TRIBUNALE ORDINARIO DI BRESCIA 
            lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria 
 
    Il Giudice del lavoro dott. Mariarosa  Pipponzi,  a  scioglimento
della riserva assunta all'udienza del 7 novembre 2022 ha  pronunciato
la seguente ordinanza di rimessione  alla  Corte  costituzionale  nel
ricorso ex art. 414 del codice di procedura civile promosso da F.  S.
( ...  ),  rappresentata,  assistita  e  difesa   dall'avv.   Antonio
Carbonelli (c.f. CRB  NTN  64E05  B1R7I  -  fax  030  2479628  -  pec
Antonio.carbonelli@brescia.pecavvocati.it          -           e.mail
carbonelli.antonio@libero.it), ed elettivamente domiciliata presso il
suo studio in via Aldo Moro, 48 - 25124 Brescia - ricorrente; 
    Contro A.S.S.T. degli S.C. di B., (c.f.  03775110988),  con  sede
legale in Brescia, Piazzale ... in persona del direttore  generale  e
legale rappresentante  pro  tempore,  dott.  M. L.,  rappresentata  e
difesa nel presente  giudizio  dall'avv.  Paola  Nebel  del  foro  di
Brescia, (c.f. NBLPLA69A52B15  elettivamente  domiciliata  presso  lo
studio   in   Brescia,   P.le    Spedali    Civili    n.    1,    pec
paola.nebel@brescia.pecavvocati.it - resistente; 
    Premesso che: 
        F. S., dipendente a tempo indeterminato della A.S.S.T. S.  C.
di B. con qualifica di impiegata assistente amministrativa inquadrata
nel livello C ed  addetta  al  servizio  UOC  risorse  umane  ufficio
rilevazione presenze, ha riferito che lo stabile dove prestava la sua
attivita' di lavoro era  sito  in   ... Via ...   e  non  all'interno
dell'ospedale e che aveva lavorato  in  smart  working  dal ...  sino
al ... ; 
        la ricorrente ha dichiarato di non aver adempiuto all'obbligo
vaccinale e di  essere  stata,  di  conseguenza,  sospesa  dal ... in
applicazione del disposto dell'art. 4-ter del decreto-legge 1° aprile
2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021 n. come modificato dall'art.  2
del  decreto-legge  del  26  novembre  2021,   n.   172   conv.   con
modificazioni dalla legge 21 gennaio 2022; 
        la  ricorrente  ha  eccepito  l'illegittimita'   dell'obbligo
vaccinale sotto vari profili richiamando il contenuto  di  precedenti
ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale; 
        F. S., ha sostenuto, in particolare, che la normativa in base
alla quale era stato previsto l'obbligo vaccinale fosse in  contrasto
con i principi posti dagli articoli 1, 3 e 4  della  Costituzione  in
quanto imponeva un obbligo indiscriminato di vaccinazione  per  tutto
il personale delle  strutture  di  cui  all'art.  8-ter  del  decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 per qualsivoglia attivita' e non
consentiva  neppure,  al  personale   inadempiente   all'obbligo   di
vaccinazione, di svolgere le proprie mansioni mediante il ricorso  al
lavoro a distanza; 
        F. S. ha evidenziato, al riguardo, che la sua sospensione dal
servizio era irragionevole in quanto aveva lavorato in smart  working
dal  ...  circostanza che impediva qualsiasi tipo di contagio  e  che
dimostrava  come   la   misura   adottata   dal   legislatore   fosse
sproporzionata rispetto all'obiettivo  da  conseguire,  sottolineando
che, invece, il personale delle societa' esterne che presta  servizio
presso l'ospedale per mansioni di accettazione  amministrativa  o  di
servizio mensa e che era in contatto sia con il pubblico sia con  gli
alimenti da somministrare ai pazienti ricoverati,  non  era  soggetto
all'obbligo vaccinale; 
        parte ricorrente rilevava, altresi', che le  disposizioni  in
materia di obbligo vaccinale dovevano essere disapplicate dal giudice
in quanto erano in contrasto con il regolamento UE  953/2021  che  al
considerando n. 36 recita «E' necessario evitare  la  discriminazione
diretta o indiretta di persone che non sono  vaccinate,  per  esempio
per motivi medici, o perche' hanno scelto di  non  essere  vaccinate»
nonche'  con  il  regolamento  UE  536/2014   sulle   sperimentazioni
cliniche, entrambi direttamente applicabili; 
        la ricorrente  ha  concluso  chiedendo,  previa  declaratoria
dell'illegittimita'  del  provvedimento  di   sospensione,   sia   la
riammissione in servizio sia il pagamento della retribuzione  perduta
sia il versamento della contribuzione previdenziale dalla data  della
sospensione sino alla riammissione in servizio; 
        si e' tempestivamente  costituita  in  giudizio  la  A.S.S.T.
degli  S.C.  di  B.  contestando  in  fatto  che  l'attivita'   della
ricorrente fosse prestata al di fuori della struttura  ospedaliera  e
sottolineando che la prestazione lavorativa in forma di lavoro agile,
pur consentita a  tutti  i  dipendenti  dell'UOC  risorse  umane,  e'
strutturata in modo che i dipendenti, a  turno,  svolgano  il  lavoro
anche in presenza. Ha quindi replicato in modo analitico  ai  rilievi
di parte ricorrente rilevando che le norme in esame erano indenni  da
censure di costituzionalita' e  che  la  normativa  europea  invocata
dalla lavoratrice disciplinava soltanto i limiti e le condizioni  per
la circolazione delle persone tra gli Stati, ma nulla  prevedeva  per
le  materie  di  diritto  interno  che  restavano   attribuite   alla
discrezionalita' degli Stati; 
 
                               Osserva 
 
    L'art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2 del decreto-legge  n.
44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021,  n.  76  con  le  modifiche
introdotte dal decreto-legge  n.  172/2021  conv.  con  modificazioni
dalla legge 21 gennaio  2022,  n.  3,  nella  parte  in  cui  prevede
l'obbligo vaccinale per il personale che svolge «a  qualsiasi  titolo
la propria attivita' lavorativa nelle strutture di cui all'art. 8-ter
del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502»  pone  dubbi  di
compatibilita' con gli articoli 3 e 4 della  Costituzione,  sotto  il
profilo della  disparita'  di  trattamento  (rispetto  a  coloro  che
operano  nelle  medesime  strutture  con  contratti  esterni),  della
irragionevolezza e sproporzionalita' e della lesione del  diritto  al
lavoro  e   pertanto   tale   questione   va   rimessa   alla   Corte
costituzionale. 
Quanto alla rilevanza 
    F. S. e' dipendente della A.S.S.T. degli S.C. di B. a tempo pieno
ed indeterminato e quindi e' soggetto tenuto ad  adempiere  l'obbligo
vaccinale, ma non si e' sottoposta al ciclo  vaccinale  ed  e'  stata
sospesa dall'attivita' lavorativa dal  ...; 
    la lavoratrice ha contestato la  sospensione  ed  ha  offerto  di
continuare a rendere la prestazione, di natura amministrativa e senza
contatto con i pazienti della struttura, anche da  distanza  come  in
precedenza previsto dalla stessa parte convenuta quale misura atta  a
prevenire il contagio da virus Sars cov2 (ved. allegato  4  fascicolo
ricorrente); 
    la  sua  sospensione  dal  servizio  e'  cessata  con  decorrenza
dal  ... con l'entrata in vigore del decreto-legge 31  ottobre  2022,
n. 162; 
    la  ricorrente   agisce   per   ottenere,   previa   declaratoria
dell'illegittimita' della disposta sospensione in  conseguenza  della
dedotta illegittimita' dell'obbligo vaccinale previsto a suo  carico,
oltre alla riammissione in servizio (nelle more intervenuta) anche il
pagamento di una somma pari agli emolumenti perduti  nel  periodo  di
sospensione. 
    Cio' premesso, ritiene questo giudice che la locuzione utilizzata
dall'art. 4-ter, comma 1, lettera  c)  e  comma  2  decreto-legge  n.
44/2021 conv. dalla legge 28 maggio 2021,  n.  76  con  le  modifiche
introdotte dal decreto-legge  n.  172/2021  conv.  con  modificazioni
dalla legge 21 gennaio 2022, n. 3 non consente  di  riconoscere  alla
lavoratrice gli importi rivendicati quale conseguenza  della  dedotta
illegittimita' dell'obbligo vaccinale e della conseguente sospensione
dall'attivita'  lavorativa  ed  essendo  norma  speciale   non   pare
percorribile  la   strada   dell'interpretazione   costituzionalmente
orientata sulla base degli articoli 3 e 4 della Costituzione. Infatti
l'obbligo  imposto  al  giudice  remittente  di  vagliare,  prima  di
sollevare   la   questione   di   legittimita'   costituzionale,   la
percorribilita'  di  tutte  le  ipotesi  ermeneutiche   astrattamente
possibili per attribuire alla norma un significato non  incompatibile
con  i  principi  costituzionali  incontra  il  limite   invalicabile
costituito   dalla   formulazione   letterale   della   disposizione.
Modificando l'originaria formulazione del  decreto-legge  n.  44\2021
conv. dalla legge 28 maggio 2021 ed  estendo  l'obbligo  vaccinale  a
coloro che «a qualsiasi titolo» svolgano attivita'  lavorativa  nelle
strutture di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo  30  dicembre
1992, n. 502, ad esclusione di coloro che prestino la loro  attivita'
lavorativa «con contratti esterni», il legislatore ha esplicitato  la
chiara  volonta'  di  porre  la  nuova  disciplina  in  rapporto   di
discontinuita' con quella precedente e di impedire a coloro  che  non
abbiano ritenuto di sottoporsi all'obbligo  vaccinale  (e  non  siano
esenti o differiti o appunto lavoratori  con  contratti  esterni)  di
espletare  qualsiasi  attivita'   nell'ambito   della   struttura   a
prescindere dalla concreta sussistenza di contatti con pazienti o con
utenti in genere o con colleghi e quindi dall'effettiva  possibilita'
di contagiare e\o  di  essere  contagiati.  Sicche'  la  sopravvenuta
modificazione  della  disciplina  legislativa   preclude   a   questo
giudicante ogni possibilita' di un'interpretazione in  contrasto  con
la formulazione letterale. 
    Per quanto riguarda, invece, la possibilita'  di  disapplicazione
per contrasto con i  citati  regolamenti  comunitari  e'  sufficiente
evidenziare che la materia degli obblighi vaccinali  non  costituisce
in se' oggetto di una disciplina dell'Unione e rispetto ad essa  ogni
Stato mantiene nell'ordinamento interno ampio margine  di  autonomia,
come si ricava dalla adozione di misure differenziate tra  gli  Stati
membri  in  merito  alla  previsione  di  vaccinazioni  obbligatorie.
Peraltro,  nel  caso  di  specie,  parte   ricorrente   ha   invocato
l'applicazione diretta di un regolamento che  disciplina  soltanto  i
limiti e le condizioni per la  circolazione  delle  persone  tra  gli
Stati, ma non incide sull'obbligo vaccinale  la  cui  introduzione  o
meno rientra nella  discrezionalita'  degli  Stati,  con  conseguente
impossibilita' di ravvisare gli estremi per una diretta  applicazione
del regolamento UE 953/2021. 
    Alla luce di tutto cio', si deve dunque ritenere che il  presente
procedimento  non  possa  essere  definito  indipendentemente   dalla
risoluzione della questione di legittimita'  costituzionale  relativa
all'art. 4-ter, comma 1, lettera c) e comma 2  del  decreto-legge  n.
44/2021,  conv.  dalla  legge  28  maggio  2021,  n.  76,  introdotto
dall'art. 2 del decreto-legge  n.  172/2021,  conv.  dalla  legge  21
gennaio 2022, n. 3 nella parte in  cui  pone  la  vaccinazione  quale
requisito essenziale per  lo  svolgimento  «a  qualsiasi  titolo»  di
attivita' lavorativa nell'ambito delle strutture ivi indicate  per  i
lavoratori che non espletino i loro compiti con contratti esterni. 
Quanto alla non manifesta infondatezza 
    L'estensione dell'obbligo vaccinale - in origine previsto per gli
esercenti le professioni sanitarie e per  il  personale  sanitario  e
testualmente finalizzato «alla tutela della salute  pubblica»  e  per
mantenere «adeguate condizioni  di  sicurezza  nell'erogazione  delle
prestazioni di cura e assistenza» - e' stato introdotto  dall'art.  2
del decreto-legge n. 172/2021, conv. dalla legge 21 gennaio 2022,  n.
3 «per la prevenzione dell'infezione  da  SARS-CoV-2»  e  quindi  per
evitare \ limitare il contagio nell'ambito  delle  strutture  di  cui
all'art. 8-ter del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.  502,  ma
e' stato totalmente escluso per i soggetti che vi espletino attivita'
lavorativa in virtu' di contratti esterni. 
    Pertanto si dubita che l'art. 4-ter, comma 1, lettera c) e  comma
2  del  sopra  citato  decreto  sia  contrario   all'art.   3   della
Costituzione nella parte in cui, in relazione a  soggetti  ugualmente
non vaccinati, consente solamente a coloro  che  operano  all'interno
della struttura ma  con  contratti  esterni  di  espletare  attivita'
lavorativa, escludendola in modo assoluto per tutti gli  altri.  Cio'
in quanto tale disposizione appare  in  contrasto  con  il  principio
della  ragionevolezza,  corollario  del  principio   di   eguaglianza
sostanziale di cui all'art. 3 comma  secondo  dalla  Costituzione  in
quanto il diverso trattamento fra  coloro  che  non  hanno  adempiuto
all'obbligo vaccinale sulla base della mera titolarita' del  soggetto
con cui il contratto e' stato  stipulato  (con  la  struttura  o  con
soggetti  esterni  alla  struttura)  non  ha,  all'evidenza,   alcuna
attinenza con l'esigenza  di  prevenire  l'infezione  da  Sars  Cov-2
nell'ambiente di lavoro essendo palese che non sia rinvenibile alcuna
differenza circa la possibilita' di contagiare o di essere contagiati
da parte di soggetti tutti egualmente non vaccinati. 
    Quanto ai lavoratori che non  espletano  la  loro  attivita'  con
contratti esterni, non appare coerente con  la  finalita'  dichiarata
della norma in esame - la prevenzione dell'infezione da  SARS  COV-2-
attribuire  la  natura  di  requisito   essenziale   all'assolvimento
dell'obbligo vaccinale in relazione a qualsiasi attivita'  lavorativa
che sia possibile svolgere  nella  struttura,  ivi  comprese  appunto
quelle che, come nel  caso  di  specie,  sia  possibile  espletare  e
vengano in concreto svolte anche dai soggetti vaccinati con modalita'
di lavoro agile e quindi anche nei casi in  cui  la  finalita'  della
norma  puo'  essere  realizzata   a   prescindere   dall'assolvimento
dell'obbligo vaccinale: chi lavora a distanza non contagia e non puo'
contagiare e non crea problemi di sicurezza nei luoghi di lavoro. 
    Questo giudice non  ignora  che  in  attuazione  della  direttiva
2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre  2000,  che  stabilisce  un
quadro  generale  per  la  parita'  di  trattamento  in  materia   di
occupazione e di condizioni  di  lavoro,  il  decreto  legislativo  9
luglio 2003, n. 216 consente  differenze  di  trattamento  «dovute  a
caratteristiche connesse» anche «alle convinzioni  personali»,  quali
indubbiamente sono quelle dei lavoratori che non hanno  accettato  di
sottoporsi alla vaccinazione, «qualora, per la natura  dell'attivita'
lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata,  si  tratti
di  caratteristiche  che  costituiscono  un  requisito  essenziale  e
determinante ai  fini  dello  svolgimento  dell'attivita'  medesima.»
(art. 3 citata disposizione). 
    Ebbene, dalla lettura della norma della cui costituzionalita'  si
dubita,  si  evince  che  il  requisito  della  vaccinazione  non  si
giustifica avendo riguardo al contesto in cui l'attivita'  lavorativa
viene  esercitata  posto  che,  nel  medesimo  contesto  (appunto  le
strutture di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo  30  dicembre
1992, n. 502) possono espletare attivita' lavorativa i  soggetti  con
contratti esterni anche se non vaccinati. Ne' e' possibile  rinvenire
elementi  che  lo  giustifichino  «per   la   natura   dell'attivita'
lavorativa», stante il generico riferimento all'attivita'  lavorativa
del soggetto non vaccinato e quindi a qualsiasi attivita' lavorativa. 
    Nel  ritenere  la  vaccinazione  requisito  essenziale   per   lo
svolgimento  di  qualsiasi  attivita'  lavorativa  nell'ambito  delle
strutture di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo  30  dicembre
1992, n. 502 senza  alcuna  considerazione  per  la  tipologia  delle
mansioni e per le modalita' con cui  la  prestazione  viene  resa  lo
Stato viene meno al compito di rendere effettivo il diritto al lavoro
(ex art. 4 della Costituzione) ed introduce una misura che si  espone
al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata  e  sproporzionata,
ad eccessivo detrimento del valore della  dignita'  umana  stante  la
compressione assoluta del diritto al lavoro per un lungo  periodo  di
tempo e comunque anche oltre il termine dello stato  di  emergenza  e
solo  per  alcuni  lavoratori.  Ne'  la  temporaneita'  della  misura
interdittiva  adottata  dal  legislatore  e'  idonea  di  per  se'  a
giustificare il sacrificio totale degli interessi antagonisti  atteso
che  la  stessa  e'  in  grado   di   produrre   effetti   gravemente
pregiudizievoli per siffatta categoria di lavoratori, privati di ogni
possibilita' di svolgere attivita'  lavorativa,  vieppiu'  alla  luce
della disposta proroga  che  e'  venuta  meno  solo  di  recente  con
l'introduzione del decreto-legge 162\2022. 
    Questo  giudice  non  dubita  che  il   legislatore   nella   sua
discrezionalita' possa aggravare gli effetti dell'accertamento  della
violazione  di  un  obbligo,  ma  deve  comunque  individuare   degli
specifici  presupposti  che  siano  idonei   a   giustificare   detto
aggravamento. Tali presupposti non risultano individuati atteso  che,
rispetto alla disciplina previgente, lo scopo primario che  la  norma
intende perseguire, ossia quello della tutela della  salute  pubblica
in una situazione  emergenziale  epidemiologia  mediate  la  garanzia
dell'accesso alle cure,  alle  prestazioni  sanitarie  in  genere  in
condizioni di sicurezza, e' rimasto sostanzialmente  immutato.  Cosi'
come sono immutate le esigenze connesse alla tutela  della  sicurezza
negli ambienti di lavoro. Tale modifica con la quale si sospende  dal
lavoro e dall'intera  retribuzione  il  lavoratore  che  non  intende
vaccinarsi (anche se non  svolge  attivita'  connesse  alla  cura  ed
all'assistenza  delle  persone),  senza  prevedere  alcuna  soluzione
alternativa (neppure quella del mantenimento del  lavoro  a  distanza
persino nei casi in cui tale modalita' fosse gia' stata prevista  dal
datore  di  lavoro)  appare,  quindi,  del  tutto   irragionevole   e
certamente sproporzionata allo scopo che la  normativa  si  prefigge.
(Corte costituzionale 25 luglio 2022, n. 188).