TRIBUNALE ORDINARIO DI VERONA Prima sezione civile Il giudice dott. Massimo Vaccari Ha pronunciato la seguente ordinanza ex art. 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n. 87. Nella causa tra Lucrezia Venturi con l'avv. Adami Paola contro Affi Kart Indoor Soc. sportiva con l'avv. Tedeschi Riccardo. 1. L'oggetto del contendere Con atto di citazione notificato in data 6 giugno 2023 Lucrezia Venturi ha convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale la Affi Kart Indoor, Societa' Sportiva Dilettantistica S.r.l. per sentirla condannare al pagamento in proprio favore della somma di euro 41.329,25, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data del sinistro al saldo, oltre alle spese sostenute per euro 590,37, a titolo di risarcimento dei danni patiti il 2 febbraio 2020, allorquando, dopo aver noleggiato un go-kart presso il kartodromo gestito dalla convenuta, era andata a sbattere contro le barriere interne di delimitazione del tracciato riportando le lesioni meglio descritte in atto di citazione. L'attrice, sulla scorta della narrativa in punto di fatto di cui all'atto di citazione, ha individuato il fondamento della responsabilita' della convenuta negli artt. 2050 e 2051 codice civile, e in subordine nell'art. 1218 codice civile. La convenuta, nel costituirsi in giudizio, con comparsa depositata il 7 settembre 2023, ha contestato sia l'an che il quantum della pretesa avversaria. In particolare, con riguardo al primo profilo, ha sostenuto che nessuna responsabilita' poteva esserle ascritta per quanto accaduto all'attrice nelle summenzionate circostanze atteso che: ogni fruitore dei servizi forniti dal kartodromo deve essere munita di tessera associativa al kartodromo medesimo in corso di validita' che si consegue attraverso la sottoscrizione del modulo di tesseramento che, nel caso di specie, essendo Lucrezia minorenne al momento dei fatti, e' stato regolarmente sottoscritto da Nidini Ornella (doc. 2), qualificatasi come esercente la potesta' genitoriale sulla minore. con la richiesta di tesseramento, i clienti del kartodromo, dichiarando «di essere per conoscenza ed accettare i rischi che comporta l'attivita' sportiva amatoriale alla quale intendono partecipare, in quanto svolta mediante mezzi meccanici che comportano, anche se in presenza del pieno di integrale rispetto del regolamento, il rischio di incidenti potenzialmente causa di lesioni personali» (cfr doc. 2, n. 5, della convenuta), si impegnano espressamente «a sollevare altresi' Affi Kart Indoor S.S.D. a r.l. da ogni responsabilita', obbligo o risarcimento o versamento di indennita' nei propri confronti, ovvero verso i propri successori o avanti causa, per ogni e qualsiasi conseguenza fisica e/o materiale derivante a persone o beni nello svolgimento delle attivita' sportive svolte mediante l'uso delle strutture in uso a Affi Kart Indoor S.S.D. a r.l.» (cfr doc. 2, lett. c); al momento dell'iscrizione viene altresi' rilasciata una tessera dell'ente di promozione sportiva (ASI) che include una assicurazione contratta con Unipolsai, proprio a tutela dei danni patiti nel corso delle attivita' svolte nel kartodromo cosicche' unico soggetto nei confronti del quale l'attrice dovrebbe avanzare eventuali pretese e' la predetta assicurazione. 2. L'applicabilita' del decreto legislativo n. 149/2022, le verifiche di cui all'art. 171-bis codice di procedura civile e la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale Il presente giudizio pacificamente e' stato promosso dopo il 28 febbraio 2023, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 10 ottobre 2022, n. 149, con il quale e' stata data attuazione alla legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche' in materia di esecuzione forzata. Infatti, l'atto di citazione e' stato notificato, via pec, alla convenuta il 6 giugno 2023 e risulta redatto in conformita' al disposto dell'art. 163 codice di procedura civile, come modificato dall'art. 3 del succitato decreto. Ora, atteso che il convenuto si e' costituito in giudizio tempestivamente, questo giudice e' chiamato ad effettuare le verifiche preliminari di cui all'art. 171-bis codice di procedura civile, che stabilisce che: «Scaduto il termine di cui all'articolo 166, il giudice istruttore, entro i successivi quindici giorni, verificata d'ufficio la regolarita' del contraddittorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimenti previsti dagli articoli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle parti le questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilita' della domanda e alla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato. Tali questioni sono trattate dalle parti nelle memorie integrative di cui all'articolo 171-ter. Quando pronuncia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'articolo 171-ter. Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall'articolo 171-ter. Il decreto e' comunicato alle parti costituite a cura della cancelleria.» Tale norma costituisce una delle modifiche piu' rilevanti al processo di cognizione di primo grado apportate dal decreto legislativo n. 149/2022, come evidenzia anche la relazione illustrativa al decreto che, a proposito di essa, osserva: «L'articolo 171-bis codice di procedura civile rappresenta una norma quadro nel quadro della nuova fase introduttiva, e disciplina le verifiche preliminari che il giudice e' chiamato a fare prima dell'udienza. Invero, in un sistema che aspira a realizzare il canone della concentrazione, e per il quale dunque, salvi i rari casi di chiamata del terzo da parte dell'attore, all'udienza la causa deve tendenzialmente sempre giungere con il perimetro del thema decidendum e del thema probandum gia' definito, cosi' da consentire al giudice di poter valutare al meglio quale direzione imprimere al processo (effettuare il tentativo di conciliazione, disporre il mutamento nel rito semplificato, ammettere le prove e procedere alla relativa assunzione), non era possibile immaginare che il giudice fosse chiamato a compiere tutte le verifiche preliminari di sua competenza all'udienza stessa.» La previsione in esame ha quindi anticipato le verifiche su una serie di presupposti processuali, che, nel rito previgente, avvenivano, ai sensi dell'art. 183 codice di procedura civile, per la prima volta all'udienza di prima comparizione delle parti, ad un arco temporale di quindici giorni decorrente dalla scadenza del termine per la costituzione in giudizio del convenuto. La scelta muove dal presupposto che tale anticipazione consentirebbe di giungere all'udienza di comparizione delle parti dopo aver, da un lato, sanato eventuali difetti del contraddittorio o di rappresentanza e vizi di nullita' degli atti introduttivi e, dell'altro, inquadrato altre questioni processuali idonee ad influire sull'iter del giudizio. Si noti che l'uso del tempo indicativo presente induce a ritenere che l'adempimento da parte del giudice sia obbligatorio e, del resto, se cosi' non fosse, il differimento di esso all'esito dell'udienza di comparizione delle parti esporrebbe queste ultime ad una attivita' sicuramente impegnativa e dispendiosa, quale il deposito delle memorie ex art. 171-ter codice di procedura civile, che potrebbe risultare inutile qualora il giudice adottasse solo allora uno dei provvedimenti previsti di cui all'art. 171-bis, primo comma, primo periodo, codice di procedura civile. Ora, nel caso di specie il tipo di controversia e le allegazioni delle parti sollecitano a questo giudice almeno due delle verifiche richieste dall'art. 171-bis codice di procedura civile. Infatti l'assunto della convenuta secondo cui l'unico soggetto nei confronti del quale dovrebbe essere indirizzata la pretesa risarcitoria dell'attrice e' un terzo, Unipol Sai, giustificherebbe, gia' in questa fase, l'applicazione dell'art. 107 codice di procedura civile. Esso si fonda infatti sulla circostanza che dal modulo, prodotto come doc. 2 dalla attrice e sottoscritto da sua madre, atteso che ella all'epoca del fatto era minorenne, risulta che quest'ultima, prima di iniziare l'attivita' nella quale si era infortunata, era stata iscritta all'Asi e che questa godeva di una copertura assicurativa contro gli infortuni che gli associati avessero subito durante l'attivita'. La causa secondo la valutazione altamente discrezionale che compete a questo giudice, ai sensi dell'art. 107 codice di procedura civile, risulta comune al predetto soggetto. Inoltre, risulta fin d'ora evidente che la domanda attorea, avente ad oggetto la condanna della convenuta al pagamento di una somma inferiore ad euro 50.000,00, e' soggetta, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 132/2014, a negoziazione assistita, che non e' stata esperita non potendo considerarsi ad essa equipollente la mediazione facoltativa esperita dall'attrice prima del giudizio secondo quanto dalla stessa dedotto in atto di citazione. Pertanto, in applicazione dell'art. 171-bis, primo codice di procedura civile, questo giudice dovrebbe fissare una nuova udienza di comparizione delle parti per consentire l'integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo e, al contempo, ai sensi del secondo comma, dovrebbe sottoporre alle parti la questione relativa al mancato assolvimento della condizione di procedibilita'. Ad avviso di questo giudice pero' la norma di nuovo conio, che si dovrebbe applicare, presenta plurimi profili di incostituzionalita'. 3. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 171-bis codice di procedura civile per suo contrasto con la legge delega La norma risulta innanzitutto in contrasto con la legge delega e viola quindi i principii di cui agli artt. 76 e 77 Costituzione. Prima di illustrare come si giunga ad una simile conclusione e' opportuno rammentare che la verifica di conformita' delle scelte effettuate del decreto legislativo delegato alla legge delega deve avvenire sulla base delle indicazioni che la Corte Costituzionale ha fornito in una serie di pronunce che costituiscono ormai un orientamento consolidato. Il giudice delle leggi ha infatti ribadito in piu' occasioni che, ai fini della predetta verifica, deve essere innanzitutto identificato il contenuto della delega, tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale essa si inserisce al pari dei relativi principi e criteri direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, che costituiscono non solo base e limite delle norme delegate, ma anche strumenti per l'interpretazione della loro portata. In particolare e' stato affermato che «il giudizio di conformita' della norma delegata alla norma delegante, condotto alla stregua dell'art. 76 Costituzione, si esplica attraverso il confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli: l'uno relativo alla norme che determinano l'oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e individuando le ragioni e le finalita' poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro relativo alle norme poste dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e criteri direttivi della delega» (ex plurimis sentenze n. 7 e n. 15 del 1999, n. 276, n. 163, n. 126, n. 425, n. 503 del 2000, n. 54 e n. 170 del 2007). Ancora, la delega legislativa non esclude ogni discrezionalita' del legislatore delegato, che puo' essere piu' o meno ampia, in relazione al grado di specificita' dei criteri fissati nella legge delega: pertanto, per valutare se il legislatore abbia ecceduto tali margini di discrezionalita', occorre individuare la ratio della delega, per verificare se la norma delegata sia con questa coerente (ex plurimis: sentenze n. 230 del 2010, n. 98 del 2008, nn. 340 e 170 del 2007, e, piu' recentemente, sentenza 24 ottobre - 6 dicembre 2012, n. 272). In tale prospettiva la Corte ha anche indicato dei precisi canoni ermeneutici dei principi e dei criteri direttivi della legge di delegazione affermando che essi «devono essere interpretati sia tenendo conto delle finalita' ispiratrici della delega, sia verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della stessa legge delega» (sentenza n. 341 del 2007, ordinanza n. 228 del 2005). Ora, applicando i sopra riferiti criteri ermeneutici al caso di specie e' opportuno innanzitutto evidenziare che la legge delega (legge 26 novembre 2021, n. 206), pur contenendo, all'art. 1, comma 5, lett. i), alcuni principi molto dettagliati relativi alla fase di trattazione, non prevede pero' un intervento anticipato del giudice prima dell'udienza di comparizione delle parti. Al contempo i principii di cui all'articolo 1, comma 5, lett. da c) a g), che disciplinano il contenuto degli atti di parte e i termini del loro deposito non indicano tra i contenuti delle memorie delle parti, successive agli atti introduttivi, anche la trattazione delle questioni rilevate d'ufficio dal giudice. Nella legge 206/2021 i due regimi (quello della fase di trattazione e quello delle attivita' delle parti) risultano quindi tra loro coerenti tanto piu' che l'art. 1, comma 5, lett. i), stabilisce che le disposizioni sulla trattazione devono essere adeguate proprio alle condizioni di cui alle lettera f) e g), che disciplinano dettagliatamente, come detto, il contenuto delle memorie delle parti e i termini per il loro deposito. Sulla scorta di tali dati normativi, invero inequivoci, puo' affermarsi che la legge delega non aveva contemplato minimamente una fase, antecedente all'udienza di prima comparizione delle parti, deputata alle verifiche preliminari, alla quale invece il decreto legislativo n. attribuisce il rilievo di cui si e' detto, dedicandovi una disciplina alquanto articolata e differenziata a seconda della diversa tipologia di questioni rilevabili d'ufficio, con quel che si dira' piu' avanti della incomparibilita' di tale scelta con il parametro dell'art. 3 Costituzione. E sarebbe oltremodo singolare che la legge 206/2021, che pure, come si e' visto, ha dedicato alla fase preliminare diversi principi di dettaglio avesse trascurato un momento processuale cosi' rilevante. Tale ricostruzione trova conferma anche in alcuni passaggi dei lavori preparatori relativi alla legge delega. Infatti nel dossier del servizio studi di Camera e Senato del 18 ottobre 2021 si legge che: «Il comma 5 dell'art. 1 (sott. della legge 206/2021) contiene i principi per la revisione della disciplina del processo di cognizione di primo grado dinanzi al tribunale in composizione monocratica. In sintesi, il Governo, nell'attuazione della delega, dovra': assicurare la semplicita', la concentrazione e l'effettivita' della tutela e la ragionevole durata del processo (il riferimento e' ai criteri menzionati nella lett. a); modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto dell'atto di citazione e della comparsa di risposta e valorizzare le fasi anteriori alla prima udienza al fine di definire il quadro delle rispettive pretese e dei mezzi di prova richiesti; (il riferimento e' ai criteri menzionati nelle lett. da b) ad h); valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l'assunzione delle prove entro 90 giorni» (il riferimento e' ai criteri menzionati nella lett. i). Ancora, a proposito dei criteri di cui alla lett. i) il succitato dossier (pag. 35) osserva: «Si ricorda che la Commissione Luiso ha individuato nella valorizzazione della prima udienza di comparizione delle parti e di trattazione della causa, tramite la riforma degli atti introduttivi, uno dei temi di maggior interesse della delega in esame. Secondo quanto rappresentato dalla relazione della Commissione, infatti, al momento di tale udienza spesso non sono definiti i termini della controversia. Conseguentemente, detta udienza si risolve, nella maggior parte dei casi, in una mera concessione dei termini perentori per il deposito di memorie, domande, eccezioni ed indicazioni di prove contrarie (di cui all'articolo 183, sesto comma, codice di procedura civile) accompagnata dal rinvio della causa ad una udienza di ammissione dei mezzi di prova. Tale udienza, prosegue la relazione, e' spesso fissata a distanza anche di diversi mesi. Tale situazione disincentiva le parti ad una effettiva ed informata partecipazione all'udienza ed il giudice ad un attento studio preliminare dei fascicoli. Peraltro, in mancanza di elementi definitori della causa, risulta piu' difficile la formulazione di proposte conciliative da parte del giudice (che possono essere formulate alla prima udienza ai sensi dell'art. 185-bis codice di procedura civile). A tale riguardo, v. infra lett. m). La modifica proposta mira quindi alla responsabilizzazione delle parti e a una riduzione dei tempi della causa in quanto si potra' evitare la fase della concessione degli ulteriori termini alla prima udienza, previsti dall'art. 183, sesto comma.» Da tale spiegazione si evince piuttosto chiaramente che la legge delega aveva si' inteso valorizzare la fase anteriore all'udienza di prima comparizione, anticipando ad essa la definizione di thema decidendum e di thema probandum, e con essa la sequenza delle memorie integrative ed istruttorie, che prima della riforma era invece successiva alla udienza di comparizione delle parti, ma aveva pur sempre concentrato in quella udienza tutte le attivita' del giudice istruttore, ricomprendendo peraltro in esse, oltre alle verifiche preliminari, che gia' il previgente art. 183 codice di procedura civile, al primo comma, collocava in quel momento, il tentativo di conciliazione e la decisione sulle istanze istruttorie, innovando il regime previgente solo con riguardo a quest'ultimo profilo (anche dopo la riforma il tentativo di conciliazione potrebbe essere esperito in una coda della udienza di prima comparizione). Il disposto dell'art. 171-bis codice di procedura civile, che ha anticipato le verifiche preliminari ad un momento antecedente all'udienza di prima comparizione e al di fuori di essa, risulta quindi gravemente distonico rispetto ad un simile assetto. Per attenersi ai criteri di verifica dell'eccesso di delega indicati dalla Corte Costituzionale occorre pero' anche verificare se esso sia invece coerente con i principi della legge delega, meno specifici di quelli sopra menzionati, in materia di processo di cognizione di primo grado. La relazione al decreto legislativo, come si e' detto sopra, afferma che l'art. 171-bis codice di procedura civile assicura la concentrazione dell'attivita' processuale e quindi attuerebbe uno dei criteri menzionati dall'art. 5, comma 1, lett. a) della legge delega. A ben vedere pero' tale spiegazione e' del tutto insoddisfacente. La norma infatti realizza una concentrazione dell'attivita' processuale solo nella prima parte del primo comma, laddove impone al giudice l'adozione, inaudita altera parte, di un decreto, integrativo del contraddittorio o di sanatoria di vizi degli atti introduttivi, a seguito di un rilievo che ha pur sempre carattere ufficioso come riconosce anche l'art. 182 codice di procedura civile. Deve infatti escludersi che, a fronte di tale rilievo, il giudice possa far interloquire le parti su di esso perche' tale possibilita' e' contemplata, dal secondo periodo del primo comma dell'art. 171-bis codice di procedura civile, solo per le questioni, rilevabili d'ufficio, non menzionate nella prima parte del primo comma (si pensi a quelle del difetto della condizione di procedibilita' o del difetto di giurisdizione o anche ad alcune questioni di merito). Deve parimenti escludersi che possa applicarsi il disposto dell'art. 101, comma 2, secondo periodo, aggiunto dal decreto legislativo n. 149/2022 poiche' esso prevede l'assegnazione alle parti di un termine minimo di venti giorni, incompatibile con quello quindicinale fissato dall'art. 171-bis, primo comma, primo periodo per la decisione del giudice. Ed allora la previsione si pone in radicale contrasto con gli altri criteri generali, menzionati sempre dall'art. 5, comma 1, della semplicita' e della effettivita' della tutela, che devono concorrere con quello della concentrazione. Essa collide poi, in modo ancor piu' evidente, con il principio del «rispetto della garanzia del contraddittorio» al quale l'art. 1, comma 1, della legge n. 206/2021, ha espressamente subordinato gli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile da realizzarsi con il decreto delegato. Infatti consente al giudice di provvedere senza aver permesso alle parti di prendere posizione sulla questione processuale rilevata, sebbene tale preventiva interlocuzione, potrebbe fornire al giudicante maggiori elementi di valutazione, inducendolo anche ad escludere, melius re perpensa, la sussistenza della questione ravvisata in prima battuta (nel caso di specie ad esempio l'attrice potrebbe smentire le circostanze dedotte dalla convenuta circa il ruolo avuto dal terzo da lei indicato nella vicenda per cui e' causa). Contrariamente a quanto ritenuto dal legislatore delegato quindi l'instaurazione del contraddittorio su tutte le questioni preliminari, nessuna esclusa, anziche' ritardare lo svolgimento del giudizio eviterebbe una sua dilazione. E' evidente peraltro, dopo quanto detto, che la seconda parte della norma non realizza nessuna concentrazione dell'attivita' processuale perche' differisce la decisione del giudice, che abbia indicato alle parti le (sott. altre) questioni rilevabili d'ufficio, all'udienza di prima comparizione, assicurando pero' cosi' il rispetto del principio del contraddittorio (la possibilita' o necessita' del rinvio della udienza di prima comparizione e' infatti riferibile solo ai provvedimenti adottati ai sensi della prima parte del primo comma). Si noti che la relazione al decreto legislativo n. 149/2022 non da' conto di tale evidente disparita' di regime ne' tantomeno di come essa si concili con l'affermazione che esso, complessivamente considerato, sarebbe conforme con il principio di concentrazione dell'attivita' processuale. 4. La non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 171-bis codice di procedura civile per suo contrasto con gli artt. 24 e 3 Costituzione. Alla luce delle considerazioni da ultimo svolte nel precedente paragrafo e' evidente come, a prescindere dalla sussistenza del prospettato contrasto della norma con i principii di cui agli artt. 76 e 77 Costituzione, essa confligga con i parametri degli artt. 3 e 24 Costituzione. Infatti consente la decisione del giudice, inaudita altera parte, per solo alcune questioni rilevabili d'ufficio, quelle che condizionano la stessa nascita del processo o la sua estensione soggettiva (cosi' il difetto di legittimazione, di capacita' di essere parte, o di interesse ad agire), mentre per tutte le altre, non espressamente menzionate, differisce la decisione alla udienza di prima comparizione con una scelta che risulta in contrasto con l'art. 3 Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza, sebbene tutte le questioni considerate siano accomunate dall'essere rilevabili d'ufficio, e che del resto non e' stata nemmeno spiegata dalla relazione al decreto legislativo n. 149/2022. Sul punto e' opportuno richiamare il consolidato indirizzo della Corte secondo cui spetta «al legislatore un'ampia potesta' discrezionale nella conformazione degli istituti processuali, col solo limite della non irrazionale predisposizione di strumenti di tutela, pur se tra loro differenziati» (cosi', sentenze n. 341 del 2006 e n. 207 del 2007). Si noti che nel regime ante riforma, nell'ambito del quale, come si e' detto, la verifica in esame avveniva per la prima volta all'udienza di prima comparizione, l'art. 183, comma 4, codice di procedura civile non operava distinzioni di sorta al riguardo poiche' prevedeva: «Il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione». Ora, la seconda parte di tale previsione sia stata mutuata dall'art. 171-bis, primo comma, secondo periodo, ed e' quindi riferibile alle sole questioni rilevabili d'ufficio in essa menzionate. L'art. 171-bis codice di procedura civile al contempo lede il principio del contraddittorio, sancito ora in termini generali dall'art. 101, comma 2, secondo periodo, come integrato dal decreto legislativo n. 149/2022, e da riferirsi anche alle decisioni interlocutorio che incidono sull'iter del giudizio, quale quella che e' chiamato ad adottare questo giudice e non solo a quelle che siano idonee a definirlo. Del resto gia' il disposto dell'art. 183, comma 4, codice di procedura civile ante riforma era stato interpretato dalla giurisprudenza di legittimita' come espressione del principio della «parita' delle armi» (si vedano al riguardo Cassazione civile sez. II, 9 maggio 2016, n. 9318 e Cass. del 7 novembre 2013, n. 25054) e come tale ritenuto estensibile anche alla decisione conclusiva del processo. Ed ora che quel principio, a seguito della novella 69/2029, e' stato elevato a principio informatore del processo civile dall'art. 101, comma 2, codice di procedura civile sarebbe oltremodo contraddittorio limitarne l'applicazione alla sola fase conclusiva del processo. Palese risulta quindi il contrasto della norma da applicarsi nel caso di specie anche con l'art. 24 Costituzione.