Ricorso della Regione Lombardia (codice fiscale n. 80050050154), in persona del Presidente della regione pro tempore avv. Attilio Fontana, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del 26 settembre 2022, n. XI / 7042 (doc. 1), rappresentata e difesa, come da procura speciale in calce al presente ricorso, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (codice fiscale FLCGDM45C06L736E) del Foro di Padova, con studio in Padova, via San Gregorio Barbarigo, 4, telefono 049-660231, telefax 049-8776503, Pec giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it con domicilio eletto presso l'avv. Andrea Manzi (codice fiscale MNZNDR64T26I804V) del Foro di Roma, con studio in Roma, via Alberico II N. 33, telefono 06-3200355, telefax 06-3211370, Pec andreamanzi@ordineavvocatiroma.org cui il nominato difensore potra', secondo necessita', delegare il compimento di specifici atti processuali ai sensi delle vigenti norme di rito per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 6; dell'art. 7, comma 1, primo periodo; dell'art. 7, comma 1, secondo periodo, lettere a), b) e c); dell'art. 7, comma 1, lettera c), della legge 15 luglio 2022, n. 106 recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale n. 180 del 3 agosto 2022, per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione, del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, della Costituzione), del principio del buon andamento dell'azione amministrativa (art. 97 della Costituzione), del principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) Fatto Nella Gazzetta Ufficiale del 3 agosto 2022, n. 180, e' stata pubblicata la legge 15 luglio 2022, n. 106, recante «Delega al Governo e altre disposizioni in materia di spettacolo». Come enuncia il titolo stesso della legge, essa contiene, accanto alle norme di delega (che non formano oggetto della presente controversia), altre disposizioni, destinate a trovare applicazione immediata e in parte dirette alle regioni, comprese quelle ad autonomia speciale. Alcune di esse risultano, ad avviso della ricorrente regione, lesive delle proprie attribuzioni costituzionali. Si tratta, in particolare, di talune disposizioni degli articoli 5, 6 e 7 della legge. Conviene tuttavia premettere, per chiarezza in relazione all'oggetto del presente giudizio, che non si contestano in quanto tali, in questa sede, ne' l'Osservatorio nazionale dello spettacolo e i compiti ad esso attribuiti, ne' il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo; si contestano, invece, da un lato difetti di leale collaborazione nel delineare il ruolo delle regioni, nel sistema cosi' istituito, dall'altro talune interferenze, ad avviso della ricorrente regione indebite, che la legge statale prevede sulle modalita' di esercizio delle competenze legislative e amministrative della regione. Le disposizioni oggetto del presente giudizio. Gli articoli 5 e 6 della legge n. 106 del 2022 innovano profondamente la natura dell'Osservatorio dello spettacolo, organo gia' istituito dall'art. 5 della legge 30 aprile 1985, n. 163. Questo era un organismo meramente interno, istituito nell'ambito dell'ufficio studi e programmazione dell'allora Ministero del turismo e dello spettacolo. Il nuovo Osservatorio, invece, e' istituito «al fine di promuovere le iniziative nel settore dello spettacolo» quale baricentro del Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo istituito dall'art. 6 del quale «fanno parte» - ai sensi del primo comma - «l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». Si tratta, dunque, di un sistema integrato e condiviso tra Stato e regioni. Esso e' ora chiamato, oltre che a raccogliere i dati e gli elementi di conoscenza di cui all'art. 5, comma 2, ad «individuare le linee di tendenza dello spettacolo nel suo complesso e dei singoli settori nei mercati nazionali e internazionali», a promuovere «il coordinamento con le attivita' degli osservatori istituiti dalle regioni con finalita' analoghe, anche al fine di favorire l'integrazione di studi, ricerche e iniziative scientifiche in tema di promozione nel settore dello spettacolo» (art. 5, comma 3) e a provvedere «alla realizzazione del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, al quale concorrono tutti i sistemi informativi esistenti». L'art. 6 della legge istituisce, come detto, il «sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo», integrato tra Stato e regioni: al fine di «assicurare omogeneita' ed efficacia all'azione conoscitiva del settore dello spettacolo dal vivo e di supporto pubblico alle relative attivita', e' istituito il Sistema nazionale a rete degli osservatori dello spettacolo, di seguito denominato «Sistema nazionale», del quale fanno parte l'Osservatorio dello spettacolo, di cui all'art. 5, e gli osservatori regionali dello spettacolo, di cui all'art. 7». L'art. 6, comma 3, prevede che il decreto del Ministro della cultura, da adottarsi previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, rivolto ai sensi del comma 2 a definire «le modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale» regoli, fra l'altro, le modalita', gli strumenti e i criteri per il monitoraggio delle attivita' dello spettacolo, nonche' per la raccolta, la valutazione e l'analisi dei relativi dati, anche a supporto delle attivita' di programmazione, monitoraggio e valutazione degli interventi» (lettera b). In questo quadro, ad avviso della ricorrente regione e come meglio si dira' nella parte in diritto, la compartecipazione delle regioni mediante il meccanismo dell'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, come disciplinato dalla legge n. 281 del 1997, risulta costituzionalmente necessaria non solo per la definizione delle «modalita' di coordinamento e di indirizzo dell'Osservatorio dello spettacolo nell'ambito del Sistema nazionale», come previsto dall'art. 6, comma 2, bensi' - ed in primo luogo - per la definizione della «composizione e delle modalita' di funzionamento dell'Osservatorio nazionale». Invece, l'art. 5, comma 6, prevede che le regioni siano semplicemente sentite, e dunque coinvolte soltanto mediante l'espressione di un parere espresso. Di qui la presente impugnazione. L'art. 7 e' dedicato agli Osservatori regionali dello spettacolo. Esso si apre, in realta', con una enunciazione generale concernente la materia dello spettacolo, secondo la quale «nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione» (comma 1, primo periodo). La ricorrente regione ritiene che tale formulazione sia in evidente contrasto con le sue competenze costituzionali. Il secondo periodo riguarda specificamente gli Osservatori regionali, disponendo che le regioni, «sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente regione ritiene che il vincolo della propria legislazione agli accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano non sia conforme alla Costituzione. Ritiene inoltre che sia costituzionalmente illegittima l'attribuzione a tali organismi delle funzioni di cui alle lettere a), b) e c) in particolare, che sia specificamente illegittima la lettera c), nella parte in cui dispone che l'attivita' di promozione e di sostegno regionale dello spettacolo dal vivo sia svolta «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato». Cosi' precisato l'oggetto della presente impugnazione, la regione ritiene che le disposizioni indicate in epigrafe siano costituzionalmente illegittime per le seguenti ragioni di Diritto Le competenze regionali in materia di spettacolo (e di organizzazione amministrativa). L'intervento normativo censurato riguarda lo spettacolo, attivita' che la giurisprudenza di codesta Corte ha ricondotto alla competenza legislativa concorrente della regione e segnatamente al titolo «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali» fin dalla sentenza n. 255 del 2004 e dalla successiva sentenza n. 285 del 2005. Infatti, nella sentenza n. 255 del 2004 codesta Corte costituzionale, rilevando che l'assenza delle attivita' di sostegno degli spettacoli nel catalogo di materie di cui al nuovo art. 117 della Costituzione non implica automaticamente che tale settore sia stato affidato alla esclusiva responsabilita' delle regioni, ha affermato che «la materia concernente la 'valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali', affidata alla legislazione concorrente di Stato e regioni ... ricomprende senza dubbio nella sua seconda parte, nell'ambito delle piu' ampie attivita' culturali, anche le azioni di sostegno degli spettacoli». La sentenza evidenzia che nell'art. 117, comma terzo, della Costituzione, la materia della «promozione ed organizzazione di attivita' culturali» e' attribuita alle regioni «senza esclusione alcuna, salvi i soli limiti che possono indirettamente derivare dalle materie di competenza esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma dell'art. 117 della Costituzione (come, ad esempio, dalla competenza in tema di "norme generali sull'istruzione» o di tutela dei beni culturali")». Con la conseguenza che «ora le attivita' culturali di cui al terzo comma dell'art. 117 della Costituzione riguardano tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo». La sentenza citata conclude, significativamente, che «questo riparto di materie evidentemente accresce molto le responsabilita' delle regioni, dato che incide non solo sugli importanti e differenziati settori produttivi riconducibili alla cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore (come, ad esempio e limitandosi al solo settore dello spettacolo, gli enti lirici o i teatri stabili); con la conseguenza, inoltre, di un forte impatto sugli stessi strumenti di elaborazione e diffusione della cultura (cui la Costituzione, non a caso all'interno dei «principi fondamentali», dedica un significativo riferimento all'art. 9)». L'evocazione dell'art. 9 della Costituzione, del resto, e' altamente significativa, posto che la disposizione in parola proclama che «la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica», e dunque intesta la funzione di promozione al complesso degli enti menzionati dall'art. 114, primo comma, della Costituzione: sicche' l'attribuzione alle regioni di competenza concorrente in materia di «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali», cosi' come la parallela devoluzione della materia di «ricerca scientifica e tecnologica», altro non e' che il coerente riflesso, sul piano del riparto, del principio promanante dall'art. 9, primo comma, della Costituzione La sentenza n. 285 del 2004 ha poi confermato, riprendendo la sentenza n. 255 del 2004 che ««le attivita' di sostegno degli spettacoli», tra i quali evidentemente rientrano le attivita' cinematografiche, sono sicuramente riconducibili alla materia «promozione ed organizzazione di attivita' culturali» affidata alla legislazione concorrente di Stato e regioni» e che «[le] «attivita' culturali» di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, ... «riguardano tutte le attivita' riconducibili alla elaborazione e diffusione della cultura, senza che vi possa essere spazio per ritagliarne singole partizioni come lo spettacolo» (sentenza n. 255 del 2004)». Piu' recentemente, allo stesso titolo sono stati ascritti gli spettacoli di rievocazione storica (sentenza n. 71 del 2018). Per completezza di illustrazione si deve aggiungere che le norme impugnate riguardano anche la materia di «organizzazione amministrativa delle regioni e degli enti pubblici regionali». Trattasi di «materia ... attribuita alla competenza residuale delle regioni (art. 117, quarto comma, della Costituzione), da esercitare nel rispetto dei «principi fondamentali di organizzazione e funzionamento» fissati negli statuti (art. 123 della Costituzione)», non soggetta, invece, ai principi fondamentali della materia, perche' «disciplina statale non e' rilevante per l'esercizio della potesta' legislativa regionale in materia residuale, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, della Costituzione» (in questi termini la sentenza n. 233 del 2006). Nell'esercizio di queste competenze diverse regioni ordinarie si sono gia' dotate di Osservatori regionali dello spettacolo, o di organismi affini. Si richiama l'art. 38, della legge regionale Veneto 6 maggio 2019, n. 17, «Legge per la cultura», che ha istituito presso la Giunta regionale «l'Osservatorio dello spettacolo dal vivo che, ai fini dello sviluppo e evoluzione del settore, analizza l'offerta di spettacolo nel territorio in tutte le sue forme»; l'art. 8, comma 1, della legge Regione Emilia-Romagna 5 luglio 1999, n. 13, «Norme in materia di spettacolo», secondo cui «la regione provvede direttamente all'organizzazione di attivita': .... b) di osservatorio sulle realta' dello spettacolo, anche con la collaborazione di enti locali ed operatori dello spettacolo al fine di realizzare rilevazioni, analisi e ricerche, anche per valutare gli andamenti del settore e l'efficacia dell'intervento regionale»; l'art. 10 della legge regionale Basilicata 12 dicembre 2014, n. 37, «Promozione e sviluppo dello spettacolo», che istituisce, «senza oneri per la finanza regionale, l'Osservatorio regionale per lo spettacolo, incardinato nell'Ufficio competente, al fine di favorire la promozione e lo sviluppo dei processi culturali regionali»; l'art. 11 della legge regionale Campania 15 giugno 2007, n. 6, recante «Disciplina degli interventi regionali di promozione dello spettacolo», ai sensi del quale «e' istituito l'osservatorio regionale sullo spettacolo, presieduto dall'assessore al ramo, e di cui fanno parte, oltre al dirigente del settore competente, tre esperti della materia designati: a) uno dalle associazioni di categoria; b) uno dall'assessore regionale competente; c) uno dalla commissione consiliare permanente competente per materia», Osservatorio cui la medesima legge regionale intitola diverse funzioni; la legge regionale Puglia 29 aprile 2004, n. 6, «Norme organiche in materia di spettacolo e norme di disciplina transitoria delle attivita' culturali», che all'art. 6 istituisce «l'Osservatorio regionale dello spettacolo composto da cinque esperti di nomina regionale, di cui tre designati rispettivamente dall'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) e dall'Unione delle province d'Italia (UPI) e dall'associazione di categoria maggiormente rappresentativa delle organizzazioni dello spettacolo» (comma 1), organismo che «rileva ed elabora dati ed elementi tecnici utili alla predisposizione del programma regionale di cui all'art. 5, in ordine agli operatori e alle attivita' di spettacolo sul territorio regionale. Fornisce, a richiesta degli enti di cui all'art. 3, pareri sulle attivita' ivi descritte» (comma 2). La disciplina dello spettacolo dettata dalla Regione Lombardia e' consolidata nella legge regionale 7 ottobre 2016, n. 25, «Politiche regionali in materia culturale - Riordino normativo», il cui titolo VI e dedicato allo spettacolo dal vivo e il cui titolo VII e' dedicato ai procedimenti e strumenti attuativi degli interventi. L'allocazione delle funzioni amministrative in materia e' contenuta negli articoli 3, 4 e 5, relativi, rispettivamente, alle funzioni della regione, delle province e dei comuni. In particolare, l'art. 3 stabilisce che «la regione: a) esercita funzioni di indirizzo, coordinamento, programmazione, controllo e monitoraggio; b) attua direttamente o con la collaborazione di altri soggetti pubblici e privati le iniziative definite dagli strumenti della programmazione; c) sostiene iniziative di cui alla presente legge anche mediante la concessione di contributi; d) esercita, nell'ambito del territorio della Citta' metropolitana di Milano, funzioni amministrative inerenti ai sistemi bibliotecari locali, alle biblioteche di enti locali, alla promozione di servizi e attivita' culturali, allo sviluppo dei sistemi museali locali, alle attivita' di censimento, inventariazione e catalogazione dei beni culturali». L'ente regionale, dunque, mantiene non solo le funzioni di indirizzo, coordinamento, programmazione (specificamente regolata nell'art. 9) e controllo, ma anche funzioni di amministrazione quali, ad esempio, la concessione di contributi, in un quadro di programmazione regionale. Anche la funzione di raccolta dei dati e' esercitata dalla regione. L'art. 38, comma 2, infatti, dispone che «la regione promuove la pubblicazione in rete di dati, documenti e risorse digitali relative al proprio patrimonio culturale e alle attivita', sistemi e servizi culturali presenti sul proprio territorio, promuovendo l'interoperabilita' e la cooperazione tra sistemi informativi diversi e contribuendo alla semplificazione della fruibilita' e al miglioramento della qualita' dei contenuti e delle informazioni, anche in collaborazione con l'osservatorio culturale di cui all'art. 44». In relazione al ridetto «Osservatorio culturale», l'art. 44 stabilisce che «le funzioni dell'osservatorio culturale di cui all'art. 14 della legge regionale 26 febbraio 1993, n. 9 (Interventi per attivita' di promozione educativa e culturale) gestite da Eupolis alla data di entrata in vigore della presente legge continuano a essere svolte dallo stesso ente» (il richiamato art. 13 della legge regionale n. 9 del 1993 prevedeva a sua volta che «al fine di analizzare le tendenze della domanda e dell'offerta culturale in Lombardia, di elaborare statistiche e indicatori specifici per la migliore conoscenza del settore ed una migliore definizione delle strategie per la politica culturale, di tenere meglio informati i pubblici amministratori, di predisporre un sistema di controllo sull'efficacia delle attivita' del settore, al servizio programmazione del settore cultura ed informazione e' attribuita anche la funzione di 'osservatorio culturale'»). L'art. 11 della stessa legge regionale n. 25 del 2016, inoltre, prevede l'istituzione di tavoli della cultura, «quali organismi consultivi in materia di beni e attivita' culturali, spettacolo e patrimonio linguistico, a cui sono invitati a partecipare soggetti pubblici e privati che concorrono alle finalita' di cui all'art. 1 in forma singola, associata o attraverso le loro rappresentanze», demandando alla Giunta regionale l'ulteriore definizione delle modalita' operative e della composizione di questi organismi. Invece, ad avviso della ricorrente regione le disposizioni impugnate della legge n. 106 del 2022 non tengono conto del quadro di competenze costituzionali sopra delineato, ma al contrario lo contraddicono nei modi e sotto i profili di seguito illustrati. I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione La regione impugna in primo luogo l'art. 7, primo comma, primo periodo, della legge n. 106 del 2022, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione secondo il quale «nell'ambito delle competenze istituzionali e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, le regioni, in applicazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia, concorrono all'attuazione dei principi generali di cui all'art. 1 della legge 22 novembre 2017, n. 175, quali principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione». Come si e' esposto in narrativa, la disposizione rappresenta una dichiarazione programmatica con cui il legislatore della legge n. 106 del 2022 definisce riduttivamente la posizione costituzionale della regione nella materia dello spettacolo. La ragione dell'illegittimita' consiste nel contrasto con la regola costituzionale di riparto nelle materie di competenza concorrente, nella quale «spetta alle regioni la potesta' legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato», secondo quanto recita il secondo periodo del terzo comma dell'art. 117 della Costituzione: formulazione che, come ha osservato codesta Corte gia' a ridosso della entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, «rispetto a quella previgente dell'art. 117, comma 1, esprime l'intento di una piu' netta distinzione fra la competenza regionale a legiferare in queste materie e la competenza statale, limitata alla determinazione dei principi fondamentali della disciplina» (sentenza n. 282 del 2002, piu' volte ripresa in seguito, da ultimo nelle sentenze n. 231 del 2017, punto 9.3.2 e n. 126 del 2017, punto 4.1.). Sembra evidente, infatti, da un lato che la titolarita' regionale della materia, salvo il solo limite dei principi fondamentali posti dalla legge dello Stato, non puo' essere descritta in termini di mero «concorso» all'attuazione di tali principi; dall'altro, che ove e nei limiti in cui il principio di sussidiarieta' imponesse l'attrazione di funzioni allo Stato, cio' dovrebbe avvenire nel quadro delle regole sancite sin dalla sentenza n. 303 del 2003; ancora, che, per quanto riguarda la disciplina e la distribuzione delle funzioni nel territorio della regione, ogni valutazione di sussidiarieta', adeguatezza, prossimita' ed efficacia compete al legislatore regionale; infine, che il limite «delle risorse disponibili» puo' riferirsi soltanto alle assegnazioni sull'apposito fondo, ma non puo' incidere sull'autonomia di spesa della regione. La norma impugnata, dunque, declassa una potesta' concorrente, caratterizzata dal concorso vincolato tra principi statali e disciplina di svolgimento di spettanza regionale, ad una minore potesta' legislativa regionale, della quale lo Stato gia' in via ordinaria (e non solo per le eventuali e derogatorie esigenze di sussidiarieta') sarebbe competente non solo a dettare i principi, ma a stabilire esso stesso la disciplina della materia, al cui completamento la regione sarebbe chiamata soltanto a concorrere. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, per violazione degli articoli 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, della Costituzione, e del principio di leale collaborazione (art. 120, secondo comma, della Costituzione). La regione censura anche l'art. 5, comma 6, della legge n. 106 del 2022, nella parte in cui prevede che i decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro, diretti a regolare la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono adottati «sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome», anziche' «d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome». Precisamente, la disposizione impugnata prevede che «la composizione e le modalita' di funzionamento dell'Osservatorio sono definite con uno o piu' decreti del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che si pronunciano entro quaranta giorni dalla trasmissione degli schemi di decreto, trascorsi i quali i decreti possono essere adottati anche in mancanza del parere. Con i medesimi decreti sono stabilite le modalita' di raccolta e pubblicazione delle informazioni di cui al comma 2 e di tenuta del registro di cui al comma 5, le modalita' operative di realizzazione, gestione e funzionamento del Sistema informativo nazionale dello spettacolo, nonche' la composizione e le modalita' di funzionamento, senza oneri per la finanza pubblica, della Commissione tecnica di cui al comma 5». La regione, nel presente ricorso, non contesta la determinazione del legislatore statale di istituire, ben oltre il mero coordinamento informativo, un sistema a rete complessivamente orientato alla promozione delle iniziative nel settore dello spettacolo, ne' contesta il ruolo generale di coordinamento assegnato all'Osservatorio nazionale nel sistema a rete. Essa ritiene, tuttavia, che la condivisione debba operare anche in relazione alla struttura e composizione del baricentro del sistema comune, nel momento in cui la relativa disciplina viene affidata ad una fonte secondaria. La regione ricorrente deve infatti evidenziare che nel momento in cui lo Stato si intitola funzioni in una materia regionale ai sensi dell'art. 117, terzo comma, eccedenti la competenza statale sul coordinamento informativo dei dati delle amministrazioni territoriali, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, l'incisione delle attribuzioni legislative ed amministrative regionali puo' passare soltanto per le forme costituzionalmente ammesse dopo la riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, vale a dire in applicazione del principio di sussidiarieta' nella sua valenza ascendente e nel rispetto del principio di leale collaborazione, sancito dall'art. 120, secondo comma, della Costituzione Si noti che le scelte che il decreto interministeriale e' chiamato ad operare sono di carattere politico-discrezionale, e non meramente tecnico, considerato che esso dovra' regolare anche e prima di tutto la composizione dell'organo, e che la legge non da' indicazione alcuna su questo punto. Di qui la necessita' che il principio di leale collaborazione sia declinato nella forma della intesa e non in quella minimale della mera consultazione. III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, lettera a), b) e c), per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione. La regione impugna anche l'art. 7, primo comma, secondo periodo. Tale disposizione stabilisce che «le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano: a) promuovono l'istituzione di osservatori regionali dello spettacolo per la condivisione e lo scambio di dati e di informazioni sulle attivita' dello spettacolo dal vivo; b) verificano, anche attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo; c) promuovono e sostengono, attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». Attraverso questa prescrizione la norma impugnata pretende di assoggettare l'esercizio della legislazione regionale in materia di competenza concorrente ("promozione e organizzazione di attivita' culturali) e residuale (organizzazione amministrativa della regione) a prescrizioni che non sono espressione di principi fondamentali, ne' riconducibili a competenze statali «trasversali», bensi' determinate da un atto amministrativo di carattere politico, qual e' l'accordo raggiunto in Conferenza. Benche' la disposizione non lo precisi espressamente, gli accordi cui essa fa riferimento sono - sembra alla regione si debba ritenere - gli accordi previsti dall'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997, ai sensi del quale «Governo, Regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalita', economicita' ed efficacia dell'azione amministrativa, possono concludere in sede di Conferenza Stato-regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attivita' di interesse comune», accordi che «si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei Presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano». Ora, interpretando tale disposizione, codesta ecc.ma Corte ha stabilito che gli accordi raggiunti ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 281 del 1997 non sono idonei a vincolare la funzione legislativa, limitandone l'efficacia al piano politico e negandone ogni effetto di vincolo giuridico, come afferma con nettezza la sentenza n. 437 del 2001. In tale sentenza, la Corte conclude che le procedure di cooperazione o di concertazione possono rilevare ai fini dello scrutinio di legittimita' di atti legislativi, solo in quanto l'osservanza delle stesse sia imposta direttamente o indirettamente (punto 3 del diritto): concetto, questo, ripreso anche dalla giurisprudenza successiva (sentenza n. 237 del 2017, punto 9; sentenza n. 137 del 2018, punto 3.5.3), che ha altresi' ribadito che «un accordo non puo' condizionare l'esercizio della funzione legislativa (sentenze n. 160 del 2009 e n. 437 del 2001)» (sentenza n. 176 del 2016, punto 4.2.2). La norma impugnata, invece, imprime a tale accordo carattere cogente, attribuendo a tale atto una forza che esso non ha di per se' e che nemmeno la legge statale gli puo' conferire, dato che si verrebbe in questo modo da un lato ad alterare i normali rapporti tra atti non legislativi e atti legislativi, dall'altro, si inciderebbe anche sui rapporti tra organi della regione, perche' si trasformerebbe un atto di assenso del vertice dell'esecutivo regionale in un limite alla potesta' legislativa assegnata al consiglio regionale. Non a caso, lo stesso art. 117, ottavo comma, della Costituzione, riserva alla legge regionale la «ratifica [del]le intese della regione con altre regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni». D'altronde, neppure sotto altro profilo vi e' ragione e titolo giustificativo per l'assoggettamento della legislazione regionale a previ accordi con lo Stato. L'accordo, infatti, interviene nella materia della organizzazione amministrativa dell'ente, materia in cui la regione dispone di potesta' residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione), sicche' la legge statale non ha titoli di intervento, trattandosi, peraltro, di organizzazione di funzioni all'interno di un settore materiale anch'esso di competenza regionale qual e' lo spettacolo, di competenza concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione La regione osserva inoltre che la norma non solo impone di istituire l'Osservatorio dello spettacolo in attuazione dei criteri oggetto dell'accordo (lettera a), gia' cosi' riducendo il margine di autonomia della regione, ma pretenderebbe di attribuire a tali uffici anche il compito di verificare l'efficacia dell'intervento pubblico nel territorio rispetto ai risultati conseguiti, anche attraverso attivita' di monitoraggio e valutazione, in collaborazione con l'Osservatorio dello spettacolo (lettera b), nonche' la funzione di promuovere e sostenere, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo (lettera c). Tali ultime due funzioni - e in particolare la terza, come si dira' al punto successivo - risultano incoerenti con la stessa ratio del sistema a rete, e non dunque la creazione di tale sistema non giustifica la compressione delle scelte regionali in ordine alle modalita' di valutazione dell'efficacia dell'intervento pubblico rispetto ai risultati conseguiti e alla organizzazione dei canali di finanziamento In sintesi, nella misura in cui tali disposizioni importino vincoli, la regione denuncia anzitutto la violazione l'art. 117, quarto comma, della Costituzione, perche' la norma interferisce con la potesta' legislativa residuale in materia di organizzazione degli uffici della regione: interferenza che e' evidente ove si osservi che regione sarebbe costretta ad adottare specifiche soluzioni organizzative. In secondo luogo, anche se si volesse ricondurre l'intervento censurato alla competenza concorrente sulla promozione delle attivita' culturali, esso sarebbe comunque in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, stante il carattere non legislativo del vincolo imposto alla regione, in lesione del precetto costituzionale che copre da riserva di legge la determinazione dei principi fondamentali della materia. IV. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, primo comma, secondo periodo, lettera c), per violazione degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 118, primo e secondo comma, della Costituzione violazione del principio di buon andamento (art. 97, secondo comma, della Costituzione) di ragionevolezza (art. 3, primo comma, della Costituzione). La regione, infine, impugna l'art. 7, primo comma, secondo periodo, lettera c), della legge, per violazione della sua autonomia organizzativa e della competenza ad allocare le funzioni amministrative ai diversi enti territoriali, nonche' in quanto norma irragionevole e lesiva del principio di buona andamento della amministrazione. La disposizione vincola le regioni a promuovere e sostenere, «attraverso gli osservatori regionali dello spettacolo, anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni, direttamente o in concorso con lo Stato, le attivita' dello spettacolo dal vivo». La ricorrente non puo' non contestare l'intromissione del legislatore statale nella propria organizzazione e nell'ordinamento della propria azione, operata mediante l'attribuzione di funzioni direttamente ad un proprio ufficio e la previsione secondo cui le funzioni di sostegno allo spettacolo al vivo debbono avvenire «anche con la partecipazione delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni». Entrambe le norme sono, ad avviso della regione, illegittime, per ragioni che prescindono completamente anche dalla fondatezza dei precedenti motivi di ricorso. La presente censura e' dunque autonoma dalle precedenti, ed e' diretta contro una disposizione che e' eccentrica anche rispetto alla logica delle altre disposizioni oggetto della presente impugnazione. 4.1. E' giurisprudenza costante di codesta Corte che quando lo Stato intesta funzioni alla regione deve assegnarle all'ente, e non all'organo, pena la violazione della autonomia organizzativa della regione, garantita nell'ambito della competenza residuale (art. 117, quarto comma, della Costituzione). In questo senso si veda, tra le molte, la sentenza n. 293 del 2012, in cui la Corte segnala di aver «gia' concluso per l'illegittimita' di norme statali che provvedevano a indicare specificamente l'organo regionale titolare della funzione amministrativa, trattandosi di «normativa di dettaglio attinente all'organizzazione interna della regione» (sentenza n. 387 del 2007; inoltre, sentenze n. 22 del 2012 e n. 95 del 2008) e nel caso di specie non si ravvisano ragioni che possano consentire al legislatore statale non solo di porre a carico della regione un obbligo collaborativo di raccolta dati, ma anche di selezionare il soggetto regionale deputato a svolgerlo»; nello stesso senso anche la sentenza n. 387 del 2007. La legge statale, dunque, deve rispettare le scelte regionali circa l'intestazione delle funzioni ai diversi organi o uffici, con la limitata eccezione - confermativa della regola generale - della attribuzione di funzioni al Consiglio regionale, eventualita', questa, non a caso autorizzata direttamente dalla Costituzione nell'art. 121, primo comma, della Costituzione, a mente del quale «il Consiglio regionale esercita le potesta' legislative attribuite alla regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi», se per «leggi» si intendono qui (anche) le leggi statali. Nel presente caso la legge statale assegna le funzioni di promozione dello spettacolo dal vivo all'Osservatorio regionale dello spettacolo, precludendo diverse soluzioni organizzative, e addirittura contraddicendo quelle gia' stabilite dalla regione. La norma si dimostra poi del tutto irragionevole e, anche ai fini dei raccordi e del coordinamento che la legge vuole costruire, considerato che la promozione ed il sostegno sono una funzione finale, interna alla regione, mentre le norme di cui agli articoli 5 e 6 sono rivolti ad organizzare il coordinamento tra i sistemi regionali e lo Stato. La lesione di tali principi, radicati nell'art. 3 della Costituzione, ridonda in lesione della autonomia organizzativa della regione, assoggettata ad un vincolo non giustificato, e in lesione della autonomia legislativa ed amministrativa della regione in materia di spettacolo, riconducibile alla materia promozione e organizzazione delle attivita' culturali, di potesta' concorrente. Ancora, la regione deve denunciare anche la lesione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall'art. 97, secondo comma, della Costituzione, in quanto la norma e' diretta conferire funzione di amministrazione attive di promozione e sostegno delle attivita' dello spettacolo dal vivo ad un ufficio ordinato fondamentalmente alla diversa finalita' del tutto diverse dell'analisi e della raccolta di dati. E' evidente che le competenze e le dotazioni necessarie ad un ufficio per esercitare le prime funzioni sono ben diverse da quelle richieste per svolgere le seconde, sicche' ne risulta un organismo ibrido, organizzato in modo non rispettoso del criterio di buon andamento. Anche tale vizio si riflette sia sull'autonomia organizzativa della regione sia sulle competenze in materia di spettacolo, condizionate da un previsione impedisce la migliore organizzazione della relativa funzione di promozione e sostegno. 4.2. Infine, anche la norma che prevede come necessaria la partecipazione di province, citta' metropolitane e comuni all'esercizio delle funzioni di promozione e sostegno dello spettacolo e', ad avviso della ricorrente regione, anch'essa illegittima, in quanto predetermina una scelta di allocazione delle funzioni che compete invece alla regione in applicazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, e dell'art. 118, secondo comma, della Costituzione, combinati con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, se si considera che il potere di allocare le funzioni segue la competenza a disciplinare legislativamente la materia. Tale scelta allocativa e' stata anche esercitata dalla ricorrente regione con la legge regionale 1° agosto 2018, n. 11, «Disposizioni coordinate in materia di cultura, che riordina la legislazione della materia».