ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3,  comma
2, e 10, comma 3, della legge della Regione Siciliana 26 maggio 2021,
n. 12 (Norme in materia di aree  sciabili  e  di  sviluppo  montano),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 3 agosto 2021, depositato in cancelleria il  10  agosto
2021, iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2021 e pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  39,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; 
    udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore
Luca Antonini; 
    udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giuseppa Mistretta e  Maria
Concetta Caldara per la Regione Siciliana; 
    deliberato nella camera di consiglio del 7 luglio 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 3 agosto 2021 e  depositato  il  10
agosto 2021 (reg. ric. n. 43 del 2021), il Presidente  del  Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato gli artt. 3, comma 2, e 10, comma 3, della  legge
della Regione Siciliana 26 maggio 2021, n. 12 (Norme  in  materia  di
aree   sciabili   e   di   sviluppo   montano),    in    riferimento,
complessivamente, agli artt. 81, terzo comma, 97,  secondo  comma,  e
117, terzo comma, della Costituzione, nonche' agli artt. 14 e 17  del
regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), convertito in legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2. 
    1.1.- Il primo motivo di impugnazione ha ad oggetto  il  comma  2
del richiamato art. 3 in base al quale «[i] comuni,  singolarmente  o
in forma associata, possono  costituire  o  partecipare  a  societa',
anche con altri enti pubblici o con privati, che abbiano come oggetto
sociale il perseguimento delle finalita' di  cui  all'articolo  1  o,
comunque, lo sviluppo delle attivita' di cui all'articolo 2». 
    Le disposizioni da ultimo richiamate prevedono,  rispettivamente,
le  finalita'  e  l'oggetto  della   disciplina   (art.   1)   e   la
individuazione delle aree sciabili (art. 2). 
    Quanto all'art. 1, esso stabilisce: «1.  La  Regione  promuove  e
tutela le localita' montane e le relative aree  sciabili  in  ragione
della loro valenza in termini di sviluppo economico e  culturale,  di
coesione sociale e territoriale, sostiene altresi' la  pratica  dello
sci e di ogni altra attivita' ludico-sportiva e ricreativa, invernale
o estiva, che utilizzi impianti e tracciati  destinati  all'attivita'
sciistica. 
    2. La presente legge disciplina la gestione e la fruizione  delle
aree sciabili, con particolare riguardo allo sviluppo delle attivita'
economiche nelle localita' montane e  alla  sicurezza  degli  utenti.
Disciplina  altresi'  la  riqualificazione  e  la   razionalizzazione
dell'uso delle aree sciabili, garantendo la salvaguardia ambientale e
paesaggistica nonche' la riduzione del consumo del suolo». 
    Quanto all'art. 2, esso stabilisce: «1. Con delibera della Giunta
regionale adottata entro 180 giorni dalla data di entrata  in  vigore
della presente legge, sentita la Commissione di coordinamento per  le
aree sciabili di cui all'articolo 10, sono individuate  le  eventuali
ulteriori aree sciabili  attrezzate  ai  sensi  dell'articolo  4  del
decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 40. 
    2. Con la delibera di cui al comma 1 sono altresi' individuate le
aree a specifica destinazione per  la  pratica  delle  attivita'  con
attrezzi, quali lo sci alpino, lo snowboard,  lo  sci  da  fondo,  lo
slittino, da praticarsi nelle aree specificatamente  individuate  che
devono essere segnalate, separate e classificate. 
    3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano fatti
salvi gli attuali contratti ed  obbligazioni  in  essere  al  momento
della data di entrata in vigore della presente legge». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata  si  porrebbe
in contrasto con l'art. 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016,  n.
175 (Testo unico in materia di societa' a  partecipazione  pubblica),
che, al comma 1,  precluderebbe  alle  amministrazioni  pubbliche  di
costituire,  anche  indirettamente,  «societa'  aventi  per   oggetto
attivita' di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie
per il  perseguimento  delle  proprie  finalita'  istituzionali,  ne'
acquisire o mantenere partecipazioni, anche  di  minoranza,  in  tali
societa'» e che, al comma 2, consentirebbe, ma solo nei limiti di cui
al comma 1, di costituire societa',  o  di  acquisirne  o  mantenerne
partecipazioni, «esclusivamente per lo svolgimento  delle  attivita'»
indicate nelle successive lettere da a) ad e). 
    Il ricorso sottolinea che le citate norme statali introdurrebbero
un «doppio vincolo»,  rispettivamente,  «di  scopo  pubblico»  e  «di
attivita'». In particolare, il  vincolo  di  attivita'  espresso  dal
comma   2,   «ammettendo   soltanto   le   societa'   che    svolgono
"esclusivamente" le attivita' indicate alle lettere a), b), c), d) ed
e)», rappresenterebbe un'importante novita' rispetto alla  disciplina
previgente, come evidenziato dal Consiglio di Stato nel  parere  reso
sullo schema di decreto legislativo. 
    1.2.- Dopo avere ricordato l'obbligo in capo agli enti  pubblici,
ai sensi degli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 175  del  2016  (d'ora  in
avanti: TUSP) e come anche ribadito dalla giurisprudenza della  Corte
dei conti, di dismettere le societa' non riconducibili alle  missioni
istituzionali  loro  attribuite  dalla  legge,  l'atto   introduttivo
richiama la nozione di «servizi di  interesse  generale»,  in  quanto
rilevante anche ai fini dell'art.  4,  comma  2,  lettera  a),  dello
stesso decreto. 
    Essi sono definiti dall'art. 2, comma 1, lettera  h),  TUSP  come
«le attivita' di produzione e fornitura di beni  o  servizi  che  non
sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero
svolte a condizioni differenti in termini di accessibilita' fisica ed
economica, continuita', non discriminazione,  qualita'  e  sicurezza,
che  le  amministrazioni  pubbliche,  nell'ambito  delle   rispettive
competenze, assumono come necessarie per assicurare la  soddisfazione
dei bisogni della collettivita' di riferimento,  cosi'  da  garantire
l'omogeneita' dello sviluppo e la coesione  sociale,  ivi  inclusi  i
servizi di interesse economico generale». 
    Ad avviso del ricorrente, la  disposizione  regionale  impugnata,
«prevedendo che i comuni possano partecipare a organismi societari in
cui siano presenti altri enti  pubblici  o  soggetti  privati,  senza
tuttavia precisare che tale  partecipazione  dovra'  comunque  essere
acquisita e gestita nel rispetto dei principi e limiti  previsti  dal
TUSP  consentirebbe  anche  l'acquisizione   di   partecipazioni   di
minoranza». 
    A sostegno della censura e'  richiamata  la  deliberazione  della
Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia,  21
dicembre 2016, n. 398/2016/PAR, secondo la quale «nel caso in cui  la
partecipazione dell'ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci
pubblici, che consentano il controllo della  societa'),  il  servizio
espletato non e' da ritenere "servizio di interesse  generale"  posto
che,  a  prescindere  da  ogni  altra  considerazione  relativa  alle
finalita' istituzionali dell'ente, l'intervento pubblico  (stante  la
partecipazione minoritaria) non puo' garantire l'accesso al  servizio
cosi' come declinato  nell'articolo  4»,  non  essendo  in  grado  di
determinarne le condizioni necessarie. 
    In senso analogo e' citata anche la deliberazione della Corte dei
Conti, sezione regionale di controllo per  il  Piemonte,  5  febbraio
2016, n. 9/2016/SRCPIE/VSG, nella  quale  la  magistratura  contabile
avrebbe sottolineato che le "partecipazioni polvere", non consentendo
un controllo sulla partecipata  da  parte  del  socio  pubblico,  non
sarebbero  coerenti  con  una  valutazione  di  strategicita'   della
partecipazione, riducendosi al rango di mero investimento di capitale
di rischio, non piu' ammesso dall'attuale quadro normativo. 
    Pertanto, ad avviso del ricorrente, «il possesso di una eventuale
partecipazione minoritaria, la cui  acquisizione  appare  legittimata
dalla previsione della norma regionale, non consentirebbe  certamente
di realizzare le condizioni  affinche'  la  pubblica  amministrazione
possa determinare le condizioni di accesso al  servizio  pubblico  e,
per  esso,  perseguire  le  proprie  finalita'   istituzionali   come
richiesto dall'articolo 4, comma 1, del TUSP». 
    Il motivo di impugnazione si conclude rilevando che,  siccome  le
attivita' da realizzare attraverso la partecipazione societaria degli
enti locali prevista dalla norma regionale  impugnata  «non  appaiono
strettamente  necessarie  per  il   perseguimento   delle   finalita'
istituzionali», l'art. 3, comma 2, della legge reg. Siciliana  n.  12
del 2021 «si po[rrebbe] in contrasto con gli artt. 3, comma  1,  e  4
del TUSP di cui al D.Lgs. 19.8.2016, n. 175, in relazione agli  artt.
14 e 17 dello Statuto Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946,
n. 455, convertito in legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  2
(che disciplinano la potesta' legislativa della  Regione  Siciliana),
con diretto riferimento sia  alla  materia  del  coordinamento  della
finanza pubblica, di  cui  all'art.  117,  comma  3,  Cost.,  sia  al
principio di buon andamento di cui all'art. 97, comma  2,  Cost.  che
viene chiaramente leso dalla norma impugnata». 
    1.3.-  Con  il  secondo  motivo  di  gravame  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri impugna l'art. 10, comma 3, della  legge  reg.
Siciliana n. 12 del 2021, in riferimento all'art.  81,  terzo  comma,
Cost., in relazione all'art. 19 della legge 31 dicembre 2009, n.  196
(Legge di contabilita' e finanza pubblica). 
    Il richiamato art. 10,  nei  primi  due  commi,  rispettivamente,
istituisce la «Commissione di coordinamento  per  le  aree  sciabili,
quale organo consultivo  della  Regione  in  materia  di  gestione  e
fruizione delle aree sciabili»  e  dispone  che  i  componenti  della
stessa «svolgono i loro compiti a titolo gratuito  e  senza  rimborso
spese». 
    Il successivo comma 3 e' impugnato nella parte in cui prevede che
«[a]i lavori della Commissione possono  essere  invitati  tecnici  ed
esperti, il cui parere sia ritenuto utile e necessario per l'esame di
singole questioni». 
    Secondo il ricorrente, da un lato, la  richiamata  previsione  di
cui al comma 2 «non [sarebbe] sufficiente ad escludere la sussistenza
di spese  di  funzionamento  diverse  dai  compensi  ai  componenti»;
dall'altro,  la  norma  di  cui  al  comma  seguente  sarebbe  quindi
«suscettibile di comportare oneri non quantificati, per i  quali  non
e' indicata la copertura  finanziaria»,  contrastando  con  l'evocato
parametro  costituzionale  sotto  entrambi  i   profili   da   ultimo
evidenziati. 
    A sostegno della doglianza, il ricorso richiama  la  sentenza  di
questa Corte n. 26 del 2013, nella parte in cui ha affermato che,  in
forza dell'art. 19 della legge n.  196  del  2009,  le  modalita'  di
copertura finanziaria delle leggi statali, fissate dall'art. 17 della
medesima legge, sono estese  a  tutte  le  Regioni  e  alle  Province
autonome; inoltre, segnala che la previsione di spesa  oggetto  della
norma in esame apparterrebbe «alla categoria degli oneri  pluriennali
con carattere non uniforme e temporalmente circoscrivibile», si'  che
il  difetto  di  quantificazione  della  relativa  spesa  e  l'omessa
individuazione  dei  mezzi  per  farvi  fronte   dimostrerebbero   la
fondatezza del motivo. 
    2.- La Regione Siciliana, in persona del Presidente pro  tempore,
si e' costituita in giudizio in data 9 settembre 2021,  chiedendo  di
dichiarare  l'inammissibilita'  e  comunque  la  non  fondatezza  del
ricorso. 
    2.1.-   La   resistente   evidenzia   anzitutto    «l'ambiguita',
l'indeterminatezza, la contraddittorieta' [...]  del  petitum»  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge reg.
Siciliana  n.  12   del   2021,   che   costituirebbero   motivi   di
inammissibilita' del ricorso. 
    Al riguardo la difesa regionale ricorda la necessita' che,  nella
materia del coordinamento della finanza pubblica, si  identifichi  la
«norma puntuale» diretta a realizzare in concreto tale finalita' e la
si ponga a raffronto con quella regionale  che  asseritamente  «abbia
superato  "il  limite"  complessivo  dettato  dallo   Stato»,   ferma
rimanendo  l'ampia  liberta'  per  l'ente  di  allocare  le   risorse
nell'esercizio della propria autonomia finanziaria. 
    Nel merito, non sarebbe fondata la tesi del ricorrente secondo la
quale l'attivita' di gestione e fruizione  delle  aree  sciabili  non
rientrerebbe nel novero di  quelle  per  le  quali  gli  enti  locali
siciliani potrebbero costituire una societa' o acquisire o  mantenere
partecipazioni societarie. 
    Richiamati i contenuti dell'art. 4, commi  1  e  2,  TUSP  e,  in
particolare, la previsione che  consente  di  svolgere  mediante  una
societa' partecipata  «l'attivita'  di  offerta  di  un  servizio  di
interesse generale» e quella, cosiddetta, di «"autoproduzione" di  un
servizio strumentale all'ente», la difesa regionale  ricorda  che  la
qualificazione  in  termini  di  servizio   di   interesse   generale
dipenderebbe non tanto dalla natura  dell'attivita'  svolta,  «quanto
dalla circostanza  che  l'ente  pubblico  abbia  in  concreto  inteso
assumersi la responsabilita' dell'attivita' stessa  a  beneficio  dei
consociati». 
    Pertanto, «ciascuno Stato, e ciascun ente territoriale dotato  di
autonomia politica» resterebbe libero,  in  linea  di  principio,  di
stabilire quali prestazioni debbano costituire «servizi di  interesse
generale» per le proprie comunita' di riferimento (sono richiamate la
sentenza di questa Corte n. 103 del 2020 e la sentenza della Corte di
giustizia dell'Unione europea, sezione seconda, 21 dicembre 2011,  in
causa C-242/10,  Enel  produzione  spa)  e  i  mezzi  piu'  idonei  a
soddisfare i bisogni cosi' individuati. 
    In  tale  contesto,  citando  un  passaggio  della  sentenza  del
Consiglio di Stato, sezione quinta,  23  gennaio  2019,  n.  578,  la
difesa regionale afferma che la decisione di costituire una  societa'
atterrebbe al  contingente  indirizzo  politico-amministrativo  fatto
proprio dall'amministrazione pubblica e che al Comune, ente  autonomo
a fini generali,  spetterebbe  «la  ricognizione  dei  bisogni  della
collettivita' di riferimento e la loro qualificazione come  obiettivi
di interesse generale da perseguire». 
    Nel  caso  di  specie,  la  resistente  osserva  che  lo   stesso
legislatore regionale «si sarebbe determinato nel senso di  collocare
tra i compiti istituzionali della Regione la promozione e  la  tutela
delle localita' montane e le relative aree sciabili», come  enunciato
dall'art. 1 della legge reg. Siciliana n. 12 del  2021,  al  fine  di
offrire  un  servizio  a  una  platea  indifferenziata  di  utenti  e
rispondendo a un interesse collettivo nel contesto locale. 
    In  conclusione,  la  difesa  regionale  ritiene  che  previsione
impugnata non presenterebbe  «alcun  profilo  di  illegittimita'  per
contrasto con la normativa statale, muovendosi al contrario  entro  i
presupposti della stessa e dettando una norma di principio generale». 
    2.2.- Quanto alla doglianza mossa all'art.  10,  comma  3,  della
legge reg. Siciliana n. 12 del 2021, la  resistente  ne  contesta  la
fondatezza ricordando, da un  lato,  che  il  comma  2  della  stessa
previsione   sancirebbe    espressamente    «la    gratuita'    della
partecipazione alla Commissione» e, dall'altro,  che  a  quest'ultima
sarebbe comunque applicabile il combinato disposto di due  specifiche
previsioni;   cio'   che    comporterebbe    «l'onorificita'    della
partecipazione agli organi collegiali»  (sono  richiamati  l'art.  18
della legge della Regione Siciliana 17  marzo  2016,  n.  3,  recante
«Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2016.  Legge  di
stabilita' regionale» e l'art. 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitivita' economica», convertito, con modificazioni,  nella
legge 30 luglio 2010, n. 122). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso indicato in epigrafe  (reg.  ric.  n.  43  del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  gli  artt.
3, comma 2, e 10, comma 3, della legge  della  Regione  Siciliana  26
maggio 2021, n. 12 (Norme in materia di aree sciabili e  di  sviluppo
montano), in riferimento,  complessivamente,  agli  artt.  81,  terzo
comma, 97, secondo comma, e 117,  terzo  comma,  della  Costituzione,
nonche' agli artt. 14 e 17 del regio decreto  legislativo  15  maggio
1946, n. 455 (Approvazione dello statuto  della  Regione  siciliana),
convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    2.- Il primo motivo di impugnazione ha ad oggetto il comma 2  del
richiamato art. 3, in base al quale «[i] comuni, singolarmente  o  in
forma associata, possono costituire o partecipare a  societa',  anche
con altri enti pubblici o  con  privati,  che  abbiano  come  oggetto
sociale il perseguimento delle finalita' di  cui  all'articolo  1  o,
comunque, lo sviluppo delle attivita' di cui all'articolo 2». 
    2.1.- Ad avviso del ricorrente tale disposizione si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 4 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175
(Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica),  che,
al  comma  1,  precluderebbe  alle   amministrazioni   pubbliche   di
costituire,  anche  indirettamente,  «societa'  aventi  per   oggetto
attivita' di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie
per il  perseguimento  delle  proprie  finalita'  istituzionali,  ne'
acquisire o mantenere partecipazioni, anche  di  minoranza,  in  tali
societa'» e che, al comma 2, consentirebbe, ma solo nei limiti di cui
al comma 1, di costituire societa',  o  di  acquisirne  o  mantenerne
partecipazioni, «esclusivamente per lo svolgimento  delle  attivita'»
indicate nelle successive lettere da a) ad e). 
    L'atto introduttivo, dopo aver sottolineato che le  citate  norme
statali introdurrebbero  un  «doppio  vincolo»,  rispettivamente  «di
scopo  pubblico»  e  «di  attivita'»,  conclude  sostenendo  che   le
attivita' da realizzare attraverso la partecipazione societaria degli
enti locali prevista dalla norma regionale  impugnata  non  sarebbero
«strettamente  necessarie  per  il  perseguimento   delle   finalita'
istituzionali». 
    2.2.- Il ricorso articola poi  un  secondo  profilo  di  censura,
partendo dalla nozione di «servizi di interesse generale», richiamata
in quanto rilevante anche ai fini dell'art. 4, comma 2,  lettera  a),
del d.lgs. n. 175 del 2016 (d'ora in avanti: TUSP). 
    Secondo  l'Avvocatura,  la   disposizione   regionale   impugnata
«consentirebbe anche l'acquisizione di partecipazioni di  minoranza»,
nonostante la giurisprudenza contabile abbia  escluso  che,  in  tali
casi, quello espletato  possa  qualificarsi  «servizio  di  interesse
generale»,  posto  che  attraverso  le   cosiddette   "partecipazioni
polvere" l'ente pubblico non riuscirebbe a garantire le condizioni di
accesso al servizio previste dal TUSP e, di conseguenza, non potrebbe
perseguire le proprie finalita' istituzionali. 
    2.3.- Conclusivamente,  l'art.  3,  comma  2,  della  legge  reg.
Siciliana n. 12 del 2021 si porrebbe in contrasto con  gli  artt.  3,
comma 1, e 4 TUSP, «in relazione agli artt. 14  e  17  dello  Statuto
Speciale di autonomia, R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, convertito in
legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  2  (che  disciplinano  la
potesta'  legislativa   della   Regione   Siciliana),   con   diretto
riferimento  sia  alla  materia  del  coordinamento   della   finanza
pubblica, di cui all'art. 117, comma 3, Cost., sia  al  principio  di
buon  andamento  di  cui  all'art.  97,  comma  2,  Cost.  che  viene
chiaramente leso dalla norma impugnata». 
    3.- La  Regione  Siciliana  ha  eccepito  l'inammissibilita'  del
motivo di impugnazione dell'art. 3 della legge reg. Siciliana  n.  12
del 2021 per «l'ambiguita', l'indeterminatezza, la contraddittorieta'
[...] del petitum»,  non  avendo  il  ricorrente,  in  sostanza,  ne'
individuato la «norma puntuale» diretta a realizzare in  concreto  la
finalita' di coordinamento finanziario, ne'  motivato  la  violazione
che la norma regionale avrebbe prodotto. 
    L'eccezione e' priva di fondamento. 
    Il ricorso contiene,  infatti,  un'argomentazione  sufficiente  e
idonea a supportare  la  censura  poiche',  a  fronte  di  una  norma
regionale che abilita i Comuni a utilizzare lo strumento  societario,
ravvisa  il  contrasto  con  le  «finalita'   perseguibili   mediante
l'acquisizione   e   la   gestione   di   partecipazioni   pubbliche»
disciplinate nell'art. 4 TUSP, ritenuto espressione di  un  principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica. 
    La verifica della correttezza di tale impostazione attiene poi al
merito della questione, non alla sua ammissibilita'. 
    4.- Va, invece, dichiarata d'ufficio  la  inammissibilita'  della
questione promossa in riferimento agli artt. 14 e  17  dello  statuto
reg.  Siciliana,  per  «[l]'assoluta  genericita'  della   doglianza,
sprovvista di alcuna argomentazione a sostegno del  contrasto  con  i
parametri indicati» (sentenza n. 25 del  2021;  nello  stesso  senso,
sentenza n. 86 del 2022). 
    5.- La prima questione  da  esaminare  nel  merito  attiene  alla
portata che l'art. 3, comma 2, della legge reg. Siciliana n.  12  del
2021 assegna alla partecipazione societaria dei Comuni,  da  valutare
in termini di compatibilita' con l'art. 4, commi  1  e  2,  del  TUSP
(risultando  non   pertinente   e   comunque   privo   di   qualsiasi
argomentazione il cursorio richiamo all'art. 3, comma 1, dello stesso
testo  unico,  riportato  solo  nelle  conclusioni  del   motivo   di
impugnazione) e, di conseguenza, con gli  evocati  parametri  di  cui
agli artt. 117, terzo comma, e 97, secondo comma, Cost. 
    5.1.- La questione, nei limiti indicati di seguito, e' fondata in
riferimento all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    L'art. 4, commi 1 e 2, TUSP, ritenuto da questa  Corte  non  solo
attinente alla materia «ordinamento civile», ma  anche  portatore  di
«profili di coordinamento finanziario e  tutela  del  buon  andamento
della  pubblica  amministrazione»  (sentenza  n.  86  del  2022),  ha
stabilito specifici vincoli ai  quali  le  amministrazioni  pubbliche
devono attenersi. 
    Cio' in  quanto  il  fenomeno  delle  societa'  a  partecipazione
pubblica  -  che  ha  consentito  anche   significative   innovazioni
dell'intervento pubblico - si era sviluppato  in  modo  esponenziale,
con  amministrazioni  che  vi   avevano   fatto   ricorso   in   modo
indiscriminato,  anche  per   lo   svolgimento   di   attivita'   non
riconducibili ai loro  fini  istituzionali,  con  il  pregiudizievole
effetto di chiudere,  senza  ragione,  alla  concorrenza  determinati
mercati, e, comunque, molto spesso  senza  rispetto  dei  criteri  di
economicita' ed efficienza, con conseguenti gravi disavanzi  e  oneri
per la finanza pubblica. 
    Per fronteggiare tale situazione, in particolare, il comma 1  del
citato  art.  4  dispone  che  «[l]e  amministrazioni  pubbliche  non
possono, direttamente o indirettamente,  costituire  societa'  aventi
per  oggetto  attivita'  di  produzione  di  beni   e   servizi   non
strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie  finalita'
istituzionali, ne' acquisire o  mantenere  partecipazioni,  anche  di
minoranza, in tali societa'». Si tratta di una previsione che  impone
uno specifico vincolo di  scopo  pubblico,  per  cui  possono  essere
costituite societa' ovvero acquisite o mantenute partecipazioni  solo
se l'oggetto dell'attivita' sociale - la produzione di beni e servizi
-  e'  strettamente  necessario  al  perseguimento  delle   finalita'
istituzionali dell'ente. 
    Il comma 2  dello  stesso  art.  4  introduce  poi  un  ulteriore
vincolo, quello di attivita', ammettendo  soltanto  le  societa'  che
svolgono  «esclusivamente»  le  attivita'   espressamente   indicate,
ovvero: a) produzione di  un  servizio  di  interesse  generale,  ivi
inclusa la realizzazione e la gestione delle reti  e  degli  impianti
funzionali ai servizi medesimi; b) progettazione e  realizzazione  di
un'opera  pubblica  sulla  base  di  un  accordo  di  programma   fra
amministrazioni pubbliche; c) realizzazione e  gestione  di  un'opera
pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio  d'interesse
generale attraverso un contratto di partenariato pubblico-privato; d)
autoproduzione di beni o servizi strumentali  all'ente  o  agli  enti
pubblici partecipanti o allo  svolgimento  delle  loro  funzioni;  e)
servizi di committenza. 
    5.1.1.-  La  disposizione  regionale   impugnata,   invece,   nel
consentire   ai   Comuni   di   costituire   societa'   o   acquisire
partecipazioni nelle stesse, prescindendo del tutto dai vincoli posti
dall'art. 4 TUSP, ne  individua  il  possibile  oggetto  sociale  per
relationem,  identificandolo  nel  vago   contenuto   derivante   dal
«perseguimento delle finalita' di cui all'articolo  1»  o,  comunque,
dallo «sviluppo delle attivita' di cui all'articolo 2»  della  stessa
legge reg. Siciliana n. 12 del 2021. 
    Essa, pertanto, finisce per ammettere un  ampio  e  indeterminato
ventaglio  di  scopi  e  di  attivita',  ben  al  di  la'  di  quanto
strettamente  necessario  per  il   perseguimento   delle   finalita'
istituzionali dei Comuni. 
    In particolare, per il tramite dell'art. 1,  la  norma  regionale
consente ai Comuni siciliani di costituire o partecipare  a  societa'
che abbiano come oggetto  sociale  il  perseguimento  delle  seguenti
finalita': 
    a) promozione e tutela delle localita' montane e  delle  relative
aree sciabili; 
    b) sostegno della pratica dello sci e  di  ogni  altra  attivita'
ludico-sportiva e ricreativa che utilizzi gli impianti e i  tracciati
destinati a tale sport; 
    c) gestione e fruizione  delle  aree  sciabili,  con  particolare
riguardo  allo  sviluppo  di  attivita'  economiche  nelle  localita'
montane; 
    d)  riqualificazione  e  razionalizzazione  dell'uso  delle  aree
sciabili. 
    Lo stesso art. 3, comma 2, mediante il rinvio al precedente  art.
2, consente anche di costituire o partecipare a societa' che  abbiano
come oggetto sociale lo sviluppo di attivita', quali lo  sci  alpino,
lo snowboard, lo sci da fondo, lo slittino. 
    Pertanto, sia i concetti di «promozione» e di «tutela», sia, piu'
in generale, le altre finalita' enunciate, finiscono per legittimare,
potenzialmente, attivita' meramente  imprenditoriali  e  commerciali,
non solo non  strettamente  necessarie  per  il  perseguimento  delle
finalita'  istituzionali  municipali,  ma  anche  diverse  da  quelle
tipizzate nell'art. 4, comma 2, TUSP. 
    Tale ampio e indeterminato perimetro  di  finalita'  e  attivita'
collide con l'impostazione alla base del TUSP -  e,  in  particolare,
dell'art. 4, commi 1  e  2,  -  che  punta  a  contrastare,  come  in
precedenza evidenziato, l'aumento ingiustificato delle partecipazioni
pubbliche. 
    La norma di cui all'art. 3, comma 2, della legge  reg.  Siciliana
n. 12 del 2021, ponendo un criterio alternativo a quello fissato  dal
legislatore statale con l'art. 4, commi 1 e  2,  TUSP,  viola  quindi
l'evocato art. 117, terzo comma, Cost. 
    5.1.2.-  Il   rilevato   contrasto   non   determina,   tuttavia,
l'illegittimita' costituzionale dell'intera norma impugnata,  poiche'
l'ampio insieme delle attivita' per le quali ai Comuni e'  consentito
costituire o partecipare a societa' per valorizzare le aree  sciabili
e lo sviluppo montano ne ricomprende anche una considerata in maniera
espressa dallo stesso art. 4 TUSP. 
    Il comma 7 di quest'ultima  disposizione  prevede,  infatti,  che
«[s]ono altresi' ammesse le partecipazioni nelle societa' aventi  per
oggetto sociale prevalente [...] la realizzazione e  la  gestione  di
impianti di trasporto a  fune  per  la  mobilita'  turistico-sportiva
eserciti in aree montane [...]». Peraltro, per  «partecipazione»,  ai
sensi  dell'art.  2,  comma  1,  lettera  f),  TUSP,  s'intende   «la
titolarita' di rapporti comportanti la qualita' di socio in  societa'
[...]» potendo, quindi, l'assunzione di tale qualita' avvenire sia in
una societa' esistente, sia in una societa' di nuova costituzione. 
    Rispetto ai criteri fissati dai commi 1 e 2 dell'art. 4 TUSP,  il
richiamato comma 7 contiene quindi una norma speciale per l'attivita'
di gestione degli  impianti  di  risalita  strumentali  all'esercizio
delle aree  sciistiche,  attivita'  che  del  resto  era  gia'  stata
qualificata  in   termini   di   servizio   pubblico   locale   dalla
giurisprudenza amministrativa anteriore all'adozione del  TUSP  (come
rilevato dalla sentenza n. 103 del 2020, punto 4.7.1. del Considerato
in diritto). 
    E' peraltro indubbio  che  la  realizzazione  e  la  gestione  di
impianti di risalita attiene anche a finalita' pubbliche di  sostegno
alle attivita' svolte nelle aree sciabili, costituendo tali  impianti
l'infrastruttura essenziale per ognuna di esse, come confermato,  sul
piano  applicativo,  dalla  presenza  di   societa'   municipali   in
pressoche' tutte le Regioni dotate di stazioni sciistiche. 
    Pertanto, la norma  regionale  non  contrasta  con  il  parametro
evocato solo nella parte in cui consente ai Comuni di  partecipare  a
societa' aventi come oggetto sociale prevalente la realizzazione e la
gestione  di  impianti  di  trasporto  a  fune   per   la   mobilita'
turistico-sportiva eserciti in aree montane. 
    In definitiva,  in  forza  delle  ragioni  fin  qui  esposte,  va
dichiarata l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  2,
della legge reg. Siciliana n. 12 del 2021, nella parte in cui prevede
che le societa' ivi considerate possono  avere  per  oggetto  sociale
prevalente  attivita'  diverse  dalla  realizzazione  e  gestione  di
impianti di trasporto a fune per la mobilita'  turistico-sportiva  in
aree montane. 
    E' assorbito l'ulteriore profilo di censura. 
    6.- La  dichiarata  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,
comma 2, della legge reg. Siciliana n. 12 del 2021,  in  quanto  solo
parziale, non preclude l'esame della seconda distinta  censura  mossa
alla medesima disposizione regionale. 
    Con essa, il ricorrente si duole della possibilita' di  acquisire
partecipazioni di modesta entita', per cui comunque l'ente locale non
potrebbe conseguire le proprie finalita'  istituzionali  nei  termini
richiesti dall'art.  4,  comma  1,  TUSP,  data  l'inidoneita'  delle
cosiddette "partecipazioni polvere"  ad  assicurare  al  servizio  di
interesse generale i suoi caratteri definitori. 
    6.1.- La questione non e' fondata. 
    In  primo  luogo,  l'art.  4,  comma  1,  TUSP   non   vieta   le
partecipazioni di minoranza in quanto  tali,  ma  preclude  qualsiasi
partecipazione, sia o no di controllo, che non soddisfi il vincolo di
scopo pubblico. Inoltre, il comma 2 della  stessa  disposizione,  che
alle lettere a) e c) ammette l'attivita' di produzione di servizi  di
interesse generale, tiene fermi i limiti di  cui  al  comma  1  senza
prevedere requisiti aggiuntivi che valgano  in  via  di  principio  a
restringere  il  ricorso  allo   strumento   societario   alle   sole
partecipazioni di controllo. 
    Del resto, anche l'interpretazione giurisprudenziale dell'art.  4
TUSP risulta ben piu' articolata della prospettazione del ricorrente;
va quindi escluso che l'art. 3, comma 2, della legge  reg.  Siciliana
n. 12 del 2021 contrasti sia con l'art. 117, terzo comma,  Cost.,  in
relazione al citato art. 4, sia con il principio di buon andamento di
cui all'art. 97, secondo comma, Cost. 
    6.2.- Da ultimo, va precisato che il suddetto art.  3,  comma  2,
non determina l'inapplicabilita' degli oneri di motivazione analitica
richiesti dall'art. 5 TUSP per l'atto deliberativo di costituzione di
una  societa'  a   partecipazione   pubblica   o   di   acquisto   di
partecipazioni; il comma 1 di questa  disposizione,  infatti,  esenta
solo i casi in cui cio' avvenga «in conformita' a espresse previsioni
legislative»,  tra  le  quali  non  rientra  quella  in  esame,   che
disciplina in via generale e astratta le finalita'  perseguibili  dai
Comuni con lo strumento societario. 
    La decisione puntuale di avvalersene da parte degli  enti  locali
siciliani - pur  in  relazione  al  piu'  limitato  ambito  operativo
derivante dall'intervento di questa Corte - dovra' pertanto  comunque
motivare analiticamente il rispetto del  vincolo  di  scopo  pubblico
«evidenziando, altresi', le ragioni e le finalita'  che  giustificano
tale scelta, anche sul piano  della  convenienza  economica  e  della
sostenibilita'   finanziaria   nonche'   di   gestione   diretta    o
esternalizzata del  servizio  affidato»,  dando  conto  anche  «della
compatibilita'  della  scelta  con  i  principi  di  efficienza,   di
efficacia e di economicita' dell'azione amministrativa». 
    Tale articolata previsione, che impone all'ente di esporre -  con
un  onere  "rafforzato"  di   motivazione   soggetto   al   sindacato
giurisdizionale   -   le   ragioni   della   partecipazione    (anche
minoritaria), e' infatti indicativa di un'ulteriore «cautela verso la
costituzione e l'acquisto di partecipazioni  di  societa'  pubbliche»
(sentenza n. 100 del 2020). 
    Il suddetto onere "rafforzato" di motivazione  e'  coerente,  del
resto, con il principio di sussidiarieta' orizzontale di cui all'art.
118, ultimo comma, Cost., che implica un favor per la societa' civile
con riferimento a quelle attivita' di interesse generale che essa sia
in grado di svolgere (in quanto non e' richiesta la  natura  pubblica
del soggetto  erogatore)  e  alle  quali  ben  puo'  l'ente  pubblico
concorrere con una partecipazione anche di minoranza. 
    6.3.- Con la previsione dell'art. 5 TUSP, che  riflette  altresi'
un favor per la "concorrenza nel mercato", l'ordinamento italiano  ha
del resto espresso, come ha osservato la dottrina, una regola analoga
a quella spesso contenuta nelle Gemeindeordnungen tedesche, in  forza
della quale gli enti territoriali possono  assumere  direttamente  la
gestione di attivita' imprenditoriali solo se (e in quanto) siano  in
grado di farlo a condizioni piu' favorevoli  di  quelle  offerte  dal
mercato. 
    Peraltro, proprio in relazione alla fattispecie degli impianti  a
fune, allorche'  non  integrati  nel  sistema  locale  dei  trasporti
pubblici, questa  Corte  ha  significativamente  rilevato,  in  altra
occasione, che la scelta dell'ente territoriale e' «stata, piuttosto,
quella di lasciare lo sviluppo e la gestione di queste attivita' alla
libera iniziativa economica privata, alla quale  si  deve  -  sin  da
epoca  assai  anteriore  all'entrata  in  vigore   della   disciplina
dell'Unione  europea  e  nazionale  in  materia   di   tutela   della
concorrenza nella gestione dei pubblici servizi - la realizzazione  e
la  continuativa  gestione  di  diverse  centinaia  di  impianti   di
risalita» (sentenza n. 103 del 2020, punto 4.4.  del  Considerato  in
diritto). 
    Emerge quindi,  anche  nel  caso  dei  Comuni  siciliani  qui  in
considerazione, l'esigenza, da un lato, di un'attenta  considerazione
dell'ambito delle compatibilita' finanziarie e  gestionali  implicate
dall'ingresso dell'ente in una societa'  e,  dall'altro  lato,  della
specificazione  dei  caratteri  qualificanti  dell'attivita'  che  il
soggetto pubblico intende svolgere in forma imprenditoriale. 
    7.- Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna anche l'art.
10,  comma  3,  della  legge  reg.  Siciliana  n.  12  del  2021,  in
riferimento all'art. 81, terzo comma, Cost., in relazione all'art. 19
della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilita' e finanza
pubblica). 
    Il richiamato art. 10,  nei  primi  due  commi,  rispettivamente,
istituisce la «Commissione di coordinamento  per  le  aree  sciabili,
quale organo consultivo  della  Regione  in  materia  di  gestione  e
fruizione delle aree sciabili»  e  dispone  che  i  componenti  della
stessa «svolgono i loro compiti a titolo gratuito  e  senza  rimborso
spese». 
    Il successivo comma 3 e' denunciato nella parte  in  cui  prevede
che «[a]i lavori della Commissione possono essere invitati tecnici ed
esperti, il cui parere sia ritenuto utile e necessario per l'esame di
singole questioni». Secondo il ricorrente, da un lato, la  richiamata
previsione di cui al comma 2 «non [sarebbe] sufficiente ad  escludere
la sussistenza di spese di  funzionamento  diverse  dai  compensi  ai
componenti»; dall'altro, la norma di cui al  comma  seguente  «appare
quindi suscettibile di comportare oneri non quantificati, per i quali
non e' indicata la copertura finanziaria», contrastando con l'evocato
parametro  costituzionale  sotto  entrambi  i   profili   da   ultimo
evidenziati. 
    7.1.- La questione non e' fondata. 
    L'impugnato comma 3 dell'art. 10 della legge reg. Siciliana n. 12
del 2021 si limita  a  prevedere  che  ai  lavori  della  commissione
consultiva possono essere invitati tecnici ed esperti per fornire  un
parere su singole questioni, senza estendere nei  loro  confronti  la
previsione sia della gratuita' di tale forma di  partecipazione,  sia
dell'assenza del rimborso delle spese, che il comma  2  del  medesimo
art. 10 riferisce espressamente ai soli componenti della  commissione
medesima. 
    Tuttavia, cio' non integra  il  denunciato  vulnus  all'art.  81,
terzo comma, Cost., essendo corretto  quanto  rilevato  dalla  difesa
della resistente. 
    Infatti, l'art. 18, comma 1, della legge della Regione  Siciliana
17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni  programmatiche  e  correttive  per
l'anno 2016. Legge di stabilita' regionale) prevede che, a  decorrere
dalla entrata in vigore  di  quest'ultima,  «la  partecipazione  agli
organi   collegiali»   della   Regione   «e   degli   enti   comunque
sovvenzionati, sottoposti a tutela o vigilanza della Regione, nonche'
la titolarita' di organi dei predetti enti e' disciplinata secondo le
disposizioni di cui all'articolo 6, comma  2,  del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio
2010, n. 122 e successive modifiche ed integrazioni». 
    La  disposizione  statale  da  ultimo  richiamata  -  che  «quale
principio di coordinamento della finanza pubblica, si  applica  anche
alle autonomie speciali» (sentenza n. 172 del 2018) -  stabilisce  in
via  generale  che  la  partecipazione  agli  organi  collegiali  «e'
onorifica» e che la stessa «puo' dar luogo esclusivamente al rimborso
delle spese sostenute ove previsto dalla normativa vigente». 
    In conclusione, dal congiunto effetto del suddetto art. 18, comma
1,  della  legge  reg.  Siciliana  n.  3  del  2016  e  della  citata
disposizione statale discende che la norma  regionale  impugnata  non
puo' comportare nuovi oneri finanziari, poiche', da  un  lato,  anche
quella dei tecnici ed  esperti  occasionalmente  invitati  ai  lavori
della commissione consultiva si  configura  come  una  partecipazione
all'organo collegiale e, pertanto,  effettuata  a  titolo  onorifico;
dall'altro lato, nessuna estensione e' apportata  al  rimborso  delle
spese. 
    Di qui, la non fondatezza della doglianza statale.