TRIBUNALE DI FIRENZE Sezione dei giudici per le indagini preliminari La Giudice dell'udienza preliminare Angela Fantechi, nel corso del giudizio nei confronti: L. A. nato in... il... elettivamente domiciliato presso il difensore presente - Imputato. In relazione al delitto di cui agli articoli 609-bis e 609-ter, commi 1 nn. 2 e 5 del codice penale per avere costretto mediante minaccia, posta in essere con un'arma, la minore M. D. a compiere atti sessuali. In particolare, perche' dopo essersi appartato con la predetta minore dietro alcune impalcature, dapprima le chiedeva ripetutamente di aver un rapporto sessuale e, al diniego, della persona offesa, le puntava un oggetto appuntito (un punteruolo o un cacciavite) al lato sinistro del collo dicendole «se non alzi le gambe e me la dai, io lo faccio... guarda che lo faccio» alludendo chiaramente alla circostanza che se la D. non avesse acconsentito ad avere un rapporto sessuale le avrebbe fatto del male, quindi la costringeva a subire un rapporto vaginale completo non protetto. Con le aggravanti di avere commesso il fatto con l'uso delle armi e nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto. In... la notte tra il... ed il... Persona offesa: D. M. in atti identificata non costituita parte civile). Difeso di fiducia dall'avv. Stefano Camerini del Foro di Prato - presente. Sentite le parti Osserva Nel corso dell'udienza preliminare L. A. ha chiesto di essere giudicato con giudizio abbreviato. All'esito del giudizio, nel quale sono state disposte d'ufficio delle integrazioni probatorie, l'imputato e' stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione oltre alle pene accessorie. L'imputato ha chiesto l'applicazione di una pensa sostitutiva. Il processo e' stato sospeso ex art. 545-bis del codice di procedura penale per la verifica della possibilita' della predisposizione di un programma da parte dell'Ufficio esecuzione penale esterna. All'udienza e' stata data lettura della relazione dell'Ufficio esecuzione penale esterna che ha elaborato un programma che prevede la detenzione domiciliare, lo svolgimento di attivita' lavorativa, ed il mantenimento di contatti con l'UEPE. La Giudice ritiene che il programma di trattamento, da integrare con la prescrizione di seguire un percorso presso uno degli Enti previsti dall'art. 165, comma 5 del codice penale, sia idoneo a fornire una risposta sanzionatoria adeguata alla gravita' del reato commesso e che sia, rispetto alla esecuzione della pena detentiva carceraria, piu' idoneo alla rieducazione dell'imputato consentendo l'applicazione di misure e prescrizioni prive di effetti desocializzanti. In tale senso ha concluso anche il P.M. pur richiamando il dato normativo che non consente la sostituzione della pena. Deve evidenziarsi che l'imputato e' giovanissimo, ha commesso il reato per cui e' stata riconosciuta in primo grado la sua responsabilita' quando ancora non aveva compiuto venti anni, non ha precedenti penali o giudiziari. Il fatto per cui e' intervenuta condanna di primo non e' avvenuto in un contesto del caratterizzato da dinamiche di criminalita' organizzata, ma in contesto di dinamiche che caratterizzano i reati sessuali commessi da giovanissimi. L'imputato non e' mai stato sottoposto per reato per cui si procede a nessuna misura cautelare. Dalla relazione dell'UEPE e anche da quanto emerso nel corso del giudizio risulta che il giovane imputato e' giunto in Italia come minore non accompagnato ed e' stato accolto da una Onlus, ha imparato la lingua italiana, ed ha intrapreso un percorso di avviamento professionale che gli ha consentito l'inserimento lavorativo quale apprendista elettricista. L'imputato ha poi uno stabile domicilio. Gli operatori della Onlus hanno riferito di un buon comportamento, l'UEPE ha riferito che l'imputato e' stato molto collaborativo. Il comportamento processuale dell'imputato, che pure come suo diritto, ha negato la propria responsabilita', e' stato parimenti corretto. Ad avviso della Giudice risulta che la esecuzione della pena sostitutiva proposta consentirebbe all'imputato di proseguire nella sua attivita' lavorativa e di seguire un percorso che gli consenta di rivalutare in senso critico le modalita' di relazione sessuale. La misura appare poi del tutto idonea ad escludere qualunque pericolo di recidiva che nel caso di specie e' da ritenersi, comunque, esclusa. La esecuzione della pena detentiva in regime penitenziario comporterebbe, invece, effetti desocializzanti gravi separando l'imputato da un contesto di relazioni instaurate con gli operatori della Onlus e comportando la perdita del lavoro. Cio' detto l'art. 59, legge 24 novembre n. 681, come novellato dalla riforma Cartabia, prevede che la pena detentiva non possa essere sostituita «nei confronti dell'imputato di uno dei reati di cui all'all'art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354», fra i quali rientra quello per il quale l'odierno imputato e' stato condannato in primo grado. Ad avviso della scrivente la preclusione assoluta prevista dall'art. 59, legge 24 novembre n. 681 presenta caratteri di irrazionalita' e si pone in contrasto con l'art. 3 e 27, comma III della Costituzione. La questione di costituzionalita' si pone poi come rilevante nel corso del presente giudizio atteso che, ove fosse esclusa la preclusione assoluta all'applicazione della misura sostitutiva, questa potrebbe in concreto essere applicata all'imputato. Dal sistema complessivo della disciplina relativa alle misure sostitutive risulta che, in linea generale, il legislatore preveda un «favor» per l'applicazione di tali sanzioni, tanto che esse risultano applicabili anche noi confronti di soggetti per i quali sussiste pericolo di recidiva e anche ne confronti di soggetti nei cui confronti tale rischio sia stato valutato concreto ed attuale tanto da comportare l'applicazione ed il mantenimento di una misura cautelare. Nel senso indicato ossia di favorire l'applicazione da parte del giudice della cognizione di misure diverse dalla pena carceraria, e' chiara la portata della previsione dell'art. 300, comma 4-bis del codice di procedura penale ed anche la disposizione dello stesso art. 59, legge 24 novembre n. 681, che non prevede nei confronti degli imputati sottoposti a misura cautelare nessuna presunzione assoluta di ostativita', ed anche la portata stessa dell'art. 58, legge 24 novembre n. 681 atteso Che la norma richiede che la misura sostitutiva «assicuri» la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati, e che, dunque, sia applicabile anche ove tale pericolo sussista. Sempre in relazione al «favor» per l'applicazione delle misure sostitutive deve leggersi anche l'art. 59, legge n. 689/1981 che, ad esempio non prevede come causa ostativa all'applicazione di misure sostitutive nessuna forma di recidiva e neppure la circostanza che il reato sia stato commesso dopo l'applicazione di misure alternative alla detenzione, o nel corso della loro esecuzione. Risulta, dunque, che la preclusione piu' importante riguardi esclusivamente il titolo di reato per cui si procede e, peraltro, le altre preclusioni paiono del tutto razionali e riconnesse alla pericolosita' sociale dell'imputato o a suoi comportamenti. Anche in relazione al titolo di reato vi e' un richiamo generalizzato a tutti i reati previsti dall'art. 4-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 che, come noto, prevede un regime penitenziario molto diverso a seconda delle diverse categorie di reati ricomprese nell'elenco, che, invece sono trattati in modo unitario per quante riguarda l'ostativita' assoluta all'applicazione delle misure sostitutive. Appare, peraltro, irragionevole che pur al momento dell'applicazione di una sanzione di natura penale che deve avere carattere retributivo, specialpreventivo e rieducativo non si consenta al giudice di valutare le condizioni soggettive dell'autore del reato soprattutto ove queste, unite alle circostanze concrete in cui e' stato commesso il fatto: consentano di escludere un rischio attuale di recidiva ovvero la possibilita' di contenerlo con una efficace misura diversa dalla detenzione. Va poi ricordato che una preclusione assoluta, per titolo astratto di reato, comporta un trattamento diverso nei confronti di persone che hanno riportato condanna alla stessa pena, cosicche' una persona condannata alla pena di quattro anni di reclusione per un reato non ostativo (e fra i reati non ostativi vi sono anche reati molto gravi quali il tentato omicidio) potra' vedersi applicata una misura sostitutiva anche se vi sia un rischio di recidiva e sia sottoposta a misura cautelare, mentre una persona condannata per un reato ostativo non potra' vedersi applicata una sanzione sostitutiva anche se condannata a pena inferiore e anche ove non sussista nessun pericolo di recidiva ovvero se il rischio possa essere contenuto con una misura non carceraria. Nel caso di specie poi deve anche ricordarsi che l'imputato, minore di anni ventuno, avrebbe lo stesso trattamento riservato e soggetti pienamente adulti. In sostanza l'odierno imputato, ovviamente ove la sentenza emessa in primo grado non fosse riformata in appello, per effetto della doppia ostatitivita' prevista per i reati di cui all'art. 4-bis ordinamento penitenziario non potrebbe che essere inserito, per almeno un anno, in un sistema carcerario con gravi effetti desocializzanti pur se potrebbero essere applicate misure sanzionatorie valutate dal Giudice della cognizione sicure ed efficaci, e cio' sulla base di una opzione normativa del tutto astratta.