ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 6,  comma
2, e 10, comma 6, della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino  della
legislazione in materia portuale), nel testo anteriore alle modifiche
apportate dal decreto legislativo 4  agosto  2016,  n.  169,  recante
«Riorganizzazione,   razionalizzazione   e   semplificazione    della
disciplina concernente le Autorita' portuali di  cui  alla  legge  28
gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  lettera
f), della legge 7 agosto 2015,  n.  124»,  promosso  dalla  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, nel procedimento vertente tra l'Autorita'
di sistema portuale del mare di Sardegna  e  Alessandro  Boggio,  con
ordinanza del  9  agosto  2022,  iscritta  al  n.  145  del  registro
ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 49, prima serie speciale, dell'anno 2022. 
    Udito nella camera di consiglio del 10  maggio  2023  il  Giudice
relatore Marco D'Alberti; 
    deliberato nella camera di consiglio del 10 maggio 2023. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del  9  agosto  2022,iscritta  al  n.  145  del
registro ordinanze 2022, la Corte di cassazione, sezione  lavoro,  ha
sollevato, in riferimento all'art. 97,  terzo  comma  (recte:  quarto
comma), della Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale
degli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge 28  gennaio  1994,
n. 84 (Riordino della legislazione in materia  portuale),  nel  testo
anteriore alle modifiche apportate dal decreto legislativo  4  agosto
2016,  n.  169,  recante   «Riorganizzazione,   razionalizzazione   e
semplificazione della disciplina concernente le Autorita' portuali di
cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8,
comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124». 
    La prima disposizione censurata, l'art. 6, comma 2, prevedeva che
«[l]'autorita' portuale ha personalita' giuridica di diritto pubblico
ed e'  dotata  di  autonomia  amministrativa  salvo  quanto  disposto
dall'articolo 12, nonche' di autonomia di bilancio e finanziaria  nei
limiti previsti dalla presente legge. Ad essa  non  si  applicano  le
disposizioni di cui alla legge 20 marzo  1975,  n.  70  e  successive
modificazioni nonche' le disposizioni di cui al decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e  successive  modificazioni  ed  integrazioni,
fatta eccezione  per  quanto  specificamente  previsto  dal  comma  2
dell'articolo 23 della presente legge». 
    L'art. 10, comma 6, della stessa legge n. 84 del  1994  stabiliva
che «[i]l rapporto di lavoro del personale delle  Autorita'  portuali
e' di diritto privato  ed  e'  disciplinato  dalle  disposizioni  del
codice civile libro V - titolo I - capi II e III, titolo II - capo I,
e dalle leggi sui rapporti di  lavoro  subordinato  nell'impresa.  Il
suddetto rapporto e' regolato da contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro, sulla base di criteri  generali  stabiliti  con  decreto  del
Ministro dei trasporti e della navigazione, che dovranno tener  conto
anche della compatibilita' con le risorse economiche,  finanziarie  e
di  bilancio;  detti  contratti  sono   stipulati   dall'associazione
rappresentativa delle Autorita' portuali per  la  parte  datoriale  e
dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative
del personale delle Autorita' portuali per la parte sindacale». 
    Entrambe le disposizioni sono censurate nella parte  in  cui,  in
violazione  della  regola  del  concorso  pubblico,   consentono   ai
dipendenti della Autorita' portuale di accedere in via automatica  ad
una qualifica superiore per  effetto  dell'esercizio  delle  relative
mansioni, a prescindere dalla verifica  dei  necessari  requisiti  di
professionalita' e dal ricorrere di una specifica esigenza  pubblica,
cosi' ponendosi in contrasto con l'art. 97, quarto comma, Cost. 
    2.- Il giudice rimettente riferisce di essere chiamato a decidere
sul ricorso proposto dall'Autorita' di sistema  portuale  (AdSP)  del
mare di Sardegna, subentrata alla  Autorita'  portuale  di  Cagliari,
avverso la sentenza d'appello che,  nel  riformare  la  decisione  di
primo grado, ha riconosciuto - in  applicazione  dell'art.  2103  del
codice civile - il diritto  di  un  dipendente  all'inquadramento  di
livello superiore (segnatamente, il primo della categoria  impiegati)
dal 1°  luglio  2005,  per  effetto  dello  svolgimento  di  mansioni
superiori dal 1° luglio 2004, condannando  il  datore  di  lavoro  al
pagamento delle differenze retributive maturate da tale data. 
    A fondamento dell'impugnazione, la parte  ricorrente  ha  dedotto
che dalla qualificazione delle Autorita' portuali come enti  pubblici
non economici consegue la  loro  riconduzione  all'ambito  soggettivo
delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 1,  comma  2,  del
decreto  legislativo  30  marzo  2001,   n.   165   (Norme   generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche), e quindi l'applicazione dell'art. 52 del medesimo decreto
legislativo,   con   conseguente   impossibilita'    di    conseguire
l'inquadramento superiore per effetto dell'esercizio  delle  relative
mansioni. 
    Premessa  la  definitivita'  dell'accertamento   giudiziale   del
diritto del lavoratore a  percepire  le  differenze  retributive,  la
Corte di cassazione riferisce dunque di essere tenuta a  decidere  in
ordine alla possibilita' di applicare al rapporto di lavoro in  esame
la disciplina della promozione  automatica  prevista  dall'art.  2103
cod. civ., nonche' l'art. 4 del contratto  collettivo  nazionale  dei
lavoratori dei porti 2005-2008,  vigente  ratione  temporis,  che  ha
previsto,  in  caso  di   esercizio   di   mansioni   superiori   non
dirigenziali, la definitivita' della assegnazione (salva l'ipotesi di
sostituzione di un lavoratore assente con diritto alla  conservazione
del posto), dopo un periodo di sei mesi per la qualifica di quadro  e
di tre mesi per tutti gli altri lavoratori. 
    3.- La Corte di cassazione rammenta che, in epoca  successiva  ai
fatti che hanno dato origine al giudizio a quo, la legge  n.  84  del
1994 e' stata modificata dal d.lgs. n. 169 del 2016. Per  effetto  di
questa riforma, le Autorita' portuali sono state ridotte  nel  numero
ed hanno assunto la nuova  denominazione  di  «Autorita'  di  sistema
portuale», classificate ex lege come enti pubblici non economici.  Il
giudice a quo sottolinea che ad esse si applicano ora i principi  del
d.lgs. n. 165 del 2001, limitatamente al Titolo I, che  peraltro  non
comprende l'art. 52 (art. 6, comma 5, della legge  n.  84  del  1994,
come sostituito dall'art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 169 del 2016). 
    La Corte di cassazione  evidenzia  che  la  qualificazione  delle
Autorita'  portuali  come  enti  pubblici  non  economici  e'   stata
affermata dall'art. 1, comma 993, della legge 27  dicembre  2006,  n.
296, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge  finanziaria  2007)».  Ad  avviso  del
giudice rimettente, questa definizione  legislativa  delle  Autorita'
portuali non sarebbe innovativa, ma  sarebbe  stata  desumibile  gia'
dalla legge n. 84  del  1994,  in  quanto  volta  a  privilegiare  la
funzione della Autorita' portuale di soggetto regolatore, rispetto  a
quella di produttore dei servizi portuali. 
    4.- Il giudice a quo fa inoltre rilevare che la  natura  di  enti
pubblici non economici delle Autorita' portuali  e'  stata  da  tempo
riconosciuta dalla stessa giurisprudenza di legittimita', che  -  nel
pronunciarsi in sede di regolamento di giurisdizione - ha  ricondotto
le  medesime  Autorita'   all'ambito   soggettivo   delle   pubbliche
amministrazioni indicate dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165  del
2001, con conseguente devoluzione  al  giudice  amministrativo  delle
controversie relative alle procedure concorsuali per l'assunzione del
personale, ai sensi dell'art. 63, comma 4, dello stesso decreto (sono
richiamate Corte di cassazione, sezioni  unite,  sentenza  24  luglio
2013, n. 17930, e ordinanza 25 febbraio 2016, n. 3733; sezione quinta
civile, sentenza 27 febbraio 2013, n. 4925). 
    Il giudice rimettente osserva inoltre che  l'Autorita'  portuale,
quale ente pubblico non economico,  costituisce  rapporti  di  lavoro
subordinato che, nella  fase  del  reclutamento,  sono  regolati  dal
diritto pubblico, in  ossequio  all'art.  97,  quarto  comma,  Cost.,
mentre  nella  fase  successiva  di  gestione   del   rapporto   sono
interamente regolati dal diritto privato (sono  richiamate  Corte  di
cassazione, sezioni unite, sentenza 24 luglio 2013, n. 17930; sezione
lavoro, ordinanza 25 giugno 2020, n. 12627). 
    5.- Sulla base di questi principi, e' stato altresi' escluso  che
la qualifica di  dirigente  della  Autorita'  portuale  possa  essere
acquisita in via automatica, ai sensi  dell'art.  2103  cod.  civ.  e
dell'art. 6 della  legge  13  maggio  1985,  n.  190  (Riconoscimento
giuridico  dei  quadri  intermedi).  Per  l'accesso  alla   qualifica
dirigenziale, sarebbe stata quindi accolta  un'interpretazione  delle
disposizioni  censurate  orientata  al  rispetto  della  regola   del
concorso pubblico, di cui all'art. 97, quarto comma, Cost. 
    D'altra parte, osserva il giudice a quo, ai rapporti di lavoro in
esame andrebbe  applicato  il  principio  secondo  cui  il  passaggio
dall'inquadramento nelle aree funzionali alla qualifica di  dirigente
della stessa pubblica amministrazione e' equiparato  al  reclutamento
dall'esterno (sono richiamate Corte di  cassazione,  sezione  lavoro,
sentenza 21 febbraio 2007, n. 4012, e ordinanza 6  ottobre  2020,  n.
21484). 
    Cio' sarebbe confermato dalla specifica  disciplina  posta  dagli
artt. 23, 28 e 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 per l'accesso  ai  ruoli
della dirigenza pubblica privatizzata,  differenziata  rispetto  alla
generale disciplina del  reclutamento  del  personale,  prevista  dal
successivo art. 35. 
    Il giudice a quo sottolinea, inoltre,  che  l'art.  6,  comma  6,
della legge n. 84 del 1994 (come sostituito dall'art. 7, comma 1, del
d.lgs. n. 169 del 2016), prevede ora che il personale dirigenziale  e
non dirigenziale delle istituite AdSP e' assunto  mediante  procedure
selettive  di  natura  comparativa,  secondo  principi  di   adeguata
pubblicita', imparzialita', oggettivita' e trasparenza. Anche  questa
disciplina costituirebbe enunciazione di un principio ricavabile  dal
sistema gia' in epoca precedente. 
    6.-  Tuttavia,  ad  avviso  del   giudice   a   quo,   un'analoga
interpretazione, costituzionalmente conforme, non sarebbe praticabile
nell'ipotesi, che ricorre nel caso in esame, in  cui  l'esercizio  di
mansioni  superiori   avvenga   nell'ambito   delle   categorie   non
dirigenziali  del  personale  dei  porti,  comprensive   di   operai,
impiegati e quadri.  Infatti,  in  questi  passaggi  di  livello  non
verrebbe in rilievo  la  speciale  disciplina  del  reclutamento  dei
dirigenti della pubblica amministrazione (e'  richiamata  l'ordinanza
della Corte di cassazione n. 21484 del 2020). 
    D'altra parte, per la regolamentazione  del  rapporto  di  lavoro
l'art. 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994 contiene il rinvio  ai
contratti collettivi nazionali di  lavoro.  Pertanto,  l'art.  4  del
contratto collettivo nazionale dei lavoratori dei porti,  applicabile
nel caso in esame,  la'  dove  fissa  il  periodo  decorso  il  quale
l'assegnazione a mansioni superiori diviene definitiva (sei mesi  per
i quadri e tre mesi per gli altri lavoratori) presupporrebbe la piena
operativita' dell'art. 2103 cod.  civ.,  nonche'  dell'art.  6  della
legge n. 190 del 1985. 
    Inoltre, l'art. 6, comma 2, della  legge  n.  84  del  1994,  che
escludeva, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n.
169 del 2016, l'applicabilita'  all'Autorita'  portuale  del  decreto
legislativo  3  febbraio  1993,  n.   29   (Razionalizzazione   della
organizzazione delle  Amministrazioni  pubbliche  e  revisione  della
disciplina in materia di pubblico impiego, a  norma  dell'articolo  2
della legge 23 ottobre 1992, n. 421), non  consentirebbe  neppure  di
applicare ai rapporti di lavoro in esame l'art. 52 del d.lgs. n.  165
del 2001, che esclude promozioni automatiche. Del resto, quest'ultima
disposizione non e' stata richiamata  neppure  nella  nuova  versione
dello stesso art. 6, introdotta dalla riforma del 2016. 
    7.-   Ad   avviso   del   rimettente,    l'espressa    esclusione
dell'applicabilita'    dello    statuto    del    pubblico    impiego
contrattualizzato (art. 6, comma 2, della legge n. 84 del  1994),  la
qualificazione del rapporto di lavoro come di diritto  privato  e  il
rinvio alla disciplina generale del rapporto  di  lavoro  subordinato
nell'impresa  (art.  10,  comma  6,  della  legge  n.  84  del  1994)
comporterebbero l'applicazione ai rapporti di lavoro in  esame  della
regola di acquisizione automatica della qualifica superiore,  di  cui
all'art. 2103 cod. civ. (con l'unica  eccezione,  riconosciuta  dalla
giurisprudenza  di  legittimita',  del   passaggio   alla   qualifica
dirigenziale). 
    Di qui il dubbio  di  legittimita'  costituzionale  delle  stesse
disposizioni, nel testo  vigente  ratione  temporis,  in  riferimento
all'art. 97, quarto comma, Cost. 
    8.- Al riguardo, il giudice  a  quo  richiama  la  giurisprudenza
costituzionale secondo la quale,  nell'ambito  di  un'amministrazione
pubblica, il principio del pubblico concorso «si applica non solo nel
caso  di  nuovo  inquadramento  nella   qualifica   dirigenziale   di
dipendenti gia' in servizio ma anche per il passaggio ad  una  fascia
funzionale superiore» (e' richiamata la sentenza  n.  37  del  2015).
Secondo il giudice rimettente, «[a]nche in questo caso  si  verifica,
infatti, l'accesso ad un  nuovo  posto  di  lavoro  corrispondente  a
funzioni piu' elevate sicche' esso e' soggetto [...] alla regola  del
pubblico concorso», cui va riconosciuto  un  ambito  di  applicazione
ampio, tale da non includere soltanto le  ipotesi  di  assunzione  di
soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche i casi  di
nuovo inquadramento di dipendenti gia' in servizio (e' richiamata  la
sentenza n. 217 del 2012). 
    Inoltre, osserva il giudice a quo, la facolta' del legislatore di
introdurre  deroghe  al  principio  del  pubblico  concorso,  di  cui
all'art. 97, quarto comma, Cost.,  deve  essere  delimitata  in  modo
rigoroso, potendo tali  deroghe  essere  considerate  legittime  solo
quando   siano   funzionali   esse   stesse   al    buon    andamento
dell'amministrazione  e  ove  ricorrano  peculiari  e   straordinarie
esigenze di interesse pubblico idonee a  giustificarle  e,  comunque,
sempre che siano previsti adeguati accorgimenti per assicurare che il
personale  assunto  abbia   la   professionalita'   necessaria   allo
svolgimento dell'incarico (sono richiamate le  sentenze  n.  227  del
2021, n. 166 del 2020 e n. 217 del 2012). 
    Se e' vero che il legislatore ordinario puo' contemplare  deroghe
rispetto alla  regola  generale  del  pubblico  concorso,  cio'  deve
avvenire entro i limiti derivanti dalla stessa esigenza di  garantire
il buon andamento dell'amministrazione, fermo il necessario vaglio di
ragionevolezza e la rigorosa delimitazione dell'area delle  eccezioni
al concorso (e' richiamata la sentenza n. 133 del 2020). 
    9.-  Le  disposizioni  censurate  non  risponderebbero  a  questi
principi. 
    Nonostante la natura di pubblica  amministrazione  dell'Autorita'
portuale, esse consentirebbero, in via generale e a  prescindere  dal
vaglio dei necessari requisiti di professionalita' e dal ricorrere di
una  specifica  esigenza  pubblica,  di  accedere  ad  una  qualifica
superiore in deroga al principio del pubblico concorso, che  riguarda
anche l'acquisizione di un inquadramento superiore. 
    D'altra parte, la qualificazione  del  rapporto  di  lavoro  alle
dipendenze della Autorita' portuale come rapporto di diritto  privato
non sarebbe idonea a giustificare, sotto il  profilo  costituzionale,
l'applicazione della regola di promozione automatica di cui  all'art.
2103 cod. civ. Infatti, per non  essere  elusiva  del  principio  del
pubblico concorso, tale qualificazione dovrebbe rispettare i limiti e
le   condizioni   fissati   dalla    giurisprudenza    costituzionale
nell'interpretare l'art. 97, quarto comma, Cost. 
    Viceversa,  nel  caso  in  esame,  l'eccezione  alla  regola  del
concorso,  derivante  dall'applicazione  dell'art.  2103  cod.  civ.,
sarebbe priva di alcuna delimitazione e  di  alcun  collegamento  con
un'esigenza   specifica   e   straordinaria   di    buon    andamento
dell'amministrazione. 
    10.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non e'  intervenuto
nel presente giudizio di legittimita' costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di cassazione,
sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento all'art. 97, terzo comma
(recte:   quarto   comma),   Cost.,   questione    di    legittimita'
costituzionale degli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge  n.
84 del 1994, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal  d.lgs.
n. 169 del 2016. 
    La prima  disposizione  censurata  prevedeva  che  «[l]'autorita'
portuale ha personalita' giuridica di diritto pubblico ed  e'  dotata
di autonomia amministrativa salvo quanto disposto  dall'articolo  12,
nonche' di autonomia di bilancio e finanziaria  nei  limiti  previsti
dalla presente legge. Ad essa non si applicano le disposizioni di cui
alla legge 20 marzo 1975, n. 70 e successive modificazioni nonche' le
disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29,  e
successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per  quanto
specificamente previsto dal comma 2 dell'articolo 23  della  presente
legge». 
    L'art. 10, comma 6, della stessa legge n. 84 del  1994  stabiliva
che «[i]l rapporto di lavoro del personale delle  Autorita'  portuali
e' di diritto privato  ed  e'  disciplinato  dalle  disposizioni  del
codice civile libro V - titolo I - capi II e III, titolo II - capo I,
e dalle leggi sui rapporti di  lavoro  subordinato  nell'impresa.  Il
suddetto rapporto e' regolato da contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro, sulla base di criteri  generali  stabiliti  con  decreto  del
Ministro dei trasporti e della navigazione, che dovranno tener  conto
anche della compatibilita' con le risorse economiche,  finanziarie  e
di  bilancio;  detti  contratti  sono   stipulati   dall'associazione
rappresentativa delle Autorita' portuali per  la  parte  datoriale  e
dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative
del personale delle Autorita' portuali per la parte sindacale». 
    Entrambe le disposizioni sono censurate in  riferimento  all'art.
97, quarto comma, Cost., nella parte  in  cui,  in  violazione  della
regola  del  concorso  pubblico,  consentono  ai   dipendenti   della
Autorita' portuale l'accesso  in  via  automatica  ad  una  qualifica
superiore per  effetto  dell'esercizio  delle  relative  mansioni,  a
prescindere   dalla   verifica    dei    necessari    requisiti    di
professionalita' e dal ricorrere di una specifica esigenza pubblica. 
    2.- Prima di procedere  all'esame  delle  questioni  nel  merito,
appare opportuno effettuare una sintetica  ricostruzione  del  quadro
normativo, caratterizzato da una complessa  evoluzione,  connessa  al
graduale mutamento del ruolo svolto dalle Autorita' portuali. 
    2.1.- Come e'  noto,  prima  della  legge  n.  84  del  1994,  le
competenze in ordine alla gestione e la  regolamentazione  dei  porti
erano  affidate  alle  autorita'  marittime,   nel   rispetto   delle
previsioni del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 (Approvazione  del
testo  definitivo  del  Codice  della  navigazione).  Tale   modello,
tuttavia, contemplava numerose deroghe, introdotte da leggi  speciali
che, nel corso degli anni, avevano istituito appositi  enti  portuali
(art. 19 cod.  nav.),  destinati  al  governo  dei  principali  scali
nazionali  e  chiamati  sia  a  svolgere   funzioni   pubbliche,   di
regolazione e cura degli interessi pubblici coinvolti  nell'attivita'
di navigazione e riparo delle navi, sia ad occuparsi  dello  sviluppo
dei traffici portuali, anche attraverso l'esercizio di  attivita'  di
tipo economico e  imprenditoriale.  Questa  compresenza  di  funzioni
eterogenee si  rifletteva  sull'inquadramento  giuridico  degli  enti
portuali, ai  quali  -  in  assenza  di  un'esplicita  qualificazione
normativa - era comunque riconosciuta  la  natura  di  enti  pubblici
economici. 
    2.2.- L'istituzione delle Autorita'  portuali,  avvenuta  con  la
legge  n.  84  del  1994,  e'  stata  ispirata  dalla  finalita'   di
distinguere  le  funzioni  di   amministrazione,   programmazione   e
controllo del territorio su cui insiste lo  scalo  e  delle  relative
infrastrutture, rispetto alle attivita' di gestione ed erogazione  di
beni e servizi di interesse  portuale.  La  citata  legge  ha  quindi
previsto  l'istituzione  delle  Autorita'   portuali   come   persone
giuridiche di diritto pubblico, dotate di  autonomia  amministrativa,
di autonomia  di  bilancio  e  finanziaria,  espressamente  esonerate
dall'applicazione della legge 20 marzo 1975, n. 70 (Disposizioni  sul
riordinamento degli enti  pubblici  e  del  rapporto  di  lavoro  del
personale dipendente) e del d.lgs. n. 29 del 1993 (art. 6,  comma  2,
oggetto di censura nel presente giudizio). 
    La medesima legge ha altresi' previsto che  le  stesse  Autorita'
subentrassero ai precedenti enti portuali «nella titolarita' dei beni
e nella totalita' dei rapporti attivi e passivi» (art. 20, comma  6).
La continuita' tra  le  Autorita'  portuali  e  i  preesistenti  enti
portuali e' stata poi  confermata  dal  successivo  decreto-legge  21
ottobre 1996, n. 535 (Disposizioni urgenti per  i  settori  portuale,
marittimo,  cantieristico  ed  armatoriale,  nonche'  interventi  per
assicurare taluni collegamenti aerei), convertito, con modificazioni,
nella legge 23 dicembre 1996, n. 647. Nel  sostituire  il  testo  del
richiamato art. 20, il citato decreto-legge ha ribadito che le stesse
Autorita' subentrano alle organizzazioni portuali «nella proprieta' e
nel possesso dei beni in precedenza  non  trasferiti  e  in  tutti  i
rapporti in corso». Inoltre, l'art. 23, comma 2, della  legge  n.  84
del  1994  ha  previsto  che  «[i]l  personale  delle  organizzazioni
portuali e' trasferito alle dipendenze delle autorita'  portuali,  in
continuita' di  rapporto  di  lavoro  e  conservando  il  trattamento
previdenziale e pensionistico in essere alla data  del  trasferimento
nonche', ad personam, il trattamento retributivo». 
    Quanto alla disciplina dei relativi rapporti  di  lavoro,  l'art.
10, comma 6, della stessa legge n. 84 del 1994,  oggetto  di  censura
nel presente  giudizio,  ha  stabilito  che  il  rapporto  di  lavoro
dell'intero personale dell'Autorita'  portuale  e'  disciplinato  dal
diritto privato, dalle disposizioni del codice  civile,  dalle  leggi
sui  rapporti  di  lavoro  subordinato  nell'impresa,   nonche'   dai
contratti collettivi nazionali di lavoro. 
    Va peraltro rilevato che - anche dopo l'entrata in  vigore  della
legge n. 84 del 1994 - la distinzione tra i differenti  ruoli  svolti
dalle Autorita' portuali e' rimasta  solo  tendenziale.  Infatti,  ad
esse rimanevano attribuite funzioni  eterogenee,  riconducibili  alla
loro  duplice  natura:  l'una,  legata  alla  titolarita'  di  poteri
pubblicistici di regolazione e di controllo, a garanzia del  rispetto
delle regole di mercato tra le imprese operanti nel  porto;  l'altra,
connessa  all'esercizio  diretto  di  attivita'  economiche  e   alla
prestazione di  servizi.  Sotto  quest'ultimo  profilo,  rilevano  in
particolare la  possibilita'  di  «costituire  ovvero  partecipare  a
societa' esercenti attivita' accessorie  o  strumentali  rispetto  ai
compiti istituzionali affidati  alle  autorita'  medesime»  (art.  6,
comma 6, secondo periodo, della legge n. 84 del 1994, come modificata
dall'art. 8-bis, comma 1, lettera d, del  decreto-legge  30  dicembre
1997, n. 457, recante  «Disposizioni  urgenti  per  lo  sviluppo  del
settore dei trasporti e l'incremento  dell'occupazione»,  convertito,
con modificazioni, nella legge 27 febbraio 1998, n. 30),  nonche'  la
facolta' di prestare «servizi di interesse generale» (art. 23,  comma
5). 
    Del resto, la stessa disposizione  che  istituisce  le  Autorita'
portuali,  l'art.  6,  comma  2,  oggetto  di  censura  nel  presente
giudizio,  non  contiene  un'espressa  qualificazione  della   natura
giuridica delle stesse, limitandosi  a  disporre  che  «[l]'autorita'
portuale ha personalita' giuridica di diritto pubblico ed  e'  dotata
di autonomia amministrativa [...] nonche' di autonomia di bilancio  e
finanziaria». Va pertanto  rilevato  che,  anche  all'indomani  della
riforma introdotta dalla legge n.  84  del  1994,  la  qualificazione
giuridica delle Autorita' portuali come enti pubblici  non  economici
non aveva ancora ricevuto un espresso  riconoscimento  normativo.  E'
per questi motivi che nella giurisprudenza successiva alla  legge  n.
84 del 1994 si rinvengono non univoche  affermazioni  circa  la  loro
natura di "enti pubblici", ovvero di "enti pubblici economici". 
    2.3.- Un significativo elemento di novita' nell'evoluzione  della
disciplina delle Autorita' portuali e' stato introdotto dall'art.  1,
comma 993, della legge n. 296 del 2006. Si tratta di una disposizione
di carattere fiscale, che «in ragione della natura giuridica di  enti
pubblici  non  economici  delle  autorita'   medesime»   ha   escluso
dall'applicabilita' del regime  tributario  dell'imposta  sul  valore
aggiunto (IVA) i canoni di concessione demaniale marittima. 
    Solo   successivamente   a   tale   intervento   legislativo   la
giurisprudenza, sia amministrativa, sia ordinaria,  si  e'  attestata
sul riconoscimento della natura di enti pubblici non economici  delle
Autorita' portuali. Esse sono state ricondotte all'ambito  soggettivo
delle pubbliche amministrazioni indicate dall'art. 1,  comma  2,  del
d.lgs. n. 165 del 2001 ed e' stato riconosciuto che  le  controversie
sulle  procedure  concorsuali  di  assunzione  dei  dipendenti   sono
devolute alla giurisdizione  del  giudice  amministrativo,  ai  sensi
dell'art. 63, comma 4, dello stesso d.lgs. n. 165  del  2001  (Cass.,
sez. un., n. 3733 del 2016 e n. 17930 del 2013; Consiglio  di  Stato,
sezione quarta, sentenza 27 ottobre  2015,  n.  5801  e  ordinanza  8
maggio 2013, n. 2492; sezione sesta, sentenze 15  dicembre  2014,  n.
6146 e 9 ottobre 2012, n. 5248). 
    2.4.-  Il  successivo  d.lgs.  n.  169  del  2016  ha  accentuato
l'attrazione  delle  AdSP,  subentrate  alle   precedenti   Autorita'
portuali, nell'ambito  delle  pubbliche  amministrazioni.  L'art.  6,
comma 5, della legge n. 84 del 1994, come modificato dall'art. 7  del
d.lgs. n. 169 del 2016, stabilisce ora che «[l]'Autorita' di  sistema
portuale e' ente pubblico non  economico  di  rilevanza  nazionale  a
ordinamento  speciale  ed  e'  dotato  di  autonomia  amministrativa,
organizzativa,  regolamentare,  di  bilancio   e   finanziaria».   Il
successivo art. 12 sottopone le AdSP al  potere  di  vigilanza  e  di
indirizzo del Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  il
quale, in base al disposto dell'art. 6, comma 8, approva, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle  finanze,  il  regolamento  che
disciplina la gestione contabile e finanziaria di ciascuna AdSP. 
    Il d.lgs. n. 169 del 2016 ha, inoltre, rafforzato la  distinzione
tra le funzioni regolatorie e quelle  economiche  e  imprenditoriali,
anche  attraverso  la  previsione  di  un'attivita'  di  gestione   e
amministrazione del demanio pubblico e, in particolare,  del  demanio
marittimo. In particolare, l'art. 6, comma 11, della legge n. 84  del
1994, come modificato dall'art. 7 del citato d.lgs. n. 169 del 2016 ,
stabilisce che le AdSP non possono svolgere,  ne'  direttamente,  ne'
tramite societa' partecipate, operazioni portuali e attivita' ad esse
strettamente  connesse.  Esse   possono   «sempre   disciplinare   lo
svolgimento di attivita' e servizi di interesse comune e utili per il
piu' efficace compimento delle funzioni attribuite, in collaborazione
con  Regioni,  enti  locali  e  amministrazioni  pubbliche»,  nonche'
«assumere partecipazioni, a carattere  societario  di  minoranza,  in
iniziative finalizzate alla promozione di  collegamenti  logistici  e
intermodali, funzionali allo sviluppo del sistema portuale» (art.  6,
comma 11, secondo e terzo periodo). 
    L'espressa qualificazione come enti  pubblici  non  economici  ha
comportato per le  AdSP  l'esigenza  di  garantire  il  rispetto  dei
principi  di  efficienza,  imparzialita'  e  trasparenza  in   ambiti
essenziali  delle  proprie  strutture.  Per  queste   finalita',   il
legislatore del 2016 ha  espressamente  previsto  l'applicazione  dei
principi generali di cui al Titolo I  del  d.lgs.  n.  165  del  2001
(articoli da 1 a 9) e il rispetto dei principi di  cui  all'art.  35,
comma 3, del medesimo decreto legislativo  per  il  reclutamento  del
personale dirigenziale e non dirigenziale (art.  6,  comma  5,  della
legge n. 84 del 1994, sempre come  modificato  dal  citato  art.  7).
Pertanto, l'assunzione del personale delle istituite  AdSP  deve  ora
avvenire mediante procedure selettive di natura comparativa,  secondo
principi  di  adeguata  pubblicita',  imparzialita',  oggettivita'  e
trasparenza (art. 6, comma 6). 
    Peraltro, la progressiva  attrazione  delle  Autorita'  in  esame
nell'ambito  delle  pubbliche  amministrazioni  non  ha   determinato
l'automatico e integrale assoggettamento dei rapporti di  lavoro  con
il relativo personale alla disciplina propria dell'impiego  pubblico.
Pur  essendo  espressamente   prevista,   dall'art.   6,   comma   5,
l'applicabilita' dei principi generali stabiliti negli articoli da  1
a 9 e 35, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001, tuttavia, anche  nella
nuova configurazione delle AdSP introdotta dal d.lgs. n. 169 del 2016
la disciplina del rapporto di lavoro e' rimasta  saldamente  ancorata
al modello privatistico. 
    Infatti, l'art. 10, comma 6, della legge n. 84 del  1994  prevede
tuttora che «[i]l rapporto di lavoro del personale delle Autorita' di
sistema portuale e' di  diritto  privato  ed  e'  disciplinato  dalle
disposizioni del codice civile libro V - titolo I - capi  II  e  III,
titolo II - capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro  subordinato
nell'impresa.  Il  suddetto  rapporto  e'   regolato   da   contratti
collettivi nazionali di lavoro». 
    Va in particolare evidenziato, per  quanto  qui  rileva,  che  il
d.lgs. n. 169 del 2016 non ha richiamato l'art. 52 del d.lgs. n.  165
del 2001, che - in caso di effettiva prestazione di mansioni  proprie
della qualifica immediatamente superiore -  riconosce  al  lavoratore
solo il diritto al trattamento economico previsto  per  la  qualifica
superiore, prevedendo  la  nullita'  dell'assegnazione  del  medesimo
lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore. Ne discende
che, anche all'esito della riforma del 2016, al  rapporto  di  lavoro
con le AdSP non si applica il divieto di cui all'art. 52  del  d.lgs.
n. 165 del 2001. 
    3.- Cio' premesso, la questione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994 non
e' fondata. 
    3.1.- Dalla ricostruzione  normativa  e  giurisprudenziale  sopra
illustrata emerge  che  -  in  considerazione  della  compresenza  di
funzioni eterogenee attribuite  dalla  legge  n.  84  del  1994  alle
Autorita' portuali e della loro controversa qualificazione  giuridica
prima delle modifiche introdotte dal d.lgs.  n.  169  del  2016  -  i
rapporti di lavoro instaurati con tali  enti  pubblici  non  potevano
ritenersi  integralmente  regolati  dalla  disciplina  del   pubblico
impiego. 
    In realta', come si  e'  visto,  cio'  non  e'  avvenuto  neppure
all'esito della successiva riforma introdotta dal d.lgs. n.  169  del
2016, che - pur richiamando alcuni dei principi generali  del  d.lgs.
n. 165 del 2001 -  ha  mantenuto  i  tratti  salienti  dello  statuto
privatistico  del   rapporto   di   lavoro,   nonostante   l'espressa
qualificazione normativa delle AdSP quali enti pubblici non economici
(art. 10, comma 6, come modificato dall'art. 7 del d.lgs. n. 169  del
2016). 
    3.2.- Nel caso in esame,  e'  posta  in  dubbio  la  legittimita'
costituzionale degli artt. 6, comma 2, e 10, comma  6  -  nel  testo,
applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dal
d.lgs.  n.  169  del  2016  -  la'  dove  concorrono   ad   escludere
l'applicabilita' alle Autorita' portuali dello statuto  del  pubblico
impiego e a disciplinare i relativi rapporti  di  lavoro  secondo  le
disposizioni del codice civile, delle leggi sui  rapporti  di  lavoro
subordinato nell'impresa e  dei  contratti  collettivi  nazionali  di
lavoro. 
    Da questo assetto normativo, complessivamente  configurato  dalle
disposizioni censurate, discende  dunque  l'applicabilita'  dell'art.
2103 cod. civ. e  il  conseguente  riconoscimento  di  una  qualifica
superiore  per  effetto  dell'assegnazione  e  dell'esercizio   delle
relative mansioni. E' proprio in cio' che il giudice a quo ravvisa la
violazione dell'art. 97, quarto comma, Cost.,  ovvero  del  principio
del  pubblico  concorso,  poiche'  l'inquadramento  nella   qualifica
superiore  avviene  al  di  fuori  di  una  selezione  di   carattere
concorsuale. 
    Il parametro  costituzionale  evocato  prevede  espressamente  il
principio del pubblico concorso per il reclutamento iniziale.  Questa
Corte  ha  riconosciuto  in  tale  principio  la  «forma  generale  e
ordinaria  di  reclutamento  per   le   amministrazioni   pubbliche»,
rappresentata  da  una  selezione  trasparente,  comparativa,  basata
esclusivamente sul merito e aperta a tutti i cittadini in possesso di
requisiti  previamente  e  obiettivamente  definiti  (tra  le  molte,
sentenze n. 199 e n. 36 del 2020, n. 40 del 2018). 
    Peraltro, la giurisprudenza costituzionale  ha  ritenuto  che  il
concorso sia necessario anche nei casi di nuovo inquadramento in  una
qualifica superiore di dipendenti gia' in servizio, poiche'  «[a]nche
il passaggio ad una fascia funzionale superiore  comporta  "l'accesso
ad un nuovo posto di lavoro corrispondente a funzioni piu' elevate ed
e' soggetto, pertanto, quale figura di reclutamento, alla regola  del
pubblico concorso" (sentenza n. 194 del 2002; ex  plurimis,  inoltre,
sentenze n. 217 del 2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293  del
2009)» (sentenza n. 37 del 2015).  Si  tratta,  in  effetti,  di  una
giurisprudenza riferita soprattutto a casi di passaggio a  qualifiche
dirigenziali, in  amministrazioni  sia  statali,  sia  regionali,  di
sicuro rilievo pubblicistico, ovvero a casi di integrale o prevalente
riserva  di  posti  a  personale  interno,  per  la  progressione  in
carriera. 
    Questa Corte ha inoltre riconosciuto che la regola  del  concorso
pubblico non e' assoluta, essendo consentite deroghe legislativamente
disposte per singoli casi.  Tale  regola  non  esclude  dunque  forme
diverse di reclutamento, purche' siano funzionali esse stesse al buon
andamento   dell'amministrazione,    rispondano    a    criteri    di
ragionevolezza e  siano  comunque  in  armonia  con  le  disposizioni
costituzionali (sentenze n. 110 del 2023, n. 227 del 2021, n. 133 del
2020, e n. 34 del 2004). 
    3.3.- Alla luce  di  quanto  detto,  devono  essere  valutate  le
disposizioni censurate della legge n. 84  del  1994,  che  nel  testo
applicabile ratione temporis disciplinano, con carattere di  indubbia
specialita', il rapporto di  lavoro  del  personale  delle  Autorita'
portuali. 
    Ebbene, la scelta operata dal legislatore del  1994  di  regolare
questi rapporti di lavoro secondo modelli propri del diritto  privato
-  e  la  conseguente  applicabilita'  dell'art.   2103   cod.   civ.
nell'ambito delle progressioni in carriera - appare giustificata  dal
perseguimento    del     buon     andamento     e     dell'efficienza
dell'amministrazione delle Autorita' portuali, cosi' come istituite e
configurate dalla legge n. 84 del 1994. 
    Prevedere il concorso pubblico ai fini della  promozione  ad  una
qualifica superiore per lo svolgimento di  funzioni  e  mansioni  non
dirigenziali, come sono quelle di cui  al  giudizio  a  quo,  avrebbe
avuto come conseguenza l'eccessivo irrigidimento nella  gestione  del
personale e non avrebbe consentito risposte tempestive alle  esigenze
operative dei porti. 
    Si tratta,  infatti,  di  una  scelta  che  -  nel  tenere  conto
dell'esperienza  professionale  in  concreto  acquisita   a   seguito
dell'assegnazione a mansioni di livello superiore - risulta  coerente
sia con la natura  delle  attivita'  operative,  anche  di  carattere
economico  e  imprenditoriale,  in  concreto  affidate  alle   stesse
Autorita' portuali dalla legge n. 84 del 1994, sia  con  le  connesse
esigenze di flessibilita' dei rapporti con il proprio personale,  sia
con l'assorbimento del personale  delle  preesistenti  organizzazioni
portuali, a seguito del subentro nella titolarita'  dei  beni  e  dei
rapporti gia' instaurati con queste ultime (art. 20, comma  6,  della
legge n. 84 del 1994). 
    Sotto quest'ultimo profilo, nel sistema della  legge  n.  84  del
1994, il mantenimento della disciplina privatistica di tali  rapporti
e la conseguente assenza di previsioni relative a procedure selettive
di carattere concorsuale per le progressioni  in  carriera  risultano
giustificati, su un piano di ragionevolezza e  di  efficienza,  dalla
continuita' dei rapporti di lavoro dei dipendenti "transitati"  nelle
nuove Autorita' portuali, dalla  tutela  degli  affidamenti  maturati
sulla precedente disciplina del rapporto, nonche' dalle  esigenze  di
assorbimento di questo personale. 
    Del resto, l'assenza di meccanismi di tipo concorsuale nella fase
di gestione del rapporto di lavoro, ai  fini  delle  progressioni  in
carriera verso posizioni non dirigenziali,  costituisce  il  riflesso
della struttura privatistica della fase del reclutamento del medesimo
personale.  Nel  sistema  della  legge  n.  84  del  1994,   infatti,
trattandosi  di  personale  "transitato"  ex  lege  dalle  precedenti
organizzazioni portuali, neppure per le assunzioni  era  prevista  la
necessita' di una fase procedimentale di selezione concorsuale. 
    In generale, per le Autorita' portuali istituite dalla  legge  n.
84 del 1994, piu' che per altre  pubbliche  amministrazioni,  la  via
dell'efficienza nella gestione dei rapporti di lavoro  ha  continuato
ad essere ricercata nell'ambito  del  modello  privatistico,  cui  il
legislatore ha fatto richiamo  per  istituti,  come  quello  previsto
dall'art. 2103 cod. civ., difficilmente compatibili con la disciplina
del pubblico impiego. 
    3.4.-  In  effetti,  la   giurisprudenza   di   legittimita'   ha
recentemente escluso l'applicabilita' dell'art.  2103  cod.  civ.  ai
fini  del  passaggio  nei  ruoli  dirigenziali  presso  le  Autorita'
portuali, in quanto l'immissione in tali ruoli, anche quando consegue
ad  una  progressione  verticale,  e'  equiparabile  al  reclutamento
esterno e attiene  alla  fase  della  costituzione  del  rapporto  di
lavoro, retta dai principi fissati dall'art. 97, quarto comma,  Cost.
(Corte di cassazione, ordinanza n. 21484 del 2020); cio' che, invece,
non puo' dirsi quanto al passaggio tra  mansioni  e  qualifiche  meno
elevate, quali quelle impiegatizie oggetto del giudizio a quo. 
    In realta', la differenza che si e'  cosi'  determinata  rispetto
all'inquadramento nelle qualifiche non dirigenziali -  oggetto  della
questione in esame, sollevata dalla  stessa  Corte  di  cassazione  -
riflette una distinzione sostanziale, che discende dalle peculiarita'
proprie della qualifica dirigenziale, la quale e'  posta  al  vertice
dell'organizzazione e nel settore pubblico  e'  caratterizzata  dalla
preposizione ad uffici aventi natura di organi. 
    Questa Corte ha  sottolineato  la  peculiarita'  della  dirigenza
«collocata in una posizione apicale  autonoma  e  intermedia  fra  il
livello politico e quello burocratico», il  cui  status,  acquisibile
solo nel  rispetto  delle  procedure  concorsuali,  e'  connotato  da
«garanzia di autonomia e di indipendenza» (sentenza n. 164 del 2020). 
    3.5.- Alla luce di tale  quadro  normativo  e  giurisprudenziale,
appare non irragionevole l'applicazione dell'art. 2103  cod.  civ.  -
consentita dalla legge n. 84 del 1994  -  al  passaggio  a  qualifica
superiore non dirigenziale.  Si  tratta  di  una  scelta  che,  nello
specifico contesto, risulta finalizzata a  mantenere  un  trattamento
adeguatamente differenziato per rapporti che, sia per la loro genesi,
sia per esigenze di flessibilita' connesse  al  concreto  svolgimento
delle  prestazioni  lavorative,  presentano  tratti   di   accentuata
specialita'. 
    La questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni di
cui agli artt. 6, comma 2, e 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994,
nel testo anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs.  n.  169  del
2016, risulta, pertanto, non fondata.