Ricorso per conflitto di attribuzioni della Regione autonoma della Sardegna (C.F. 80002870923), con sede legale in Cagliari, viale Trento n. 69, in persona del Presidente della Giunta regionale, dott. Christian Solinas, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale del 10 agosto 2023 n. 27/9 (doc. n. 1), rappresentata e difesa, congiuntamente e disgiuntamente, come da procura speciale in calce al presente atto, dall'avv. Alessandra Putzu (c.f.: PTZLSN73B41F979D; fax: 070/6062418; posta elettronica certificata: aputzu@pec.regione.sardegna.it) e dall'avv. Mattia Pani (cod. fisc.: PNAMTT74P02B354J; fax: 070/6062418; posta elettronica certificata: mapani@pec.regione.sardegna.it) dell'Avvocatura regionale, ed elettivamente domiciliata presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Sardegna in Roma, via Lucullo n. 24; Contro lo Stato nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, con notifica anche al Tribunale superiore delle acque pubbliche, in sede di legittimita', ai sensi dell'art. 27, comma 2, delle norme integrative, e al Ministero della giustizia, nella persona del Ministro in carica; Per la dichiarazione che non spetta allo Stato e per esso al giudice ordinario o al giudice speciale, quale il Tribunale superiore delle acque pubbliche, in sede di legittimita', secondo gli articoli 116, 117, primo comma, 101, e 134 della Costituzione, il potere di disapplicare le leggi regionali con conseguente lesione delle funzioni legislative della Regione autonoma delle Sardegna riconosciute dalla Costituzione e dallo Statuto speciale per la Regione Sardegna, lesione avvenuta con la sentenza n. 87/2023 (doc. n. 2) pronunciata dal Tribunale superiore delle acque pubbliche, in sede di legittimita', nella Camera di consiglio del 1° marzo 2023, depositata in cancelleria il 12 maggio 2023, nei procedimenti riuniti R.G. n. 182, 183, 184 del 2018, conosciuta in data 26 giugno 2023; nonche' per l'annullamento della stessa sentenza n. 87/2023 del Tribunale superiore delle acque pubbliche pronunciata, in sede di legittimita', nella Camera di consiglio del 1° marzo 2023, depositata in cancelleria il 12 maggio 2023, nei procedimenti riuniti R.G. n. 182, 183, 184 del 2018 con cui la riportata lesione e' stata affermata e concretamente esercitata. Con la sentenza avverso la quale si rivolge il presente conflitto, il Tribunale superiore delle acque pubbliche, adito ai sensi dell'art. 143 regio decreto 1775/1933, si pronuncia sui ricorsi proposti dalla societa' Enel Produzione S.p.a. (1) con i quali si censurano le scelte legislative del Consiglio regionale sardo (eccependo numerose questioni di legittimita' costituzionale), in particolare quelle effettuate con l'art. 16 della legge regionale n. 17/2000 e con la legge regionale n. 19/2006, attuate con le deliberazioni di giunta impugnate. Le scelte del legislatore invise alla societa' Enel Produzione S.p.a. - che asserisce di essere concessionario dei sistemi idrici Taloro; Alto Flumendosa - Sa Teula; Coghinas - sono quelle che hanno disposto la decadenza di tutti i concessionari dalle concessioni di derivazione idrica in essere, comprese quelle di grande derivazione idroelettrica [art. 16 legge regionale n. 17/2000 e art. 11 legge regionale n. 19/2006], al fine di addivenire ad una gestione integrata, multisettoriale, del Distretto idrografico della Sardegna (art. 2 legge regionale n. 19/2006) e consentire in linea generale, e in particolare nelle situazioni di grave emergenza idrica, di destinare la risorsa idrica, in quanto bene pubblico primario e fattore fondamentale di civilta' e di sviluppo per gli utilizzi primari, come sanciti nella direttiva n. 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 e nel decreto legislativo n. 152/2006. Per consentire un'effettiva gestione integrata, la legge regionale n. 19/2006 ha disposto che il Sistema Idrico Multisettoriale Regionale - definito dall'art. 3, comma 1, lettera c) della legge regionale n. 19/2006, come «l'insieme delle opere di approvvigionamento idrico e di adduzione che, singolarmente o perche' parti di un sistema complesso, siano suscettibili di alimentare, direttamente o indirettamente, piu' aree territoriali o piu' categorie differenti di utenti» - e' affidato in gestione all'Ente acque della Sardegna, ENAS, (ente strumentale della Regione, gia' ERIS - Ente delle risorse idriche della Sardegna,) al fine di garantire - sotto il controllo e la pianificazione della Regione e dell'Autorita' di Bacino - la gestione e il controllo delle risorse idriche, nonche' tutte le connesse attivita' di manutenzione ordinaria e straordinaria delle infrastrutture (art. 18). Le deliberazioni della Giunta regionale n. 49/12 (doc. 4), 49/11 (doc. n. 6) e 49/10 (doc. n. 8) del 9 ottobre 2018 e i consecutivi decreti del Presidente della Regione, i numeri 104 (doc. 5), 102 (doc. 7), e 103 (doc. 9), del 20 novembre 2018, oggetto di impugnazione dinanzi al TSAP - in esecuzione delle leggi regionali n. 17/2000 e n. 19/2006 - davano attuazione pratica al disposto normativo, statuendo: di confermare: [DGR 49/12] relativamente alle opere idrauliche facenti parte del sistema Taloro, quanto disposto con delib. G.R. n. 19/21 del 27 maggio 2014, (doc. n. 4); [DGR 49/11]: «relativamente alle opere idrauliche facenti parte del Sistema 6 - Sud orientale 6A Alto Flumendosa - Sa Teula, quanto disposto con delib. G.R. n. 19/19 del 27 maggio 2014» (doc. n. 6); [DGR 49/10]: «relativamente alle opere idrauliche facenti parte del sistema Coghinas - Mannu di Portotorres, quanto disposto con delib. G.R. n. 19/20 del 27 maggio 2014»; (doc. n. 8); e di approvare «l'elenco sintetico delle opere (allegato n. 1); la corografia delle opere (allegato n. 2); l'individuazione cartografica e le caratteristiche tecniche delle opere da trasferire (allegato n. 3), che costituiscono la seconda integrazione al Sistema Idrico Multisettoriale Regionale, come definite dal comma 1, lettera c) dell'art. 3 della legge regionale n. 19/2006; di accertare, in base all'art. 16 della legge regionale n. 17/2000 e dell'art. 25 del regio decreto n. 1775/1933, l'intervenuta scadenza, in data 9 settembre 2001, del termine della concessione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1877 del 25 marzo 1950 e della successiva concessione integrativa di cui al decreto emesso dall'Assessore dei lavori pubblici di concerto con l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 268 del 3 marzo 1977; di prendere atto, conseguentemente, ai sensi dell'11, comma 2-bis, della legge regionale n. 19/2006, della conservazione, da parte della Regione, della titolarita' delle concessioni di derivazione rilasciate all'Enel e scadute in data 9 settembre 2001, e di trasferire, con decorrenza 1° gennaio 2019, ai sensi del comma 1, dell'art. 30 della legge regionale n. 19/2006, all'Ente Acque della Sardegna la gestione delle relative opere di cui all'elenco dell'allegato 1; di disporre il subentro, a partire dalla data del 1° gennaio 2019, dell'Ente Acque della Sardegna in tutti i contratti di fornitura di acqua all'ingrosso, stipulati dall'Enel in qualita' di gestore delle infrastrutture di cui all'allegato 1, con i soggetti competenti alla distribuzione di acqua per usi settoriali; di seguire, in applicazione della legge regionale in oggetto, il seguente iter procedurale ...» (cfr. doc. n. 4). Il TSAP, con la sentenza n. 87/2023, dei ricorsi riuniti, accoglie il motivo denunciante la violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990 per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale e' destinato a produrre effetti diretti, annullando le deliberazioni dell'organo esecutivo regionale sebbene, i provvedimenti impugnati sono stati adottati, come ha rilevato lo stesso Giudice, «ope legis». L'annullamento, invero, era precluso sia dalla pacifica circostanza che le deliberazioni non erano affette dal vizio di violazione di legge, sia dal chiaro disposto dell'art. 21-octies legge n. 241/1990 per cui «Non e' annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.». Per ovviare alle rappresentate insuperabili preclusioni di annullamento degli atti impugnati, il Giudice delle Acque, dopo avere rilevato in molteplici passaggi della stessa pronuncia che l'organo esecutivo regionale «s'e' limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis, delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel», ha ritenuto di annullare le deliberazioni, previa disapplicazione delle leggi regionali n. 16/2000 e n. 19/2006, sull'assunto che le leggi regionali, avendo natura di leggi provvedimento, dovevano essere disattese e, conseguentemente, non vincolavano il contenuto delle deliberazioni n. 49/12, 49/11 e 49/10 del 9 ottobre 2018 e dei relativi D.P.R.S.. La volonta' dispositiva della sentenza n. 87/2023 (cfr. pagg. 7 ss. doc. n. 2) di disapplicare e/o sostanzialmente annullare unitamente alle deliberazioni di giunta impugnate le leggi regionali n. 17/2000 e 19/2006 puo' facilmente rilevarsi dalla sintassi utilizzata dal Tribunale delle Acque nella parte motiva della decisione: «Le deliberazioni regionali impugnate hanno accertato il subentro di Enas nella titolarita' delle concessioni Enel in forza degli articoli 11, 30 legge regionale 6 dicembre 2006 n. 19 (Disposizioni in materia di risorse idriche e bacini idrografici) e 16 legge regionale n. 17/2000, disponendo, conseguentemente il trasferimento degli impianti. L'art. 11 legge regionale n. 19/2006 (intitolato «Disposizioni concernenti l'utilizzazione delle risorse idriche») prevede «il subentro della Regione nella titolarita' di tutte le concessioni di acqua pubblica, o dei titoli a derivare comunque denominati in corso in capo ad enti pubblici o partecipazione pubblica che utilizzino o prevedano l'utilizzo delle infrastrutture inserite nel sistema idrico multisettoriale regionale ...». A sua volta l'art. 30 legge regionale cit. (intitolato «Trasferimento di gestione»), oltre ad estendere la platea dei soggetti titolari delle concessioni - non piu' circoscritta agli enti pubblici o a partecipazione pubblica - dispone che coloro i quali «alla data di entrata in vigore della presente legge gestiscono singoli impianti del sistema idrico multisettoriale regionale cessano nell'attivita' di gestione a decorrere dall'effettiva operativita' del nuovo soggetto gestore delle opere rientranti nel sistema idrico multisettoriale regionale». Nel continuum normativo volto al trasferimento della gestione ad Enas delle opere relative alle concessioni, l'art. 16 legge regionale n. 17/2000 ha previsto che «Le concessioni di derivazione idrica in essere, comprese quelle di grande derivazione idroelettrica, che alla data di entrata in vigore della presente legge risultano operanti da piu' di trent'anni, comunque sia stata definita o ridefinita la scadenza originaria, possono essere esercitate fino alla data di un anno successivo all'entrata in vigore della presente legge e rideterminate sola in seguito alla verifica, da parte dell'autorita' concedente». 6.2 Quest'ultima norma - va sottolineato -, inserita «incidentalmente» nella legge finanziaria omnibus della Regione, per la prima volta, prende in considerazione le concessioni di grande derivazione operanti da piu' di trent'anni in Regione, decretandone la decadenza decorso un anno dall'entrata in vigore della norma.». Il Giudice delle acque, nel riportato paragrafo della sentenza, ha ricostruito il quadro normativo della Regione Sardegna sulle concessioni di grande derivazione idroelettrica - tra le quali ha chiaramente contemplato quelle in gestione all'ENEL, oggetto delle delibere di Giunta impugnate dinanzi al TSAP -, rilevando come sia la stessa legge regionale a prevedere che a decorrere dall'effettiva operativita' del nuovo soggetto gestore delle opere rientranti nel sistema idrico multisettoriale regionale i precedenti gestori dei singoli impianti del sistema idrico multisettoriale regionale cessano nell'attivita' di gestione. L'art. 30 legge regionale n. 19/2006, sulla base dell'interpretazione del TSAP, ha chiaramente trasferito ad ENAS la gestione delle opere relative alle concessioni, concludendo quell'acquisizione gia' intrapresa con la legge regionale n. 17/2000: «Nel continuum normativo volto al trasferimento della gestione ad Enas delle opere relative alle concessioni». Nel prosieguo della sentenza, il Tribunale delle acque, ha, poi, rilevato che «6.3 Sul piano classificatorio delle fonti normative, la norma - con contenuto particolare e concreto, diretta ai titolari delle concessioni di grande derivazione ed avente lo scopo di completare il sistema idrico multisettoriale regionale va qualificata come legge o norma provvedimento (cfr., fra le tante, con specifico riguardo ai parametri richiamati, Corte costituzionale, numeri 154 del 2013, 137 del 2009 e numeri 20 del 2012, 270 del 2010). Ed, in quanto carente dei requisiti tipici della generalita' ed innovativita', la norma ha carattere di legge solo in senso formale. La conclusione attinta sul piano teorico trova riscontro su quello pragmatico-empirico. Ciascuna delle deliberazioni della Giunta regionale impugnate espressamente (cfr. pagg. 3 e 4 paragrafo b) s'e' assunta il compito: «di accertare in base all'art. 16 della legge regionale n. 17/2000 e all'art. 25 del regio decreto 1775/1933 l'intervenuta scadenza in data 9.09.2021 del termine della concessione» di grande derivazione Enel. Sicche', sull'implicito presupposto che l'effetto giuridico e' stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale; l'atto amministrativo (recte: la singola deliberazione della Giunta) s'e' limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis, delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel, per la prima volta - va sottolineato - nominativamente indicata come destinataria della norma di legge. 6.4 In definitiva, Enel, titolare delle concessioni di grande derivazione prorogate al 31 marzo 2029, e' stata coinvolta formalmente, quale mera destinataria finale) nel procedimento solo «a giochi fatti», al momento dell'adozione dell'atto conclusivo del procedimento stesso.». Dalle riportate motivazioni della sentenza, si puo' percepire la grave violazione delle attribuzioni legislative statutariamente assegnate alla Regione Sardegna e la conseguenze grave illegittimita' ed eccesso di potere giurisdizionale in cui e' incorso il TSAP, nella misura in cui, per un verso, ha chiaramente compresso le potesta' legislative della ricorrente e, per altro verso, si e' sostituito a codesta Ecc.ma Corte costituzionale nel deliberatamente disporre di non applicare una norma in vigore per quanto la stessa mai sia stata dichiarata illegittima. Il TSAP annulla le deliberazioni della Giunta regionale sarda n. 49/12, 49/10, 49/11 del 9 ottobre 2018 e i decreti del Presidente della Regione n. 104, 102 e 103 del 20 novembre 2018, sebbene, come si legge in sentenza, l'organo esecutivo regionale «s'e' limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis, delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel». Il motivo inerente alla violazione dell'art. 7 della legge n. 241/1990 viene accolto dal Tribunale delle acque, sulla base dell'assunto che le leggi regionali, avendo natura di leggi provvedimento, possono essere disattese e, conseguentemente, non hanno carattere vincolante sul contenuto dei provvedimenti impugnati. Nel prosieguo della sentenza n. 87/2023 e' ulteriormente rilevabile l'abuso di potere, la violazione di legge ed il conflitto di attribuzioni in cui incorre il Tribunale delle Acque: «7.2 Assume rilievo paradigmatico l'orientamento recente della Corte costituzionale che, pur senza mettere in discussione il tema della «riserva di amministrazione» nel nostro ordinamento, ha valorizzato le modalita' dell'azione amministrativa e dei suoi pregi, precisando che «esse non possono rimanere confinate nella sfera dei dati di fatto, ma devono poter emergere a livello giuridico-formale, quale limite intrinseco alla scelta legislativa regionale» cfr., da ultimo Corte costituzionale n. 116 del 2020). Si ribadisce che il procedimento amministrativo costituisce il luogo elettivo di composizione degli interessi, in quanto «[e'] nella sede procedimentale [...] che puo' deve avvenire la valutazione sincronica degli interessi pubblici coinvolti e meritevoli di tutela, a confronto sia con l'interesse del soggetto privato operatore economico, sia ancora (e non da ultimo) con ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita', e che trovano nei principi costituzionali la loro previsione e tutela». 7.3 L'orientamento piu' recente del giudice delle leggi - sebbene mosso dall'esigenza di estendere lo scrutinio di legittimita' costituzionale delle leggi c.d. provvedimento - valorizza assiologicamente il ruolo svolto dal procedimento amministrativo nell'amministrazione partecipativa disegnata dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, quale limite intrinseco alla scelta legislativa sottesa all'adozione di leggi e norme provvedimento. 7.4 Limite che nel caso in esame la Regione resistente non ha osservato. ... 7.5 Conclusivamente sul punto, la decadenza delle concessioni di grande derivazione disposta ex lege dall'art. 16 legge regionale n. 17/2000, lungi da escludere ipso facto le garanzie presidiate dal procedimento amministrativo - secondo il recente orientamento della Corte costituzionale sostanzialmente condiviso dal TSAP con le sentenze richiamate - avrebbe dovuto essere preceduta dalla partecipazione al procedimento della societa' concessionaria». L'organo giudicante, pur essendosi avveduto che l'effetto giuridico dei provvedimenti impugnati e' stato prodotto direttamente dalla norma di legge regionale, e conseguentemente il contenuto dispositivo degli stessi non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, al fine di accogliere «il secondo motivo di impugnazione» dei ricorsi introduttivi numeri 182, 183, 184 del 2018 «denunciante la violazione dell'art. 7 legge n. 241/90.», valuta [«la norma - con contenuto particolare e concreto, diretta ai titolari delle concessioni di grande derivazione ed avente lo scopo di completare il sistema idrico multisettoriale regionale ...» e la giudica «in quanto carente dei requisiti tipici della generalita' ed innovativita', la norma ha carattere di legge solo in senso formale»] la legittimita' costituzionale delle leggi regionali che vincolano il contenuto degli atti impugnati e qualificandole quali leggi provvedimento, sostanzialmente ne annulla gli effetti vincolanti [estendendo lo scrutinio di legittimita' costituzionale delle leggi c.d. provvedimento e ritenendo di poter statuire il limite intrinseco alla scelta legislativa regionale alla pari della Corte costituzionale] e, conseguentemente, fa venire meno la preclusione di annullamento degli atti impugnati ai sensi dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990 [in considerazione del fatto che detto limite intrinseco alla scelta legislativa, nel caso in esame, la Regione resistente - rectius il Consiglio regionale sardo - non ha osservato]. In detto contesto normativo, in ragione del contenuto delle leggi regionali - puntualmente richiamate in sentenza - e degli atti ricognitivi in commento, il TSAP non avrebbe potuto dichiarare l'illegittimita' delle deliberazioni della Giunta regionale Sarda, se prima, e dunque a monte, la Corte costituzionale non avesse preventivamente accolto la questione di presunta illegittima costituzionale delle leggi regionali. Il TSAP annulla le deliberazioni della Giunta regionale sarda numeri 49/12, 49/10, 49/11 del 9 ottobre 2018 e i decreti del Presidente della Regione numeri 104, 102 e 103 del 20 novembre 2018, sebbene, lo si ribadisce, l'organo esecutivo regionale «s'e' limitato/a, in via ricognitiva, a dichiarare la decadenza o scadenza, ope legis, delle concessioni di grandi derivazioni in capo ad Enel». Ebbene, qualunque Giudice puo' ritenere che una legge statale o regionale non abbia i requisiti tipici delle leggi e/o che sia in contrasto con i dettami costituzionali e/o che sia irragionevole, nondimeno a quel Giudice, come anche al Tribunale superiore delle acque pubbliche, e' precluso di pronunciarsi sulla legittimita' costituzionale delle norme come pure gli e' precluso statuire sui limiti di scelta imposti all'organo legislativo trattandosi di facolta', poteri ed attribuzioni rimesse in via esclusiva solo ed esclusivamente a codesta Ecc.ma Corte. Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, e su questo si fonda la principale censura oggetto del presente ricorso, invece di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dinanzi codesta Ecc.ma Corte costituzionale, ha affermato esplicitamente il proprio potere di statuire la natura provvedimentale delle leggi regionali e, conseguentemente, di disapplicarle, e sostanzialmente annullarle, considerandole alla stregua di un mero atto amministrativo le cui scelte, del Consiglio della Regione Sardegna, debbano essere partecipate ai sensi dell'art. 7 della legge n. 241/1990. Nel fare questo, il Tribunale superiore delle acque pubbliche ha palesemente abusato dei poteri che la Costituzione gli attribuisce, divenendo giudice della legge regionale in patente violazione dei valori costituzionali sanciti dagli articoli 101 e 134 della Costituzione, e interferendo, cosi' facendo, nelle funzioni legislative attribuite alla Regione Sardegna dalla Costituzione e dallo Statuto Speciale approvato con legge costituzionale. La Regione autonoma della Sardegna, nel rilevare, all'atto della conoscenza delle motivazioni, in data 26 giugno 2023, che la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche n. 87/2023, pronunciata nella Camera di consiglio del 1° marzo 2023 e pubblicata il 12 maggio 2023, costituisce atto dello Stato che interferisce nella sfera di competenza assegnata dalla Costituzione e dallo Statuto Speciale per la Regione autonoma della Sardegna, solleva il presente conflitto di attribuzioni per le seguenti ragioni di Diritto Violazione degli articoli 116, 117, primo comma, 101 e 134 della Costituzione; Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3, comma 1, lettera l) dello Statuto Speciale per la Sardegna approvato con legge costituzionale n. 3 del 26 febbraio 1946. Dalle riportate motivazioni della sentenza n. 87/2023, e' immediatamente percepibile il carattere invasivo e costituzionalmente lesivo delle statuizioni del Tribunale delle Acque nella parte in cui si dilunga a valutare e giudicare la natura provvedimentale delle leggi regionali; come pure e' platealmente percettibile la lesione delle potesta' legislative della Regione nella parte in cui si attribuisce la competenza a sindacare i limiti alle scelte legislative. Le stesse sentenze della Corte costituzionale, citate nella pronuncia oggetto di ricorso, decretano in modo costante che le leggi provvedimento sono «disposizioni che hanno contenuto particolare e concreto ... esse devono per soggiacere ad un rigoroso scrutinio di legittimita' costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 182 del 2017, n. 85 del 2013 e n. 20 del 2012). La loro legittimita' costituzionale «deve essere "valutata in relazione al loro specifico contenuto" (sentenze n. 275 del 2013, n. 154 del 2013 e n. 270 del 2010), "essenzialmente sotto i profili della non arbitrarieta' e della non irragionevolezza della scelta del legislatore (sentenza n. 288 del 2008)"» (sentenza n. 181 del 2019).» (Corte Cost. sentenza n. 116/2020; evidenziazioni della scrivente; conforme anche sentenza n. 186 del 25 luglio 2022). E' evidente che il Giudice delle acque ha omesso di effettuare le richiamate valutazioni e di devolverle all'organo competente a deciderle, ovvero la Corte costituzionale, arrogandosi la competenza a valutare, [peraltro errando, che la legge regionale n. 17/2000, art. 16, - «con contenuto particolare e concreto, diretta ai titolari delle concessioni di grande derivazione ed avente lo scopo di completare il sistema idrico multisettoriale regionale»] e giudicare [«qualificandola ta come legge o norma provvedimento (cfr., fra le tante, con specifico riguardo ai parametri richiamati, Corte costituzionale, numeri 154 del 2013, 137 del 2009 e numeri 20 del 2012, 270 del 2010)] la legittimita' delle leggi e i limiti a cui il legislatore regionale deve sottostare. La legge in argomento, peraltro, e' pienamente in vigore e produttiva di effetti ormai da quasi venti anni a dimostrazione della piena e pacifica efficacia che la stessa ha avuto ed ha su tutte le concessioni del distretto idrografico della Sardegna. Cosi' disponendo, il TSAP e la sentenza impugnata interferiscono nella sfera costituzionalmente garantita alle Regioni di poter adottare atti normativi pienamente equiparati, quanto agli effetti, a quelli statali nel regime tipico del «valore di legge». Peculiarita', questa, da cui discende che solo la Corte costituzionale ha la sindacabilita' degli atti aventi «valore di legge» e non anche gli altri giudici, i quali dispongono del mero potere di provocare il giudizio della medesima Corte ai sensi dell'art. 101 della Costituzione che vincola il giudizio del giudice alla legge e dell'art. 134 della Costituzione che riserva unicamente a codesta Ecc.ma Corte il giudizio sulla legittimita' costituzionale «delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni». Sindacabilita' attribuita dalla Costituzione alla Corte costituzionale proprio quale ulteriore forma di tutela delle garanzie costituzionali riconosciute alle Regioni, che, nel caso della Regione Sardegna, in base all'art. 116 della Costituzione, sono ampliate «da forme e condizioni particolari di autonomia» previste dagli statuti speciali adottati con legge costituzionale. Invero, il Tribunale delle Acque, nel ritenere di potere disapplicare le leggi regionali alla stregua di meri atti amministrativi, non solo si spinge ad affermare che la Regione Sardegna non ha rispettato i limiti a cui il legislatore regionale deve sottostare, ma asserisce che le materie trattate con le ritenute leggi provvedimento si sarebbero dovute dibattere «in seno al procedimento amministrativo, nel contraddittorio delle parti» al fine di «stabilire l'effettivo ambito d'applicazione della disciplina regionale; in che misura si giustificasse l'immediato inserimento delle concessioni di grande derivazione gestite da Enel nell'elenco delle opere del Sistema idrico multisettoriale regionale; se non fosse opportuno graduare nel tempo, di comune accordo, il progressiva subentro di Enas nell'asset produttivo di Enel.». La statuizione, oltre a equiparare le leggi della regione a meri atti amministrativi, sostiene che la Regione Sardegna non possa disporre su materia per cui lo Statuto speciale gli riconosce potesta' legislativa primaria. Lo Statuto Speciale per la Sardegna, approvato con legge Cost. n. 3/1948, infatti, dispone che «La Regione, nell'ambito del suo territorio» e' subentrata «nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura ... demaniali, escluso il demanio marittimo» e che «In armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» esercita potesta' legislativa nella materia «... l) esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche» (artt. 14, comma 1, 3 lett. l). L'effetto, dunque, e' quello della sostanziale «non applicazione» di una legge regionale nonostante la stessa sia palesemente in vigore e mai sia stata dichiarata illegittima da codesta Ecc.ma Corte. Aggiungasi che l'affermazione per cui la Regione, nell'esercizio del potere legislativo riconosciutogli dalla Costituzione e dalla Statuto, rivenga limiti di scelta sull'esercizio dei diritti demaniali sulle acque pubbliche, non previsti dalla Costituzione, dall'ordinamento della Repubblica e dagli obblighi internazionali, palesa un'ulteriore lesione della sfera di competenza costituzionale attribuita alla Regione. La sentenza qui impugnata e' lesiva dell'autonomia costituzionale delle regioni, ed in particolare della Regione Sardegna ricorrente, costituendo un vero e proprio illegittimo abuso del potere giurisdizionale, esercitato indebitamente nei confronti della legge regionale e pienamente sindacabile da codesta Ecc.ma Corte costituzionale. Nel caso in esame, infatti, non si censura un error in iudicando, non idoneo a costituire materia di conflitto di attribuzione. L'errore di cui si discute consiste nell'incomprensibile convincimento del Tribunale superiore delle acque pubbliche di avere competenza ad esercitare un potere che non gli compete, errore che e' caduto sui confini stessi della giurisdizione e non sul concreto esercizio di essa. Ed e' proprio l'esercizio di tale potere di disapplicazione delle leggi che costituisce l'oggetto del presente conflitto. Ne' puo' esservi dubbio che la prospettata disapplicazione di leggi regionali, sia sotto il profilo di una loro equiparazione ad atti amministrativi, sia in quanto ritenute costituzionalmente illegittime, violi le richiamate norme costituzionali e incida, in particolare, sulla competenza legislativa garantita alla Regioni dall'art. 117, primo comma, oltre che sulla speciale autonomia riconosciuta alla regione ricorrente dall'art. 116 della Costituzione. Codesta Ecc.ma Corte ha, peraltro, statuito che non rileva la circostanza che «gli effetti della sentenza sarebbero limitati all'oggetto del giudizio, cosi' che la legge regionale continuerebbe integra a spiegare la sua efficacia in via generale: l'efficacia della legge sta proprio nell'obbligo del giudice di applicarla nel caso concreto che gli e' sottoposto. La disapplicazione della legge anche in un solo caso - come esattamente osserva la difesa della Regione - viene a negarne la intrinseca natura, e costituisce pertanto una lesione del potere legislativo regionale.» (sent. 285/1990). Non solo. La giurisprudenza costituzionale ha statuito che non e' rilevante che l'atto lesivo abbia carattere definitivo nell'ordinamento giuridico, sostenendo che «"costituisce atto idoneo ad innescare un conflitto intersoggettivo di attribuzione qualsiasi comportamento significante, imputabile allo Stato o alla Regione, che sia dotato di efficacia e rilevanza esterna e che - anche se preparatorio o non definitivo - sia comunque diretto "ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza, il cui svolgimento possa determinare una invasione nella altrui sfera di attribuzioni o, comunque, una menomazione altrettanto attuale delle possibilita' di esercizio della medesima"" (sentenza n. 332 del 2011; nello stesso senso, sentenze n. 382 del 2006, n. 211 del 1994 e n. 771 del 1988). In disparte la possibilita' che l'atto oggetto del conflitto possa essere altresi' impugnato in sede giurisdizionale, quel che rileva e', dunque, il tono costituzionale del conflitto stesso, il quale sussiste quando il ricorrente non lamenti una lesione qualsiasi, ma una lesione delle proprie attribuzioni costituzionali (ex plurimis, sentenze n. 28 del 2018, n. 87 del 2015 e n. 52 del 2013). Quando, in particolare, oggetto di ricorso siano sentenze o altri atti giurisdizionali, il conflitto intersoggettivo e' costantemente ritenuto ammissibile, in presenza delle anzidette condizioni, anche laddove l'atto sia non definitivo e altresi' contestualmente impugnato in sede giurisdizionale (di recente, sentenze n. 259 e n. 57 del 2019, n. 2 del 2018 e n. 260 del 2016)» (sentenza n. 22/2020). Nel caso in esame, i giudici del Tribunale superiore delle acque pubbliche non si sono limitati ad esercitare il loro potere di verificare quale legge dovessero applicare nel caso concreto e di interpretare la legge stessa, bensi' hanno arbitrariamente e deliberatamente deciso di «non applicare» le leggi regionali poiche' giudicate leggi provvedimento con cui il legislatore regionale avrebbe oltrepassato il limite intrinseco alla scelta legislativa, con evidente violazione degli articoli 101, 116, 117 e 134 della Costituzione. (1) Iscritti al ruolo generale del TSAP con i numeri 182/2018 per la DGR 49/12 e consecutivo D.P.R.S. n. 104; 183/2018 per la DGR 49/11 e conseguente D.P.R.S. n. 103; 184/2018 per la DGR 49/10 e conseguente D.P.R.S. n. 102; riuniti ai fini della decisione.