ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi  4
e 9, lettera u), della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre  2020,
n. 45  (Norme  a  sostegno  dell'economia  circolare  e  di  gestione
sostenibile dei rifiuti), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato il 1°-2  marzo  2021,  depositato  in
cancelleria il 4 marzo 2021, iscritto al n. 20 del  registro  ricorsi
2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  16,
prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2022 il Giudice relatore
Franco Modugno; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gianna Galluzzo  per  il  Presidente
del Consiglio dei  ministri  e  l'avvocato  Stefania  Valeri  per  la
Regione Abruzzo, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del
punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021; 
    deliberato nella camera di consiglio dell'8 giugno 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 4 marzo 2021, iscritto al reg. ric.
n.  20  del  2021,  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi
4 e 9, lettera u), della legge  della  Regione  Abruzzo  30  dicembre
2020, n. 45 (Norme a sostegno dell'economia circolare e  di  gestione
sostenibile dei rifiuti), in riferimento all'art. 117, secondo comma,
lettera  s),  della  Costituzione,  in  relazione  all'art.  35   del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge  11
novembre 2014, n. 164, nonche' agli artt. 195, comma 1, lettere f)  e
p), e comma 2, lettera a), l96, comma 1, lettere  n)  e  o),  e  l99,
commi l, 3, lettera l), e 5, del decreto legislativo 3  aprile  2006,
n. 152 (Norme in materia ambientale). 
    1.1.- L'art. l, comma 4, della legge reg. Abruzzo n. 45 del  2020
stabilisce che la «Regione, con la presente  legge,  sostiene  azioni
dirette alla riduzione della produzione e al recupero di materia  con
priorita'  rispetto  all'uso  dei  rifiuti  come  fonte  di  energia,
minimizzando  il  quantitativo  di  rifiuto  urbano  non  inviato  al
riciclaggio, ribadendo la volonta' di non prevedere la  realizzazione
di  impianti  dedicati  di  incenerimento  per  i  rifiuti  urbani  e
prevedendo di raggiungere tendenzialmente al 2022, a scala di  bacino
regionale, conformemente al vigente Piano Regionale di  Gestione  dei
Rifiuti (di  seguito  PRGR),  i  seguenti  obiettivi  minimi:  a)  un
quantitativo  di  produzione  di  rifiuto   urbano   indifferenziato,
inferiore ai 130 chilogrammi per abitante anno; b) un quantitativo di
rifiuti residui avviati a smaltimento finale in discarica,  inferiore
ai 100 chilogrammi per abitante anno». 
    Tale disposizione, ad avviso dell'Avvocatura generale, pur se  di
carattere  programmatico,  costituirebbe  la   base   giuridica   per
dichiarare  improcedibili  le  richieste  di  autorizzazione  per  la
realizzazione e l'esercizio di  impianti  di  incenerimento:  sarebbe
stato posto, dunque, un divieto alla realizzazione di  tali  impianti
sul territorio regionale, in contrasto con la disciplina statale.  In
particolare, sarebbe violato l'art. 35, comma 1, del d.l. n. 133  del
2014,  come  convertito,  ai  sensi  del  quale   gli   impianti   di
incenerimento   dei   rifiuti   «costituiscono    infrastrutture    e
insediamenti  strategici  di  preminente  interesse  nazionale».   Il
margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale da  parte
del d.lgs. n. 152 del 2006 (cod. ambiente), d'altro  canto,  non  gli
consentirebbe di prescrivere limiti generali siffatti: gli artt. 195,
comma l, lettera f), e 196, comma l, lettere n) e o), riserverebbero,
infatti, allo Stato «l'individuazione degli impianti di recupero e di
smaltimento  di  preminente  interesse  nazionale,  che  deve  essere
effettuata secondo finalita' di riequilibrio socio-economico  fra  le
aree del territorio nazionale». Inoltre,  l'art.  199  cod.  ambiente
stabilirebbe che «la valutazione sincronica degli interessi  pubblici
coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l'interesse del
soggetto privato operatore economico, sia con ulteriori interessi  di
cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e  che  trovano  nei
principi costituzionali la loro previsione  e  tutela,  puo'  e  deve
avvenire soltanto nella sede  procedimentale».  La  norma  impugnata,
pertanto,    sarebbe    costituzionalmente    illegittima,    poiche'
esprimerebbe  la  volonta'  di  non  prevedere  la  realizzazione  di
impianti per l'incenerimento  dei  rifiuti  urbani,  in  mancanza  di
qualsiasi tipo di valutazione istruttoria nella  sede  procedimentale
(si cita la sentenza di questa Corte n. 142 del 2019). 
    1.2.- L'impugnato art. 1, comma 9, stabilisce che siano promosse,
a traverso appositi atti esecutivi,  specifiche  azioni  al  fine  di
raggiungere gli obiettivi fissati nei precedenti  commi  3  e  4.  Il
ricorrente impugna la  lettera  u),  ove  si  prevede  che  gli  atti
esecutivi definiscano, «per garantire la tutela della  salute  e  del
territorio, distanze minime e  fasce  preventive  minime  dai  centri
abitati e dalle funzioni  sensibili,  come  ad  esempio  asili  nido,
scuole,  centri  sportivi  e  di  aggregazioni,  distretti  sanitari,
ospedali e case di riposo, al di sotto delle quali la  localizzazione
di impianti di trattamento e di smaltimento dei rifiuti e' esclusa  a
priori». Tale disposizione, per la difesa statale, individuerebbe  le
aree non idonee alla localizzazione degli impianti,  ponendosi  cosi'
in contrasto con l'art. 196, comma l, lettere n) e o), e  con  l'art.
199, commi l, 3, lettera l),  e  5,  cod.  ambiente.  Questi  ultimi,
difatti, stabilirebbero, da un lato, che la  Regione  puo'  definire,
sulla base dei criteri  generali  dettati  dalla  normativa  statale,
«criteri per l'individuazione, da parte delle  province,  delle  aree
non idonee alla localizzazione degli impianti  di  smaltimento  e  di
recupero dei rifiuti», e, dall'altro lato,  che  tali  criteri  siano
contenuti nel piano di gestione  dei  rifiuti,  e  non  nella  legge.
Questa Corte avrebbe ribadito questi principi in varie sentenze,  fra
cui la sentenza n. 272 del 2020 e le sentenze n.  129  e  n.  28  del
2019. 
    2.- Con atto depositato il 9 aprile 2021, la Regione  Abruzzo  si
e' costituita in giudizio, per  sostenere  la  non  fondatezza  delle
censure. 
    2.1.- Per quanto concerne l'impugnazione dell'art.  1,  comma  4,
della legge reg. Abruzzo n. 45 del 2020, la Regione  afferma  che  le
disposizioni impugnate non causerebbero  alcun  rischio  di  «deficit
nelle   potenzialita'   di   incenerimento»,   ne'   determinerebbero
l'impossibilita' di trattare rifiuti provenienti da altre Regioni. Si
tratterebbe, invece, di norme aventi un  valore  programmatico,  come
tali non lesive delle prerogative  statali.  Questo  si  desumerebbe,
innanzitutto, dal contesto in cui esse sono inserite: l'art. 1  della
legge regionale, infatti, si limiterebbe a indicare quali  azioni  in
futuro la Regione intende sostenere, in accordo con la pianificazione
regionale gia' in vigore e  nel  solco  degli  obiettivi  europei  di
riduzione della produzione dei  rifiuti  e  d'incentivo  all'economia
circolare. Sono citate, a tal proposito, la direttiva  (UE)  2018/849
del Parlamento europeo e  del  Consiglio  del  30  maggio  2018,  che
modifica le direttive  2000/53/CE  relativa  ai  veicoli  fuori  uso,
2006/66/CE relativa a pile e accumulatori e  ai  rifiuti  di  pile  e
accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di  apparecchiature  elettriche
ed elettroniche; la direttiva (UE) 2018/850 del Parlamento europeo  e
del  Consiglio  del  30  maggio  2018,  che  modifica  la   direttiva
1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti;  la  direttiva  (UE)
2018/851 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30  maggio  2018,
che  modifica  la  direttiva  2008/98/CE,  relativa  ai  rifiuti;  la
direttiva (UE) 2018/852 del Parlamento europeo e del  Consiglio,  del
30 maggio 2018, che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e
i  rifiuti  di  imballaggio  e  la  decisione  (UE)  2014/955   della
Commissione  del  18  dicembre  2014,  che  modifica   la   decisione
2000/532/CE relativa all'elenco dei rifiuti ai sensi della  direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, nonche' l'art. 191
Trattato  sul  funzionamento   dell'Unione   europea   (TFUE),   come
modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e
ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n.  130  e  la  sentenza  della
Corte di giustizia dell'Unione europea, 15  ottobre  2014,  in  causa
C-323/13,  riguardanti  il  principio  di   precauzione   in   ambito
sovranazionale. 
    Il codice dell'ambiente, d'altro canto, conferirebbe alle Regioni
autonomia pianificatoria in tema di gestione dei  rifiuti:  cosa  che
non potrebbe - si afferma - essere ignorata  dalla  Regione  Abruzzo,
che ha visto dichiarare l'illegittimita' costituzionale  di  una  sua
legge, sull'adeguamento  del  piano  sui  rifiuti,  proprio  a  causa
dell'utilizzo dello strumento legislativo anziche'  del  procedimento
amministrativo (sentenza n. 28 del 2019).  Cosi',  la  programmazione
regionale di settore - ammodernata  a  seguito  della  pronuncia  del
giudice costituzionale - escluderebbe la necessita' di un impianto di
incenerimento per rifiuti urbani,  e,  con  la  norma  impugnata,  la
Regione non farebbe altro che ribadire la propensione alle  soluzioni
alternative agli  inceneritori.  Risulterebbe,  peraltro,  dal  piano
regionale che «- alla luce  del  complessivo  fabbisogno  teorico  di
incenerimento - la realizzazione di un  inceneritore  non  troverebbe
attuale giustificazione, ne' tecnicamente,  ne'  economicamente,  ne'
ambientalmente». E anzi, un accordo, assunto con la Regione Lazio per
il trattamento di 80.000 tonnellate di rifiuti  provenienti  da  Roma
Capitale, attesterebbe la capacita' della  resistente  di  supportare
anche altre Regioni nel trattamento dei rifiuti. La difesa  regionale
afferma, inoltre, che,  secondo  l'art.  198-bis  cod.  ambiente,  di
recente introdotto, dovra' essere il programma nazionale di  gestione
dei rifiuti - da assoggettarsi a  valutazione  ambientale  strategica
(VAS), da  approvarsi  in  sede  di  Conferenza  Stato-Regioni  e  da
adottarsi con decreto ministeriale - a  definire  i  criteri  per  la
localizzazione degli impianti. 
    2.2.- Per quanto riguarda le censure rivolte all'art. 1, comma 9,
lettera u), la Regione deduce l'erroneita' della lettura proposta dal
Governo:  la  disposizione   non   disciplinerebbe   i   criteri   di
localizzazione   degli   impianti,   demandando   invece   a   futuri
provvedimenti attuativi la previsione  delle  distanze  minime  dalle
«funzioni  sensibili»,  a  tutela  della  salute  e  del  territorio.
L'identificazione in concreto dei luoghi e la  quantificazione  delle
distanze,  infatti,  sarebbero  concretamente  definite  in  sede  di
adozione del nuovo piano di gestione  dei  rifiuti;  la  disposizione
impugnata conterrebbe  un'elencazione  meramente  esemplificativa  di
tali luoghi. Per queste ragioni, le previsioni regionali in esame non
sarebbero idonee a ledere la competenza statale. 
    3.- L'Avvocatura generale dello Stato ha depositato  una  memoria
in prossimita' dell'udienza. Ribadisce come «la scelta operata  dalla
regione "di non prevedere la realizzazione di  impianti  dedicati  di
incenerimento per i rifiuti urbani" (comma 4) e la determinazione  da
parte della stessa regione dei criteri di individuazione  delle  aree
non idonee all'installazione degli impianti (comma 9)» contrasterebbe
con l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  non  essendo
conforme alla disciplina statale, la quale, da un  lato,  affiderebbe
allo Stato «l'individuazione di tali impianti»  e,  dall'altro  lato,
imporrebbe «l'osservanza delle garanzie procedimentali previste per i
piani  regionali  adottati  nella  forma  dell'atto  amministrativo».
Inoltre, la difesa statale afferma che l'argomentazione  spesa  dalla
controparte - secondo cui  le  norme  impugnate  avrebbero  carattere
programmatico e, percio', non potrebbero ledere le competenze statali
- non sarebbe idonea a superare i dedotti profili  di  illegittimita'
costituzionale. Difatti, le  Regioni  non  potrebbero  individuare  -
nemmeno sotto il profilo programmatico - la linea strategica  cui  il
piano dovrebbe adeguarsi, visto  che  l'art.  198-bis  cod.  ambiente
prevedrebbe l'adozione di  un  piano  nazionale  sulla  gestione  dei
rifiuti, il quale svolgerebbe quella funzione di indirizzo. 
    4.- Ha depositato memoria anche la Regione resistente, insistendo
per la non fondatezza delle questioni. L'art. 1, comma 4, della legge
regionale impugnata confermerebbe il rispetto  della  «gerarchia  dei
rifiuti»,  prevedendo  il  recupero  degli  stessi  senza  realizzare
impianti  di  incenerimento,  e  sfruttando,  invece,  impianti  gia'
autorizzati ed esistenti sul territorio. Il tutto in accordo  con  le
indicazioni provenienti dal diritto europeo. Inoltre,  la  promozione
della trasformazione dei rifiuti in vista di un  successivo  impiego,
favorendo la tutela ambientale, contribuirebbe altresi' allo sviluppo
delle attivita'  produttive:  pertanto,  in  questa  fattispecie,  la
competenza non sarebbe esclusivamente statale, dovendosi  considerare
l'importanza delle prerogative  proprie  della  Regione  in  tema  di
sviluppo industriale. 
    In  riferimento  all'art.  1,  comma  9,  della  legge  regionale
impugnata,  la  difesa  abruzzese,   deducendo   l'erroneita'   della
prospettazione del ricorrente, ribadisce come le norme  in  esame  si
limiterebbero a richiedere a successivi  provvedimenti  attuativi  di
individuare aree non idonee alla collocazione  di  impianti.  Dunque,
risulterebbero evidenti le  differenze  esistenti  fra  il  contenuto
delle   disposizioni   oggi    impugnate    e    quelle    dichiarate
costituzionalmente illegittime con le sentenze n. 272 del 2020  e  n.
69 del 2018: in questi casi,  infatti,  la  legge  regionale  avrebbe
definito precisamente le distanze minime, sostituendosi all'autorita'
amministrativa, mentre, nell'odierna fattispecie,  cio'  non  sarebbe
avvenuto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  20  del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 4  e  9,  lettera  u),
della legge della Regione Abruzzo 30 dicembre 2020, n.  45  (Norme  a
sostegno  dell'economia  circolare  e  di  gestione  sostenibile  dei
rifiuti). 
    In primo luogo, il ricorrente deduce il contrasto tra  l'art.  1,
comma 4, e gli artt. 35 del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 novembre 2014, n. 164, 195, comma 1,  lettere  f)  e  p),  e
comma 2, lettera a), 196, comma 1, lettere n) e o), l99, commi l,  3,
lettera l), e 5 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme
in materia ambientale): tale contrasto determinerebbe  la  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della  Costituzione.  Nella
parte in cui la legge regionale impugnata  dispone  che  la  Regione,
conformemente al vigente Piano  regionale  di  gestione  dei  rifiuti
(PRGR), ribadisce «la volonta' di non prevedere la  realizzazione  di
impianti dedicati  di  incenerimento  per  i  rifiuti  urbani»,  essa
stabilirebbe, infatti, un divieto di localizzazione  di  impianti  di
incenerimento  sul  territorio  regionale,   e   cio'   non   sarebbe
consentito, dal momento che la competenza a individuare  le  zone  in
cui  realizzare  tali  strutture,  secondo  la  normativa  interposta
evocata, spetterebbe allo Stato. 
    In secondo luogo, il Governo sostiene  che  l'art.  1,  comma  9,
lettera u), definendo «distanze minime e fasce preventive minime  dai
centri abitati» e da altri luoghi  «sensibili»,  sotto  le  quali  e'
preclusa la localizzazione di impianti di trattamento  e  smaltimento
di rifiuti, individuerebbe con legge, anziche' con gli  strumenti  di
pianificazione, le aree non idonee alla realizzazione degli impianti,
in spregio di quanto stabilito dall'art. 196, comma 1, lettere  n)  e
o) e dall'art. 199, commi 1, 3, lettera l), e 5, del  d.lgs.  n.  152
del 2006 (cod. ambiente); in contrasto,  dunque,  con  la  disciplina
statale cui sarebbe riservata la competenza legislativa esclusiva. 
    2.- La Regione Abruzzo, costituita in giudizio, non ha  formulato
eccezioni  d'inammissibilita'  del   ricorso,   sostenendo   la   non
fondatezza delle censure. 
    3.-  Le  questioni  riguardano  la  materia  della  gestione  dei
rifiuti: in particolare, da un lato, la collocazione di  impianti  di
incenerimento e, dall'altro lato,  l'individuazione  delle  aree  non
idonee  alla  localizzazione  di  strutture  per  il  recupero  e  lo
smaltimento dei rifiuti. 
    Va  anzitutto  ricordato  che  la  «disciplina  dei  rifiuti   va
ricondotta  alla  "tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema"  [...],
materia naturalmente trasversale, idonea  percio'  a  incidere  sulle
competenze regionali (sentenza n.  289  del  2019  che  richiama,  ex
multis, le sentenze n. 215 e n. 151 del 2018, n. 54 del 2012, n.  380
del 2007 e n. 259 del 2004; piu' recentemente, in senso conforme,  la
sentenza n. 227 del 2020)» (sentenze n. 21  del  2022  e  n.  86  del
2021). Difatti, «le Regioni possono esercitare competenze legislative
proprie per la cura di interessi funzionalmente collegati con  quelli
propriamente  ambientali,  purche'  l'incidenza  nella   materia   di
competenza esclusiva statale sia solo in termini di maggiore  e  piu'
rigorosa tutela dell'ambiente» (cosi', ex multis, sentenza n. 189 del
2021). 
    Le norme statali che  vincolano  il  legislatore  regionale  sono
contenute negli artt. 177 e  seguenti  cod.  ambiente;  nel  caso  in
esame, vengono in particolare rilievo gli artt. 195, comma 1, lettera
f), 196, comma 1, lettera n), e 199, comma 3, lettera l). 
    4.-  Per  quanto  concerne  la  prima  questione,  l'oggetto  del
giudizio va circoscritto  alla  norma  con  cui  la  Regione  Abruzzo
ribadisce la volonta' di non prevedere la realizzazione  di  impianti
per l'incenerimento dei rifiuti sul proprio  territorio;  questa  e',
difatti, l'unica porzione del disposto normativo cui le  censure  del
ricorrente sono  rivolte,  sebbene  l'art.  1,  comma  4,  sia  stato
impugnato per intero. 
    4.1.- La questione e' fondata. 
    Ai sensi dell'art. 195,  comma  1,  lettera  f),  cod.  ambiente,
spetta allo Stato «l'individuazione, nel rispetto delle  attribuzioni
costituzionali  delle  regioni,  degli  impianti  di  recupero  e  di
smaltimento di preminente interesse nazionale da  realizzare  per  la
modernizzazione e lo sviluppo del paese; l'individuazione e'  operata
[...] a mezzo di un programma, adottato con  decreto  del  Presidente
del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro  dell'ambiente  e
della tutela del territorio e del  mare  [...].  Nell'individuare  le
infrastrutture e gli insediamenti strategici di cui al presente comma
il Governo procede secondo finalita' di riequilibrio  socio-economico
fra le aree del territorio nazionale». 
    Trattandosi, nella specie, della  localizzazione  di  particolari
strutture - gli inceneritori - viene, inoltre, in rilievo l'art.  35,
comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, secondo  cui  «il
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del  mare,  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  con  proprio  decreto,
individua a livello nazionale la capacita' complessiva di trattamento
di rifiuti urbani e assimilati degli  impianti  di  incenerimento  in
esercizio  o  autorizzati  a  livello  nazionale,  con  l'indicazione
espressa della capacita' di  ciascun  impianto,  e  gli  impianti  di
incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e  assimilati
da realizzare per coprire  il  fabbisogno  residuo,  determinato  con
finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del
territorio nazionale e  nel  rispetto  degli  obiettivi  di  raccolta
differenziata e di riciclaggio, tenendo  conto  della  pianificazione
regionale.   Gli    impianti    cosi'    individuati    costituiscono
infrastrutture e  insediamenti  strategici  di  preminente  interesse
nazionale, attuano un sistema integrato  e  moderno  di  gestione  di
rifiuti urbani e  assimilati,  garantiscono  la  sicurezza  nazionale
nell'autosufficienza, consentono di superare  e  prevenire  ulteriori
procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di
settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica». 
    Tali disposizioni sono state attuate con il  d.P.C.m.  10  agosto
2016 (Individuazione della capacita' complessiva di trattamento degli
impianti  di  incenerimento  di  rifiuti  urbani  e  assimilabili  in
esercizio o autorizzati a livello nazionale,  nonche'  individuazione
del fabbisogno  residuo  da  coprire  mediante  la  realizzazione  di
impianti  di  incenerimento  con  recupero  di   rifiuti   urbani   e
assimilati). 
    Con la  legge  parzialmente  impugnata,  la  Regione  Abruzzo  ha
previsto norme di indirizzo per l'aggiornamento della  pianificazione
regionale sulla gestione dei rifiuti, che deve  avvenire  nella  sede
del  procedimento  amministrativo,   nella   concertazione   fra   le
istituzioni e i soggetti interessati. 
    Il legislatore regionale, dichiarando  la  volonta'  che  non  si
costruisca  un  impianto  di  incenerimento,  pone  un  limite   alla
localizzazione di  tale  impianto,  violando  la  competenza  che  la
disciplina poc'anzi richiamata attribuisce alle autorita' statali. 
    4.2.-  Questa  Corte  ha  gia'  in  altre  occasioni   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di  disposizioni  regionali  invasive
delle attribuzioni dello Stato, per la lesione degli stessi parametri
evocati nel presente  giudizio.  Cosi'  e'  accaduto  con  una  legge
secondo cui, nel piano regionale di gestione dei rifiuti,  si  doveva
prevedere, tra gli obiettivi prioritari, «la progressiva eliminazione
della  presenza  di  inceneritori  sul   territorio   della   regione
Basilicata». Questa Corte, accogliendo  la  questione,  ha  precisato
che, nonostante la disposizione  impugnata  non  ponesse  un  divieto
immediato  di  localizzazione,  non  era,  comunque  sia,   ad   essa
consentito  introdurre  limitazioni  all'esercizio   degli   impianti
(sentenza   n.   154   del   2016).   Ha,   in   seguito,   accertato
l'illegittimita'  costituzionale  di   previsioni   legislative   che
escludevano «qualsiasi forma di combustione del  combustibile  solido
secondario (CSS), dei rifiuti o dei materiali  e  sostanze  derivanti
dal trattamento dei rifiuti medesimi, ad eccezione del metano», nella
Regione  Marche.  Le  disposizioni  impugnate  impedivano,   infatti,
«all'interno del relativo perimetro  territoriale,  ogni  ipotesi  di
gestione  dei  rifiuti  mediante  combustione,  comprese  quelle  che
garantiscono un recupero d'energia valorizzando il calore sprigionato
dal relativo trattamento  termico»:  questa  Corte  ha  ritenuto  che
violassero le attribuzioni legislative dello Stato,  «ostacolando  la
realizzazione  delle  finalita'  di  riequilibrio  tra  le  aree  del
territorio nazionale poste a fondamento, in parte qua, del riparto di
competenze previsto, nella materia afferente la gestione dei rifiuti,
di cui al d.lgs. n. 152 del 2006» (sentenza n. 142  del  2019;  nello
stesso senso, sentenza n. 231 del 2019). 
    Similmente, nel caso ora in esame,  nell'indirizzare  l'attivita'
di revisione del PRGR, il legislatore regionale si e' inserito in  un
ambito che non gli  pertiene:  la  valutazione  della  necessita'  di
collocare un impianto di incenerimento nel  territorio  abruzzese  e'
compito dello Stato. La norma impugnata e', percio', affetta da vizio
d'incompetenza. 
    4.3.-  A  cio'  s'aggiunga  che,  sul  piano  dei  contenuti,  la
decisione politica della Regione Abruzzo  (evitare  la  realizzazione
dell'inceneritore nel suo territorio) si pone in contrasto con quanto
previsto nel d.P.C.m. 10 agosto 2016. Nell'individuare il  fabbisogno
residuo  da  coprire  mediante  la  realizzazione  di   impianti   di
incenerimento, quest'ultimo, infatti, verificava che  in  Abruzzo  vi
era una certa quantita' di rifiuti non efficacemente smaltiti  e  che
risultava «giustificata la realizzazione  di  un  nuovo  impianto  da
120.000 tonn/anno, tale da soddisfare le esigenze regionali». 
    4.4.- Il rilievo che il PRGR, vigente al momento dell'entrata  in
vigore della legge regionale n. 45  del  2020  -  seppur  aggiornato,
successivamente all'adozione del menzionato  d.P.C.m.,  con  delibera
del Consiglio Regionale  2  luglio  2018,  n.  110/8  recante  «Piano
Regionale di Gestione Integrata dei Rifiuti (PRGR) - Aggiornamento» e
relativi   allegati   -,   non    prevedesse    infrastrutture    per
l'incenerimento dei rifiuti urbani e assimilati non depone nel  senso
della non fondatezza della questione: tale circostanza non legittima,
infatti, il legislatore regionale a  inibirne  la  realizzazione  nel
futuro. 
    Parimente non rilevante, ai fini  della  presente  decisione,  e'
l'affermazione secondo la quale il sistema di  gestione  dei  rifiuti
della Regione  Abruzzo  rispetterebbe  la  «gerarchia  dei  rifiuti»,
definita dalle discipline europea e nazionale,  proprio  perche'  non
ricorre alla tecnica dell'incenerimento, intende ridurre il volume di
rifiuti in discarica e promuove, invece,  meccanismi  alternativi  di
recupero materiale ed energetico. La collocazione dei diversi tipi di
impianto di trattamento,  smaltimento  e  recupero  dei  rifiuti  sul
territorio nazionale, infatti, come si e' gia' rilevato, deve  essere
decisa a livello statale. 
    Va,  a  tale  proposito,  segnalata  l'introduzione  -  ad  opera
dell'art. 2, comma 1, del decreto legislativo 3  settembre  2020,  n.
116, recante «Attuazione della direttiva (UE) 2018/851  che  modifica
la direttiva  2008/98/CE  relativa  ai  rifiuti  e  attuazione  della
direttiva (UE) 2018/852 che modifica la  direttiva  1994/62/CE  sugli
imballaggi e i rifiuti  di  imballaggio»  -  dell'art.  198-bis  cod.
ambiente, in forza del quale si adottera' il programma nazionale  per
la gestione dei rifiuti: tale programma «definisce  i  criteri  e  le
linee strategiche cui le Regioni e le Province autonome si  attengono
nella elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti di cui
all'articolo  199»  e,  fra  l'altro,  conterra'  «l'indicazione  dei
criteri  generali  per  l'individuazione  di  macroaree   [...]   che
consentano la razionalizzazione degli impianti  dal  punto  di  vista
localizzativo, ambientale ed economico, sulla base del  principio  di
prossimita',  anche  relativamente  agli  impianti  di  recupero,  in
coordinamento con quanto previsto all'articolo 195, comma 1,  lettera
f)». 
    Per le ragioni esposte, l'art.  1,  comma  4,  della  legge  reg.
Abruzzo n. 45 del  2020  deve  essere  dichiarato  costituzionalmente
illegittimo, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., in relazione  agli  artt.  195,  comma  1,  lettera  f),  cod.
ambiente e 35, comma 1, del d.l. n. 133 del  2014,  come  convertito,
limitatamente alle parole «ribadendo la volonta' di non prevedere  la
realizzazione di impianti dedicati di  incenerimento  per  i  rifiuti
urbani e». 
    5.-  Per  quanto   concerne   la   seconda   questione,   oggetto
dell'impugnativa e' l'art. 1, comma 9,  lettera  u),  della  medesima
legge abruzzese, il quale  dispone:  «[a]i  fini  del  raggiungimento
degli obiettivi di cui ai commi 4 e 5, sono  promosse,  con  appositi
provvedimenti attuativi, le seguenti  prioritarie  azioni:  [...]  u)
[d]efinire, per garantire la tutela della salute  e  del  territorio,
distanze minime e fasce preventive minime dai centri abitati e  dalle
funzioni sensibili,  come  ad  esempio  asili  nido,  scuole,  centri
sportivi e di aggregazioni, distretti sanitari, ospedali  e  case  di
riposo, al di sotto delle quali  la  localizzazione  di  impianti  di
trattamento e di smaltimento dei rifiuti e' esclusa a priori». 
    5.1.- La questione non e' fondata. 
    Gli artt. 196, comma 1, lettera n), e 199, comma 3,  lettera  l),
cod. ambiente, evocati quali  parametri  interposti  di  legittimita'
costituzionale, prevedono, rispettivamente, che compete alle  Regioni
«la definizione di criteri per l'individuazione [...] delle aree  non
idonee  alla  localizzazione  degli  impianti  di  smaltimento  e  di
recupero dei rifiuti [...]», e che i Piani Regionali per la  gestione
dei rifiuti stabiliscono «i criteri per l'individuazione  delle  aree
non  idonee  alla  localizzazione  degli  impianti  di   recupero   e
smaltimento dei rifiuti». 
    Questa Corte ha, in effetti, piu' volte affermato  che  le  aree,
non idonee a ospitare le strutture per il  trattamento  dei  rifiuti,
vanno  individuate  in  sede  di  pianificazione,  non  nella   legge
regionale;  ha,  cosi',  chiarito  che  le  previsioni   del   codice
dell'ambiente,  le  quali  riservano  alle  procedure  amministrative
l'assunzione di tali decisioni, sono vincolanti e valgono a escludere
l'intervento legislativo regionale (sentenze n. 272 del 2020 e n.  28
del 2019; in senso analogo, in materia di produzione dell'energia, le
sentenze n. 121, n. 77 e n. 11 del 2022). 
    L'art. 1, comma 9, lettera u), della legge reg. Abruzzo n. 45 del
2020 - diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente - non individua
direttamente le aree nelle quali non si possono localizzare  impianti
di trattamento dei rifiuti. Esso reca una esemplificazione di  luoghi
da cui tali strutture dovrebbero essere  distanti,  lasciando  che  i
successivi atti di pianificazione  li  identifichino  puntualmente  e
definiscano  la  misura  delle  distanze,  in  conformita'   con   le
richiamate previsioni del codice dell'ambiente. 
    Questo e' l'univoco significato da attribuire alla lettera  delle
disposizioni impugnate, specie considerando quanto la legge regionale
in esame dispone subito appresso, al comma 10: «[a]l fine di adeguare
la pianificazione regionale in materia di rifiuti  alle  disposizioni
di cui al presente articolo,  la  Giunta  regionale  avvia  [...]  il
procedimento di aggiornamento del vigente PRGR, da  concludere  entro
il 31 dicembre  2021,  assumendo  quali  indirizzi  programmatici  le
azioni previste dal comma 9». 
    In conclusione, va dichiarata non fondata la questione  dell'art.
1, comma 9, lettera u), della legge regionale n. 45 del 2020.