ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1-bis,
commi 1, 2, lettera a), 3 e  4,  lettera  b),  del  decreto-legge  12
settembre 2023, n. 121 (Misure urgenti in materia  di  pianificazione
della qualita' dell'aria e limitazioni della circolazione  stradale),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 novembre 2023,  n.  155,
promosso dalla Regione Campania con ricorso notificato il 10  gennaio
2024, depositato in cancelleria l'11 gennaio 2024, iscritto al numero
1 del registro ricorsi 2024 e  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2024. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  18  giugno  2024  il  Giudice
relatore Giovanni Pitruzzella; 
    uditi  l'avvocato  Almerina  Bove  per  la  Regione  Campania   e
l'avvocato dello Stato Giammario  Rocchitta  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    deliberato nella camera di consiglio del 18 giugno 2024. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione Campania ha impugnato - con il ricorso iscritto al
n. 1 reg. ricorsi del 2024 - l'art. 1-bis, commi 1, 2, lettera a),  3
e 4, lettera b), del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121  (Misure
urgenti in materia  di  pianificazione  della  qualita'  dell'aria  e
limitazioni   della   circolazione   stradale),    convertito,    con
modificazioni, nella legge 6 novembre 2023, n. 155. 
    La disposizione  impugnata,  aggiunta  in  sede  di  conversione,
stabilisce al comma 1 quanto segue:  «[a]l  fine  di  incentivare  il
turismo di prossimita' e all'aria aperta, che consente  di  abbattere
le emissioni atmosferiche riducendo i lunghi spostamenti e  favorendo
la preservazione degli ecosistemi locali,  secondo  le  strategie  di
accelerazione della transizione ecologica  e  di  abbattimento  delle
emissioni  atmosferiche  che  possono   scaturire   dalle   attivita'
turistiche, nello stato di previsione del Ministero  del  turismo  e'
istituito un fondo, con una dotazione di 32.870.000 euro  per  l'anno
2023, destinato al finanziamento di investimenti proposti dai comuni,
volti alla creazione e alla riqualificazione di  aree  attrezzate  di
sosta temporanea a fini turistici e alla valorizzazione  del  turismo
all'aria aperta, attraverso apposito bando da pubblicare da parte del
Ministero del turismo. [...]». 
    In base al comma 2, «[a]gli oneri derivanti dal comma 1,  pari  a
32.870.000 euro per l'anno  2023,  si  provvede:  a)  quanto  a  euro
29.870.000,  mediante  corrispondente  riduzione  del   Fondo   unico
nazionale per il turismo di conto capitale, di  cui  all'articolo  1,
comma 368, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 [...]». 
    Il comma 3 dispone poi che, «[a]l fine di ulteriormente  favorire
la transizione ecologica nel turismo, con azioni  di  promozione  del
turismo  intermodale  secondo  le  strategie  di  abbattimento  delle
emissioni  atmosferiche  che  possono   scaturire   dalle   attivita'
turistiche, il Fondo istituito  dall'articolo  1,  comma  611,  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, e'  ulteriormente  incrementato,  per
l'anno 2023, di euro 17 milioni». 
    Infine, in base al comma 4, «[a]gli oneri derivanti dal comma  3,
pari a euro 17 milioni per l'anno 2023, si provvede [...] b) quanto a
euro 8.918.631, mediante corrispondente  riduzione  del  Fondo  unico
nazionale per il turismo di parte corrente, di  cui  all'articolo  1,
comma 366, della legge 30 dicembre 2021, n. 234». 
    La ricorrente articola due motivi di ricorso. 
    Con il primo, lamenta la  violazione  degli  artt.  3,  97,  117,
quarto comma, 118 e 119 della Costituzione, nonche' del principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 5, 97 e 120 Cost. 
    Con riferimento all'art. 1-bis, comma 1,  del  d.l.  n.  121  del
2023, come convertito, la Regione rileva che esso esclude ogni  forma
di coinvolgimento degli enti territoriali  nella  determinazione  dei
criteri e delle modalita' di accesso al fondo istituito dalla  stessa
norma.  Infatti,  l'attuazione  della  norma  impugnata  e'   rimessa
esclusivamente ad un «apposito bando» del Ministero del turismo. Cio'
si tradurrebbe in una lesione della competenza legislativa  residuale
delle regioni in materia di turismo (art. 117, quarto comma, Cost.) e
in una violazione del principio di leale collaborazione. 
    La Regione Campania osserva  che,  in  base  alla  giurisprudenza
costituzionale, l'autonomia finanziaria regionale di cui all'art. 119
Cost. vieterebbe al legislatore statale di  prevedere  «finanziamenti
di scopo per finalita' non  riconducibili  a  funzioni  di  spettanza
statale», se non nei limiti di quanto  consentito  dagli  artt.  118,
primo comma, 119, quinto comma, e 117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost. La ricorrente ricorda la sentenza n. 254  del  2013  di  questa
Corte, che avrebbe escluso la legittimita' di finanziamenti statali a
destinazione vincolata,  anche  a  favore  di  soggetti  privati,  in
materie regionali. Inoltre, la Regione Campania rileva che,  sia  nei
casi di intreccio di competenze statali e regionali, sia nei casi  di
chiamata in sussidiarieta'  ai  sensi  dell'art.  118,  primo  comma,
Cost., l'istituzione di un fondo  statale  a  destinazione  vincolata
dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di un raccordo  con  le
regioni nella fase di attuazione della norma legislativa. 
    Dunque, se anche si ritenesse che l'art. 1-bis, comma 1, del d.l.
n. 121 del 2023, come  convertito,  sia  riconducibile  alla  materia
«tutela dell'ambiente», per la finalita' del fondo da esso istituito,
l'interferenza con la materia  del  turismo  renderebbe  evidente  la
sussistenza di un intreccio di competenze e necessaria la  previsione
di un'intesa con le autonomie territoriali in sede di  determinazione
dei criteri di riparto delle risorse. 
    Con riferimento al citato art. 1-bis, comma 2,  lettera  a),  del
d.l. n. 121 del 2023, come convertito, la ricorrente  rileva  che  il
fondo da esso regolato sarebbe  alimentato,  per  la  maggior  parte,
«mediante sottrazione di risorse a  fondi  gia'  esistenti»,  la  cui
gestione avverrebbe in sede di Conferenza Stato-regioni.  Similmente,
con riferimento all'art. 1-bis, comma 4, lettera b), del d.l. n.  121
del 2023, come convertito, la Regione osserva  che  esso  dispone  la
riduzione del Fondo unico nazionale per il turismo di parte corrente,
di cui all'art. 1, comma 366, della legge 30 dicembre  2021,  n.  234
(Bilancio di previsione dello Stato per  l'anno  finanziario  2022  e
bilancio pluriennale per il  triennio  2022-2024),  al  fine  di  far
fronte agli oneri derivanti  dal  precedente  comma  3  del  medesimo
articolo, che incrementa, per l'anno 2023,  di  euro  17  milioni  il
Fondo istituito dall'art. 1, comma 611, della legge 29 dicembre 2022,
n. 197 (Bilancio di previsione dello  Stato  per  l'anno  finanziario
2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025). 
    La riduzione del Fondo unico nazionale per il  turismo,  disposta
dalle norme appena citate, sottrarrebbe risorse alle regioni, cui  le
disponibilita' di tale fondo sarebbero destinate. 
    La ricorrente rimarca che, in base all'art. 1, comma  369,  della
legge n. 234 del 2021, le modalita' di  attuazione  del  fondo  unico
nazionale   per   il   turismo    sono    stabilite    con    decreto
interministeriale. Il  decreto  adottato  (9  marzo  2022,  n.  3462,
recante «Disposizioni applicative  per  l'attuazione,  il  riparto  e
l'assegnazione delle risorse del Fondo unico nazionale per il turismo
di parte corrente e del Fondo unico nazionale per il turismo di parte
capitale, di cui all'articolo 1, commi 366  e  368,  della  legge  30
dicembre 2021, n. 234»), modificato dal d. interm. 19 aprile 2023, n.
8019 (Fondo unico nazionale del turismo di parte  corrente.  Atto  di
programmazione biennio  2023-2024.  Aggiornamento  annualita'  2024),
prevede che le risorse siano  ripartite  sulla  base  di  un  accordo
sottoscritto  in  sede  di  Conferenza  Stato-regioni  (accordo   poi
concluso  il  21  giugno  2023).  Dunque,  le  norme   in   questione
violerebbero le prerogative regionali  in  quanto  i  fondi  da  esse
previsti  sarebbero  alimentati,  per  la  maggior  parte,   mediante
sottrazione di risorse assegnate alle regioni «sulla base del  previo
- doveroso - accordo con le Regioni medesime». 
    Il secondo motivo di ricorso riguarda l'art. 1-bis, comma 3,  del
d.l. n. 121 del 2023, come convertito.  Anche  a  tale  riguardo,  la
ricorrente lamenta la violazione  degli  artt.  3,  97,  117,  quarto
comma, 118 e 119 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione
di cui agli artt. 5, 97 e 120 Cost. 
    La  norma  impugnata  invaderebbe   la   competenza   legislativa
regionale  residuale  in  materia  di  turismo,  «intervenendo  [...]
nell'ambito del turismo intermodale». La Regione Campania richiama la
propria legge 5 luglio 2023, n.  14  (Norme  in  materia  di  turismo
itinerante Garden Sharing e aree di sosta caravan e autocaravan), che
all'art. 7 prevede la concessione di contributi a favore dei comuni. 
    L'art.  1-bis,  comma  3,  violerebbe  la  competenza   regionale
«favorendo, al di fuori di ogni schema di preventivo dialogo  tramite
apposita intesa, l'atipica figura del "turismo intermodale"», per  il
quale gli enti territoriali non sarebbero mai stati coinvolti al fine
di stabilirne la «disciplina istitutiva» e per la  cui  realizzazione
non avrebbero mai potuto predisporre alcuna azione strutturale.  Cio'
implicherebbe «un'irragionevole ed unilaterale allocazione di risorse
economiche, da parte dello Stato», nonche' la «contestuale violazione
del principio di leale collaborazione, oltre  che  del  principio  di
ragionevolezza, efficienza, efficacia e  buon  andamento  dell'azione
amministrativa, con grave  ridondanza  nella  sfera  di  attribuzioni
delle Regioni». 
    2.- Con atto depositato il 19 febbraio 2024,  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, si e' costituito in giudizio. 
    Il resistente osserva, in primo  luogo,  che  nella  materia  del
turismo,  di  competenza  legislativa  regionale   residuale,   «sono
comunque ammissibili forme di regolazione  statale,  in  presenza  di
determinate circostanze» (viene citata la sentenza di questa Corte n.
71 del 2018), e che anche in  tali  ipotesi  il  principio  di  leale
collaborazione  «impone  il  coinvolgimento  delle  Regioni  mediante
adeguati strumenti». 
    Si rileva poi che  la  disciplina  impugnata  si  limiterebbe  ad
incrementare la dotazione del Fondo per il  turismo  sostenibile,  al
fine di favorire ulteriormente la transizione ecologica nel  turismo,
e che resterebbero  invariati  «il  fine  di  promuovere  il  turismo
intermodale e il congegno di riparto delle risorse», affidato  ad  un
decreto ministeriale senza coinvolgimento degli enti territoriali. Il
resistente cita, a tal proposito, i commi 611 e 612 dell'art. 1 della
legge n. 197 del 2022 e il d.m. 22 marzo 2023, n. 5651  (Disposizioni
applicative per il riparto e l'erogazione delle risorse stanziate sul
Fondo istituito dall'articolo 1, comma 611, della legge  29  dicembre
2022, n. 197, destinate al potenziamento degli interventi finalizzati
alla promozione  dell'ecoturismo  e  del  turismo  sostenibile),  che
avrebbe appunto individuato i beneficiari della  misura  senza  alcun
coinvolgimento degli enti sub-statali e che  non  sarebbe  mai  stato
contestato dalle regioni. 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede, dunque,  che  il
ricorso sia dichiarato non fondato. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Campania impugna l'art. 1-bis, commi 1, 2, lettera
a), 3 e 4, lettera b), del d.l. n. 121 del 2023, come convertito. 
    La disposizione  impugnata,  aggiunta  in  sede  di  conversione,
stabilisce al comma 1 quanto segue:  «[a]l  fine  di  incentivare  il
turismo di prossimita' e all'aria aperta, che consente  di  abbattere
le emissioni atmosferiche riducendo i lunghi spostamenti e  favorendo
la preservazione degli ecosistemi locali,  secondo  le  strategie  di
accelerazione della transizione ecologica  e  di  abbattimento  delle
emissioni  atmosferiche  che  possono   scaturire   dalle   attivita'
turistiche, nello stato di previsione del Ministero  del  turismo  e'
istituito un fondo, con una dotazione di 32.870.000 euro  per  l'anno
2023, destinato al finanziamento di investimenti proposti dai comuni,
volti alla creazione e alla riqualificazione di  aree  attrezzate  di
sosta temporanea a fini turistici e alla valorizzazione  del  turismo
all'aria aperta, attraverso apposito bando da pubblicare da parte del
Ministero del turismo. [...]». 
    In base al comma 2, «[a]gli oneri derivanti dal comma 1,  pari  a
32.870.000 euro per l'anno  2023,  si  provvede:  a)  quanto  a  euro
29.870.000,  mediante  corrispondente  riduzione  del   Fondo   unico
nazionale per il turismo di conto capitale, di  cui  all'articolo  1,
comma 368, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 [...]». 
    Il comma 3 dispone poi che, «[a]l fine di ulteriormente  favorire
la transizione ecologica nel turismo, con azioni  di  promozione  del
turismo  intermodale  secondo  le  strategie  di  abbattimento  delle
emissioni  atmosferiche  che  possono   scaturire   dalle   attivita'
turistiche, il Fondo istituito  dall'articolo  1,  comma  611,  della
legge 29 dicembre 2022, n. 197, e'  ulteriormente  incrementato,  per
l'anno 2023, di euro 17 milioni». 
    Infine, in base al comma 4, «[a]gli oneri derivanti dal comma  3,
pari a euro 17 milioni per l'anno 2023, si provvede [...] b) quanto a
euro 8.918.631, mediante corrispondente  riduzione  del  Fondo  unico
nazionale per il turismo di parte corrente, di  cui  all'articolo  1,
comma 366, della legge 30 dicembre 2021, n. 234». 
    In relazione a tali disposizioni del d.l. n. 121 del  2023,  come
convertito, la ricorrente promuove tre distinte questioni: a)  l'art.
1-bis, comma 1, violerebbe gli artt. 117, quarto  comma,  118  e  119
Cost., nonche' il principio di leale collaborazione, nella  parte  in
cui esclude ogni forma  di  coinvolgimento  degli  enti  territoriali
nella determinazione dei criteri e  delle  modalita'  di  accesso  al
fondo istituito dalla stessa norma,  destinato  al  finanziamento  di
investimenti proposti dai comuni nel  settore  turistico;  b)  l'art.
1-bis, commi 2, lettera a), e 4, lettera b),  violerebbe  l'art.  119
Cost. e il principio di leale collaborazione, in  quanto,  stabilendo
che i fondi di cui al comma 1 e al comma 3 siano alimentati,  per  la
maggior parte, mediante riduzione del Fondo unico  nazionale  per  il
turismo, determinerebbe una «sottrazione di  risorse  gia'  assegnate
alle Regioni o comunque alle stesse destinate sulla base del previo -
doveroso - accordo con le Regioni medesime»; c) l'art.  1-bis,  comma
3, violerebbe gli artt. 3, 97, 117, quarto comma, 118  e  119  Cost.,
nonche' il principio di leale collaborazione, in  quanto  invaderebbe
la competenza legislativa regionale residuale in materia di  turismo,
«favorendo, al di fuori di ogni schema di preventivo dialogo  tramite
apposita intesa, l'atipica figura del "turismo intermodale"», per  la
cui realizzazione gli enti  territoriali  non  avrebbero  mai  potuto
predisporre alcuna azione strutturale, con conseguente  irragionevole
ed unilaterale allocazione di  risorse  economiche,  da  parte  dello
Stato, nonche' violazione del principio di buon andamento dell'azione
amministrativa, con ridondanza  nella  sfera  di  attribuzioni  delle
Regioni. 
    2.- La prima questione e' fondata. 
    Sin dalla sentenza n. 370  del  2003,  questa  Corte  ha  sancito
l'illegittimita' costituzionale  di  norme  statali  che  istituivano
fondi settoriali  a  destinazione  vincolata  in  materie  regionali,
residuali o concorrenti, indipendentemente dal  fatto  che  dovessero
essere ripartiti tra le regioni o tra gli enti locali o anche erogati
direttamente ai privati (di recente, sentenze n. 95 del 2024, n.  223
del 2023, n. 179, n. 123, n. 114 e n. 40 del 2022). 
    Il divieto di fondi  settoriali  in  materie  regionali  tollera,
pero', alcune eccezioni. La prima risulta direttamente dall'art. 119,
quinto comma,  Cost.  (ai  sensi  del  quale,  «[p]er  promuovere  lo
sviluppo economico,  la  coesione  e  la  solidarieta'  sociale,  per
rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo
esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi
dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato  destina  risorse
aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore  di  determinati
Comuni,  Province,  Citta'  metropolitane  e  Regioni»).  La  seconda
riguarda il caso in cui  la  norma  statale  stanzi  risorse  per  un
settore che tocca contemporaneamente una o piu' materie  regionali  e
una o piu'  materie  statali:  in  questi  casi,  la  concorrenza  di
competenze legittima la previsione statale del  fondo,  a  condizione
che le regioni  siano  coinvolte  nella  sua  gestione  (ad  esempio,
sentenze n. 114 del 2022 e n. 56 del 2019). La terza eccezione si  ha
nel caso di chiamata  in  sussidiarieta',  cioe'  qualora  sussistano
esigenze di esercizio unitario a fondamento della gestione accentrata
del fondo: anche in tale ipotesi, questa Corte richiede  il  rispetto
del principio di leale collaborazione, cioe' il coinvolgimento  degli
enti territoriali (regioni e/o enti locali, a seconda dei casi) negli
atti statali di gestione del fondo (da ultimo,  sentenze  n.  70  del
2023, n. 179 e n. 123 del 2022). 
    Alla luce della giurisprudenza costituzionale appena  illustrata,
l'elemento decisivo per la soluzione della  prima  questione  risulta
essere  l'individuazione  della  materia  cui  ricondurre  il   fondo
istituito dalla disposizione impugnata (da ultimo, sentenza n. 95 del
2024: «[a]l fine di valutare se sussista la lesione del principio  di
leale collaborazione nell'istituzione di un fondo statale destinato a
finanziare   uno   specifico   settore,   occorre,    per    costante
giurisprudenza costituzionale, verificare anzitutto  a  quale  ambito
materiale afferisce il fondo, la cui natura va esaminata con riguardo
"all'oggetto, alla  ratio  e  alla  finalita'"  della  norma  che  lo
prevede»). 
    Dal punto di vista oggettivo, l'art. 1-bis, comma 1, del d.l.  n.
121 del 2023, come convertito (che istituisce un fondo «destinato  al
finanziamento  di  investimenti  proposti  dai  comuni,  volti   alla
creazione  e  alla  riqualificazione  di  aree  attrezzate  di  sosta
temporanea  a  fini  turistici  e  alla  valorizzazione  del  turismo
all'aria aperta»), attiene innegabilmente alla materia  del  turismo,
di competenza residuale delle regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto
comma, Cost. (ex multis, sentenze n. 123 e n. 85 del 2022, n. 84  del
2019). 
    Dal punto di vista  teleologico,  la  disposizione  impugnata  si
propone una finalita' turistico-ambientale («Al fine  di  incentivare
il  turismo  di  prossimita'  e  all'aria  aperta,  che  consente  di
abbattere le emissioni atmosferiche riducendo i lunghi spostamenti  e
favorendo  la  preservazione  degli  ecosistemi  locali,  secondo  le
strategie  di  accelerazione  della  transizione   ecologica   e   di
abbattimento delle emissioni atmosferiche che possono scaturire dalle
attivita' turistiche [...]»), restando peraltro oscuro in che  misura
la creazione di aree attrezzate per i camper  possa  «incentivare  il
turismo di prossimita' [...], che consente di abbattere le  emissioni
atmosferiche riducendo i lunghi spostamenti». 
    A parte tale osservazione, considerando sia il contenuto  che  la
finalita' del fondo istituito, la materia del turismo non puo' essere
considerata recessiva, come del resto risulta dai lavori  preparatori
della disposizione impugnata, nel corso dei quali piu' volte e' stata
sottolineata l'incidenza dell'impugnato art. 1-bis sulla materia  del
turismo. Dunque, si deve ritenere che, nel caso di specie, ricorra un
caso di inestricabile  intreccio  di  competenze  (turismo  e  tutela
dell'ambiente). 
    Pertanto,  sulla   base   della   giurisprudenza   costituzionale
richiamata,  occorre   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1-bis, comma 1, del d.l. n. 121 del 2023, come  convertito,
nella parte in cui non dispone che il bando ivi previsto sia adottato
previa intesa con la  Conferenza  unificata  (in  relazione  a  fondi
statali nella materia del turismo: sentenze n. 123 del 2022 e  n.  94
del 2008), quale sede piu'  idonea  per  contemperare  gli  interessi
statali  con  quelli  delle  autonomie  territoriali,  dato  che   la
disposizione impugnata destina le risorse ai comuni (sentenza  n.  56
del 2019). 
    3.- La seconda questione e' inammissibile. 
    La Regione Campania censura l'art. 1-bis, commi 2, lettera a),  e
4, lettera b), del d.l. n. 121 del 2023, come  convertito,  cioe'  le
norme che regolano le modalita' di copertura  degli  oneri  derivanti
dai commi 1 e 3. La ricorrente ritiene che  la  riduzione  del  Fondo
unico nazionale per il turismo (FUNT) di parte corrente  e  di  conto
capitale si traduca in una «sottrazione  di  risorse  gia'  assegnate
alle Regioni o comunque alle stesse destinate sulla base del previo -
doveroso  -  accordo  con  le  Regioni  medesime»,  con   conseguente
violazione  dell'art.  119   Cost.   e   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    Questa Corte «ha in  piu'  occasioni  ricordato  che  l'autonomia
finanziaria costituzionalmente garantita agli enti  territoriali  non
comporta una rigida garanzia quantitativa e che sono pertanto ammesse
anche riduzioni delle risorse disponibili, "purche' tali  diminuzioni
non rendano impossibile lo svolgimento delle funzioni attribuite agli
enti territoriali medesimi" (sentenza n. 83 del  2019;  nello  stesso
senso, sentenza n. 155 del 2020).  Ha  inoltre  [...]  precisato  che
"grava sul ricorrente l'onere di provare  l'irreparabile  pregiudizio
lamentato" (ex plurimis, sentenza n. 76  del  2020),  onere  peraltro
soggetto a gradazioni, a seconda che debba essere  valutato  ai  fini
dell'ammissibilita' del ricorso o della sua fondatezza» (sentenza  n.
220 del 2021). In proposito, «secondo la piu' recente  giurisprudenza
di questa Corte, sotto il profilo dell'onere di allegazione  ai  fini
dell'ammissibilita', e' sufficiente  una  motivazione  che  chiarisca
"l'incidenza della misura introdotta dal  legislatore  statale  sulle
risorse destinate a  tali  funzioni"  (sentenza  n.  137  del  2018)»
(ancora sentenza n. 220 del 2021; nello stesso senso si vedano  anche
le sentenze n. 95 del 2024, n. 29 del 2023, n. 155 del 2020 e  n.  83
del 2019). 
    L'esposizione della ricorrente  non  soddisfa  tali  criteri.  La
Regione Campania  si  limita  a  riferire  che  ad  essa  sono  stati
assegnati 2.510.000 euro, in base all'Accordo  del  21  giugno  2023,
concluso in sede di Conferenza Stato-regioni, relativo al riparto del
FUNT di parte corrente, ma non precisa l'entita'  del  taglio  subito
per effetto del censurato  art.  1-bis,  comma  4,  lettera  b).  Con
riferimento all'art. 1-bis, comma 2, lettera a),  la  ricorrente  non
solo non specifica l'entita' della riduzione, ma non  indica  neppure
la somma  assegnatale  in  virtu'  del  riparto  del  FUNT  di  conto
capitale, benche' il ricorso  sia  successivo  rispetto  al  relativo
Accordo di  riparto  del  20  dicembre  2023,  concluso  in  sede  di
Conferenza Stato-regioni. Inoltre, la Regione Campania non da'  conto
delle successive disposizioni  legislative  che  hanno  inciso  sulla
dotazione iniziale del  FUNT,  modificandola  in  relazione  all'anno
2023: art. 4 del decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Misure  urgenti
in materia di sostegno alle imprese e agli  operatori  economici,  di
lavoro, salute e  servizi  territoriali,  connesse  all'emergenza  da
COVID-19, nonche' per il contenimento degli effetti degli aumenti dei
prezzi nel settore elettrico), convertito, con  modificazioni,  nella
legge 28 marzo 2022, n. 25; art. 36 del decreto-legge 9 agosto  2022,
n. 115 (Misure urgenti  in  materia  di  energia,  emergenza  idrica,
politiche sociali  e  industriali),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 21 settembre 2022, n. 142; art. 39-bis del  decreto-legge
4 maggio 2023, n. 48  (Misure  urgenti  per  l'inclusione  sociale  e
l'accesso al mondo del lavoro), convertito, con modificazioni,  nella
legge 3 luglio 2023, n. 85; art. 17 del decreto-legge 1° giugno 2023,
n. 61 (Interventi  urgenti  per  fronteggiare  l'emergenza  provocata
dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal  1°  maggio  2023
nonche' disposizioni  urgenti  per  la  ricostruzione  nei  territori
colpiti dai medesimi eventi), convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 31 luglio 2023, n. 100; art.  4  del  decreto-legge  10  agosto
2023, n. 104 (Disposizioni urgenti a tutela degli utenti, in  materia
di attivita' economiche e  finanziarie  e  investimenti  strategici),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 ottobre 2023, n. 136. 
    Tali carenze rendono insufficiente la  motivazione  dell'asserita
lesione dell'autonomia finanziaria della ricorrente, con  conseguente
inammissibilita' della seconda questione. 
    4.- La terza questione non e' fondata. 
    La Regione impugna l'art. 1-bis, comma 3, del  d.l.  n.  121  del
2023, come convertito, e svolge un'argomentazione unitaria riferita a
diversi parametri, all'interno della  quale  sono  individuabili  due
censure: a) la prima attiene alla scelta unilaterale di  favorire  il
turismo intermodale, allocando ulteriori risorse  sul  fondo  per  il
turismo sostenibile: dunque, la ricorrente lamenta la violazione  del
principio di leale collaborazione  con  riferimento  al  procedimento
legislativo che ha condotto all'approvazione dell'art.  1-bis,  comma
3; b) la  seconda  riguarda  una  asserita  "oscurita'"  del  turismo
intermodale e la sua "impraticabilita'", con  conseguente  violazione
dei principi di ragionevolezza e buon andamento  dell'amministrazione
e ridondanza sulle attribuzioni regionali. 
    La prima censura  non  e'  fondata  in  quanto  «[q]uesta  Corte,
invero, non  ha  mai  ritenuto  necessario  un  coinvolgimento  delle
regioni nel procedimento di formazione delle leggi e ha costantemente
escluso che  nel  principio  di  leale  collaborazione  possa  essere
rinvenuto   un   fondamento   costituzionale   all'applicazione   dei
meccanismi collaborativi  nel  procedimento  legislativo»  (cosi'  la
sentenza n. 237 del 2017; nello stesso senso, da ultimo, sentenze  n.
63 del 2024 e n. 6 del 2023). 
    La seconda censura non e' fondata perche' la nozione  di  turismo
intermodale riceve una prima  caratterizzazione  nella  stessa  norma
impugnata  («Al  fine  di  ulteriormente  favorire   la   transizione
ecologica  nel  turismo,  con  azioni  di  promozione   del   turismo
intermodale secondo le  strategie  di  abbattimento  delle  emissioni
atmosferiche  che  possono  scaturire  dalle   attivita'   turistiche
[...]»), che ribadisce quanto stabilito dalla  norma  istitutiva  del
Fondo per il turismo sostenibile, cioe' dall'art. 1, comma 611, della
legge n. 197 del 2022, secondo il quale «[l]e risorse  del  Fondo  di
cui al primo periodo sono destinate alle seguenti finalita': [...] b)
favorire  la  transizione  ecologica  nel  turismo,  con  azioni   di
promozione del turismo intermodale secondo le strategie di  riduzione
delle  emissioni  per  il  turismo».  Inoltre,  quella   nozione   e'
ulteriormente precisata dal d.m. attuativo 22 marzo 2023, n. 5651, il
cui art. 4 definisce gli  «[i]nterventi  ammissibili»,  fra  i  quali
«promuovere sistemi di  veicolazione  e  scambio  intermodale  basato
sull'uso di mezzi di trasporto pubblico e di biciclette, mediante  la
realizzazione di cicloposteggi o di centri per il deposito  custodito
di e-bike, anche in prossimita' delle stazioni dei treni e  dei  bus,
al fine di potenziare la mobilità in bicicletta e  la  realizzazione
di una rete di percorribilita' ciclistica». 
    Dunque, alla norma impugnata non puo' imputarsi la violazione dei
principi di ragionevolezza e di buon  andamento  dell'amministrazione
per il fatto di aver assegnato ulteriori risorse  per  la  promozione
del turismo intermodale: l'art. 1-bis, comma 3,  mira  chiaramente  a
incentivare il turismo che si realizza con una combinazione di  mezzi
piu' ecologici rispetto agli autoveicoli,  cioe'  con  bus,  treni  e
biciclette (anche elettriche). 
    La Regione rileva che, finora, gli enti  territoriali  non  hanno
potuto agire per rendere "praticabile"  il  turismo  intermodale,  ma
tale argomento non e' idoneo a dimostrare l'irragionevolezza  di  una
norma che  aumenta  le  risorse  per  questa  forma  di  turismo.  Al
contrario di quanto  assume  la  Regione,  tale  incremento  potrebbe
facilitare la realizzazione degli interventi necessari per promuovere
il turismo intermodale.