. 15 del 2008  per  la  sanatoria
degli illeciti "intermedi" sanabili (individuata in un «importo  pari
al doppio dell'incremento del valore di  mercato  dell'immobile»)  e'
fissata in termini addirittura doppi rispetto alla sanzione stabilita
dall'art. 20 per gli stessi interventi  eseguiti  in  base  a  titolo
annullato e non sanabili,  individuata  in  un  importo  «pari  [...]
all'incremento  del  valore  di  mercato  dello  stesso   conseguente
all'esecuzione delle opere». 
    La norma censurata ha cosi' dato luogo a un regime  sanzionatorio
irragionevolmente piu' favorevole per le piu' gravi ipotesi delle res
sostanzialmente illegittime, e solo  tollerate  dall'ordinamento  per
impraticabilita' dell'abbattimento,  rispetto  a  quelle  meno  gravi
delle  res  prive  di  danno  urbanistico  con  deficit   di   titolo
regolarizzabile. 
    5.2.- La rilevata irragionevolezza e', altresi', corroborata  dal
confronto  con  la  normativa  statale,  che  determina  la  sanzione
"alternativa" per gli abusi sopravvenuti (pari al valore venale della
porzione eseguita, ai sensi dell'art. 38  t.u.  edilizia)  in  misura
sensibilmente maggiore dell'oblazione  per  il  titolo  in  sanatoria
(pari al doppio del contributo di costruzione, ai sensi art. 36  t.u.
edilizia). 
    6.- In conclusione, il duplice confronto della  obbligazione  per
oblazione  degli  abusi   "intermedi"   sanabili,   stabilita   dalla
disciplina regionale applicabile ratione temporis  con  gli  obblighi
pecuniari imposti, sia per gli abusi  sostanziali  sopravvenuti,  sia
per  quelli  originari,  evidenzia  la  complessiva  distonia   della
disciplina con il principio  di  gradualita'  del  loro  trattamento,
ragionevolmente  correlato  al  disvalore  dell'illecito,  evincibile
dagli artt. 33, 34, 36 e 38 t.u. edilizia (sentenze n. 185 del  2021,
n. 113 e n. 88 del 2019 e n. 98 del 2015). 
    D'altro canto, il legislatore regionale del 2020,  rideterminando
l'oblazione, per i titoli  in  sanatoria  rilasciati  successivamente
alla sua entrata in vigore, nella misura del doppio del contributo di
costruzione, si e' adeguato al principio di gradualita' anche per gli
abusi "intermedi", analogamente a quanto  stabilito  dal  legislatore
statale e  recependo  le  indicazioni  rese  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 2 del 2019 per gli abusi gravi (cosi' il  novellato  art.
22, comma 2, lettera b, della legge reg. Lazio n. 15 del 2008). 
    7.-   Deve   essere   dichiarata,   pertanto,    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 22, comma 2, lettera b),  della  legge  reg.
Lazio n.  15  del  2008,  nel  testo  in  vigore  anteriormente  alle
modifiche apportate dall'art. 2, comma  1,  lettera  c),  numero  2),
della legge reg. Lazio n. 1 del 2020. 
    Dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale - e'  appena
il caso di precisarlo - non deriva alcun "vuoto" di disciplina atteso
che, per la  determinazione  dell'oblazione  relativa  ai  titoli  in
sanatoria rilasciati anteriormente alla entrata in vigore della legge
reg. Lazio n. 1 del 2020,  potra'  applicarsi  il  criterio  previsto
dalla legislazione statale che, cedevole rispetto  alla  legislazione
regionale  (art.  2,  comma  3,  t.u.  edilizia),  riespande  la  sua
operativita'   al   venir   meno   della   norma   costituzionalmente
illegittima.