ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e  8
della legge della  Regione  Abruzzo  8  giugno  2021,  n.  14  (Nuova
disciplina del Parco naturale regionale Sirente  Velino  e  revisione
dei confini. Modifiche alla l.r. 42/2011),  promosso  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri con  ricorso  notificato  il  29  luglio-2
agosto 2021, depositato in cancelleria il 3 agosto 2021, iscritto  al
n. 42 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 2021. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udita  nell'udienza  pubblica  del  4  ottobre  2022  la  Giudice
relatrice Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maria Luisa Spina per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Fabio Franco per la
Regione Abruzzo; 
    deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2022. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 3 agosto 2021 (reg. ric. n. 42  del
2021), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e 8  della  legge  della
Regione Abruzzo 8 giugno 2021, n.  14  (Nuova  disciplina  del  Parco
naturale regionale Sirente Velino e revisione dei confini.  Modifiche
alla l.r. 42/2011), in riferimento, complessivamente, agli  artt.  2,
3, 9, secondo comma, 97 e 117, secondo comma, lettere g), h), l),  m)
ed s), della Costituzione, in relazione: agli artt. 9, commi 8-bis  e
9, 22, comma 1, lettere a) e c), 23 e 24,  comma  1,  della  legge  6
dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette); all'art.  6
del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  (Norme  in  materia
ambientale); alla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e  del
Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la  conservazione  degli
uccelli selvatici; alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la  valutazione  degli
effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente;  all'art.  6,
comma 3, della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992,
relativa alla conservazione degli habitat naturali e  seminaturali  e
della flora e della fauna selvatiche, come recepito dall'art.  6  del
d.P.R. 12 marzo  2003,  n.  120  (Regolamento  recante  modifiche  ed
integrazioni  al  D.P.R.  8  settembre  1997,  n.  357,   concernente
attuazione della  direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione
degli habitat naturali e seminaturali, nonche' della  flora  e  della
fauna selvatiche), che ha sostituito l'art. 5 del d.P.R. 8  settembre
1997,  n.  357  (Regolamento  recante  attuazione   della   direttiva
92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali, nonche' della flora e  della  fauna  selvatiche);  agli
artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d), f) e g),  143,
commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma 4, e  181  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,
n. 137); alla legge 28 febbraio 1985, n.  47  (Norme  in  materia  di
controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e
sanatoria  delle  opere  abusive);  all'art.  32,   comma   27,   del
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  urgenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni,  nella  legge  24  novembre
2003, n. 326; agli artt. 55  e  57,  commi  1  e  2,  del  codice  di
procedura penale; agli articoli da 133 a 141  del  regio  decreto  18
giugno 1931, n. 773 (Approvazione del  testo  unico  delle  leggi  di
pubblica sicurezza); e all'art. 254 del regio decreto 6 maggio  1940,
n. 635 (Approvazione del regolamento per l'esecuzione del testo unico
18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza). 
    1.1.- L'art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14 del  2021,  che  ha
sostituito l'art. 2 della legge  della  Regione  Abruzzo  2  dicembre
2011, n. 42 (Nuova disciplina del Parco  Naturale  regionale  Sirente
Velino), prevede, tra l'altro, una  nuova  perimetrazione  del  parco
naturale regionale Sirente Velino, rinviando per la  definizione  dei
nuovi confini alla cartografia allegata alla legge regionale in esame
(Allegato 1). 
    Il citato art. 2 e' impugnato sia «sotto il profilo della  tutela
ambientale» per violazione degli  artt.  9,  secondo  comma,  e  117,
secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli obiettivi fissati
dalla Strategia europea sulla  Biodiversita'  2030,  agli  artt.  22,
comma 1, lettere a) e c), e 23, comma 1, della legge n. 394 del 1991,
alla direttiva 2009/147/CE, alla direttiva 2001/42/CE, all'art. 6 del
d.lgs. n.  152  del  2006,  all'art.  6,  comma  3,  della  direttiva
92/43/CEE, come recepito dall'art. 6 del  d.P.R.  n.  120  del  2003,
all'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997; sia «sotto  il  profilo  della
tutela paesaggistica», per  violazione  degli  artt.  3,  9,  secondo
comma, 97 e 117, secondo comma, lettere  l),  m)  ed  s),  Cost.,  in
relazione agli artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d),
f), e g), 143, commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma
4, e 181 cod. beni culturali, alla legge n. 47 del  1985  e  all'art.
32, comma 27, del d.l. n. 269 del 2003, come convertito. 
    1.1.1.- «Sotto il profilo  della  tutela  ambientale»,  l'art.  2
della legge  reg.  Abruzzo  n.  14  del  2021  e'  impugnato  perche'
prevederebbe una nuova perimetrazione dell'area  del  parco  naturale
regionale Sirente Velino,  che  ne  riduce  le  dimensioni  di  6.400
ettari. 
    1.1.1.1.- Il ricorrente, dopo aver ricordato che la legge n.  394
del 1991 reca i principi fondamentali cui le regioni sono  tenute  ad
adeguarsi in materia di aree protette, richiama  il  contenuto  degli
artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e 23 della medesima legge quadro.
In particolare, la difesa  statale  sottolinea  come  il  legislatore
abruzzese abbia sostituito l'art. 2 della legge reg.  Abruzzo  n.  42
del 2011 e il suo Allegato 1 (contenente la  cartografia  del  parco)
senza rispettare gli obiettivi fissati dalla Strategia europea per la
Biodiversita' 2030,  la  quale  richiede  ad  ogni  Stato  membro  di
individuare  una  superficie  protetta  pari  al  30  per  cento  del
territorio nazionale  e  di  considerare  strettamente  protetto,  di
questa, il 10 per cento. 
    1.1.1.2.- In  secondo  luogo,  il  ricorrente  si  duole  che  la
variazione dei confini, operata dall'impugnato art.  2,  e'  avvenuta
senza  la  partecipazione  delle  autonomie  locali  interessate,  in
violazione del procedimento prescritto a questo fine dagli artt. 22 e
23 della legge quadro. 
    1.1.1.3.- Inoltre, l'art. 2 della legge reg. Abruzzo  n.  14  del
2021, riducendo l'area del Parco di  6.400  ettari,  si  porrebbe  in
contrasto  con  la  direttiva  2009/147/CE,   «che   ha   formalmente
riconosciuto tutta l'area quale Zona di Protezione Speciale -  codice
IT7110130 della Rete Natura 2000 della UE - rete ecologica diffusa su
tutto il territorio dell'Unione, istituita ai sensi  della  Direttiva
92/43/CEE, cosiddetta "Habitat" e costituita dai  Siti  di  Interesse
Comunitario (SIC), identificati dagli  Stati  Membri  secondo  quanto
stabilito dalla  stessa  Direttiva  Habitat».  A  seguito  di  questo
riconoscimento, il parco naturale regionale  Sirente  Velino  avrebbe
percepito, per mezzo dello  Stato  italiano,  cospicui  finanziamenti
dalla Commissione europea al fine di tutelare l'orso  bruno,  oggetto
dell'accordo tra pubbliche amministrazioni per l'implementazione  del
piano d'azione per la tutela dell'orso bruno  marsicano  (PATOM).  Di
conseguenza, l'esclusione di una estesa porzione  di  territorio  dal
parco naturale regionale determinerebbe, secondo  il  ricorrente,  la
possibilita' che allo Stato italiano sia contestata, «anche  in  sede
comunitaria», l'inefficacia delle  misure  di  conservazione  cui  e'
tenuto. 
    1.1.1.4.- La norma impugnata si porrebbe, altresi', in  contrasto
con l'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, in ragione  del  fatto  che,
secondo  il  ricorrente,  sarebbe  stata  necessaria  la  valutazione
ambientale strategica (VAS); cio', in  considerazione  dei  possibili
impatti sulle finalita' di conservazione dei siti designati come zone
di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e
di quelli classificati come siti di  importanza  comunitaria  per  la
protezione degli  habitat  naturali  e  della  flora  e  della  fauna
selvatica. In  particolare,  il  denunciato  contrasto  discenderebbe
dall'«ampia nozione di "piano"», recata  dalla  direttiva  2001/42/CE
sulla VAS, come interpretata  dalla  giurisprudenza  della  Corte  di
giustizia dell'Unione  europea.  Pertanto,  la  VAS  dovrebbe  essere
prevista per tutte quelle decisioni  che  determinano  effetti  sulle
modalita' di uso di una determinata area, provocandone un sostanziale
cambiamento e, a maggior ragione, per quei procedimenti che hanno per
oggetto la Rete Natura 2000. 
    1.1.1.5.- A tale  violazione  si  accompagnerebbe  anche  quella,
correlata,  della  mancata   sottoposizione   del   provvedimento   a
valutazione di incidenza ambientale (VINCA), di cui all'art. 6, comma
3, della direttiva 92/43/CEE, come recepito dall'art. 6 del d.P.R. n.
120 del 2003, che ha sostituito l'art. 5 del d.P.R. n. 357 del  1997,
applicabile anche ai piani e ai  programmi.  Infatti,  attraverso  un
apposito screening della VINCA, la Regione  avrebbe  dovuto  valutare
gli effetti della  normativa  impugnata  sull'orso  bruno  marsicano,
presente nei siti  SIC/ZPS,  vale  a  dire  nei  siti  di  importanza
comunitaria e nelle zone a protezione speciale (e anche  esternamente
ad  essi,  nelle  aree  oggetto  appunto   della   riperimetrazione),
limitrofi al territorio ora escluso dall'area protetta. 
    1.1.2.- «Sotto il profilo della tutela paesaggistica»,  l'art.  2
della legge reg. Abruzzo n. 14  del  2021  e'  impugnato  perche',  a
seguito della revisione in senso  riduttivo  dei  confini  del  parco
naturale regionale Sirente Velino, una parte dei territori dei comuni
prima ricompresi in esso sarebbe  sottratta,  non  solo  alla  tutela
naturalistica come aree protette,  ma  anche  alla  correlata  tutela
paesaggistica, imposta ex lege sulle medesime aree. L'art. 142, comma
1, lettera f), cod. beni culturali prevede, infatti, che «i parchi  e
le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori  di  protezione
esterna dei parchi», «[s]ono comunque di interesse  paesaggistico»  e
sono quindi sottoposti alla normativa di tutela. 
    Secondo  il  ricorrente,  la  scelta  del  legislatore  regionale
sarebbe «completamente immotivata e gravemente  penalizzante  per  la
tutela del paesaggio», anche in considerazione del fatto  che  l'area
del parco ha finora mantenuto intatta la  propria  rilevante  valenza
ambientale ed estetica, sebbene insistano su di essa centri  storici,
di grande pregio, notevolmente danneggiati dal sisma del 2009 e quasi
disabitati. 
    Il ricorrente precisa, poi, che il perimetro originario del parco
naturale regionale  Sirente  Velino  risulta  riportato  come  «Parco
esistente» nel piano paesistico regionale  (PPR)  vigente,  approvato
con atto del Consiglio regionale n. 141/21 del 1990, cosi' come nello
strumento adottato nel 2004, e nel redigendo piano paesaggistico, per
il quale e' prevista la  co-pianificazione  con  il  Ministero  della
cultura, ai sensi degli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali.  Al
riguardo, la difesa erariale chiarisce che,  pur  non  essendo  stato
ancora definitivamente approvato il  piano  paesaggistico  regionale,
sono tuttora pienamente validi ed efficaci gli accordi tra la Regione
Abruzzo e il Ministero della cultura oggetto dell'intesa sottoscritta
nel 2009 e del disciplinare aggiornato, sottoscritto in data 8 giugno
2016. 
    A fronte di questo quadro normativo,  la  disposizione  regionale
impugnata  sarebbe  stata   elaborata   e   approvata   senza   alcun
coinvolgimento degli uffici territoriali  del  Ministero  citato;  si
tratterebbe,  pertanto,  di  una  scelta  unilaterale  della  Regione
Abruzzo su un  ambito  connesso  all'attivita'  di  co-pianificazione
paesaggistica obbligatoria. Con la normativa  impugnata,  la  Regione
Abruzzo avrebbe, quindi,  ecceduto  i  limiti  propri  dell'autonomia
regionale (e' richiamata la sentenza  di  questa  Corte  n.  134  del
2020). 
    1.1.2.1.-  Nello  specifico,  l'art.  2  della  legge   regionale
impugnata si porrebbe anzitutto in contrasto con il citato art.  142,
comma  1,  lettera  f),  cod.  beni  culturali,  perche',   riducendo
«autonomamente e senza il coinvolgimento dello Stato» i  confini  del
parco naturale regionale, i cui territori sono tutelati ope legis dal
suddetto codice, violerebbe la norma statale che sottopone  a  tutela
paesaggistica il territorio dei parchi, anche regionali. 
    1.1.2.2.- La norma impugnata sarebbe contraria anche al principio
di co-pianificazione obbligatoria imposto con riferimento  alle  aree
tutelate per legge, oltre che agli altri  beni  paesaggistici  (artt.
135,  143  e  145  cod.  beni  culturali),  risultando  lesiva  della
competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del
paesaggio sancita dall'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Il   legislatore   regionale   sarebbe,   infatti,    intervenuto
unilateralmente a modificare il bene  paesaggistico  "parco  naturale
regionale Sirente Velino", gia'  confluito  nel  piano  paesaggistico
regionale, elaborato dalla Regione  ai  sensi  del  decreto-legge  27
giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone di
particolare interesse  ambientale),  convertito,  con  modificazioni,
nella  legge  8  agosto  1985,  n.  431,  nonche'  nel  nuovo   piano
paesaggistico in corso di elaborazione con  lo  Stato  e  oggetto  di
co-pianificazione obbligatoria, intervenendo al di fuori  del  quadro
necessario della pianificazione paesaggistica. 
    Il ricorrente sottolinea, altresi', come  spetti  solo  al  piano
paesaggistico, elaborato congiuntamente con lo Stato quanto meno  con
riferimento ai beni paesaggistici, la ricognizione di questi ultimi e
l'elaborazione  delle  relative   prescrizioni   d'uso,   oltre   che
l'individuazione della tipologia delle trasformazioni compatibili, di
quelle   vietate   nonche'   delle   condizioni    delle    eventuali
trasformazioni.  Il  legislatore  nazionale,   nell'esercizio   della
potesta' legislativa esclusiva in materia ha, infatti,  assegnato  al
piano paesaggistico una posizione di assoluta preminenza nel contesto
della  pianificazione  territoriale.  La  norma  regionale  impugnata
determinerebbe, quindi,  «una  vistosa  deroga»  al  principio  della
necessaria prevalenza della pianificazione paesaggistica  rispetto  a
ogni altro piano, programma o progetto nazionale o regionale (ex art.
145, comma 3, cod. beni culturali). 
    1.1.2.3.-   Sarebbe,   inoltre,   violato   il    principio    di
irrevocabilita' dei vincoli paesaggistici, in virtu' del  quale,  una
volta riconosciuto l'interesse paesaggistico del bene, lo stesso  non
potrebbe piu' essere revocato,  neppure  mediante  contrarius  actus.
Tale irrevocabilita' discenderebbe dalla natura meramente ricognitiva
dei vincoli paesaggistici, come  riconosciuta  da  questa  Corte  fin
dalla sentenza n. 56 del 1968. 
    Secondo il ricorrente «l'accertamento di  un  interesse  pubblico
"immanente al bene"» si avrebbe, a maggior ragione, nel caso  in  cui
l'individuazione dei beni paesaggistici sia effettuata  dallo  stesso
legislatore, mediante l'indicazione di specifiche categorie  di  beni
che sono ritenuti ex se di interesse paesaggistico. 
    Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ritiene  che  tale
principio, desumibile dall'art. 9 Cost., sia stato accolto nel codice
dei beni culturali e del paesaggio, il quale non ha riprodotto l'art.
14 del vecchio regolamento di cui al regio decreto 3 giugno 1940,  n.
1357  (Regolamento,  per  l'applicazione  della   legge   29   giugno
1939-XVII, n. 1497, sulla protezione  delle  bellezze  naturali),  da
considerarsi  implicitamente  abrogato,  che  prevedeva   il   potere
ministeriale, sentita la  Commissione  provinciale,  di  «togliere  o
restringere il vincolo [...] [q]uando siano  venute  a  mancare  o  a
mutare le esigenze che lo avevano determinato». 
    Il codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 140, comma  2)
negherebbe,  infatti,  persino  al   piano   paesaggistico,   benche'
elaborato  congiuntamente   e   condiviso   con   specifico   accordo
procedimentale tra regione e Stato, il potere di rimuovere o  ridurre
vincoli  paesaggistici  preesistenti.  Il  legislatore   del   codice
avrebbe, quindi, accentuato, rispetto  alle  originarie  disposizioni
della legge 29  giugno  1939,  n.  1497  (Protezione  delle  bellezze
naturali), «una logica, per cosi' dire  "incrementale"»,  secondo  la
quale i vincoli possono  essere  estesi  e  integrati  nei  contenuti
precettivi ma non possono venire meno una volta imposti, salvi i casi
eccezionali  nei  quali  sia   definitivamente   perduto   l'elemento
materiale nel quale si esprime il valore paesaggistico meritevole  di
tutela. 
    A queste conclusioni sarebbero giunti  i  giudici  amministrativi
con specifico riferimento ai boschi. Inoltre, lo  stesso  legislatore
statale avrebbe espressamente  sancito,  nel  decreto  legislativo  3
aprile 2018, n. 34 (Testo unico  in  materia  di  foreste  e  filiere
forestali), il divieto di diminuzione del livello di tutela stabilito
dalla legge, conformando la funzione integrativa regionale  in  senso
(solo) ampliativo della tutela (art. 3, comma 4). Analoga  previsione
sarebbe stata introdotta in materia di  usi  civici  dalla  legge  20
novembre 2017, n.  168  (Norme  in  materia  di  domini  collettivi),
stabilendo che il vincolo paesaggistico  «e'  mantenuto  sulle  terre
anche in caso di liquidazione degli usi civici» (art. 3, comma 6). 
    Con specifico riferimento alla categoria di beni - che qui rileva
- di cui alla lettera f) dell'art. 142, comma 1, cod. beni culturali,
tale principio non sarebbe esplicitato. Cio' nondimeno, il ricorrente
ritiene che esso abbia portata generale, con la  conseguenza  che  la
riduzione  dei  confini  del  parco   determinerebbe   un'illegittima
compressione del vincolo paesaggistico e  quindi  la  violazione  del
richiamato principio di irrevocabilita'. 
    1.1.2.4.- L'art. 2 della legge  reg.  Abruzzo  n.  14  del  2021,
operando la riduzione dell'area del parco naturale regionale  Sirente
Velino, determinerebbe, inoltre,  «un  abbassamento  dei  livelli  di
tutela in violazione dell'art. 9 Cost.». Al riguardo,  il  ricorrente
richiama la sentenza di questa Corte n. 151 del  1985,  sottolineando
come con essa sia stata sancita «la piena legittimita'» della  scelta
operata dal legislatore statale di introdurre, con il d.l. n. 312 del
1985 e con la relativa legge di conversione n.  431  del  1985,  «una
tutela del paesaggio improntata a integralita' e globalita'». 
    Pertanto, l'operazione «inversa» compiuta dalla Regione  Abruzzo,
di escludere dall'area del parco una parte prima ricompresa e  quindi
in precedenza soggetta al vincolo paesaggistico  ope  legis,  sarebbe
lesiva anche dell'art. 9 Cost. 
    1.1.2.5.- La norma  impugnata  sarebbe,  altresi',  contraria  ai
principi di proporzionalita' e ragionevolezza di cui agli artt.  3  e
97 Cost., poiche' la riduzione  dei  confini  del  parco,  sottraendo
parte dei territori alla tutela paesaggistica  esistente  ope  legis,
non sarebbe giustificata dall'esigenza di un bilanciamento con  altri
interessi costituzionalmente protetti. Al contrario -  sottolinea  il
ricorrente - i territori ora esclusi dal parco avrebbero  conservato,
nell'ultimo trentennio, le caratteristiche che avevano  a  suo  tempo
giustificato  la  sottoposizione   alla   tutela   naturalistica   e,
conseguentemente, anche a quella paesaggistica. 
    Un ulteriore profilo di  irragionevolezza  sarebbe  individuabile
nel fatto  che  la  norma  impugnata  renderebbe  «improvvisamente  e
irragionevolmente  privi  di  causa»   non   solo   i   provvedimenti
autorizzatori gia' rilasciati, ma anche le sanzioni gia' irrogate per
illeciti paesaggistici, in contrasto, quindi, con gli artt.  3  e  97
Cost. 
    1.1.2.6.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  stigmatizza,
poi, il «manifesto effetto premiale» che la norma  impugnata  avrebbe
nei confronti delle domande finalizzate al rilascio del provvedimento
di condono per abusi realizzati prima  dell'apposizione  del  vincolo
paesaggistico del 1989. 
    La  previsione  normativa  in   esame   consentirebbe,   infatti,
l'accoglimento di queste domande senza la necessita' di acquisire  il
parere  dell'amministrazione  preposta  alla  tutela  del  paesaggio.
Ancora  piu'  grave  sarebbe  poi  l'effetto  nei   confronti   delle
edificazioni eseguite dopo l'imposizione del vincolo del 1989, atteso
che, per tali edificazioni, non sarebbe stato possibile,  in  base  a
quanto disposto dall'art. 32, comma 27, lettera d), del d.l.  n.  269
del 2003, come convertito, neppure astrattamente accedere al  condono
edilizio del 2004. 
    Di qui la violazione della competenza legislativa esclusiva dello
Stato in materia di ordinamento penale, di cui all'art. 117,  secondo
comma,  lettera  l),  Cost.,  nonche'  di  quelle   in   materia   di
determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni  (art.  117,
secondo  comma,  lettera  m,  Cost.)  e  di  tutela   del   paesaggio
nell'ambito delle procedure di condono edilizio  (art.  117,  secondo
comma, lettera s,  Cost.),  quest'ultima,  «in  concreto  esercitata»
mediante la legge n. 47 del 1985 e l'art. 32  del  d.l.  n.  269  del
2003, come convertito. 
    1.1.2.7.- Inoltre, l'abolizione del vincolo farebbe venir meno in
radice gli abusi paesaggistici non sanabili ai sensi degli artt.  167
e 181 cod. beni culturali. In proposito, il ricorrente sottolinea che
la  valutazione  della  compatibilita'  paesaggistica   delle   opere
eseguite in assenza di autorizzazione paesaggistica e' consentita nei
soli  casi  tassativamente  indicati  dall'art.  167,  comma  4,  del
medesimo codice. 
    Pertanto, le disposizioni regionali che incidono sul  trattamento
sanzionatorio  degli  illeciti   paesaggistici,   anche   sul   piano
amministrativo,  violerebbero  la  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di ordinamento penale, di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera  l),  Cost.,  nonche'  quelle  in  materia  di
determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni  (art.  117,
secondo comma, lettera m, Cost.) e di tutela del paesaggio (art. 117,
secondo comma, lettera s, Cost.) in relazione agli artt.  167  e  181
cod. beni culturali, da considerare come parametri interposti. 
    1.1.2.8.- Da ultimo, l'art. 2 della legge reg. Abruzzo n. 14  del
2021 violerebbe il principio costituzionale di leale  collaborazione,
in quanto la previsione ivi contenuta costituirebbe il frutto di  una
scelta  assunta  unilateralmente  dalla  Regione,  al  di  fuori  del
percorso condiviso con lo Stato,  trasfuso  nell'intesa  sottoscritta
nel 2009 e che ha condotto al disciplinare  aggiornato,  sottoscritto
in data 8 giugno 2016. 
    In particolare, il ricorrente stigmatizza il fatto che la Regione
Abruzzo ha ridotto i confini del  parco  naturale  regionale  Sirente
Velino nelle more dell'approvazione del piano  paesaggistico  oggetto
di accordo con il Ministero della cultura. 
    1.2.- Il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha,  altresi',
impugnato l'art. 3 della legge reg. Abruzzo  n.  14  del  2021,  che,
sostituendo i commi da 2 a 26 dell'art. 3 della legge reg. Abruzzo n.
42 del 2011, reca una nuova disciplina degli organi dell'ente  parco,
per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  in
relazione agli artt. 22, comma 1, lettera c), 23 e 24, comma 1, della
legge n. 394 del 1991. 
    In particolare, sarebbe violato l'art. 24, comma 1,  della  legge
n. 394 del 1991, che rimette allo statuto di ciascun parco  regionale
il compito  di  prevedere  «una  differenziata  forma  organizzativa,
indicando i criteri per la composizione del consiglio  direttivo,  la
designazione del presidente e del direttore, i poteri del  consiglio,
del presidente e del  direttore,  la  composizione  e  i  poteri  del
collegio dei revisori dei conti e degli organi di consulenza  tecnica
e scientifica, le modalita' di convocazione e di funzionamento  degli
organi statutari, la costituzione della comunita' del parco». 
    La norma regionale impugnata finirebbe invece con l'assorbire  in
larga  parte  i  contenuti  dello  statuto  del   parco,   stabilendo
direttamente i criteri per la composizione degli  organi  del  parco,
nonche' i relativi poteri, e determinando  cosi'  una  sostanziale  e
indebita spoliazione delle  potesta'  regolamentari  della  comunita'
locale da parte del legislatore regionale. 
    Ne discenderebbe l'inosservanza dei principi fondamentali in tema
di  disciplina  delle  aree  naturali  protette   regionali   e,   in
particolare, di quelli che prescrivono la partecipazione  degli  enti
locali interessati (art. 22, comma 1, lettera c, della legge  n.  394
del 1991) e l'acquisizione del «parere  della  Comunita'  del  parco»
(art. 9, comma 8-bis,  della  medesima  legge)  nel  procedimento  di
formazione dello statuto dell'ente parco. 
    La  norma  impugnata   conterrebbe,   invece,   una   «disciplina
uniforme», in quanto tale non idonea ad adattarsi  alle  specificita'
dell'area del parco, con conseguente  compromissione  dello  standard
minimo di tutela dell'ambiente prescritto dal legislatore statale  ai
sensi  dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),   Cost.   (sono
richiamate, tra le altre, le sentenze di questa Corte n. 134 del 2020
e n. 282 del 2000). 
    Il  mancato  coinvolgimento  degli  enti  locali   costituirebbe,
quindi, «un vizio della  fase  procedimentale»,  che  inficerebbe  la
validita' della legge provvedimento con cui essa e' stata conclusa. 
    Al riguardo, la difesa  statale  sottolinea  come  la  disciplina
delle aree protette rientri nella  competenza  legislativa  esclusiva
dello Stato in materia di tutela dell'ambiente ex art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. e sia contenuta nella legge n. 394 del 1991,
recante, altresi', i principi fondamentali per  la  disciplina  delle
aree naturali protette regionali, ai quali le regioni  sono  chiamate
ad adeguarsi. 
    Pertanto, il legislatore regionale, in ambito di aree protette  e
nelle  materie  di  sua  competenza,  potrebbe  soltanto  determinare
maggiori livelli di tutela, ma non derogare alla legislazione statale
(sono citate le sentenze di questa Corte n. 44 del 2011, n.  193  del
2010, n. 61 del 2009 e n. 232 del 2008). 
    1.3.- Sono, da ultimo, impugnati i  commi  2,  lettera  c),  e  3
dell'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 (recte: l'art.  8
della legge reg. Abruzzo n. 14  del  2021,  nella  parte  in  cui  ha
sostituito il comma 2, lettera c, e introdotto il comma  3  dell'art.
12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011) per violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettere g), h) ed l), Cost.,  in  relazione  agli
artt. 55 e 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen., agli articoli da  133  a
141 TULPS e all'art. 254 del regolamento di esecuzione TULPS. 
    Le norme impugnate prevedono, rispettivamente, che  «ad  apposite
guardie  del  parco  assegnate  all'Ente  Parco»  e'  attribuita  «la
qualifica di agente di polizia giudiziaria di cui all'articolo 57 del
codice di procedura  penale  con  apposito  decreto  prefettizio  nei
limiti territoriali  dell'area  protetta  di  competenza»  (comma  2,
lettera c) e che questo personale  «svolge  il  proprio  servizio  in
divisa  ed  e'  munito  di  tesserino  di  riconoscimento  rilasciato
dall'Ente Parco» (comma 3). 
    Quanto alla prima norma, il ricorrente  rileva  che  ufficiali  o
agenti di polizia giudiziaria possono essere solo i soggetti indicati
nell'art. 57, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nonche' quelli a  cui  le
leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni di  cui  all'art.  55
del medesimo codice. Una legge regionale non puo'  infatti  conferire
siffatta qualifica, in considerazione  della  competenza  legislativa
esclusiva statale in materia di ordine  pubblico  e  sicurezza  e  di
ordinamento e giurisdizione penale (art. 117, secondo comma,  lettere
h ed l, Cost.). 
    La difesa statale aggiunge che l'impugnato comma 2,  lettera  c),
violerebbe anche la competenza  legislativa  statale  in  materia  di
organizzazione amministrativa dello Stato (art. 117,  secondo  comma,
lettera g, Cost.), poiche'  attribuirebbe  al  prefetto  compiti  non
previsti dalla legislazione statale. 
    Inoltre, le previsioni di cui ai commi 2, lettera c), e  3,  «ove
si riferiscono alla figura e allo status della  "guardia  particolare
giurata"», invaderebbero la competenza legislativa esclusiva  statale
di cui all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  h),  Cost.,  cui  si
ricollega la disciplina dettata dagli articoli da 133 a 141  TULPS  e
dall'art. 254 del relativo regolamento di esecuzione. 
    2.- La Regione Abruzzo si e' costituita in giudizio chiedendo che
le questioni promosse siano dichiarate inammissibili e/o non fondate. 
    2.1.-  Quanto  alla  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 2 della legge reg.  Abruzzo  n.  14  del  2021,  la  difesa
regionale rileva, sotto il profilo della tutela  ambientale,  che  la
riduzione del perimetro del parco naturale regionale  Sirente  Velino
consente comunque di rispettare gli obiettivi fissati dalla Strategia
europea per la Biodiversita' 2030, tra cui l'individuazione  di  zone
protette comprendenti almeno il 30 per cento del territorio nazionale
e, all'interno di queste, un terzo di  zone  «strettamente  protette»
(pari quindi al 10 per cento del territorio nazionale). 
    In particolare, secondo i dati riportati dalla Regione, oltre  il
36 per cento del territorio regionale e' sottoposto a  diverse  forme
di tutela ambientale, in quanto: 
    a) piu' del 27  per  cento  della  superficie  regionale  rientra
nell'area dei  parchi  nazionali  e  regionali  o  nelle  25  riserve
naturali regionali; 
    b) oltre il 35 per cento della superficie regionale  rientra  nei
siti Natura 2000, alcuni dei quali ricadenti, in tutto o in parte, in
aree naturali protette. 
    In dettaglio, dalla Tabella contenuta nell'atto  di  costituzione
si evince che la percentuale di superficie delle  aree  protette  era
del 27,87 per cento prima della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021  ed
e' diventata  del  27,25  per  cento  dopo  l'entrata  in  vigore  di
quest'ultima. 
    La resistente precisa, altresi', che la superficie di  territorio
regionale protetta e' comunque superiore al  30  per  cento  proposto
dalla Commissione europea (essendo pari al 36,89 per cento) e che  la
riperimetrazione, oggetto della legge impugnata, incide per  lo  0,62
per cento della somma delle aree protette  tutelate  ai  sensi  della
legge n. 394 del  1991,  ma  non  sul  totale  delle  aree  protette,
comprensivo anche dei siti Natura 2000. 
    Con riguardo alla  censura  relativa  al  mancato  coinvolgimento
delle  autonomie  locali  interessate  dall'iter  modificativo  della
superficie del parco, la Regione dichiara di essere  intervenuta  con
atto legislativo in quanto il parco naturale regionale Sirente Velino
e' in stato di commissariamento dal 30 giugno  2015,  a  causa  della
scadenza  naturale  del   Consiglio   direttivo   e   della   mancata
approvazione della legge di riordino dell'ente.  Per  questa  ragione
non e' stato possibile  adottare  ne'  il  piano  del  parco  ne'  il
relativo regolamento attuativo. 
    Di qui l'urgenza  di  approvare  una  nuova  legge  regionale  di
riordino  del  parco  che  tenesse  conto  anche  delle   norme   sul
contenimento della spesa pubblica, attraverso la riduzione del numero
dei componenti degli organi di vertice. Per le anzidette  ragioni,  i
comuni ricadenti all'interno dell'area protetta avrebbero piu'  volte
chiesto l'intervento del legislatore regionale per la  revisione  dei
confini e dell'organizzazione amministrativa del parco. 
    La resistente da'  conto  delle  diverse  riunioni  che  si  sono
susseguite tra la Regione e i comuni interessati  a  partire  dall'11
febbraio 2016, precisando come la proposta originaria prevedesse  una
riduzione dell'area protetta di circa 11.870 ettari.  Nella  riunione
del 17 luglio del 2019 tutti i componenti della comunita'  del  parco
(ad  eccezione  di  tre  comuni,  di  cui  uno   ha   pero'   aderito
successivamente) hanno  confermato  la  riperimetrazione  proposta  e
hanno condiviso i contenuti del nuovo progetto di legge, che di fatto
ricalca i principi gia' presenti e discussi  nella  riunione  dell'11
febbraio 2016. La difesa regionale  riferisce,  altresi',  dell'esito
favorevole alla riperimetrazione ottenuto da un  referendum  svoltosi
il 10 luglio 2019 nel Comune di Fagnano Alto. 
    La proposta  di  riperimetrazione  e'  stata  poi  esaminata  dal
Servizio regionale foreste e parchi, che ha  escluso  dall'intervento
la parte compresa nei territori dei Comuni di Rocca  di  Mezzo  e  di
Rocca di Cambio, per la loro valenza naturalistica e per  la  mancata
adozione dell'atto deliberativo del Consiglio comunale. 
    Con delibera della Giunta regionale n. 33/C del 15  giugno  2020,
e'  stata  quindi  adottata  la  proposta  di  legge  con  la   nuova
riperimetrazione e la documentazione a corredo, dalla  quale  risulta
che la riduzione dell'area protetta  e'  di  circa  8.000  ettari.  A
seguito dell'avvio dei lavori consiliari  sul  progetto  di  legge  i
comuni interessati alla  riduzione  hanno  confermato  le  rispettive
posizioni. 
    La Regione riferisce anche di una serie di ulteriori  definizioni
della perimetrazione del parco, sottolineando come la posizione delle
associazioni ambientaliste su questa proposta sia rimasta  fortemente
critica, anche a seguito delle varie occasioni di concertazione. 
    Infine, il 18 maggio 2021 il Consiglio regionale ha approvato  la
nuova legge  di  disciplina  del  parco  naturale  regionale  Sirente
Velino, con una riduzione dell'area del parco di circa  6.400  ettari
(a fronte degli 11.870 ettari inizialmente previsti). 
    Alla luce di tale ricostruzione, la difesa regionale ritiene  non
condivisibili le  censure  sollevate  dal  ricorrente  in  ordine  al
mancato coinvolgimento degli enti locali e ribadisce che le comunita'
locali  interessate  dal  parco  sono  state  coinvolte  nella   fase
procedimentale propedeutica  alla  formazione  e  approvazione  della
legge  e  hanno  partecipato  attivamente  alla   stessa   iniziativa
legislativa di modifica territoriale, in base all'art. 4 della  legge
della Regione Abruzzo 21 giugno 1996, n. 38 (Legge-quadro sulle  aree
protette della Regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa). 
    L'utilizzo della legge regionale quale strumento per la revisione
dei confini del parco non sarebbe, quindi, frutto di una mera  scelta
arbitraria della Regione, ma sarebbe sancito direttamente dalla legge
regionale sopra citata, attuativa della legge statale in materia. Nel
caso  di  specie,  poi,  la  mancanza  del  piano  del  parco  e   il
commissariamento dell'ente parco avrebbero configurato come «percorso
obbligato» il  ricorso  alla  legge  per  la  revisione  dei  confini
dell'area protetta. 
    La resistente aggiunge che,  rispetto  al  giudizio  definito  da
questa Corte  con  la  sentenza  n.  134  del  2020,  il  legislatore
abruzzese, nell'approvare la legge regionale impugnata, avrebbe agito
in modo conforme ai principi sanciti dalla legge  n.  394  del  1991,
assicurando la partecipazione di tutti gli enti locali coinvolti e di
tutti i portatori di interesse in ogni singola fase del  procedimento
di approvazione della legge di revisione dei confini del parco. 
    Quanto al contrasto dell'art. 2 della legge reg.  Abruzzo  n.  14
del 2021 con la direttiva 2009/147/CE, che, secondo il ricorrente, ha
riconosciuto  tutta  l'area  quale  zona   di   protezione   speciale
nell'ambito della Rete Natura 2000,  consentendo  al  parco  naturale
regionale  Sirente  Velino  di  percepire   i   finanziamenti   della
Commissione europea per  la  tutela  dell'orso  bruno  marsicano,  la
difesa regionale osserva che, per l'implementazione del PATOM, cui ha
aderito anche il parco oggetto della normativa impugnata, la  Regione
Abruzzo ha sottoscritto un accordo tra pubbliche amministrazioni il 6
agosto  2019  (APA  PATOM  2019-2021).  Questo  accordo  prevede   la
realizzazione di azioni prioritarie e sinergiche su un  areale  molto
vasto, che ricomprende il territorio delle  Regioni  Abruzzo,  Lazio,
Molise, Marche e Umbria. La resistente aggiunge  che  sono  stati  al
riguardo attivati livelli normativi di tutela molto alti per tutto il
territorio, indipendentemente dall'espressa  qualificazione  di  aree
protette. 
    Quanto poi al livello di tutela  delle  aree  che  sono  divenute
esterne al perimetro del parco a seguito della  normativa  impugnata,
la Regione precisa che la ZPS Sirente Velino non e' stata  modificata
(e non poteva esserlo con legge regionale). 
    La  Regione  sottolinea,  altresi',  che  il  livello  di  tutela
ambientale di questa ZPS e' stato innalzato  dalla  Giunta  regionale
con delibera 27 dicembre  2016,  n.  877,  integrata  con  successiva
delibera 25 maggio 2017, n. 279, che ha esteso alle ZPS il livello di
protezione previsto per i SIC. Cio' avrebbe consentito  di  garantire
«un livello alto di protezione ambientale e di tutela per  habitat  e
specie» per quelle aree non piu' rientranti nel parco,  ma  che  sono
comunque ricomprese nelle ZPS. 
    Quanto al  lamentato  contrasto  dell'art.  2  della  legge  reg.
Abruzzo n. 14 del 2021 con l'art. 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 per la
mancata previsione della VAS (richiesta per tutte  le  decisioni  che
determinano  effetti  sulle  modalita'  d'uso  di  una  certa   area,
provocandone  un  sostanziale  cambiamento)  e  con  l'art.  6  della
direttiva 92/43/CE per la mancata  sottoposizione  del  provvedimento
alla VINCA, la Regione osserva che l'adozione della  legge  regionale
impugnata e'  stata  preceduta  da  una  accurata  valutazione  sulla
presenza, nell'area oggetto  della  riperimetrazione,  di  habitat  e
specie di interesse  comunitario,  nonche'  sul  fatto  che  le  aree
sottratte al Parco sono comunque interne alla ZPS IT7110130  "Sirente
Velino", i cui confini restano inalterati con la vigenza di  tutti  i
divieti e le misure prescrittive. 
    Sarebbero, pertanto,  rispettate  le  finalita'  della  direttiva
2001/42/CE,  consistenti  nel  garantire  un   livello   elevato   di
protezione  dell'ambiente,  con  la  conseguenza  che   non   sarebbe
necessaria la VAS. Resterebbe, comunque,  obbligatoria  l'attivazione
della valutazione di incidenza per tutti i piani e i  programmi,  gli
interventi e i progetti per i quali non sia stato  gia'  espresso  un
parere in tal senso. Infine, l'ente parco,  rimanendo  gestore  della
ZPS Sirente Velino, dovrebbe essere comunque consultato. 
    Ancora, le misure generali di conservazione per la tutela dei SIC
e delle ZPS, adottate con le delibere della  Giunta  regionale  sopra
richiamate, avrebbero esteso le limitazioni e i vincoli, facendo  si'
che la rete di protezione per le Aree natura  2000  sia  «uniforme  e
rafforzata». In definitiva, la  permanenza  della  ZPS  nell'area  in
oggetto   consentirebbe   di   rispettare   i    vincoli    derivanti
dall'ordinamento comunitario e nazionale. 
    Quanto  alla  censura  del  Governo  per   cui   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge reg. Abruzzo n.  14  del  2021
discenderebbe dalla sottrazione dei territori  prima  rientranti  nel
parco alla tutela paesaggistica, oltre  che  a  quella  naturalistica
(quali aree protette), la  Regione  Abruzzo  sottolinea  come  questa
Corte non abbia mai messo in discussione la  facolta'  delle  Regioni
non solo di modificare le aree protette regionali, ma addirittura  di
sopprimerle (e' citata la sentenza n. 134  del  2020).  Pertanto,  la
riperimetrazione di un parco  regionale  rientrerebbe  nell'autonomia
regionale di cui lo stesso parco e' «tipica espressione». 
    In   merito   alla   presunta   violazione   del   principio   di
co-pianificazione obbligatoria imposto dal codice dei beni  culturali
e  del  paesaggio  per  le  aree  tutelate  ex  lege,  la  resistente
rappresenta che la Regione Abruzzo non si  e'  ancora  dotata  di  un
piano paesaggistico elaborato congiuntamente allo Stato. Pertanto, su
questo piano e sulle relative  prescrizioni  di  tutela  deve  ancora
avvenire il confronto e la condivisione con gli  uffici  ministeriali
competenti; di conseguenza, la norma impugnata non contrasterebbe con
il principio di co-pianificazione. 
    La difesa regionale nega, inoltre, di  aver  perseguito,  con  la
riperimetrazione del parco,  l'intento  di  facilitare  l'accesso  al
condono  edilizio.  L'unica  finalita'  perseguita  dal   legislatore
abruzzese  sarebbe  quella  di  rispondere  alle  esigenze  locali  e
territoriali  di  revisione  dei  confini  per  espungere  dal  parco
naturale regionale Sirente Velino aree  limitate,  caratterizzate  da
elementi di antropizzazione, e consentire  l'uscita  dell'ente  parco
dal commissariamento. Peraltro,  la  legge  regionale  impugnata  non
riaprirebbe ne' consentirebbe di riaprire i termini per le domande di
condono  edilizio,  che,  la'  dove  presentate,  dovrebbero   essere
comunque rigettate dai comuni interessati. 
    2.2.-  Quanto  alla  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 3 della legge reg.  Abruzzo  n.  14  del  2021,  la  difesa
regionale sostiene che i principi di  carattere  generale,  contenuti
nella legge n. 394 del 1991,  lasciano  un  margine  alla  disciplina
regionale di dettare le modalita' ed i limiti entro i quali il parco,
attraverso  lo  statuto,  regola  la  propria  forma   organizzativa.
Pertanto,  nel  rispetto  dei  suddetti   principi,   la   competenza
legislativa regionale puo' legittimamente spingersi fino ad  adottare
una  disciplina  di  dettaglio  sugli  organi  e  sulle   regole   di
funzionamento degli stessi. 
    Dopo aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 134 del 2020,
la resistente  rileva  che,  nel  presente  giudizio,  la  disciplina
organizzativa dell'ente parco non e' contenuta in una legge regionale
di carattere generale quale quella  ligure  di  riordino  delle  aree
protette (dichiarata costituzionalmente illegittima con  la  sentenza
citata), ma in una legge ad hoc,  specifica  per  il  parco  naturale
regionale  Sirente  Velino  e  che   peraltro   tiene   conto   delle
peculiarita' e caratteristiche del territorio, anche con  riferimento
alla situazione attuale di commissariamento. Pertanto,  la  revisione
organizzativa si  sarebbe  resa  necessaria  al  fine  di  consentire
l'uscita dell'ente  parco  dal  commissariamento  e  di  superare  le
problematiche  che  non  hanno  consentito  allo  stesso  di  operare
efficacemente per la gestione del relativo territorio. 
    La difesa regionale conclude  sottolineando  come  altre  regioni
abbiano approvato normative simili a quella qui in  esame  senza  che
siano state impugnate dal Governo. 
    2.3.- Infine, la Regione non replica sulle censure mosse all'art.
8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021. 
    3.- All'udienza, le  parti  hanno  insistito  per  l'accoglimento
delle conclusioni rassegnate nei rispettivi atti. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 2, 3 e  8  della  legge  reg.
Abruzzo n. 14 del 2021, in riferimento, complessivamente, agli  artt.
2, 3, 9, secondo comma, 97 e 117, secondo comma, lettere g), h),  l),
m) ed s), Cost., in relazione: agli artt. 9, commi  8-bis  e  9,  22,
comma 1, lettere a) e c), 23 e 24, comma 1, della legge  n.  394  del
1991;  all'art.  6  del  d.lgs.  n.  152  del  2006;  alla  direttiva
2009/147/CE; alla direttiva 2001/42/CE; all'art. 6,  comma  3,  della
direttiva 92/43/CEE, come recepito dall'art. 6 del d.P.R. n. 120  del
2003, che ha sostituito l'art. 5 del d.P.R. n.  357  del  1997;  agli
artt. 135, 140, comma 2, 142, comma 1, lettere c), d), f) e g),  143,
commi 1, lettera c), e 9, 145, commi 3 e 5, 167, comma 4, e 181  cod.
beni culturali; alla legge n. 47 del 1985; all'art. 32, comma 27, del
d.l. n. 269 del 2003, come convertito; agli artt. 55 e 57, commi 1  e
2, cod. proc. pen.; agli articoli da 133 a 141 TULPS e  all'art.  254
del regolamento di esecuzione TULPS. 
    1.1.- La legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021 ha novellato una serie
di  disposizioni  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  42  del  2011.  In
particolare, per quel che rileva in questa sede: l'art. 2 della prima
legge regionale ha sostituito l'art. 2 della seconda; l'art. 3  della
prima ha modificato l'art. 3 della seconda; l'art. 8 della  prima  ha
sostituito l'art. 12 della seconda. 
    In merito a quest'ultima disposizione,  e'  necessario  precisare
che l'impugnato art. 8 si compone di  un  solo  comma;  pertanto,  la
censura rivolta dal Presidente del Consiglio dei ministri ai commi  2
e 3 dell'art. 8  della  legge  reg.  Abruzzo  n.  14  del  2021  deve
intendersi riferita all'art. 8 della legge reg.  Abruzzo  n.  14  del
2021, nella parte in cui ha sostituito il comma  2  e  introdotto  il
comma 3 dell'art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011. 
    La legge regionale oggetto dell'odierno giudizio reca -  come  si
evince gia' dal suo titolo - una nuova disciplina del parco  naturale
regionale Sirente Velino, apportando, tra le altre,  due  innovazioni
di  rilievo:  per  un  verso,  la  riperimetrazione  del  parco,  con
riduzione della sua area di circa 6.400 ettari (art.  2);  per  altro
verso, una nuova disciplina degli organi di governo  dell'ente  parco
(art. 3). Su tali due profili si appuntano  due  dei  tre  gruppi  di
censure mosse dal Presidente del Consiglio  dei  ministri.  Il  terzo
gruppo attiene invece alla qualifica di agente di polizia giudiziaria
che la legge impugnata assegna alle guardie del parco (art. 8). 
    1.2.-  Sempre  in  via   preliminare,   si   impone   una   breve
ricostruzione delle vicende che hanno riguardato  il  parco  naturale
regionale Sirente Velino. 
    L'area protetta de qua, oggetto  di  disciplina  da  parte  della
legge impugnata, costituisce, in Abruzzo,  l'unico  parco  regionale,
che si  colloca  accanto  ai  tre  parchi  nazionali  insistenti  sul
territorio regionale (il parco d'Abruzzo Lazio  e  Molise,  istituito
nel 1923, il parco del Gran Sasso e il parco della Maiella, istituiti
entrambi nel 1991). 
    Le prime proposte per l'istituzione del parco naturale  regionale
Sirente Velino risalgono gia'  alla  fine  degli  anni  Sessanta  del
secolo scorso. Solo alla fine  degli  anni  Ottanta  e'  stata  pero'
approvata la legge della  Regione  Abruzzo  13  luglio  1989,  n.  54
(Istituzione del Parco Naturale Regionale  del  Sirente-Velino).  Nel
1996 il legislatore abruzzese ha approvato  la  legge  della  Regione
Abruzzo 21 giugno 1996, n. 38 (Legge-quadro sulle aree protette della
Regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa). I confini del  parco
sono stati modificati una prima volta nel 2000  con  la  legge  della
Regione Abruzzo  7  marzo  2000,  n.  23  (Parco  naturale  regionale
«Sirente-Velino»: adeguamento alla L.R.  21  giugno  1996,  n.  38  e
revisione  dei  confini).  Infine,  il   legislatore   abruzzese   e'
nuovamente intervenuto sulla disciplina del parco con la  legge  reg.
Abruzzo n. 42 del 2011, sul cui tessuto  normativo  si  innestano  le
modifiche  operate  dalla  legge   regionale   oggetto   dell'odierno
giudizio. 
    Da quanto riferiscono le parti, si apprende che nel  2015  l'ente
parco e' stato commissariato. Non risulta inoltre  essere  mai  stato
approvato il piano per il parco, che, ai  sensi  dell'art.  25  della
legge n. 394 del 1991, costituisce uno degli strumenti di  attuazione
delle finalita' del parco naturale  regionale,  unitamente  al  piano
pluriennale economico e sociale per  la  promozione  delle  attivita'
compatibili. Il piano per il  parco  e'  adottato  dall'organismo  di
gestione del parco ed e' approvato dalla regione. 
    1.3.- Tornando alle ragioni di  impugnativa,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri ritiene che l'art. 2 della legge reg.  Abruzzo
n. 14 del 2021 - che, al comma 1, prevede  una  nuova  perimetrazione
del  parco  naturale  regionale  Sirente  Velino  e  rinvia  per   la
definizione dei nuovi confini alla cartografia allegata  alla  stessa
legge  (Allegato  1)  -  violi  plurimi  parametri  costituzionali  e
altrettante norme interposte, statali e dell'Unione europea. 
    Le censure mosse dal ricorrente investono l'art. 2, sia «sotto il
profilo della tutela ambientale», sia «sotto il profilo della  tutela
paesaggistica»,       e       riguardano,        sia        l'aspetto
contenutistico-sostanziale delle modifiche apportate dal  legislatore
regionale, sia quello piu' propriamente  procedimentale,  dal  quale,
per la sua priorita' logica, conviene prendere le mosse. 
    La difesa erariale lamenta, in particolare, il  mancato  rispetto
del procedimento previsto dagli artt. 22, comma 1, lettere a) e c), e
23, comma 1, della legge n. 394 del 1991, ritenendo che la variazione
dei confini operata dalla norma impugnata,  che  riduce  l'estensione
dell'area protetta, sia avvenuta senza la partecipazione  degli  enti
locali interessati, in violazione del  principio  procedimentale  del
necessario  coinvolgimento  delle  autonomie  locali,  stabilito  dai
citati artt. 22 e 23 della legge quadro. 
    Come si deduce dalla sintesi delle  ragioni  di  impugnativa,  ad
essere oggetto delle odierne questioni di legittimita' costituzionale
non e' l'insieme delle disposizioni recate dal citato art. 2 ma  sono
esclusivamente i suoi  commi  1  e  2,  recanti,  appunto,  la  nuova
definizione dei confini del parco naturale regionale  Sirente  Velino
per il tramite del rinvio alla cartografia allegata alla legge (comma
1) e la conseguente individuazione  dei  Comuni  sul  cui  territorio
insiste l'area del parco (comma 2). Si deve  ritenere,  dunque,  che,
nonostante il ricorso investa genericamente l'intero art. 2,  l'esame
di questa Corte non riguardi i commi  3,  4  e  5  dell'art.  2,  che
disciplinano altri profili. 
    1.3.1.- Cosi' circoscritta, la censura e' fondata nella parte  in
cui contesta l'inosservanza, nel  procedimento  di  formazione  della
legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, di quanto  previsto  all'art.  22,
comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991. 
    Occorre   chiarire,    innanzitutto,    che    l'intervento    di
riperimetrazione,   effettuato   dalla   Regione   Abruzzo   con   la
disposizione contestata, deve essere  correttamente  qualificato  nei
termini di una riperimetrazione provvisoria, ossia come intervento di
modifica della perimetrazione provvisoria, a  suo  tempo  operata  in
sede di istituzione del parco ai sensi dell'art. 23, comma  1,  della
legge n. 394 del 1991. Come esposto sopra ripercorrendone le  vicende
istitutive  e  i  successivi  sviluppi,  invero,  il  parco  naturale
regionale Sirente Velino non risulta ancora dotato di piano del parco
- strumento di attuazione delle finalita' del  parco,  giusta  quanto
previsto all'art. 25 della legge n. 394 del 1991 - e  dunque  nemmeno
di una perimetrazione definitiva. 
    Pertanto, la disciplina procedimentale di riferimento per il caso
di  specie  non  e'  quella  propria  della  modifica  del  perimetro
(definitivo) individuato dal piano del parco. Ipotesi, questa, cui si
riferisce  la  giurisprudenza  costituzionale  citata  dalla   difesa
erariale, secondo la quale anche una  legge  provvedimento  regionale
puo' modificare la perimetrazione  di  piano  a  condizione  che  sia
garantita la partecipazione degli enti locali  interessati  (sentenze
n. 221 e n. 115 del 2022, n. 276 e n. 134 del 2020). 
    Nel caso in esame, si tratta invece della diversa  ipotesi  della
modifica di un elemento della  legge  istitutiva  dell'area  protetta
regionale non ancora pianificata, con la conseguenza che,  in  virtu'
del principio del contrarius actus, trova applicazione  per  esso  la
medesima disciplina - contenuta all'art. 23 della legge  n.  394  del
1991 e, per il rinvio ad opera di quest'ultimo, segnatamente al comma
1, lettera a), del precedente art. 22 - che  regola  il  procedimento
istitutivo del parco. 
    Deve  essere  quindi  condivisa   l'affermazione   della   difesa
regionale secondo cui la scelta dell'atto legislativo come  strumento
per la riperimetrazione del parco costituiva un  percorso  obbligato,
giacche', mancando il piano e  non  essendo  in  discussione  la  sua
adozione, non vi e' dubbio che la riperimetrazione stessa non  poteva
che avvenire tramite legge regionale. 
    Cio' che tuttavia non risulta rispettato, nel procedimento che ha
condotto all'approvazione della previsione  regionale  impugnata,  e'
l'obbligo  di  partecipazione  "qualificata"  delle  province,  delle
comunita' montane e dei comuni previsto dalla citata lettera  a)  del
comma 1 dell'art. 22, secondo cui «[t]ale partecipazione si  realizza
[...] attraverso conferenze per  la  redazione  di  un  documento  di
indirizzo relativo all'analisi territoriale dell'area da destinare  a
protezione, alla perimetrazione provvisoria, all'individuazione degli
obiettivi   da   perseguire,   alla   valutazione    degli    effetti
dell'istituzione dell'area protetta». Un coinvolgimento "rinforzato",
dunque, che non si esaurisce  nella  semplice  «partecipazione  degli
enti locali interessati», prevista  dalla  lettera  c)  del  comma  1
dell'art. 22 della legge n. 394 del 1991 per la  «gestione  dell'area
protetta», ma esige il rispetto di tutte le specifiche  condizioni  e
modalita' di partecipazione  analiticamente  individuate  alla  detta
lettera a) del comma 1 dell'art. 22. 
    Piu' precisamente, non risulta  che  siano  state  effettuate  le
prescritte «conferenze per la redazione di un documento di  indirizzo
relativo  all'analisi   territoriale   dell'area   da   destinare   a
protezione»,  ne'  che   tale   documento   d'indirizzo   sia   stato
predisposto,  ne'  ancora  che   siano   state   operate   l'«analisi
territoriale», l'«individuazione degli obiettivi da perseguire» e  la
«valutazione degli effetti dell'istituzione  dell'area  protetta  sul
territorio»,  sulla  cui  base   espressamente   «si   realizza»   la
partecipazione, secondo quello che la legge quadro statale sulle aree
protette qualifica espressamente come principio fondamentale  per  la
disciplina delle aree naturali protette regionali. 
    La difesa regionale ha dimostrato, attraverso la produzione delle
delibere dei Consigli comunali,  dei  verbali  delle  riunioni  della
Comunita' del parco e di altri atti idonei  a  tale  scopo,  che,  in
effetti, un coinvolgimento  degli  enti  sui  cui  territori  insiste
l'area del parco vi e' stato. Tuttavia, ne' da  tale  documentazione,
ne' da altro elemento addotto dalla difesa della resistente,  risulta
in alcun modo che siano state  rispettate  le  specifiche  condizioni
procedimentali fissate dall'art. 22, comma 1, lettera a), a  garanzia
della prescritta "qualificata" partecipazione  delle  autonomie  alla
scelta di riperimetrazione dell'area. 
    Si tratta di condizioni dirette, all'evidenza, a far si'  che  la
partecipazione degli  enti  locali  interessati  all'istruttoria  sia
effettivamente idonea a incidere sulla scelta da  assumere  all'esito
del procedimento di istituzione del parco (e di sua  modifica).  Cio'
che a sua volta presuppone che la stessa istruttoria si fondi su  una
corretta rappresentazione fattuale delle aree su cui  si  interviene,
operata tramite un'adeguata analisi territoriale, e che le  finalita'
perseguite corrispondano a obiettivi  preventivamente  individuati  e
tengano conto degli effetti previsti, cosi' come pretende  la  logica
di ogni corretta scelta pubblica, prima ancora che l'art.  22,  comma
1, lettera a), della legge n. 394 del 1991. 
    Tutto questo e' mancato  nel  procedimento  di  formazione  della
decisione  regionale  di  riperimetrazione  provvisoria   del   parco
naturale regionale Sirente Velino, sicche'  si  deve  concludere  che
l'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021  viola
l'art. 22, comma 1, lettera a), della legge n. 394 del 1991 e, per il
suo tramite, l'art. 117, secondo comma, lettera  s),  Cost.,  al  cui
ambito di competenza sono riconducibili le  previsioni  della  citata
legge quadro statale sulle aree  naturali  protette  (tra  le  tante,
sentenze n. 115 del 2022, n. 251 del 2021, n. 276 e n. 134 del  2020,
n. 290 e n. 180 del 2019, n. 121 del 2018, n. 74 e n. 36 del 2017). 
    Deve essere  quindi  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021. 
    Restano assorbite le ulteriori  censure  promosse  nei  confronti
della medesima norma. 
    1.4.- Il ricorrente ha impugnato anche l'art. 3 della legge  reg.
Abruzzo n. 14 del 2021, che reca una nuova  disciplina  degli  organi
dell'ente parco. Secondo il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
sarebbe violato l'art. 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in
relazione agli artt. 22, comma 1, lettera c), 23 e 24, comma 1, della
legge n. 394 del 1991, perche' la norma impugnata,  «assorbe[ndo]  in
larga  parte  i  contenuti  dello  statuto  del   Parco   regionale»,
fisserebbe direttamente i criteri per la  composizione  degli  organi
del parco, nonche' i relativi poteri, e  determinerebbe  «un'indebita
spoliazione delle potesta' regolamentari della  comunita'  locale  da
parte del Consiglio regionale,  laddove  tale  regolamentazione  deve
essere demandata allo Statuto». 
    L'impugnato art. 3 ha sostituito i commi da 2 a  26  dell'art.  3
della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011 con i nuovi commi da 2 a  31,
introducendo una disciplina  articolata  e  assai  dettagliata  sulla
costituzione e sul funzionamento degli organi dell'ente parco. 
    In particolare: i nuovi commi 3, 4, 5, 13, 30 e  31  disciplinano
la nomina, i poteri, l'indennita' e le cause di incompatibilita'  del
presidente; i nuovi commi 6, 7, 8, 9, 10, 12, 14, 30 e 31 regolano la
composizione, la nomina, la  durata  in  carica,  le  competenze,  il
gettone di presenza, il rimborso spese e le cause di incompatibilita'
dei  membri  del  Consiglio  direttivo;  i  nuovi  commi  11   e   14
disciplinano le funzioni e il gettone di presenza del vicepresidente;
i nuovi commi 15, 16, 17, 18, 19 e 20  regolano  la  composizione,  i
compiti,  il  funzionamento,  i  rimborsi  spese  e   le   cause   di
incompatibilita' della Comunita' del parco  e  dei  suoi  componenti;
infine, i commi 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 30 e 31  disciplinano  la
nomina, i compiti, la durata in carica, il compenso  e  le  cause  di
incompatibilita' del Revisore unico. 
    1.4.1.- Nelle more del presente giudizio, sul testo  dell'art.  3
della legge reg. Abruzzo n. 42 del  2011  e'  intervenuto  l'art.  7,
comma 1, lettere a) e  b),  della  legge  della  Regione  Abruzzo  11
gennaio 2022, n. 1  (Proroga  di  termini  previsti  da  disposizioni
legislative e ulteriori disposizioni urgenti), che  ha  sostituito  i
commi da 3 a 17 e abrogato i commi da 18 a 31,  a  decorrere  dal  15
gennaio 2022. Le disposizioni impugnate sono state quindi  in  vigore
dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022. 
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  la  modifica
della norma impugnata in via principale, intervenuta in  pendenza  di
giudizio,  determina  la  cessazione  della  materia  del  contendere
qualora il sopravvenuto intervento  legislativo  abbia  un  carattere
satisfattivo delle pretese avanzate con il ricorso e a condizione che
la norma impugnata non abbia ricevuto applicazione medio tempore  (ex
plurimis, sentenze n. 222, n. 200, n. 187, n. 112, n. 92, n. 24 e  n.
23 del 2022). 
    Nel caso in esame, a prescindere  dalla  verifica  del  carattere
satisfattivo  delle  modifiche  introdotte  (peraltro,  di  difficile
svolgimento in ragione  della  quantita'  delle  modifiche  operate),
l'assenza di deduzioni sulla mancata applicazione medio  tempore  del
testo originario, anche in considerazione del tempo di vigenza (sette
mesi), esclude la cessazione della materia del contendere (da ultimo,
sentenza n. 187 del 2022). 
    Devono quindi essere esaminate le censure promosse nei  confronti
dell'art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella  parte  in
cui ha modificato l'art. 3 della legge reg. Abruzzo n. 42 del 2011. 
    1.4.2.- Le questioni sono inammissibili. 
    A  fronte  del  numero  particolarmente   elevato   delle   nuove
disposizioni introdotte dall'art. 3 impugnato e  del  loro  variegato
contenuto, il ricorso propone  un'unica  e  indifferenziata  censura,
rivolta cumulativamente e indistintamente a tutte  le  previsioni  in
esso contenute, fondata su una pretesa invasione ad opera della legge
regionale  di  aspetti  della  materia  dell'organizzazione   e   del
funzionamento del parco che sarebbero riservati invece, in base  alla
normativa quadro statale, alla disciplina dello statuto dell'ente. 
    La circostanza che le disposizioni oggetto  del  ricorso  statale
siano   genericamente   accomunate   dal    fatto    di    riguardare
l'organizzazione dell'ente non esime chi le  contesta  dall'onere  di
motivare specificamente, con  riferimento  a  ciascuna  di  esse,  la
ricorrenza della indicata ragione di impugnativa e  i  termini  della
sua incidenza su ognuna, e  di  precisare  il  motivo  per  il  quale
ciascuna previsione sarebbe riconducibile all'ambito della competenza
statutaria (cioe' dello statuto del parco) e non rientrerebbe  invece
nella competenza del legislatore regionale.  Oppure,  muovendo  dalla
prospettiva  opposta,  il  ricorrente  dovrebbe   farsi   carico   di
dimostrare la sussistenza, per tutte, di  una  eadem  ratio  tale  da
giustificare una censura unitaria. 
    L'impugnativa e' del  tutto  carente  al  riguardo,  mentre,  per
costante giurisprudenza di questa Corte, «nella impugnazione  in  via
principale, il ricorrente non solo deve, a pena di  inammissibilita',
individuare l'oggetto della questione proposta (con riferimento  alla
normativa che censura ed ai parametri che denuncia  violati),  ma  ha
anche l'onere (da considerare addirittura piu' pregnante  rispetto  a
quello sussistente nei giudizi incidentali [...]) di esplicitare  una
motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni  che
determinerebbero la  violazione  dei  parametri  che  assume  incisi»
(sentenza n. 221 del 2022; ex plurimis, sentenze n. 135, n. 119 e  n.
117 del 2022). 
    Per queste ragioni  si  deve  concludere  per  l'inammissibilita'
delle questioni  promosse  nei  confronti  dell'art.  3  della  legge
regionale impugnata. 
    1.5.- Da ultimo, il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha
impugnato l'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del  2021,  di  cui
afferma di censurare in particolare i commi 2 e 3. 
    Si  e'  gia'  detto  che  oggetto  delle  odierne  questioni   di
legittimita' costituzionale e', in realta', l'art. 8 della legge reg.
Abruzzo n. 14 del 2021, nella parte in cui ha sostituito il comma 2 e
introdotto il comma 3 dell'art. 12 della legge reg. Abruzzo n. 42 del
2011. I due commi prevedono rispettivamente che la  sorveglianza  sul
territorio del parco e'  affidata  «ad  apposite  guardie  del  parco
assegnate all'Ente Parco cui e' attribuita la qualifica di agente  di
polizia giudiziaria di cui all'articolo 57 del  codice  di  procedura
penale con  apposito  decreto  prefettizio  nei  limiti  territoriali
dell'area protetta di competenza» (comma 2, lettera c), e  che  «[il]
personale di cui alle lettere c) e d) del comma 2 svolge  il  proprio
servizio in divisa  ed  e'  munito  di  tesserino  di  riconoscimento
rilasciato dall'Ente Parco» (comma 3). 
    Secondo il ricorrente, sarebbe violato l'art. 117, secondo comma,
lettere g), h) e l), Cost., in relazione agli artt. 55 e 57, commi  1
e 2, cod. proc. pen., agli articoli da 133 a 141 TULPS e all'art. 254
del regolamento di esecuzione TULPS, perche' sarebbe attribuita,  con
legge regionale, la qualifica di  agente  di  polizia  giudiziaria  e
sarebbero assegnati al prefetto  compiti  non  previsti  dalla  legge
statale. 
    1.5.1.- Nelle more del presente  giudizio,  l'art.  7,  comma  1,
lettera d), della legge reg.  Abruzzo  n.  1  del  2022  ha  disposto
l'abrogazione della lettera c) del comma 2 dell'art. 12  della  legge
reg. Abruzzo n. 42 del 2011, che e' pertanto rimasto in  vigore,  nel
testo sostituito dalla disposizione  oggetto  dell'odierno  giudizio,
dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022. 
    Gli effetti di siffatta abrogazione devono essere  valutati  alla
luce della costante giurisprudenza di questa  Corte,  richiamata  nel
punto 1.4.1. 
    Nel caso in esame,  la  sopravvenuta  abrogazione  e'  senz'altro
satisfattiva  rispetto   alle   doglianze   che   avevano   originato
l'impugnativa, ma l'assenza di deduzioni sulla  mancata  applicazione
medio tempore del testo originario, anche in considerazione del tempo
di vigenza (sette mesi), esclude  la  cessazione  della  materia  del
contendere (da ultimo, sentenza n. 187 del 2022). 
    Devono quindi essere esaminate le censure promosse nei  confronti
dell'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella  parte  in
cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell'art.  12  della  legge
reg. Abruzzo n. 42 del 2011. 
    1.5.2.- La questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  8
della legge reg. Abruzzo n. 14  del  2021,  nella  parte  in  cui  ha
sostituito il comma 2, lettera c),  dell'art.  12  della  legge  reg.
Abruzzo n. 42  del  2011,  promossa  per  violazione  dell'art.  117,
secondo comma, lettera l), Cost., e' fondata. 
    Questa  Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  affermare  che  la
competenza  a  riconoscere  la  qualifica  di   agente   di   polizia
giudiziaria e' «"riservata a leggi e regolamenti che debbono  essere,
in quanto attinenti alla sicurezza pubblica, esclusivamente di  fonte
statale" (sentenza n. 185 del 1999)» (sentenze n. 82 del  2018  e  n.
167 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 8 del 2017 e n. 35  del
2011). Cio', perche' le funzioni in esame ineriscono  all'ordinamento
processuale  penale,  che  configura  la  polizia  giudiziaria  «come
soggetto ausiliario di uno dei soggetti del rapporto triadico in  cui
si esprime  la  funzione  giurisdizionale  (il  pubblico  ministero)»
(cosi', in particolare, le sentenze n. 8 del 2017 e n. 35 del 2011). 
    Deve essere  quindi  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella  parte  in
cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell'art.  12  della  legge
reg. Abruzzo n. 42 del 2011, limitatamente al periodo in cui e' stata
in vigore (dal 10 giugno 2021 al 14 gennaio 2022). 
    Sono assorbite le ulteriori censure promosse nei confronti  della
medesima norma. 
    1.5.3.- Quanto  alla  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14 del 2021, nella  parte  in
cui ha introdotto il comma 3 dell'art. 12 della legge reg. Abruzzo n.
42  del  2011,  deve  preliminarmente  essere  delimitato  il   thema
decidendum. 
    L'impugnativa promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri
presenta, nell'articolazione  del  ricorso,  un  carattere  ancillare
rispetto a quella avente ad oggetto lo stesso art. 8, nella parte  in
cui ha sostituito il comma 2, lettera c), dell'art.  12  della  legge
reg. Abruzzo n. 42 del 2011. 
    Si deve pertanto ritenere che oggetto delle censure  statali  sia
il solo riferimento, contenuto nella norma impugnata, al personale di
cui  alla  lettera  c)  del  comma  2,  con  la  conseguenza  che  la
declaratoria  di  illegittimita'   costituzionale   di   quest'ultima
disposizione conduce a ritenere fondata anche la questione rivolta al
comma 3 qui in esame, nella parte in cui fa riferimento al  personale
di cui «alle lettere c) e d)» del comma 2, anziche' «alla lettera d)»
del medesimo comma 2. 
    Peraltro, e' da rilevare che l'art. 7, comma 1, lettera d), della
legge reg. Abruzzo n. 1 del  2022  ha  disposto  l'abrogazione  della
lettera c) del comma 2 dell'art. 12 della legge reg.  Abruzzo  n.  42
del 2011, ma non anche del comma 3 del medesimo art. 12  nella  parte
in cui fa riferimento al  personale  di  cui  alla  lettera  c),  che
pertanto continua a essere in vigore. 
    In questi limiti deve quindi essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dall'art. 8 della legge reg. Abruzzo n. 14  del  2021,
nella parte in cui ha introdotto il comma 3 dell'art. 12 della  legge
reg. Abruzzo n. 42 del 2011, la' dove fa riferimento al personale  di
cui «alle lettere c) e d)» del comma 2, anziche'  «alla  lettera  d)»
del medesimo comma 2.