Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e' domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente; contro la Regione Sicilia, in persona del Presidente della regione pro-tempore, con sede legale in Palermo alla piazza Indipendenza n. 21, Palazzo Orleans - intimata; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 8 e 25 comma 2 della legge della Regione Sicilia 16 gennaio 2024, n. 1, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 11 marzo 2024. Nel Bollettino Ufficiale della Regione Sicilia n. 4 del 20 gennaio 2024 e' stata pubblicata la legge regionale n. 1 del 16 gennaio 2024, recante «Legge di stabilita' regionale 2024-2026». Il Governo ritiene che le previsioni contenute negli articoli 8 e 25 comma 2 della suddetta legge eccedano le competenze attribuite alla Regione Siciliana dallo statuto speciale di autonomia, regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, e si pongano in contrasto con gli articoli 97 commi 1 e 2, 117 terzo comma (principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione. Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti Motivi 1. Illegittimita' dell'art. 8 della legge della Regione Sicilia n. 1/2024, per violazione degli articoli 97 commi 1 e 2, 117 comma 3 (principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta' legislativa della regione sanciti dall'art. 14 primo comma dello statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. L'art. 8, rubricato «Benefici retributivi a favore del personale dipendente di cui all'art. 87 del CCRL 2016-2018», della legge regionale n. 1/2024, al comma 1 prevede che, in conformita' alle disposizioni dei commi 869 e 959 dell'art. 1 della legge n. 178/2020, gli incrementi di cui all'art. 87 del contratto collettivo regionale di lavoro del personale del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana, triennio normativo ed economico 2016-2018, previsti in sostituzione dell'elemento perequativo di cui alla lettera b) del comma 440 dell'art. 1 della legge n. 145/2018, sono finanziati a regime nell'ambito del rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021 del medesimo comparto. Al comma 2 l'art. 8 dispone, inoltre, che, per le finalita' del precedente comma 1, le risorse finanziarie per i rinnovi dei contratti collettivi di lavoro relativi al triennio 2019-2021 sono integrate, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, di un importo pari a 4,3 milioni di euro, da destinare al rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale (Missione 1, Programma 10, capitolo 212017). Al riguardo, in via preliminare, va evidenziato che l'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), contiene al punto 10 l'impegno della Regione Siciliana finalizzato al contenimento della spesa di personale, al netto dei rinnovi contrattuali nei limiti previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, incluso il trattamento accessorio e, sulla base del predetto impegno di contenimento di tale importante componente della spesa corrente, come contropartita, il nuovo accordo ha previsto la ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato di personale sia del comparto sia con qualifica dirigenziale, con tassi di sostituzione delle cessazioni dal servizio superiori, per il triennio 2023- 2025, al 100% del turn over. Cio' posto, l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024 determina un aggiramento del limite finanziario cui sono sottoposti i fondi per il trattamento accessorio del personale, previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, ed anche la conseguente violazione del citato accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), nella parte in cui prevede, al punto 10, l'impegno della Regione Siciliana a contenere le spese di personale nei limiti dei rinnovi contrattuali previsti per tutti i comparti di contrattazione nazionale (funzioni centrali, funzioni locali, sanita', istruzione e ricerca). La norma in esame stanzia 4,3 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2024, in aggiunta agli stanziamenti gia' effettuati dalle leggi regionali n. 10/2021 e n. 35/2021, relativi all'incremento medio a regime del 3,78% da destinare al rinnovo contrattuale del personale del comparto non dirigenziale per il triennio 2019-2021, unitamente ad altri stanziamenti previsti pur sempre nell'ambito della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026, come di seguito indicati: art. 6, euro 1.668.946 sulla base della percentuale dello 0,22% prevista quale incremento dei fondi per il trattamento accessorio dall'art. 1, comma 604, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio statale 2022); art. 7, euro 3.410.095 sulla base della percentuale dell'0,55% prevista per la riforma degli ordinamenti professionali dall'art. 1, comma 612, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio statale 2022). Lo stanziamento di 4,3 milioni a decorrere dall'anno 2024 fuoriesce dall'accordo Stato-Regione Siciliana, in quanto le motivazioni addotte fanno riferimento all'elemento perequativo una tantum introdotto nei contratti collettivi di lavoro nazionali riferiti al triennio 2016-2018 con oneri a carico delle risorse contrattuali di tale triennio, che con specifico finanziamento disposto dall'art. 1, commi 869 e 959, della legge n. 178/2020 e' stato reso strutturale con inclusione nel trattamento fondamentale con la tornata contrattuale 2019-2021. Nel caso, invece, dell'art. 87 del C.C.R.L. del personale del comparto non dirigenziale della Regione Siciliana del triennio 2016-2018, richiamato dall'art. 8 legge regionale n. 1/2024, tale clausola negoziale non ha istituito un analogo elemento perequativo una tantum, ma con criteri nettamente diversi dai contratti collettivi nazionali ha incrementato l'«indennita' di amministrazione» (componente fissa mensile della retribuzione) con la corrispondente diminuzione delle risorse per il trattamento accessorio appostate nel «Fondo per risorse decentrate» di cui all'art. 90 del medesimo C.C.R.L. (somme destinate alla produttivita' da corrispondersi all'esito delle risultanze del sistema di valutazione della performance); operazione sulla quale la Corte dei conti - sezione regionale di controllo per la Sicilia, in sede di rapporto di certificazione del C.C.R.L. 2016-2018, ha espresso le proprie perplessita' ed osservazioni. Tanto premesso, risulta evidente che lo stanziamento di 4,3 milioni di euro previsto dalla norma regionale in esame non e' finalizzato, come nei contratti collettivi nazionali, a reintegrare le risorse contrattuali utilizzate per l'elemento perequativo una tantum a valere sulle risorse che la finanza pubblica ha destinato ai rinnovi contrattuali 2016 - 2018 (3,78% a regime), ma e' destinato a compensare le risorse dirottate dal «Fondo per risorse decentrate» per incrementare l'«indennita' di amministrazione» con cio' aggirando, di fatto, il vincolo normativo del rispetto del limite finanziario delle somme complessivamente destinate ai trattamenti accessori del personale previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017. Sul punto, va rilevato che sia l'«indennita' di amministrazione» sia le risorse del «Fondo per risorse decentrate» assumono natura di componenti del trattamento accessorio come indicato dallo stesso C.C.R.L. e oggettivamente confermato dall'applicazione - per entrambi i predetti istituti contrattuali - delle ritenute previste per i primi dieci giorni di malattia dall'art. 71 della legge n. 133 del 2008, che ha introdotto tali trattenute su «ogni indennita' o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonche' di ogni altro trattamento accessorio». Per quanto esposto, l'art. 8 della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026 non risulta conforme alla previsione contenuta nell'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), in relazione all'impegno assunto di contenere i rinnovi contrattuali del personale regionale nei limiti previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, incluso il trattamento accessorio, tenuto conto che la legge di bilancio nazionale e' finalizzata al reintegro delle risorse stanziate per la tornata contrattuale 2016 - 2018 ed utilizzate per l'elemento perequativo una tantum, mentre la disposizione regionale incrementa le risorse destinate al trattamento economico accessorio in violazione dei limiti di spesa previsti dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2107 e, in quanto tali, in misura eccedente agli incrementi previsti per i contratti collettivi nazionali. Giova rammentare che, successivamente alla sottoscrizione in data 14 gennaio 2021 del primo accordo per il ripiano decennale del disavanzo, la Regione Siciliana ha legiferato in materia di incremento del trattamento accessorio del personale, in palese contrasto con le finalita' dell'accordo stesso, finalizzato al contenimento della spesa per il personale, ivi incluso il trattamento accessorio, adottando disposizioni che, come noto, sono state dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma Corte con le seguenti pronunce: sentenza n. 190 del 25 luglio 2022 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera f) (indennita' trattamento accessorio personale UREGA), dell'art. 14 (ricostruzione trattamento economico personale ex ARRA della legge regione siciliana n. 9/2021, legge di stabilita' 2021), nonche' dell'art. 14 (trattamento accessorio personale Dipartimento beni culturali) della legge regione siciliana n. 29/2021 (Modifiche alla legge regionale n. 9/2021); sentenza n. 200 del 28 luglio 2022 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della legge regione siciliana n. 28/2021 (Norme in materia di funzionamento del Corpo forestale), nonche' dell'art. 1, comma 1 (Corpo Forestale) della legge regione siciliana n. 1/2022 (esercizio provvisorio). Su tale aspetto, si richiamano i costanti insegnamenti secondo cui gli interventi finalizzati al contenimento della spesa pubblica costituiscono principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio, rilevando altresi' che «[...] la spesa per il personale, per la sua importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto stabilita' interna (data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la sentenza n. 169 del 2007). Non puo' essere quindi condivisa la tesi secondo cui la Regione Siciliana, in forza dell'art. 14, lettera q), dello statuto, che le attribuisce la competenza legislativa esclusiva in materia di stato giuridico ed economico del proprio personale, sarebbe legittimata a adottare la disposizione impugnata. Al contrario, la competenza regionale incontra, secondo quanto previsto dallo stesso statuto siciliano, i limiti derivanti dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica (cosi', tra l'altro, sentenza n. 172 del 2018) e, conseguentemente, quelli specificati dalle sopra citate norme interposte (art. 23 decreto legislativo n. 75/2017, accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre 2023). La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e' costante nell'affermare che l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75 del 2017 e' norma che pone un limite generale al trattamento economico del personale pubblico e ha natura di principio di coordinamento della finanza pubblica, essendo tale spesa una delle piu' frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico (sentenze n. 212 e n. 20 del 2021, n. 191 del 2017, n. 218 del 2015 e n. 215 del 2012). La Regione Sicilia non puo' quindi effettuare integrazioni e incrementi che andrebbero in senso opposto all'armonizzazione che ispira la predetta norma interposta. La previsione di maggiori oneri da destinare ai trattamenti economici del personale del comparto non dirigenziale, pertanto, si pone in netto contrasto con gli obiettivi di finanza pubblica, oltre che con lo specifico obiettivo di riduzione della spesa per il personale, che la regione si e' prefissata d'intesa con lo Stato, come recepita al punto 10 dell'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo del 16 ottobre 2023 (doc. 1). L'art. 8 della legge regionale Siciliana n. 1 del 2024, autorizzando una spesa che supera il limite stabilito dall'indicata normativa statale si pone quindi in contrasto con le misure volte ad assicurare l'invarianza del costo del personale e, di conseguenza, con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in particolare con i principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica». La riduzione del trattamento accessorio del personale pubblico rappresenta una delle condizioni pattuite (al punto 10) nel richiamato accordo per il ripiano decennale del disavanzo (doc. 1). La disposizione regionale, destinando, invece, un maggiore importo per il trattamento accessorio del personale a tempo indeterminato, si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, per violazione dei principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione alle citate norme interposte. Per quanto attiene alla Regione Siciliana, l'applicazione dei predetti principi non e' preclusa dalla previsione contenuta nell'art. 14, lettera q), dello statuto speciale poiche' la norma statutaria, pur attribuendo alla competenza legislativa esclusiva della regione la disciplina dello stato giuridico ed economico dei dipendenti regionali, incontra - in virtu' di quanto previsto dallo stesso statuto di autonomia - i limiti derivanti dalle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica (sent. n. 172 del 2018) che, in quanto tali, si impongono anche alla potesta' legislativa esclusiva delle regioni autonome (sent. n. 93 del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018). Alla stregua di quanto dedotto e per i motivi ivi indicati, l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024, appare, altresi', in contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, che pone in capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di assicurare «in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, ... l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico». La norma impugnata, infatti, non rispetta l'impegno della regione a contenere i rinnovi contrattuali del personale regionale nei limiti previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, incluso il trattamento accessorio, impegno assunto con lo Stato nell'accordo del 16 ottobre 2023 (punto 10) finalizzato al ripiano decennale del disavanzo e, quindi, a ripristinare l'equilibrio del bilancio. L'equilibrio del bilancio di ciascun ente pubblico rappresenta un presupposto della sana gestione finanziaria e del corretto esercizio dell'autonomia degli enti territoriali, nonche' del dovere di concorrere alla realizzazione degli obiettivi posti in sede nazionale e in ambito eurounitario e sovranazionale (in tal senso, sentenza n. 4 del 2020). Si tratta di un principio che non puo' essere derogato neppure in favore delle regioni a statuto speciale, le quali partecipano - insieme agli altri enti territoriali - alla finanza pubblica allargata (sent. n. 165 del 2023). Infatti, per assicurare il rispetto degli obiettivi di equilibrio dei bilanci delle amministrazioni pubbliche, l'art. 9, comma 5, legge 24 dicembre 2012, n. 243, stabilisce che «la legge dello Stato, sulla base di criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni statali e tenendo conto di parametri di virtuosita', puo' prevedere ulteriori obblighi a carico degli enti di cui al comma 1 [tra cui le regioni, ndr] in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica del complesso delle amministrazioni pubbliche» (cfr. Corte costituzionale n. 221 del 2013, n. 217 e n. 215 del 2012). Infine, le disposizioni del contestato art. 8 della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026 appaiono in contrasto anche con il secondo comma dell'art. 97 della Costituzione il quale, nel prevedere che l'organizzazione degli uffici pubblici debba assicurare il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, viene a limitare sia la discrezionalita' del legislatore statale e sia quella del legislatore regionale. La Regione Siciliana, anche nelle materie in cui e' titolare di una potesta' legislativa esclusiva - quali quelle concernenti l'«ordinamento degli uffici» o lo «stato giuridico ed economico» del personale (art. 14, comma 1, lettere p e q, dello statuto speciale) - e' tenuta ad esercitare le relative competenze «nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato» e, quindi, a maggior ragione, nel rispetto del principio di buon andamento di cui all'art. 97, secondo comma, della Costituzione. Codesta ecc.ma Corte ha costantemente valorizzato il sicuro contenuto precettivo del principio di buon andamento, il quale costituisce il «cardine della vita amministrativa e quindi condizione dello svolgimento ordinato della vita sociale» (sent. n. 123 del 1968, richiamata dalla sentenza n. 202 del 2014); esso «comporta che, cosi' con riguardo alla organizzazione degli uffici come con riguardo al loro funzionamento, la disciplina si debba ispirare ad un criterio di congruenza e di non arbitrarieta' rispetto al fine che si vuol perseguire (sentenza n. 160 del 1988)» (sent. n. 376 del 1993). E' tale contenuto precettivo del principio di buon andamento e di imparzialita' dell'amministrazione a porre in luce l'illegittimita' costituzionale, per arbitrarieta' e irragionevolezza, della disposizione impugnata. Infatti, dal punto di vista dei contenuti tecnici emergono, in misura evidente, le diverse finalita' dei due istituti economici presi a confronto, in quanto l'elemento perequativo una tantum (1) e' corrisposto in misura fortemente decrescente rispetto all'inquadramento giuridico ed economico dei dipendenti arrivando, nel caso del CCNL Funzioni centrali, ad escludere da tale beneficio la maggior parte dei dipendenti inquadrati nella seconda area funzionale e tutti i dipendenti inquadrati nella terza area funzionale, cio' proprio per difendere i livelli retributivi piu' bassi, coerentemente con quanto previsto dall'art. 1, comma 12, della legge n. 190/2014 (c.d. bonus detrazioni fiscali 80 euro mensili). La norma regionale, invece, con finalita' opposte, incrementa l'indennita' di amministrazione gia' in godimento in misura significativamente crescente rispetto all'inquadramento giuridico ed economico dei dipendenti, con conseguente maggiore beneficio per i soggetti con inquadramenti medio-alti, ponendosi in irragionevole antitesi con le finalita' di difesa dei livelli retributivi piu' bassi prevista dai contratti collettivi nazionali e dal citato art. 1, comma 12, della legge n. 190/2014. Si denuncia, dunque, la violazione del principio di buon andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione, in quanto l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024, nell'attribuire il beneficio dell'aumento retributivo ai dipendenti della regione con qualifiche medio-alte, non risulta ispirato al criterio di congruenza e di non arbitrarieta' che dovrebbe ispirare il finanziamento a regime degli incrementi di cui all'art. 87 del C.C.R.L. previsti in sostituzione dell'elemento perequativo introdotto dalla normativa statale. Alla stregua di quanto sopra indicato, la disposizione in esame appare illegittima per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nella materia di legislazione concorrente del coordinamento della finanza pubblica in relazione ai parametri interposti di cui all'art. 23 del decreto legislativo n. 75/2017 e all'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre 2023, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta' legislativa della regione sanciti dall'art. 14 primo comma dello statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, e per violazione dell'art. 97, commi 1 e 2, della Costituzione. 2. Illegittimita' dell'art. 25 comma 2 della legge della Regione Sicilia n. 1/2024, per violazione dell'art. 117, comma 2, in relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta' legislativa della regione sanciti dagli articoli 14 e 17, primo comma, dello statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. L'art. 25, comma 2, della legge di stabilita' regionale 2024-2026, rubricato «Abrogazioni e modifiche di norme», attraverso una modifica del comma 1 dell'art. 20 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, riconosce, a decorrere dal 20 gennaio 2024 e con applicabilita' dal 1° gennaio 2024 (ai sensi del combinato disposto dell'art. 28, comma 1 e dell'art. 27, comma 2, della medesima legge di stabilita'), la nuova natura del Centro di formazione (CEFPAS) di Caltanissetta - per la formazione permanente e l'aggiornamento del personale del servizio sanitario - quale ente del Servizio sanitario regionale cui la regione affidera' in maniera centralizzata servizi e funzioni a supporto delle aziende e degli enti che forniscono prestazioni sanitarie. Premesso che le funzioni del CEFPAS non sono riconducibili a funzioni sanitarie in senso stretto (come gia' stabilito per l'ARPA siciliana dalla sentenza n. 172/2018) e che gli enti del servizio sanitario nazionale sono indicati dal legislatore statale all'art. 19 del decreto legislativo n. 118/2011, l'inclusione del CEFPAS (ente strumentale della Regione Sicilia) nel «perimetro sanitario» finisce per estendere l'area stessa di tale perimetro, tracciata, peraltro, dalla disciplina contabile nazionale di cui all'art. 20 del decreto legislativo n. 118 del 2011, incidendo, innanzitutto sulle modalita' e quantita' del finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza (LEA). Codesta ecc.ma Corte insegna che la disciplina concernente il c.d. «perimetro sanitario» stabilisce le condizioni, non derogabili dalla legislazione regionale, per l'individuazione e l'allocazione delle risorse destinate a garantire i livelli essenziali delle prestazioni (sent. n. 132 del 2021 e sentenza n. 233 del 2022), con conseguente divieto di destinare risorse a spese correnti diverse da quelle quantificate per la copertura dei LEA. Siffatti insegnamenti sono stati peraltro recepiti e richiamati anche dalla Corte dei conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana nell'ordinanza n. 41 del 7 febbraio 2023 (di promuovimento di questione in via incidentale delle norme regionali che pongono il finanziamento di ARPA Sicilia a carico del FSR, decisa con sentenza di accoglimento n. 1 del 2024). Orbene, la norma regionale impugnata si pone in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla norma interposta di cui all'art. 20 del decreto legislativo n. 118 del 2011, poiche' estende il perimetro sanitario, ponendosi in contrasto con il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, da ritenersi principio di coordinamento della finanza pubblica. La norma regionale in esame, invero, non pone il trasferimento di risorse dal FSR in alcun rapporto di immediata e diretta destinazione all'erogazione di servizi sanitari afferenti ai LEA, cosi' da alterare la struttura del perimetro sanitario prescritto dal citato art. 20 del decreto legislativo n. 118/2011. Peraltro, l'inserimento del CEFPAS (ente strumentale della Regione Sicilia) nel perimetro sanitario determinerebbe un trattamento contabile derogatorio per tutta una serie di spese, in quanto andrebbe ad essere disciplinato dal Titolo II del decreto legislativo n. 118/2011. Sotto altro profilo, la norma regionale impugnata si pone in contrasto anche con quanto disposto dagli articoli contenuti nel titolo I - «ordinamento» del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e con la normativa in materia di piano di rientro, considerato che il riconoscimento di un ente di diritto pubblico quale ente del S.S.R. potrebbe generare un incremento di costi non quantificato e non compatibile con l'equilibrio economico finanziario del bilancio sanitario della regione impegnata nel piano di rientro. Infatti, tenuto conto che la regione e' impegnata nel piano di rientro dal disavanzo sanitario, qualsiasi intervento messo in campo deve essere valutato in coerenza con il quadro economico programmatico complessivo per il triennio 2022 - 2024, poiche' la vincolativita' del programma operativo di consolidamento e sviluppo e' da considerarsi, come noto, espressione del principio fondamentale diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e del correlato principio di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 (cfr., per tutte, Corte costituzionale sentenza n. 104 del 2013). In questa prospettiva, qualsiasi eventuale modifica della programmazione sanitaria deve passare attraverso un aggiornamento del programma operativo 2023 - 2025, anche e soprattutto allo scopo di valutarne la compatibilita' economica, con conseguente previa analisi da parte dei Ministeri affiancanti. Inoltre, l'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009 stabilisce la cogenza degli interventi individuati dal piano di rientro che sono vincolanti per la regione obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che possano essere di ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano. Infine, la qualificazione compiuta dall'art. 25 della legge regionale di che trattasi puo' implicare una violazione del divieto di spese non obbligatorie da parte della regione, ai sensi dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed ai sensi dell'art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n, 191. Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha in piu' di un'occasione affermato che l'assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal disavanzo sanitario non consente di incrementare la spesa sanitaria per motivi che non siano inerenti alla garanzia delle prestazioni essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n. 142 e n. 36 del 2021 e n. 166 del 2020). E' stato, altresi', chiarito che i predetti vincoli in materia di contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica (ex plurimis, sentenze n. 36 del 2021, n. 130, n. 62 del 2020 e n. 197 del 2019). Ne consegue che l'effettuazione di altre spese, in una condizione di risorse contingentate, pone il problema della congruita' della copertura della spesa «necessaria» (art. 81, terzo comma, della Costituzione), posto che un impiego di risorse per prestazioni «non essenziali» verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse per quelle essenziali. Siffatte conclusioni non possono essere, infine, contraddette dalla circostanza che la materia dell'assistenza sanitaria rientra tra quelle contemplate dall'art. 17 dello statuto siciliano, in quanto la regione puo' esercitare la propria competenza legislativa solo nei limiti dei principi e degli interessi generali cui si informa la legislazione statale (Corte costituzionale, sentenza 23 luglio 2018, n. 172). Codesta ecc.ma Corte ha poi riconosciuto la vincolativita' delle vigenti disposizioni in materia di piano di rientro dal disavanzo sanitario, che si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica, anche nei confronti della potesta' legislativa riconosciuta dallo statuto alla Regione Sicilia (sent. 20 luglio 2023, n. 155). La norma impugnata travalica, quindi, le competenze affidate alla regione dallo statuto di autonomia il quale, sebbene conferisca all'assemblea regionale il potere di emanare leggi «al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della regione», in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» (art. 14, lettera p) e in materia di «assistenza sanitaria» (art. 17, comma 1, lettera c), prevede, tuttavia, che tale potere sia esercitato «entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato», tra cui rientrano i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa pubblica sanitaria (sent. 25 luglio 2022, n. 190). Alla stregua di quanto sopra e per i motivi ivi indicati, si chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 2, della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026 per contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica, in relazione alle norme interposte di cui agli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n. 118 del 2011, nonche', sotto altro profilo, alla norma di cui all'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, per violazione del principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, da ritenersi principio di coordinamento della finanza pubblica, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta' legislativa della regione sanciti dagli articoli 14 e 17 dello statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. Per i motivi suesposti, si promuove questione di legittimita' costituzionale relativamente articoli 8 e 25, comma 2, della legge della Regione Sicilia 16 gennaio 2024, n. 1. (1) Le clausole contrattuali che hanno introdotto nella tornata contrattuale 2016-2018 l'istituto dell'elemento perequativo una tantum sono: art. 75 ed allegata tabella D del CCNL Funzioni centrali del 12 febbraio 2018, art. 66 ed allegata tabella D del CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, art. 78 ed allegata tabella D del CCNL Sanita' del 21 maggio 2018, art. 37 ed allegata tabella D1 del CCNL Istruzione ricerca del 19 aprile 2018.