IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TARANTO
Sezione Gip-Gup
Il giudice per le indagini preliminari dott. Francesco
Maccagnano,
visti gli atti del procedimento penale n. 7334/2022 R.G.N.R. - n.
177/2023 R.G. G.i.p.;
vista la richiesta di emissione di decreto penale di condanna
formulata dal pubblico ministero in sede nei confronti di P. C., nato
a ... in data ...
rilevato che P. C. e' imputato, in seno al presente procedimento
penale, del reato di cui agli articoli 81 codice penale e 76, comma
III del decreto legislativo n. 159/2011, in relazione all'art. 2 del
predetto decreto legislativo, «perche', con piu' azioni esecutive di
un medesimo disegno criminoso, tornava nel Comune di ... in
violazione del provvedimento del Questore di ... datato (accertato in
... il ...);
Osserva quanto segue:
Gli elementi nella disponibilita' di questo G.I.P.
1. Dagli atti d'indagine sulla base dei quali il pubblico
ministero in sede ha inteso formulare la richiesta di emissione di
decreto penale di condanna di cui in epigrafe emerge quanto segue:
in data ... e' stata rivolta al Questore di ... proposta di
«adozione del provvedimento di cui all'art. 2 del decreto legislativo
n. 159/2011 [...] nei confronti di P. C. nato il ... a ... ed ivi
residente in ... n. ...; dalla proposta de qua risulta che il P. «in
data ... alle ore ... veniva controllato dagli agenti [della Questura
di ...] mentre stazionava [nella locale] piazza ..., nota quale posto
di ritrovo di persone che si approvvigionano e consumano sostanze
stupefacenti, e confermava che la sua presenza in loco era, per
l'appunto, finalizzata all'acquisto e alla consumazione delle
stesse»;
il Questore della Provincia di ... in data ... ai sensi
dell'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 ha ordinato a P. di
allontanarsi dal Comune di ... e di fare rientro nel comune di
residenza;
il questore ha emesso l'anzidetto provvedimento ritenendo che
la presenza del P. in quel di ... debba «ritenersi pericolosa per la
sicurezza pubblica, perche' verosimilmente motivata dalla commissione
di reati»; la pericolosita' de qua e' stata acclarata sulla base dei
plurimi precedenti giudiziari e di polizia ascrivibili all'odierno
imputato (1) , nonche' sulla base delle precarie condizioni
socio-economiche a questi riferibili (2) ;
il suddetto provvedimento e' stato personalmente notificato
al P. in data ...;
gli operanti della Questura di ... hanno riscontrato la
presenza del P. entro il territorio del Comune di ... in data ..., in
data ..., in data ..., in data..., in data ..., in data ..., in data
..., in data ..., ed in data ..., in tali occasioni, P. non ha
addotto alcuna giustificazione in ordine alla sua perdurante
permanenza entro i confini di ...
1.1. Sulla base delle risultanze investigative appena evocate, il
pubblico ministero in sede ha inteso chiedere a questo giudice per le
indagini preliminari di emettere nei confronti di P. C. decreto
penale di condanna in relazione alle reiterate violazioni del c.d.
«foglio di via obbligatorio» contestate nel capo d'imputazione citato
in epigrafe.
1.2. Allo stato non sussistono motivi per disapplicare il
provvedimento di cui al capo d'imputazione:
questo giudice per le indagini preliminari ben conosce
l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale «in tema di misure
di prevenzione, le prescrizioni di fare rientro nel luogo di
residenza e di non ritornare nel comune oggetto dell'ordine di
allontanamento costituiscono condizioni imprescindibili e
inscindibili per la legittima emissione del foglio di via
obbligatorio; ne consegue che la mancanza di una delle due
prescrizioni (nella specie, quella relativa all'ordine di rientro)
determina l'illegittimita' del suddetto provvedimento, sindacabile
dal giudice penale, e la conseguente insussistenza del reato di cui
all'art. 76, comma 3, decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159»
(in tal senso, Cassazione pen., Sez. I, 10 gennaio 2020, n. 11645);
orbene, per quanto attiene al caso che ci occupa, il «foglio di via
obbligatorio» emesso nei confronti del P. e' conforme alla
fattispecie tipica delineata dall'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011, posto che con esso e' stato disposto sia l'allontanamento
dell'odierno imputato dal Comune di ... che il correlato obbligo di
rientro nel comune di residenza (...);
l'ordinamento giuridico, ad oggi, non prevede che il
provvedimento di cui al capo d'imputazione sia convalidato
dall'Autorita' giudiziaria entro un determinato termine; a lume di
tanto, allo stato, il «foglio di via» de quo non puo' intendersi
revocato e privo di ogni effetto ex art. 13, Cost. (3) ;
il provvedimento di cui al capo d'imputazione non pare
disapplicatile ex art. 5 della legge n. 2248/1965; in particolare,
esso e' stato emesso dall'Autorita' competente (il questore) e non
risulta nullo o annullabile; nessun eccesso di potere puo' essere
predicato nel caso di specie; la motivazione del foglio di via emesso
nei confronti del P. appare congrua, soprattutto alla luce dei
numerosi precedenti giudiziari e di polizia ascrivibili all'odierno
imputato.
Le caratteristiche della misura disposta nei confronti dell'imputato
dal Questore di ... in data ...
2. Appare d'uopo rammentare che l'art. 1 del decreto legislativo
n. 159/2011 prevede che «i provvedimenti previsti dal [capo I del
titolo I del codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione] si applicano a: a) coloro che debbano ritenersi, sulla
base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi
(4) ; b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba
ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente,
anche in parte, con i proventi di attivita' delittuose; c) coloro che
per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di
fatto, comprese le reiterate violazioni del foglio di via
obbligatorio di cui all'art. 2, nonche' dei divieti di frequentazione
di determinati luoghi previsti dalla vigente normativa che sono
dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo
l'integrita' fisica o morale dei minorenni, la sanita', la sicurezza
o la tranquillita' pubblica»; l'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011 prevede che «qualora le persone indicate nell'art. 1 siano
pericolose per la sicurezza pubblica e si trovino fuori dei luoghi di
residenza, il questore puo' rimandarvele con provvedimento motivato e
con foglio di via obbligatorio, inibendo loro di ritornare, senza
preventiva autorizzazione ovvero per un periodo non superiore a tre
anni, nel comune dal quale sono allontanate»; l'art. 76, comma III
del decreto legislativo n. 159/2011 prevede che «il contravventore
alle disposizioni di cui all'art. 2, e' punito con l'arresto da uno a
sei mesi» e che «nella sentenza di condanna viene disposto che,
scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del
rimpatrio».
Tutto cio' premesso, deve rilevarsi che il c.d. «foglio di via
obbligatorio» emesso nei confronti dell'odierno imputato sia una
misura di prevenzione personale, ovverosia una misura
special-preventiva di carattere formalmente amministrativo
suscettibile di essere disposta dal questore e destinata ad essere
applicata nei confronti di persone da ritenersi pericolose
socialmente secondo i canoni previsti dall'art. 1 del decreto
legislativo n. 159/2011.
In relazione alla tipologia di provvedimento di cui trattasi non
e' previsto un meccanismo di convalida riconducibile al paradigma di
cui all'art. 13, comma II della Costituzione.
Da ultimo, va rilevato che la misura di prevenzione de qua puo'
essere eseguita coattivamente su disposizione del giudice che ne ha
ravvisato una violazione.
2.1. In concreto, la misura di prevenzione disposta nel ... dal
Questore di ... ha comportato una restrizione della liberta' di
locomozione del P. quantomai significativa; non puo' negarsi,
peraltro, che la predetta misura sia idonea a sortire pesanti ed
incisivi effetti stigmatizzanti sulla persona dell'imputato.
2.1.1. L'elevata significativita' della restrizione della
liberta' di locomozione di P. C. deve essere indotta dalle seguenti
circostanze:
l'odierno imputato, come emerge in maniera lampante dal testo
del «foglio di via» emesso nei suoi confronti, e' soggetto che versa
in condizioni socio-economiche quantomai disagiate; in particolare,
come riportato anche nelle annotazioni di polizia giudiziaria versate
in atti, esercita abitualmente ed abusivamente in luogo pubblico
l'attivita' di guardiamacchine/parcheggiatore per procacciarsi
redditi;
il Questore di ... tenendo conto delle condizioni
socio-economiche ascrivibili all'odierno imputato e dei plurimi
precedenti giudiziari e di polizia allo stesso riferibili, ha
disposto l'allontanamento di P. C. per tre anni dal Comune di ..., e
dunque dal centro urbano industrialmente e commercialmente piu'
sviluppato tra quelli siti nelle vicinanze del comune di residenza
dell'odierno imputato (il ..., sito entro un'area notoriamente
caratterizzata da un rilevante tasso di disoccupazione).
Orbene, le peculiari caratteristiche del tessuto socio-economico
del Comune di ..., del Comune di ... e dell'intera provincia di ...,
considerate congiuntamente, appaiono tali da imporre di ritenere che
la privazione di un individuo dalle modestissime condizioni
patrimoniali e reddituali quale il P. della possibilita' di permanere
presso il Comune di ... costituisca una limitazione tutt'altro che
tenue, idonea ad ostacolare in maniera apprezzabile l'effettivo
esercizio di fondamentali diritti economici e sociali.
2.1.2. L'idoneita' del «foglio di via obbligatorio» di cui al
capo d'imputazione ad incidere pesantemente sulla liberta' morale e
sulla pari dignita' sociale di P. C. deve essere indotta dalle
seguenti circostanze:
il Questore di ... ha disposto l'allontanamento del P. dal
Comune di ... previo accertamento della pericolosita' sociale del
predetto; l'Autorita' giudiziaria di pubblica sicurezza, in
particolare, ha ritenuto, sulla disponibilita' degli elementi a sua
disposizione, che l'odierno imputato sia persona che «per la condotta
ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto
[debba ritenersi vivere] abitualmente, anche in parte, con i proventi
di attivita' delittuose» e che «per il [suo] comportamento [debba]
ritenersi [...] dedit[a] alla commissione di reati che offendono o
mettono in pericolo l'integrita' fisica o morale dei minorenni, la
sanita', la sicurezza o la tranquillita' pubblica»; un simile
accertamento, con tutta evidenza, ad oggi comporta un pesante stigma
morale in capo a P. C., considerato che a questi e' stata
sostanzialmente ascritta la qualifica di «pericolo pubblico»;
peraltro, l'asserita abituale dedizione del P. ad attivita'
illecite e' stata posta in correlazione dal questore alla circostanza
che l'odierno imputato si approvvigioni di sostanze stupefacenti in
quel di ... e ivi non abbia alcun motivo lecito di trattenersi «per
lavoro» o per «rapporti giuridici meritevoli di tutela»; l'odierno
imputato, in buona sostanza, e' stato qualificato come soggetto
tossicodipendente abitualmente dedito, entro il perimetro del Comune
..., a rapporti giuridici immeritevoli di tutela.
Breviter, il «ritratto» del P. che emerge dal «foglio di via»
emesso nei confronti del predetto e' manifestamente negativo;
l'odierno imputato, infatti, non e' stato allontanato dalla comunita'
... per ragioni di ordine sanitario o per motivi di sicurezza
pubblica trascendenti la sua persona; egli, a ben guardare, e' stato
ritenuto un soggetto incapace di conformarsi ai dettami della legge,
dedito ad attivita' insane o delittuose e, per questo, altamente
proclive a compiere azioni idonee a compromettere la tranquillita'
pubblica entro il perimetro del Comune di ...
A parere di questo giudice, simili valutazioni - altamente
stigmatizzanti sia sotto il profilo giuridico che sotto il profilo
morale - sono idonee ad incidere negativamente sulla dignita' di
qualsivoglia individuo, comprimendone le possibilita' di
realizzazione personale e compromettendone gravemente - e,
potenzialmente, irreversibilmente - il prestigio.
2.2. Non puo' sottacersi che il «foglio di via» di cui trattasi,
negli effetti pratici che ello ha dispiegato nell'ambito del caso che
ci occupa, appare assimilabile, in apprezzabile misura, alla misura
cautelare del «divieto di dimora» previsto dall'art. 283, comma I
c.p.p.; la disposizione appena evocata, infatti, prevede che «con il
provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive
all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non
accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede».
3. I peculiari presupposti applicativi della misura di
prevenzione di cui al capo d'imputazione e gli incisivi effetti che
la stessa ad oggi comporta in capo all'odierno imputato, cosi come
supra delineati, impongono di chiedersi se il c.d. foglio di via
obbligatorio sia idoneo esclusivamente a limitare la liberta' di
circolazione di un individuo oppure debba considerarsi una vera e
propria misura limitativa della liberta' personale, in quanto tale
assoggettabile alla disciplina di cui all'art. 13 della Costituzione.
La criteriologla elaborata dalla Corte costituzionale allo scopo di
distinguere misure limitative della liberta' personale rilevanti ex
art. 13 Cost. e misure limitative della liberta' di circolazione ex
art. 16 Cost.
4. Come di recente rammentato in Corte costituzionale n.
127/2022, «e' evidente che la facolta' di autodeterminarsi quanto
alla mobilita' della propria persona nello spazio, in linea di
principio, costituisce una componente essenziale sia della liberta'
personale, sia della liberta' di circolazione». Al paragrafo 4)
dell'arresto appena evocato, codesto giudice delle leggi ha inteso,
in primo luogo, rammentare che le garanzie previste dall'art. 13
della Costituzione trovano applicazione in relazione a misure tali da
comportare un assoggettamento della persona a coercizione fisica da
parte dell'Autorita' pubblica.
Nella giurisprudenza costituzionale, il nucleo irriducibile
dell'habeas corpus, tutelato dall'art. 13 Cost. e ricavabile per
induzione dal novero di atti espressamente menzionati dallo stesso
articolo (detenzione, ispezione, perquisizione personale), comporta
che il legislatore non possa assoggettare a coercizione fisica una
persona, se non in forza di atto motivato dell'autorita' giudiziaria,
o convalidato da quest'ultima entro quarantotto ore, qualora alla
coercizione abbia invece provveduto l'autorita' di pubblica
sicurezza.
L'impiego della forza per restringere la capacita' di disporre
del proprio corpo, purche' cio' avvenga in misura non del tutto
trascurabile e momentanea (sentenze n. 30 del 1962 e n. 13 del 1972),
e' quindi precluso alla legge dalla lettera stessa dell'art. 13
Cost., se non interviene il giudice, la cui posizione di indipendenza
e imparzialita' assicura che non siano commessi arbitri in danno
delle persone.
Qualora, pertanto, il legislatore intervenga sulla liberta' di
locomozione, indice certo per assegnare tale misura all'ambito
applicativo dell'art. 13 Cost. (e non dell'art. 16 Cost.) e' che essa
sia non soltanto obbligatoria (tale, vale a dire, da comportare una
sanzione per chi vi si' sottragga), ma anche tale da richiedere una
coercizione fisica.
Per detta ragione, questa Corte ha ritenuto che un mero ordine di
rimpatrio con foglio di via obbligatorio, la cui esecuzione sia
affidata alla collaborazione spontanea di chi lo riceve, afferisca
alla liberta' di circolazione, ma che, diversamente, ove l'ordine
comporti la traduzione fisica della persona, esso debba essere
assistito dalle garanzie di cui all'art. 13 Cost. (sentenze n. 2 del
1956 e n. 45 del 1960).
Parimenti, il respingimento dello straniero con accompagnamento
coattivo alla frontiera, a differenza dell'ordine di espulsione,
restringe la liberta' personale in ragione di tale «modalita'
esecutiva» (sentenza n. 275 del 2017; in precedenza, sentenza n. 222
del 2004).
L'«assoggettamento fisico all'altrui potere e che e' indice
sicuro dell'attinenza della misura alla sfera della liberta'
personale» contraddistingue anche il trattenimento dello straniero
presso centri di permanenza e assistenza, in quanto l'autorita'
competente, «avvalendosi della forza pubblica» adotta misure che
impediscono di abbandonare il luogo (sentenze n. 105 del 2001; si
veda, inoltre, la sentenza n. 23 del 1975).
Sempre in osservanza del fondamentale criterio che attiene alla
coercizione fisica, questa Corte ha ricondotto all'art. 13 Cost.
l'esecuzione di un prelievo ematico nel corso di un procedimento
penale «quando se ne renda necessaria la esecuzione coattiva»
(sentenza n. 238 del 1996), ma ha invece escluso l'applicabilita' di
tale disposizione costituzionale al test alcolemico, ove proposto a
chi sia sospettato di aver guidato in stato di ebbrezza, considerato
che la persona, pur commettendo reato in caso di rifiuto
ingiustificato, «non subisce coartazione alcuna, potendosi rifiutare
in caso di ritenuto abuso di potere da parte dell'agente» di pubblica
sicurezza (sentenza n. 194 del 1996).
Ed e' bene precisare che qualora sia previsto il ricorso alla
forza fisica al fine di instaurare o mantenere in essere, con
apprezzabile durata, una misura restrittiva della facolta' di libera
locomozione, allora la circostanza che la legge abbia introdotto tale
misura in via generale per motivi di sanita' non comporta che essa
vada assegnata alla garanzia costituzionale offerta dall'art. 16
Cost., e sfugga cosi' alla riserva di giurisdizione, posto che detto
elemento coercitivo implica necessariamente che sia l'autorita'
giudiziaria ad applicare la restrizione, o a convalidarne
l'esecuzione provvisoria.
Cosi', in particolare, la garanzia di cui all'art. 13 Cost.
raggiunge certamente misure disposte o protratte coattivamente, anche
se sorrette da finalita' di cura, perche' «quanto meno allorche' un
dato trattamento sia configurato dalla legge non soltanto come
«obbligatorio» - con eventuale previsione di sanzioni a carico di chi
non si sottoponga spontaneamente ad esso, ma anche come «coattivo» -
potendo il suo destinatario essere costretto con la forza a
sottoporvisi, sia pure entro il limite segnato dal rispetto della
persona umana - le garanzie dell'art. 32, secondo comma, Cost.
debbono sommarsi a quelle dell'art. 13 Cost., che tutela in via
generale la liberta' personale, posta in causa in ogni caso di
coercizione che abbia ad oggetto il corpo della persona» (sentenza n.
22 del 2022).
Al paragrafo 5) di Corte costituzionale n. 127/2022, codesto
giudice delle leggi ha poi rammentato il proprio consolidato
orientamento secondo il quale l'art. 13 della Costituzione trova
applicazione non soltanto in relazione a «restrizioni» suscettibili
di essere eseguite coattivamente e di comportare coercizioni fisiche
ma anche in relazione a restrizioni che comportino la compromissione
della liberta' morale degli individui, imponendo loro «una sorta di
degradazione giuridica»:
Fin dagli esordi della sua giurisprudenza, questa Corte ha
riconosciuto che l'art. 13 Cost. deve trovare spazio non soltanto a
fronte di restrizioni mediate dall'impiego della forza fisica, ma
anche a quelle che comportino l'«assoggettamento totale della persona
all'altrui potere», con le quali, vale a dire, viene compromessa la
«liberta' morale» degli individui (sentenza n. 30 del 1962),
imponendo loro «una sorta di degradazione giuridica» (sentenza n. 11
del 1956).
Tale criterio di lettura ha trovato ripetutamente
applicazione, ove si e' trattato di qualificare sul piano
costituzionale i limiti imposti alla facolta' di libera locomozione,
che non fossero accompagnati da forme di coercizione (sentenze n. 144
del 1997; n. 193 e n. 143 del 1996; n. 210 del 1995; n. 419 del 1994;
n. 68 del 1964; n. 45 del 1960), e che, di conseguenza, si
prestavano, in linea astratta, a convergere verso il campo di
applicazione dell'art. 16 Cost.
Questa Corte ha tenuto ferma, al contrario, la necessita' che
simili restrizioni, ove implicanti «degradazione giuridica», fossero
assistite dalle piene garanzie dell'habeas corpus offerte dallo
statuto della liberta' personale.
Specie a fronte di un vasto apparato di misure di
prevenzione, che la legislazione dei tempi affidava alla gestione
della sola autorita' di pubblica sicurezza, si e' infatti ritenuto
che la medesima esigenza costituzionale di preservare la liberta'
comprimibile solo per atto motivato dell'autorita' giudiziaria nei
soli casi e modi previsti dalla legge, dovesse essere avvertita non
soltanto innanzi allo spiegamento di forme coercitive (il cui
esercizio segna la piu' icastica manifestazione del monopolio statale
della forza), ma anche per quei casi nei quali la legge assoggetta
l'individuo a specifiche prescrizioni che si riflettono sulla
facolta' di disporre di se' e del proprio corpo, compresa quella di
locomozione, recando al contempo «una menomazione o mortificazione
della dignita' o del prestigio della persona» (sentenze n. 419 del
1994 e n. 68 del 1964).
Si tratta, e' appena il caso di precisarlo, di un criterio
che e' stato utilizzato nella giurisprudenza di questa Corte solo per
allargare lo scudo protettivo dell'art. 13 Cost., e in nessun caso
per ridimensionarlo: in altri termini, ove la restrizione sia
ottenuta mediante coercizione fisica, essa continua ad afferire alla
liberta' personale, quand'anche non rechi degradazione giuridica.
Nel caso opposto, prescrizioni restrittive degradanti per la
persona, per quanto previste dalla legge e necessarie a perseguire il
«fine costituzionalmente tracciato» che le giustifica (sentenza n.
219 del 2008), non possono sfuggire alla riserva di giurisdizione,
perche' esse, separando l'individuo o un gruppo circoscritto di
individui dal resto della collettivita', e riservando loro un
trattamento deteriore, portano con se' un elevato tasso di potenziale
arbitrarieta', al quale lo Stato di diritto oppone il filtro di
controllo del giudice, quale organo chiamato alla obiettiva
applicazione della legge in condizioni di indipendenza e
imparzialita'.
Al paragrafo 5.1) di Corte costituzionale n. 127/2022, codesto
giudice delle leggi ha messo in evidenza le difficolta' che possono
incontrarsi nel distinguere fra incisioni della facolta' di
locomozione sufficientemente degradanti da incidere sulla liberta'
personale di un individuo e incisioni della facolta' di locomozione
inidonee a comportare degradazioni morali/giuridiche di sorta;
codesta Corte, tuttavia, ha inteso chiaramente riaffermare il
principio secondo cui in relazione ad una misura restrittiva deve
reclamarsi l'apparato di garanzie predisposto a tutela della liberta'
personale laddove alla stessa sia sotteso un «giudizio sulla
personalita' morale del singolo» e laddove essa presenti
un'«incidenza sulla pari dignita' sociale dello stesso».
Naturalmente, puo' essere complicato, talvolta, distinguere, tra
le incisioni della facolta' di locomozione, quelle che convergono, in
quanto degradanti, verso la liberta' personale, e quindi di
competenza dell'autorita' giudiziaria, e quelle che, invece,
afferiscono alla liberta' di circolazione.
Basti pensare, a tale proposito, che questa Corte ha ravvisato la
pertinenza dell'art. 13 Cost. a fronte dell'obbligo, non coercibile,
di comparire presso un ufficio di polizia durante lo svolgimento di
manifestazioni sportive (sentenze n. 193 e n. 143 del 1996), ma la ha
invece esclusa con riguardo al divieto di accedere agli stadi,
perche' l'assenza di un contatto con la pubblica autorita', in tal
caso, determina una «minore incidenza sulla sfera della liberta' del
soggetto», ovvero non ne comporta una degradazione giuridica
afferente alla dignita' della persona (sentenza n. 193 del 1996). Non
vi e' in questi casi, e salvo eccezioni, quel sottostante giudizio
sulla personalita' morale del singolo, e la incidenza sulla pari
dignita' sociale dello stesso, che reclamano, ove posti a base di una
misura restrittiva pur non coercitiva, l'apparato di garanzie
predisposto a tutela della liberta' personale.
Tuttavia, non e' detto che questo sia sufficiente sul piano
costituzionale, e che non debbano invece aggiungersi a cio', in casi
del tutto particolari, le garanzie offerte dall'art. 13 Cost., alla
luce delle peculiarita' con cui si e' eventualmente manifestato
l'intervento legislativo.
4.1. Facendo governo dei predetti principi, la Corte
costituzionale, nella sentenza n. 127/2022, ha dichiarato non fondata
la questione di legittimita' costituzionale - sollevata dal Tribunale
di Reggio Calabria in riferimento all'art. 13 Cost. - degli articoli
1, comma VI, e 2, comma III, del decreto-legge n. 33 del 2020.
Il giudice a quo aveva ritenuto le predette disposizioni in
contrasto con l'art. 13 della Costituzione nella parte in cui esse
non prevedono che il provvedimento di c.d. quarantena obbligatoria
disposto dall'Autorita' sanitaria sia convalidato entro il termine di
48 ore dall'Autorita' giudiziaria.
La c.d. quarantena obbligatoria e' stata ritenuta dal giudice
delle leggi, tuttavia, una misura restrittiva di carattere generale,
introdotta dalla legge per motivi di sanita', che limita la liberta'
di circolazione, e non quella personale; diversamente dalle misure
penali degli arresti domiciliari e della detenzione domiciliare,
evocate dal rimettente, il divieto di uscire dalla propria abitazione
o dimora non e' infatti accompagnato da alcuna forma di coercizione
fisica, che impedisca al soggetto di allontanarsi o ne consenta
l'arresto in caso di violazione, ne' determina alcuna degradazione
giuridica di chi vi e' sottoposto, in quanto si collega alla sola
circostanza, del tutto neutra sul piano della personalita' morale e
della pari dignita' sociale, di essersi ammalato a causa di un agente
patogeno altamente contagioso, suscettibile di essere contratto da
chiunque; pertanto, secondo codesta Corte costituzionale, non solo
non vi e' alcun obbligo ai sensi dell'art. 13 Cost. che il
provvedimento dell'autorita' sanitaria sia convalidato dall'autorita'
giudiziaria, ma di quest'ultimo non vi sarebbe neppure stata la
necessita' costituzionale. La natura del Sars-Cov-2, la sua
larghissima diffusione, l'affidabilita' degli esami diagnostici
fugano, del resto, ogni pericolo di arbitrarieta' e di ingiusta
discriminazione tale da chiamare in causa il giudice, fermo restando
che il malato puo' far valere le proprie ragioni, in via di urgenza,
innanzi al giudice comune, perche' ne sia accertato il diritto di
circolare, qualora difettino i presupposti per l'isolamento.
4.1.1. Come rammentato in Corte costituzionale n. 127/2022, gia'
in Corte costituzionale n. 11/1956 e' stata apertis verbis affermata
l'applicabilita' dell'apparato di garanzie previsto dall'art. 13
della Costituzione a misure restrittive la cui esecuzione non sia
mediata dall'impiego di forza fisica da parte dello Stato; a lume di
tanto, il giudice delle leggi ha ritenuto incostituzionale la
disciplina dell'«ammonizione», ovverosia della misura antesignana
della «sorveglianza speciale di pubblica sicurezza».
[...] e' da rilevare che la Corte e' chiamata a decidere se gli
articoli 164-176 del testo unico delle leggi di p.s., che demandano
ad una speciale commissione presieduta dal Prefetto la competenza a
pronunciare l'ammonizione con gli effetti consequenziali che da
questa pronuncia derivano, siano - o meno costituzionalmente
legittimi. In particolare la Corte deve innanzi tutto esaminare se
l'istituto dell'ammonizione, cosi' come e' disciplinato dal vigente
testo unico delle leggi di p.s., sia o non compatibile con le
disposizioni costituzionali sulla liberta' personale del cittadino;
se, poi, ove l'incompatibilita' sussista, il precetto costituzionale
si ripercuota direttamente e immediatamente in senso invalidante
sugli articoli sopra citati.
[...]
La liberta' personale si presenta [...] come diritto soggettivo
perfetto nella misura in cui la Costituzione impedisce alle autorita'
pubbliche l'esercizio della potesta' coercitiva personale.
Correlativamente, in nessun caso l'uomo potra' essere privato o
limitato nella sua liberta' se questa privazione o restrizione non
risulti astrattamente prevista dalla legge, se un regolare giudizio
non sia a tal fine instaurato, se non vi sia provvedimento
dell'autorita' giudiziaria che ne dia le ragioni. [...] la Corte
rileva, anzitutto, che nessun dubbio puo' sussistere sulla portata
sensibilmente limitatrice della liberta' personale delle norme
sull'ammonizione contenute nell'attuale testo unico delle leggi di
p.s.
A parte che limitazioni del genere siano connaturate alla
funzione di un istituto, quale quello dell'ammonizione, che trae la
ragione della sua esistenza dalla necessita' di assicurare strumenti
adeguati nella prevenzione dei delitti, non e' davvero discutibile
che nella sua regolamentazione attuale l'ammonizione si concreti,
appunto, nella restrizione di alcuni diritti fondamentali e, primo
tra questi, quello di liberta' della persona.
Bastera' ricordare che l'ammonizione, attraverso le disposizioni
che ora la regolano, si risolve in una sorta di degradazione
giuridica in cui taluni individui, appartenenti a categorie di
persone che la legge presume socialmente pericolose, magari designati
come tali dalla pubblica voce, vengono a trovarsi per effetto di una
pronuncia della pubblica autorita'; che l'ordinanza di ammonizione ha
per conseguenza la sottoposizione dell'individuo ad una speciale
sorveglianza di polizia; che attraverso questo provvedimento si
impone all'ammonito tutta una serie di obblighi, di fare e di non
fare, fra cui, quello di non uscire prima e di non rincasare dopo di
una certa ora, non e' che uno fra gli altri che la speciale
commissione prescrive.
3.1.2. I principi espressi in Corte cost. n. 11/1956 sono stati
successivamente expressis verbis ripresi e sviluppati in Corte
costituzionale n. 30/1962, arresto con il quale e' stata dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge di pubblica
sicurezza nella parte in cui esso prevedeva la possibilita' di
espletare rilievi segnaletici tali da risolversi in ispezioni
personali senza la preventiva autorizzazione dell'Autorita'
giudiziaria.
[...] l'art. 13 non si riferisce a qualsiasi limitazione della
liberta' personale, ma a quelle limitazioni che violano il principio
tradizionale dell'habeas corpus (sentenza 14 giugno 1956, n. 2; 19
giugno 1956, n. 11; 20 aprile 1959, n. 27; 15 marzo 1960, n. 12; 21
giugno 1960, n. 45).
Tuttavia, come risulta in particolare dalla sentenza 19 giugno
1956, n. 11, che dichiaro' illegittime le disposizioni concernenti
l'ammonizione, la garanzia dell'habeas corpus non deve essere intesa
soltanto in rapporto alla coercizione fisica della persona, ma anche
alla menomazione della liberta' morale quando tale menomazione
implichi un assoggettamento totale della persona all'altrui potere.
3.1.3. Come rammentato nella citata Corte costituzionale n.
127/2022, in Corte cost. 419/1994 e' stato ribadito in maniera
quantomai chiara che l'apparato di garanzie previsto dall'art. 13
della Costituzione deve trovare applicazione non soltanto «innanzi
allo spiegamento di forme coercitive (il cui esercizio segna la piu'
icastica manifestazione del monopolio statale della forza)», ma anche
dinanzi a limitazioni della liberta' di locomozione che - sebbene
astrattamente convergenti verso il campo di applicazione dell'art. 16
della Costituzione - finiscono per recare un'apprezzabile
«menomazione o mortificazione della dignita' o del prestigio della
persona», degradandola sotto il profilo giuridico. Giova riportare
qui di seguito un brano di Corte costituzionale n. 419/1994:
deve altresi' preliminarmente osservarsi che l'istituto [del
soggiorno cautelare], cosi' com'e' concretamente disciplinato,
integra senza dubbio - ad avviso di questa Corte - una restrizione
della liberta' personale e non una mera limitazione della liberta' di
circolazione e soggiorno, e cade, quindi, sotto il disposto dell'art.
13 della Costituzione (esattamente invocato dal remittente) e non
gia' nell'ambito di operativita' dell'art. 16 della Carta.
Partendo dalla considerazione che i due precetti
costituzionali ora richiamati presentano una diversa sfera di
operativita', nel senso che la liberta' di circolazione e soggiorno
non costituisce un mero aspetto della liberta' personale, ben potendo
quindi configurarsi istituti che comportano un sacrificio della prima
ma non per cio' solo anche della seconda (cfr. sentt. nn. 2 del 1956,
45 del 1960, 68 del 1964, ordinanza 384 del 1987), questa Corte ha
individuato nella «degradazione giuridica» dell'individuo l'elemento
qualificante della restrizione della liberta' personale, chiarendo
che «per aversi degradazione giuridica... occorre che il
provvedimento provochi una menomazione o mortificazione della
dignita' o del prestigio della persona, tale da poter essere
equiparata a quell'assoggettamento all'altrui potere, in cui si
concreta la violazione del principio dell'habeas corpus» (cit.
sentenza n. 68 del 1964).
Sulla possibilita' di qualificare il C.D. «Foglio di via
obbligatorio» quale misura limitativa della liberta' personale
4. Posto quanto precede, s'impone di rammentare che il c.d.
«foglio di via obbligatorio», ad oggi, non e' stato ritenuto dal
giudice delle leggi una «misura limitativa della liberta' personale».
In particolare, in Corte costituzionale n. 2/1956, la Corte
costituzionale ha ritenuto l'istituto del «foglio di via» non
contrastante con l'art. 13 della Costituzione in quanto
insuscettibile di coattiva esecuzione:
[...] la Corte ritiene che le norme relative ai provvedimenti
del rimpatrio con foglio di via obbligatorio e della conseguente
diffida, norme gia' contenute nelle precedenti leggi di p.s. del 1865
e 1889, non contrastino, salvo in due punti di cui si dira', con
l'art. 13 della Costituzione. Questa disposizione, pur ritenendosi
infondata la tesi che sia meramente programmatica o di non immediata
attuazione, non va intesa quale garanzia di indiscriminata e
illimitata liberta' di condotta del cittadino; tanto vero che la
stessa Costituzione, nello stesso art. 13 e nei successivi contempla
e disciplina varie situazioni e fissa espressamente dei limiti.
Cio' che, pero', contrasta con l'art. 13 della Costituzione e'
anzitutto il potere di ordinare la traduzione del rimpatriando,
perche' cio' viola quella liberta' personale che e' garantita da tale
articolo. La traduzione resta tuttavia legittima nei casi previsti
dall'ultimo comma dell'art. 157 e dall'analogo 3 comma dell'art. 163
della stessa legge di p.s., in quanto in tali casi la traduzione e'
per legge conseguente ad una decisione dell'Autorita' giudiziaria. Va
da se' che la mancata traduzione non produca l'impunita' di chi non
rispetti l'ordine di rimpatrio, perche' il trasgressore sara'
passibile di denuncia all'Autorita' giudiziaria per le conseguenti
sanzioni penali.
Anche in Corte costituzionale n. 45/1960 e' stato affermato che
il foglio di via obbligatorio comporti soltanto una limitazione della
liberta' di circolazione e non una limitazione della liberta'
personale; nell'arresto in parola, in particolare, il giudice delle
leggi ha inteso affermare che il foglio di via non comporti alcuna
forma di degradazione giuridica dell'individuo.
[...] Che la Costituzione abbia voluto assicurare la tutela della
liberta' in tutte le sue manifestazioni, e' certo; ma non e' esatto
che qualunque limitazione della liberta' debba essere ricondotta
sotto la disciplina dell'art. 13.
Negli articoli 13 e seguenti sono considerati i vari aspetti
sotto cui la liberta' si manifesta e si tutela e sono enunciate, da
un lato, le garanzie appropriate e, dall'altro, la possibilita' di
limitazioni. L'art. 13, nel dichiarare inviolabile la liberta'
personale, si riferisce alla liberta' della persona in senso stretto,
come risulta dalle esemplificazioni del secondo comma: detenzione,
ispezione, perquisizione. Trattasi, quindi, di quel diritto che trae
la sua denominazione tradizionale dall'habeas corpus. Ecco perche'
questa Corte nella sentenza n. 2 del 14 giugno 1956 ritenne che le
norme relative ai provvedimenti del rimpatrio con foglio di via
obbligatorio non contrastassero con l'art. 13, salvo che in due
punti: la traduzione del rimpatriando e la possibilita' che si
potesse provvedere in base a semplice sospetto.
Nell'ordinanza in esame l'art. 2 della legge 27 dicembre 1956
viene denunziato esclusivamente sotto il riflesso della competenza
dell'organo che ha il potere di disporre il rimpatrio. Sotto tale
aspetto, che e' l'unico che qui viene in considerazione, la Corte
deve riconoscere che, nel formulare la norma denunziata, il
legislatore non si e' messo in contrasto con i criteri enunciati
nella richiamata sentenza. L'ordine di rimpatrio non consente
l'esercizio di alcuna coercizione.
Il soggetto, cui l'ordine e' stato impartito, non puo' essere
tradotto al luogo del rimpatrio, salvo che a seguito della sentenza
di condanna. Sussiste, quindi, una limitazione alla liberta' di
circolazione e di soggiorno ai sensi dell'art. 16 della Costituzione,
ma non una restrizione della liberta' personale ai sensi dell'art.
13.
Non e' esatto affermare che la situazione di chi e' obbligato al
rimpatrio sia assimilabile a quella di chi era sottoposto
all'ammonizione secondo gli allora vigenti articoli 170 e seguenti
della legge di pubblica sicurezza.
Con la sentenza n. 11 del 19 giugno 1956 la Corte rilevo' che
l'ammonizione si risolveva in una sorta di degradazione giuridica in
cui taluni individui venivano a trovarsi per effetto della
sorveglianza di polizia cui erano sottoposti attraverso tutta una
serie di obblighi, di fare e di non fare, fra cui quello di non
uscire prima e di non rincasare dopo di una certa ora non era che uno
fra gli altri che la speciale commissione poteva prescrivere.
Ora, come si e' detto, l'ordine di rimpatrio non importa alcuna
conseguenza di questo genere, perche' lascia integra la liberta'
della persona soggetta all'ordine di rimpatrio, ponendo soltanto
limiti alla possibilita' di movimento e di soggiorno: limiti sul
contenuto dei quali nella presente controversia non e' stata
sollevata questione.
Dal che si deduce che non illegittimamente l'art. 2 della legge
del 1956 ha demandato l'emissione dell'ordine di rimpatrio, senza
traduzione, all'Autorita' di pubblica sicurezza;
5. Ad avviso di questo G.i.p., l'orientamento espresso in Corte
costituzionale n. 2/1956 e in Corte costituzionale n. 45/1960 merita
di essere superato alla luce dell'ormai consolidato quadro di
principi delineato da codesta Corte nell'ambito dell'«actio finium
regundorum» compiuta in relazione all'ambito applicativo delle
disposizioni di cui agli articoli 13 e 16 della Costituzione.
5.1. Come rammentato supra, ad oggi e' pressocche' pacifico che
una misura «restrittiva» idonea a porre apprezzabili limiti alla
facolta' di locomozione di un individuo possa essere ritenuta
«limitativa della liberta' personale» anche laddove l'ordinamento
giuridico non preveda la possibilita' che la stessa sia eseguita
coattivamente a mezzo di «coercizione fisica»; a lume di tanto, non
v'e' dubbio che il principale argomento sotteso alle sentenze con cui
e' stata dichiarata l'infondatezza delle questioni di
costituzionalita' sollevate in relazione al c.d. «foglio di via
obbligatorio» debba ritenersi definitivamente superato.
5.2. Come rammentato supra, codesta Corte, in numerose occasioni,
ha affermato che le garanzie dell'habeas corpus debbano applicarsi a
«restrizioni» tali da implicare:
un giudizio sulla personalita' morale del singolo;
un'incidenza sulla pari dignita' sociale dell'individuo;
una compromissione della liberta' morale dell'individuo;
una degradazione giuridica;
una menomazione o mortificazione della dignita' o del
prestigio della persona;
una separazione dell'individuo dal resto della collettivita'
per il tramite dell'irrogazione nei suoi confronti di un trattamento
deteriore.
Orbene, aparere di questo G.i.p., un provvedimento quale il
foglio di via obbligatorio, nei suoi presupposti applicativi e nei
suoi effetti, non puo' non implicare conseguenze analoghe a quelle
appena menzionate.
5.2.1. Sotteso ad un foglio di via v'e' certamente un «giudizio
sulla personalita' morale» del relativo destinatario; quella di cui
trattasi, infatti, e' una misura di prevenzione suscettibile di
essere disposta esclusivamente nei confronti di soggetti che possano
ritenersi pericolosi socialmente ai sensi dell'articolo 1 del decreto
legislativo n. 159/2011, ossia a soggetti «abitualmente dediti a
traffici delittuosi» e/o «che vivono abitualmente, anche in parte,
con i proventi di attivita' delittuose» e/o «che sono dediti alla
commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrita'
fisica o morale dei minorenni, la sanita', la sicurezza o la
tranquillita' pubblica»; non puo' negarsi che l'inquadramento di una
persona in una delle predette categorie abbia effetti pesantemente
stigmatizzanti, a meno di non voler ritenere che un soggetto di media
ragionevolezza possa essere indifferente all'eventualita' di essere
definito dall'Autorita' pubblica un vero e proprio «pericolo per la
collettivita'».
5.2.1.1. Il «giudizio sulla personalita' morale» del destinatario
di un foglio di via obbligatorio appare tanto piu' stigmatizzante
quanto piu' si pone mente alla circostanza che la misura di
prevenzione di cui trattasi - come stabilito anche dalla consolidata
giurisprudenza amministrativa - «si presenta, [gia'] sul piano della
sua tipizzazione normativa, fortemente caratterizzata in termini
penalistici», nel senso che la pericolosita' sociale del soggetto
interessato deve essere ricostruita, «da un lato, attingendo al
vissuto criminale [dello stesso] (nei suoi risvolti pregressi ed in
quelli prognostici) e, dall'altro lato, analizzando il potenziale
offensivo insito nelle condotte criminose alle quali il medesimo
risulti essere dedito, con una precisa direzionalita' lesiva, quanto
ai beni esposti a pregiudizio».
Detto principio e' stato affermato a chiare lettere in Consiglio
di Stato, Sez. III, 22 aprile 2022, n. 3108, arresto della cui
motivazione appare opportuno riportare un ampio stralcio qui di
seguito:
[...] per l'adozione del foglio di via obbligatorio sono
richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, in base ai quali
puo' essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilita' che
il soggetto commetta reati che offendono o mettono in pericolo la
tranquillita' e sicurezza pubblica, perche', diversamente, si
finirebbe per fondare la misura sulla responsabilita' collettiva per
fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso
di specie, di un movimento sindacale.
In particolare, come questo Consiglio di Stato ha gia'
evidenziato nella propria costante giurisprudenza, assumono rilievo
centrale, sul piano istruttorio e motivazionale, il profilo
soggettivo, relativo alla «dedizione» del soggetto alla commissione
di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva dei
medesimi reati nei confronti dei beni nominativamente individuati dal
legislatore e cioe', per quanto di interesse, quelli della sicurezza
e della tranquillita' pubblica.
Il foglio di via obbligatorio, previsto dall'art. 2 del
decreto legislativo n. 159 del 2011, e' infatti diretto a prevenire
reati socialmente pericolosi, non gia' a reprimerli, e pertanto,
benche' non occorra la prova della avvenuta commissione di reati, e'
richiesta dalla giurisprudenza amministrativa una motivata
indicazione dei comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e
dal contesto socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente
emerga una apprezzabile probabilita' di condotte penalmente rilevanti
e socialmente pericolose.
[...]
La misura preventiva in questione si presenta, sul piano
della sua tipizzazione normativa, fortemente caratterizzata in
termini penalistici, nel senso che entrambi i predetti profili,
soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti, da un lato,
attingendo al vissuto criminale del soggetto interessato (nei suoi
risvolti pregressi ed in quelli prognostici) e, dall'altro lato,
analizzando il potenziale offensivo insito nelle condotte criminose
alle quali il medesimo risulti essere dedito, con una precisa
direzionalita' lesiva, quanto ai beni esposti a pregiudizio [...]
Queste considerazioni valgono, a maggior ragione, dopo la
recente sentenza [...] della Corte costituzionale che, in seguito
alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 23
febbraio 2017, ..., e seppure con riferimento alle ipotesi di cui
alle lettera a) e b) dell'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
159 del 2011, ha sottolineato l'esigenza generale di rispettare,
anche per il diritto della prevenzione, essenziali garanzie di
tassativita' sostanziale, inerente alla precisione, alla
determinatezza e alla prevedibilita' degli elementi costitutivi della
fattispecie legale, che costituisce oggetto di prova, ed altrettanto
essenziali garanzie di tassativita' processuale, attinente invece
alle modalita' di accertamento probatorio in giudizio.
5.2.2. Il foglio di via obbligatorio incide sulla pari dignita'
sociale di un individuo; precludere ad un soggetto di intrattenersi
presso una porzione del territorio dello Stato equivale, con tutta
evidenza, a negare al predetto di esercitare presso l'anzidetto
spazio i propri diritti civili, sociali e politici; che cio' accada
in virtu' di un previo giudizio negativo sulla sua «personalita'
morale» rende palese la compressione della sua dignita' sociale.
5.2.3. Come correttamente posto in evidenza in Corte
costituzionale n. 127/2022, non tutte le limitazioni della liberta'
di locomozione di un individuo incidono sulla dignita' sociale dello
stesso; l'essere costretti a permanere presso il proprio domicilio
per ragioni sanitarie, infatti, non comporta alcun particolare
stigma; ad esempio, chiunque, incolpevolmente, puo' contrarre un
virus ed altrettanto incolpevolmente puo' essere costretto
all'isolamento domiciliare per ragioni di tutela della salute
pubblica, senza che la cosa comporti alcuno stigma sociale;
parimenti, il divieto imposto a parte della popolazione nazionale di
uscire dai confini di una specifica regione, se posto allo scopo di
prevenire la diffusione di un pericoloso agente patogeno, non
comporta alcuna degradazione della «pari dignita' sociale» dei
destinatari di un simile divieto, nessuno dei quali potrebbe mai
essere ritenuto colpevole di aver innescato un'epidemia/una pandemia;
a conclusioni diverse deve addivenirsi in relazione agli effetti
dell'emissione di un foglio di via obbligatorio; l'allontanamento di
un cittadino dal territorio di un comune, infatti, presuppone
l'accertamento della «nocivita'» dello stesso per la comunita'
residente entro i confini del predetto ente locale; cio' non puo' non
riverberarsi negativamente in capo alla personalita' morale
dell'individuo «allontanato»; non pare inopportuno mettere in
evidenza, d'altra parte, che cittadini di media cultura, usualmente,
non percepiscono alcuna differenza tra la misura prevista dall'art. 2
del decreto legislativo n. 159/2011 e la misura cautelare personale
del divieto di dimora prevista dall'art. 283, comma I c.p.p..
5.2.4. Il foglio di via obbligatorio, per analoghe ragioni,
compromette la liberta' morale dell'individuo; al destinatario di una
simile misura di prevenzione e' precluso di intrattenersi presso una
porzione del territorio dello Stato, il che, talora, puo' comportare
un'apprezzabile diminuzione delle possibilita' di realizzazione d'una
persona; ad esempio, impedire la permanenza di un soggetto
disoccupato entro i confini di un capoluogo di provincia
commercialmente ed industrialmente sviluppato sito presso una
provincia complessivamente depressa economicamente puo' comportare
un'apprezzabile diminuzione delle chances di occupazione
dell'individuo «allontanato» e, dunque, delle sue possibilita' di
partecipare alla vita sociale ed economica del Paese; altro esempio
di rilievo e' quello offerto da una recente sentenza del Tribunale
amministrativo regionale di Perugia (5) , nella quale si e' affermato
che il foglio di via puo' finire per incidere sulla vita familiare e
privata di un individuo, al punto da ostacolare sensibilmente
l'esercizio dei diritti previsti dall'art. 8 della C.E.D.U.. (6)
5.2.5. Il «foglio di via obbligatorio» e' un provvedimento che
comporta una importante degradazione giuridica del suo destinatario;
la sfera giuridica di questi risulta intaccata dalla misura di
prevenzione de qua; il novero delle facolta' riconosciute al soggetto
colpito dal «foglio di via» e' apprezzabilmente ridotto rispetto a
quello previsto in relazione alla generalita' dei consociati, il che
ingenera una separazione di detto individuo dal resto della
collettivita' per il tramite dell'irrogazione nei suoi confronti di
un trattamento innegabilmente deteriore; in tal proposito, attenta
dottrina ha messo in evidenza come il destinatario della misura
prevista dall'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 non possa
rendere l'ufficio di testimone (in tal senso l'art. 120 c.p.p.), non
possa assumere l'ufficio di interprete (in tal senso l'art. 144
c.p.p.), non possa svolgere l'incarico di perito o di consulente
tecnico nell'ambito di un procedimento penale (in tal senso gli
articoli 222 e 225 c.p.p.) e non possa essere ammesso ad un'aula di
udienza (in tal senso l'art. 471, comma II c.p.p.).
5.2.6. Appare quasi inutile sottolineare come il foglio di via
obbligatorio non possa non comportare una menomazione o
mortificazione della dignita' o del prestigio del suo destinatario;
nessuno mai, infatti, riterrebbe dignitoso essere ritenuto pericoloso
socialmente e, contestualmente, essere de facto espulso - seppur per
un intervallo di tempo limitato - dal territorio di un comune;
parimenti, tenuto conto della media sensibilita' dei consociati,
nessuno mai riterrebbe il proprio prestigio non intaccato
dall'irrogazione di una misura di prevenzione quale quella di cui
trattasi.
L'idoneita' del foglio di via obbligatorio a comportare un
«Assoggettamento all'altrui potere» assimilabile, sotto plurimi
profili, a quello proprio delle misure previste dagli articoli 233
c.p., 283, comma I codice di procedura penale e 6 del decreto
legislativo n. 159/2011
6. Il foglio di via obbligatorio, cosi' come previsto dall'art. 2
del decreto legislativo n. 159/2011, impone al soggetto che ne e'
interessato un facere - il ritorno nel comune di residenza - ed un
non facere - l'obbligo di non fare rientro nel territorio di un
determinato comune: una misura disciplinata in tal guisa appare
sostanzialmente sovrapponibile alla misura di sicurezza del divieto
di soggiorno prevista dall'art. 233 codice penale ed alla misura
cautelare del divieto di dimora prevista dall'art. 283, comma I
c.p.p..
In tal proposito, pare opportuno rammentare che:
l'art. 233 del codice penale prevede che «al colpevole di un
delitto contro la personalita' dello Stato o contro l'ordine
pubblico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici o
occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in
un determinato luogo, puo' essere imposto il divieto di soggiornare
in uno o piu' comuni o in una o piu' province, designati dal
giudice»; «il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un
anno»; «nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine
minimo, e puo' essere ordinata inoltre la liberta' vigilata»;
l'art. 283, comma I codice di procedura penale prevede che
«con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice
prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di
non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede».
A parere di questo G.i.p., e' innegabile che la restrizione
prevista dall'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 sortisca
effetti obbligatori naturalisticamente pressocche' identici a quelli
sortiti dalle misure di cui agli articoli 233 codice penale e 283,
comma I c.p.p., sostanziantisi nell'allontanamento da una data
porzione del territorio dello Stato.
6.1. Alla luce dei principi espressi nella giurisprudenza
amministrativa, anche i presupposti di applicazione e i fini del
foglio di via appaiono similari a quelli propri della misura di
sicurezza del divieto di soggiorno e a quelli della misura cautelare
del divieto di dimora.
In tal proposito, va osservato - cosi' come gia' rammentato supra
- che nel diritto vivente e' consolidato il principio secondo cui «il
foglio di via obbligatorio [...] e' [...] diretto a prevenire reati
socialmente pericolosi [...] e [...], benche' non occorra la prova
della avvenuta commissione di reati, e' richiesta dalla
giurisprudenza amministrativa una motivata indicazione dei
comportamenti e degli episodi, desunti dalla vita e dal contesto
socio ambientale dell'interessato, da cui oggettivamente emerga una
apprezzabile probabilita' di condotte penalmente rilevanti e
socialmente pericolose [...]»; inoltre, secondo i giudici
amministrativi, «entrambi i predetti profili [...] devono essere
ricostruiti, da un lato, attingendo al vissuto criminale del soggetto
interessato (nei suoi risvolti pregressi ed in quelli prognostici,)
e, dall'altro lato, analizzando il potenziale offensivo insito nelle
condotte criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito, con
una precisa direzionalita' lesiva, quanto ai beni esposti a
pregiudizio» (in tal senso, ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez.
III, 22 aprile 2022, n. 3108). (7)
Orbene, posto quanto precede, deve osservarsi che:
l'applicazione di una misura di sicurezza quale quella di cui
all'art. 233 codice penale si basa sulla pregressa commissione di
specifiche tipologie di delitto; l'applicazione di una misura
cautelare quale quella di cui all'art. 283, comma I codice di
procedura penale presuppone la predicabilita' in capo al «cautelato»
di un grave quadro indiziario in relazione ad almeno un delitto
punito con pena detentiva superiore nel massimo a tre anni di
reclusione; analogamente, anche la valutazione della pericolosita'
sociale del destinatario di un foglio di via obbligatorio impone di
«attinge[re] al vissuto criminale del soggetto interessato, nei suoi
risvolti pregressi ed in quelli prognostici»;
la misura di sicurezza prevista dall'art. 233 codice penale
e' una misura di carattere special-preventivo tesa a neutralizzare la
pericolosita' sociale del suo destinatario e, dunque, la reiterazione
di reati da parte di questi; anche la misura cautelare di cui
all'art. 283, comma I codice di procedura penale puo' essere disposta
per prevenire la reiterazione di reati, entro i limiti previsti
dall'art. 274, comma I, lettera c) c.p.p.; analogamente, anche il
foglio di via obbligatorio puo' essere adottato per soddisfare
un'esigenza di carattere preventivo, al fine di far fronte ad «una
apprezzabile probabilita' di condotte penalmente rilevanti e
socialmente pericolose».
7. La misura del foglio di via obbligatorio, a parere di questo
G.i.p., sortisce effetti incapacitanti in larga misura sovrapponibili
anche a quelli sortiti dalla misura della sorveglianza speciale
allorquando essa non e' caratterizzata da prescrizioni
particolarmente stringenti - ad esempio, dall'obbligo di soggiorno in
un determinato comune - e, al contempo, e' accompagnata dal divieto
di soggiorno in un comune. Oltretutto, tanto la violazione delle
prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale
con divieto di soggiorno in specifici luoghi tanto la violazione
della prescrizione di allontanarsi da un determinato comune comporta
conseguenze di carattere penale - in un caso, l'integrazione del
reato di cui all'art. 75, comma 2 del decreto legislativo n.
159/2011, nell'altro l'integrazione del reato di cui all'art. 76,
comma 3 del decreto legislativo n. 159/2011.
8. Breviter: l'«assoggettamento all'altrui potere» comportato
dalla misura di prevenzione prevista dall'art. 2 del decreto
legislativo n. 159/2011 appare in larga misura sovrapponibile a
quello comportato dalle misure di cui agli articoli 233 c.p. (8) ,
283, comma 1 codice di procedura penale e 6 del decreto legislativo
n. 159/2011; al contempo, per i motivi espressi supra, il foglio di
via comporta la degradazione giuridica, un giudizio negativo di
personalita', lo stigma morale e la compressione della dignita'
sociale del soggetto che ne e' destinatario.
La non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 159/2011
per contrarieta' agli articoli 13 e 3 della Costituzione
9. Alla luce delle argomentazioni sin qui svolte, questo giudice
per le indagini preliminari ritiene che sia ormai consolidato - e
condivisibile - l'orientamento di codesta Corte secondo il quale una
misura limitativa della liberta' di locomozione di un individuo puo'
considerarsi «limitativa della liberta' personale» - e non soltanto
della «liberta' di circolazione» - allorquando essa, per quanto non
coercibile, degradi giuridicamente il suo destinatario, connotando di
disvalore la sua persona e finendo per acquisire un'afflittivita'
assimilabile a quella di misure coercitive.
Questo giudice per le indagini preliminari ritiene, altresi', che
la misura del foglio di via obbligatorio, per presupposti applicativi
ed effetti, implichi inevitabilmente la formulazione di un giudizio
ben negativo sulla personalita' morale del soggetto «allontanato»,
un'incisione rilevante sulla sua pari dignita' sociale, una
compromissione della sua liberta' morale, una degradazione giuridica
tale da ingenerare una menomazione e/o mortificazione della dignita'
o del prestigio della persona, nonche' una separazione dell'individuo
dal resto della collettivita' per il tramite dell'irrogazione nei
suoi confronti di un trattamento deteriore.
Gli effetti incapacitanti della misura prevista dall'art. 2 del
decreto legislativo n. 159/2011 comportano un «assoggettamento
all'altrui potere» del tutto assimilabile in tutto a quello della
misura cautelare del divieto di dimora (pacificamente identificabile
quale misura limitativa della liberta' personale) ed alla misura di
sicurezza prevista dall'art. 233 codice penale (suscettibile di
essere disposta solo dall'Autorita' giudiziaria), nonche', seppur
parzialmente, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale
- misura che, sulla base di principi anticamente espressi gia' in
Corte costituzionale n. 11/1956 e da ultimo vigorosamente riaffermati
in Corte costituzionale n. 24/2019, e' sottoposta al complesso di
garanzie previste dall'art. 13 della Costituzione.
10. Posto quanto precede, l'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011, nel prevedere che il questore possa ordinariamente disporre
la misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio, appare in
contrasto con l'art. 13 della Costituzione, e cio' in quanto la
misura de qua - comportante una rilevante degradazione giuridica e
morale del suo destinatario, dunque una limitazione della liberta'
personale e non soltanto una restrizione della liberta' di
circolazione - dovrebbe essere disposta dall'Autorita' giudiziaria e
non dall'Autorita' di pubblica sicurezza.
L'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 appare in contrasto,
altresi', con l'art. 3 della Costituzione, e cio' in quanto appare
irragionevole che una misura comportante un assoggettamento della
persona all'altrui potere quale il foglio di via obbligatorio sia
disposta dell'Autorita' di pubblica sicurezza sebbene misure
comportanti un analogo assoggettamento siano disposte dall'Autorita'
giudiziaria.
11. Appare opportuno rammentare, da ultimo, che recentemente la
Corte costituzionale, nella sentenza n. 2/2023, ha ritenuto
costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 15 della
Costituzione, l'art. 3, comma 4 del decreto legislativo n. 159/2011
nella parte in cui include i telefoni cellulari tra gli apparati di
comunicazione radiotrasmittente di cui il questore puo' vietare, in
tutto o in parte, il possesso o l'utilizzo.
Nella sentenza de qua si legge quanto segue:
in un caso (sentenza n. 419 del 1994, pronunciata in
riferimento alla misura di prevenzione del cosiddetto «soggiorno
cautelare», che poteva essere disposto dal procuratore nazionale
antimafia, in presenza di indici di pericolosita' di reati
associativi di stampo mafioso di particolare allarme sociale), la
sentenza d'accoglimento, fondata sulla natura non giurisdizionale
dell'organo chiamato ad adottare la misura limitativa della liberta'
personale, ha avuto cura di precisare l'ininfluenza ai fini del
rispetto della riserva di giurisdizione, dell'eventuale previsione di
un riesame del giudice, su iniziativa dell'interessato. Gia' in
quell'occasione, fu osservata la natura meramente eventuale di questo
vaglio, attivabile su impulso del destinatario della misura. Cio' va
ribadito nell'odierna questione: quel che conta, ai fini del rispetto
della riserva di giurisdizione costituzionalmente imposta, e' la
titolarita' del potere di decidere, direttamente e definitivamente,
la misura stessa. Se tale potere e' conferito ad un'autorita' non
giudiziaria, nessun riferimento ad una «fattispecie a formazione
progressiva», sulla base della previsione di un eventuale, successivo
intervento del giudice, puo' emendare il vizio di legittimita'
costituzionale.
Da questo punto di vista, non ha dunque pregio l'osservazione
dell'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui il divieto del
questore sarebbe «pienamente» assistito dal controllo dell'autorita'
giudiziaria, «essendo opponibile, successivamente alla denegata
richiesta di revoca, davanti al tribunale in composizione
monocratica, nella forma dell'incidente di esecuzione».
Questo giudice ritiene di condividere pienamente i principi
espressi nell'arresto appena evocato: ove si ritenga che il foglio di
via sia una misura limitativa della liberta' personale e che in
relazione ad esso trovi applicazione l'art. 13 della Costituzione,
non puo' contestualmente accettarsi che il provvedimento in parola
possa essere adottato in prima battuta da un'Autorita' amministrativa
e che la c.d. riserva di giurisdizione sia garantita solo a mezzo di
un controllo eventuale, successivo, innescato da un'iniziativa
dell'interessato.
12. Nella sentenza n. 2/2023 della Corte costituzionale si e'
precisato, inoltre, quanto segue:
come accade nell'ambito delle stesse misure di prevenzione
personali applicate dall'autorita' giudiziaria (ai sensi, ad esempio,
dell'art. 5, comma 1, cod. antimafia), ben puo' spettare anche al
questore la titolarita' del potere di proporre che a un determinato
soggetto sia imposto il divieto di possedere o utilizzare un telefono
cellulare, ma non gli compete di adottare il provvedimento, poiche'
l'art. 15 Cost. non lo consente: la decisione non puo' che essere
dell'autorita' giudiziaria, con le procedure, le modalita' e i tempi
che compete al legislatore prevedere, nel rispetto della riserva di
legge prevista dalla Costituzione.
Questo giudice per le indagini preliminari ritiene che
l'anzidetto principio ben possa essere applicato anche in relazione
al foglio di via obbligatorio: il questore puo' ben essere titolare
del potere di proporre che a un determinato soggetto sia imposto il
divieto di permanere entro il territorio di un determinato comune, ma
non puo' decidere di adottare siffatta decisione.
La rilevanza della questione di costituzionalita' supra delineata in
seno al procedimento penale che occupa questo G.I.P.
13. Come riportato ai paragrafi 1), 1.1) e 1.2) della presente
ordinanza, il foglio di via obbligatorio violato da P. L. e' stato
emesso dal Questore di ..., previo accertamento della pericolosita'
sociale dell'odierno imputato e sulla base di quanto attualmente
disposto dall'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011.
L'anzidetto provvedimento non puo' essere disapplicato da questo
giudice ai sensi dell'art. 5 della legge n. 2248/1965, considerato
che lo stesso appare congruamente motivato, non viziato da profili di
nullita' o annullabilita' e legittimamente emesso dall'Autorita' di
pubblica sicurezza ad oggi competente in ordine alla sua emissione.
L'impossibilita' di disapplicare il foglio di via de quo
comporterebbe l'obbligo, in capo a questo G.i.p., di accogliere la
richiesta di decreto penale di condanna formulata dalla Procura della
Repubblica presso il Tribunale di ...
A lume di tanto, evidente e' la rilevanza, nel caso che ci
occupa, della questione di costituzionalita' delineata supra.
Ed infatti:
la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 2 del
decreto legislativo n. 159/2011 comporterebbe in capo a questo
giudice l'obbligo di disapplicare il provvedimento la cui violazione
e', ad oggi, addebitata al P.;
la disapplicazione del predetto provvedimento comporterebbe
l'emissione, nei confronti del P. di sentenza di assoluzione de plano
ai sensi degli articoli 129 e 459, comma III c.p.p..
Osservazioni sul petitum
14. La questione di costituzionalita' sollevata con la presente
ordinanza appare assimilabile, ex plurimis, a quella sulla quale la
Corte costituzionale si e' pronunciata con la sentenza n. 11/1956.
(9)
Ed infatti - oggi come 67 anni fa - non ci si puo' limitare a
sollecitare la declaratoria di incostituzionalita' della norma che
sanziona penalmente (10) ) la violazione delle prescrizioni di una
misura di prevenzione il cui procedimento applicativo e' ritenuto in
contrasto con l'art. 13 della Costituzione.
Cio' che viene in rilievo nel caso che ci occupa, infatti, e' la
prospettata illegittimita' di una tipologia di misura di prevenzione
asseritamente comportante limitazioni della liberta' personale, e non
la facolta' del legislatore di sanzionare penalmente la violazione di
prescrizioni correlate a misure limitative della liberta'.
Come osservato da acuta dottrina, analogo schema valutativo e'
stato adottato dal giudice delle leggi in Corte costituzionale n.
59/1958. (11)
Tanto impone a questo dunque, di sollevare questione di
costituzionalita' in relazione all'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011.
15. In Corte costituzionale n. 11/1956 e' stata condivisibilmente
dichiarata l'incostituzionalita' dell'intera disciplina
dell'ammonizione.
Il giudice delle leggi ha ritenuto non «dubbio che la
regolamentazione [...] dell'ammonizione si present[asse] in stridente
contrasto con il precetto costituzionale che sottrae alle autorita'
amministrative il potere di emanare provvedimenti restrittivi della
liberta' personale», contestualmente affermando che «le norme
sull'ammonizione [fossero] costituzionalmente incompatibili con il
diritto soggettivo di liberta' personale costituzionalmente
garantito».
Codesta Corte, all'ultimo capoverso della sentenza qui
richiamata, ha poi ritenuto priva di rilievo giuridico che la
declaratoria di incostituzionalita' degli articoli dal 164 al 176 del
T.U.L.P.S. «impedi[sse] l'applicazione di una misura preventiva di
cui il costituente non sembra[va] averne voluto, come tale, la
soppressione», ritenendo che siffatta «preoccupazione muove[sse] da
presupposti ed opera[sse] in un piano» irrilevante «nell'esercizio
del controllo di costituzionalita'». A parere di questo G.i.p.,
simili valutazioni devono essere compiute anche in relazione al caso
che ci occupa: i profili di contrasto dell'art. 2 del decreto
legislativo n. 159/2011 con gli articoli 3 e 13 della Costituzione
non possono essere obliterati a fronte del «rischio» di precludere al
questore l'uso di uno strumento «agile» quale quello del foglio di
via obbligatorio, adottabile senza coinvolgere il suo destinatario
nel relativo procedimento applicativo. (12)
Questioni di legittimita' costituzionale formulate in via subordinata
16. Questo giudice per le indagini preliminari ritiene opportuno
formulare, in via subordinata, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 nella
parte in cui detta disposizione non prevede che per il foglio di via
obbligatorio si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni di
cui all'art. 6, commi 2-bis, 3 e 4, della legge 13 dicembre 1989, n.
401.
16.1. Il c.d. D.A.S.P.O. urbano, per presupposti e finalita',
costituisce una misura ben simile a quella del foglio di via.
Ciononostante, deve osservarsi che:
il D.A.S.P.O. urbano prevista dall'art. 10, comma III del
decreto-legge n. 14/2017 - della durata di un anno, irrogabile nei
confronti di soggetti la cui maggior pericolosita' sociale e'
desumibile da specifiche tipologie di precedenti giudiziari della
durata di un anno - deve essere convalidato dal giudice per le
indagini preliminari secondo la normativa prevista dall'art. 6 della
legge n. 401/1989, e cio' sebbene il provvedimento in parola concerna
solo specifiche aree ricadenti entro un territorio comunale;
per il foglio di via obbligatorio - provvedimento che
riguardando tutta l'area ricadente entro i confini di un comune - non
e' prevista alcuna procedura di convalida da parte dell'Autorita'
giudiziaria. A parere di questo G.i.p., puo' una disparita' di
normazione fra situazioni del tutto similari che non pare
giustificabile e, dunque, una disparita' irragionevole, tale da
integrare una violazione dell'art. 3 della Costituzione, e cio' pur a
voler prescindere dalla qualificazione del foglio di via quale misura
limitativa della liberta' personale.
16.1.1. La questione di costituzionalita' che questo giudice per
le indagini preliminari intende sollevare in via subordinata appare
rilevante nell'ambito del presente procedimento penale: l'odierno
imputato ha l'obbligo, in virtu' del foglio di via obbligatorio di
cui al capo d'imputazione, di non fare ritorno nel Comune di ... per
tre anni; il provvedimento di cui trattasi, stante la normativa
attualmente vigente, non e' mai stato convalidato da un giudice per
le indagini preliminari secondo la procedura di cui all'art. 6, comma
2-bis, 3 e 4 della legge n. 401/1989 e, dunque, non risulta, ad oggi,
disapplicabile.
Il trattamento riservato dall'ordinamento a P. L., dunque, appare
deteriore rispetto a quello riservato a soggetti destinatari della
piu' mite misura prevista dall'art. 10, comma III del decreto-legge
n. 14/2017, in violazione dell'art. 3 della Costituzione.
16.1.2. Per i motivi esposti supra, a parere di questo giudice
per le indagini preliminari il foglio di via obbligatorio e' da
considerarsi misura limitativa della liberta' personale.
Cio' posto, laddove si ritenesse - come fatto dalla
giurisprudenza amministrativa - che la misura in parola sia emessa
dall'Autorita' di pubblica sicurezza su presupposti di necessita' e
urgenza, appare incostituzionale la mancata previsione nell'art. 2
del decreto legislativo n. 159/2011 di un meccanismo di garanzia
quale quello previsto dall'art. 13, comma III Cost; che detto
meccanismo sia quello previsto dall'art. 6, comma 2-bis, 3 e 4 della
legge n. 401/1989 appare una soluzione costituzionalmente adeguata.
16.1.3. In estremo subordine, puo' ritenersi irragionevole che
una misura limitativa della liberta' personale quale il foglio di via
obbligatorio, allorquando sia di durata annuale, non debba essere
convalidata ex art. 6, comma 2-bis, 3 e 4 della legge n. 401/1989
mentre, invece, un c.d. D.a.s.p.o. urbano di pari durata debba essere
convalidato dal G.i.p..
17. Ove venisse accolta la questione di costituzionalita'
sollevata in via subordinata da questo G.i.p., il foglio di via che
ha colpito il P. dovrebbe essere disapplicato e, dunque, dovrebbe
assolversi l'odierno imputato in relazione alla contravvenzione di
cui all'art. 76, comma III del decreto legislativo n. 159/2011 con
sentenza emessa de plano ai sensi degli articoli 129 e 459, comma III
c.p.p..
Considerazioni conclusive
18. Da ultimo, sia concesso a questo giudice per le indagini
preliminari di porre in evidenza alcuni dati.
La prassi insegna che, talora, il foglio di via obbligatorio e'
de facto disposto per far fronte a problematiche che - sebbene
legittimamente suscettibili di destare l'attenzione dell'Autorita' di
pubblica sicurezza - non possono, di per se' sole, legittimare una
rilevantissima degradazione giuridica ed un pesante stigma morale
quali quelli conseguenti all'applicazione della misura di prevenzione
di cui trattasi.
In tal proposito, ben noto e' l'orientamento giurisprudenziale
secondo il quale «laddove il provvedimento amministrativo, il foglio
di via obbligatorio, sia motivato con riferimento esclusivo
all'attivita' di prostituzione e' doverosa la sua disapplicazione da
parte del giudice penale chiamato a pronunciarsi sulla ricorrenza
dell'ipotesi di reato di cui all' art. 76, comma 3, decreto
legislativo n. 159/2011. Questo perche' l'esercizio della
prostituzione non rientra tra le categorie delle persone pericolose
ai sensi della normativa vigente e non e' un'attivita' costituente
reato; infatti tale esercizio non puo' fondare l'emissione di un
provvedimento di allontanamento basato sulle ipotesi di traffici
delittuosi» (in tal senso, ex plurimis, Cassazione pen., Sez. I, 20
febbraio 2019, n. 17616).
La disposizione di cui all'art. 2 del decreto legislativo n.
159/2011, in talune occasioni, puo' altresi' sortire un apprezzabile
chilling effect in relazione all'esercizio di diritti
costituzionalmente garantiti come, ad esempio, il diritto di
sciopero.
In tal proposito e' quantomai utile porre mente ai principi
espressi in Consiglio di Stato, Sez. III, 6 novembre 2019, n. 7575,
ribaditi in Tribunale amministrativo regionale Bologna, Sez. I, 15
gennaio 2020, n. 21 e in Consiglio di Stato, Sez. III, 22 aprile
2022, n. 3108:
[...] per l'adottabilita' del foglio di via obbligatorio sono
richiesti elementi di fatto, attuali e concreti, sulla base dei quali
puo' essere formulato un giudizio prognostico sulla probabilita' che
il soggetto commetta reati che offendono o mettono in pericolo la
tranquillita' e la sicurezza pubblica, perche', diversamente, si
finirebbe per fondare la misura sulla responsabilita' collettiva per
fatti addebitabili ad anonimi esponenti di un gruppo o, come nel caso
di specie, di un movimento sindacale» [...]
«la semplice presenza in un picchetto di molte persone
finalizzato ad ostacolare gli automezzi in entrata e in uscita dallo
stabilimento industriale, non connotata da elementi fattuali che
consentono di tracciare specifici e individuali condotte di violenza
o minaccia da parte di un determinato soggetto, non puo' integrare da
solo sintomo di pericolosita' sociale a carico di questo, se non si
vuole trasformare il diritto di prevenzione e, in particolare, il
foglio di via obbligatorio in un surrettizio, indebito, strumento di
repressione della liberta' sindacale e del diritto di sciopero e, in
ultima analisi, in una misura antidemocratica [...] il picchettaggio
non puo' ritenersi attivita' in se' vietata o pericolosa, rientrando
nel legittimo esercizio del diritto di sciopero, purche' non avvenga
con modalita' violente o minacciose tali da condizionare la liberta'
dei lavoratori non scioperanti o da mettere in repentaglio, appunto,
la pubblica sicurezza.
Orbene, alla luce di arresti giurisprudenziali quali quelli
appena evocati, appare chiaro come la prassi applicativa di una
misura restrittiva incisiva quale quella del foglio di via
obbligatorio possa presentare - e de facto talora presenti - marcati
profili di criticita', a volte talmente gravi da poter compromettere
fondamentali garanzie democratiche.
Quella di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 159/2011 e'
una misura che colpisce singoli individui, comportando una pesante
stigmatizzazione morale ed una rilevante degradazione giuridica, e
tanto rende ancora piu' evidente come sia importante far fronte ai
profili di criticita' supra evidenziati mediante lo stringente
apparato di garanzie previsto dall'art. 13 della Costituzione e, in
particolare, mediante l'intervento di un «soggetto terzo» rispetto
all'Autorita' di pubblica sicurezza, ossia mediante l'intervento
dell'Autorita' giudiziaria.
(1) Nel provvedimento, in tal proposito, si legge quanto segue:
«[da]gli atti d'ufficio si' rileva che, gia' in passato, [P. C.]
e' stato condannato per furto con strappo in concorso di cui
all'art. 624-bis; arrestato in flagranza di reato, dagli agenti
p.s. della Sezione ..., per rapina di cui all'art. 628 c.p.;
ancora condannato per i delitti di evasione aggravato (art. 385
c.p.), furto in abitazione (art. 624-bis) e per reiterate
violazioni della misura di prevenzione del divieto di ritorno nel
Comune di ... (art. 76, comma 3 del decreto legislativo n.
159/2011); deferito all'A.G. per i delitti di invasione di
terreni o edifici (art. 633 c.p.), danneggiamento (art. 635
c.p.), oltraggio a p.u. (art. 341-bis c.p.); gia' destinatario di
divieto di accesso aree urbane (art. 10, comma II decreto-legge
n. 14/2017) e divieto di ritorno nel Comune di ... (art. 2 del
decreto legislativo n. 159/2011); sanzionato per reiterata
attivita' di parcheggiatore non autorizzata (art. 7, comma 15-bis
C.D.S.); risulta infine segnalato quale assuntore di sostanza
stupefacenti e controllato in compagnia di persone con precedenti
penali e di polizia giudiziaria».
(2) Nel provvedimento, in tal proposito, si legge quanto segue: «[P.]
non ha residenza in ... ove non ha motivo di dimorare od
intrattenersi per lavoro o rapporti giuridici meritevoli di
tutela».
(3) L'art. 13 della Costituzione prevede che «non e' ammessa forma
alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, ne'
qualsiasi altra restrizione della liberta' personale, se non per
atto motivato dell'Autorita' giudiziaria e nei soli casi e modi
previsti dalla legge»; al comma II della predetta disposizione e'
previsto che «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza,
indicati tassativamente dalla legge, l'autorita' di Pubblica
sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori, che devono
essere comunicati entro quarantotto ore all'Autorita' giudiziaria
e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore,
si intendono revocati e restano privi di ogni effetto».
(4) Ad oggi, la disposizione di cui all'art. 1, comma 1, lettera a)
del decreto legislativo n. 159/2011 e' stata dichiarata
illegittima costituzionalmente solo nella parte in cui essa
consente l'applicazione della misura di prevenzione personale
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (con o senza
obbligo o divieto di soggiorno) e della misura di prevenzione
patrimoniale della confisca, non anche nella parte in cui essa
consente l'applicazione della misura di prevenzione personale del
foglio di via obbligatorio.
(5) Tribunale amministrativo regionale Perugia, 20 novembre 2017, n.
720.
(6) Nel menzionato arresto giurisprudenziale si legge quanto segue:
«Il gravato foglio di via obbligatorio, pur dando effettivamente
atto dei numerosi precedenti di polizia a carico del ricorrente,
molti dei quali concernenti la violazione della normativa in
materia di stupefacenti, nonche' dell'assenza di interessi
lavorativi o di studio presso il Comune di ..., mostra il fianco
alle dedotte doglianze di eccesso di potere per difetto di
istruttoria e violazione dell'art. 8 della Convenzione EDU, quale
diritto (pur se non assoluto cfr. Cassazione civile, sez. VI, 10
settembre 2015, n. 17942) fondamentale della persona alla tutela
dell'unita' familiare. Infatti e' stato documentato in giudizio
l'intervento chirurgico a cui e' stato sottoposto il padre del
ricorrente, ricoverato presso ... dal ... al ..., si da far
quantomeno presumere la veridicita' delle invocate esigenze di
assistenza, le quali devono necessariamente essere esaminate
dall'amministrazione, compiendo le opportune verifiche e
rinnovando l'attivita' istruttoria al fine di escluderne la sola
finalita' elusiva. L'art. 8 della Convenzione EDU salvaguardia
l'unita' familiare, intesa quale vincolo tra genitori e figli o
tra parenti legati da consanguineita' e convivenza effettiva, che
impone allo Stato di contenere le limitazioni all'esercizio del
diritto alla famiglia ed ai rapporti familiari, potendole
stabilire soltanto in presenza delle condizioni di cui al
paragrafo 2 dell'art. 8, ossia in forza di una disposizione di
legge, nei limiti di quanto imposto per assicurare la sicurezza
nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese,
la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della
morale o la protezione dei diritti e delle liberta' altrui e se
proporzionate al fine legittimo perseguito (Cassazione penale,
sez. I, 29 settembre 2015, n. 48684). E' pertanto fondata la
censura di violazione dell'art. 8 della Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali unitamente al difetto di istruttoria, non avendo
l'autorita' di pubblica sicurezza valutato la particolare
situazione familiare e di salute del padre del ricorrente nemmeno
in seguito - giova evidenziare - a quanto disposto dall'adito
Tribunale in sede cautelare.»
(7) In senso analogo, Tribunale amministrativo regionale Torino, Sez.
I, 20 maggio 2021, n. 504: «ai fini dell'adozione della misura
preventiva del foglio di via obbligatorio assumono rilievo
centrale, sul piano istruttorio e motivazionale, il profilo
soggettivo, relativo alla dedizione del soggetto alla commissione
di reati, e quello oggettivo, inerente alla attitudine offensiva
dei medesimi reati (o fatti) nei confronti dei beni
nominativamente individuati dal decreto legislativo n. 159 del
2011); la misura preventiva in questione si presenta, sul piano
della sua tipizzazione normativa, fortemente caratterizzata in
termini penalistici, nel senso che entrambi i predetti profili,
soggettivo e oggettivo, devono essere ricostruiti, da un lato,
attingendo al vissuto criminale del soggetto interessato (nei
suoi risvolti pregressi ed in quelli prognostici), dall'altro
lato, analizzando il potenziale offensivo insito nelle condotte
criminose alle quali il medesimo risulti essere dedito»; analogo
principio e' stato espresso in Tribunale amministrativo regionale
Catanzaro, Sez. I, 16 settembre 2019, n. 1570.
(8) Non pare affatto inopportuno rammentare che autorevolissima
dottrina ritiene che, posto che misure di sicurezza e misure di
prevenzione hanno una comune finalita', nulla giustifica che
entrambe le tipologie di misure de quibus appartengano a due
categorie distinte per diversita' di struttura, campo e modalita'
di applicazione e livello di garanzie.
(9) Cosi' nella sentenza citata: «con foglio [dell']8 marzo 1955 la
Questura di ... denunciava a quel Pretore tale ..., assoggettato
ad ammonizione, perche', da un controllo eseguito la sera prima e
nelle prime ore di quel giorno, era risultato assente. Sottoposto
a giudizio per il reato previsto dall'art. 174 del testo unico
delle leggi di p.s., di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n.
773, a seguito di incidente sollevato nel dibattimento dalla
difesa dell'imputato, col quale si prospettava la illegittimita'
costituzionale del citato articolo, perche' in contrasto con
l'art. 13 della Costituzione, il Pretore, con ordinanza del 10
gennaio 1956, rilevato che, in materia, diversi e contrastanti
erano stati i giudicati formatisi, e che pertanto, vertendosi in
un caso quanto mai controverso, non poteva qualificarsi come
manifestamente infondata l'eccezione proposta, sospendeva il
procedimento e disponeva la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale. Incidente simile, riguardante la stessa
questione, veniva sollevato in altro procedimento, pendente
dinanzi al Pretore di Trieste. Infatti, con rapporto del 2
gennaio 1956, la Questura di ... denunciava, in stato di arresto,
all'autorita' giudiziaria tale ..., indicandolo come inadempiente
alla prescrizione di non rincasare la sera piu' tardi di un'ora
dopo l'Ave-Maria, impartitagli con ordinanza di ammonizione del
.... L'imputato veniva sottoposto a giudizio davanti al Pretore
per rispondere del reato di cui al medesimo art. 174 del testo
unico delle leggi di p.s., e all'udienza del 28 gennaio 1956 la
difesa sollevava eccezione di illegittimita' delle disposizioni
di cui agli articoli dal 164 al 176 del testo unico citato, e
cioe' di tutto il capo III del titolo VI del T.U., riguardante
l'ammonizione, perche' in contrasto con l'art. 13 della
Costituzione. Con ordinanza in pari data il Pretore di ..., in
accoglimento dell'istanza, disponeva la sospensione del
procedimento e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale
per la decisione della questione di costituzionalita'.
L'ordinanza del Pretore di ... pone in evidenza che l'istituto
dell'ammonizione incide sulla liberta' delle persone prima che la
loro attivita' abbia assunto quelle forme delittuose che ne
impongono la repressione; che l'art. 13 della Costituzione, per
conciliare il diritto di liberta' dell'individuo con l'esigenza
della prevenzione, dispone che ogni restrizione della liberta'
personale deve essere costretta nei termini dell'intervento
dell'autorita' giudiziaria; che la stessa Corte di cassazione,
pur affermando la persistenza in vigore delle norme
sull'ammonizione, non ha mancato di rilevarne la incompatibilita'
con l'art. 13 della Costituzione. [...] La Corte ha ravvisato
l'opportunita' della riunione dei due giudizi per la loro
decisione con unica sentenza, dato che identico e', in sostanza,
l'oggetto della questione di legittimita' costituzionale che e'
stata sollevata. Vero e' che nel giudizio penale a carico di ...
tale questione fu proposta con riferimento al solo art. 174 del
testo unico delle leggi di p.s., e che, invece, nel giudizio a
carico di ... venne contestata la legittimita' costituzionale di
tutto il capo III del titolo VI del detto T.U., comprendente gli
articoli dal 164 al 176; ma e' da rilevare che se anche la Corte
non fosse stata chiamata a giudicare su questa piu' ampia
impugnativa dovrebbe pur sempre portare il suo esame sulle altre
disposizioni del citato capo III, fra di loro connesse e, in
applicazione del disposto dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,
n. 87, contenente norme sulla costituzione e sul funzionamento
della Corte costituzionale, dichiarare quali sono, oltre il
citato art. 174, le altre disposizioni legislative la cui
illegittimita' derivi come conseguenza dalla decisione adottata.
[...] Cio' posto [...] e' da rilevare che la Corte e' chiamata a
decidere se gli articoli 164-176 del testo unico delle leggi di
p.s., che demandano ad una speciale commissione presieduta dal
Prefetto la competenza a pronunciare l'ammonizione con gli
effetti consequenziali che da questa pronuncia derivano, siano -
o meno costituzionalmente legittimi. In particolare la Corte deve
innanzi tutto esaminare se l'istituto dell'ammonizione, cosi'
come e' disciplinato dal vigente testo unico delle leggi di p.s.,
sia o non compatibile con le disposizioni costituzionali sulla
liberta' personale del cittadino; se, poi, ove l'incompatibilita'
sussista, il precetto costituzionale si ripercuota direttamente e
immediatamente in senso invalidante sugli articoli sopra citati».
(10) Illo tempore l'art. 174 del testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, oggi l'art. 76, comma III del decreto legislativo n.
159/2011.
(11) Cosi' nella citata sentenza: «La Corte ritiene non fondata la
eccezione preliminare proposta dall'Avvocatura generale dello
Stato. Con questa eccezione, formulata soltanto nelle prime
deduzioni, si tenta in sostanza di escludere che fra l'art. 650
codice penale e le impugnate norme della legge 24 giugno 1929,
n. 1159, e del regio decreto 28 febbraio 1930, decreto che ha
forza di legge in base all'art. 14 della legge stessa, possa
esservi alcuna possibilita' di collegamento o, come si esprime
l'Avvocatura, alcuna «interferenza». Senza soffermarsi a
confutare su tale oggetto argomentazioni che rivelano prima
facie la loro infondatezza, come quella che nega la interferenza
in base al fatto che la legge e il decreto impugnati non
prevedono sanzioni penali, si deve rilevare innanzi tutto che il
collegamento che si vorrebbe escludere e' posto in modo
esplicito dallo stesso capo di imputazione. Al ... infatti si
muove lo specifico addebito di aver disobbedito all'ordine di
non compiere atti del culto pentecostale senza prima avere
ottenuto l'approvazione ed autorizzazione governative «previste
dalla legge 24 giugno 1929, n. 1159, e dal regio decreto 28
febbraio 1930, n. 289». Ma il collegamento risulta chiaro in
ogni modo da un elemento fondamentale della fattispecie
dell'art. 650, cioe' che il provvedimento sia legalmente dato:
locuzione che si' riferisce, per concorde opinione, alla
legalita' non soltanto formale, ma anche sostanziale del
provvedimento, nel senso che esso non soltanto deve essere dato
dall'autorita' competente e nelle forme previste, ma deve
altresi' trovare, in una o piu' norme dell'ordinamento
giuridico, il suo titolo di intrinseca legittimita'. Nel caso in
esame queste norme sono appunto l'art. 3 della legge del 1929 e
gli articoli 1 e 2 del regio decreto del 1930. Contestata la
legittimita' costituzionale di queste norme, relative
all'approvazione e autorizzazione del cui difetto si fa carico
al ... si viene in pari tempo a contestare la legalita' del
provvedimento, e quindi il fondamento della imputazione. Cio'
importa che non e' l'art. 650 codice penale a entrare in
discussione, bensi' la norma di legge cui fa capo il
provvedimento trasgredito, e alla quale si' deve necessariamente
risalire. E' da ritenere pertanto che il Tribunale esattamente
abbia nella sua ordinanza impostata la questione di legittimita'
costituzionale sul contrasto fra le citate norme della legge del
1929 e del regio decreto del 1930 e gli articoli 8, 19 e 20
della Costituzione. Si puo' infine, e solo ad abundantiam,
osservare che, se la tesi dell'Avvocatura dovesse ritenersi
esatta, si' verrebbe a questo risultato: che mentre da un lato
all'autorita' di polizia sarebbe possibile elevare la
contravvenzione prevista dall'art. 650 per trasgressione a un
ordine fondato appunto su quelle norme, sarebbe dall'altro
inibito, a chi abbia interesse a sostenere la illegittimita'
dell'ordine, di denunziare il contrasto fra le norme da cui si
vuole che esso tragga fondamento e quelle della Costituzione».
(12) In tal senso, ex plurimis, Tribunale amministrativo regionale
Milano, Sez. 1, 20 maggio 2020, n. 857, secondo cui «ai fini
dell'adozione dell'ordine di rimpatrio con foglio di via
obbligatorio non e' richiesta la comunicazione di avvio del
procedimento, cio' in quanto trattasi di provvedimento che si
caratterizza per la sua funzione cautelare e l'urgenza in re
ipsa, essendo diretto a rimuovere una situazione di attuale e
grave pericolo per la pubblica sicurezza». In senso
perfettamente analogo la consolidata giurisprudenza del
Consiglio di Stato: in Cons. di St., sez. III, 8 giugno 2011, n.
3451 e' stato affermato che «l'omessa comunicazione di avvio del
procedimento, di cui all'art. 7, l. 7 agosto 1900, n. 241, non
e' richiesto per l'ordine di rimpatrio con foglio di via
obbligatorio, trattandosi di provvedimento di pubblica sicurezza
che si caratterizza per la sua funzione cautelare e l'urgenza in
re ipsa, in quanto diretto a rimuovere una situazione di attuale
e grave pericolo per la pubblica sicurezza; del resto la
relativa compressione del diritto di difesa e' bilanciata dal
fatto che contro simili provvedimenti e' ammesso il ricorso
gerarchico al Prefetto e, per questa via, la parte interessata
puo' far valere tutti quegli argomenti, anche di puro merito e
come tali non deducibili nel giudizio di legittimita', che
avrebbe potuto esporre in contradditorio con l'Autorita'
emanante, se avesse ricevuto l'avviso».