Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso per legge
dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente;
contro la Regione Sicilia, in persona del Presidente della
regione pro-tempore, con sede legale in Palermo alla piazza
Indipendenza n. 21, Palazzo Orleans - intimata;
per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli
articoli 8 e 25 comma 2 della legge della Regione Sicilia 16 gennaio
2024, n. 1, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 11
marzo 2024.
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Sicilia n. 4 del 20
gennaio 2024 e' stata pubblicata la legge regionale n. 1 del 16
gennaio 2024, recante «Legge di stabilita' regionale 2024-2026».
Il Governo ritiene che le previsioni contenute negli articoli 8 e
25 comma 2 della suddetta legge eccedano le competenze attribuite
alla Regione Siciliana dallo statuto speciale di autonomia, regio
decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, convertito in legge
costituzionale 26 febbraio 1948, e si pongano in contrasto con gli
articoli 97 commi 1 e 2, 117 terzo comma (principi fondamentali di
coordinamento della finanza pubblica) della Costituzione.
Si propone, pertanto, questione di legittimita' costituzionale ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti
Motivi
1. Illegittimita' dell'art. 8 della legge della Regione Sicilia
n. 1/2024, per violazione degli articoli 97 commi 1 e 2, 117 comma 3
(principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica) della
Costituzione, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio
della potesta' legislativa della regione sanciti dall'art. 14 primo
comma dello statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme
fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica, nonche'
dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
L'art. 8, rubricato «Benefici retributivi a favore del personale
dipendente di cui all'art. 87 del CCRL 2016-2018», della legge
regionale n. 1/2024, al comma 1 prevede che, in conformita' alle
disposizioni dei commi 869 e 959 dell'art. 1 della legge n. 178/2020,
gli incrementi di cui all'art. 87 del contratto collettivo regionale
di lavoro del personale del comparto non dirigenziale della Regione
Siciliana, triennio normativo ed economico 2016-2018, previsti in
sostituzione dell'elemento perequativo di cui alla lettera b) del
comma 440 dell'art. 1 della legge n. 145/2018, sono finanziati a
regime nell'ambito del rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021
del medesimo comparto.
Al comma 2 l'art. 8 dispone, inoltre, che, per le finalita' del
precedente comma 1, le risorse finanziarie per i rinnovi dei
contratti collettivi di lavoro relativi al triennio 2019-2021 sono
integrate, a decorrere dall'esercizio finanziario 2024, di un importo
pari a 4,3 milioni di euro, da destinare al rinnovo contrattuale del
personale del comparto non dirigenziale (Missione 1, Programma 10,
capitolo 212017).
Al riguardo, in via preliminare, va evidenziato che l'accordo tra
Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale del disavanzo,
sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), contiene al punto 10
l'impegno della Regione Siciliana finalizzato al contenimento della
spesa di personale, al netto dei rinnovi contrattuali nei limiti
previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, incluso il
trattamento accessorio e, sulla base del predetto impegno di
contenimento di tale importante componente della spesa corrente, come
contropartita, il nuovo accordo ha previsto la ripresa delle
assunzioni a tempo indeterminato di personale sia del comparto sia
con qualifica dirigenziale, con tassi di sostituzione delle
cessazioni dal servizio superiori, per il triennio 2023- 2025, al
100% del turn over.
Cio' posto, l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024 determina un
aggiramento del limite finanziario cui sono sottoposti i fondi per il
trattamento accessorio del personale, previsto dall'art. 23, comma 2,
del decreto legislativo n. 75/2017, ed anche la conseguente
violazione del citato accordo tra Stato e Regione Siciliana per il
ripiano decennale del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc.
1), nella parte in cui prevede, al punto 10, l'impegno della Regione
Siciliana a contenere le spese di personale nei limiti dei rinnovi
contrattuali previsti per tutti i comparti di contrattazione
nazionale (funzioni centrali, funzioni locali, sanita', istruzione e
ricerca).
La norma in esame stanzia 4,3 milioni di euro, a decorrere
dall'anno 2024, in aggiunta agli stanziamenti gia' effettuati dalle
leggi regionali n. 10/2021 e n. 35/2021, relativi all'incremento
medio a regime del 3,78% da destinare al rinnovo contrattuale del
personale del comparto non dirigenziale per il triennio 2019-2021,
unitamente ad altri stanziamenti previsti pur sempre nell'ambito
della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026, come di seguito
indicati:
art. 6, euro 1.668.946 sulla base della percentuale dello
0,22% prevista quale incremento dei fondi per il trattamento
accessorio dall'art. 1, comma 604, della legge n. 234/2021 (legge di
bilancio statale 2022);
art. 7, euro 3.410.095 sulla base della percentuale
dell'0,55% prevista per la riforma degli ordinamenti professionali
dall'art. 1, comma 612, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio
statale 2022).
Lo stanziamento di 4,3 milioni a decorrere dall'anno 2024
fuoriesce dall'accordo Stato-Regione Siciliana, in quanto le
motivazioni addotte fanno riferimento all'elemento perequativo una
tantum introdotto nei contratti collettivi di lavoro nazionali
riferiti al triennio 2016-2018 con oneri a carico delle risorse
contrattuali di tale triennio, che con specifico finanziamento
disposto dall'art. 1, commi 869 e 959, della legge n. 178/2020 e'
stato reso strutturale con inclusione nel trattamento fondamentale
con la tornata contrattuale 2019-2021.
Nel caso, invece, dell'art. 87 del C.C.R.L. del personale del
comparto non dirigenziale della Regione Siciliana del triennio
2016-2018, richiamato dall'art. 8 legge regionale n. 1/2024, tale
clausola negoziale non ha istituito un analogo elemento perequativo
una tantum, ma con criteri nettamente diversi dai contratti
collettivi nazionali ha incrementato l'«indennita' di
amministrazione» (componente fissa mensile della retribuzione) con la
corrispondente diminuzione delle risorse per il trattamento
accessorio appostate nel «Fondo per risorse decentrate» di cui
all'art. 90 del medesimo C.C.R.L. (somme destinate alla produttivita'
da corrispondersi all'esito delle risultanze del sistema di
valutazione della performance); operazione sulla quale la Corte dei
conti - sezione regionale di controllo per la Sicilia, in sede di
rapporto di certificazione del C.C.R.L. 2016-2018, ha espresso le
proprie perplessita' ed osservazioni.
Tanto premesso, risulta evidente che lo stanziamento di 4,3
milioni di euro previsto dalla norma regionale in esame non e'
finalizzato, come nei contratti collettivi nazionali, a reintegrare
le risorse contrattuali utilizzate per l'elemento perequativo una
tantum a valere sulle risorse che la finanza pubblica ha destinato ai
rinnovi contrattuali 2016 - 2018 (3,78% a regime), ma e' destinato a
compensare le risorse dirottate dal «Fondo per risorse decentrate»
per incrementare l'«indennita' di amministrazione» con cio'
aggirando, di fatto, il vincolo normativo del rispetto del limite
finanziario delle somme complessivamente destinate ai trattamenti
accessori del personale previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto
legislativo n. 75/2017.
Sul punto, va rilevato che sia l'«indennita' di amministrazione»
sia le risorse del «Fondo per risorse decentrate» assumono natura di
componenti del trattamento accessorio come indicato dallo stesso
C.C.R.L. e oggettivamente confermato dall'applicazione - per entrambi
i predetti istituti contrattuali - delle ritenute previste per i
primi dieci giorni di malattia dall'art. 71 della legge n. 133 del
2008, che ha introdotto tali trattenute su «ogni indennita' o
emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e
continuativo, nonche' di ogni altro trattamento accessorio».
Per quanto esposto, l'art. 8 della legge di stabilita' regionale
2024 - 2026 non risulta conforme alla previsione contenuta
nell'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale
del disavanzo sottoscritto il 16 ottobre 2023 (doc. 1), in relazione
all'impegno assunto di contenere i rinnovi contrattuali del personale
regionale nei limiti previsti per il medesimo periodo a livello
nazionale, incluso il trattamento accessorio, tenuto conto che la
legge di bilancio nazionale e' finalizzata al reintegro delle risorse
stanziate per la tornata contrattuale 2016 - 2018 ed utilizzate per
l'elemento perequativo una tantum, mentre la disposizione regionale
incrementa le risorse destinate al trattamento economico accessorio
in violazione dei limiti di spesa previsti dall'art. 23, comma 2, del
decreto legislativo n. 75/2107 e, in quanto tali, in misura eccedente
agli incrementi previsti per i contratti collettivi nazionali.
Giova rammentare che, successivamente alla sottoscrizione in data
14 gennaio 2021 del primo accordo per il ripiano decennale del
disavanzo, la Regione Siciliana ha legiferato in materia di
incremento del trattamento accessorio del personale, in palese
contrasto con le finalita' dell'accordo stesso, finalizzato al
contenimento della spesa per il personale, ivi incluso il trattamento
accessorio, adottando disposizioni che, come noto, sono state
dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma Corte con le seguenti
pronunce:
sentenza n. 190 del 25 luglio 2022 che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, lettera f)
(indennita' trattamento accessorio personale UREGA), dell'art. 14
(ricostruzione trattamento economico personale ex ARRA della legge
regione siciliana n. 9/2021, legge di stabilita' 2021), nonche'
dell'art. 14 (trattamento accessorio personale Dipartimento beni
culturali) della legge regione siciliana n. 29/2021 (Modifiche alla
legge regionale n. 9/2021);
sentenza n. 200 del 28 luglio 2022 che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale della legge regione siciliana n.
28/2021 (Norme in materia di funzionamento del Corpo forestale),
nonche' dell'art. 1, comma 1 (Corpo Forestale) della legge regione
siciliana n. 1/2022 (esercizio provvisorio).
Su tale aspetto, si richiamano i costanti insegnamenti secondo
cui gli interventi finalizzati al contenimento della spesa pubblica
costituiscono principi fondamentali in materia di coordinamento della
finanza pubblica, in quanto pongono obiettivi di riequilibrio,
rilevando altresi' che «[...] la spesa per il personale, per la sua
importanza strategica ai fini dell'attuazione del patto stabilita'
interna (data la sua rilevante entita'), costituisce non gia' una
minuta voce di dettaglio, ma un importante aggregato della spesa
corrente, con la conseguenza che le disposizioni relative al suo
contenimento assurgono a principio fondamentale della legislazione
statale» (sentenza n. 69 del 2011, che richiama la sentenza n. 169
del 2007).
Non puo' essere quindi condivisa la tesi secondo cui la Regione
Siciliana, in forza dell'art. 14, lettera q), dello statuto, che le
attribuisce la competenza legislativa esclusiva in materia di stato
giuridico ed economico del proprio personale, sarebbe legittimata a
adottare la disposizione impugnata.
Al contrario, la competenza regionale incontra, secondo quanto
previsto dallo stesso statuto siciliano, i limiti derivanti dalle
norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica
(cosi', tra l'altro, sentenza n. 172 del 2018) e, conseguentemente,
quelli specificati dalle sopra citate norme interposte (art. 23
decreto legislativo n. 75/2017, accordo tra Stato e Regione Siciliana
per il ripiano decennale del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre
2023).
La giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte e' costante
nell'affermare che l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75
del 2017 e' norma che pone un limite generale al trattamento
economico del personale pubblico e ha natura di principio di
coordinamento della finanza pubblica, essendo tale spesa una delle
piu' frequenti e rilevanti cause di disavanzo pubblico (sentenze n.
212 e n. 20 del 2021, n. 191 del 2017, n. 218 del 2015 e n. 215 del
2012).
La Regione Sicilia non puo' quindi effettuare integrazioni e
incrementi che andrebbero in senso opposto all'armonizzazione che
ispira la predetta norma interposta.
La previsione di maggiori oneri da destinare ai trattamenti
economici del personale del comparto non dirigenziale, pertanto, si
pone in netto contrasto con gli obiettivi di finanza pubblica, oltre
che con lo specifico obiettivo di riduzione della spesa per il
personale, che la regione si e' prefissata d'intesa con lo Stato,
come recepita al punto 10 dell'accordo tra Stato e Regione Siciliana
per il ripiano decennale del disavanzo del 16 ottobre 2023 (doc. 1).
L'art. 8 della legge regionale Siciliana n. 1 del 2024,
autorizzando una spesa che supera il limite stabilito dall'indicata
normativa statale si pone quindi in contrasto con le misure volte ad
assicurare l'invarianza del costo del personale e, di conseguenza,
con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in particolare con i
principi fondamentali nella materia «coordinamento della finanza
pubblica».
La riduzione del trattamento accessorio del personale pubblico
rappresenta una delle condizioni pattuite (al punto 10) nel
richiamato accordo per il ripiano decennale del disavanzo (doc. 1).
La disposizione regionale, destinando, invece, un maggiore
importo per il trattamento accessorio del personale a tempo
indeterminato, si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione, per violazione dei principi fondamentali nella
materia «coordinamento della finanza pubblica», in relazione alle
citate norme interposte.
Per quanto attiene alla Regione Siciliana, l'applicazione dei
predetti principi non e' preclusa dalla previsione contenuta
nell'art. 14, lettera q), dello statuto speciale poiche' la norma
statutaria, pur attribuendo alla competenza legislativa esclusiva
della regione la disciplina dello stato giuridico ed economico dei
dipendenti regionali, incontra - in virtu' di quanto previsto dallo
stesso statuto di autonomia - i limiti derivanti dalle norme
fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica (sent.
n. 172 del 2018) che, in quanto tali, si impongono anche alla
potesta' legislativa esclusiva delle regioni autonome (sent. n. 93
del 2019, n. 201 e n. 178 del 2018).
Alla stregua di quanto dedotto e per i motivi ivi indicati,
l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024, appare, altresi', in
contrasto con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, che pone in
capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di assicurare «in
coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, ... l'equilibrio dei
bilanci e la sostenibilita' del debito pubblico».
La norma impugnata, infatti, non rispetta l'impegno della regione
a contenere i rinnovi contrattuali del personale regionale nei limiti
previsti per il medesimo periodo a livello nazionale, incluso il
trattamento accessorio, impegno assunto con lo Stato nell'accordo del
16 ottobre 2023 (punto 10) finalizzato al ripiano decennale del
disavanzo e, quindi, a ripristinare l'equilibrio del bilancio.
L'equilibrio del bilancio di ciascun ente pubblico rappresenta un
presupposto della sana gestione finanziaria e del corretto esercizio
dell'autonomia degli enti territoriali, nonche' del dovere di
concorrere alla realizzazione degli obiettivi posti in sede nazionale
e in ambito eurounitario e sovranazionale (in tal senso, sentenza n.
4 del 2020).
Si tratta di un principio che non puo' essere derogato neppure in
favore delle regioni a statuto speciale, le quali partecipano -
insieme agli altri enti territoriali - alla finanza pubblica
allargata (sent. n. 165 del 2023).
Infatti, per assicurare il rispetto degli obiettivi di equilibrio
dei bilanci delle amministrazioni pubbliche, l'art. 9, comma 5, legge
24 dicembre 2012, n. 243, stabilisce che «la legge dello Stato, sulla
base di criteri analoghi a quelli previsti per le amministrazioni
statali e tenendo conto di parametri di virtuosita', puo' prevedere
ulteriori obblighi a carico degli enti di cui al comma 1 [tra cui le
regioni, ndr] in materia di concorso al conseguimento degli obiettivi
di finanza pubblica del complesso delle amministrazioni pubbliche»
(cfr. Corte costituzionale n. 221 del 2013, n. 217 e n. 215 del
2012).
Infine, le disposizioni del contestato art. 8 della legge di
stabilita' regionale 2024 - 2026 appaiono in contrasto anche con il
secondo comma dell'art. 97 della Costituzione il quale, nel prevedere
che l'organizzazione degli uffici pubblici debba assicurare il buon
andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione, viene a limitare
sia la discrezionalita' del legislatore statale e sia quella del
legislatore regionale.
La Regione Siciliana, anche nelle materie in cui e' titolare di
una potesta' legislativa esclusiva - quali quelle concernenti
l'«ordinamento degli uffici» o lo «stato giuridico ed economico» del
personale (art. 14, comma 1, lettere p e q, dello statuto speciale) -
e' tenuta ad esercitare le relative competenze «nei limiti delle
leggi costituzionali dello Stato» e, quindi, a maggior ragione, nel
rispetto del principio di buon andamento di cui all'art. 97, secondo
comma, della Costituzione.
Codesta ecc.ma Corte ha costantemente valorizzato il sicuro
contenuto precettivo del principio di buon andamento, il quale
costituisce il «cardine della vita amministrativa e quindi condizione
dello svolgimento ordinato della vita sociale» (sent. n. 123 del
1968, richiamata dalla sentenza n. 202 del 2014); esso «comporta che,
cosi' con riguardo alla organizzazione degli uffici come con riguardo
al loro funzionamento, la disciplina si debba ispirare ad un criterio
di congruenza e di non arbitrarieta' rispetto al fine che si vuol
perseguire (sentenza n. 160 del 1988)» (sent. n. 376 del 1993).
E' tale contenuto precettivo del principio di buon andamento e di
imparzialita' dell'amministrazione a porre in luce l'illegittimita'
costituzionale, per arbitrarieta' e irragionevolezza, della
disposizione impugnata.
Infatti, dal punto di vista dei contenuti tecnici emergono, in
misura evidente, le diverse finalita' dei due istituti economici
presi a confronto, in quanto l'elemento perequativo una tantum (1)
e' corrisposto in misura fortemente decrescente rispetto
all'inquadramento giuridico ed economico dei dipendenti arrivando,
nel caso del CCNL Funzioni centrali, ad escludere da tale beneficio
la maggior parte dei dipendenti inquadrati nella seconda area
funzionale e tutti i dipendenti inquadrati nella terza area
funzionale, cio' proprio per difendere i livelli retributivi piu'
bassi, coerentemente con quanto previsto dall'art. 1, comma 12, della
legge n. 190/2014 (c.d. bonus detrazioni fiscali 80 euro mensili).
La norma regionale, invece, con finalita' opposte, incrementa
l'indennita' di amministrazione gia' in godimento in misura
significativamente crescente rispetto all'inquadramento giuridico ed
economico dei dipendenti, con conseguente maggiore beneficio per i
soggetti con inquadramenti medio-alti, ponendosi in irragionevole
antitesi con le finalita' di difesa dei livelli retributivi piu'
bassi prevista dai contratti collettivi nazionali e dal citato art.
1, comma 12, della legge n. 190/2014.
Si denuncia, dunque, la violazione del principio di buon
andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione, in
quanto l'art. 8 della legge regionale n. 1/2024, nell'attribuire il
beneficio dell'aumento retributivo ai dipendenti della regione con
qualifiche medio-alte, non risulta ispirato al criterio di congruenza
e di non arbitrarieta' che dovrebbe ispirare il finanziamento a
regime degli incrementi di cui all'art. 87 del C.C.R.L. previsti in
sostituzione dell'elemento perequativo introdotto dalla normativa
statale.
Alla stregua di quanto sopra indicato, la disposizione in esame
appare illegittima per violazione dell'art. 117, terzo comma, della
Costituzione, nella materia di legislazione concorrente del
coordinamento della finanza pubblica in relazione ai parametri
interposti di cui all'art. 23 del decreto legislativo n. 75/2017 e
all'accordo tra Stato e Regione Siciliana per il ripiano decennale
del disavanzo, sottoscritto il 16 ottobre 2023, oltre che per
inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta' legislativa
della regione sanciti dall'art. 14 primo comma dello statuto
regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di riforma
economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi stabiliti
dalle leggi dello Stato, e per violazione dell'art. 97, commi 1 e 2,
della Costituzione.
2. Illegittimita' dell'art. 25 comma 2 della legge della Regione
Sicilia n. 1/2024, per violazione dell'art. 117, comma 2, in
relazione ai principi fondamentali in materia di coordinamento della
finanza pubblica, oltre che per inosservanza dei limiti all'esercizio
della potesta' legislativa della regione sanciti dagli articoli 14 e
17, primo comma, dello statuto regionale, derivanti dal rispetto
delle norme fondamentali di riforma economico-sociale della
Repubblica, nonche' dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
L'art. 25, comma 2, della legge di stabilita' regionale
2024-2026, rubricato «Abrogazioni e modifiche di norme», attraverso
una modifica del comma 1 dell'art. 20 della legge regionale 3
novembre 1993, n. 30, riconosce, a decorrere dal 20 gennaio 2024 e
con applicabilita' dal 1° gennaio 2024 (ai sensi del combinato
disposto dell'art. 28, comma 1 e dell'art. 27, comma 2, della
medesima legge di stabilita'), la nuova natura del Centro di
formazione (CEFPAS) di Caltanissetta - per la formazione permanente e
l'aggiornamento del personale del servizio sanitario - quale ente del
Servizio sanitario regionale cui la regione affidera' in maniera
centralizzata servizi e funzioni a supporto delle aziende e degli
enti che forniscono prestazioni sanitarie.
Premesso che le funzioni del CEFPAS non sono riconducibili a
funzioni sanitarie in senso stretto (come gia' stabilito per l'ARPA
siciliana dalla sentenza n. 172/2018) e che gli enti del servizio
sanitario nazionale sono indicati dal legislatore statale all'art. 19
del decreto legislativo n. 118/2011, l'inclusione del CEFPAS (ente
strumentale della Regione Sicilia) nel «perimetro sanitario» finisce
per estendere l'area stessa di tale perimetro, tracciata, peraltro,
dalla disciplina contabile nazionale di cui all'art. 20 del decreto
legislativo n. 118 del 2011, incidendo, innanzitutto sulle modalita'
e quantita' del finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza
(LEA).
Codesta ecc.ma Corte insegna che la disciplina concernente il
c.d. «perimetro sanitario» stabilisce le condizioni, non derogabili
dalla legislazione regionale, per l'individuazione e l'allocazione
delle risorse destinate a garantire i livelli essenziali delle
prestazioni (sent. n. 132 del 2021 e sentenza n. 233 del 2022), con
conseguente divieto di destinare risorse a spese correnti diverse da
quelle quantificate per la copertura dei LEA. Siffatti insegnamenti
sono stati peraltro recepiti e richiamati anche dalla Corte dei
conti, sezioni riunite per la Regione Siciliana nell'ordinanza n. 41
del 7 febbraio 2023 (di promuovimento di questione in via incidentale
delle norme regionali che pongono il finanziamento di ARPA Sicilia a
carico del FSR, decisa con sentenza di accoglimento n. 1 del 2024).
Orbene, la norma regionale impugnata si pone in violazione
dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, in relazione alla
norma interposta di cui all'art. 20 del decreto legislativo n. 118
del 2011, poiche' estende il perimetro sanitario, ponendosi in
contrasto con il principio di contenimento della spesa pubblica
sanitaria, da ritenersi principio di coordinamento della finanza
pubblica.
La norma regionale in esame, invero, non pone il trasferimento di
risorse dal FSR in alcun rapporto di immediata e diretta destinazione
all'erogazione di servizi sanitari afferenti ai LEA, cosi' da
alterare la struttura del perimetro sanitario prescritto dal citato
art. 20 del decreto legislativo n. 118/2011.
Peraltro, l'inserimento del CEFPAS (ente strumentale della
Regione Sicilia) nel perimetro sanitario determinerebbe un
trattamento contabile derogatorio per tutta una serie di spese, in
quanto andrebbe ad essere disciplinato dal Titolo II del decreto
legislativo n. 118/2011.
Sotto altro profilo, la norma regionale impugnata si pone in
contrasto anche con quanto disposto dagli articoli contenuti nel
titolo I - «ordinamento» del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502 e con la normativa in materia di piano di rientro, considerato
che il riconoscimento di un ente di diritto pubblico quale ente del
S.S.R. potrebbe generare un incremento di costi non quantificato e
non compatibile con l'equilibrio economico finanziario del bilancio
sanitario della regione impegnata nel piano di rientro.
Infatti, tenuto conto che la regione e' impegnata nel piano di
rientro dal disavanzo sanitario, qualsiasi intervento messo in campo
deve essere valutato in coerenza con il quadro economico
programmatico complessivo per il triennio 2022 - 2024, poiche' la
vincolativita' del programma operativo di consolidamento e sviluppo
e' da considerarsi, come noto, espressione del principio fondamentale
diretto al contenimento della spesa pubblica sanitaria e del
correlato principio di coordinamento della finanza pubblica ai sensi
dell'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009 (cfr., per tutte,
Corte costituzionale sentenza n. 104 del 2013).
In questa prospettiva, qualsiasi eventuale modifica della
programmazione sanitaria deve passare attraverso un aggiornamento del
programma operativo 2023 - 2025, anche e soprattutto allo scopo di
valutarne la compatibilita' economica, con conseguente previa analisi
da parte dei Ministeri affiancanti.
Inoltre, l'art. 2, comma 80, della legge n. 191/2009 stabilisce
la cogenza degli interventi individuati dal piano di rientro che sono
vincolanti per la regione obbligata a rimuovere i provvedimenti,
anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che possano essere di
ostacolo alla piena attuazione del suddetto piano.
Infine, la qualificazione compiuta dall'art. 25 della legge
regionale di che trattasi puo' implicare una violazione del divieto
di spese non obbligatorie da parte della regione, ai sensi dell'art.
1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed ai sensi
dell'art. 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n, 191.
Codesta ecc.ma Corte, infatti, ha in piu' di un'occasione
affermato che l'assoggettamento ai vincoli dei piani di rientro dal
disavanzo sanitario non consente di incrementare la spesa sanitaria
per motivi che non siano inerenti alla garanzia delle prestazioni
essenziali e per spese, dunque, non obbligatorie (sentenze n. 142 e
n. 36 del 2021 e n. 166 del 2020).
E' stato, altresi', chiarito che i predetti vincoli in materia di
contenimento della spesa pubblica sanitaria costituiscono espressione
di un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica
(ex plurimis, sentenze n. 36 del 2021, n. 130, n. 62 del 2020 e n.
197 del 2019).
Ne consegue che l'effettuazione di altre spese, in una condizione
di risorse contingentate, pone il problema della congruita' della
copertura della spesa «necessaria» (art. 81, terzo comma,
della Costituzione), posto che un impiego di risorse per prestazioni
«non essenziali» verrebbe a ridurre corrispondentemente le risorse
per quelle essenziali.
Siffatte conclusioni non possono essere, infine, contraddette
dalla circostanza che la materia dell'assistenza sanitaria rientra
tra quelle contemplate dall'art. 17 dello statuto siciliano, in
quanto la regione puo' esercitare la propria competenza legislativa
solo nei limiti dei principi e degli interessi generali cui si
informa la legislazione statale (Corte costituzionale, sentenza 23
luglio 2018, n. 172).
Codesta ecc.ma Corte ha poi riconosciuto la vincolativita' delle
vigenti disposizioni in materia di piano di rientro dal disavanzo
sanitario, che si configurano quali principi di coordinamento della
finanza pubblica, anche nei confronti della potesta' legislativa
riconosciuta dallo statuto alla Regione Sicilia (sent. 20 luglio
2023, n. 155).
La norma impugnata travalica, quindi, le competenze affidate alla
regione dallo statuto di autonomia il quale, sebbene conferisca
all'assemblea regionale il potere di emanare leggi «al fine di
soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della
regione», in materia di «ordinamento degli uffici e degli enti
regionali» (art. 14, lettera p) e in materia di «assistenza
sanitaria» (art. 17, comma 1, lettera c), prevede, tuttavia, che tale
potere sia esercitato «entro i limiti dei principi ed interessi
generali cui si informa la legislazione dello Stato», tra cui
rientrano i principi fondamentali stabiliti dallo Stato in materia di
coordinamento della finanza pubblica e di contenimento della spesa
pubblica sanitaria (sent. 25 luglio 2022, n. 190).
Alla stregua di quanto sopra e per i motivi ivi indicati, si
chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
25, comma 2, della legge di stabilita' regionale 2024 - 2026 per
contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia
di coordinamento della finanza pubblica, in relazione alle norme
interposte di cui agli articoli 19 e 20 del decreto legislativo n.
118 del 2011, nonche', sotto altro profilo, alla norma di cui
all'art. 2, comma 80, della legge n. 191 del 2009, per violazione del
principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, da
ritenersi principio di coordinamento della finanza pubblica, oltre
che per inosservanza dei limiti all'esercizio della potesta'
legislativa della regione sanciti dagli articoli 14 e 17 dello
statuto regionale, derivanti dal rispetto delle norme fondamentali di
riforma economico-sociale della Repubblica, nonche' dei principi
stabiliti dalle leggi dello Stato.
Per i motivi suesposti, si promuove questione di legittimita'
costituzionale relativamente articoli 8 e 25, comma 2, della legge
della Regione Sicilia 16 gennaio 2024, n. 1.
(1) Le clausole contrattuali che hanno introdotto nella tornata
contrattuale 2016-2018 l'istituto dell'elemento perequativo una
tantum sono: art. 75 ed allegata tabella D del CCNL Funzioni
centrali del 12 febbraio 2018, art. 66 ed allegata tabella D del
CCNL Funzioni locali del 21 maggio 2018, art. 78 ed allegata
tabella D del CCNL Sanita' del 21 maggio 2018, art. 37 ed
allegata tabella D1 del CCNL Istruzione ricerca del 19 aprile
2018.