ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  commi
418 e 419,  della  legge  30  dicembre  2020,  n.  178  (Bilancio  di
previsione  dello  Stato  per  l'anno  finanziario  2021  e  bilancio
pluriennale  per  il  triennio  2021-2023),  promosso  dal  Tribunale
amministrativo regionale per le Marche nel procedimento vertente  tra
il Movimento nazionale liberi farmacisti e altri e la Regione  Marche
e altri, con ordinanza dell'11 gennaio 2022, iscritta  al  n.  4  del
registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Visti gli atti di costituzione  del  Movimento  nazionale  liberi
farmacisti e altri, dell'Unione regionale dei  titolari  di  farmacia
delle  Marche  -  Federfarma  Marche,  della  Federazione   nazionale
unitaria dei titolari di farmacia italiani - Federfarma, nonche'  gli
atti di intervento di Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia  e  altri  e
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2022 il Giudice relatore
Filippo Patroni Griffi; 
    uditi gli avvocati Daniele Granara per Movimento nazionale liberi
farmacisti e altri, Andrea Galvani per Unione regionale dei  titolari
di farmacia delle Marche - Federfarma Marche, Piermassimo Chirulli  e
Massimo Luciani per Federazione nazionale unitaria  dei  titolari  di
farmacia italiani  -  Federfarma  e  l'avvocato  dello  Stato  Gianna
Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 giugno 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo  regionale  per  le  Marche,  con
l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  ha   sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 418 e 419, della legge
30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2021  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2021-2023), per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione.  Le
disposizioni censurate - nella parte  in  cui  consentono  alle  sole
farmacie, e non anche alle cosiddette  parafarmacie,  l'effettuazione
dei «test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e  dei
tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene  SARS-CoV-2»
- determinerebbero un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
farmacie e parafarmacie, limitando  inoltre,  senza  un  giustificato
motivo, la liberta' di iniziativa economica delle  seconde,  che  non
potrebbero svolgere un'attivita' che invece le prime, operanti  nello
stesso mercato di riferimento, sono abilitate a svolgere. 
    1.1.- Il giudice a quo riferisce di essere chiamato  a  decidere,
su ricorso di alcuni titolari di parafarmacie ubicate  nella  Regione
Marche e da tre associazioni di  categoria,  sull'impugnazione  della
deliberazione della Giunta regionale delle Marche 24 maggio 2021,  n.
663, nonche'  di  altri  atti  presupposti,  connessi  e  conseguenti
specificamente indicati. Con detta deliberazione,  la  Giunta  ne  ha
annullato in autotutela una precedente, la n. 465 del 19 aprile 2021,
che  era  volta  a  recepire  l'accordo  con  le   parafarmacie   per
l'effettuazione di «test rapidi basati sulla ricerca dell'antigene  e
i  test  diagnostici  rapidi  per  la  ricerca  di   anticorpi   anti
SARS-CoV-2». I ricorrenti  hanno  richiesto,  altresi',  la  condanna
della Regione Marche al risarcimento del danno patito in ragione  del
provvedimento impugnato. 
    1.2.- Il TAR Marche da' conto, innanzitutto, delle doglianze  dei
ricorrenti nel giudizio a quo. 
    Nel  loro  ricorso,  questi  premettono  che   le   parafarmacie,
istituite dal decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223  (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di contrasto  all'evasione  fiscale),  convertito  nella
legge 4 agosto 2006, n. 248, «sono nate  per  incrementare  l'offerta
del servizio farmaceutico in favore dell'utenza e  per  aumentare  il
tasso di concorrenza all'interno  del  mercato  di  riferimento».  In
ciascuna di  esse  devono  essere  presenti  uno  o  piu'  farmacisti
abilitati  (art.  5,  comma  2,  del  d.l.  n.  223  del  2006,  come
convertito). 
    A causa della pandemia da COVID-19 e in ragione della «impellente
necessita' di svolgere screening di massa»  la  Regione  Marche,  con
deliberazione  della  Giunta  n.  1547  del  2020,  aveva   approvato
l'accordo  con  le  organizzazioni  rappresentative  delle   farmacie
convenzionate «finalizzato  all'effettuazione  dei  test  diagnostici
sierologici rapidi per  la  ricerca  degli  anticorpi  per  il  virus
SARS-CoV-2»; con deliberazione della Giunta n. 145  del  2021,  aveva
sottoscritto  l'accordo  per  l'effettuazione   di   tamponi   rapidi
antigenici in farmacia; con deliberazione della  Giunta  n.  146  del
2021, aveva ampliato il novero delle strutture che possono effettuare
il test antigenico rapido  (laboratori,  strutture  e  professionisti
privati accreditati dalla Regione),  secondo  quanto  previsto  dalla
circolare del Ministero della salute n. 705 del  2021  (Aggiornamento
della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing). 
    Successivamente, in ragione  dell'andamento  della  pandemia,  la
Regione ha voluto implementare i  servizi  di  screening  e,  con  la
indicata deliberazione n. 465 del 2021, poi annullata in  autotutela,
ha approvato l'accordo con le associazioni piu' rappresentative delle
parafarmacie delle Marche per l'effettuazione dei test in  questione:
cio', al dichiarato fine di facilitare l'accesso dei  cittadini  alle
prestazioni sanitarie, aumentare l'efficienza e la capillarita' delle
attivita' di prevenzione, mettere in atto un controllo piu'  accurato
dell'evoluzione della pandemia. In tale accordo  erano  stabilite  le
modalita' di adesione e gli obblighi  delle  parafarmacie  quali,  in
particolare, la necessita' che i test si svolgessero con il  presidio
di  un  farmacista  e  che  l'esito  dei  tamponi  fosse   comunicato
all'amministrazione regionale ai fini  dell'inserimento  in  apposita
banca dati. 
    La richiamata deliberazione della Giunta regionale, pertanto,  in
linea  con  la  normativa  statale  volta  a  contenere   e   gestire
l'emergenza sanitaria, aveva ritenuto le  parafarmacie  strutture  in
grado di aumentare l'efficienza  delle  attivita'  di  prevenzione  e
contrasto alla diffusione del virus. Una volta  stipulato  l'accordo,
argomenta il giudice ricorrente, le parafarmacie si sono adeguate  ai
protocolli stabiliti e hanno investito  notevoli  risorse  per  poter
eseguire i test in discorso. 
    1.2.1.- In data  26  aprile  2021,  tuttavia,  Federfarma  Marche
chiedeva alla Giunta regionale, con formale  diffida,  l'annullamento
della citata  deliberazione,  che  veniva  reputata  illegittima  per
diversi profili, innanzitutto  perche'  in  violazione  del  disposto
dell'art. 1, comma 418, della legge n. 178 del 2020,  alla  luce  del
quale il legislatore avrebbe «inteso riservare alle sole farmacie  la
possibilita' di effettuare test  mirati  al  monitoraggio  del  virus
SARS-CoV-2». L'effettuazione di tali  test  presso  le  parafarmacie,
inoltre, sarebbe in contrasto con quanto affermato  da  questa  Corte
nella sentenza n. 66 del 2017 -  secondo  la  quale  la  legislazione
statale consentirebbe alle parafarmacie la  sola  vendita  di  talune
ristrette categorie di medicinali - oltre che con  i  principi  posti
dal   legislatore   statale   sulla   organizzazione   del   servizio
farmaceutico, i quali avrebbero natura di principi fondamentali nella
materia «tutela della salute», ai sensi dell'art. 117,  terzo  comma,
Cost. 
    In sede di parere,  richiesto  dall'Azienda  regionale  sanitaria
Marche, l'Avvocatura regionale ha ritenuto corretta la prospettazione
di Federfarma. 
    L'annullamento in autotutela, pertanto, sarebbe stato adottato in
quanto, erroneamente, si e' dato «esclusivo rilievo» al luogo in  cui
e' eseguito il test, «anziche', come si sarebbe dovuto,  alla  figura
professionale del  soggetto  che,  tanto  nelle  farmacie  che  nelle
parafarmacie, e' obbligato ad assistere  gli  utenti  nell'esecuzione
del (o anche a effettuare in prima persona il) test». 
    Di qui la censura, da parte dei  ricorrenti,  dell'operato  della
Regione per diversi motivi. 
    1.3.- Il  TAR  Marche  riferisce  di  aver  respinto  la  domanda
cautelare; tale pronuncia e' stata riformata dal Consiglio di  Stato,
sezione terza, con l'ordinanza 21 settembre 2021, n. 5163,  nei  soli
limiti della sollecita fissazione  dell'udienza  di  trattazione  nel
merito, poi fissata per il 15 dicembre 2021. 
    Cio' premesso, il giudice rimettente reputa che  «la  definizione
del presente giudizio non possa prescindere dalla previa risoluzione»
delle sollevate questioni di legittimita'  costituzionale  e  di  non
poter accogliere le istanze dei ricorrenti volte a investire la Corte
di giustizia dell'Unione europea. 
    1.3.1.- Il giudice dell'Unione europea, infatti, nella sentenza 5
dicembre 2013, in cause  da  C-159/12  a  C-161/12,  quarta  sezione,
Venturini e altri,  si  e'  pronunciato  su  questioni  che  vedevano
contrapporsi farmacie e parafarmacie,  affermando  la  compatibilita'
con i Trattati delle «limitazioni che  la  legge  nazionale  italiana
poneva alle prestazioni e alle attivita' che le parafarmacie  possono
erogare» (si trattava, nella specie, del divieto di vendita, posto in
capo alle parafarmacie, di  una  intera  classe  di  farmaci,  quelli
soggetti a prescrizione medica che non sono  a  carico  del  Servizio
sanitario nazionale). In particolare, si affermo' allora che spetta a
ciascuno Stato membro stabilire a quale livello intenda garantire  la
sanita' pubblica e il modo in cui raggiungere  detto  livello,  ferma
restando la necessita' che il sistema attuato sia idoneo a  garantire
la realizzazione dell'obiettivo e non vada  oltre  quanto  necessario
per raggiungerlo. 
    Il rimettente, che riporta ampi stralci della decisione,  afferma
che i «ricorrenti, non si comprende  sulla  base  di  quali  dati  di
conoscenza, sostengono  che  la  pronuncia  della  CGUE  andrebbe  in
realta' letta come un'ultima chance che  il  giudice  comunitario  ha
voluto concedere al legislatore italiano per allineare  la  normativa
di settore ai principi di concorrenza,  liberta'  di  stabilimento  e
parita' di accesso al mercato, salvando in limine una normativa  che,
nel suo complesso, e'  invece  confliggente  con  i  citati  principi
comunitari». 
    Il  TAR  Marche  non  condivide  tale  assunto  dei   ricorrenti,
deducendo, al contrario, che le conclusioni della Corte di  giustizia
dell'Unione europea, che ha ritenuto non contrastante con i  Trattati
una  «limitazione  permanente  e   rilevante»   all'attivita'   delle
parafarmacie, «sono vieppiu' attagliate alla  odierna  controversia»,
ove viene invece in rilievo una limitazione «transeunte e riguardante
peraltro solo una specifica prestazione, il tutto nel  pieno  di  una
emergenza sanitaria di livello pandemico».  Aggiunge,  poi,  che,  in
ragione  della  sopravvenuta  normativa  di  cui   all'art.   5   del
decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105 (Misure urgenti per fronteggiare
l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza
di attivita'  sociali  ed  economiche),  convertito  nella  legge  16
settembre 2021, n. 126, l'accordo con le farmacie  approvato  con  la
citata deliberazione n. 145 del 2021 e' stato sospeso, il che  «rende
ancora meno rilevante [...] qualsiasi profilo comunitario». 
    1.3.2.- Nel passare a motivare sulle ragioni che  lo  inducono  a
sollevare le questioni di  legittimita'  costituzionale,  il  giudice
rimettente, anzitutto, esclude che le disposizioni censurate  possano
essere «suscettibili di interpretazione analogica  o  estensiva».  Il
legislatore italiano, infatti, avrebbe ben  presente  la  distinzione
tra farmacie e parafarmacie,  sicche'  «sia  in  base  al  canone  di
interpretazione letterale, sia alla luce delle fondate argomentazioni
delle parti resistenti» deve escludersi che la disposizione  contenga
un refuso. Conseguentemente, il TAR rimettente reputa infondati tutti
i «motivi di ricorso tesi ad evidenziare la  violazione  dei  diritti
partecipativi dei soggetti privati destinatari degli  effetti  lesivi
del provvedimento di autotutela e l'assenza dei  presupposti  per  il
legittimo esercizio del ius poenitendi previsti dall'art.  21-nonies»
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi). Resta invece da verificare,  afferma  il  giudice  a
quo, se poteva considerarsi illegittima la deliberazione della Giunta
regionale che recava l'accordo  con  le  parafarmacie,  annullata  in
autotutela  dalla  Regione  perche'  ritenuta  in  violazione   delle
disposizioni censurate: il che, dunque, porta il giudice  marchigiano
a dubitare della legittimita' costituzionale di queste ultime. 
    1.3.3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva  che,  al
di la' del fatto che l'accordo con le parafarmacie ha avuto  comunque
vigenza per circa un mese,  i  ricorrenti  hanno  proposto  anche  la
domanda risarcitoria per i danni che  assumono  di  aver  subito  con
l'adozione del provvedimento di autotutela, di modo  che  l'eventuale
illegittimita' costituzionale delle  disposizioni  censurate  avrebbe
«evidenti riflessi» sulla delibazione di detta domanda. Ove, infatti,
le questioni di  legittimita'  costituzionale  fossero  reputate  non
fondate, nel giudizio principale andrebbe verificato «se, al  di  la'
della conformita' del  provvedimento  di  autotutela  alla  normativa
statale,  il  modus  operandi   dell'amministrazione   sia   comunque
rilevante ai sensi degli artt. 1337 e 1338  c.c.»;  in  caso  di  suo
accoglimento, invece, dovrebbe essere chiamato in giudizio  anche  il
Presidente del Consiglio dei ministri, in rappresentanza dello Stato,
perche' - ferma restando l'eventuale autonoma  responsabilita'  della
Regione - e' al legislatore statale  che  si  deve  l'adozione  delle
disposizioni costituzionalmente illegittime. 
    1.3.4.- In punto di non manifesta  infondatezza,  il  TAR  Marche
muove dall'osservazione per cui «un farmacista abilitato e' idoneo ad
eseguire  tutte  le  prestazioni  connesse  all'arte  farmaceutica  a
prescindere dal luogo in cui egli si trovi ad operare», senza che  su
cio' rilevi, nell'attuale ordinamento di settore e tanto piu' durante
l'emergenza pandemica,  il  diverso  ruolo  delle  farmacie  e  delle
parafarmacie. 
    Non varrebbe opporre  che  «la  struttura  piu'  "istituzionale"»
delle  farmacie  offra  maggiori  garanzie  circa   l'erogazione   di
prestazioni sanitarie, come  questa  Corte  avrebbe  affermato  nella
sentenza n.  66  del  2017.  Questo  argomento,  infatti,  presuppone
l'esistenza di «una differenza oggettiva fra la  prestazione  erogata
nella farmacia e quella erogata nella parafarmacia», altrimenti si e'
dinanzi  a  una  ingiustificata  compressione   della   liberta'   di
iniziativa economica: nel caso di specie,  non  sussisterebbe  alcuna
differenza,  stante  il  fatto  che  in  entrambi  i  casi   -   come
dimostrerebbero  gli  accordi  stipulati  dalla  Regione  Marche  con
farmacie e parafarmacie  -  il  tampone  sarebbe  stato  eseguito  in
modalita' di autosomministrazione da parte  dell'assistito  sotto  la
sorveglianza del farmacista, il quale avrebbe  dovuto  verificare  la
corretta esecuzione  dei  passaggi  affinche'  il  test  fornisse  un
risultato attendibile. 
    Ne consegue, a parere del TAR  rimettente,  la  violazione  degli
artt. 3 e 41 Cost.  perche',  senza  un  giustificato  motivo,  viene
«limitata la liberta' di iniziativa economica di determinati soggetti
giuridici  rispetto  alla  medesima  attivita'  che  altri   soggetti
giuridici operanti nello stesso mercato di  riferimento  sono  invece
abilitati a svolgere (attivita', peraltro, che richiede una  identica
qualificazione professionale)». 
    La scelta del legislatore non  potrebbe  trovare  giustificazione
nella  supposta  circostanza  che  le  farmacie  garantirebbero   una
maggiore riservatezza, in quanto molte di esse, «soprattutto rurali o
"storiche"»,  non  dispongono  di  spazi  adeguati  e  sono  pertanto
autorizzate  ad  avvalersi  anche  di  spazi  esterni   o   strutture
appositamente  allestite,  sicche'  non   c'e'   alcuna   sostanziale
differenza con le parafarmacie, le quali sarebbero chiaramente tenute
ad attrezzarsi similmente ove necessario. 
    Di nessun rilievo, infine, sarebbero  i  profili  concernenti  il
collegamento con la banca dati regionale e  il  trattamento  di  dati
sensibili: per quel che riguarda il primo,  infatti,  e'  sufficiente
«la disponibilita' di un  personal  computer  e  di  una  connessione
internet»; per quel che riguarda  il  secondo,  se  e'  vero  che  le
farmacie, in quanto parte del  servizio  sanitario  nazionale  (SSN),
sono  gia'  autorizzate  a  trattare  i  dati  sensibili,  va   anche
considerato, da un lato, che l'accordo con le parafarmacie  prevedeva
analoga autorizzazione e, per un altro, che «il farmacista e' gia' di
per se' soggetto alle regole deontologiche professionali». 
    Il TAR Marche, infine, rileva che la limitazione  disposta  dalle
norme censurate e', altresi',  «in  conflitto  logico  con  la  ratio
sottesa alla normativa emergenziale, ossia quella di incrementare  il
numero di tamponi», senza che in proposito possano essere valorizzati
i profili di cui alla citata sentenza della CGUE Venturini  e  altri,
«perche'  la  decisione  dei  cittadini  di  eseguire  i  tamponi  in
questione non discende  necessariamente  dall'insorgenza  di  sintomi
della  malattia,  ma  anche  dal  principio   di   precauzione».   La
possibilita' di effettuare tamponi anche in  parafarmacia,  pertanto,
«avrebbe aumentato lo screening di massa, senza peraltro incidere sul
tradizionale bacino di utenza delle farmacie». 
    1.4.- Da ultimo, il giudice a quo osserva che il  ruolo  eminente
delle farmacie nella gestione  della  crisi  sanitaria,  riconfermato
dalla legislazione successiva alle  disposizioni  censurate,  non  ha
rilievo sulla controversia del  giudizio  principale,  anche  perche'
«non  significa  che  tale  scelta  sia  insuscettibile   di   essere
contestata da chi vi abbia interesse». 
    2.- Con atto del 28 febbraio 2022, si e' costituita  in  giudizio
l'Unione regionale dei titolari di farmacia delle Marche - Federfarma
Marche, parte nel  giudizio  a  quo,  chiedendo  che  sia  dichiarata
l'inammissibilita' o, comunque, la  non  fondatezza  delle  sollevate
questioni di legittimita' costituzionale. 
    2.1.- Premessa la ricostruzione dei  fatti  di  causa,  la  parte
ritiene che le disposizioni censurate siano conformi  a  Costituzione
«in ragione delle significative differenze esistenti tra  farmacie  e
parafarmacie e della preminente finalita' perseguita dal  legislatore
di tutela della salute». 
    Secondo la legislazione italiana, infatti, soltanto  le  farmacie
«sono parte integrante  ed  essenziale  del  servizio  sanitario,  si
configurano come presidi sanitari di rilievo e prestano  un  servizio
pubblico, con conseguente assoggettamento ad un insieme articolato  e
rigoroso di obblighi  inerenti  all'esercizio  di  tale  attivita'  e
relativi stringenti controlli», mentre le parafarmacie, non  soggette
a tali obblighi e  controlli,  sono  «meri  esercizi  commerciali  di
prossimita'». 
    Tale differenziazione avrebbe gia' superato il vaglio tanto della
Corte di Lussemburgo, quanto quello di questa Corte.  Il  giudice  di
Lussemburgo,  nella  gia'  richiamata  sentenza  Venturini  e  altri,
avrebbe riconosciuto che  le  farmacie  offrono  sotto  piu'  aspetti
«maggiore garanzia tecnica», cosi' come questa Corte, nella  sentenza
n.  216  del  2014,  avrebbe  del  pari  affermato  che  le  farmacie
assicurano un «insieme di garanzie  maggiori».  Conclusioni,  queste,
che avrebbero poi trovato conferma, tanto nella sentenza della  Corte
di giustizia dell'Unione europea del 2 luglio 2015,  quarta  sezione,
in causa C-497-12, Gullotta, quanto nella sentenza n. 66 del 2017  di
questa Corte. 
    Per tali ragioni, non vi sarebbe alcuna  violazione  dell'art.  3
Cost., perche' non e' indifferente che una prestazione sia erogata in
farmacia  o  in  parafarmacia,  poiche'  soltanto  dalla   prima   e'
assicurata «la continuita' e la qualita' del servizio offerto,  oltre
che condizioni idonee a garantire un'efficace tutela della salute dei
propri clienti». 
    2.1.1.- Ancora evocando la sentenza Venturini e altri, la  difesa
della parte reputa  non  fondato  anche  il  dubbio  di  legittimita'
costituzionale in relazione all'art. 41 Cost. Secondo tale pronuncia,
infatti, la finalita' della tutela della  salute  consentirebbe  agli
Stati membri di regolare e limitare la concorrenza «per garantire  il
soddisfacimento  di  siffatte  primarie  esigenze  sanitarie».  Cio',
peraltro, sarebbe anche rispettoso del principio di precauzione,  che
giustifica limitazioni della liberta'  di  iniziativa  economica,  di
stabilimento e di concorrenza quando rivolte  a  tutelare  la  salute
(sono richiamate le sentenze della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea, 1° marzo  2018,  in  causa  C-297/2016,  Colegiul  Medicilor
Veterinari  din  România  -  CMVRO  e  1°  ottobre  2020,  in   causa
C-649/2018, A e altri). 
    Del resto, anche la giurisprudenza di questa  Corte  (oltre  alla
sentenza n. 216 del 2014, e' richiamata la n. 430 del  2007)  avrebbe
ritenuto «prevalente l'esigenza di tutelare il  fondamentale  diritto
alla  salute,   lasciando   completamente   in   ombra   il   profilo
imprenditoriale». 
    3.- Con atto del 1° marzo 2022,  si  e'  costituita  in  giudizio
Federfarma - Federazione nazionale unitaria dei titolari di  farmacia
italiani, parte nel giudizio a  quo,  chiedendo  che  sia  dichiarata
l'inammissibilita' o, in subordine, la non fondatezza delle questioni
di legittimita' costituzionale. 
    3.1.- Ampiamente ripercorsa l'ordinanza di rimessione, la  difesa
della parte costituita  eccepisce,  innanzitutto,  l'inammissibilita'
delle questioni per una pluralita' di motivi. 
    3.2.- Nel merito, esse sarebbero, ad ogni modo, non fondate. 
    3.2.1.-  E'  attraverso   le   farmacie   pubbliche   e   private
convenzionate, infatti, che il servizio sanitario nazionale,  secondo
quanto previsto dagli artt. 25 e 28 della legge 23 dicembre 1978,  n.
833  (Istituzione  del  servizio  sanitario  nazionale),  erogherebbe
prevalentemente l'assistenza farmaceutica, che e' volta ad assicurare
in concreto la tutela del diritto costituzionale alla salute  e  che,
non a caso, e' inserita tra i livelli essenziali di assistenza  (LEA)
disciplinati  dal   d.P.C.m.   12   gennaio   2017   (Definizione   e
aggiornamento  dei  livelli  essenziali   di   assistenza,   di   cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502). 
    D'altra parte, la stessa  giurisprudenza  costituzionale  avrebbe
piu' volte affermato che la «rete capillare delle farmacie» (sentenza
n. 27 del 2003) svolge un «servizio di pubblico interesse»  (sentenza
n. 312 del 1983), preordinato a garantire la tutela del  fondamentale
diritto alla salute. Posizione, questa - aggiunge la parte -  che  e'
condivisa tanto dal Consiglio di Stato (sono  richiamate  l'ordinanza
dell'adunanza plenaria, 30 marzo  2000,  n.  1,  e  il  parere  della
Commissione Speciale 3 gennaio 2018, n. 69), quanto dalla CGUE (oltre
alla sentenza Venturini e altri, e' richiamata la sentenza 1°  giugno
2010, in cause C-570/07 e  C-571/07,  Blanco  Perez  e  Chao  Gomez).
Sarebbe evidente, pertanto, che «la farmacia rappresenta il  presidio
di prossimita' del Servizio Sanitario Nazionale». 
    Al fine di valorizzare il ruolo delle  farmacie  all'interno  del
SSN, il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di
nuovi  servizi  erogati  dalle  farmacie  nell'ambito  del   Servizio
sanitario nazionale, nonche' disposizioni in materia di indennita' di
residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11
della legge 18 giugno 2009, n. 69), avrebbe definito nuovi compiti  e
funzioni assistenziali delle farmacie, tra i  quali  l'erogazione  di
servizi di primo e di secondo livello (art. 1, comma 2,  lettere  c),
d) ed e). L'attivita' delle farmacie, dunque, «non e' piu'  ristretta
alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma  si  estende
alla prestazione di servizi» (e' citata, ancora, la  sentenza  n.  66
del 2017). 
    Ebbene,  l'esclusione  delle  parafarmacie   dall'erogazione   di
servizi, nell'ambito dei quali rientrerebbe la disciplina  censurata,
sarebbe «pienamente legittima e ragionevole», perche'  la  cosiddetta
farmacia dei servizi si  fonda  sui  «pilastri»  della  «capillarita'
delle farmacie» e  sulla  «qualita'  e  peculiare  affidabilita'  del
servizio ch'esse offrono». Quanto al primo di tali pilastri, esso  si
baserebbe  sulla  pianta  organica,  che  fa  si'  che   l'assistenza
farmaceutica,  comprensiva  dei  servizi,  sia  garantita  «in   ogni
contesto geografico»: pianta organica che le parafarmacie «hanno piu'
volte tentato di  cancellare  con  plurime  iniziative  giudiziarie».
Quanto al secondo - prosegue la parte - farmacie e parafarmacie  «non
possono  essere  neanche  lontanamente  equiparate»  in  relazione  a
qualita' e peculiare affidabilita' del  servizio  erogato.  Cio'  non
solo perche' soltanto le farmacie sono riconducibili al  SSN  e  sono
luogo  predisposto  a  garantire  la  tutela   della   salute   (come
chiaramente riconosciuto tanto  dalla  giurisprudenza  costituzionale
che del Consiglio di Stato, nelle pronunce gia' richiamate), ma anche
perche' ci sono significative differenze organizzative,  puntualmente
richiamate in atti, che inciderebbero su qualita' e affidabilita' del
servizio. 
    3.2.2.- Le differenze intercorrenti tra farmacie e  parafarmacie,
pertanto, sarebbero cosi' evidenti  che  sarebbe  dimostrata  la  non
fondatezza  delle  questioni  di   legittimita'   costituzionale   in
riferimento all'art.  3  Cost.,  perche'  «non  ha  alcun  fondamento
logico, ancora prima che giuridico, pretendere di paragonarle e porle
sullo stesso piano». Del resto, questa Corte gia' nella  sentenza  n.
216 del 2014 avrebbe affermato, con ragionamento estensibile al  caso
di specie, che consentire alle  parafarmacie  di  svolgere  attivita'
riservate alle farmacie finirebbe con l'affidare dette  attivita'  ad
esercizi  commerciali  «che   lo   stesso   legislatore   ha   voluto
assoggettare ad una quantita' meno intensa di vincoli e adempimenti». 
    3.2.3.- Per escludere la violazione dell'art.  41  Cost.  sarebbe
sufficiente richiamare la sentenza n. 85 del 2020 di questa Corte, la
quale  avrebbe  ribadito  che  non  v'e'   lesione   della   liberta'
d'iniziativa economica privata  quando  i  limiti  al  suo  esercizio
corrispondano all'utilita' sociale, che deve  essere  individuata  in
modo  non  arbitrario  e  perseguita  con  misure   non   palesemente
incongrue: la tutela della salute rientra  pacificamente  nell'ambito
dell'utilita' sociale (e' richiamata, ex multis, anche la sentenza n.
137  del  1971),  come  da  ultimo  avrebbe  confermato  la  modifica
dell'art. 41 Cost. operata con la legge di  revisione  costituzionale
11 febbraio 2022,  n.  1  (Modifiche  agli  articoli  9  e  41  della
Costituzione in materia di tutela dell'ambiente). 
    4.- Con atto del 1° marzo 2022  e'  intervenuto  in  giudizio  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il  quale  ha  chiesto  che  le
questioni   di   legittimita'   costituzionale    siano    dichiarate
manifestamente infondate. 
    4.1.-  L'interveniente,  ricostruiti  brevemente  i  termini  del
giudizio  principale  e  della  ordinanza   di   rimessione,   reputa
necessario dar conto  del  contenuto  delle  deliberazioni  regionali
adottate per far fronte alla necessita' di eseguire test  diagnostici
per il COVID-19. 
    Lo schema di accordo con le  parafarmacie  che  ha  originato  la
controversia nel giudizio principale prevedeva che tali test  fossero
eseguiti   in   modalita'   di    autosomministrazione    da    parte
dell'assistito, sotto  sorveglianza  del  farmacista:  si  tratta  di
modalita' che, diversamente da  quanto  affermato  nell'ordinanza  di
rimessione, e' differente da quella deliberata per  l'esecuzione  dei
test presso le farmacie in attuazione delle  disposizioni  censurate.
In merito  a  quest'ultima,  infatti,  la  Regione  ha  adottato  tre
deliberazioni, ciascuna delle quali sostitutiva della precedente. 
    L'accordo approvato con la deliberazione n. 1547 del 1°  dicembre
2020, che  effettivamente  prevedeva  modalita'  identiche  a  quelle
successivamente previste nell'accordo con le parafarmacie, «e'  stato
sancito prima ed a prescindere dall'emanazione dei commi  418  e  419
della Legge di bilancio 2021». Con tale accordo, pertanto, la Regione
intendeva porre in essere «una strategia  di  screening»  basata  sul
sistema della farmacia dei servizi, ma priva di relazione alcuna  con
la    disciplina    statale    censurata    nell'odierno    giudizio.
Successivamente, il  legislatore  statale  ha  adottato,  oltre  alle
disposizioni censurate, quella di cui all'art. 1,  comma  420,  della
medesima legge di bilancio, il  quale  ha  individuato  tra  i  nuovi
servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del SSN l'effettuazione da
parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il  prelievo
di sangue capillare. 
    La  Regione  provvedeva,  pertanto,  a  sostituire  l'ora  citata
deliberazione con  la  n.  145  del  febbraio  2021  che,  approvando
l'accordo con le  farmacie,  espressamente  richiamava  la  normativa
statale di cui alla legge di bilancio per il 2021. 
    Il legislatore statale  e',  poi,  ulteriormente  intervenuto  in
materia con il d.l. n. 105 del 2021, come convertito, il cui  art.  5
ha dettato una disciplina attuativa delle disposizioni censurate che,
in  particolare,  prevede  che  il  Commissario   straordinario   per
l'attuazione e  il  coordinamento  delle  misure  di  contenimento  e
contrasto  dell'emergenza  epidemiologica  da   COVID-19   definisce,
d'intesa con il Ministro della salute, un protocollo d'intesa con  le
farmacie e le altre strutture sanitarie  al  fine  di  assicurare  la
somministrazione di test antigenici rapidi a prezzi  contenuti.  Tale
protocollo, stipulato in data 5  agosto  2021,  ha  previsto  che  la
somministrazione dei test deve  essere  effettuata  «direttamente  da
parte dei farmacisti ovvero da parte di personale sanitario abilitato
(infermiere  biologo)  all'uopo  individuato  dal  titolare   o   dal
direttore  tecnico  della  farmacia».  Conseguentemente,  la  Regione
Marche ha sospeso, con la deliberazione n. 1030 dell'11 agosto  2021,
la precedente deliberazione n. 145. 
    4.2.- La  descritta  evoluzione  della  normativa  dimostrerebbe,
secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, come si sia passati
«dall'espletamento dei test in modalita' di auto-somministrazione  da
parte dell'assistito sotto la sorveglianza  del  farmacista,  ad  una
somministrazione diretta dei test da parte dei farmacisti  ovvero  di
infermieri  o  biologi,  in  tal  caso   a   mezzo   di   dispositivi
medico-diagnostici in vitro ad uso professionale». 
    Particolare rilievo, in proposito, avrebbe il gia'  citato  comma
420, volto a consentire, per l'espletamento dei test sierologici,  il
prelievo del sangue capillare. Sarebbe  evidente,  pertanto,  che  la
richiamata  disciplina  dettata  dal   legislatore   statale   ricade
nell'ambito del sistema delineato dal d.lgs. n. 153 del 2009, «il cui
perimetro  di  applicazione  investe   esclusivamente   le   farmacie
convenzionate» e non anche gli esercizi commerciali di cui all'art. 5
del d.l. n. 223  del  2006,  come  convertito;  conseguentemente,  le
prestazioni individuate dall'accordo che ha originato il  giudizio  a
quo «non coincidono con quelle garantite dal SSN». 
    4.2.1.- Ulteriore differenza  tra  la  deliberazione  concernente
l'accordo con le parafarmacie e le norme censurate risiederebbe nella
remunerazione  del  servizio.  Per  i   test   eseguiti   presso   le
parafarmacie,  il   relativo   costo   sarebbe   rimasto   a   carico
dell'assistito,  pur  entro  cifre  massime  espressamente   indicate
nell'accordo.  Per  le  farmacie,   invece,   la   remunerazione   e'
disciplinata dalle convenzioni di cui all'art. 8, commi 1  e  2,  del
decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502  (Riordino   della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della  legge
23 ottobre 1992, n. 421), conformi agli accordi collettivi  nazionali
stipulati ai sensi dell'art. 4, comma  9,  della  legge  30  dicembre
1991, n. 412 (Disposizioni in materia  di  finanza  pubblica),  e  ai
correlati  accordi  regionali,  «che  tengano   conto   anche   delle
specificita' e dell'importanza del ruolo svolto in tale ambito  dalle
farmacie  rurali»:  il  che  confermerebbe  che  le  norme  censurate
ricadono  «nella  disciplina  dei  rapporti  per  l'erogazione  delle
prestazioni assistenziali». 
    4.2.2.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   rileva,
pertanto, che i commi 418, 419 e  420  dell'art.  1  della  legge  di
bilancio per il 2021 devono «essere letti nel  contesto  del  modello
dei nuovi servizi erogati dalle farmacie quali presidi  del  Servizio
sanitario nazionale», secondo quanto previsto dal d.lgs. n.  153  del
2009  e  da  connessi  decreti  ministeriali.  Assume   rilievo,   in
particolare, il decreto del Ministro della salute  16  dicembre  2010
(Erogazione  da  parte  delle  farmacie  di  specifiche   prestazioni
professionali), il quale definisce le condizioni  e  i  limiti  delle
analisi di autocontrollo effettuabili  in  farmacia,  in  favore  del
cittadino:  accertamenti,  questi,  che  «possono  essere  un   utile
supporto  all'attivita'  dei  medici  di  medicina   generale   nelle
situazioni in cui l'esecuzione degli stessi accertamenti negli  studi
dei medici di assistenza primaria e di pediatria di libera scelta non
risulti possibile dal punto di vista organizzativo». 
    Orbene, se e' solo alle farmacie, la cui apertura e' soggetta  ad
autorizzazione, che sono affidati tali servizi e' perche' e' la  loro
presenza sul territorio nazionale a garantire «un'adeguata  copertura
dell'assistenza  farmaceutica»  e  a  evitare  che   «una   quantita'
eccessiva di servizi vada a discapito della qualita'  del  servizio».
Le parafarmacie,  che  sono  invece  equiparate  ad  altre  attivita'
commerciali e  che  pertanto  possono  essere  aperte  solo  con  una
segnalazione certificata d'inizio attivita' (SCIA), devono dotarsi di
un farmacista e possono vendere soltanto medicinali per i  quali  non
e' necessaria la ricetta medica, sicche'  non  attengono  ai  livelli
essenziali di assistenza farmaceutica. 
    La distinzione tra farmacie e parafarmacie, dunque, troverebbe la
sua ragion d'essere  «nell'esigenza  di  garantire  un  miglioramento
costante della sicurezza e qualita' delle cure,  piuttosto  che  alle
mere condizioni  di  concorrenzialita'  del  mercato».  Peculiarita',
questa, che del  resto  non  ha  trovato  obiezione  da  parte  della
giurisprudenza citata pure nell'ordinanza di rimessione. 
    4.3.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   conclude,
pertanto,  per  la  manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale.  Le  disposizioni  censurate   non   si
applicano alle parafarmacie perche' esse non sono annoverabili tra  i
soggetti che  espletano  assistenza  sanitaria  per  il  SSN,  ma  le
evidenti differenze  che  connotano  le  loro  funzioni  e  attivita'
rispetto  a  quelle  delle  farmacie  escluderebbero  la   violazione
dell'art. 3 Cost.; non sarebbe conferente, poi, il  profilo  relativo
alla liberta' d'iniziativa economica privata di cui all'art. 41 Cost. 
    5.- Con atto del 1° marzo 2022 si sono costituiti in giudizio  il
Movimento  nazionale  liberi  farmacisti,  l'Unione   nazionale   dei
farmacisti titolari di sola parafarmacia - UNAFTISP,  la  Federazione
nazionale parafarmacie italiane  (FNPI)  e  altri,  tutte  parti  nel
giudizio a quo,  chiedendo,  in  via  principale,  il  rigetto  delle
questioni di legittimita' costituzionale, in quanto sarebbe possibile
interpretare le disposizioni censurate in senso conforme ai parametri
costituzionali evocati, e, in subordine,  la  loro  dichiarazione  di
illegittimita' costituzionale «nella parte in cui  non  prevedono  la
possibilita' per gli esercizi commerciali di cui all'art. 4, comma 1,
lettere d), e) e f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, di  effettuare
le prestazioni» ivi indicate. 
    5.1.-  Nel  ripercorrere  le  vicende  che   hanno   portato   al
contenzioso dinanzi al TAR Marche, la  difesa  delle  parti  osserva,
innanzitutto,  che,  anche  alla  luce   di   quanto   previsto   dal
decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti  in  materia  di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica  da  COVID-19),
convertito in legge 23 febbraio 2020, n. 6, e dal successivo d.P.C.m.
11 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge  23
febbraio  2020,  n.  6,  recante  misure  urgenti   in   materia   di
contenimento e gestione dell'emergenza  epidemiologica  da  COVID-19,
applicabili   sull'intero   territorio   nazionale),   nel   contesto
emergenziale le parafarmacie sarebbero  state  considerate  attivita'
essenziali. 
    In secondo luogo, rammenta come dinanzi al giudice  a  quo  fosse
stata avanzata la richiesta di effettuare «due  questioni  di  rinvio
pregiudiziale ex art. 267 TFUE, alla Corte di  Giustizia  dell'Unione
Europea», per sapere se  le  disposizioni  censurate  si  pongano  in
contrasto con il principio  di  non  discriminazione  in  materia  di
stabilimento di  cui  all'art.  49  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del  Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato  dalla  legge  2  agosto
2008, n. 130, e con i principi di parita' di trattamento, trasparenza
e concorrenza di cui agli artt. 101 e seguenti del medesimo  Trattato
e all'allegato Protocollo n. 27. 
    5.2.- Cio'  premesso,  le  parti  ritengono  che  l'ordinanza  di
rimessione abbia erroneamente escluso di poter interpretare in  senso
conforme a Costituzione le disposizioni censurate. 
    Al  contrario,  esse  potrebbero  essere  lette  nel   senso   di
consentire anche alle parafarmacie l'effettuazione delle  prestazioni
consistenti in test sierologici ed antigenici rapidi, in  quanto  «la
voluntas legis depone per la piu' ampia estensione della possibilita'
di rendere  le  prestazioni  de  quibus,  al  fine  di  garantire  lo
screening della popolazione su larga scala». In  questa  prospettiva,
il legislatore non avrebbe inteso  riferirsi  «al  luogo  di  offerta
delle prestazioni, ma alla  qualifica  di  farmacista  del  personale
chiamato a sovrintendere l'effettuazione delle stesse», come  sarebbe
dimostrato dalla previsione che i test possono  effettuarsi  solo  in
spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti  a  garantire
la   tutela   della   riservatezza,   requisiti   questi   che    non
necessariamente sarebbero soddisfatti da una  farmacia  solo  perche'
tale. 
    5.3.- Nel caso in cui questa Corte non ritenesse praticabile tale
interpretazione conforme a Costituzione, le questioni di legittimita'
costituzionale dovrebbero essere accolte. 
    Il ruolo assunto dalle farmacie durante la pandemia, infatti, non
giustificherebbe «la riserva in  loro  favore  dell'effettuazione  di
test  sierologici  e  test  antigenici  rapidi  di  rilevazione   del
Covid-19». Tale affermazione troverebbe conferma della sentenza della
CGUE  Venturini  e  altri:  se  la  riserva   alle   farmacie   della
commercializzazione dei  medicinali  soggetti  a  prescrizione  trova
giustificazione nella esigenza di  garantire  sull'intero  territorio
nazionale un servizio pubblico essenziale,  diversamente  la  riserva
operata dalle disposizioni  censurate  e'  irragionevole,  in  quanto
l'effettuazione di test sierologici e antigenici rapidi anche  presso
le   parafarmacie   non   eroderebbe   «quella   fetta   di   mercato
tradizionalmente e - in vista della garanzia di un'elevata qualita' e
diffusione delle cure - necessariamente riservata alle farmacie». 
    Queste   prestazioni,   infatti,   costituirebbero    prestazioni
aggiuntive, che possono essere  effettuate  anche  presso  ambulatori
privati, sicche' la loro liberalizzazione non inciderebbe sulla fetta
di  mercato  riservata  alle  farmacie;  del  resto,  si  tratta   di
prestazioni  sino  a  oggi  non  previste,  di  modo  che   la   loro
effettuazione  da  parte   anche   delle   parafarmacie   «non   puo'
ontologicamente inficiare la  riserva  di  mercato  in  favore  delle
farmacie». 
    La circostanza per cui la  cosiddetta  riserva  di  farmacia  non
verrebbe incisa dall'estensione alle parafarmacie della  possibilita'
di erogare i servizi in questione  determinerebbe,  conseguentemente,
l'irrilevanza del peculiare regime cui sono sottoposte  le  farmacie,
poiche' il diverso trattamento potrebbe trovare giustificazione  solo
in una oggettiva differenza tra le prestazioni erogate:  il  che  non
e', perche' a garantire l'elevata qualita' di queste ultime  sta  «la
presenza stabile di un soggetto qualificato, quale e' il  farmacista,
che,  ex  lege,  deve  necessariamente  essere  presente  sia   nelle
farmacie, sia nelle parafarmacie». 
    5.3.1.- Non sarebbero  applicabili,  poi,  i  principi  affermati
dalla sentenza di questa Corte n. 66  del  2017,  che  ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 117,  terzo
comma, Cost., di  una  legge  regionale  piemontese  «che  consentiva
l'impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida per il  rilevamento
di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale presso gli esercizi di
vicinato e nelle medie e grandi strutture di vendita». 
    La qualifica di principio fondamentale in materia di tutela della
salute allora riconosciuto all'art. 1 del  d.lgs.  n.  153  del  2009
deriverebbe dal fatto, sostengono le parti,  che  il  legislatore  ha
stabilito  «un  bouquet  di  servizi  socio-sanitari   di   interesse
generale, che la farmacia e' chiamata - doverosamente - ad erogare in
stretta  collaborazione  col  Servizio   sanitario   nazionale».   Si
tratterebbe,   tuttavia,    di    previsione    stabile,    «connessa
all'imperitura necessita' dell'offerta al pubblico di tali  servizi»,
che in quanto tale e' riconducibile alla riserva di farmacia, poiche'
dalla obbligatorieta' di erogare dette prestazioni derivano costi  da
sostenere. 
    Le disposizioni censurate, invece, non  sarebbero  parte  di  una
riforma organica del sistema delle  farmacie,  «ma  si  atteggiano  a
previsioni  puntuali  e  specifiche,  inerenti  ad  una   determinata
prestazione» e, inoltre, non imporrebbero alcun obbligo, rimanendo le
farmacie libere di aderire  o  meno  alla  possibilita'  offerta  dal
legislatore, «secondo la logica del profitto che muove ogni impresa».
Esse,  inoltre,  «rinvengono   la   propria   giustificazione   nella
situazione  epidemiologica»,  che   ha   carattere   emergenziale   e
contingente, difettando pertanto quella stabilita'  della  necessita'
di garantire il servizio che giustificherebbe la sua inclusione nella
riserva di farmacia. 
    D'altra parte, detta riserva non  potrebbe  essere  continuamente
implementata, quando il novero dei  servizi  offerti  dalle  farmacie
«consente loro di trarre del profitto anche in contesti  territoriali
ove si registra minor affluenza»: essa, infatti, sarebbe  «previsione
derogatoria  addirittura  del  principio  fondamentale  della  libera
concorrenza» e, dunque, «deve essere rigorosamente definita nei  suoi
confini   alla   stregua   del   principio   di    proporzionalita'».
L'applicazione a contrario dei principi  espressi  dalla  CGUE  nella
sentenza Venturini e altri, in base ai  quali  «la  sottrazione  alla
libera concorrenza  dell'effettuazione  di  alcune  prestazioni  puo'
essere giustificata solo in vista della tutela di interessi ulteriori
di pari  rilievo  non  altrimenti  tutelabili»,  dovrebbero  pertanto
condurre alla conclusione che  le  disposizioni  censurate  siano  in
contrasto con l'art. 3 Cost. 
    5.3.2.- L'art. 1, commi 418 e 419, della legge n.  178  del  2020
contrasterebbe con il principio di  ragionevolezza  anche  «sotto  un
altro dirimente profilo». 
    E'  stato  adottato,   infatti,   per   consentire   un   maggior
tracciamento della diffusione del virus da COVID-19, sicche'  sarebbe
irragionevole   qualsivoglia   limitazione   della   diffusione   dei
meccanismi che consentano lo screening, ove non vi siano «altrettanto
impellenti  necessita'  di  tutela  di  contrastanti  interessi».  Le
disposizioni censurate, peraltro, non solo renderebbero meno efficace
la gestione della crisi pandemica, ma  recherebbero  un  danno  anche
alle  stesse  farmacie,  «oberate  dalla  sempre  crescente  -   fino
all'insostenibilita' - richiesta di effettuazione  di  tamponi  degli
utenti,  costretti  a  lunghe  attese,  in  rischiose  situazioni  di
assembramento». 
    5.3.3.- Del pari evidente sarebbe  la  violazione  dell'art.  41,
primo comma, Cost.  e  del  principio  di  libera  concorrenza.  Tale
principio, infatti, potrebbe «subire  compressioni  o  deroghe  nelle
sole ed esclusive ipotesi in  cui  vi  siano  interessi  contrastanti
parimenti meritevoli di tutela, in vista  della  quale,  in  rigorosa
applicazione del principio di  proporzionalita',  non  sia  possibile
misura diversa»: il che nel caso di specie non  e',  con  «gravissimo
danno patrimoniale per le parafarmacie» e  correlato  «ingiustificato
arricchimento delle farmacie». 
    6.- Con ulteriori atti del 1° marzo 2022 si  sono  costituite  in
giudizio Farma DS Natura srls e altre - tutte persone giuridiche, con
sede al di fuori  della  Regione  Marche,  che  esercitano  attivita'
d'impresa quali parafarmacie, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.l.
n. 223 del 2006, come convertito - affermando di  essere  intervenute
ad adiuvandum nel giudizio innanzi al TAR  Marche  e  concludendo  in
senso identico alle  altre  parafarmacie  e  associazioni  di  queste
rappresentative, facendo leva sui medesimi argomenti. 
    7.- Ancora con  atti  del  1°  marzo  2022  sono  intervenute  in
giudizio, ai sensi dell'art. 4 delle Norme integrative per i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia
e altre - anch'esse parafarmacie con sede al di fuori  della  Regione
Marche - affermando di avere «preciso, concreto e diretto  interesse»
all'accoglimento  del  ricorso  giurisdizionale  amministrativo,   in
ragione del fatto che il contenzioso presso il TAR Marche ha  indotto
le altre Regioni ad  astenersi  dal  siglare  accordi  analoghi.  Nel
merito, hanno concluso in senso identico alle  altre  parafarmacie  e
associazioni di  queste  rappresentative  costituitesi  in  giudizio,
offrendo i medesimi argomenti. 
    8.- In prossimita' dell'udienza pubblica, l'Unione regionale  dei
titolari di farmacia delle Marche - Federfarma Marche  ha  depositato
una memoria, con la  quale  ha  insistito  affinche'  sia  dichiarata
l'inammissibilita'  o  la   non   fondatezza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale. 
    8.1.- In punto di ammissibilita', si rileva che il TAR Marche non
avrebbe adeguatamente motivato in punto di rilevanza delle  questioni
di legittimita' costituzionale. 
    8.2.-  Nel   merito,   la   parte   rievoca   la   giurisprudenza
costituzionale  che  avrebbe  gia'  evidenziato  le  differenze   tra
farmacie e parafarmacie, differenze tali da  rendere  ragionevole  la
diversita' di disciplina normativa prevista  per  le  une  e  per  le
altre. In materia di tutela della salute, poi, assumerebbe  rilevanza
la sentenza n. 37 del 2021, in tema di prevenzione e di contrasto del
rischio infettivo, peraltro ignorata dal rimettente. 
    Non   potrebbe   essere   considerata   equivalente,    pertanto,
l'erogazione prestata in farmacia o in parafarmacia,  «tanto  piu'  a
fronte di un'emergenza pandemica in cui e' necessario contare  su  un
servizio  sicuro,   organizzato   e   capillare».   Il   legislatore,
riferendosi alla farmacia e non al farmacista,  con  le  disposizioni
censurate  avrebbe  voluto   attribuire   «valenza   alla   struttura
farmaceutica, la quale  deve  sottostare  a  previsioni  peculiari  e
specifiche ed obblighi gestionali inerenti l'attivita', propri di  un
presidio  del  servizio  sanitario»:  solo  le   farmacie,   infatti,
potrebbero considerarsi primi punti di accesso del cittadino al  SSN,
mentre le parafarmacie sarebbero esercizi commerciali. 
    8.2.1.- Di rilievo, ancora, sarebbe l'evoluzione del ruolo  della
farmacia che, in base ai piu' recenti interventi legislativi, sarebbe
ora   farmacia   dei   servizi,   ovvero    «centro    sociosanitario
polifunzionale a servizio  delle  comunita'  nonche'  come  punto  di
raccordo tra Ospedale  e  territorio  e  front  office  del  Servizio
sanitario nazionale» (e' citata la sentenza del Consiglio  di  Stato,
sezione seconda, 4 gennaio 2021, n. 111). 
    E' in tale prospettiva che il legislatore avrebbe conferito  alle
farmacie  i  compiti  di  cui  alle  disposizioni  censurate  per  la
«prevenzione e la ricerca di anticorpi anti  SARS  CoV2»,  senza  che
cio' possa  considerarsi  irragionevole  in  virtu'  della  emergenza
pandemica,  perche'  «l'impellenza  di  assicurare  il   piu'   ampio
tracciamento in una situazione  emergenziale  non  puo'  e  non  deve
comportare l'inosservanza delle garanzie per la salute dei cittadini,
che solo una farmacia puo' essere in grado di  assicurare»;  insomma,
una situazione emergenziale, «proprio perche' tale, non  puo'  essere
colta come ragione per un allargamento indiscriminato  di  competenze
in favore  delle  parafarmacie,  che,  al  contrario,  in  condizioni
ordinarie non potrebbero mai assumere». 
    D'altra parte, il principio di  ragionevolezza  postulerebbe  che
l'intervento del legislatore  «sia  coerente  rispetto  all'obiettivo
perseguito e non comporti effetti ultronei e sproporzionati»: il  che
sarebbe nel caso di specie, essendo la  scelta  legislativa  volta  a
offrire la miglior  tutela  possibile  alla  salute  in  un  contesto
pandemico. 
    8.2.2.- Ne' potrebbe sostenersi  che  le  disposizioni  censurate
siano in contrasto con l'art. 41  Cost.,  perche'  la  giurisprudenza
costituzionale avrebbe gia' affermato che il regime delle farmacie e'
volto a tutelare la salute, il che «consente di porre  in  essere  in
piena discrezionalita' norme di regolazione della concorrenza». 
    9.- In prossimita' dell'udienza pubblica, ha  depositato  memoria
anche Federfarma - Federazione nazionale  unitaria  dei  titolari  di
farmacia italiani, insistendo per l'inammissibilita' o, in subordine,
la  non  fondatezza  delle  sollevate   questioni   di   legittimita'
costituzionale. 
    9.1.-   La   difesa    della    parte,    innanzitutto,    rileva
l'inammissibilita' della costituzione in giudizio  «di  soggetti  che
non erano parti nel giudizio a quo  al  momento  della  ordinanza  di
promovimento»,  i  quali  non  avrebbero  neppure  titolo  a   essere
qualificati come intervenienti  ai  sensi  dell'art.  4  delle  Norme
integrative. 
    9.2.- Per quel che concerne l'inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale, la  difesa  di  Federfarma  ribadisce  i
diversi profili gia' rilevati nell'atto di  costituzione,  insistendo
particolarmente sul difetto  di  rilevanza  e  di  motivazione  della
rilevanza. 
    9.3.- Nel merito, a conferma della non  fondatezza,  starebbe  la
recentissima sentenza del Consiglio di Stato, adunanza  plenaria,  14
aprile 2022, n. 5, la quale avrebbe ribadito «il ruolo centrale delle
farmacie nell'ambito delle prestazioni  del  SSN  e  a  tutela  della
salute». Sarebbe stato confermato, pertanto,  che  solo  le  farmacie
sono presidio di prossimita'  del  SSN,  a  nulla  rilevando  che  le
parafarmacie (o altri esercizi commerciali)  possano  vendere  i  kit
contenenti i  cosiddetti  tamponi,  perche'  non  sono  in  grado  di
«asseverare la medesima e particolare fede pubblica  che  assiste  il
risultato dei tamponi somministrati in  farmacia».  Sarebbe,  dunque,
«l'incardinamento nella struttura a rete  del  SSN,  con  i  connessi
oneri che comporta,  a  testimoniare  la  speciale  attitudine  delle
farmacie a erogare il servizio oggi in  discussione,  attitudine  non
riconoscibile nelle [para]farmacie». 
    9.3.1.- La parte ribadisce, poi, che la normativa  censurata  «si
inserisce armonicamente» nella disciplina della  cosiddetta  farmacia
dei servizi di cui alla citata sentenza n. 66 del  2017,  aggiungendo
un altro servizio a quelli gia' erogati dalle farmacie per conto  del
SSN, come sarebbe dimostrato dal prezzo calmierato esistente  per  la
somministrazione dei tamponi. 
    9.3.2.- L'importanza del ruolo  delle  farmacie  all'interno  del
SSN, poi, sarebbe stato  confermato  da  interventi  successivi  alle
disposizioni censurate, legislativi e non solo: l'art. 20,  comma  2,
lettera h), del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in
materia di sostegno alle  imprese  e  agli  operatori  economici,  di
lavoro, salute e  servizi  territoriali,  connesse  all'emergenza  da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021,
n. 69, ha previsto la possibilita' di somministrare i vaccini  contro
il SARS-CoV-2 anche nelle farmacie; l'art. 5  del  d.l.  n.  105  del
2021, come convertito, non solo ha previsto che  la  somministrazione
di test antigenici rapidi in farmacia debba essere assicurata sino al
31 dicembre 2021, ma ha disposto che esse  concorrano  alla  campagna
vaccinale antinfluenzale per la stagione 2021/2022; il Consiglio  dei
ministri ha approvato la riforma di settore del  piano  nazionale  di
ripresa e resilienza  (PNRR),  volta  a  definire  un  nuovo  modello
organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale, ove e'
chiaramente ribadita l'essenzialita' delle farmacie per  il  SSN  per
assicurare  quotidianamente,  in   modo   omogeneo   sul   territorio
nazionale, servizi sanitari a tutela della salute della cittadinanza. 
    9.3.3.-  Ancora,  si  insiste  sulla  circostanza   per   cui   a
differenziare le farmacie dalle parafarmacie starebbe,  innanzitutto,
la capillarita' della presenza delle prime,  la  quale  «rischierebbe
fatalmente di rompersi nel  caso  in  cui  ad  altri  soggetti  fosse
consentito di svolgere anche solo alcune delle funzioni delegate alle
farmacie - magari quelle piu' redditizie - senza sottostare  a  tutti
gli  obblighi  organizzativi,  di   ubicazione   e   di   svolgimento
complessivo del servizio».  Obblighi  che,  peraltro,  sono  volti  a
garantire qualita' e peculiare affidabilita' del servizio, sicche'  a
contare  non  e'  solo  la  figura  soggettiva  del  farmacista,   ma
decisivamente «la  farmacia  come  plesso  organizzativo,  del  tutto
differenziato  dalla  parafarmacia,  mero  esercizio  commerciale  di
vicinato». 
    9.3.4.-  Se  tutti  questi  argomenti  dimostrerebbero   la   non
fondatezza  delle  questioni  di   legittimita'   costituzionale   in
riferimento all'art. 3 Cost., ad escludere la violazione dell'art. 41
Cost. starebbe la recente sentenza di questa Corte n. 218  del  2021,
che ha ribadito che  l'utilita'  sociale,  quando  non  arbitraria  e
perseguita con misure non palesemente incongrue, puo'  legittimamente
limitare la liberta' d'iniziativa economica. 
    Sotto questo profilo,  poi,  andrebbe  rilevato  che  gli  stessi
ricorrenti nel giudizio principale, nel loro  atto  di  costituzione,
affermano che l'obbligatorieta' di certi servizi giustificherebbe  la
loro riserva alle farmacie: ebbene, l'art. 5  del  d.l.  n.  105  del
2021,  come  convertito,  dispone  che  le  farmacie  di   cui   alle
disposizioni censurate sono tenute ad assicurare la  somministrazione
di  test  antigenici  rapidi,  obbligo  presidiato  da  una  sanzione
amministrativa in caso di inosservanza. 
    9.3.5.-  D'altra  parte,  a  conclusioni  analoghe  sarebbe  gia'
arrivata la Corte di giustizia dell'Unione europea  che,  nella  piu'
volte richiamata sentenza Venturini e altri, si e'  posta  nel  solco
della sua precedente giurisprudenza, piu' di recente ancora ribadita,
in base alla quale lo Stato membro «ha ampi margini discrezionali per
disciplinare le modalita' di garanzia del livello di protezione della
salute prescelto». Non solo, nella  sentenza  Venturini  e  altri  la
Corte  di  giustizia  ha  pienamente  accolto  tanto  le  conclusioni
dell'Avvocato generale, quanto  le  osservazioni  della  Commissione,
delle quali entrambe la parte riporta ampi stralci. 
    9.4.- La difesa di Federfarma, poi, ritiene non fondato l'assunto
dei ricorrenti  secondo  cui  sarebbe  impellente  la  necessita'  di
assicurare la massima diffusione degli strumenti  che  consentono  lo
screening. Verrebbe in tal modo confuso l'accertamento  di  eventuali
positivita' - che puo' avvenire anche  con  i  kit  di  autodiagnosi,
vendibili anche in parafarmacia - con la necessita' di  «accertamenti
che devono possedere una specifica garanzia di qualita' e sono  anche
assistiti  dalla  pubblica  fede»,  che  richiedono  in  quanto  tali
specifiche misure organizzative e garanzie di qualita'  che  soltanto
le farmacie (o  laboratori  clinici  e  strutture  analoghe)  possono
assicurare. 
    9.5.- Conclusivamente, la difesa della parte,  in  ragione  della
inequivocita'   del   dato   testuale,   rileva    l'impraticabilita'
dell'interpretazione conforme a Costituzione - invero interpretazione
estensiva «che ovviamente e' tutt'altra  cosa»  -  prospettata  dalla
difesa delle parafarmacie. Senza dire, poi, del fatto che «e'  semmai
la soluzione normativa opposta a quella cui gli originari  ricorrenti
aspirano a essere la sola compatibile con la Costituzione». 
    10.- Ha depositato una memoria illustrativa anche la  difesa  del
Movimento nazionale  liberi  farmacisti,  dell'Unione  nazionale  dei
farmacisti  titolari  di  sola   parafarmacia   -   UNAFTISP,   della
Federazione nazionale parafarmacie italiane (FNPI) e di altri, che ha
insistito nelle conclusioni gia' formulate nell'atto di costituzione. 
    10.1.- Si reputano non fondate, innanzitutto, tutte le  eccezioni
di inammissibilita'. 
    10.2.- Nel merito, le parti, in  primo  luogo,  ribadiscono,  con
argomenti analoghi a quelli gia' spesi nell'atto di costituzione, che
le disposizioni  censurate  sarebbero  passibili  di  interpretazione
conforme a Costituzione, perche' cio' che rileverebbe e' che  i  test
ivi previsti siano compiuti da un  farmacista,  ovvero  da  personale
abilitato a effettuare il test da cui derivino  effetti  giuridici  o
sanitari di qualsiasi natura (e' richiamata l'ordinanza del Consiglio
di Stato, sezione terza, 29 marzo 2021, n. 1634). 
    10.2.1.- Diversamente  opinando,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale meriterebbero accoglimento. 
    La cosiddetta riserva di farmacia, che potrebbe  essere  il  solo
«giustificato  motivo»  in  grado  di  sorreggere  la  disparita'  di
trattamento determinata dalle disposizioni censurate, costituisce una
«deroga ai principi del libero accesso al mercato, della concorrenza,
della liberta' d'iniziativa economia e di non  discriminazione»,  che
deve considerarsi «accettabile, anzi doverosa» solo se  funzionale  a
garantire altri principi fondamentali quali la tutela  della  salute.
Nel caso di specie cosi' non sarebbe perche': a) la distribuzione  di
farmaci e' gia' di per se' sufficiente  a  garantire  la  riserva  di
mercato in favore delle farmacie; b) l'effettuazione dei test di  cui
alle disposizioni censurate e' una  necessita'  contingente  connessa
alla pandemia da  COVID-19,  sicche'  non  potrebbe  rientrare  nella
riserva di farmacia; c) le medesime prestazioni «possono essere  rese
anche  presso   strutture   ambulatoriali,   pubbliche,   private   e
convenzionate». 
    D'altra  parte,  la  riserva  di  farmacia  non  potrebbe  essere
continuamente implementata, quando i servizi che le farmacie  erogano
in esclusiva sono  gia'  sufficienti  a  trarre  profitto  «anche  in
contesti territoriali ove si registra minor affluenza». 
    10.2.2.-  Le  disposizioni  censurate  non  troverebbero   alcuna
giustificazione   neppure   in   ragione   del    peculiare    regime
autorizzatorio, di  obblighi  e  controlli  cui  sono  sottoposte  le
farmacie, perche' non vi sarebbe alcuna differenza oggettiva  tra  la
prestazione  erogata  dalla   farmacia   e   quella   erogata   dalla
parafarmacia, ove sol si consideri che gli  standard  di  qualita'  e
competenza nella prestazione del servizio previsto dalle disposizioni
censurate e' assicurato dalla presenza del farmacista. 
    10.2.3.- Irrilevante per la risoluzione delle  odierne  questioni
di legittimita' costituzionale sarebbe la sentenza n. 66 del 2017  di
questa Corte. 
    Allora veniva in discussione, innanzitutto, il rispetto da  parte
di una legge regionale dei principi fondamentali in materia di tutela
della salute, stabiliti dal legislatore statale con il d.lgs. n.  153
del 2009. In secondo luogo, la prestazione dei servizi di cui all'ora
citato decreto legislativo  «non  costituisce  una  fetta  della  cd.
riserva di farmacia»,  potendo  le  farmacie  offrire  o  meno  detti
servizi, i quali  inoltre  possono  essere  erogati  anche  da  altre
strutture. Ma anche diversamente opinando, potrebbe giustificarsi  la
riserva  considerandoli  servizi  che   sono   erogati   in   stretta
collaborazione con il SSN: il che nel  caso  di  specie  non  e',  in
quanto quelli di cui alle disposizioni  censurate  sono  servizi  dal
carattere contingente e  transitorio,  che  non  sono  parte  di  una
riforma organica del sistema delle farmacie. 
    10.2.4.- Nella memoria illustrativa, infine e conclusivamente, si
ribadiscono gli argomenti, gia' proposti nell'atto  di  costituzione,
che dimostrerebbero, per un  verso,  che  le  disposizioni  censurate
sarebbero irragionevoli anche perche' impedirebbero  un'attivita'  di
screening della popolazione su ampia  scala,  certo  maggiormente  in
grado di tracciare il virus; per un altro,  che  sarebbe  violato  il
principio della libera concorrenza. 
    11.- Hanno, altresi', depositato memorie  illustrative  tanto  le
parafarmacie costituitesi in  giudizio,  sul  presupposto  di  essere
intervenute ad adiuvandum nel giudizio innanzi al TAR Marche,  quanto
le parafarmacie intervenute nel presente giudizio ai sensi  dell'art.
4 delle Norme integrative: memorie, queste, sostanzialmente identiche
nelle conclusioni e negli argomenti offerti a quella di cui ora si e'
detto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo  regionale  per  le  Marche,  con
l'ordinanza  indicata  in  epigrafe,  ha   sollevato   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 418 e 419, della legge
30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio  di  previsione  dello  Stato  per
l'anno finanziario  2021  e  bilancio  pluriennale  per  il  triennio
2021-2023), per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione.  Le
disposizioni censurate - nella parte  in  cui  consentono  alle  sole
farmacie, e non anche alle cosiddette  parafarmacie,  l'effettuazione
dei «test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e  dei
tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene  SARS-CoV-2»
- determinerebbero un'irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra
farmacie e  cosiddette  parafarmacie,  limitando  inoltre,  senza  un
giustificato  motivo,  la  liberta'  di  iniziativa  economica  delle
seconde, che non  potrebbero  svolgere  un'attivita'  che  invece  le
prime, operanti nello stesso mercato di riferimento, sono abilitate a
svolgere; il tutto, quando  detta  attivita'  richiede  una  identica
qualificazione professionale, quella di farmacista, la  cui  presenza
deve essere assicurata tanto nelle farmacie quanto  nelle  cosiddette
parafarmacie. Il giudice a quo rileva, altresi', che  la  limitazione
disposta dalle norme censurate sarebbe «in conflitto  logico  con  la
ratio  sottesa  alla  normativa   emergenziale,   ossia   quella   di
incrementare il numero di tamponi». 
    2.-  Preliminarmente,  si  deve   rilevare   che   nel   giudizio
costituzionale  si  sono  costituite,  insieme  ai  ricorrenti  e  ai
resistenti nel giudizio a quo, anche Farma DS  Natura  srls  e  altre
persone giuridiche - tutte con sede al di fuori della Regione  Marche
e che esercitano attivita' d'impresa  quali  parafarmacie,  ai  sensi
dell'art. 5, comma  1,  del  decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248  -  affermando
di essere  intervenute  ad  adiuvandum  nel  giudizio  amministrativo
principale. 
    Secondo  il  costante  orientamento  di  questa  Corte,  in  base
all'art.  25  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87   (Norme   sulla
costituzione e  sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale),  e
all'art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla  Corte
costituzionale, nel giudizio di legittimita'  costituzionale  in  via
incidentale possono costituirsi  i  soggetti  che,  alla  data  della
sospensione del giudizio  disposta  con  l'ordinanza  di  rimessione,
erano parti del giudizio a quo (ex  plurimis,  ordinanza  n.  14  del
2022; ordinanza allegata alla sentenza n.  246  del  2020;  ordinanza
allegata alla sentenza n. 106 del 2019;  sentenza  n.  85  del  2017;
ordinanza n.  24  del  2015).  Le  anzidette  parafarmacie  risultano
intervenute   nel    giudizio    amministrativo    principale    solo
successivamente all'adozione dell'ordinanza di  rimessione,  sicche',
da un lato, deve escludersi la loro legittimazione a essere parti nel
presente  giudizio  costituzionale  e,  dall'altro,  a  esse   devono
applicarsi i medesimi principi che regolano l'intervento nel giudizio
in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo
(ordinanza allegata alla sentenza n. 106 del 2019). 
    2.1.- Sono intervenute in giudizio, ai sensi dell'art.  4,  comma
3, delle Norme integrative, Parafarmacia S.  Rita  di  Binda  Gaia  e
altre - anch'esse parafarmacie con sede al  di  fuori  della  Regione
Marche - le quali affermano di avere  «preciso,  concreto  e  diretto
interesse»    all'accoglimento    del     ricorso     giurisdizionale
amministrativo, in ragione del fatto che il contenzioso presso il TAR
Marche ha indotto le altre Regioni ad astenersi dal  siglare  accordi
analoghi. 
    Ai sensi dell'indicato art. 4,  comma  3,  nel  giudizio  in  via
incidentale  possono  intervenire  «i  titolari   di   un   interesse
qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto
in giudizio». Tale disposizione recepisce la costante  giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale non e' ammissibile l'intervento  di
terzi titolari di un interesse semplicemente  regolato,  al  pari  di
ogni altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis, sentenza  n.
31 del 2022; ordinanza  allegata  alla  sentenza  n.  104  del  2022;
ordinanze n. 14 del 2022 e n. 191 del 2021). 
    Tutti i soggetti intervenuti  nel  presente  giudizio  esercitano
fuori dalla Regione Marche, come detto,  l'attivita'  commerciale  di
cui all'art. 5  del  d.l.  n.  223  del  2006,  come  convertito,  e,
pertanto,  essi  devono  ritenersi  titolari  di  un  interesse  solo
riflesso all'accoglimento delle  odierne  questioni  di  legittimita'
costituzionale, per il fatto di non poter svolgere,  al  pari  d'ogni
altra  parafarmacia,  le  attivita'  che  le  disposizioni  censurate
consentono alle farmacie. 
    Ne consegue che i loro interventi sono inammissibili. 
    3.- Sempre in via preliminare, devono essere esaminate le diverse
eccezioni  di  inammissibilita'  delle  questioni   di   legittimita'
costituzionale  proposte  da  Federfarma  -   Federazione   nazionale
unitaria  dei  titolari  di  farmacia  italiani  e  quella   avanzata
dall'Unione  regionale  dei  titolari  di  farmacia  delle  Marche  -
Federfarma Marche. 
    3.1.- Federfarma lamenta, innanzitutto, che il TAR  Marche  abbia
apoditticamente evocato gli artt. 3 e 41 Cost., senza  distinguere  i
profili di pretesa violazione. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Il giudice a quo si diffonde  sulle  ragioni  che  lo  portano  a
dubitare  della  legittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
censurate,  affermando  che  esse  determinerebbero  un'irragionevole
disparita' di trattamento tra farmacie e parafarmacie e limiterebbero
anche, senza  un  giustificato  motivo,  la  liberta'  di  iniziativa
economica  delle  seconde:  la  sola  circostanza  che  i   parametri
costituzionali vengano presi in considerazione unitariamente  non  e'
ragione d'inammissibilita', quando le censure siano chiare e volte  a
porre in evidenza il vulnus ai  diritti  e  interessi  costituzionali
protetti dalle disposizioni di cui si lamenta la violazione (sentenza
n. 53 del 2018). 
    3.2.- La difesa di Federfarma ritiene, poi, che questa Corte  non
potrebbe adottare la sentenza additiva  chiesta  dal  rimettente,  in
ragione  dell'assenza  di  "rime   obbligate"   e   della   esistente
discrezionalita' legislativa in tema di farmacie e parafarmacie,  che
consentirebbe al legislatore di graduare i «differenti oneri  imposti
e la diversa diffusione» delle une e delle altre. 
    Anche questa eccezione non e' fondata. 
    Nella  prospettiva  del  TAR   rimettente,   la   disparita'   di
trattamento determinata dall'art. 1, commi 418 e 419, della legge  n.
178  del  2020  e'  ingiustificata   e   potrebbe   trovare   rimedio
esclusivamente con l'estensione alle parafarmacie della  possibilita'
di effettuare i test di cui alle norme censurate. 
    La  valutazione  sulla  correttezza,  o  meno,  dell'assunto  del
giudice a quo attiene al merito e non gia'  all'ammissibilita'  delle
questioni di legittimita' costituzionale. Questa Corte,  infatti,  e'
chiamata a sindacare non la generale  scelta  legislativa  di  tenere
distinto il regime normativo che caratterizza le farmacie  da  quello
che disciplina invece le parafarmacie,  ma  la  puntuale  scelta  del
legislatore, compiuta con le  norme  censurate,  di  consentire  alle
prime, e non anche alle seconde, la possibilita' di effettuare i test
sierologici e i tamponi antigenici rapidi anti COVID-19. 
    3.3.- A parere di Federfarma, inoltre, la motivazione in punto di
non manifesta infondatezza sarebbe insufficiente per diverse ragioni.
A suo avviso, il TAR Marche: a) non si sarebbe interrogato  sul  come
le norme censurate si inseriscono nella complessiva disciplina  della
cosiddetta farmacia dei servizi; b)  non  avrebbe  dato  conto  delle
ragioni per le quali il  ruolo  "istituzionale"  delle  farmacie  non
sarebbe rilevante nel  caso  di  specie;  c)  pur  ritenendo  che  la
disciplina  censurata  non  contrasti  con  il  diritto   dell'Unione
europea, non avrebbe spiegato perche' le statuizioni della  Corte  di
giustizia non rileverebbero nel giudizio dinanzi a se', ove del  pari
si lamenta la violazione del principio di libera concorrenza; d)  non
avrebbe considerato le decisioni  di  questa  Corte  che  gia'  hanno
raffrontato  la  disciplina   delle   farmacie   con   quella   delle
parafarmacie e che «avrebbero consentito agevolmente  di  superare  i
dubbi di costituzionalita'» (il  riferimento,  diffuso  nell'atto  di
costituzione, e' alla sentenza n. 66 del 2017, cui si  sarebbe  fatto
solo un fugace cenno, e alla sentenza n.  216  del  2014,  del  tutto
ignorata); e) non avrebbe  considerato  la  circostanza  per  cui  la
giurisprudenza costituzionale  ha  sempre  ricondotto  il  cosiddetto
diritto delle farmacie alla tutela della salute di  cui  all'art.  32
Cost., restando invece solo marginale sia il carattere  professionale
sia l'indubbia natura commerciale dell'attivita' del farmacista. 
    Neppure questa eccezione, con la quale, con diversi argomenti, si
lamenta  un'inadeguata   ricostruzione   del   quadro   normativo   e
giurisprudenziale entro cui si inseriscono le disposizioni censurate,
e' fondata. 
    Vero e' che  il  TAR  Marche  non  ha  preso  in  considerazione,
segnatamente, ne' l'art. 32 Cost. ne' la sentenza n. 216 del 2014  di
questa  Corte,  ma  l'omissione  non   e'   tale   da   compromettere
«irrimediabilmente l'iter logico  argomentativo  posto  a  fondamento
delle valutazioni del rimettente»  (sentenza  n.  194  del  2021;  in
termini analoghi, di recente, anche la sentenza n. 91 del  2022).  Il
giudice a quo, infatti, ha «esposto in modo ampio, compiuto e  chiaro
le ragioni che lo inducono a porre  in  discussione  la  legittimita'
costituzionale delle norme censurate» (sentenza  n.  278  del  2019),
dando diffusamente conto, in particolare, della sentenza della  Corte
di giustizia dell'Unione europea, quarta sezione,  5  dicembre  2013,
nelle cause riunite da C-159/12 a  C-161/12,  Venturini  e  altri,  e
delle ragioni per cui le  disposizioni  censurate  non  sarebbero  in
contrasto con il diritto dell'Unione europea. 
    Le obiezioni di Federfarma, che fanno leva sull'esigenza  che  le
disposizioni impugnate vengano valutate anche alla  luce  del  quadro
normativo  in  tema  di  farmacie  e  della  relativa  giurisprudenza
costituzionale, sono invero  rivolte,  dunque,  a  fornire  argomenti
contrari a quelli posti dal rimettente a  fondamento  delle  censure,
«sicche' non ostano all'ammissibilita' di  queste  ma  devono  essere
piu' propriamente rimesse all'esame del merito» (sentenza n. 250  del
2017). 
    3.4.-  Tanto  Federfarma  quanto   Federfarma   Marche,   infine,
lamentano che l'ordinanza di  rimessione  sarebbe  carente  anche  in
punto di rilevanza. 
    Secondo Federfarma, il TAR Marche  non  avrebbe  chiarito  se  la
dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale  delle   disposizioni
censurate  sia  decisiva  per  annullare  la  delibera  della  Giunta
regionale oggetto del ricorso giurisdizionale  amministrativo  o  per
pronunciarsi sulla domanda risarcitoria in quella sede proposta. 
    Nelle rispettive memorie illustrative, entrambe le  parti  hanno,
poi, rilevato che il giudice rimettente ha affermato che, in caso  di
accoglimento delle questioni di legittimita' costituzionale, dovrebbe
chiamarsi in giudizio anche lo Stato, nella  persona  del  Presidente
del   Consiglio   dei   ministri,   cui   sarebbe   ascrivibile    la
responsabilita'    aquiliana    per     l'aver     adottato     norme
costituzionalmente  illegittime.  Si  tratterebbe   di   affermazione
contrastante con la giurisprudenza tanto della  Corte  di  cassazione
quanto del Consiglio di Stato, che hanno  ripetutamente  escluso  che
possa configurarsi una responsabilita' dello Stato per l'esercizio di
attivita' legislativa dichiarata costituzionalmente  illegittima:  ne
conseguirebbe   l'irrilevanza   delle   questioni   di   legittimita'
costituzionale,  perche'  la  responsabilita'   statale,   ai   sensi
dell'art. 2043 del codice civile, andrebbe comunque negata, quale che
sia l'esito del presente giudizio. 
    Neppure questa eccezione e' fondata. 
    Nel giudizio a  quo,  infatti,  il  TAR  Marche  e'  innanzitutto
chiamato a valutare la legittimita' del provvedimento con il quale la
Giunta regionale ha annullato  in  autotutela  la  deliberazione  che
recava l'accordo con  le  parafarmacie  marchigiane.  Tanto  basta  a
radicare la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale,
poiche' il contrasto di  quella  deliberazione  con  le  disposizioni
censurate e' il «presupposto essenziale» che ha  portato  la  Regione
Marche  a  esercitare  il  potere  di  annullamento.   Le   ulteriori
valutazioni prognostiche del  giudice  rimettente  sulle  conseguenze
dell'eventuale dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale  sulla
diversa domanda di condanna della Regione Marche al risarcimento  dei
danni - al di la' d'ogni considerazione sulla loro  correttezza,  che
non spetta a questa Corte  apprezzare  -  non  sono  dunque  tali  da
inficiare il giudizio sulla rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, la cui risoluzione e', essa  sola,  determinante  per
giudicare della legittimita' dell'atto della Giunta regionale oggetto
principale del ricorso giurisdizionale amministrativo. 
    4.-   Ancora   in   via   preliminare,   deve   rilevarsi    che,
successivamente all'ordinanza di rimessione, l'art. 41 Cost. e' stato
modificato dalla legge di revisione costituzionale 11 febbraio  2022,
n. 1 (Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di
tutela dell'ambiente), la quale  ha  previsto  -  per  quel  che  qui
interessa - che l'iniziativa economica privata non puo' svolgersi  in
modo da recare danno alla salute. 
    La modifica  di  detto  parametro  costituzionale  non  e'  tale,
tuttavia,  da  giustificare  una  restituzione  degli  atti  per  ius
superveniens che consenta al giudice a quo di  valutare  gli  effetti
della  revisione  costituzionale  sulla  non  manifesta  infondatezza
(ordinanze n. 150 del 2012, n. 307 e n. 95 del 2000), anche alla luce
della pregressa giurisprudenza di questa Corte in tema di liberta' di
iniziativa economica privata e tutela della salute  (sentenze  n.  20
del 1978, n. 137 del 1971, n. 21 del 1964, n. 11 del 1960 e n. 29 del
1957). 
    5.- Nel merito, le questioni di legittimita'  costituzionale  non
sono fondate. 
    5.1.- Secondo il costante orientamento di questa Corte, si e'  in
presenza di una violazione  dell'art.  3  Cost.  «qualora  situazioni
sostanzialmente    identiche    siano    disciplinate     in     modo
ingiustificatamente  diverso  e  non  quando   alla   diversita'   di
disciplina corrispondano situazioni non assimilabili»  (ex  plurimis,
sentenze n. 71 del 2021, n. 85 del 2020, n. 13 del 2018,  n.  71  del
2015);  nel  qual  caso  e'  insindacabile  la  discrezionalita'  del
legislatore (sentenza n.  340  del  2004),  sempre  entro  il  limite
generale dei  principii  di  proporzionalita'  e  ragionevolezza  (ex
plurimis, sentenze n. 192 e n. 79 del 2016, n. 85 del 2013). 
    Il giudice a quo censura l'art. 1, commi 418 e 419,  della  legge
n. 178 del 2020 nel convincimento che il  legislatore,  in  relazione
alla possibilita' di effettuare i test anti  COVID-19  ivi  previsti,
abbia trattato  ingiustificatamente  in  modo  diverso  due  soggetti
giuridici, farmacie e cosiddette parafarmacie, che si troverebbero in
situazioni sostanzialmente identiche, poiche' tanto le une quanto  le
altre sarebbero in grado  di  erogare  le  prestazioni  in  discorso,
stante la presenza in entrambe di farmacisti abilitati. 
    Il quadro normativo, tuttavia, impedisce di affermare che si  sia
dinanzi alla «esistenza di una identita'  di  situazioni  giuridiche,
rispetto alle quali la disciplina impugnata determini una  disparita'
di trattamento normativo rilevante agli  effetti  dell'art.  3  della
Costituzione» (sentenza n. 340 del  2004):  l'esistenza  di  elementi
comuni a farmacie e parafarmacie - e, nel caso di specie, la presenza
di farmacisti abilitati presso entrambe - non e' tale da  mettere  in
dubbio «che fra i due esercizi permangano una serie di  significative
differenze, tali da rendere la scelta del legislatore non censurabile
in termini di  ragionevolezza»  (sentenza  n.  216  del  2014)  e  di
violazione del principio di uguaglianza. 
    5.1.1.-  Le  cosiddette  parafarmacie,  infatti,  sono   esercizi
commerciali, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettere d), e) e f),  del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma  della  disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma  4,
della legge 15 marzo 1997,  n.  59),  che,  secondo  quanto  disposto
dall'art. 5 del d.l. n.  223  del  2006,  come  convertito,  «possono
effettuare attivita' di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione [...] e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti  a
prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e
alla regione in cui ha sede l'esercizio» (comma 1), e sempre  che  la
vendita sia «effettuata nell'ambito  di  un  apposito  reparto,  alla
presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di  uno  o
piu' farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti
al relativo ordine» (comma 2). 
    Le farmacie, invece, erogano l'assistenza farmaceutica  (art.  28
della legge 23  dicembre  1978,  n.  833,  recante  «Istituzione  del
servizio  sanitario  nazionale»),  oggi  ricompresa  tra  i   livelli
essenziali di assistenza  ai  sensi  del  d.P.C.m.  12  gennaio  2017
(Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto  legislativo  30  dicembre
1992,  n.  502),  e  svolgono,  dunque,  un  «servizio  di   pubblico
interesse» (sentenza n. 312 del 1983; analogamente,  sentenza  n.  29
del  1957),  preordinato  al  fine  di  «garantire  la   tutela   del
fondamentale diritto alla  salute,  restando  solo  marginale,  sotto
questo profilo, sia il carattere professionale sia l'indubbia  natura
commerciale dell'attivita' del farmacista» (sentenza n. 87 del  2006,
confermata successivamente, tra le tante, dalla sentenza n.  216  del
2014). I farmacisti titolari di farmacia, pertanto, sotto il  profilo
funzionale sono concessionari di un pubblico  servizio  (sentenza  n.
448 del 2006; Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza  24
novembre 2004, n. 22119). 
    Le farmacie, dunque, rientrano nell'ambito del servizio sanitario
nazionale (SSN), di cui fanno parte (artt. 25 e 28 della legge n. 833
del 1978), e sono dislocate sul  territorio  secondo  il  sistema  di
pianificazione di cui  alla  legge  2  aprile  1968,  n.  475  (Norme
concernenti  il  servizio  farmaceutico),  il  quale,   dettando   la
specifica proporzione di una farmacia ogni  3300  abitanti  (art.  1,
comma secondo), e' volto ad «assicurare l'ordinata copertura di tutto
il territorio nazionale al fine di agevolare la maggiore tutela della
salute dei cittadini» (sentenza n. 4 del 1996). 
    E' anche in ragione di questa diffusione  sull'intero  territorio
nazionale delle farmacie - frutto dell'applicazione del criterio  del
contingentamento  nella  determinazione   del   numero   delle   sedi
farmaceutiche  -  che  il  legislatore  delegato,  con   il   decreto
legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di  nuovi  servizi
erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario  nazionale,
nonche' disposizioni in materia di  indennita'  di  residenza  per  i
titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11 della legge  18
giugno 2009, n. 69), ha  previsto  che,  in  aggiunta  all'assistenza
farmaceutica, «nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria  [siano]
erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito  del  Servizio
Sanitario Nazionale», come indicati nella legge di delegazione  (art.
11, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni
per lo sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la  competitivita'
nonche'  in  materia  di  processo  civile»);  e,  tra   questi,   la
partecipazione «al servizio di  assistenza  domiciliare  integrata  a
favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede
di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto  delle  attivita'  del
medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta» (art. 1,
comma  2,  lettera  a,  del  d.lgs.  n.  153   del   2009),   nonche'
l'effettuazione  «di  prestazioni   analitiche   di   prima   istanza
rientranti nell'ambito dell'autocontrollo» (art. 1, comma 2,  lettera
e, del d.lgs. n. 153 del  2009).  In  tal  modo  -  ed  e'  cio'  che
maggiormente rileva  in  questa  sede  -  «l'attivita'  svolta  dalle
farmacie non e' piu' ristretta alla distribuzione  di  farmaci  o  di
prodotti  sanitari,  ma  si  estende  alla  prestazione  di  servizi»
(sentenza n. 66 del 2017), la cui determinazione avviene  nell'ambito
dei principi fondamentali,  stabiliti  dal  legislatore  statale,  in
materia di «tutela della salute», perche'  «finalizzati  a  garantire
che sia mantenuto un elevato  e  uniforme  livello  di  qualita'  dei
[relativi] servizi in tutto il territorio» (sentenza n. 66 del 2017). 
    5.2.- La rilevata differenziazione di sistema,  sotto  i  profili
del regime e della posizione rivestita,  rispettivamente  nell'ambito
del SSN  e  sul  mercato,  da  farmacie  e  cosiddette  parafarmacie,
consente gia' di escludere che  le  disposizioni  censurate  trattino
diversamente situazioni eguali. Tale differenziazione, del resto, non
e' negata in linea generale dalla stessa difesa  delle  parafarmacie,
la quale deduce, peraltro, che le diversita' in questione attengono a
piani diversi e  non  sarebbero  idonee  a  giustificare  la  mancata
previsione  della  possibilita',  anche  per  le   parafarmacie,   di
effettuare i test di cui all'art. 1, commi 418 e 419, della legge  n.
178 del 2020. 
    L'invocato scrutinio di costituzionalita' va  dunque  svolto  sul
piano  della  ragionevolezza  delle   disposizioni   censurate,   non
sussistendo,   secondo   la   prospettazione   del   rimettente,   un
giustificato motivo per escludere le parafarmacie dalla  possibilita'
di effettuare test sierologici e tamponi antigenici rapidi. 
    5.2.1.- Questa Corte ha gia'  rilevato  come  la  diffusione  del
COVID-19 abbia richiesto  al  legislatore  l'introduzione  di  «nuove
risposte  normative  e  provvedimentali»,  perche',  «a  causa  della
rapidita' e della imprevedibilita' con cui il contagio si spande,  ha
imposto l'impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una
situazione di crisi in costante divenire» (sentenza n. 37 del 2021). 
    Le disposizioni censurate - che consentono solo alle farmacie,  e
non anche alle parafarmacie, l'effettuazione dei test ivi previsti  -
sono esattamente parte della complessa e articolata reazione  che  lo
Stato ha posto in essere per fronteggiare la diffusione del  COVID-19
e tutelare la salute della collettivita' tutta. A fronte di «un virus
respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel  mondo,
e che puo' venire contratto da chiunque» (sentenza n. 127 del  2022),
e' stato infatti necessario, tra le altre cose,  erogare  sull'intero
territorio nazionale  nuovi  servizi  sanitari,  messi  a  punto  per
monitorare la circolazione del virus SARS-CoV-2. 
    5.2.2.- La scelta di avvalersi delle farmacie, quali soggetti del
SSN, per la erogazione di nuovi servizi sanitari volti a  contrastare
la circolazione del virus SARS-CoV-2, d'altronde, e'  frutto  di  una
opzione legislativa di sistema che,  al  di  la'  d'ogni  valutazione
puntuale,  e'  ribadita  e  confermata  negli  interventi   normativi
successivi, i quali neppure hanno affidato  detti  servizi  anche  al
diverso settore, eminentemente commerciale, delle parafarmacie. 
    E' il caso, in primo luogo,  dell'art.  5  del  decreto-legge  23
luglio 2021, n. 105  (Misure  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza
epidemiologica  da  COVID-19  e  per  l'esercizio  in  sicurezza   di
attivita' sociali ed economiche), convertito nella legge 16 settembre
2021, n. 126,  il  quale  ha  mantenuto  in  capo  alle  farmacie  la
possibilita' di effettuare  test  sierologici  e  tamponi  antigenici
rapidi, contestualmente  estesa  ad  altre  strutture  sanitarie,  le
quali,  significativamente,  sono  state   individuate   tra   quelle
«private,  autorizzate  o  accreditate  con  il  Servizio   sanitario
nazionale e autorizzate dalle regioni a effettuare i  medesimi  test»
(cosi' il Protocollo  d'intesa  tra  il  Ministro  della  salute,  il
Commissario straordinario per l'attuazione e il  coordinamento  delle
misure di  contenimento  e  contrasto  dell'emergenza  epidemiologica
COVID-19 e dette strutture sanitarie, del 6 agosto 2021). 
    Con l'art. 1, comma 471,  della  legge  n.  178  del  2020,  come
sostituito dall'art. 20, comma 2, lettera h),  del  decreto-legge  22
marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese
e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali,
connesse all'emergenza da COVID-19), convertito,  con  modificazioni,
nella legge 21 maggio 2021, n. 69, e' stato poi  previsto  che  nelle
farmacie aperte al pubblico - in via sperimentale  per  l'anno  2021,
termine successivamente prorogato per tutto l'anno 2022 dall'art.  12
del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 (Proroga  dello  stato  di
emergenza nazionale e ulteriori  misure  per  il  contenimento  della
diffusione  dell'epidemia  da  COVID-19)  -  i   farmacisti   possono
somministrare vaccini contro il virus SARS-CoV-2, trasmettendo poi «i
dati relativi  alle  vaccinazioni  effettuate  alla  regione  o  alla
provincia autonoma di riferimento». 
    Si tratta di opzioni normative che  il  legislatore,  infine,  ha
ancor piu' di  recente  ribadito  con  l'art.  2,  comma  8-bis,  del
decreto-legge 24 marzo 2022,  n.  24  (Disposizioni  urgenti  per  il
superamento delle misure di contrasto alla  diffusione  dell'epidemia
da  COVID-19,  in  conseguenza  della  cessazione  dello   stato   di
emergenza, e altre disposizioni  in  materia  sanitaria),  convertito
nella legge 19 maggio 2022, n. 52.  Con  l'inserimento,  mediante  il
suddetto comma 8-bis, della lettera e-quater) nell'art. 1,  comma  2,
del d.lgs. n. 153 del 2009, sono stati aggiunti, ai  servizi  erogati
dalle farmacie nell'ambito del SSN, tanto  «la  somministrazione,  da
parte  di  farmacisti  [...]  di  vaccini  anti  SARS-CoV-2»,  quanto
«l'effettuazione di test diagnostici che  prevedono  il  prelevamento
del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo». 
    5.2.3.- Questa Corte ritiene che la scelta di consentire soltanto
alle farmacie, e non anche  alle  parafarmacie,  l'effettuazione  dei
test previsti dalle norme impugnate, a fronte  della  diversa  natura
dei due soggetti giuridici e del differente regime giuridico  che  li
caratterizza, rientri nella sfera della discrezionalita'  legislativa
e non sia censurabile per irragionevolezza. 
    5.2.4.- Tale scelta si  fonda,  essenzialmente,  sull'inserimento
delle farmacie nell'organizzazione del servizio sanitario  nazionale,
che gia' consente loro di  condividere  con  le  autorita'  sanitarie
procedure  amministrative  finalizzate  a   fronteggiare   situazioni
ordinarie ed emergenziali, anche  mediante  il  trattamento  di  dati
sensibili in condizioni di sicurezza. 
    Coinvolgendo nell'attivita' in  discorso  soltanto  le  farmacie,
infatti, il  legislatore  si  e'  affidato  a  soggetti,  presenti  e
ordinatamente dislocati sull'intero territorio nazionale  in  ragione
delle esigenze della popolazione, che gia' fanno parte  del  servizio
sanitario nazionale e che, in  tale  veste,  sono  stati  chiamati  a
erogare servizi a forte valenza socio-sanitaria.  Del  resto  -  come
riconosce lo stesso TAR rimettente - quelle di cui alle  disposizioni
censurate  sono  qualificabili  «come  vere  e  proprie   prestazioni
sanitarie»,   il   che   peraltro   e'    ulteriormente    confermato
dall'inserimento all'art. 1, comma 2, del  d.lgs.  n.  153  del  2009
sulla cosiddetta farmacia dei servizi - ad opera dell'art.  1,  comma
420, della medesima legge n. 178 del 2020 - della lettera e-ter,  che
consente  «l'effettuazione  presso  le  farmacie  da  parte   di   un
farmacista di test diagnostici che prevedono il  prelievo  di  sangue
capillare»:  prelievo  che,  come  ha  rilevato  il  Presidente   del
Consiglio dei ministri nell'atto di  intervento,  e'  necessario  per
l'espletamento dei test sierologici. Ebbene, non  puo'  allora  dirsi
irragionevole la scelta discrezionale del  legislatore  di  mantenere
l'erogazione  dei  servizi  sanitari  in  discorso  all'interno   del
circuito del SSN e di non estenderla anche a  soggetti  che  hanno  a
riferimento l'ambito della distribuzione commerciale. 
    Con l'art. 1, commi 418 e 419,  della  legge  n.  178  del  2020,
inoltre, e' stata contenuta e predeterminata la  platea  di  soggetti
che sono tenuti a trasmettere alle autorita'  sanitarie  i  dati  dei
test antigenici rapidi; dati il cui trattamento  rientra  nell'ambito
della disciplina di cui all'art. 9  del  Regolamento  generale  sulla
protezione dei dati (Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 27 aprile 2016,  relativo  alla  protezione  delle
persone fisiche con  riguardo  al  trattamento  dei  dati  personali,
nonche' alla libera  circolazione  di  tali  dati  e  che  abroga  la
direttiva  95/46/CE).  In   tal   modo,   sono   stati   chiamati   a
interfacciarsi  con  le  autorita'  sanitarie,   attraverso   sistemi
informativi e telematici da loro gia' adoperati, soltanto soggetti  -
le farmacie, appunto - che, proprio perche' gia' inseriti nel SSN, di
tali autorita' sono interlocutori abituali:  aspetto,  questo,  tanto
meno censurabile in termini di ragionevolezza, ove si  pensi  che  la
trasmissione di detti dati personali sensibili  e'  funzionale  anche
all'adozione, da parte delle autorita'  sanitarie,  di  provvedimenti
limitativi della liberta' di circolazione ai sensi dell'art. 16 Cost.
(sentenza n. 127 del  2022),  che  il  legislatore  puo'  dunque  ben
ritenere richiedano un livello di "certificazione"  riferibile  a  un
soggetto gia' inserito nel  sistema  e  che  riveste  -  come  si  e'
ricordato - la qualifica di concessionario di un pubblico servizio. 
    5.2.5.- Le predette considerazioni valgono anche a escludere  che
le  disposizioni  censurate  siano,  come   sostenuto   dal   giudice
rimettente, «in conflitto logico con la ratio sottesa alla  normativa
emergenziale, ossia quella di incrementare il numero di tamponi».  Se
e'  vero  che  l'estensione  alle   cosiddette   parafarmacie   della
possibilita' di erogare le  prestazioni  in  discorso  avrebbe  assai
probabilmente  determinato   un   aumento   quantitativo   dei   test
effettuati, cio' non  vale,  tuttavia,  a  rendere  irragionevole  la
diversa scelta compiuta dal legislatore. Questi, infatti,  ha,  nella
sua discrezionalita', valutato maggiormente rispondente  alla  tutela
della salute, da un lato, che tali test siano effettuati  si'  in  un
numero inferiore di luoghi, ma distribuiti sul  territorio  nazionale
secondo logiche non  meramente  commerciali,  bensi'  di  adeguatezza
rispetto alla popolazione, cui assicurare con continuita' l'accesso a
tali prestazioni sanitarie; dall'altro, che la trasmissione dei  dati
relativi ai test sia effettuata da un numero  limitato  di  soggetti,
rendendo cosi' piu' agevole la loro ricezione  e  gestione  da  parte
delle autorita' sanitarie, anche sotto  il  gia'  richiamato  profilo
dell'adozione dei provvedimenti a tutela della salute pubblica. 
    A orientare la decisione legislativa non  e'  stata,  dunque,  la
figura professionale del farmacista - ne' la  cosiddetta  riserva  di
farmacia, relativa piu'  propriamente  alla  vendita  di  determinati
farmaci - ma la valutazione che la  limitazione  alle  sole  farmacie
della  possibilita'  di  effettuare  i  test   in   questione   fosse
funzionale, per le ragioni anzidette, a un piu' efficace monitoraggio
della circolazione del virus SARS-CoV-2 e, pertanto, a garantire  una
migliore tutela della salute pubblica su tutto  il  territorio  della
Repubblica. In un quadro complesso,  ove  vengono  in  gioco  diversi
interessi e primo tra tutti la tutela della salute,  l'individuazione
del relativo punto di equilibrio spetta al legislatore  (sentenza  n.
216 del 2014), e ove, come nel  caso  di  specie,  l'esercizio  della
discrezionalita' legislativa  non  sia  irragionevole,  esso  non  e'
censurabile da questa Corte. 
    5.3.- La non irragionevolezza delle norme censurate vale altresi'
a escludere la violazione  dell'art.  41  Cost.,  prospettata,  dallo
stesso rimettente, in connessione alla dedotta violazione dell'art. 3
Cost. Il TAR  Marche,  infatti,  muove  dall'assunto  che  si  e'  in
presenza di una irragionevole disparita'  di  trattamento,  la  quale
determina anche, senza un giustificato motivo, una limitazione  della
liberta' di iniziativa economica delle cosiddette  parafarmacie:  non
essendo fondato tuttavia l'assunto, si  rileva  conseguentemente  non
fondato anche il correlato dubbio di legittimita' costituzionale. 
    La  giurisprudenza   di   questa   Corte,   d'altra   parte,   ha
ripetutamente affermato che, in tema di restrizioni della liberta' di
iniziativa economica privata,  il  limite  insuperabile  deve  essere
individuato  «nell'arbitrarieta'  e  nell'incongruenza  -  e   quindi
nell'irragionevolezza  -  delle  misure  restrittive   adottate   per
assicurare l'utilita' sociale»  (di  recente,  sentenza  n.  218  del
2021). 
    5.3.1.- In  senso  analogo,  la  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione europea ha ripetutamente sostenuto che esigenze
di tutela della salute  consentono  agli  Stati  membri  di  disporre
restrizioni  alla  liberta'  di  stabilimento  e  alla  tutela  della
concorrenza, sempre che assicurino  la  realizzazione  dell'obiettivo
perseguito  e  non  vadano  oltre  a   quanto   e'   necessario   per
raggiungerlo. 
    Di specifico rilievo e' la citata sentenza Venturini e altri, non
a caso presa in considerazione anche dal TAR Marche, il quale proprio
sulla sua base ha escluso che le disposizioni  oggetto  del  presente
giudizio siano in contrasto con la normativa dell'Unione europea.  In
tale occasione la Corte  di  giustizia  -  chiamata  a  rispondere  a
questione pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 TFUE, sulla normativa
italiana che impedisce alle cosiddette parafarmacie  la  possibilita'
di vendere i medicinali di fascia C soggetti a  prescrizione  medica,
normativa sulla quale peraltro si e' pronunciata anche  questa  Corte
con la sentenza n. 216 del 2014, escludendo che essa sia in contrasto
con gli artt.  3  e  41  Cost.  -  ha  osservato,  tra  l'altro,  che
l'importanza di tutelare la salute, idonea a giustificare restrizioni
alla liberta' di stabilimento, «e'  confermata  dagli  articoli  168,
paragrafo  1,  TFUE  e  35  della  Carta  dei  diritti   fondamentali
dell'Unione europea, in  virtu'  dei  quali,  in  particolare,  nella
definizione e nell'attuazione di  tutte  le  politiche  ed  attivita'
dell'Unione e' garantito  un  livello  elevato  di  protezione  della
salute  umana»  (paragrafo  41);  che  «l'apertura  di  farmacie  sul
territorio italiano  e'  oggetto  di  un  regime  di  pianificazione»
(paragrafo 45), il quale «puo' rivelarsi indispensabile  per  colmare
eventuali  lacune  nell'accesso  alle  prestazioni  sanitarie  e  per
evitare una duplicazione nell'apertura delle strutture, in  modo  che
sia garantita un'assistenza medica  adeguata  alle  necessita'  della
popolazione, che copra  tutto  il  territorio  e  tenga  conto  delle
regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate» (paragrafo
47); che, infine, e  soprattutto,  «secondo  giurisprudenza  costante
della Corte, in sede di valutazione dell'osservanza del principio  di
proporzionalita' nell'ambito della sanita' pubblica,  occorre  tenere
conto del fatto che lo Stato membro puo' decidere il livello al quale
intende garantire la tutela della sanita' pubblica e il modo  in  cui
questo livello deve  essere  raggiunto.  Poiche'  tale  livello  puo'
variare da uno Stato membro all'altro, si deve riconoscere agli Stati
membri un margine di discrezionalita'» (paragrafo 59). 
    Si  trattava,  peraltro,  di  affermazioni  che   la   Corte   di
Lussemburgo aveva ripetutamente compiuto nella propria giurisprudenza
(tra le tante, grande sezione, sentenza 1° giugno 2010,  nelle  cause
riunite C-570/07 e  C-571/07,  Blanco  Perez  e  Chao  Gomez;  grande
sezione, sentenza 19 maggio 2009,  nelle  cause  riunite  C-171/07  e
C-172/07, Apotherkerkammer des Saarlandes e  altri;  grande  sezione,
sentenza  19  maggio  2009,  in  causa  C-531/06,  Commissione  delle
Comunita' europee contro Repubblica italiana; sentenza  11  settembre
2008, in causa C-141/07, delle Comunita'  europee  contro  Repubblica
federale tedesca; grande sezione, sentenza 10 marzo  2009,  in  causa
C-169/07,  Hartlauer  Handelsgesellschaft  mbH)  e  che  sono   state
reiterate anche in pronunce successive (si  vedano,  ad  esempio,  le
sentenze della terza sezione, 1° ottobre 2020, in causa C-649/18, A e
altri;  1°  marzo  2018,  in  causa  C-297/16,   Colegiul   Medicilor
Veterinari din România (CMVRO); e della quarta sezione,  13  febbraio
2014, in causa C-367/12, Sokoll-Seebacher). 
    6.-  Le  sollevate  questioni  di  legittimita'   costituzionale,
dunque, devono essere dichiarate non fondate.