ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 72-bis  del
codice di procedura penale e,  in  via  subordinata,  dell'art.  159,
ultimo comma, del codice penale, promosso dal Tribunale ordinario  di
Lecce, sezione  seconda  penale,  in  composizione  monocratica,  nel
procedimento penale a carico di F.A. C., con ordinanza del 2 dicembre
2021, iscritta al n. 27 del  registro  ordinanze  2022  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  13,  prima   serie
speciale, dell'anno 2022, la cui trattazione  e'  stata  fissata  per
l'adunanza in camera di consiglio del 22 febbraio 2023. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 23 febbraio 2023  il  Giudice
relatore Stefano Petitti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 23 febbraio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 2 dicembre 2021,  iscritta  al  n.  27  del
registro ordinanze 2022, il Tribunale  ordinario  di  Lecce,  sezione
seconda penale, in composizione monocratica, ha  sollevato  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  72-bis  del  codice   di
procedura penale, per  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,
«nella parte in cui non prevede che il [g]iudice dichiari non doversi
procedere nei confronti dell'imputato, anche nei casi in cui  la  sua
irreversibile incapacita' di partecipare coscientemente  al  processo
discenda da patologie fisiche e non mentali». 
    In via subordinata, il Tribunale di Lecce ha sollevato  questione
di legittimita'  costituzionale  dell'art.  159,  ultimo  comma,  del
codice penale, sempre per violazione dell'art. 3 Cost., «nella  parte
in cui non prevede che la sospensione del decorso della prescrizione,
nel  caso  in  cui  dipenda   da   sospensione   del   processo   per
impossibilita' di procedere in assenza dell'imputato, non operi anche
nelle ipotesi in cui tale sospensione sia imposta dall'impossibilita'
dell'imputato di partecipare coscientemente al processo». 
    1.1.- Il rimettente espone di dover giudicare, per un'imputazione
relativa a reati edilizi,  una  persona  affetta  da  grave  malattia
fisica (SLA), che ne ha  progressivamente  determinato  la  paralisi,
privandola  dell'uso  del  linguaggio  e   della   stessa   autonomia
respiratoria. 
    Il giudice a quo informa che fin dal maggio del 2016 il  processo
e' stato rinviato  per  legittimo  impedimento,  ai  sensi  dell'art.
420-ter cod. proc. pen., in attesa della cessazione della  patologia,
ma   che   le   evidenze   sanitarie   ne   hanno   ormai   attestato
l'irreversibilita'. 
    1.2.- Ricorrerebbe quindi una situazione  analoga  a  quella  che
giustifica la definizione per improcedibilita' di cui all'art. 72-bis
cod.  proc.  pen.,   norma   tuttavia   espressamente   dettata   per
l'incapacita'  processuale  dell'imputato  derivante   da   patologia
mentale,  quindi  insuscettibile  di   applicazione   all'incapacita'
irreversibile causata da patologia fisica. 
    Ad avviso del rimettente, cio' si risolverebbe in una  violazione
dell'art. 3 Cost., per l'irragionevole disparita' di trattamento  tra
fattispecie connotate dalla medesima esigenza, far cessare  cioe'  un
processo  che,  destinato  a  non  essere  mai   celebrato,   assorbe
inutilmente risorse  pubbliche  e  altrettanto  inutilmente  infligge
all'imputato  una  «sofferenza  psicologica   aggiuntiva   a   quella
derivante da una situazione di salute gia' compromessa». 
    1.3.- In ordine alla questione  subordinata,  il  giudice  a  quo
osserva  che,  poiche'  il  legittimo  impedimento  dell'imputato   a
comparire all'udienza costituisce motivo  di  sospensione  del  corso
della prescrizione a norma dell'art. 159,  primo  comma,  numero  3),
cod. pen., nella specie, attesa l'irreversibilita'  dell'impedimento,
la  prescrizione  non  maturera'  mai,  «ed  il  processo  e'  quindi
destinato a durare sino a che, con la  morte  dell'imputato,  non  si
estinguera' il reato». 
    A  parere  del  rimettente,  cio'  comporterebbe   un'irrazionale
disparita' di trattamento rispetto  al  caso  della  sospensione  del
processo per assenza dell'imputato di cui  all'art.  420-quater  cod.
proc. pen., ipotesi nella quale, per effetto del  richiamo  contenuto
nell'art.  159,  ultimo  comma,  cod.  pen.,  la  sospensione   della
prescrizione non puo'  superare  il  limite  fissato  dall'art.  161,
secondo comma, cod. pen. 
    1.4.- Circa la rilevanza delle questioni,  il  rimettente  assume
che, ove fosse accolta la principale,  il  giudizio  a  quo  andrebbe
definito per improcedibilita' ai sensi dell'art.  72-bis  cod.  proc.
pen.;  ove  viceversa  fosse  accolta   la   subordinata,   i   reati
contravvenzionali oggetto dell'imputazione risulterebbero prescritti,
anche tenendo conto del termine massimo di prescrizione aumentato del
periodo di sospensione, nel limite stabilito dal  combinato  disposto
degli artt. 159, ultimo comma, e 161, secondo comma, cod. pen. 
    L'ordinanza di rimessione prospetta  tuttavia  l'eventualita'  di
un'«armonizzazione  per  disposizione  di  legge»,  con   riferimento
all'art. l, comma 7, lettera e), della legge 27  settembre  2021,  n.
134 (Delega al Governo per l'efficienza del processo  penale  nonche'
in materia di giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la  celere
definizione dei procedimenti giudiziari). 
    2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni  inammissibili  o  non
fondate. 
    2.1.- L'inammissibilita' discenderebbe dalla molteplicita'  delle
soluzioni normative astrattamente ipotizzabili,  la  selezione  delle
quali apparterrebbe alla discrezionalita' del legislatore  (si  evoca
in tal senso il precedente di cui alla sentenza di questa Corte n. 23
del 2013). 
    2.2.-  La  non  fondatezza  deriverebbe  dall'eterogeneita'   tra
infermita' mentale  e  infermita'  fisica,  differenza  segnalata  da
questa Corte in pregresse decisioni su questioni analoghe all'odierna
principale (viene citata, in  particolare,  l'ordinanza  n.  243  del
2013). 
    Infatti, mentre l'infermita' psichica impedirebbe la comprensione
degli  eventi  processuali  e  l'assunzione  cosciente  delle  scelte
difensive,      l'infermita'       fisica       non       inciderebbe
sull'autodeterminazione   dell'imputato,    che    potrebbe    quindi
consapevolmente orientarsi, anche  permettendo  che  il  giudizio  si
celebri in absentia, ove stimi tale opzione per se' conveniente. 
    Sulla  questione  sollevata  in  via  subordinata,   l'Avvocatura
considera  altresi'  non  pertinente,  riguardo  a   una   causa   di
sospensione della prescrizione, il  richiamo  dei  limiti  di  durata
stabiliti dall'art. 161, secondo  comma,  cod.  pen.,  che  viceversa
atterrebbero   al   diverso    istituto    dell'interruzione    della
prescrizione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale di Lecce censura l'art. 72-bis cod.  proc.  pen.
e, in subordine, l'art. 159, ultimo comma, cod. pen., sollevando, per
entrambe le disposizioni, una questione  di  violazione  dell'art.  3
Cost. 
    Ad avviso del rimettente, la norma del codice di rito  violerebbe
il principio di uguaglianza nel prescrivere che il  giudice  pronunci
sentenza  di  improcedibilita'  solo  quando  l'imputato  non   possa
coscientemente  partecipare  al  processo   per   patologie   mentali
irreversibili e non anche quando l'incapacita' processuale derivi  da
altrettanto irreversibili patologie fisiche. 
    Dal canto suo, l'art. 159, ultimo comma,  cod.  pen.  (nel  testo
applicabile ratione temporis) violerebbe l'art. 3  Cost.,  in  quanto
non estende a favore dell'imputato affetto da una siffatta  patologia
fisica il limite massimo di durata della sospensione del corso  della
prescrizione viceversa fissato riguardo all'ipotesi della sospensione
del processo per assenza. 
    1.1.-  Il  Tribunale  rimettente  riferisce  che   nel   giudizio
principale e' imputata per reati edilizi una persona affetta da  SLA,
malattia  che  ne  ha  progressivamente  determinato   la   paralisi,
l'incapacita' di  parlare  e  finanche  di  respirare  in  autonomia,
sicche', dal maggio del 2016 in avanti, il processo e'  sempre  stato
rinviato per legittimo impedimento. 
    L'impossibilita' di emettere la sentenza di  improcedibilita'  ex
art. 72-bis cod. proc. pen. in ragione  della  natura  fisica  e  non
mentale   dell'infermita'   si   risolverebbe   in   un'irragionevole
disparita' di  trattamento,  ricorrendo  anche  in  tale  fattispecie
l'esigenza di far cessare un processo  destinato  a  non  essere  mai
celebrato, che assorbe inutilmente risorse  pubbliche  e  inutilmente
infligge   all'imputato   infermo   una    «sofferenza    psicologica
aggiuntiva». 
    La mancata estensione a tale ipotesi del limite di  durata  della
sospensione della prescrizione avrebbe poi l'irrazionale  conseguenza
che per l'imputato impossibilitato a partecipare al processo a  causa
di  un'infermita'  fisica   irreversibile,   diversamente   che   per
l'imputato  assente,  la  prescrizione  non  maturera'  mai,  «ed  il
processo e' quindi destinato a  durare  sino  a  che,  con  la  morte
dell'imputato, non si estinguera' il reato». 
    1.2.- Le questioni sarebbero entrambe rilevanti, in  quanto,  ove
fosse  accolta  la  principale,  dovrebbe   emettersi   sentenza   di
improcedibilita' ai sensi dell'art. 72-bis cod.  proc.  pen.  e,  ove
invece fosse accolta la subordinata,  andrebbero  dichiarati  estinti
per prescrizione i reati contravvenzionali oggetto dell'imputazione. 
    2.- Intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   ha   chiesto
dichiararsi le questioni sollevate inammissibili o non fondate. 
    L'inammissibilita' scaturirebbe dalla natura discrezionale  delle
opzioni normative configurabili per ovviare ai  problemi  evidenziati
dal rimettente. 
    La non fondatezza deriverebbe dall'eterogeneita'  tra  infermita'
mentale e infermita' fisica, tale da escludere che alla  seconda  sia
estensibile quanto previsto per la prima dall'art. 72-bis cod.  proc.
pen., come pure sarebbe inestensibile alla sospensione del processo e
della prescrizione per  infermita'  fisica  dell'imputato  il  limite
massimo stabilito dall'art. 161 cod. pen. con riferimento al  diverso
istituto dell'interruzione della prescrizione. 
    3.- Lo scrutinio dell'eccezione di inammissibilita',  e  poi  del
merito delle questioni, richiede una breve illustrazione  del  quadro
normativo, che peraltro, dopo l'ordinanza di  rimessione,  ha  subito
importanti modifiche ad opera  del  decreto  legislativo  10  ottobre
2022, n. 150 (Attuazione della  legge  27  settembre  2021,  n.  134,
recante delega al  Governo  per  l'efficienza  del  processo  penale,
nonche' in materia di giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la
celere definizione dei procedimenti giudiziari). 
    3.1.- Inserito dall'art. 1, comma 22, della legge 23 giugno 2017,
n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura  penale  e
all'ordinamento penitenziario), l'art. 72-bis cod. proc. pen. dispone
che «[s]e, a seguito degli accertamenti  previsti  dall'articolo  70,
risulta che lo stato mentale dell'imputato e'  tale  da  impedire  la
cosciente  partecipazione  al  procedimento  e  che  tale  stato   e'
irreversibile,  il  giudice,  revocata   l'eventuale   ordinanza   di
sospensione del procedimento,  pronuncia  sentenza  di  non  luogo  a
procedere o sentenza di non doversi procedere, salvo che ricorrano  i
presupposti per l'applicazione di una  misura  di  sicurezza  diversa
dalla confisca». 
    La disposizione va coordinata con quella del  comma  2  dell'art.
345 cod. proc. pen., aggiunta dall'art. 1, comma 23,  della  medesima
legge n. 103 del 2017,  per  cui  l'azione  penale  e'  riproponibile
«quando, dopo che e'  stata  pronunciata  sentenza  di  non  luogo  a
procedere o di non doversi procedere a norma dell'articolo 72-bis, lo
stato di incapacita' dell'imputato viene meno o  si  accerta  che  e'
stato erroneamente dichiarato». 
    3.2.- L'introduzione dell'art. 72-bis cod. proc.  pen.  segna  il
punto di arrivo della vicenda correntemente  descritta  dall'immagine
degli  "eterni  giudicabili",  imputati   cioe'   che,   affetti   da
un'infermita' mentale  irreversibile,  a  causa  di  questa  vedevano
sospeso sine die, in uno al processo a loro carico,  anche  il  corso
della prescrizione del reato. 
    Per  l'impostazione  originaria  del  codice  di  rito,  infatti,
qualora dagli accertamenti peritali disposti  a  norma  dell'art.  70
fosse risultato che  lo  stato  mentale  dell'imputato  era  tale  da
impedirne la cosciente partecipazione al processo, questo era sospeso
ai sensi dell'art. 71, e tale restava, per effetto dell'art. 72,  ove
le ulteriori verifiche, da eseguire di  regola  ogni  sei  mesi,  non
avessero fatto emergere che lo stato mentale  permetteva  la  ripresa
del procedimento. 
    Atteso che l'art. 159 cod. pen. disponeva, in  conseguenza  della
sospensione del processo, la sospensione della prescrizione  fino  al
giorno  in  cui  fosse  cessata  la  causa   sospensiva,   nel   caso
dell'infermita' mentale irreversibile si  determinava  la  situazione
stigmatizzata  da  questa  Corte  nella  sentenza  n.  23  del  2013:
«[l]'indefinito protrarsi nel tempo della sospensione del processo  -
con la conseguenza della tendenziale perennita' della  condizione  di
giudicabile  dell'imputato,   dovuta   all'effetto,   a   sua   volta
sospensivo,  sulla  prescrizione  -  presenta  il   carattere   della
irragionevolezza, giacche' entra in contraddizione con la ratio posta
a  base,  rispettivamente,  della  prescrizione  dei  reati  e  della
sospensione del processo». 
    Per quanto la medesima sentenza avesse  dichiarato  inammissibile
la questione sollevata nei  confronti  dell'art.  159  cod.  pen.  in
riferimento agli artt. 3, 24  e  111  Cost.,  per  l'assenza  di  una
soluzione costituzionalmente obbligata, essendo l'introduzione di una
pronuncia di improcedibilita' solo una  «tra  le  numerose  soluzioni
ipotizzabili», essa conteneva uno stringente monito all'indirizzo del
legislatore, rimasto pero' inascoltato. 
    Pertanto, questa Corte, con  la  sentenza  n.  45  del  2015,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 159  cod.  pen.,
per contrasto con l'art. 3 Cost., «nella parte in cui, ove  lo  stato
mentale  dell'imputato   sia   tale   da   impedirne   la   cosciente
partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la
sospensione della prescrizione quando e' accertato che tale stato  e'
irreversibile». 
    Tale sentenza non aveva mancato  di  evidenziare  come  rimettere
alla prescrizione il compito di limitare la durata  del  procedimento
in  ipotesi  di  infermita'  mentale  irreversibile  non  fosse   una
soluzione «completamente appagante»,  specie  per  le  imputazioni  a
lunga prescrizione, pur essendo quella l'unica soluzione  rinvenibile
da questa Corte nel quadro normativo dell'epoca. 
    Il conseguente inserimento dell'art. 72-bis cod.  proc.  pen.  ha
consentito di definire il  processo  a  carico  dell'infermo  mentale
irreversibile con una formula di rito, senza necessita' di  attendere
l'estinzione del reato per prescrizione; nel  contempo,  per  effetto
della modifica apportata  all'art.  71,  comma  1,  cod.  proc.  pen.
dall'art. 1, comma 21, della legge n. 103 del  2017,  la  sospensione
del procedimento e' stata circoscritta all'ipotesi in  cui  lo  stato
mentale che impedisce all'imputato una partecipazione cosciente abbia
carattere reversibile, solo in tal caso avendo senso mantenere aperto
il processo, onde effettuare le perizie semestrali di verifica. 
    4.- Alla luce della descritta evoluzione  normativa,  l'eccezione
di inammissibilita' sollevata dalla difesa  statale  con  riferimento
alla pluralita' delle soluzioni  astrattamente  ipotizzabili  risulta
non fondata, ne' pertinente  e'  il  richiamo  alla  declaratoria  di
inammissibilita' pronunciata da questa Corte con la  sentenza  n.  23
del 2013. 
    A prescindere da ogni ulteriore rilievo, l'introduzione dell'art.
72-bis cod. proc. pen. ad opera della legge n. 103 del 2017 ha recato
nell'ordinamento un tertium inesistente al tempo di quella decisione,
sicche' l'odierna questione principale appare ben definita in termini
comparativi, potendo quindi accedere allo scrutinio di merito. 
    4.1.- Anche la questione subordinata e'  adeguatamente  impostata
in chiave comparativa, impiegando quale tertium la  disciplina  della
sospensione  del  processo  per  assenza  dell'imputato,   come   era
stabilita dall'art. 420-quater cod. proc.  pen.,  anteriormente  alla
sostituzione fattane dal d.lgs. n. 150 del 2022. 
    Quest'ultimo, invero, con l'art. 23,  comma  1,  lettera  e),  ha
riconfigurato  l'assenza  dell'imputato  quale  causa  non  piu'   di
sospensione, ma di improcedibilita', e, prima ancora, la legge-delega
n. 134 del 2021, con l'art. 2, comma 1, lettera a), aveva abrogato il
rinvio dell'art. 159 cod. pen.  all'art.  161  cod.  pen.  quanto  al
limite di durata della sospensione della prescrizione: tali modifiche
non alterano tuttavia gli estremi  della  comparazione  proposta  dal
rimettente, poiche' l'abrogazione  del  tetto  prescrizionale,  quale
innovazione    sostanziale    peggiorativa,    non    puo'     valere
retroattivamente a sfavore dell'imputato, come d'altronde conferma la
disposizione transitoria di cui all'art. 89, comma 5, del  d.lgs.  n.
150 del 2022. 
    5.- Nel merito, la questione principale e' fondata. 
    5.1.- Gia' all'indomani dell'entrata  in  vigore  del  codice  di
procedura penale, questa  Corte  ha  rimarcato  l'intangibilita'  del
diritto dell'imputato all'autodifesa, nella prospettiva dell'art.  24
Cost., dichiarando pertanto l'illegittimita' costituzionale dell'art.
70,  comma  1,  del  codice  di  rito,  limitatamente   alle   parole
«sopravvenuta al fatto», le quali,  riferite  all'infermita'  mentale
quale causa di sospensione del  processo,  esponevano  l'imputato  al
rischio di subire una condanna in condizioni di minorata difesa, «nei
casi in cui l'infermita' di mente,  non  coincidente  con  la  totale
incapacita' di intendere o di  volere,  risalga  al  tempus  commissi
delicti e perduri nel corso del procedimento» (sentenza  n.  340  del
1992). 
    Si e' invero constatata «l'accentuazione del profilo della tutela
della difesa personale perseguita dal codice di procedura penale  del
1988», emergente dal fatto che l'art. 71 del  nuovo  codice  richiede
quale presupposto per la sospensione del processo «uno stato  mentale
che  non  consente  all'imputato  di  partecipare  coscientemente  al
processo stesso, e non, come era invece nelle previsioni  del  codice
abrogato, lo stato di  infermita'  di  mente  tale  da  escludere  la
capacita' di intendere e di volere» (sentenza n. 281 del 1995). 
    5.2.-    Questa    Corte    ha    sottolineato    l'essenzialita'
dell'autodifesa, autonoma e ulteriore rispetto alla  difesa  tecnica,
«soprattutto nell'ambito di quegli atti  che  richiedono  la  diretta
partecipazione dell'imputato (si pensi all'interrogatorio e all'esame
ed alle  conseguenti  facolta'  esercitabili  al  riguardo)»  (ancora
sentenza n. 281 del 1995). 
    In tale direzione, la sentenza n. 341  del  1999,  nell'estendere
all'assistenza  gratuita  di  un  interprete  la  tutela   approntata
dall'art. 119 cod. proc. pen. circa la partecipazione processuale del
sordo e del muto, ha inteso garantirne  l'effettivita',  segnatamente
«nelle fasi che l'ordinamento  affida  al  principio  dell'oralita'»,
occorrendo infatti assicurare «il  diritto  dell'accusato  di  essere
messo personalmente, immediatamente e compiutamente a  conoscenza  di
quanto avviene nel  processo  che  lo  riguarda,  e  cosi'  non  solo
dell'accusa mossagli, ma anche degli elementi sui quali essa si basa,
delle vicende istruttorie e probatorie che  intervengono  via  via  a
corroborarla o a smentirla, delle affermazioni e delle determinazioni
espresse dalle altre  parti  e  dall'autorita'  procedente;  nonche',
conseguentemente, il diritto dell'imputato  di  svolgere  la  propria
attivita' difensiva, anche in  forma  di  autodifesa,  conformandola,
adattandola e sviluppandola in correlazione continua con le  esigenze
che egli stesso  ravvisi  e  colga  a  seconda  dell'andamento  della
procedura, ovvero comunicando con il proprio difensore». 
    5.3.-  Nella  prospettiva  delle  garanzie  di  effettivita'  del
diritto all'autodifesa, questa Corte, con la sentenza n. 39 del 2004,
dichiarando non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 70, 71 e 72 cod. proc.  pen.,  sollevata  in  riferimento
agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cost., ha osservato  che,  «[a]nche
se l'art. 70 letteralmente si riferisce  ad  ipotesi  di  "infermita'
mentale", il sistema normativo e' chiaramente volto  a  prevedere  la
sospensione ogni  volta  che  lo  "stato  mentale"  dell'imputato  ne
impedisca la cosciente partecipazione al processo». 
    Partecipazione cosciente che - ha precisato tale sentenza -  «non
puo' intendersi limitata alla consapevolezza dell'imputato circa cio'
che accade intorno a lui, ma necessariamente comprende anche  la  sua
possibilita' di essere parte attiva nella vicenda  e  di  esprimersi,
esercitando il suo diritto di autodifesa». 
    Poste siffatte premesse, si e' desunto che, «quando non solo  una
malattia  definibile  in  senso  clinico  come  psichica,  ma   anche
qualunque altro stato di  infermita'  renda  non  sufficienti  o  non
utilizzabili le facolta' mentali  (coscienza,  pensiero,  percezione,
espressione) dell'imputato, in modo tale da impedirne  una  effettiva
partecipazione - nel senso ampio che  si  e'  detto  -  al  processo,
questo non puo' svolgersi». 
    Dunque, la sentenza n. 39 del  2004  ha  messo  in  luce  che  la
"cosciente  partecipazione"  -  formula  attorno  alla  quale   ruota
l'intero sistema degli artt. 70 e seguenti cod. proc. pen.  -  e'  in
realta' un'endiadi,  giacche'  un  imputato  che  non  partecipa  con
l'insieme  delle  facolta'  di  «coscienza,   pensiero,   percezione,
espressione»  resta  concretamente  estraneo  al  processo   che   lo
riguarda. 
    5.4.- L'indicazione interpretativa  contenuta  nella  ora  citata
sentenza,  nel  senso  di  privilegiare  la  rilevanza  dello   stato
complessivo  dell'imputato  in  funzione  di   un   pieno   esercizio
dell'autodifesa,   e   di   relativizzare   viceversa    l'importanza
dell'origine   fisica   o   mentale   della    patologia    incidente
sull'autonomia  della  persona,  non   ha   avuto   riscontro   nella
giurisprudenza  di  legittimita',  quando   e'   stata   chiamata   a
pronunciarsi sull'applicabilita' dell'art.  72-bis  cod.  proc.  pen.
all'incapacita' processuale di natura fisica. 
    La negazione di questa applicabilita' e'  stata  argomentata  sia
sulla base del tenore letterale degli artt. 70 e seguenti cod.  proc.
pen., sia con il  richiamo  a  un  orientamento  manifestatosi  nella
giurisprudenza costituzionale attraverso la sentenza n. 354 del  1996
e le conseguenti ordinanze n. 67 del 1999 e n. 243 del 2013 (Corte di
cassazione, sezione sesta penale, sentenza 15 marzo-20  aprile  2021,
n. 14853; conforme, Corte  di  cassazione,  sezione  settima  penale,
ordinanza 30 settembre-3 novembre 2022, n. 41486). 
    5.5.- Il richiamo alle pronunce di questa Corte da ultimo  citate
non   si   attaglia   tuttavia   al   quadro   normativo   ridefinito
dall'inserimento dell'art. 72-bis cod. proc. pen. 
    Nel dichiarare inammissibile la questione volta a introdurre  una
causa di sospensione processuale  per  infermita'  irreversibile  non
mentale, la citata sentenza n. 354 del 1996 sottolineava infatti  che
la nuova ipotesi sospensiva «determinerebbe, come automatico  effetto
sul piano del diritto sostanziale, l'inserimento di un nuovo caso  di
sospensione del corso della prescrizione  del  reato  e,  quindi,  la
creazione di conseguenze penali contra reum che certamente e' inibita
a questa Corte». 
    Tale rilievo non puo' ripetersi nell'attuale contesto  normativo,
ne' per l'odierna questione  principale,  giacche'  trattasi  ora  di
estendere all'imputato non una causa di sospensione  del  processo  -
con un riflesso sfavorevole sul corso della  prescrizione  -,  bensi'
una  causa  immediata  di  proscioglimento,  riveniente  dal  tertium
comparationis dell'art. 72-bis cod. proc. pen. 
    5.6.- Neppure e' convincente la tesi  della  difesa  statale  che
assume la radicale eterogeneita' tra infermita' mentale e  infermita'
fisica. 
    Seppure corrisponde a una  classificazione  tradizionale,  questa
rigida distinzione postula che sia  sempre  possibile  analizzare  le
manifestazioni patologiche in termini rigorosamente  binari,  il  che
non tiene conto della diffusione delle malattie  degenerative,  quale
quella che ha colpito l'imputato del giudizio a quo, le  quali  hanno
origine   fisica   e   tuttavia   possono   determinare    ugualmente
l'impossibilita' di una partecipazione attiva al processo. 
    6.- Il riferimento esclusivo alla sfera  psichica  dell'imputato,
che in linea astratta puo' dedursi  -  e  che  la  giurisprudenza  di
legittimita' come si e' visto desume  -  dall'impiego  dell'aggettivo
«mentale» nel testo  dell'art.  72-bis  cod.  proc.  pen.,  determina
quindi un'irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato,  il
quale non possa esercitare l'autodifesa in  modo  pieno  a  causa  di
un'infermita'  mentale  stricto  sensu,  e  quello  che  versi  nella
medesima impossibilita' per un'infermita' di natura mista,  anche  di
origine  fisica,  la  quale  tuttavia  comprometta  anch'essa  -  per
riprendere la locuzione della sentenza n. 39 del 2004 -  le  facolta'
di «coscienza, pensiero, percezione, espressione». 
    7.-  Per   ricondurre   la   norma   censurata   a   legittimita'
costituzionale, sotto il profilo dell'art. 3  Cost.,  occorre  dunque
sostituire  nel  relativo  testo  alla  parola  «mentale»  la  parola
«psicofisico». 
    Anche per patologie  diverse  da  quelle  definibili  in  termini
nosografici come malattie mentali occorre  che  il  giudice  pronunci
sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere  qualora
sussistano le condizioni indicate dall'art. 72-bis cod.  proc.  pen.,
cioe'  qualora  lo  stato  psicofisico  dell'imputato  sia  tale   da
impedirne  in  modo  irreversibile  la  cosciente  partecipazione  al
procedimento  nel  senso  del  pieno  esercizio  delle  facolta'   di
autodifesa e non ricorrano i presupposti per  l'applicazione  di  una
misura di sicurezza diversa dalla confisca. 
    Quest'ultima condizione negativa risponde alle eventuali  ragioni
di  difesa  sociale,  nell'ipotesi  in  cui  l'imputato,  per  quanto
gravemente infermo, manifesti una rilevante pericolosita'  (Corte  di
cassazione, sezione prima penale, sentenza 29 gennaio-23 marzo  2020,
n. 10516). 
    Laddove viceversa siano presenti  tutte  le  condizioni  indicate
dalla norma,  l'improcedibilita'  va  dichiarata  senza  che  occorra
disporre la sospensione del procedimento agli  effetti  dell'art.  71
cod.  proc.  pen.,  ne'  attendere  la  maturazione  del  termine  di
prescrizione del reato (Corte di cassazione, sezione  quarta  penale,
sentenza 8-19 luglio 2022, n. 28242). 
    D'altro canto, ai sensi dell'art. 345, comma 2, cod. proc.  pen.,
l'azione penale e' riproponibile pure dopo che sia stata  pronunciata
sentenza di non luogo a procedere  o  di  non  doversi  procedere  in
ragione dello stato psicofisico dell'imputato, se questo stesso stato
incapacitante «viene meno o si  accerta  che  e'  stato  erroneamente
dichiarato». 
    8.- L'estensione  della  definizione  per  improcedibilita'  alle
ipotesi di irreversibile incapacita' psicofisica dell'imputato non fa
altro che perfezionare,  alla  luce  del  principio  di  uguaglianza,
l'intervento di  cui  alla  legge  n.  103  del  2017.  Quest'ultima,
d'altronde,  ha  adottato  una  soluzione  di  chiusura  formale  del
processo concretamente non celebrabile, poi ripresa dal legislatore -
per  le  evidenti  economie  di  sistema  -  con  la   trasformazione
dell'assenza dell'imputato da causa di  sospensione  del  processo  a
fattispecie di improcedibilita' (art.  420-quater  cod.  proc.  pen.,
sostituito dall'art. 23, comma 1, lettera e, del d.lgs.  n.  150  del
2022). 
    9.-  Per   tutto   quanto   esposto,   deve   essere   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 72-bis, comma 1, cod. proc.
pen., nella parte in cui si riferisce allo stato «mentale»,  anziche'
a quello «psicofisico». 
    Atteso il «rapporto di chiara consequenzialita' con la  decisione
assunta» (ex plurimis, sentenze n. 175 del 2022, n. 49 del 2018 e  n.
274 del 2017), dalla dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale
dell'art. 72-bis,  comma  1,  cod.  proc.  pen.  discende,  ai  sensi
dell'art.  27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul  funzionamento  della  Corte  costituzionale),  la
dichiarazione  di   illegittimita'   costituzionale   consequenziale:
dell'art. 70, comma 1, cod. proc. pen.,  relativo  agli  accertamenti
sulla capacita'  dell'imputato,  nella  parte  in  cui  si  riferisce
all'infermita' «mentale», anziche' a quella «psicofisica»;  dell'art.
71,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  relativo  alla  sospensione   del
procedimento per incapacita' dell'imputato, nella  parte  in  cui  si
riferisce allo stato  «mentale»,  anziche'  a  quello  «psicofisico»;
dell'art.  72,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  relativo  alla  revoca
dell'ordinanza di sospensione, nella parte in cui si  riferisce  allo
stato «di mente», anziche' a quello «psicofisico», e,  nel  comma  2,
nella parte in cui si riferisce  allo  stato  «mentale»,  anziche'  a
quello «psicofisico». 
    10.-   L'accoglimento   della   questione   principale   comporta
l'assorbimento della subordinata.