Ricorso ex art. 127, 2° comma, della Costituzione  della  Regione
Piemonte (cod. fisc. 80087670016), in persona  del  Presidente  della
Giunta regionale pro tempore on.le Alberto Cirio, con sede in Torino,
Piazza  Piemonte,  1,  rappresentata  e  difesa,   congiuntamente   e
disgiuntamente, come da delibera della Giunta regionale  n.  8  -7826
del 4 dicembre 2023 (doc. 1) e da procura in calce al presente  atto,
dagli avv.ti  prof.  Mario  Bertolissi  (c.f.  BRTMRA48T28L483I,  fax
049.8751541, pec: mario.bertolissi@ordineavvocatipadova.it) del  Foro
di  Padova  e  Marialaura  Piovano  dell'Avvocatura  regionale  (c.f.
PVNMLR62D57L219F,           fax           011.4324889,           pec:
marialaura.piovano@cert.regione.piemonte.it),  con  domicilio  fisico
eletto presso lo studio del primo in Padova, Via  Emanuele  Filiberto
di Savoia, n. 14, e  domicilio  digitale  eletto  presso  i  seguenti
indirizzi di posta elettronica certificata: 
        mario.bertolissi@ordineavvocatipadova.it 
        marialaura.piovano@cert.regione.piemonte.it 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello  Stato,  presso  i  cui
uffici e' domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
    per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
17, comma 1, del  decreto-legge  10  agosto  2023,  n.  104,  recante
«Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in materia di  attivita'
economiche e finanziarie e investimenti strategici», convertito,  con
modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136. 
 
                                Fatto 
 
    1. La questione, che viene ora sottoposta a codesta ecc.ma Corte,
si risolve nella sistemazione ordinata e nell'interpretazione  di  un
disposto  legislativo  -  si  tratta  dell'art.  17,  comma  1,   del
decreto-legge  n.  104/2023,  per  come  e'  stato  convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 136/2023 -, i cui caratteri  e  la  cui
rilevanza si possono percepire ove  si  delinei,  innanzi  tutto,  il
quadro normativo di riferimento. E' quello  magmatico  del  trasporto
pubblico locale (TPL), oggetto di particolare attenzione da parte del
Piano nazionale di ripresa  e  resilienza  (Pnrr),  che  l'Italia  e'
chiamata ad attuare con rigore. Operando scelte con esso coerenti. 
    Infatti,  il  Pnrr  -  alla  Missione  2:  «rivoluzione  verde  e
transizione ecologica»; sub M2C2.4 - «Sviluppare un trasporto  locale
piu' sostenibile» - indica una molteplicita' di  aree  di  intervento
(tra esse: Investimento 4.4: «Rinnovo flotte bus, treni verdi»), alle
quali le regioni debbono  prestare  attenzione  e  dedicare  risorse,
evitando di concentrare uno sforzo economico eccessivo,  ad  esempio,
sulle  agevolazioni  tariffarie  (per  studenti,   persone   anziane,
pensionati, nuclei familiari numerosi...). 
    Di tutto questo va tenuto conto all'atto di prendere in esame  il
caso, di cui qui ci si occupa. 
    2. Il Fondo per il concorso finanziario dello  Stato  agli  oneri
del trasporto pubblico locale, anche  ferroviario,  nelle  regioni  a
statuto ordinario (c.d. Fondo TPL) e' stato istituito dalla legge  di
stabilita' n. 228/2012 (art. 1, comma 301, che ha  sostituito  l'art.
16-bis del decreto-legge n. 95/2012). Tutto cio', dopo che, a partire
dal 1997, si erano succeduti numerosi provvedimenti di sostegno a  un
settore strutturalmente deficitario. Ma le radici del  fenomeno  sono
ancor piu' lontane. 
    La nuova disciplina - introdotta alla fine del 2012  -  e'  stata
applicata a partire dall'anno 2013 ed il  riparto  delle  risorse  e'
stato effettuato - secondo prassi consolidate, cui si ricorre tuttora
in numerosi ambiti (1)  - sulla base del criterio della spesa storica
(2) . Infatti, ad esso si e' ispirato il decreto del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 11 marzo 2013  e  quelli  successivi,  che  lo
hanno  parzialmente  modificato  (3)  .  Inutile  dire   che   questa
impostazione - che si e' fatta metodo  -  e'  incoerente  rispetto  a
numerosi, essenziali obiettivi: quali la necessita'  di  tener  conto
delle esigenze  dei  territori,  dell'innovazione  e  dell'efficienza
della spesa. 
    3. Anche allo scopo di porre rimedio a tali  storture  -  quindi,
nella prospettiva del superamento del criterio della spesa storica -,
e' intervenuto il legislatore nel 2017: appunto, con  l'art.  27  del
decreto-legge n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 96/2017 (4) . Nella circostanza, si e' sostituito, tra l'altro, il
meccanismo  di  quantificazione  del  Fondo,  variabile  (5)  ,   con
determinazioni fisse negli ammontari,  iscritte  nel  bilancio  dello
Stato, al capitolo 1315 dello stato di  previsione  della  spesa  del
Ministero delle infrastrutture e della mobilita' sostenibile (6) . 
    Ai sensi dell'art. 47, comma 1, del  decreto-legge  n.  124/2019,
avrebbe dovuto  entrare  in  vigore  l'auspicata  riforma,  richiesta
dall'Unione europea (7) . Ma la sua  applicazione  -  anche  a  causa
della diffusione della pandemia da Covid-19, che ha  imposto  di  far
ricorso a numerose forme di finanziamento di carattere  straordinario
del settore  -  e'  stata  differita  dall'art.  200,  comma  5,  del
decreto-legge n. 34/2020, il quale ha  stabilito,  altresi',  che  la
ripartizione delle risorse del  Fondo  TPL,  quanto  al  2020,  fosse
effettuata facendo ricorso alle modalita' indicate  dal  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo  2013.  Dunque,  sulla
base del criterio della spesa storica, ribadito pure per l'anno 2021,
in forza del decreto-legge n. 183/2020. E cosi', di seguito, pure per
l'anno 2022, ai sensi del decreto-legge n. 68/2022. 
    In  ogni  caso,  alla  vigilia   dell'entrata   in   vigore   del
decreto-legge  n.  104/2023,  convertito  in  legge  dalla  legge  n.
136/2023 (cui si riferisce questa  impugnazione),  il  riparto  delle
risorse stanziate nel Fondo TPL,  per  l'anno  2023,  avrebbe  dovuto
avvenire ai sensi dell'art. 27, comma 2, del decreto-legge n. 50/2017
- cosi' come modificato dalla legge n. 6/2023 -, il  quale  stabiliva
che, «A decorrere dalla data di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione, il riparto del Fondo di cui all'art. 16-bis,  comma  1,
del  decreto-legge  6   luglio   2012,   n.   95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto  2012,  n.  135,  e'  effettuato,
entro il 31 ottobre di ogni anno,  con  decreto  del  Ministro  delle
infrastrutture  e  dei  trasporti,  di  concerto  con   il   Ministro
dell'economia e delle finanze, previa intesa in  sede  di  Conferenza
unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,
n. 281.  In  caso  di  mancata  intesa  si  applica  quanto  previsto
dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
Tale ripartizione e' effettuata: 
        a) per una quota pari al 50  per  cento  del  Fondo,  tenendo
conto dei costi standard di cui all'art. 1, comma 84, della legge  27
dicembre 2013, n. 147, al netto delle risorse di cui alle lettere  d)
ed e); 
        b) per una quota pari al 50  per  cento  del  Fondo,  tenendo
conto dei livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e
regionale, al netto delle risorse di cui alle lettere d) ed  e)"  (8)
 [il corsivo e' nostro]. 
    Sempre la legge n. 6/2023 ha inserito l'art. 27, comma 2-ter,  il
quale contiene una clausola di  salvaguardia,  cosi'  concepita:  «Al
fine di garantire una ragionevole certezza delle risorse disponibili,
il riparto di cui al comma 2, lettere a) e b), non puo'  determinare,
per ciascuna regione, un'assegnazione di risorse inferiore  a  quella
risultante dalla ripartizione del Fondo di cui all'art. 16-bis, comma
1,  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per l'anno 2020, al
netto delle variazioni per ciascuna regione dei costi del  canone  di
accesso all'infrastruttura ferroviaria introdotte dalla societa' Rete
ferroviaria italiana  Spa  di  cui  al  comma  2-bis,  nonche'  delle
eventuali decurtazioni applicate ai sensi del comma  2,  lettera  c),
del presente articolo ovvero dell'art. 9 della legge 5  agosto  2022,
n. 118». 
    Quindi, l'art. 27, comma 6, e' stato sostituito dal seguente: «Ai
fini del riparto del Fondo di  cui  all'art.  16-bis,  comma  1,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,  entro  il  31  luglio  2023,  con
decreto del Ministro delle infrastrutture e dei  trasporti,  adottato
di concerto con il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  previa
intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti gli indicatori  per
determinare  i  livelli  adeguati  di  servizio  e  le  modalita'  di
applicazione degli stessi al fine  della  ripartizione  del  medesimo
Fondo» [il corsivo e' nostro]. 
    In tal modo, con ritardi non trascurabili e faticosamente, ci  si
era prefissi di abbandonare,  gradualmente,il  criterio  della  spesa
storica (9) . 
    4. Avendo di mira la progressiva razionalizzazione  del  settore,
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (Mit) ha incaricato
il Dipartimento di ingegneria informatica,  automatica  e  gestionale
«Antonio Ruberti» dell'Universita' di Roma «La Sapienza» di calcolare
i costi standard, separatamente, per le quattro modalita' (autolinea,
ferroviaria,  metropolitana  e   tramvia),   previste   dal   decreto
ministeriale  n.  157/2018,  ripartiti  tra  le  regioni  a   statuto
ordinario. 
    Ebbene, nella Simulazione di applicazione dei costi standard alle
percentuali di riparto, del 2 agosto 2022 (doc. 2), si legge che esse
sono state calcolate in base a due ipotesi alternative: 
        a)  in  base  ai  costi   standard   totali   (scenario   1):
«avvantaggia le  regioni  che  maggiormente  finanziano  con  risorse
proprie il TPL e produce risultati piu' lontani dallo storico»; 
        b) in base ai costi standard depurati  della  percentuale  di
servizi finanziati con  risorse  locali  (scenario  2):  «risolve  la
distorsione individuata nel precedente  scenario»  [il  grassetto  e'
nostro]. 
    E' appena il caso di osservare che, nella prima  circostanza,  ad
esempio, la Regione Piemonte, a fronte dell'attuale  percentuale  del
9,83%, vedrebbe ad essa assegnata  una  percentuale  di  riparto  del
Fondo nella misura del 9,2%;  nel  secondo  caso,  nella  misura  del
10,1%. In sede di riparto delle risorse per l'anno 2022,  le  Regioni
Lazio e Lombardia hanno espresso parere contrario all'esclusione  dal
computo dei servizi finanziati con risorse proprie (10) 
    5. Si sarebbero dovuti definire i livelli  adeguati  di  servizio
(LAS) - ai sensi dell'art. 27, comma 6, del decreto-legge n.  50/2017
(11)  - «entro il 31 luglio 2023»  (12)  .  Allo  scopo,  il  Mit  ha
istituito un Gruppo di lavoro (13)  con il compito di individuare, in
sede tecnica, gli  indicatori  idonei  per  determinare,  con  metodo
parametrico lineare, i LAS nel settore del trasporto pubblico  locale
e regionale, nonche' le modalita' di  applicazione  ed  aggiornamento
degli stessi, al fine della ripartizione del Fondo TPL. Ad  oggi,  il
Gruppo di lavoro non e' giunto ad alcuna conclusione. 
    6. Nel corso del confronto istituzionale, avviato  con  l'intento
di  superare  il  criterio  della  spesa   storica,   attraverso   la
definizione dei costi standard e dei LAS, si inserisce l'art. 17  del
decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito, con  modificazioni,
dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136. Stando ad esso, all'art.  27  del
decreto-legge n. 50/2017, convertito, con modificazioni, dalla  legge
n. 96/2017, sono apportate le seguenti innovazioni: 
        a) al comma 2, lettera a), sono  aggiunte,  in  fine,  queste
parole: «considerato il complesso dei servizi di  trasporto  pubblico
locale eserciti sul territorio di ciascuna regione  risultanti  dalla
banca dati dell'Osservatorio di cui  all'art.  1,  comma  300,  della
legge 21 dicembre 2007, n. 244 (...)»; 
        b) dopo il comma 2-ter, e' inserito  il  seguente,  2-quater:
«Limitatamente agli anni 2023 e 2024, il riparto  del  Fondo  di  cui
all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135,  si
provvede, per  una  quota  pari  a  euro  4.873.335.361,50,  e  fermo
restando quanto previsto  dal  comma  2-bis  del  presente  articolo,
secondo   le   percentuali   utilizzate   per   l'anno   2020.   Alla
determinazione delle quote del 50  per  cento  di  cui  al  comma  2,
lettere a) e b) si provvede a valere sulle risorse residue del Fondo,
decurtate dell'importo di cui al primo periodo del presente comma»; 
        c) al comma 6, e' aggiunto, in  fine,  il  seguente  periodo:
«Fermo restando  quanto  previsto  dal  comma  2-quater,  nelle  more
dell'adozione del decreto  di  cui  al  primo  periodo,  al  fine  di
assicurare la ripartizione del Fondo di cui al medesimo art.  16-bis,
comma  1,  del  decreto-legge  n.  95  del  2012,  si  provvede  alla
ripartizione integrale del medesimo Fondo con le modalita' di cui  al
comma 2, lettera a), del presente articolo» [i corsivi sono nostri]. 
    Si tratta di un regime  giuridico  provvisorio,  che  attende  il
decreto del Mit, relativo ai costi standard e  ai  LAS,  a  dir  poco
sorprendente: se non altro perche'  introduce  modifiche  distorsive,
rispetto a criteri di riparto innovativi, destinate ad operare  medio
tempore. Oppure a lungo, perche' non c'e' nulla  di  piu'  definitivo
del provvisorio: senz'altro, quando il provvisorio «avvantaggia». 
    7.  Alla  luce  delle  considerazioni  svolte,  le   disposizioni
indicate in epigrafe e sub 6, per esteso, si debbono considerare  non
conformi a Costituzione, per i seguenti motivi di 
 
                               Diritto 
 
    L'art. 17, comma 1, del decreto-legge  n.  104/2023,  convertito,
con  modificazioni,  dalla  legge  n.  136/2023,  contrasta  con  gli
articoli 2; 3; 5; 81, 3° comma; 97; 117, 3° e 4°  comma;  118  e  119
Cost., legati tra loro da  stringenti  connessioni,  enucleabili  dal
reale funzionamento delle istituzioni. 
I. Violazione dell'art. 117, 3°  e  4°  comma,  e,  conseguentemente,
dell'art. 118 della Costituzione. 
    L'originario testo dell'art. 117, 1° comma, Cost., indicava,  tra
le materie, oggetto di una potesta' legislativa concorrente, «tramvie
e   linee   automobilistiche   di   interesse   regionale»,   nonche'
«navigazione  e  porti  lacuali».  In  dottrina,  non  sono   mancate
opinioni,  anche  autorevoli,  volte  ad  ampliare  gli  spazi  delle
competenze regionali, di per se' limitate all'ambito territoriale  di
ciascun ente. Di massima, pero', sono prevalse  le  riserve,  che  lo
Stato ha previsto per se', salve  alcune  aperture  disposte  con  il
decreto legislativo n. 112/1998. Con la legge-quadro n. 151/1981, cui
ha fatto seguito la legge n. 245/1984, si  sono  previsti  «un  piano
generale nazionale dei trasporti» e «piani regionali», consequenziali
rispetto al primo. In un tale contesto, e' stato istituito un  «fondo
nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende  di
trasporto», a causa della natura  del  servizio  reso,  che  ha  come
obiettivo anche finalita' redistributive e perequative (14) . 
    La riforma costituzionale del 2001 si e'  ispirata,  quanto  alla
distribuzione  delle  materie  tra  Stato  e  regioni,   al   modello
statunitense, tant'e' che l'art. 117, 4°  comma,  Cost.  prevede  che
«Spetta alle regioni la potesta' legislativa in riferimento  ad  ogni
materia non espressamente riservata alla legislazione  dello  Stato».
Sulla carta, dunque, il trasporto pubblico regionale e locale  ricade
nella potesta' legislativa regionale, detta  prima  esclusiva  e  poi
residuale.  Residuale,   in   quanto   intercettata   dalle   materie
trasversali, quale e', ad esempio, la tutela della concorrenza (15) . 
    Tuttavia,  ove  si  consideri  la  questione  ora  sottoposta  al
giudizio della Corte, non v'e' dubbio che viene  in  gioco  cio'  che
caratterizza la condizione oggettiva, in cui,  da  sempre,  versa  il
trasporto pubblico locale. Esso registra una  perdurante,  assillante
carenza di  risorse,  che  ha  finito  per  legittimare  l'intervento
statale,  il  quale   deve   rispettare   il   principio   di   leale
collaborazione (16) . Ma se allo Stato non e'  precluso  l'intervento
nella materia de qua, connesso «ad una  forma  di  sussidiarieta'  di
matrice  finanziaria,  dovuta  all'inadeguatezza  del   finanziamento
regionale» (17) ; nondimeno, le sue determinazioni normative  debbono
rispettare  un  insieme  di  principi  costituzionali  (18)   ,   che
rappresentano, nel loro insieme, tutto cio' che e' riconducibile alle
piu' elementari esigenze attinenti la par condicio: vale a  dire,  al
diritto di ogni regione di non  essere  discriminata,  a  prescindere
dalla titolarita' del potere e dal suo concreto esercizio. 
    Nel caso specifico, infatti, non  si  contesta  il  potere  dello
Stato,  ma  l'uso  che  lo  stesso  ne  ha   fatto:   peraltro,   non
riconducibile - perche' non giustificato  -  ne'  al  3°  comma  (che
concerne le grandi reti di trasporto e di navigazione: non e'  questo
il caso), ne' al successivo 4° comma  dell'art.  117  (il  quale  non
menziona la materia, ma che non preclude un  intervento  statale,  ad
esempio, per chiamata in sussidiarieta'). 
    Sotto questo profilo, appare evidente  la  circostanza  per  cui,
disattendendo - e, quindi,  discriminando  tra  regioni  (19)   -  il
dettato di articoli, quali il 2, 3, 5, 81 e 97 Cost., si finisce  per
ledere le attribuzioni della regione, la quale  -  cosi'  e'  per  il
Piemonte ed il Veneto -  e'  messa  nelle  condizioni  di  non  poter
erogare tutte le prestazioni da essa deliberate,  sulla  base  di  un
riparto di risorse  conforme  a  Costituzione,  poi  illegittimamente
mutato a suo danno. Il che - senza che necessiti alcuna  precisazione
specifica  sul  punto  (ma  v.,  in  ogni  caso,  quanto   si   dira'
sinteticamente a proposito della  lesione  dell'art.  97,  2°  comma,
Cost.) - comporta, di riflesso, la violazione  dell'art.  118  Cost.,
dal momento che viene illegittimamente alterato il potere di gestione
del servizio pubblico spettante alla regione. 
II. Violazione dell'art. 119 Cost. 
    Va da se' che la violazione dell'art. 119 Cost.  configuri,  pure
essa, una fattispecie del tutto particolare. Infatti, non si contesta
cio' che - a decorrere dall'anno 2013, se si  considera  la  versione
attuale dell'intervento statale (20)  - e' stato istituito: il  Fondo
TPL; ma come e' attualmente ripartito tra le  regioni,  in  forza  di
modifiche normative, introdotte dalle  fonti  primarie  impugnate,  a
partire dall'anno 2023. 
    Come si e' visto, il  nuovo  regime  ha  favorito  alcune,  poche
regioni; sfavorito la gran parte, per esplicita ammissione di  coloro
che - tecnici dell'Universita' di Roma  -  hanno  predisposto  schemi
provvisori di costi standard. Sta scritto - come si e' accennato (21)
 - nel rapporto predisposto da costoro, la' dove si  riferisce  circa
la  «Metodologia»  autorizzata:  lo  «scenario  1»,   fatto   proprio
dall'art. 17, comma 1,  del  decreto-legge  n.  104/2023,  convertito
dalla legge di conversione n. 136/2023, da un lato,  «avvantaggia  le
regioni che  maggiormente  finanziano  con  risorse  proprie  il  TPL
(...)»; e, d'altro lato, non «risolve  la  distorsione  individuata»,
con conseguenze - pure esse gia' accennate - che riguardano l'entita'
dei trasferimenti. 
    E poiche' in discussione sono le risorse e la loro consistenza  -
seguito dell'applicazione del nuovo criterio di riparto censurato  -,
si pone anche il problema del rispetto oppure  del  mancato  rispetto
dell'art. 119 Cost. Esso contiene un  comma  -  il  4°  -,  il  quale
stabilisce che «Le risorse derivanti dalle  fonti  di  cui  ai  commi
precedenti [indicano quale e'  l'articolazione  della  finanza  degli
enti, di cui all'art. 114, comma 1] consentono (...) alle regioni  di
finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite».  Tra
queste, e' ricompreso  il  trasporto  pubblico  regionale  e  locale,
oggetto di una potesta' legislativa ed amministrativa regionale  (22)
 e di una  conseguente,  strumentale  potesta'  finanziaria.  Il  che
appare in tutta la sua evidenza, trattandosi di un servizio pubblico,
che si concretizza in erogazione di prestazioni: costose. 
    Ora, se e' vero che, stando alla giurisprudenza di codesta ecc.ma
Corte, lo Stato puo' legittimamente intervenire creando fondi  propri
da allocare nell'ambito di materie attribuite alle  regioni  a  vario
titolo (23) ; e' vero, altresi', che esso deve tenere  conto  sia  di
quanto  dispone  l'art.  119,  4°  comma,  Cost.;   sia   di   quanto
stabiliscono - impregiudicato, come si e'  detto,  il  suo  potere  -
altri articoli della Legge fondamentale, che presidiano,  in  specie,
tutto cio' che attiene alla  non-discriminazione  nelle  scelte.  Del
resto, nessuno  ha  mai  dubitato  del  fatto  che,  di  fronte  alla
Costituzione, ogni regione e' eguale all'altra (24) , con quel che ne
segue anche in termini di dotazioni finanziarie. 
    Quanto ad esse, e' bene ricordare che il  titolo,  in  forza  del
quale le medesime possono dirsi  della  regione,  non  risiede  nella
legge  dello  Stato,  che  attua  la  Costituzione,   sebbene   nella
Costituzione stessa: come la  Corte  ha  chiarito  espressamente,  ad
esempio, allorche' e' stata chiamata a  decidere  sulla  legittimita'
costituzionale  dell'istituto  della  tesoreria  unica:   il   quale,
appunto, proprio per questo non avrebbe  mai  potuto  trasformarsi  -
legittimamente - in un anomalo strumento di controllo  delle  risorse
proprie delle regioni, ancorche' depositate presso la Tesoreria dello
Stato: infatti, doveva essere sempre garantita la «piena ed immediata
disponibilita'» delle somme giacenti nelle  rispettive  «contabilita'
speciali» (25) . 
    Questa massima - una tra le tante  -,  una  volta  collocata  sul
terreno, identificato dal servizio pubblico di trasporto regionale  e
locale, comporta che ogni sottrazione illegittima (lo e'  quella  che
discrimina, come si e' ripetutamente notato) di risorse generi,  come
conseguenza,  una  violazione  diretta  dell'art.   119   Cost.:   in
particolare, del 1° e 4° comma. 
III. Violazione degli articoli 3, comma 1,  e  97,  2°  comma,  Cost.
Quindi, dell'art. 81, 3° comma, Cost. 
    Le violazioni prospettate rappresentano l'esito scontato di  come
lo Stato - sul finire dell'anno  2023  -  ha  esercitato  il  proprio
potere di strutturare il Fondo TPL e di stabilire i criteri  del  suo
riparto tra le regioni. Riparto, che non deve generare disparita'  di
trattamento, privilegiando alcune di  esse  a  detrimento  di  altre;
configurare scelte in aperta rotta di collisione con il criterio,  in
base al quale  deve  esistere  un  nesso  inderogabile  tra  costi  e
benefici: nel senso che, salvo eccezioni, i vantaggi  in  termini  di
prestazioni  debbono  riversarsi  su  chi  ne  sopporta   gli   oneri
finanziari; contraddire obiettivi, condivisi,  affermati  ed  imposti
anche dalla normativa comunitaria e dagli impegni assunti  a  livello
sovranazionale, che  hanno,  quale  fine  irrinunciabile,  quello  di
rimediare, progressivamente, all'inquinamento, per evitare  ulteriori
danni all'ambiente. 
    E' chiaro, infatti, che il trasporto, in genere  e  in  ogni  sua
forma; e, quindi, pure quello regionale  e  locale,  e'  destinato  a
pesare «come un macigno» sul presente e sul  futuro  delle  comunita'
(26) . Disattendendo, con cio', quel che prevede - non  da  oggi,  ma
dal 2008 - l'art. 3-quater,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006, secondo cui «Ogni attivita' umana giuridicamente  rilevante
ai sensi del presente codice  deve  conformarsi  al  principio  dello
sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei
bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualita'
della vita e le possibilita' delle generazioni future» [il corsivo e'
nostro]. Cosi', con largo anticipo, su quanto ora  stabilisce  l'art.
9, 3° comma, Cost., novellato dalla legge costituzionale n. 1/2022. 
    A ben vedere, quelle che caratterizzano la vicenda in esame  sono
macroscopiche contraddizioni, di cui si e' dato  conto  nelle  pagine
precedenti e che si possono riassumere cosi': 
        a) l'art. 27 del decreto-legge n.  50/2017,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 96/2017,  nella  versione  infine  data
dalla legge n. 6/2023, si era proposto di superare,  progressivamente
e definitivamente,  il  criterio  della  spesa  storica  (27)  :  che
pietrifica disparita' di trattamento, rendite di  posizione,  sprechi
inverosimili,  destinati  a  rimanere  tali;  vale  a   dire,   senza
conseguenze in termini di responsabilita' (28) ; 
        b) la citata modificazione legislativa, introdotta con l'art.
17,  comma  1,  del  decreto-legge  n.  104/2023,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge  n.  136/2023,  invece  di  attestarsi  su
posizioni innovative, destinate a ridurre le  pregresse  inefficienze
(29) , ha fatto salvo quanto stabilito in  passato  dal  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013 (30)  e,  quindi,
ribadita in concreto l'applicazione del criterio della spesa storica; 
        c) tutto cio'  e'  in  contrasto,  in  primo  luogo,  con  le
previsioni del Pnrr: sia di carattere generale, riguardanti i criteri
di gestione della cosa pubblica (31) ; sia specifiche, concernenti la
«Missione 2:  rivoluzione  verde  e  transizione  ecologica  -  M2C2:
energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilita' sostenibile» (32) . 
    A questo proposito, e' opportuno non  dimenticare  quel  che  sta
scritto nel Pnrr, relativamente a «Ambiti di intervento/Misure (...).
4. Sviluppare un trasporto locale piu'  sostenibile».  Le  direttrici
dell'intervento  sono:  «4.  Sviluppare  un  trasporto  locale   piu'
sostenibile. - Investimento 4.1: Rafforzamento mobilita'  ciclistica.
Investimento 4.2: Sviluppo trasporto rapido  di  massa.  Investimento
4.3: Sviluppo infrastrutture di ricarica elettrica. Investimento 4.4:
Rinnovo flotte bus e treni verdi. Riforma 4.1: Procedure piu'  rapide
per la valutazione dei progetti nel settore dei sistemi di  trasporto
pubblico locale con impianti fissi e nel settore del trasporto rapido
di massa»; 
        d) tali esigenze - oggettive ed innegabili - sono state  rese
palesi all'Autorita' statale dalle regioni, che avevano deciso di dar
seguito  alle  prescrizioni  del  Pnrr,  allocando  risorse   proprie
nell'ambito  di  interventi  finalizzati  ad  ottenere   i   migliori
risultati possibili, quanto al trasporto pubblico regionale e locale.
Per questa ragione, non avevano elaborato proposte di emendamento, da
licenziare in sede di conversione del decreto-legge n. 104/2023,  del
genere  di  quelle  poi  apportate  con  la  definitiva  approvazione
dell'art. 17, comma  1,  ad  opera  della  legge  di  conversione  n.
136/2023; 
        e) con gli enunciati normativi, qui impugnati,  lo  Stato  ha
finito per: 
          perpetuare nel tempo il criterio della spesa storica; 
          disattendere (rinviando alle calende  greche)  l'obiettivo,
che si era dato, di stabilire, finalmente, i costi standard e i  LAS,
cui attenersi in sede di riparto annuale del Fondo TPL; 
          privilegiare,  contraddittoriamente,  lo   scenario   1   -
elaborato dal Dipartimento di ingegneria informatica dell'Universita'
di Roma «La Sapienza» (33)  -, il quale, come si legge  nell'apposito
documento  redatto,  «avvantaggia   le   regioni   che   maggiormente
finanziano con risorse  proprie  il  TPL  e  produce  risultati  piu'
lontani dallo storico» e, con  cio',  non  «risolve  la  distorsione»
indicata:  la'  dove,  l'art.  17,  comma  1,  del  decreto-legge  n.
104/2023, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  n.  136/2023,
dispone che alla lettera a) dell'art. 27 del decreto-legge n. 50/2017
sia aggiunto  l'inciso  «considerato  il  complesso  dei  servizi  di
trasporto  pubblico  locale  eserciti  sul  territorio  di   ciascuna
regione». Il che e' destinato  a  ripercuotersi,  pure,  sul  riparto
delle risorse aggiuntive; 
          far  si'  che  alcune   regioni   siano   destinatarie   di
trasferimenti decurtati: ad esempio, la Regione Piemonte ottiene  una
percentuale di riparto del Fondo TPL nella misura del 9,2%, piuttosto
che del 9,83%; la Regione Veneto del 7,63%, invece che dell'8,27%. In
entrambi i casi, si tratta di alcune decine di milioni di  euro,  che
andranno a  beneficio  di  altre  regioni  (in  specie,  di  Lazio  e
Lombardia); 
          dar vita a  un  regime  transitorio,  privo  della  benche'
minima giustificazione: sia perche'  lo  stesso  legislatore  statale
aveva operato una scelta strategica gia' nell'anno 2023, con la legge
n. 6 (di superamento, tra l'altro, del criterio della spesa storica);
sia perche' aveva previsto di dotarsi dei costi standard e  dei  LAS;
sia perche' aveva, in tal modo, dato attuazione  a  quanto  stabilito
dal Pnrr; 
          provocare, in cosi' breve tempo, l'insorgere di difficolta'
sul  piano  della  erogazione  del  servizio  di  trasporto  pubblico
regionale e locale, dal momento che le regioni sfavorite - tra  esse,
innanzi tutto, la regione ricorrente - si  vengono  a  trovare  nella
condizione di disporre di una quantita' carente di risorse,  rispetto
a quelle iscritte in  bilancio;  mentre  le  regioni  «avvantaggiate»
avranno a disposizione un surplus, in nome di un  malinteso  rapporto
costi-benefici; 
          generare un  evidente  squilibrio,  che  coinvolge,  ad  un
tempo,  regione  e  fruitori  del  servizio  pubblico  di   trasporto
regionale e locale, dal momento  che  il  finanziamento  di  maggiori
servizi, con risorse proprie,  deliberato  da  una  regione,  essendo
incluso nel calcolo complessivo delle risorse destinate  al  servizio
di trasporto di cui al fondo TPL, si ripercuote  negativamente  sulle
percentuali di riparto: una regione spende  e  l'altra  ne  paga,  in
parte e in termini negativi, le conseguenze (34) . 
    Ne' vale opporre che pone al  riparo  da  simili  conseguenze  la
clausola di salvaguardia (35) . Essa riguarda un differente contesto,
incentrato su altri criteri di riparto del Fondo TPL;  ne'  e'  stata
concepita ed intesa come  rimedio  di  carattere  generale:  di  ogni
ammanco di risorse; men che meno quando esso e' determinato da scelte
irragionevoli, penalizzanti, non dovute a gestioni responsabili. 
    Quanto precede dimostra l'illegittimita' costituzionale dell'art.
17, comma 1, del piu' volte citato  decreto-legge  n.  104/2023,  per
come e' stato convertito, con modificazioni, dalla legge n. 136/2023. 
    Per  un  verso,  infatti,  rappresenta  il  frutto  di  decisioni
contraddittorie, rispetto a quanto imposto dal Pnrr e a cio'  che  lo
stesso legislatore statale aveva, nel medesimo anno  2023,  stabilito
con  la  legge  n.  6.   In   controtendenza,   dunque,   con   esiti
oggettivamente ingiusti, come tecnici dell'Universita'  di  Roma  «La
Sapienza»   hanno   precisato   con   indiscutibile   chiarezza.    E
l'ingiustizia appare tanto piu' manifesta, in quanto il nuovo sistema
di riparto del Fondo TPL sarebbe destinato  a  durare  per  un  tempo
limitato, solo per questo fondato  sull'irrazionalita',  che  diviene
irragionevolezza, nel senso indicato, da  sempre,  dalla  dottrina  e
dalla giurisprudenza, anche di questa Corte. In violazione  dell'art.
3, 1° comma, Cost. 
    Per altro verso, le conseguenze, che  si  determinano  sul  piano
della erogazione delle prestazioni attinenti il settore in esame,  si
debbono ritenere - la' dove causano disfunzioni  addebitabili  a  una
riduzione della percentuale del riparto del Fondo - in contrasto  con
cio' che stabilisce l'art. 97, 2° comma, Cost., ai sensi del quale la
pubblica amministrazione (ma  non  solo)  deve  assicurare  «il  buon
andamento  e  l'imparzialita'   dell'amministrazione».   Entrambi   i
requisiti vengono meno sia per le ragioni gia' esposte,  sia  perche'
si premiano le regioni, che hanno  deciso  di  far  ricorso  a  fondi
propri per finanziare maggiori servizi, in assenza di una  previsione
(di legge statale), che ne predetermini la rilevanza  giuridica,  con
effetti erga omnes. Nei confronti di tutte  le  regioni,  consapevoli
degli effetti, che verrebbero a determinarsi a carico del Fondo  TPL,
se ciascuna di esse fosse intervenuta per incrementare «il  complesso
dei  servizi  di  trasporto  pubblico  locale»  erogato  sul  proprio
territorio. 
    A sua volta, infine, le minori risorse accordate alla  ricorrente
a fine esercizio fanno venir  meno  la  copertura  finanziaria  della
spesa a suo tempo deliberata, in violazione dell'art. 81,  3°  comma,
Cost. 
IV. Violazione dell'art. 5 Cost. 
    Non si tratta di una  violazione  dell'art.  5  Cost.,  in  senso
descrittivo e tradizionale. Non  si  tratta  di  una  collisione  tra
poteri statali e regionali, ma di effetti distorsivi, che  discendono
da decisioni affrettate, contraddittorie ed  intrinsecamente  inique,
che non sono coerenti con cio' che l'art. 5  sottintende  e,  quindi,
dispone nel momento in cui considera le «strutture  dell'ordinamento»
(36) . 
    I vari livelli di governo non debbono essere - lo si e'  visto  -
discriminati  l'uno  rispetto  all'altro.  Poiche'  l'art.  5   Cost.
annuncia «un ordine dove l'unita' statale non  ha  piu'  valore  come
unita' giuridico-amministrativa, ma acquista  valore  nell'unita'  di
una societa'  che,  obbedendo  a  comuni  regole  di  condotta  e  di
linguaggio, si amministra mediante strutture adatte ai vari livelli e
ai vari gruppi sociali» (37) . 
    Nel caso in  esame,  la  legge  impugnata  e'  costituzionalmente
illegittima, per violazione dell'art. 5 Cost.,  in  quanto  disgrega:
rompe una unita' di intenti conseguita, per l'innanzi, dalle  regioni
nell'ambito della Conferenza unificata e nei rapporti con lo Stato. 
V. Violazione dell'art. 2 Cost. 
    Come qualcuno ha scritto (38)  ,  il  principio  di  solidarieta'
«costituisce il vero leitmotiv  della  nostra  Costituzione»  (39)  .
Permea l'ordinamento complessivo, ponendo a carico di chi ha di  piu'
di sostenere chi ha di meno. Innanzi tutto, di sopportare  gli  oneri
finanziari,  che  derivano  da  spese,  di  cui  egli  stesso  e'  il
beneficiario. 
    Nel caso, di cui qui ci si  occupa,  avviene  che  una  politica,
propensa  ad  erogare  maggiori  servizi  e,  comunque,  a   disporre
liberamente in tema di trasporto pubblico regionale e locale, finisce
per riversare parte dei relativi oneri su altri enti e  collettivita'
regionali, in evidente contrasto con l'art. 2  Cost.,  il  quale  non
contempla, affatto, una solidarieta'  alla  rovescia.  Effetto,  pure
questo,  di  decisioni  avventate  e  contraddittorie,  destinate   a
sfociare in esiti iniqui. 
    Con un cenno (40) , si e' escluso che abbia un  qualche  rilievo,
nella presente vicenda,  la  ridondanza.  Come  si  e'  rilevato,  la
regione ricorrente agisce nel proprio esclusivo interesse,  a  tutela
di situazioni giuridiche  soggettive  proprie,  che  culminano  nella
violazione di specifiche disposizioni del Titolo  V  della  Parte  II
della Costituzione: degli articoli 117, 118 e 119. Lo fa, al pari  di
qualunque persona giuridica, tutelata al pari di ogni persona fisica. 
    Tuttavia, se residuasse qualche dubbio, vale  la  giurisprudenza,
che ha riconosciuto, nelle menomazioni finanziarie (che, nel caso  in
esame, sono dirette ed incontestabili), la prova provata, appunto, di
«una diretta ricaduta sull'autonomia regionale» delle  medesime,  che
operano  negativamente  sul  piano   amministrativo   e   finanziario
(articoli 118 e 119) (v. sentenza n. 65/2016, ex multis). 

(1) Attualmente, si fa ricorso alla spesa storica per  finanziare  le
    maggiori competenze, che saranno  eventualmente  trasferite  alle
    regioni richiedenti, ex art. 116,  3°  comma,  Cost.:  cosi',  ai
    sensi del disegno di legge Calderoli. Ma si tratta di un ripiego,
    condizionato dal fatto che nelle casse dello Stato  non  ci  sono
    risorse. 

(2) In proposito, e' sempre utile  la  lettura  delle  Considerazioni
    finali, del 30 maggio 2008, dell'allora Governatore  della  Banca
    d'Italia, Mario Draghi, secondo il quale "il criterio della spesa
    storica (...) premia  l'inefficienza".  Ed  aggiungeva  -  finora
    inascoltato - che "Cardine di una sana autonomia  fiscale  e'  la
    stretta corrispondenza  tra  esborsi  e  tassazione:  ogni  onere
    aggiuntivo dovrebbe idealmente trovare finanziamento a carico dei
    cittadini cui l'amministrazione risponde". C'e'  materia  su  cui
    riflettere! 

(3) decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 7 dicembre 2015
    e, da ultimo, decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri
    26 maggio 2017. Quest'ultimo ha anche ridefinito  la  tabella  di
    ripartizione percentuale tra  le  regioni  del  Fondo,  in  forza
    dell'intesa raggiunta nell'ambito della Conferenza unificata,  il
    19 gennaio 2017. 

(4) Quindi, modificato dalla legge n. 6/2023. 

(5) Alimentato attraverso una quota di compartecipazione  al  gettito
    delle  accise  sul  gasolio  per  autotrazione  e  sulla  benzina
    riscosse nella regione. 

(6) Questa la denominazione del Ministero, allora. 

(7) Si sarebbe trattato, a regime, di  far  ricorso  sistematico,  ad
    esempio,  alle  procedure  dell'evidenza  pubblica,  in  sede  di
    concessione del servizio. 

(8) Il quale prosegue con una lettera c),  del  seguente  tenore,  in
    vista  del  superamento   di   consolidate   incrostazioni:   "c)
    applicando una riduzione  annuale  delle  risorse  del  Fondo  da
    trasferire alle regioni qualora i servizi di  trasporto  pubblico
    locale e  regionale  non  risultino  affidati  con  procedure  di
    evidenza pubblica entro il 31  dicembre  dell'anno  precedente  a
    quello di riferimento, ovvero ancora non  ne  risulti  pubblicato
    alla medesima data il bando di gara, nonche' nel caso di gare non
    conformi alle misure  di  cui  alle  delibere  dell'Autorita'  di
    regolazione dei trasporti adottate ai sensi dell'art.  37,  comma
    2, lettera  f),  del  decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.  201,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre  2011,  n.
    214, qualora bandite successivamente all'adozione delle  predette
    delibere. La riduzione si applica a decorrere dall'anno 2023.  In
    ogni caso la riduzione  di  cui  alla  presente  lettera  non  si
    applica ai contratti di servizio  affidati  in  conformita'  alle
    disposizioni, anche transitorie, di cui al  regolamento  (CE)  n.
    1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23  ottobre
    2007,  e  alle  disposizioni  normative  nazionali  vigenti.   La
    riduzione,  applicata  alla  quota  di  ciascuna   Regione   come
    determinata ai sensi del presente comma, e' pari al 15 per  cento
    del valore  dei  corrispettivi  dei  contratti  di  servizio  non
    affidati con le predette procedure; le risorse derivanti da  tale
    riduzione  sono  ripartire  tra  le  regioni  con   le   medesime
    modalita'". 

(9) V.,  infatti,  Il  trasporto  pubblico  locale  e  il   trasporto
    collettivo di lunga percorrenza, Camera  dei  deputati,  Servizio
    Studi,  XVIII  Legislatura,  15  luglio  2022,  ove  si  osserva,
    relativamente ai "nuovi criteri di ripartizione del  Fondo  TPL",
    che cio' "consentira' il definitivo abbandono del criterio  della
    spesa storica [il corsivo e' nostro] finora  utilizzato  nel  TPL
    per ripartire tra le regioni gli stanziamenti del Fondo Nazionale
    TPL." 

(10) In assenza di una qualunque disposizione di legge  statale,  che
     preveda che il finanziamento con risorse  proprie  -  a  maggior
     ragione, quando le  stesse  si  traducono  in  agevolazioni:  in
     misure di sostegno,  oggettivamente  in  linea  con  il  Welfare
     State; peraltro, elettoralmente accattivanti  -  quale  criterio
     per la definizione dei costi standard, che  possono  divenire  -
     come sono divenuti -  penalizzanti  per  le  regioni  che  hanno
     privilegiato, ad esempio, l'innovazione  (ex  Pnrr),  la  scelta
     dello scenario n. 1 non puo' che reputarsi illegittima:  perche'
     e' il frutto del caso e  perche'  casualmente  "avvantaggia".  A
     cio'  si  aggiunga,  che   la   modifica   dell'attuale   regime
     (incostituzionale) risultera' non agevole, perche' in  urto  con
     evidenti rendite di posizione (di Lazio e Lombardia). 

(11) Come si e' visto poc'anzi, sub 3. 

(12) Stando alla novella, di cui alla legge n. 6/2023. 

(13) Composto da rappresentanti del Mit, del Ministero  dell'economia
     e  delle  finanze  (Mef),  del  coordinamento   delle   regioni,
     dell'Associazione  nazionale  dei  comuni  d'Italia   (Anci)   e
     dall'Autorita' di regolazione dei trasporti  (Art):  v.  decreto
     ministeriale n. 19/2023. 

(14) Sul punto, v., per tutti, L. Paladin, Diritto regionale,  Cedam,
     Padova, 2000, 166 ss. V.,  inoltre,  AA.VV.,  Le  Regioni  nella
     giurisprudenza. Corte costituzionale,  giurisdizione  ordinaria,
     giurisdizioni speciali, a cura di S. Bartole e L.  Vandelli,  il
     Mulino, Bologna, 1980, 307 ss. 

(15) V., ad esempio, AA.VV., Diritto regionale, a cura di R. Bin e G.
     Falcon, il Mulino, Bologna, 2012, 240. 

(16) V., ad esempio, Corte costituzionale, sentenza n. 124/2009. 

(17) Come ha concluso G. Taccogna, Trasporti, in AA.VV.,  Il  riparto
     delle   competenze   tra   Stato   e   Regioni.   Vent'anni   di
     giurisprudenza costituzionale sul Titolo V, a cura di L. Cuocolo
     ed E. Mostacci, Pacini Giuridica, Pisa, 2023, 159. 

(18) Se ne e' fatto cenno nell'esordio della parte in diritto. 

(19) Nel caso, di cui qui si  discute,  non  pare  abbia  rilievo  la
     ridondanza,  dal  momento  che  la   regione   fa   valere   una
     discriminazione, al  pari  di  qualunque  soggetto,  che  incide
     direttamente sul suo status. 

(20) V. sub 2 della parte in fatto. 

(21) Sub 4 della parte in fatto. 

(22) Secondo i cenni dati sub I della parte in diritto. 

(23) Concorrente o residuale, poco importa: G.  Taccogna,  Trasporti,
     cit., 157 ss. Non e' il caso di  ricordare  alla  Corte  la  sua
     giurisprudenza, che rappresenta, in ogni  caso,  una  scelta  di
     campo, rilevante all'interno di qualunque materia. 

(24) V. sub III della parte in diritto. 

(25) V. Corte costituzionale, sentenza n. 243/1985, rel. Paladin,  in
     Le Regioni, n. 3/1986, 493, con nota di  S.  Bartole,  La  Corte
     (si)  difende  (dal)la  tesoreria  unica   facendo   appello   a
     precedenti e tests di giudizio, ivi, 462  ss.  Circa  l'istituto
     della tesoreria unica, v. l'appropriata puntualizzazione  di  E.
     Casetta,  Manuale  di  diritto  amministrativo,  a  cura  di  F.
     Fracchia, Giuffre', Milano,  2023,  215.  Quanto  affermato  nel
     testo  trova  una  precisa  conferma   in   risalenti,   limpide
     osservazioni di G. Parravicini, Scienza delle finanze. Principi,
     Giuffre', Milano, 1975,  28,  secondo  cui  «Gli  enti  politici
     minori, ossia le regioni, le  province  e  i  comuni  sono  enti
     autonomi anche nell'ambito finanziario, e come tali sono  dotati
     di potesta' impositiva originaria,  non  derivata  dallo  Stato,
     anche se disciplinata dallo Stato". 

(26) V., a  questo  proposito,  ad  esempio,  P.  Dell'anno,  Diritto
     dell'ambiente, Wolters Kluwer, Milano, 2022,  241  ss.,  nonche'
     AA.VV., Trattato breve di diritto dello sviluppo sostenibile,  a
     cura di A. Buonfrate e A. Uricchio, con una introduzione  di  E.
     Giovannini, Wolters Kluwer, Milano, 2023; AA.VV., Ambiente 2023.
     Manuale normo- tecnico, a cura di E. Blasizza,  Wolters  Kluwer,
     Milano, 2023,  e  D.  Lumera-I.  De  Vivo,  Ecologia  interiore,
     Mondadori, Milano, 2023. 

(27) V., in particolare, la nota 9. 

(28) Ancorche' codesta Corte abbia ripetutamente censurato un  simile
     stato di cose. 

(29) Come si e' rilevato, un istante fa, sub a). 

(30) V. sub 2 e 3 della parte in fatto. 

(31) V., in primo luogo, la Premessa, a firma dell'allora  Presidente
     del Consiglio dei ministri, Mario Draghi. 

(32) V., gia', sub 1 della parte in fatto. 

(33) V. sub 4 della parte in fatto. 

(34) V., ancora, sub 4 della parte in fatto. 

(35) V. l'art. 27, comma 2-ter, di cui alla legge  n.  6/2023,  e  il
     comma  2-quater,   inserito   dall'art.   17,   comma   1,   del
     decreto-legge n. 104/2023, convertito, con modificazioni,  dalla
     legge n. 136/2023, nel testo dell'art. 27 del  decreto-legge  n.
     50/2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96/2017. 

(36) G. Berti, Art. 5, in AA.VV, Commentario  della  Costituzione,  a
     cura di G. Branca, Zanichelli-Il  Foro  Italiano,  Bologna-Roma,
     1975, 277. 

(37) Ivi, 278. 

(38) E' l'opinione di Paolo Barile. 

(39) Riprende l'assunto dell'illustre costituzionalista G. Di Cosimo,
     Art. 2, in AA.VV., Commentario breve alla Costituzione,  a  cura
     di S. Bartole e R. Bin, Cedam, Padova, 2008, 14. 

(40) V. la nota 19.