TRIBUNALE ORDINARIO DI ISERNIA Ufficio del Giudice per le indagini preliminari Il Giudice dell'udienza preliminare, dott.ssa Michaela Sapio - letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato, nei confronti di C L imputato in atti generalizzato, difeso di fiducia dall'avvocato Fabio Milano del foro di Isernia; sciogliendo la riserva assunta all'udienza, Osserva: Con atto depositato in data 11 novembre 2021 il pubblico ministero chiedeva il rinvio a giudizio di C L per i reati di cessione di stupefacente di tipo cocaina, hashish e marjuana ex articoli 73, comma 1° e 4°, aggravati ex art. 80 lettera b), DPR 309/1990. In data 25 maggio 2023 l'imputato a mezzo del suo difensore e procuratore speciale, con il consenso del P.M., chiedeva applicarsi la pena come concordata tra le parti, di mesi sei di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, in continuazione con quella irrogata con la sentenza definitiva n. 73 / 21 emessa da questo Giudice per fatti analoghi il 14 ottobre 2021 e divenuta irrevocabile il 2 dicembre 2021. Con ordinanza resa all'udienza preliminare del 25 maggio 2023 questo Giudice, ritenuto che l'imputato non fosse meritevole della concessione delle circostanze attenuanti generiche, per la gravita' delle molteplici condotte contestate e la contestazione dell'aggravante ex art. 80 lettera b) cit. DPR., rigettava l'istanza di patteggiamento e, ritenuta la propria incompatibilita', dichiarava di astenersi, disponendo la trasmissione degli atti al Presidente del Tribunale per le determinazioni di competenza. Rigettata la dichiarazione di astensione, l'affare era riassegnato al medesimo Giudice persona fisica per la trattazione dell'udienza preliminare, alla quale la difesa deduceva l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2, c.p.p., per violazione degli articoli 3, 24 e 111, Cost., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' e il conseguente obbligo di astenersi dal trattare l'udienza preliminare del giudice che abbia rigettato la richiesta di applicazione pena ex art. 444 codice di procedura penale e concludeva affinche' questo Giudice sollevasse la questione di legittimita' costituzionale nei termini evocati e disponesse, previa sospensione del processo, la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale ex art. 134 Cost. Il pubblico ministero si opponeva, concludendo per la irrilevanza e in ogni caso per la manifesta infondatezza della questione, assumendo la piena conformita' alla Carta costituzionale della norma citata. La questione e' rilevante e non manifestamente infondata. Va sollevata, in riferimento agli articoli 3 comma 1°, 24 e 111 comma 2°, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2°, c.p.p., nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di trattazione dell'udienza preliminare per il Giudice dell'udienza preliminare che nel corso del medesimo procedimento, abbia rigettato l'istanza di patteggiamento nei confronti dello stesso imputato e per il medesimo fatto storico, avendo valutato nel merito le circostanze del fatto. Al riguardo va rammentato che la Corte costituzionale e' intervenuta piu' volte a dichiarare l'illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 34, comma 2°, c.p.p., che e' stata, come noto, riscritta da numerose pronunce del Giudice delle leggi e, con particolare riguardo al profilo qui censurato, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma in questione, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di applicazione di pena concordata di cui all'art. 444 c.p.p., a partecipare al giudizio, chiarendo che la sentenza che applica la pena concordata presuppone l'accertamento negativo circa l'esistenza delle condizioni legittimanti «il proscioglimento ex art. 129 codice di procedura penale nonche' la congruenza alle [...] risultanze [delle indagini preliminari] della qualificazione giuridica del fatto e/o delle circostanze ritenute nella richiesta» (cfr. sentenza 186/1992; sulla natura di giudizio anche di merito delle statuizioni rese nei casi di applicazione della pena su richiesta cfr. pure Corte costituzionale nella sentenza n. 155/ 1996 che ha dichiarato la illegittimita' costituzionale della detta norma e, in particolare «nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio abbreviato o disporre l'applicazione della pena su richiesta delle parti il giudice per le indagini preliminari che abbia disposto una misura cautelare personale o la modifica, la sostituzione o la revoca di una misura cautelare personale»). Dunque, e' gia' nel sistema giuridico costituzionale l'incompatibilita' al giudizio del Giudice che abbia rigettato la richiesta ex art. 444 c.p.p., sicche' questo Giudice, ritenendo la propria incompatibilita' ex art. 34 comma 2° cpp, ha dichiarato di astenersi dalla funzione ex art. 36 cpp con ordinanza del 25 maggio 2023. Questo Giudice e' altresi' consapevole che la Corte costituzionale in altre pronunce (v. per tutte, l'ordinanza n. 123/2004), ha limitato l'incompatibilita' del giudice per le indagini preliminari che abbia rigettato la richiesta di patteggiamento al solo caso in cui si trovi in una diversa fase del giudizio, ritenendo «decisivo il rilievo secondo cui per la ricorrenza di un'ipotesi di incompatibilita' del giudice occorre che le precedenti valutazioni, anche di merito, siano state compiute in fasi diverse del procedimento e non nel corso della medesima fase». Cio' posto occorre chiedersi se l'udienza preliminare, o meglio le statuizioni che il Giudice che la celebra puo' rendere all'esito della stessa, siano da qualificarsi giudizio. Sul punto va rammentato che, a seguito delle innovazioni legislative succedutesi nel tempo, gli ambiti di intervento del Giudice in sede di udienza preliminare si sono progressivamente ampliati modulando diversamente il rapporto tra il diritto di difesa e il principio di immediatezza, prima con la legge n. 105 del 1993 attraverso la soppressione del requisito dell'«evidenza» contenuto nell'art. 425, comma 1, c.p.p., poi con la legge n. 479 del 1999 tramite l'inserimento, all'interno dell'art. 425, comma 3, c.p.p., della medesima regola gia' prevista dall'art. 125 disposizioni di attuazione del codice di procedura penale per la richiesta d'archiviazione, e da ultimo con il decreto legislativo 150/2022 che ha riscritto il comma terzo dell'art. 425 c.p.p., che da: «Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio», oggi recita: «Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna». Gia' all'indomani della riforma di cui alla legge n. 479 del 16 dicembre 1999, la giurisprudenza della Corte costituzionale (v. sentenza n. 185/2001) aveva evidenziato che la funzione della udienza preliminare «era e resta quella di verificare - sia pure alla luce di una valutazione contenutistica piu' penetrante rispetto al passato - l'esistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero» e la Corte di cassazione a Sezioni Unite nel 2002 (v. Cassazione SS UU. n. 39915 del 30 ottobre 2002) dal canto suo, aveva statuito che: - il parametro di valutazione del giudice dell'udienza preliminare resta quello della verifica della sostenibilita' della accusa in giudizio, con la conseguenza che l'insufficienza e la contraddittorieta' degli elementi acquisiti preclude il passaggio alla fase successiva solo quando il materiale dimostrativo dell'accusa sia insuscettibile di completamento o presenti caratteristiche tali da non potere essere ragionevolmente considerate superabili e sempre che il giudice dia conto che l'operato apprezzamento in ordine alla prova positiva dell'innocenza o alla mancanza di prova della colpevolezza dell'imputato e' in grado di resistere a un approfondimento nel contraddittorio dibattimentale. Rimangono, viceversa, estranei al sindacato del giudice della udienza preliminare «quegli apprezzamenti che si sostanziano nella interpretazione di fonti di prova che si prestino ad una molteplicita' e alternativita' di soluzioni valutative, e, dunque, nella delibazione sul merito della pretesa accusatoria, di competenza esclusiva dei giudici della cognizione» (cfr. anche Cassazione 4085 del 28.1.2019), essendo il parametro di giudizio del Gup non l'innocenza dell'imputato, ma l'impossibilita' di sostenere l'accusa in giudizio, di talche' «l'insufficienza e la contraddittorieta' degli elementi acquisiti devono avere caratteristiche tali da non potere essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio» (v. Cassazione Pen. n. 6280 del 23.11.2016). La giurisprudenza costituzionale e di legittimita' aveva dunque evidenziato come l'incremento quantitativo e qualitativo dei poteri riconosciuti al giudice e alle parti e, corrispondentemente, l'ampiezza delle valutazioni e del contenuto delle decisioni che lo stesso giudice e' chiamato a prendere all'esito dell'udienza preliminare, avessero determinato il venir meno di quei caratteri di sommarieta', propri di una decisione orientata esclusivamente allo svolgimento del processo, che connotavano detta sede nell'originario disegno codicistico, competendo piuttosto al Giudice un apprezzamento nel merito dell'ipotesi accusatoria e del suo oggetto (cfr. Corte costituzionale sentenza 335/2002 e ordinanza 269/2003; Cassazione S.U., n. 39915/2002); e anche che l'udienza preliminare fosse divenuta «un momento di "giudizio"» (Corte cost. ordinanza 269 /2003 nonche' sentenza 335/2002, cit.). Invero, la Corte costituzionale ha tratto dalla riferita connotazione che anche l'udienza preliminare, ove ne sussistano gli ulteriori presupposti, rientri nelle previsioni dell'art. 34 codice di procedura penale le quali dispongono l'incompatibilita' dell'organo giurisdizionale che si e' gia' pronunciato sulla stessa res iudicanda, «indipendentemente dalla specifica causa che di volta in volta abbia determinato le reiterazione di detta funzione in capo allo stesso giudice persona fisica, nell'ambito dello stesso procedimento e in relazione alla medesima res iudicanda» (cfr. Corte costituzionale ordinanza n. 269/2003; cfr. pure in senso analogo, sentenze nn. 367 /2002 e 490/2002), dovendo il giudice a quo trarre le conseguenze del principio sopra richiamato in relazione alle fattispecie concrete. Cio' e' tanto piu' vero con riguardo alla attuale regola di giudizio, quale consacrata dall'art. 425 comma 3° c.p.p., come riscritto dall'art. 23 comma 1°, lett. l) del decreto legislativo n. 150/2022, alla luce della quale il Gup valuta gli atti al fine di verificare se sussista una ragionevole previsione di condanna secondo un canone prognostico che e' ora di colpevolezza o di innocenza e con poteri decisori piu' ampi anche in caso di possibili letture alternative del contesto probatorio completo, e persino in un contesto probatorio non immutabile e ancora suscettibile di evoluzione dibattimentale. Nella fattispecie concreta, questo Giudice all'udienza preliminare del 25 maggio 2023, ha rigettato la richiesta di patteggiamento della pena ai sensi dell'art. 444 codice di procedura penale poiche', investito del giudizio su molteplici condotte di cessione illecita di stupefacenti quali contestate all'imputato e considerata il particolare allarme sociale e la negativa personalita' dell'imputato, oltre che la ricorrenza dell'aggravante speciale dall'aver consegnato lo stupefacente a un minore di eta' ex art. 80 cit. DPR, ha ritenuto non meritevole di concessione delle circostanze attenuanti generiche l'imputato istante e non congrua la pena finale come concordata tra le parti e ha cosi' rigettato l'istanza di patteggiamento ex art. 444 codice di procedura penale (cfr. verbale dell'udienza cit.), con la conseguenza che, facendo applicazione dei principi sopra richiamati, ha ritenuto la propria incompatibilita' e ha dichiarato di astenersi dalla trattazione del procedimento. Per far fronte alla denunciata situazione non appare piu' utilizzabile l'istituto dell'astensione perche' con la citata decisione del Presidente del Tribunale e' stata rigettata l'istanza di astensione di questo Giudice, che pertanto deve decidere. E, d'altro canto, mentre l'astensione e la ricusazione mirano a porre rimedio a comportamenti del Giudice, anche estranei all'esercizio della funzione, che possano determinare un pregiudizio, da apprezzarsi in concreto, per l'imparzialita' del Giudice (e, di conseguenza, per il «giusto processo»), l'istituto dell'incompatibilita', al di fuori della specifica ipotesi introdotta dalla sentenza n. 371/1996, mira a garantire l'imparzialita' del Giudice a fronte di atti adottati nel medesimo procedimento, con riguardo allo stesso fatto storico e nei confronti della medesima persona, e che determinano, gia' sul piano astratto e a prescindere dalla peculiarita' del caso concreto, un pregiudizio ed a cui occorre far fronte in via preventiva, attraverso atti organizzativi dello svolgimento del processo. Il diritto vivente nella giurisprudenza successiva alla pronuncia della Corte costituzionale n 186 / 1992 appare poi in contrasto con la Carta costituzionale, all'art. 111, comma 2° Cost. che declina il parametro costituzionale del «giusto processo» nei principi di terzieta' e imparzialita' del Giudice, esigendo che la funzione del giudicare sia assegnata a un soggetto «terzo», non solo scevro da interessi propri ma anche libero da convincimenti precostituiti ovvero da decisioni pregiudicanti formatesi in ordine alla res judicanda nel medesimo procedimento. E infatti, anche nella giurisprudenza di questo Tribunale, si ritiene la insussistenza della incompatibilita' ex art. 34 comma 2° codice di procedura penale del Giudice dell'udienza preliminare che abbia rigettato l'istanza di patteggiamento a trattare l'udienza preliminare nei confronti del medesimo imputato e per il medesimo fatto storico, assumendo che la decisione assunta si sia formata nella medesima fase processuale, ma trascurando la natura di «giudizio» delle statuizioni rese all'udienza preliminare, per le ragioni sopra esposte. Ritiene questo Giudice che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 comma 2° codice di procedura penale prospettata dalla difesa dell'imputato, sia non manifestamente infondata con riferimento ai parametri costituzionali di cui all'art. 3, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, in quanto la mancata previsione della incompatibilita' del Gup che abbia rigettato l'istanza di patteggiamento per motivi afferenti il fatto e le sue circostanze e cioe' decidendo il merito della res judicanda, a trattare l'udienza preliminare del medesimo procedimento, nei confronti del medesimo imputato e per il medesimo fatto, renderebbe irrazionale il sistema e si risolverebbe in una violazione del diritto di difesa e del principio costituzionale del «giusto processo», declinato quale garanzia di terzieta' e imparzialita' del Giudice e della serenita' di giudizio. Non e' possibile superare in via interpretativa il rilevato vizio di legittimita' costituzionale perche' cio' equivarrebbe ad ampliare in via analogica il novero delle cause di incompatibilita', laddove per costante giurisprudenza costituzionale, «il carattere tassativo delle ipotesi di incompatibilita' e' di ostacolo all'estensione in via analogica delle disposizioni che le contemplano a casi diversi da quelli in esse considerati» (cfr. Corte costituzionale ordinanza n. 224/2001). La sopra esposta questione di legittimita' costituzionale e', ai sensi dell'art. 23, comma 2°, legge n. 87/1953, assolutamente rilevante nel procedimento pendente perche' esso non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione, dovendo, allo stato, questo Giudice procedere alla celebrazione dell'udienza preliminare nonostante la sussistenza della predetta situazione pregiudicante, anche in considerazione del fatto che la sua dichiarazione di astensione e' stata rigettata. Ricorrono, quindi, nella fattispecie in esame, le medesime ragioni di incostituzionalita' che hanno indotto la Corte all'accoglimento di questioni analoghe sollevate con riguardo all'art. 34, comma 2°, codice di procedura penale (cfr. sentenza n. 186/1992; n. 269/2003). Tanto considerato, accolta l'istanza della difesa, letto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87,